Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: Misure per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19 (cd. "Cura Italia") - Volume I
Riferimenti: AC N.2463/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 284/4 - Volume I
Data: 22/04/2020
Organi della Camera: Assemblea, V Bilancio

 

Misure per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19

cd. "Cura Italia"

 

Volume I - Articoli 1-70

 

D.L. 18/2020 – A.C. 2463-A

Schede di lettura

 

22 aprile 2020

 

 

 

 

Servizio Studi

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Dossier n. 232/4 Volume I

 

 

 

 

Dipartimento Bilancio

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Progetti di legge n. 284/4 Volume I

 

 

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INDICE VOLUME I

 

Titolo I – Misure di potenziamento del servizio sanitario nazionale

Articolo 1, commi 1 e 2, del disegno di legge di conversione (Abrogazione dei decreti legge n. 9, n. 11, e n. 14 del 2020). 7

Articolo 1, comma 3, del disegno di legge di conversione (Proroga dei termini per l’adozione di decreti legislativi ). 9

Articoli 1 e 2-bis (Finanziamento aggiuntivo per incentivi in favore del personale dipendente del Servizio sanitario nazionale e per incarichi di lavoro autonomo a personale sanitario e socio-sanitario e misur  straordinarie per l’assunzione degli specializzandi). 20

Articolo 2 (Potenziamento delle risorse umane del Ministero della salute). 30

Articolo 2-ter (Misure urgenti per l’accesso del personale delle professioni sanitarie e socio-sanitario al Servizio sanitario nazionale e norma transitoria sulle classi di laurea nelle professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche). 32

Articolo 2-quater (Piani di fabbisogno del personale del Servizio sanitario Nazionale) 36

Articolo 2-quinquies  (Misure urgenti per il reclutamento dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta). 37

Articolo 2-sexies (Incremento specialistica) 40

Articolo 2-septies (Disposizioni urgenti in materia di volontariato). 42

Articolo 3 (Potenziamento delle reti di assistenza territoriale) 43

Articolo 4 (Aree sanitarie temporanee). 49

Articolo 4-bis (Unità speciale di continuità assistenziale). 51

Articolo 4-ter (Assistenza a persone e alunni con disabilità). 55

Articolo 5  (Incentivi per la produzione e la fornitura di dispositivi medici). 59

Articolo 5-bis (Dispositivi di protezione individuali e altri dispositivi medici)  62

Articolo 5-ter (Disposizioni per garantire l’utilizzo di dispositivi medici per ossigenoterapia) 64

Articolo 5-quater (Misure di semplificazione per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale e di dispositivi medici e per altri atti negoziali inerenti all’emergenza epidemiologica). 67

Articolo 5-quinquies (Disposizioni per l'acquisto di dispositivi di assistenza ventilatoria)  70

Articolo 5-sexies (Attuazione degli adempimenti previsti per il sistema sanitario)  72

Articolo 6 (Requisizioni in uso o in proprietà). 76

Articolo 7 (Arruolamento temporaneo di medici ed infermieri militari). 82

Articolo 8 (Assunzione urgente di funzionari tecnici per la biologia la chimica e la fisica presso le strutture sanitarie militari) 87

Articolo 9 (Potenziamento delle strutture della sanità militare). 89

Articolo 10 (Potenziamento delle risorse umane dell’INAIL). 91

Articolo 11 (Disposizioni urgenti per assicurare continuità alle attivita? assistenziali e di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità). 93

Articolo 12 (Misure straordinarie per la permanenza in servizio del personale sanitario)  96

Articolo 13 (Deroga alle norme in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie e in materia di cittadinanza per l'assunzione alle dipendenze della pubblica amministrazione). 99

Articolo 14 (Sorveglianza sanitaria). 103

Articolo 15 (Disposizioni straordinarie per l’autorizzazione alla produzione di mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale) 107

Articolo 16 (Ulteriori misure di protezione in favore dei lavoratori e della collettività)  112

Articolo 17 (Disposizioni urgenti in materia di sperimentazione dei medicinali per l'emergenza epidemiologica da COVID-19 - ABROGATO). 114

Articolo 17-bis (Disposizioni sul trattamento dei dati personali nel contesto emergenziale)  115

Articolo 17-ter, commi 1 e 2 (Disposizioni per le Regioni a statuto speciale e province autonome di Trento e Bolzano e per le Aziende Ospedaliere Universitarie) 122

Articolo 17-quater (Proroga della validità delle tessere sanitarie) 124

Articolo 18 (Rifinanziamento fondi). 126

Articolo 18-bis (Finanziamento case rifugio). 133

Titolo II – Misure a sostegno del lavoro

Capo I – Estensione delle misure speciali in tema di ammortizzatori sociali per tutto il territorio nazionale

Articolo 19 (Norme speciali in materia di trattamento ordinario di integrazione salariale e di assegno ordinario) 134

Articolo 19-bis (Norma di interpretazione autentica in materia di accesso agli ammortizzatori sociali e rinnovo dei contratti a termine ). 140

Articolo 20 (Trattamento ordinario di integrazione salariale per le aziende già in Cassa integrazione straordinaria). 141

Articolo 21 (Trattamento di assegno ordinario per i datori di lavoro che hanno trattamenti di assegni di solidarietà in corso). 144

Articolo 22 (Trattamenti di integrazione salariale in deroga). 146

Articolo 22-bis (Iniziative di solidarietà in favore dei famigliari di medici, personale infermieristico e operatori socio-sanitari). 151

Capo II – Norme speciali in materia di riduzione dell'orario di lavoro e di sostegno ai lavoratori

Articoli 23 e 25 (Congedi parentali per lavoratori dipendenti pubblici e privati, autonomi, iscritti alla Gestione separata e del settore sanitario e permessi per i sindaci)  152

Articolo 24 (Estensione della durata dei permessi retribuiti per assistenza familiari disabili)  157

Articolo 26 (Misure urgenti per la tutela del periodo di quarantena o di permanenza domiciliare dei lavoratori e norme su altri periodi di assenza dal servizio). 159

Articoli da 27 a 31 e 38 (Indennità per alcune categorie di lavoratori). 162

Articolo 32 (Proroga del termine di presentazione delle domande di disoccupazione agricola nell’anno 2020). 165

Articolo 33 (Proroga dei termini in materia di domande di disoccupazione NASpI e DIS-COLL). 166

Articolo 34 ((Sospensione termini in materia previdenziale e assistenziale) 169

Articolo 35 (Disposizioni in materia di terzo settore). 171

Articolo 35-bis (Periodi continuativi di attività del personale volontario  impegnato nella protezione civile). 177

Articolo 36 (Deroghe in favore degli istituti di patronato e di assistenza sociale)  178

Articolo 37 (Sospensione dei termini per il pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria per i lavoratori domestici. Sospensione dei termini di prescrizione delle contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatoria) 180

Articolo 39 (Svolgimento lavoro agile in caso di disabilità). 183

Articolo 40, commi 1 e 1-bis (Sospensione delle misure di condizionalità per l’attribuzione di alcune prestazioni). 185

Articolo 40, comma 1-ter (Ricollocazione risorse del Fondo Povertà). 187

Articolo 41 (Sospensione dell’attività dei Comitati centrali e periferici dell’Inps e dei decreti di loro costituzione e ricostituzione). 189

Articolo 42 (Disposizioni in materia di prestazioni dell’INAIL). 191

Articolo 43 (Contributi alle imprese per la sicurezza e potenziamento dei presìdi sanitari)  193

Articolo 44 (Istituzione del Fondo per il reddito di ultima istanza). 194

Articolo 44-bis (Concessione di una indennità in favore dei lavoratori autonomi )  198

Articolo 45 (Disposizioni in materia di personale addetto ai lavori necessari al ripristino del servizio elettrico). 200

Articolo 46 (Disposizioni in materia di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo). 201

Articolo 47 (Strutture per le persone con disabilità e misure compensative di sostegno anche domiciliare). 203

Articolo 48 (Prestazioni individuali domiciliari). 206

Titolo III – Misure a sostegno della liquidità attraverso il sistema bancario

Articolo 49 (Fondo di garanzia PMI - ABROGATO). 210

Articolo 49-bis (Intervento del Fondo di garanzia PMI  per i primi comuni colpiti dall’epidemia COVID-19). 211

Articolo 50 (Modifiche alla disciplina Fondo indennizzo risparmiatori - FIR)  214

Articolo 51 (Misure per il contenimento dei costi per le PMI della garanzia dei confidi di cui all’art. 112 del TUB). 217

Articolo 52 (Solvency II - Aggiustamento per la volatilità). 219

Articolo 53 (Misure per il credito all’esportazione - ABROGATO). 222


 

Articolo 54 (Estensione del fondo di solidarietà mutui per l’acquisto della prima casa)  223

Articolo 54-bis (Fondo SIMEST). 227

Articolo 54-ter (Sospensione delle procedure esecutive sulla abitazione principale del debitore). 229

Articolo 54-quater (Sospensione dei mutui per gli operatori economici vittime di usura)  231

Articolo 55 (Misure di sostegno finanziario alle imprese). 233

Articolo 56 (Misure di sostegno finanziario alle micro, piccole e medie imprese colpite dall’epidemia di COVID-19). 238

Articolo 57 (Supporto alla liquidità delle imprese colpite dall'emergenza epidemiologica mediante meccanismi di garanzia). 243

Articolo 58 (Sospensione dei termini di rimborso per il fondo 394/81). 246

Articolo 59 (Disposizioni a supporto dell’acquisto da parte delle Regioni di beni necessari a fronteggiare l’emergenza Covid-19). 250

Titolo IV – Misure fiscali a sostegno della liquidità delle famiglie e delle imprese

Articolo 60 (Rimessione in termini per i versamenti). 252

Articolo 61 (Sospensione dei versamenti delle ritenute, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria). 254

Articolo 61-bis (Disposizioni riguardanti i termini relativi alla dichiarazione dei redditi precompilata 2020). 258

Articolo 62 (Sospensione dei termini degli adempimenti e dei versamenti fiscali e contributivi) 262

Articolo 62-bis (Proroga dei termini degli adempimenti tecnici e amministrativi relativi agli impianti a fune, ascensori e scale mobili in servizio pubblico e agli impianti di sollevamento di persone e/o cose in servizio privato). 266

Articolo 63 (Premio ai lavoratori dipendenti). 270

Articolo 64 (Credito d’imposta sanificazione ambienti di lavoro). 271

Articolo 65, commi 1-2-bis e 3 (Credito d’imposta per botteghe e negozi). 273

Articolo 65, commi 2-ter e 2-quater (Disagio abitativo). 275

Articolo 66 (Incentivi fiscali per erogazioni liberali a sostegno delle misure di contrasto dell’emergenza). 277


 

Articolo 67 (Sospensione dei termini relativi all’attività degli uffici degli enti impositori)  281

Articolo 68 (Sospensione dei termini di versamento dei carichi affidati all'agente della riscossione). 286

Articolo 68, comma 2-bis (Sospensione dei termini di versamento dei carichi affidati all'agente della riscossione per i comuni interessati dalle misure di contenimento e gestione dell'emergenza del 1° marzo 2020). 289

Articolo 69 (Proroga versamenti nel settore dei giochi). 290

Articolo 70 (Potenziamento dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli - ABROGATO)  293

 

 


Titolo I – Misure di potenziamento del servizio
sanitario nazionale

Articolo 1, commi 1 e 2, del disegno di legge di conversione
(Abrogazione dei decreti legge n. 9, n. 11, e n. 14 del 2020)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 1 prevede, come di consueto, la conversione in legge del decreto-legge 18/2020 con le modifiche apportate dal Senato.

Per effetto dell'articolo 1, comma 2 del disegno di legge di conversione, i decreti legge n. 9, n. 11, e n. 14 del 2020 sono abrogati. La disposizione chiarisce che restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e fa fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi decreti.

 

Con il decreto n. 9 del 2020 sono state adottate misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19. Il decreto n. 11 del 2020 ha recato ulteriori misure straordinarie e urgenti per contrastare l'emergenza e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attività giudiziaria. Infine, sempre in relazione all'emergenza COVID-19, il decreto n. 14 del 2020 ha disposto ulteriori interventi urgenti per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale.

L’abrogazione dei citati decreti legge è motivata dal venir meno delle esigenze di conversione, avendo il Governo inserito le relative previsioni nel decreto legge n. 18 del 2020 di cui si dispone la conversione.

 

In proposito si segnala che già il testo originario del decreto-legge in esame abrogava specifiche disposizioni dei decreti-legge ora integralmente abrogati e peraltro tutti ancora in corso di conversione; in particolare, l'articolo 83 abroga gli articoli 1 e 2 del decreto-legge n. 11 del 2020, l’articolo 84 abroga l’articolo 3 del decreto-legge n. 11 del 2020; l’articolo 85 abroga l’articolo 4 del decreto-legge n. 11 del 2020; l’articolo 102 abroga l’articolo 29 del decreto-legge n. 9 del 2020; per tutte queste disposizioni comunque il maxiemendamento approvato dal Senato ha apportato le necessarie modifiche di coordinamento al testo del decreto-legge; inoltre, l’articolo 5 del decreto-legge n. 19 del 2020 (misure urgenti per il contrasto per l’epidemia da COVID-19), entrato in vigore il 26 marzo 2020 e attualmente all’esame della Camera (C. 2447), ha abrogato un’ulteriore disposizione del decreto-legge n. 9 del 2020 (l’articolo 35). 

 

Ai sensi dell’articolo 77 della Costituzione, peraltro, le Camere possono regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti soltanto con legge. Ciò consente, inserendo il comma 2 nella legge di conversione invece che nel testo del decreto legge, di fare salvi gli atti ed i provvedimenti adottati durante la vigenza dei decreti.


 

Articolo 1, comma 3, del disegno di legge di conversione
(Proroga dei termini per l’adozione di decreti legislativi )

 

 

Il comma 3 dell’articolo 1 del disegno di legge di conversione[1], introdotto al Senato, detta una disposizione a carattere generale sulla proroga – ovvero differimento – di tre mesi dei termini per l’adozione dei decreti legislativi con scadenza tra il 10 febbraio e il 31 agosto 2020.

Sono richiamati espressamente, quanto alle deleghe con termini scaduti alla data d’entrata in vigore della legge di conversione, i principi e i criteri direttivi previsti dalle rispettive leggi di delegazione.

 

In via generale, si ricorda inoltre che l’articolo 76 della Costituzione dispone che “l'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti”. Relativamente alla proroga dei termini la Corte costituzionale è intervenuta, con la sentenza n. 156 del 1985, riconoscendo al legislatore il potere di prorogare e differire termini di delega; ha infatti affermato in quell’occasione, con riferimento al caso allora in esame, che “il Parlamento, nel concedere in modo reiterato la proroga del termine per l’emanazione dei provvedimenti delegati (come poteva certamente fare giacché l’organo che ha l’autorità di fissare una scadenza può anche prorogarla) ha pur sempre effettuato le proprie valutazioni nel rispetto delle prescrizioni dettate dall’art. 76 della Costituzione. Né tale facoltà di valutazione discrezionale del legislatore delegante viene meno nell’ipotesi di proroga di un termine quando questo sia già scaduto, non essendovi alcun ostacolo di natura costituzionale che impedisca al legislatore ordinario di far rivivere retroattivamente una delega ormai scaduta” (considerato in diritto, punto 3).

La disposizione prevede che, tenuto conto dello stato di emergenza nel territorio nazionale relativamente al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, dichiarato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, i termini per l’adozione di decreti legislativi con scadenza tra il 10 febbraio e il 31 agosto 2020 sono prorogati di tre mesi.

 

La proroga è configurata come mobile, cioè decorre dal termine di scadenza previsto da ciascuna disposizione di delega legislativa, per i termini non ancora scaduti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame.

Diversamente, per i decreti legislativi il cui termine di adozione sia scaduto tra il 10 febbraio e la data di entrata in vigore della legge di conversione, la proroga di tre mesi è fissa e decorre dalla predetta data di entrata in vigore della legge di conversione, nel rispetto dei principi e criteri direttivi e delle procedure previsti dalle rispettive leggi delega.

 

Da un’analisi complessiva delle disposizioni di delega che risultano in scadenza nel periodo temporale previsto dall’emendamento, ovvero dal 10 febbraio al 31 agosto 2020, risulterebbero in particolare oggetto della proroga di 3 mesi le seguenti:

1)   L. 3 maggio 2019, n. 37, recante Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2018 (G.U. 11 maggio 2019, n. 10)

-     art. 7, co. 1: il Governo è delegato ad adottare, entro il 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (entro il 26 maggio 2020) un decreto legislativo che disciplini l’utilizzo dei termini «cuoio», «pelle» e «pelliccia» e di quelli da essi derivati o loro sinonimi: presentato alle Camere (AG 164).

 

2)   L. 8 agosto 2019, n. 86, recante Deleghe al Governo e altre disposizioni in materia di ordinamento sportivo, di professioni sportive nonché di semplificazione (G.U. 16 agosto 2019, n. 191)

-     art. 1, co. 1: il Governo è delegato ad adottare, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (entro il 31 agosto 2020) uno o più decreti legislativi per il riordino del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e della disciplina di settore;

-     art. 5, co. 1: il Governo è delegato ad adottare, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (entro il 31 agosto 2020) uno o più decreti legislativi per il riordino e la riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici nonché del rapporto di lavoro sportivo;

-     art. 6, co. 1: il Governo è delegato ad adottare, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (entro il 31 agosto 2020) uno o più decreti legislativi in materia di rapporti di rappresentanza degli atleti e delle società sportive e di accesso ed esercizio della professione di agente sportivo;

-     art. 7, co. 1: il Governo è delegato ad adottare, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (entro il 31 agosto 2020) uno o più decreti legislativi per il riordino e la riforma delle norme di sicurezza per la costruzione, l’accessibilità e l'esercizio degli impianti sportivi e della normativa in materia di ristrutturazione e ripristino o costruzione di impianti sportivi;

-     art. 8, co. 1: il Governo è delegato ad adottare, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (entro il 31 agosto 2020) uno o più decreti legislativi per la semplificazione di adempimenti e oneri amministrativi e di natura contabile relativi (n.b: non sono tutti, mancano per es. gli organismi paralimpici) a vari organismi sportivi;

-     art. 9, co. 1: il Governo è delegato ad adottare, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (entro il 31 agosto 2020) uno o più decreti legislativi per la revisione della normativa in materia di sicurezza nelle discipline sportive invernali

 

In taluni casi le previsioni di delega legislativa prevedono termini ulteriori per l’adozione di decreti legislativi integrativi e correttivi (il cui termine è previsto in relazione alla data di entrata in vigore del decreto legislativo iniziale).

 

Ad esempio, per quanto riguarda l’adozione di decreti legislativi integrativi e correttivi che il Governo può adottare, risulterebbe oggetto della proroga di tre mesi disposta dalla disposizione in esame il termine della delega per l’adozione di disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo n. 32 del 2018 (strumenti assicurativi in agricoltura), il cui termine attuale di scadenza è il 28 aprile 2020.

Per i decreti integrativi e correttivi dei provvedimenti adottati in attuazione dell'ultima legge di delegazione europea si veda infra.

 

Ulteriori previsioni di delega, che rientrano nel campo di applicazione della proroga prevista dalla disposizione in esame, sono contenute nelle leggi annuali di delegazione europea, per il recepimento di direttive dell’Unione europea. In tali casi il termine di recepimento è, di norma, fissato sulla base del termine di attuazione previsto da ciascuna direttiva UE (4 mesi prima) oppure, nel caso tale termine sia scaduto o scada nei tre mesi successivi, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione.

In particolare, in base all’articolo 31 della legge n. 234 del 2012 in relazione alle deleghe legislative conferite con la legge di delegazione europea per il recepimento delle direttive, il Governo adotta i decreti legislativi entro il termine di quattro mesi antecedenti a quello di recepimento indicato in ciascuna delle direttive; per le direttive il cui termine così determinato sia già scaduto alla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea, ovvero scada nei tre mesi successivi, il Governo adotta i decreti legislativi di recepimento entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge; per le direttive che non prevedono un termine di recepimento, il Governo adotta i relativi decreti legislativi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea (comma 1).

Si segnala peraltro che, in considerazione del notevole impatto che la pandemia sta avendo sulle capacità delle amministrazioni degli Stati membri, la Commissione europea ha concesso la sospensione di alcuni termini previsti nell'ambito delle procedure di infrazione. In particolare, sono prorogati fino al 15 giugno 2020 i termini per le risposte alle lettere di messa in mora e ai pareri motivati (notificati il 24 gennaio e il 13 febbraio 2020 ai sensi degli articoli 258, 260, paragrafi 2 e 3, del TFUE), nonché per la comunicazione delle misure adottate dagli Stati membri (ai sensi del medesimo art. 260, paragrafo 1).

 

Relativamente a tali fattispecie, la gran parte delle deleghe “aperte” sono previste dalle ultime leggi di delegazione europea e, in particolare, dalla legge di delegazione europea 2018 (legge n. 117 del 2019, entrata in vigore il 2 novembre 2019).

 

Si ricorda che la legge 4 ottobre 2019, n. 117, Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea - Legge di delegazione europea 2018 (G.U. 18 ottobre 2019, n. 245) prevede:

§  all’art. 1, co. 1: il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di 4 mesi antecedenti a quello di recepimento indicato in ciascuna delle direttive, i decreti legislativi per l’attuazione delle direttive comprese negli elenchi di cui all’allegato A.

§  all’art. 4: il Governo è delegato ad adottare, entro 9 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (entro il 2 agosto 2020) uno o più decreti legislativi per l’adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO»)

§  all’art. 5: il Governo è delegato ad adottare, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge (entro il 2 maggio 2020) uno o più decreti legislativi per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 655/2014, che istituisce una procedura per l’ordinanza europea di sequestro conservativo su conti bancari al fine di facilitare il recupero transfrontaliero dei crediti in materia civile e commerciale.

 

In attuazione di tale legge, taluni schemi di decreto legislativo sono già stati presentati alle Camere per l’espressione del prescritto parere parlamentare e sono in corso di esame. In taluni casi trova altresì applicazione la disposizione, prevista dalla legge di delega, sullo “scorrimento dei termini” – volta a consentire alle Camere di disporre del tempo previsto dalla legge per l’espressione del parere parlamentare anche nel caso di scadenza ravvicinata della norma di delega - il termine di scadenza della delega risulta posticipato di tre mesi. A tale ultimo termine si applicherebbe pertanto la previsione della proroga di tre mesi prevista dalla proposta emendativa in esame.

 

In base all’articolo 31, comma 3, della legge n. 234 del 2012 la legge di delegazione europea indica le direttive in relazione alle quali sugli schemi dei decreti legislativi di recepimento è acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. In tal caso gli schemi dei decreti legislativi sono trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché su di essi sia espresso il parere delle competenti Commissioni parlamentari. Decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini di delega o successivamente, questi ultimi sono prorogati di tre mesi.

 

In tale ambito si richiamano, in particolare, i seguenti atti di attuazione delle previsioni della legge di delegazione europea 2018:

 

Atti del governo (A.G.) assegnati alle Camere per l’espressione del parere parlamentare per i quali la scadenza della delega è fissata al 2 febbraio 2020 (3 mesi dopo l’entrata in vigore della suddetta legge di delegazione) e che risulta attualmente prorogata al 2 maggio 2020 in virtù dell’applicazione della previsione sullo scorrimento dei termini, ai sensi dell’art. 31 della legge n. 234 del 2012 (v. supra).

 

A.G. 147 - Schema di decreto legislativo recante disposizioni per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/692, che modifica la direttiva 2009/73/CE relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale

A.G. 149 - Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva (UE) 2018/645 che modifica la direttiva 2003/59/CE, relativa alla qualificazione iniziale e alla formazione periodica dei conducenti di taluni veicoli stradali adibiti al trasporto di merci o passeggeri e la direttiva 2006/126/CE concernente la patente di guida

A.G. 151 - Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2017/1371, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale. Si segnala che è aperta la procedura di infrazione n. 2019/0279 per mancato recepimento della direttiva (UE) 2017/1371.

A.G. 152 - Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/822, recante modifica della direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale relativamente ai meccanismi transfrontalieri soggetti all'obbligo di notifica.

A.G. 153 - Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2017/2398 che modifica la direttiva 2004/37/CE sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni durante il lavoro.

A.G. 156 - Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/410, che modifica la direttiva 2003/87/CE per sostenere una riduzione delle emissioni più efficace sotto il profilo dei costi e promuovere investimenti a favore di basse emissioni di carbonio, nonché adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/2392 relativo alle attività di trasporto aereo e alla decisione (UE) 2015/1814, relativa all'istituzione e al funzionamento di una riserva stabilizzatrice del mercato. Si segnala che è aperta la procedura di infrazione n. 2019/0329 per mancato recepimento della direttiva (UE) 2018/410

A.G. 157 - Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2013/59/Euratom, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom e riordino della normativa di settore in attuazione dell'articolo 20, comma 1, lettera a), della legge 4 ottobre 2019, n. 117. Si segnala che è aperta la procedura di infrazione n. 2018/2044 per mancato recepimento della direttiva 2013/59/EURATOM e che il 10 ottobre 2019 la Commissione europea ha presentato ricorso per inadempimento davanti alla Corte di Giustizia (causa n. C-744/19).

A.G. 158 - Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/844, che modifica la direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell'edilizia e la direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica

Si ricorda che l'Italia è interessata a una procedura di infrazione n. 2018/2258 per violazione del diritto dell'UE con particolare riferimento alla direttiva 2012/27/UE, sull'efficienza energetica, oggetto di modifica della direttiva UE 2018 /844.

 

Per tali atti, il termine per l’esercizio della delega – e quindi entro il quale deve essere emanato lo schema di decreto legislativo – sarebbe dunque prorogato al 2 agosto 2020 (3 mesi dalla scadenza della disposizione di delega, come determinata per le leggi di delegazione europea dal citato art. 31 della legge n. 234 del 2012) ovvero, qualora la legge di conversione del decreto-legge in esame entrasse in vigore dopo il 2 maggio, decorsi tre mesi dalla data di entrata in vigore di tale legge.

 

Altri atti del governo (A.G.) assegnati alle Camere per l’espressione del parere parlamentare per i quali la scadenza della delega rientra nella finestra temporale 10 febbraio - 31 agosto 2020, (anche alla luce dell’applicazione della previsione sul c.d. scorrimento dei termini – v. supra).

 

A.G. 155 – Schema di decreto legislativo recante attuazione dell'articolo 7 della legge 4 ottobre 2019, n. 117, per quanto riguarda l'incoraggiamento dell'impegno a lungo termine degli azionisti e la disciplina del sistema di governo societario

Scadenza delega: 10 giugno 2020

 

A.G. 162 - Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/2002, che modifica la direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica.

Scadenza delega: 25 maggio 2020 per le disposizioni di carattere generale e 25 giugno 2020 per le disposizioni a tutela dei consumatori (termini per il recepimento: 25 giugno 2020 e 25 ottobre 2020)

 

A.G. 166 - Schema di decreto legislativo recante attuazione dell’articolo 1 della direttiva (UE) 2018/849, che modifica la direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso.

Scadenza delega 5 marzo 2020 (termine recepimento 5 luglio 2020)

 

A.G. 167 - Schema di decreto legislativo recante attuazione degli articoli 2 e 3 della direttiva (UE) 2018/849, che modificano la direttiva 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e la direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche

Scadenza delega 5 marzo 2020 (termine recepimento 5 luglio 2020)

 

A.G. 168 - Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/850, che modifica la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti.

Scadenza delega 5 marzo 2020 (termine recepimento 5 luglio 2020)

Si ricordano: la sentenza di inadempimento della Corte di giustizia del 2 dicembre 2014 (causa n. C-196/13) per la non corretta applicazione delle direttive 75/442/CE sui "rifiuti", 91/689/CEE sui "rifiuti pericolosi" e 1999/31/CE sulle "discariche" (procedura di infrazione n. 2003/2077); la sentenza di inadempimento della Corte di giustizia del 21 marzo 2019 (causa n. C-498/17) per violazione dell’articolo 14 della direttiva 1999/31/CE (procedura di infrazione n. 2011/2215).

 

A.G. 169 - Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/851, che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti, e della direttiva (UE) 2018/852, che modifica la direttiva 1994/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio.

Scadenza delega 5 marzo 2020 (termine recepimento 5 luglio 2020)

Per tali atti, il termine per l’esercizio della delega – e quindi entro il quale deve essere emanato lo schema di decreto legislativo – sarebbe dunque prorogato di 3 mesi sulla base delle previsioni dell’emendamento in esame.

 

Vanno infine menzionati gli schemi di decreto legislativo – il cui termine di scadenza della delega rientra nella finestra temporale oggetto del provvedimento in esame - su cui è già stato espresso il parere parlamentare e che sono in attesa di concludere il proprio iter in via definitiva (quale, a titolo esemplificativo, lo schema decreto di attuazione della direttiva (UE) 2017/1852 relativa ai meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell’Unione europea - AG 143; o lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2017/159 attuativa dell'accordo relativo all'attuazione della Convenzione sul lavoro nel settore della pesca del 2007 – AG 154).

 

La legge di delegazione 2018 reca, altresì, delega per l’attuazione delle seguenti direttive UE, il cui termine scade nel medesimo arco temporale (10 febbraio - 31 agosto 2020), di cui non risulta ad oggi presentato il relativo schema di decreto legislativo:

§  direttiva (UE) 2018/957 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 giugno 2018, recante modifica della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi (termine di recepimento: 30 luglio 2020);

§  direttiva (UE) 2018/958 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 giugno 2018, relativa a un test della proporzionalità prima dell'adozione di una nuova regolamentazione delle professioni (termine di recepimento: 30 luglio 2020).

 

Si ricorda infine che anche le leggi di delegazione europea prevedono la possibilità di adottare disposizioni integrative e correttive entro un determinato termine.

 

Per l’adozione di decreti legislativi integrativi e correttivi risulterebbero in particolare prorogati dal disegno di legge in esame i termini per l’adozione dei seguenti decreti legislativi integrativi e correttivi:

§  Decreto legislativo integrativo e correttivo del decreto legislativo n. 230 del 2017, di adeguamento al regolamento (UE) n. 1143/2014 (diffusione specie esotiche invasive) termine originario: 14 febbraio 2020;

§  Decreto legislativo integrativo e correttivo del decreto legislativo n. 231 del 2017, di adeguamento al regolamento (UE) n. 1169/2011 (informazioni al consumatore sugli alimenti) termine originario: 9 maggio 2020;

§  Decreto legislativo integrativo e correttivo del decreto legislativo n. 233 del 2017 di adeguamento al regolamento (UE) n. 760/2015 (fondi di investimento europei a lungo termine) termine originario: 28 febbraio 2020;

§  Decreto legislativo integrativo e correttivo del decreto legislativo n. 234 del 2017 attuativo della direttiva 2015/637/UE (tutela consolare dei cittadini dell’Unione) termine originario: 16 febbraio 2020;

§  Decreto legislativo integrativo e correttivo del decreto legislativo n. 19 del 2018 di attuazione della direttiva 2016/1214/UE (qualità per i servizi trasfusionali); termine originario: 21 marzo 2020;

§  Decreto legislativo integrativo e correttivo del decreto legislativo n. 25 del 2018 di attuazione della direttiva 2016/844/UE (sicurezza navi da passeggeri); termine originario: 29 marzo 2020;

§  Decreto legislativo integrativo e correttivo del decreto legislativo n. 51 del 2018 di attuazione della direttiva 2016/680/UE (trattamento dati personali a fini di perseguimento dei reati); termine originario: 8 giugno 2020;

§  Decreto legislativo integrativo e correttivo del decreto legislativo n. 53 del 2018 di attuazione della direttiva 2016/681/UE (uso del codice PNR per prevenzione del terrorismo); termine originario: 9 giugno 2020;

§  Decreto legislativo integrativo e correttivo del decreto legislativo n. 60 del 2018 di attuazione della direttiva 2016/2258/UE (accesso delle autorità fiscali alle informazioni in materia di antiriciclaggio); termine originario: 6 giugno 2020;

§  Decreto legislativo integrativo e correttivo del decreto legislativo n. 61 del 2018 di attuazione della direttiva 2015/1794/UE in materia di marittimi; termine originario: 7 giugno 2020;

§  Decreto legislativo integrativo e correttivo del decreto legislativo n. 62 del 2018 di attuazione della direttiva 2015/2302/UE (pacchetti turistici); termine originario: 1° luglio 2020;

§  Decreto legislativo integrativo e correttivo del decreto legislativo n. 63 del 2018 di attuazione della direttiva 2016/943/UE (segreti commerciali); termine originario: 22 giugno 2020;

§  Decreto legislativo integrativo e correttivo del decreto legislativo n. 65 del 2018 di attuazione della direttiva 2016/1148/UE (sicurezza delle reti); termine originario: 24 giugno 2020;

§  Decreto legislativo integrativo e correttivo del decreto legislativo n. 68 del 2018 di attuazione della direttiva 2016/97/UE (distribuzione assicurativa); termine originario: 1° luglio 2020;

§  Decreto legislativo integrativo e correttivo del decreto legislativo n. 71 del 2018 di attuazione della direttiva 2016/801/UE (ingresso cittadini Paesi terzi per studio, ricerca e volontariato); termine originario: 5 luglio 2020;

§  Decreto legislativo integrativo e correttivo del decreto legislativo n. 81 del 2018 di attuazione della direttiva 2016/2284/UE (riduzione emissioni nazionali di inquinanti atmosferici); termine originario: 17 luglio 2020;

§  Decreto legislativo integrativo e correttivo del decreto legislativo n. 88 del 2018; attuativo della direttiva 2014/50/UE (mobilità lavoratori tra Stati membri); termine originario: 14 luglio 2020.

Leggi recanti disposizioni di proroga o differimento di termini per l’esercizio di deleghe legislative (dal 2013 ad oggi)

 

Dal 2013 si registrano otto casi di emanazione di leggi recanti una a o più disposizioni di proroga di termini (non ancora scaduti) o di differimento di termini (già scaduti) per l’esercizio di deleghe legislative.

Sei di queste leggi sono state approvate nella XVII legislatura e due in quella in corso. Tutte le leggi riguardano i termini per l’esercizio di deleghe contenute in leggi approvate nella XVII legislatura.

 

XVII legislatura

L. 24 marzo 2015, n. 34, di conversione del D.L. 24 gennaio 2015, n. 4

Dispone il differimento dei termini, da 12 mesi a 15 mesi dall’entrata in vigore della legge di delega, per l’esercizio di diverse disposizioni di delega recate dalla L. 11 marzo 2014, n. 23, Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita (G.U. 12 marzo 2014, n. 59)

 

L. 28 dicembre 2015, n. 221

Dispone la proroga del termine, da 18 mesi a 24 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delega, per l’esercizio della delega recata dall’art. 19, comma 1 (riordino della disciplina della tutela dell’ambiente esterno e dell’ambiente abitativo dall’inquinamento acustico) della L. 30 ottobre 2014, n. 161, Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2013–bis (G.U 10 novembre 2014, n. 261, S.O. n. 83/L).

 

L. 22 gennaio 2016, n. 9, di conversione del D.L. 25 novembre 2015, n. 185

Dispone il differimento dei termini per l’esercizio di alcune disposizioni di delega recate dalla L. 23 giugno 2014, n. 89, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, recante misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale. Deleghe al Governo per il completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, nonché per l’adozione di un testo unico in materia di contabilità di Stato e di tesoreria (G.U. 23 giugno 2014, n. 143).

 

L. 14 luglio 2016, n. 131

Dispone la proroga del termine, da 12 mesi a 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delega, per l’esercizio della delega recata dall’art. 8, comma 1 (modifica della disciplina della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei ministeri, delle agenzie governative nazionali e degli enti pubblici non economici nazionali) della L. 7 agosto 2015, n. 124, Delega al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (G.U. 13 agosto 2015, n. 187).

 

L. 4 agosto 2016, n. 163

Dispone il differimento del termine, dal 31 dicembre 2016 al 31 dicembre 2017, per l’esercizio della delega recata dall’art. 1, comma 8 (testo unico in materia di contabilità di Stato e di tesoreria) della L. 23 giugno 2014, n. 89, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, recante misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale. Deleghe al Governo per il completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, nonché per l’adozione di un testo unico in materia di contabilità di Stato e di tesoreria (G.U. 23 giugno 2014, n. 143).

 

L. 27 febbraio 2017, n. 19, di conversione del D.L. 30 dicembre 2016, n. 244.

•   Dispone la proroga dei termini, da 6 mesi a 12 mesi dall’entrata in vigore della legge di delega, per l’esercizio della delega recata dall’art. 1, comma 1, della L. 13 luglio 2016, n. 150, Delega al Governo per la riforma del sistema dei confidi (G.U. 5 agosto 2016, n. 182).

•   Dispone la proroga dei termini per l’esercizio di alcune disposizioni di delega recate dalla L. 28 luglio 2016, n. 154, Deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo e agroalimentare, nonché sanzioni in materia di pesca illegale (G. U. 10 agosto 2016, n. 186).

 

 

XVIII legislatura

 

L. 9 novembre 2018, n. 128

Dispone la proroga del termine, da 2 anni a 3 anni dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. 26 agosto 2016, n. 174 (Codice di giustizia contabile), per l’esercizio della delega recata dall’art. 20, comma 6 (adozione di disposizioni integrative e correttive del D.Lgs. 174/2016) della L. 7 agosto 2015, n. 124, Delega al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche (G.U. 13 agosto 2015, n. 187).

 

L. 6 agosto 2019, n. 84

Dispone la proroga del termine, da 18 mesi a 30 mesi dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. 3 novembre 2017, n. 229 (revisione del codice della nautica da diporto) per l’esercizio della delega recata dall’art. 1, comma 5 (disposizioni integrative e correttive del D.Lgs. 229/2017), della L. 7 ottobre 2015, n. 167, Delega al Governo per la riforma del codice della nautica da diporto (G.U. 21 ottobre 2015, n. 245).


 

Articoli 1 e 2-bis
(Finanziamento aggiuntivo per incentivi in favore del personale dipendente del Servizio sanitario nazionale e per incarichi di lavoro autonomo a personale sanitario e socio-sanitario e misur
 straordinarie per l’assunzione degli specializzandi)

 

 

I commi 1 e 2 dell’articolo 1 prevedono un incremento per il 2020, a valere sul finanziamento sanitario corrente[2], delle risorse del "fondo per la retribuzione delle condizioni di lavoro" della dirigenza medica e sanitaria[3] e del "fondo condizioni di lavoro e incarichi" del personale del comparto sanità[4]. L’incremento è complessivamente pari a 250 milioni di euro ed è inteso ad elevare le risorse destinate alla remunerazione delle prestazioni di lavoro straordinario del personale sanitario (dipendente dagli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale) direttamente impiegato nelle attività di contrasto alla emergenza epidemiologica determinata dal diffondersi del virus COVID-19.

Il successivo comma 3 dispone un incremento, pari a 100 milioni di euro, della quota del finanziamento sanitario corrente per il 2020 che può essere destinata al conferimento, da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, di incarichi di lavoro autonomo (anche di collaborazione coordinata e continuativa) ad iscritti agli albi delle professioni sanitarie, ivi compresi i medici, e di incarichi di lavoro autonomo a personale medico, veterinario, sanitario e socio-sanitario collocato in quiescenza.

Le risorse di cui al comma 3 sono aggiuntive rispetto a quelle già disposte ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera a), e commi da 2 a 6, del D.L. 9 marzo 2020, n. 14.

L’articolo 2-bis - inserito dal Senato - costituisce la trasposizione, con alcune modifiche, del disposto di cui all’articolo 1 del D.L. 9 marzo 2020, n. 14 (mentre l’articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente D.L. n. 18, come modificato dal Senato, dispone l’abrogazione del medesimo D.L. n. 14, con la salvezza degli effetti già prodottisi).

Il suddetto articolo 2-bis concerne sia il conferimento, da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, di incarichi di lavoro autonomo ad iscritti agli albi delle professioni sanitarie, agli operatori socio-sanitari ed a personale medico, veterinario, sanitario e socio-sanitario collocato in quiescenza sia una deroga alla disciplina transitoria relativa all'assunzione di medici e veterinari in formazione specialistica con contratti di lavoro dipendente a tempo determinato e parziale; la deroga consente tali assunzioni anche in assenza dell'accordo quadro nazionale ivi previsto.

Si segnala che il successivo articolo 17-ter (anch’esso inserito dal Senato) reca alcune specificazioni sulle modalità di applicazione degli articoli 1 e 2-bis in esame alle aziende ospedaliero-universitarie.

 

L’incremento di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 1 del presente D.L. n. 18 è suddiviso per ciascuna regione o provincia autonoma secondo gli importi indicati nella tabella A allegata al presente decreto, importi definiti sulla base delle quote d'accesso al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevate per l'anno 2019. L’incremento medesimo è disposto a valere sul finanziamento sanitario corrente per l’anno 2020[5] ed è attribuito in deroga ai limiti relativi al livello delle risorse per i trattamenti economici accessori dei pubblici dipendenti.

 

Tale limite, in via generale[6], è costituito, per ciascuna delle amministrazioni pubbliche[7], dall'ammontare complessivo delle risorse per i medesimi trattamenti economici accessori determinate per l'anno 2016; per l’intero personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario (della regione), il limite è adeguato, in aumento o in diminuzione, per garantire l'invarianza del valore medio pro capite, riferito all'anno 2018, prendendo a riferimento come base di calcolo il personale in servizio al 31 dicembre 2018[8].

 

Il successivo comma 3 dispone un incremento, pari a 100 milioni di euro, della quota del finanziamento sanitario corrente per il 2020[9] che può essere destinata al conferimento, da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale di incarichi di lavoro autonomo (anche di collaborazione coordinata e continuativa): ad iscritti agli albi delle professioni sanitarie, ivi compresi i medici, e - secondo la modifica operata con l’articolo 2-bis summenzionato[10] - ad operatori socio-sanitari; a personale medico, veterinario, sanitario e socio-sanitario collocato in quiescenza (riguardo a tali soggetti, cfr. la parte della presente scheda relativa all’articolo 2-bis). L’incremento è suddiviso per ciascuna regione o provincia autonoma secondo gli importi indicati nella tabella A allegata al presente decreto, importi definiti sulla base delle quote d'accesso al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevate per l'anno 2019 (il Senato ha apportato la correzione di un errore materiale nell’intestazione della medesima tabella).

Si segnala che il riferimento a tali incarichi non è presente nella rubrica del presente articolo 1.

Le risorse di cui al comma 3 sono aggiuntive rispetto a quelle che possono essere destinate (tra le altre finalità) ai medesimi incarichi e che sono stabilite per ciascuna regione (o provincia autonoma) dal decreto direttoriale 10 marzo 2020 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 66 del 13 marzo 2020), ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera a), e commi da 2 a 6, e dell’articolo 17 del D.L. 9 marzo 2020, n. 14.

Come detto, l’articolo 2-bis - inserito dal Senato - costituisce la trasposizione, con alcune modifiche, del disposto di cui all’articolo 1 del D.L. 9 marzo 2020, n. 14 (mentre l’articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente D.L. n. 18, come modificato dal Senato, dispone l’abrogazione del medesimo D.L. n. 14, con la salvezza degli effetti già prodottisi).

L’articolo 2-bis summenzionato concerne sia il conferimento, da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, di incarichi di lavoro autonomo ad iscritti agli albi delle professioni sanitarie ed agli operatori socio-sanitari (comma 1, lettera a), e commi da 2 a 4) ovvero a personale medico, veterinario, sanitario e socio-sanitario collocato in quiescenza (comma 5) sia (al comma 1, lettera b)) una deroga alla disciplina transitoria relativa all'assunzione di medici e veterinari in formazione specialistica con contratti di lavoro dipendente a tempo determinato e parziale; la deroga consente tali assunzioni anche in assenza dell'accordo quadro nazionale ivi previsto.

In particolare, il comma 1, lettera a), ed i commi da 2 a 4 dell’articolo 2-bis consentono il conferimento, da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, di incarichi di lavoro autonomo - anche di collaborazione coordinata e continuativa - a soggetti iscritti agli albi delle professioni sanitarie, nonché, secondo la riformulazione operata nel medesimo articolo 2-bis (rispetto al testo del D.L. n. 14), agli operatori socio-sanitari. Gli incarichi in oggetto sono di durata non superiore a sei mesi, prorogabili, nell'ambito dell'anno 2020, in ragione dell'eventuale perdurare dello stato di emergenza (si ricorda che la delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 ha dichiarato lo stato di emergenza per 6 mesi, a decorrere dalla medesima delibera).

Il conferimento è ammesso in deroga alle norme di cui all'articolo 7 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, e all'articolo 6 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni, concernenti, rispettivamente: il divieto, per le pubbliche amministrazioni, di stipulazione di contratti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro[11]; i limiti, con riferimento alle pubbliche amministrazioni e agli altri soggetti ivi individuati, del livello della spesa per emolumenti o gettoni o altre utilità, comunque denominate, per i titolari di incarichi di qualsiasi tipo[12]. Il conferimento è altresì ammesso in deroga, se necessario, ai vincoli previsti dalla legislazione vigente in materia di spesa per il personale[13], nei limiti delle risorse complessivamente indicate per ciascuna regione (o provincia autonoma) dal citato decreto direttoriale 10 marzo 2020.

Riguardo alla suddetta deroga all’articolo 7 del D.Lgs. n. 165 del 2001, e successive modificazioni, si segnala che il parere del Comitato per la legislazione della Camera relativo al citato D.L. n. 14[14] ha rilevato l’opportunità di chiarire quali siano le norme oggetto di deroga, "atteso che viene richiamato un articolo che include anche norme recanti principi e diritti fondamentali in materia di gestione delle risorse umane da parte delle pubbliche amministrazioni (ad. es.: garanzia di parità e pari opportunità, divieto di discriminazione)".

Il conferimento può riguardare i soggetti iscritti agli albi professionali degli ordini[15]: dei medici-chirurghi e degli odontoiatri; dei veterinari; dei farmacisti; dei biologi; dei fisici e dei chimici; delle professioni infermieristiche; della professione di ostetrica; dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione; degli psicologi.

In tale ambito, il comma 3 concerne specificamente i medici e la lettera a) del comma 1 reca disposizioni particolari per i medici in formazione specialistica, mentre i commi 2 e 4 stabiliscono disposizioni comuni.

In particolare, il comma 3 specifica che gli incarichi possono essere conferiti anche ai laureati in medicina e chirurgia, abilitati all’esercizio della professione medica e iscritti agli ordini professionali. La riformulazione operata nel medesimo articolo 2-bis non riproduce la norma di cui al comma 4 del citato articolo 1 del D.L. n. 14, secondo cui le disposizioni di cui al suddetto comma 3 si applicano anche ai laureati in medicina e chirurgia, pur se privi della cittadinanza italiana, abilitati all’esercizio della professione medica secondo i rispettivi ordinamenti di appartenenza, previo riconoscimento del titolo.

Riguardo ai medici in formazione specialistica[16], il comma 1, lettera a), fa riferimento, per gli incarichi in oggetto, a quelli iscritti all'ultimo o penultimo anno dei relativi corsi di specializzazione. Si valuti l’opportunità - come rilevato anche nel parere del Comitato per la legislazione della Camera relativo al citato D.L. n. 14 - di chiarire la portata di tale riferimento, considerato che il comma 3 consente il conferimento degli incarichi a tutti i medici abilitati, a prescindere dall'iscrizione ad un corso di formazione specialistica o dal possesso di una specializzazione medica.

Il comma 1, lettera a), specifica altresì che: i medici in formazione specialistica restano iscritti alla scuola di specializzazione universitaria e continuano a percepire il trattamento economico previsto dal contratto di formazione medico-specialistica, integrato dagli emolumenti corrisposti per l’attività lavorativa svolta; il periodo di attività, svolto dai suddetti medici durante lo stato di emergenza in oggetto, è riconosciuto ai fini del ciclo di studi che conduce al conseguimento del diploma di specializzazione; le università, ferma restando la durata legale del corso, assicurano il recupero delle attività formative, teoriche ed assistenziali necessarie al raggiungimento degli obiettivi formativi previsti.

Il comma 2 prevede, in primo luogo, che i contratti di lavoro autonomo stipulati in assenza dei presupposti di cui al comma 1 siano nulli di diritto. Si valuti l’opportunità - come rilevato anche nel parere del Comitato per la legislazione della Camera relativo al citato D.L. n. 14 - di chiarire a quali contratti si faccia riferimento, considerato anche che il comma 5 disciplina ulteriori fattispecie di lavoro autonomo.

In secondo luogo, il comma 2 dispone che le attività di lavoro prestate (durante lo stato di emergenza) ai sensi del presente articolo siano computate ai fini del requisito di anzianità posto dalla disciplina transitoria - relativa a possibili procedure concorsuali riservate per l'accesso all'impiego in pubbliche amministrazioni - di cui all'articolo 20, commi 2, 11 e 11-bis, del D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75, e successive modificazioni.

 

Facendo qui riferimento ai termini specifici di applicazione per gli enti e le aziende del Servizio sanitario nazionale, si ricorda che la suddetta disciplina transitoria prevede che, nel periodo 2018-2022, possano essere banditi, in coerenza con il piano triennale dei fabbisogni e previa indicazione della relativa copertura finanziaria, procedure concorsuali riservate[17], in misura non superiore al cinquanta per cento dei posti disponibili, al personale che possegga tutti i seguenti requisiti:

§  sia titolare, successivamente al 28 agosto 2015[18], di un contratto di lavoro flessibile[19] presso l'amministrazione che bandisce il concorso;

§  abbia maturato, alla data del 31 dicembre 2019, almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni, presso l'amministrazione che bandisce il concorso.

 

Il comma 4 fa salvi gli incarichi di cui al comma 1, lettera a), già conferiti, per le medesime finalità, dagli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale fino al 10 marzo 2020 (data di entrata in vigore del citato D.L. n. 14), fermi restando il limite massimo di durata stabilito dalla suddetta lettera a) e le previsioni di cui al comma 2.

Il comma 5 consente, in via transitoria, il ricorso alla stipulazione, nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, di contratti di lavoro autonomo (anche di collaborazione coordinata e continuativa) con personale medico, veterinario, sanitario e socio-sanitario collocato in quiescenza (la possibilità è ammessa anche qualora il soggetto non sia iscritto, in conseguenza del collocamento a riposo, al relativo albo professionale); più in particolare, la riformulazione operata nel suddetto articolo 2-bis individua le categorie interessate nei dirigenti medici, veterinari, sanitari e nel personale del ruolo sanitario del comparto sanità collocati in quiescenza, nonché negli operatori socio-sanitari collocati in quiescenza, mentre il testo del D.L. n. 14 fa riferimento al personale medico e infermieristico collocato in quiescenza. Si valuti l’opportunità di chiarire se, nella riformulazione suddetta, il riferimento sia limitato ai soggetti ex dipendenti di enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale.

La fattispecie di cui al comma 5 è stabilita in deroga alle norme che, per le pubbliche amministrazioni, limitano le possibilità sia di ricorso a tale tipo di contratti sia di conferimento di incarichi a soggetti già titolari di un trattamento di quiescenza.

Gli incarichi di lavoro autonomo oggetto delle deroghe in esame non possono avere una durata superiore a sei mesi. Il comma 5 fa anche riferimento al limite temporale costituito dal termine dello stato di emergenza (come già accennato, il termine attuale dello stato di emergenza, in base alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, è stabilito al 31 luglio 2020). Si valuti l’opportunità di chiarire - come rilevato anche nel parere del Comitato per la legislazione della Camera relativo al citato D.L. n. 14 - se quest'ultimo limite sia posto con riferimento alla durata dell'incarico o al conferimento del medesimo - per il conferimento, la parte precedente del medesimo comma 5 pone il termine del 31 luglio 2020 -.

Le deroghe sono poste al fine di far fronte alle esigenze straordinarie e urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19 e di garantire i livelli essenziali di assistenza e sono ammesse previa verifica dell’impossibilità di assumere personale, anche facendo ricorso agli idonei in graduatorie in vigore.

Le deroghe summenzionate concernono le norme di cui all'articolo 5, comma 9, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni, e all'articolo 7 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, concernenti, rispettivamente: il divieto di conferimento, da parte delle pubbliche amministrazioni e degli altri soggetti ivi individuati, di alcuni incarichi - tra cui quelli di consulenza - a soggetti già lavoratori pubblici e privati collocati in quiescenza[20]; il divieto, per le pubbliche amministrazioni, di stipulazione di contratti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro[21]. Riguardo ad un’osservazione del Comitato per la legislazione della Camera (espressa nel parere relativo al citato D.L. n. 14)  sulla formulazione della deroga all’articolo 7 del D.Lgs. n. 165 del 2001, e successive modificazioni, cfr. supra.

Gli incarichi di cui al presente comma 5 possono essere conferiti, se necessario, anche in deroga ai vincoli previsti dalla legislazione vigente in materia di spesa per il personale[22], nei limiti delle risorse complessivamente indicate per ciascuna regione (o provincia autonoma) dal citato decreto direttoriale 10 marzo 2020.

Per i compensi relativi ai suddetti incarichi, non si applicano le limitazioni[23] per il cumulo tra reddito da lavoro e trattamento pensionistico liquidato in base alla cosiddetta quota 100.

Sotto il profilo redazionale, si rileva - come osservato anche nel parere della 1a Commissione del Senato[24] - che, per le possibilità di conferimento degli incarichi in esame, il comma 6 fa riferimento alle regioni e province autonome, mentre l'alinea del precedente comma 1 fa riferimento agli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale.

Si ricorda altresì che l’articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente D.L. n. 18, come modificato dal Senato, dispone l’abrogazione del D.L. 2 marzo 2020, n. 9, con la salvezza degli effetti prodottisi, e che l’articolo 23 del suddetto D.L. n. 9 ha previsto, in via transitoria, in alcune regioni e province, la possibilità di conferimento di incarichi di lavoro autonomo a personale medico e infermieristico, anche se collocato in quiescenza; tali previsioni risultano assorbite dalle fattispecie più ampie summenzionate.

Il comma 1, lettera b), dell’articolo 2-bis in esame reca una deroga alla disciplina transitoria[25] relativa all'assunzione di medici e veterinari in formazione specialistica con contratti di lavoro dipendente a tempo determinato e con orario a tempo parziale.

Si ricorda che la disciplina transitoria summenzionata ammette che gli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale procedano, entro il 31 dicembre 2022, alla stipulazione di tali contratti con i medici e veterinari in formazione specialistica che, avendo partecipato alle procedure concorsuali (come consentito dalla medesima disciplina transitoria[26]), siano utilmente collocati nelle relative graduatorie separate. La possibilità di partecipazione (e la conseguente possibilità di assunzione a tempo determinato e parziale) concerne i medici e veterinari iscritti al terzo anno o successivi del relativo corso di formazione specialistica.

La deroga di cui alla presente lettera b) consente tali assunzioni anche in assenza dell'accordo quadro nazionale previsto dalla medesima disciplina transitoria. In base all'alinea del comma 1, la deroga trova applicazione per le assunzioni effettuate durante il perdurare dello stato di emergenza in oggetto (come già accennato, il termine attuale dello stato di emergenza, in base alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, è stabilito al 31 luglio 2020). La lettera b) in esame specifica che le assunzioni devono essere effettuate in ogni caso nell’ambito delle strutture accreditate della rete formativa e che l'attività dei soggetti così assunti deve essere coerente con il progetto formativo deliberato dal consiglio della scuola di specializzazione. Restano fermi i limiti e le altre modalità posti dalla suddetta disciplina transitoria, anche con riferimento al trattamento economico.

La disciplina transitoria oggetto della presente deroga demanda la definizione - per i soggetti interessati dai summenzionati rapporti di lavoro a tempo determinato - delle modalità di svolgimento della formazione specialistica - la quale prosegue a tempo parziale - e delle attività formative (teoriche e pratiche) previste dagli ordinamenti e regolamenti didattici della scuola di specializzazione universitaria a specifici accordi tra le regioni o le province autonome e le università interessate; questi ultimi sono conclusi sulla base di un accordo quadro adottato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome[27]. Con la deroga di cui alla lettera b) si consente la stipulazione di tali contratti anche in assenza dell'accordo quadro; il parere del Comitato per la legislazione della Camera relativo al citato D.L. n. 14 ha rilevato l’opportunità di chiarire se la deroga consenta la stipulazione anche in assenza degli accordi tra regioni o province autonome ed università, i quali, come detto, devono essere conclusi sulla base del medesimo accordo quadro. Si ricorda, in ogni caso, che, in base alla disciplina generale di cui al D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, ogni regione stipula protocolli d’intesa con le università ubicate nel proprio territorio ai fini dello svolgimento dell'attività assistenziale sanitaria.

 

Si ricorda che i contratti di lavoro a tempo determinato in esame possono essere stipulati nei limiti delle disponibilità di bilancio dell'ente o azienda e nei limiti di spesa per il personale vigenti, sempre che sussistano le condizioni - inerenti anche alla mancanza di altre risorse umane - poste dall’articolo 1, comma 548-ter, della L. 30 dicembre 2018, n. 145, e fermo restando il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea, relativamente al possesso del titolo di formazione specialistica. Il contratto non può avere durata superiore a quella residua del corso di formazione specialistica, fatti salvi i periodi di sospensione previsti dalla disciplina per determinate fattispecie di impedimento (servizio militare, gravidanza o malattia), e può essere prorogato una sola volta fino al conseguimento del titolo di formazione specialistica e comunque per un periodo non superiore a dodici mesi (mentre l’interruzione definitiva del percorso di formazione comporta la risoluzione automatica del contratto di lavoro). Gli specializzandi assunti a termine sono inquadrati con qualifica dirigenziale e al loro trattamento economico, proporzionato alla prestazione lavorativa resa e commisurato alle attività assistenziali svolte, si applicano le disposizioni del contratto collettivo nazionale del personale della dirigenza medica e veterinaria del Servizio sanitario nazionale (il trattamento, qualora sia inferiore a quello già previsto dal contratto di formazione specialistica, è rideterminato in misura pari a quest’ultimo). Essi svolgono attività assistenziali coerenti con il livello di competenze e di autonomia raggiunto e correlato all’ordinamento didattico di corso, alle attività professionalizzanti nonché al programma formativo seguito e all’anno di corso di studi superato. I soggetti così assunti a termine sono poi inquadrati, a decorrere dalla data del conseguimento del relativo titolo di formazione specialistica, a tempo indeterminato nell’ambito dei ruoli della dirigenza del Servizio sanitario nazionale, ferma restando la condizione dell'esaurimento della graduatoria dei soggetti già specialisti alla data di scadenza del bando (bando in relazione al quale lo specializzando era stato inserito nella graduatoria separata).

 


 

Articolo 2
(
Potenziamento delle risorse umane del Ministero della salute)

 

 

L’articolo 2 consente al Ministero della salute di assumere con contratto di lavoro a tempo determinato, di durata non superiore a tre anni, 40 unità di dirigenti sanitari medici, 18 unità di dirigenti sanitari veterinari e 29 unità di personale non dirigenziale con il profilo professionale di tecnico della prevenzione, utilizzando graduatorie proprie o approvate da altre amministrazioni per concorsi pubblici (anche relativi ad assunzioni a tempo indeterminato). Le unità in esame sono destinate agli uffici periferici.

 

La previsione è intesa esplicitamente a soddisfare la necessità di potenziare le attività di vigilanza, di controllo igienico-sanitario e di profilassi svolte presso i principali porti e aeroporti, necessità derivante anche dalla diffusione del virus COVID-19.

Riguardo al summenzionato personale non dirigenziale, esso viene inquadrato nella Terza area[28], posizione economica F1, del comparto funzioni centrali.

Per le assunzioni in esame, si autorizza una spesa pari a 5.092.994 euro per il 2020, 6.790.659 euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 e 1.697.665 euro per il 2023.

Ai relativi oneri si provvede:

§  mediante riduzione, nella misura di 2.345.000 euro per il 2020, 5.369.000 euro per il 2021, 2.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, dell’accantonamento relativo al Ministero della salute del fondo speciale di parte corrente (fondo destinato alla copertura degli oneri derivanti dai provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel triennio di riferimento). Si segnala che la misura della riduzione per il 2023 è superiore all’importo della spesa da coprire;

§  quanto a 2.747.994 euro per il 2020, a 1.421.659 euro per il 2021 e a 4.790.659 euro per il 2022, mediante corrispondente utilizzo del fondo di parte corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero della salute ai sensi dell'articolo 34-ter, comma 5, della L. 31 dicembre 2009, n. 196 (fondo derivante dall’eventuale reiscrizione, in tutto o in parte, con la legge di bilancio, delle risorse corrispondenti ai residui passivi perenti eliminati).

 

 

 

 

 

 

 


 

Articolo 2-ter
(Misure urgenti per l’accesso del personale delle professioni sanitarie e socio-sanitario al Servizio sanitario nazionale e norma transitoria sulle classi di laurea nelle professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche)

 

 

L’articolo 2-ter - inserito dal Senato - costituisce la trasposizione, con alcune modifiche, del disposto di cui all’articolo 2 del D.L. 9 marzo 2020, n. 14 (D.L. di cui l’articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente D.L. n. 18, come modificato dal Senato, dispone l’abrogazione, con salvezza degli effetti già prodottisi).

 

I commi da 1 a 3 dell'articolo 2-ter consentono, in via transitoria, il conferimento, da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, di incarichi individuali a tempo determinato al personale delle professioni sanitarie e ad operatori socio-sanitari, mediante avviso pubblico e selezione per colloquio orale. Il comma 5 reca, in merito, norme specifiche relative ai medici in formazione specialistica.

Il comma 4 reca una norma transitoria sulle modalità di svolgimento della prova finale dei corsi di laurea afferenti alle classi di laurea nelle professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche.

 

La possibilità di conferimento degli incarichi a tempo determinato di cui al comma 1 è ammessa durante la vigenza dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 (la quale ha dichiarato lo stato di emergenza per 6 mesi, a decorrere dalla medesima delibera). Il conferimento (da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale) può concernere il personale delle professioni sanitarie e gli operatori socio-sanitari. Tali categorie sono così individuate dalla riformulazione operata dall’articolo 2-ter, mentre il citato articolo 2 del D.L. n. 14 fa riferimento al personale sanitario (ivi compresi i medici in possesso dei requisiti stabiliti dall’ordinamento per l’accesso alla dirigenza medica).

Riguardo al richiamo concernente le professioni sanitarie, si ricorda che il conferimento può riguardare i soggetti iscritti agli albi professionali degli ordini[29]: dei medici-chirurghi e degli odontoiatri; dei veterinari; dei farmacisti; dei biologi; dei fisici e dei chimici; delle professioni infermieristiche; della professione di ostetrica; dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione; degli psicologi.

Riguardo ai medici in formazione specialistica[30], il comma 5 del presente articolo 2-ter (comma che non figura invece nel citato articolo 2 del D.L. n. 14) fa riferimento, per gli incarichi in oggetto, a quelli iscritti all'ultimo o penultimo anno dei relativi corsi di specializzazione. Si valuti l’opportunità di chiarire se gli altri medici in formazione specialistica siano quindi esclusi dall’ambito del presente articolo.

Gli incarichi in esame hanno la durata di un anno, non sono rinnovabili e sono conferiti mediante procedure comparative per titoli o colloquio orale o per titoli e colloquio orale, svolte con forme di pubblicità semplificata, quali la pubblicazione dell'avviso - per una durata minima di cinque giorni - solo sul sito dell'azienda che lo bandisca (commi 1 e 2). Tali disposizioni costituiscono una riformulazione operata dall’articolo 2-ter, mentre il citato articolo 2 del D.L. n. 14 prevede lo svolgimento - previo avviso pubblico - di procedure comparative per titoli e colloquio orale.

Si valuti l’opportunità di chiarire - come rilevato anche nel parere del Comitato per la legislazione della Camera relativo al citato D.L. n. 14[31] - se si faccia riferimento alla sola tipologia del contratto di lavoro dipendente o anche ad altre tipologie di contratto di lavoro.

Il conferimento è ammesso in deroga, se necessario, limitatamente agli oneri relativi al 2020, ai vincoli previsti dalla legislazione vigente in materia di spesa per il personale[32], nei limiti delle risorse complessivamente indicate per ciascuna regione (o provincia autonoma) con il decreto direttoriale 10 marzo 2020, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 66 del 13 marzo 2020 ed emanato ai sensi dell’articolo 17 del citato D.L. n. 14.

In ogni caso, il ricorso agli incarichi in esame è subordinato alla previa verifica - da parte dei medesimi enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale - dell'impossibilità di utilizzare personale già in servizio nonché di ricorrere agli idonei collocati in graduatorie concorsuali in vigore (comma 1).

Le attività professionali svolte in base ai suddetti incarichi a termine costituiscono titoli preferenziali nelle procedure concorsuali per l'assunzione presso le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale (comma 3). Si valuti l’opportunità di chiarire se tale previsione si limiti a porre un criterio di preferenza per il caso di parità di punteggio complessivo oppure se implichi una modifica della disciplina regolamentare sulla valutazione dei titoli e sul relativo punteggio nell’ambito delle procedure concorsuali[33].

Il comma 5 specifica che: i medici in formazione specialistica restano iscritti alla scuola di specializzazione universitaria e continuano a percepire il trattamento economico previsto dal contratto di formazione medico-specialistica, integrato dagli emolumenti corrisposti per l’attività lavorativa svolta; il periodo di attività, svolto dai suddetti medici durante lo stato di emergenza in oggetto, è riconosciuto ai fini del ciclo di studi che conduce al conseguimento del diploma di specializzazione; le università, ferma restando la durata legale del corso, assicurano il recupero delle attività formative, teoriche ed assistenziali necessarie al raggiungimento degli obiettivi formativi previsti.

Si segnala che il successivo articolo 17-ter (anch’esso inserito dal Senato) reca alcune specificazioni sulle modalità di applicazione dell’articolo 2-ter in esame alle aziende ospedaliero-universitarie.

 

Il comma 4 concerne, con esclusivo riferimento alla seconda sessione dell’anno accademico 2018-2019, le modalità di svolgimento della prova finale dei corsi di laurea afferenti alle classi di laurea nelle professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche (L/SNT/1). Il Senato ha operato una correzione (rispetto alla versione del comma presente nel suddetto articolo 2 del D.L. n. 14) intesa a chiarire che il comma 4 si riferisce a tutte le classi di laurea inerenti alle professioni summenzionate.

Il comma prevede che:

§  la prova pratica si svolga - previa certificazione delle competenze acquisite a seguito del tirocinio pratico svolto durante il corso di studio - secondo la modalità di cui al punto 2 della circolare del Ministero della salute e del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca scientifica del 30 settembre 2016, prot. 46319 (circolare concernente le prove finali dei corsi di laurea afferenti alle classi di laurea delle professioni sanitarie). Tale modalità consiste nello svolgimento di una prova con domande a risposta chiusa e a risposta aperta su casi clinici o situazioni paradigmatiche della pratica professionale; la suddetta modalità è alternativa a quella definita dal precedente punto 1 della circolare, che prevede lo svolgimento di una simulazione pratica[34];

§  la discussione della tesi possa essere svolta con modalità a distanza.

§  Si ricorda che il successivo articolo 102 del presente D.L. n. 18 definisce le modalità in termini sostanzialmente identici a quelli summenzionati, per la medesima sessione, per la prova finale dei corsi di laurea afferenti alle classi di laurea nelle professioni sanitarie della riabilitazione, tecniche e della prevenzione (L/SNT/2, L/SNT/3 e L/SNT/4).


 

Articolo 2-quater
(Piani di fabbisogno del personale del Servizio sanitario Nazionale)

 

 

L’articolo 2-quater, aggiunto al Senato, inserisce nel provvedimento in esame le disposizioni di cui all’art. 3 del decreto legge 14/2020. L’articolo dispone che le Regioni, per le finalità e gli effetti delle disposizioni di cui agli articoli 2-bis e 2-ter, vale a dire per poter avviare le assunzioni straordinarie di personale sanitario, procedono alla rideterminazione dei piani di fabbisogno del personale ai sensi dell’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 165/2001 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).

 

L’articolo 2-quater, aggiunto al Senato, inserisce, nel provvedimento in esame, le disposizioni dell’art. 3 del decreto legge 14/2020. La norma rinvia ai precedenti artt. 2-bis e 2-ter, (ex art. 1 e 2 del decreto legge 14/2020, inseriti anch’essi al Senato, nel decreto in esame). La RT al decreto legge 14/2020, evidenzia che la disposizione non determina oneri a carico dello Stato. Si segnala inoltre, che il comma 1-bis dell’art. 17-ter del presente decreto (aggiunto anch’esso al Senato) estende anche alle aziende ospedaliere universitarie, e in particolare al personale universitario impegnato nelle attività assistenziali, le disposizioni di cui all’articolo in esame. Le modalità attuative sono da stabilire con Intesa tra l’università e la regione di riferimento, entro i limiti del finanziamento sanitario corrente come rideterminato in aumento dalle disposizioni del presente decreto.

 

Il citato articolo 6 del D.Lgs 165/2001, al comma 1, prevede che le amministrazioni pubbliche definiscono l'organizzazione degli uffici per le finalità indicate all'articolo 1, comma 1 (vale a dire ai fini di rendere più efficiente e di razionalizzare l’organizzazione del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), adottando, in conformità al piano triennale dei fabbisogni di cui al comma 2, gli atti previsti dai rispettivi ordinamenti, previa informazione sindacale, ove prevista nei contratti collettivi nazionali.

 


 

Articolo 2-quinquies
(Misure urgenti per il reclutamento dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta)

 

L’articolo 2-quinquies - inserito dal Senato - costituisce la trasposizione del disposto di cui all’articolo 4 del D.L. 9 marzo 2020, n. 14 (D.L. di cui l’articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente D.L. n. 18, come modificato dal Senato, dispone l’abrogazione, con salvezza degli effetti già prodottisi).

L’articolo in esame reca alcune norme transitorie, in relazione all'emergenza epidemiologica da COVID-19. In tale ambito temporale, i commi da 1 a 3 consentono: ai medici iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale l'instaurazione di un rapporto convenzionale a tempo determinato con il Servizio sanitario nazionale; ai medici abilitati, anche durante la loro iscrizione ai corsi di formazione specialistica (presso le scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia) o ai corsi di formazione specifica in medicina generale, l'assunzione di incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina generale e l'iscrizione negli elenchi della guardia medica notturna e festiva e della guardia medica turistica. Il comma 4 consente, sempre in via transitoria, ai medici iscritti al corso di formazione specialistica in pediatria l'assunzione di incarichi provvisori o di sostituzione di pediatri di libera scelta.

 

Più in particolare, i commi 1 e 2 consentono che, nel periodo di durata dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 (per la quale la delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 ha dichiarato lo stato di emergenza per 6 mesi, a decorrere dalla medesima delibera):

-         i medici iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale[35] instaurino un rapporto convenzionale a tempo determinato con il Servizio sanitario nazionale[36]. Le ore di attività svolte in base a tale rapporto si considerano a tutti gli effetti attività pratiche, da computarsi nel monte ore complessivo dell'attività formativa di natura pratica del suddetto corso[37];

-         i medici abilitati, anche durante la loro iscrizione ai corsi di formazione specialistica (presso le scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia) o ai corsi di formazione specifica in medicina generale[38], assumano incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina generale e si iscrivano negli elenchi della guardia medica notturna e festiva e della guardia medica turistica, con svolgimento dei medesimi servizi di guardia fino al termine dello stato di emergenza. Al riguardo, le norme generali vigenti[39] prevedono che i medici abilitati, anche durante la loro iscrizione ai corsi suddetti, possano assumere incarichi di sostituzione di medici di medicina generale (e non anche incarichi provvisori autonomi) e svolgere - previa iscrizione nei relativi elenchi - il servizio di guardia medica notturna e festiva o di guardia medica turistica solo in caso di carente disponibilità di medici già iscritti negli stessi elenchi.

 In relazione alla fattispecie suddetta di incarico provvisorio di medicina generale convenzionata, si prevede, per il caso di assegnazione di un numero di assistiti superiore a 650, la sospensione della corresponsione della borsa di studio. Si valuti l’opportunità - come osservato anche nel parere della 1a Commissione del Senato[40] - di chiarire la portata di tale disposizione, dalla quale potrebbe derivare, per i medici rientranti nell’ipotesi suddetta, un trattamento inferiore rispetto a quello derivante, per i medici con un numero di assistiti inferiore, dal cumulo tra borsa di studio e remunerazione per l’attività convenzionale.

Per gli iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale, le ore di attività svolte (durante lo stato di emergenza in oggetto) in base agli incarichi provvisori o di sostituzione ed ai servizi di guardia summenzionati si considerano a tutti gli effetti attività pratiche, da computarsi nel monte ore complessivo dell'attività formativa di natura pratica del suddetto corso[41].

Per gli iscritti ai corsi di formazione specialistica, il periodo di attività svolto (durante lo stato di emergenza) in base ai medesimi incarichi e servizi è riconosciuto ai fini del ciclo di studi relativo alla specializzazione. In merito, come norma di chiusura, si prevede che le università, ferma restando la durata legale del corso, assicurino il recupero delle attività formative, teoriche e assistenziali, necessarie al raggiungimento degli obiettivi formativi previsti[42].

Il comma 3 specifica che, con riferimento al periodo relativo al suddetto stato di emergenza, le disposizioni di cui agli articoli 11 e 12 del D.M. 7 marzo 2006, relativi, rispettivamente, alle modalità di corso a tempo pieno e a tempo parziale di formazione specifica in medicina generale, si intendono integrate dalle norme di cui ai precedenti commi 1 e 2.

Il comma 4 consente che, durante il periodo corrispondente al suddetto stato di emergenza, i medici iscritti al corso di formazione specialistica in pediatria assumano incarichi provvisori o di sostituzione di pediatri di libera scelta convenzionati con il Servizio sanitario nazionale. Anche per tali attività (così come per quelle svolte ai sensi del precedente comma 2), si pone il principio del riconoscimento ai fini del ciclo di studi relativo alla specializzazione e si prevede, come norma di chiusura, che le università, ferma restando la durata legale del corso, assicurino il recupero delle attività formative, teoriche e assistenziali, necessarie al raggiungimento degli obiettivi formativi previsti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Articolo 2-sexies
(Incremento specialistica)

 

 

L’articolo 2-sexies, aggiunto al Senato, inserisce nel provvedimento in esame l’articolo 5 del decreto legge 14/2020.Si prevede la possibilità, per le aziende sanitarie locali e gli enti del Ssn, di procedere, per il 2020, ad incrementare, con ore aggiuntive, il monte ore della specialistica ambulatoriale convenzionata interna. L’incremento del monte ore della specialistica avviene nel rispetto dell’Accordo collettivo nazionale vigente, nel limite di spesa pari a 6 milioni di euro, a valere sul Fondo sanitario nazionale, nei limiti posti dall’art. 18 del decreto in commento.

 

Per il 2020, si prevede la possibilità, per le aziende sanitarie locali e gli enti del Ssn, di procedere ad incrementare, con ore aggiuntive, il monte ore della specialistica ambulatoriale convenzionata interna, come disciplinata dal D. Lgs. 502/1992.

 

Come stabilito dall’art. 8, comma 1, lett.b-bis), del D.Lgs. 502/1992, il personale convenzionato è inserito nelle forme organizzative dell’assistenza distrettuale dei servizi sanitari regionali e aderisce al sistema informativo sanitario regionale e nazionale. Gli enti e le aziende del Ssn, nell’ambito dei propri poteri, si avvalgono, per l’erogazione delle prestazioni specialistiche, degli specialisti ambulatoriali, dei veterinari e dei professionisti, utilizzando le ore di attivita? formalmente deliberate in sede aziendale. In questo contesto, gli specialisti ambulatoriali, i veterinari ed i professionisti esercitano un’attività convenzionale operante in regime di parasubordinazione nell’ambito dell’organizzazione del Ssn. Infatti, il rapporto di coloro che svolgono attività in regime di convenzione con le aziende sanitarie, si configura come un rapporto privatistico di lavoro autonomo-professionale con i connotati della cosiddetta parasubordinazione ed esula dall’ambito del pubblico impiego.

 

L’incremento del monte ore della specialistica deve avvenire nel rispetto dell’Accordo collettivo nazionale vigente, nel limite di spesa pari a 6 milioni di euro, a valere sul Fondo sanitario nazionale, nei limiti posti dall’art. 17 del decreto 14/2020.

 

Più nello specifico, l’ACN di riferimento riguarda il settore della specialistica ambulatoriale, veterinaria ed altre professionalità sanitarie (per sintesi, “specialisti ambulatoriali”), settore che, secondo i dati disponibili ad inizio 2016, comprende una platea di circa 18mila professionisti sanitari. Nel triennio negoziale 2016-2018 il rinnovo della parte normativa ha avuto luogo nel 2015, e, nel 2018, è stata rinnovata la parte economica fino al 31 dicembre 2017, provvedendo all’erogazione delle risorse riferite all’indennita? di vacanza contrattuale 2010-2017 e agli arretrati dei soli anni 2016-2017.Le risorse per la specialistica sono a valere sul finanziamento del Ssn (quota indistinta) e sono evidenziate annualmente all’interno del Riparto del Fondo sanitario nazionale, che assegna alla specialistica il 13,3 per cento del finanziamento spettante all’assistenza distrettuale.

Nei limiti delle risorse complessivamente indicate per ciascuna regione (o provincia autonoma) il Decreto 10 marzo 2020, come specificato dall’art. 18 del decreto in esame, ha ripartito fra le regioni e le province autonome la cifra complessiva  di 660 milioni, a valere sul Fondo sanitario nazionale, di cui 6 milioni finalizzati all’incremento del monte ore della specialistica.

 


 

Articolo 2-septies
(Disposizioni urgenti in materia di volontariato)

 

 

L’articolo 2-septies, aggiunto al Senato, inserisce nel provvedimento in esame le disposizioni dell’art. 6 del decreto 14/2020. Per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, per il periodo della durata emergenziale, ovvero fino al 31 luglio 2020, non si applica il regime di incompatibilità tra lo status di volontario e quello di lavoratore dell’Ente del Terzo settore presso cui si svolge l’attività di volontariato.

 

Per tutta la durata del periodo emergenziale, fissato in sei mesi dalla Delibera del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020 (dal 31 gennaio al 31 luglio 2020), l’articolo in esame disapplica il regime di incompatibilità tra lo status di volontario e quello di lavoratore dell’Ente del terzo settore presso cui si svolge l’attività di volontariato. Si ricorda che il predetto regime di incompatibilità è stabilito dall’art. 17, comma 5, del Codice del Terzo settore (D. Lgs. 117/2017).

 

Ai sensi del citato Codice, il volontario è una persona che, per sua libera scelta, svolge attività in favore della comunità e del bene comune, per il tramite di un Ente del Terzo settore (ETS), mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacita? per promuovere risposte ai bisogni delle persone e delle comunità beneficiarie della sua azione, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ed esclusivamente per fini di solidarietà. La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l'ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria. L’incompatibilità tra volontariato e rapporto di lavoro retribuito con l'ente non si applica agli operatori che prestano attività di soccorso in aziende sanitarie nelle province autonome di Trento e Bolzano.

 

 

 

 

 


 

Articolo 3
(Potenziamento delle reti di assistenza territoriale)

 

 

L’articolo 3 disciplina alcune misure dirette al potenziamento delle reti di assistenza territoriale per far fronte alla situazione di emergenza dovuta alla diffusione del COVID-19.

 

Il comma 1 prevede che le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano e le aziende sanitarie possono stipulare accordi contrattuali (ai sensi dell’articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502[43]), per l’acquisto di ulteriori prestazioni sanitarie (comma 1), in deroga al limite di spesa previsto[44] per tali accordi dall’articolo 45, comma 1-ter, del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124[45] (c.d. decreto fiscale), in presenza di alcuni presupposti:

 

§  la situazione di emergenza dovuta alla diffusione del COVID-19 richieda l’attuazione nel territorio regionale e provinciale del piano, adottato in attuazione della circolare del Ministero della salute del 1° marzo 2020 (prot. GAB 2627) , al fine di incrementare la dotazione dei posti letto in terapia intensiva e nelle unità operative di pneumologia e di malattie infettive, isolati e allestiti con la dotazione necessaria per il supporto ventilatorio e in conformità alle indicazioni fornite dal Ministro della salute con circolare del 29 febbraio 2020(prot. GAB 2619);

§  la circostanza che dal piano sopracitato emerga l’impossibilità di perseguire gli obiettivi di potenziamento dell’assistenza nelle strutture pubbliche e in quelle private accreditate mediante le prestazioni acquistate con i contratti in essere alla data del decreto in esame.

 

La citata circolare del 1° marzo prevede, tra l’altro, che, alla luce di quanto verificatosi negli ospedali della regione Lombardia, nel minor tempo possibile, in strutture pubbliche e in strutture private accreditate

§  sia attivato un modello di cooperazione interregionale coordinato a livello nazionale;

§  sia attivato a livello regionale un incremento della disponibilità dei posti letto come segue:

del 50% del numero di posti letto in terapia intensiva e del 100% del numero di posti letto in unità operative di pneumologia e in unità operative di malattie infettive, isolati ed allestiti con la dotazione necessaria per il supporto ventilatorio, inclusa la respirazione assistita.

L’attivazione dei posti letto dovrà garantire il controllo delle infezioni attraverso la rimodulazione locale dell’attività ospedaliera. Viene poi prevista una redistribuzione del personale prevedendo un percorso formativo rapido qualificante per il supporto respiratorio per infermieri e medici, e viene valutato prioritariamente l’utilizzo delle strutture private accreditate per ridurre la pressione sulle strutture pubbliche.

La circolare del 29 febbraio detta invece le linee di indirizzo assistenziali del paziente critico affetto da COVID-19, prevedendo che le regioni predispongano un piano di emergenza per garantire idonei livelli di trattamento, individuando prioritariamente una o più strutture da dedicare alla gestione esclusiva del paziente affetto da COVID-19 e rispettando alcune condizioni espressamente previste.

 

In deroga alle disposizioni di cui al citato articolo 8-quinquies del D.Lgs. 502/1992, qualora non sia possibile perseguire gli obiettivi di cui al comma 1 mediante le citate forme contrattuali, le regioni, le province autonome e le aziende sanitarie sono autorizzate (comma 2) a stipulare al medesimo fine contratti con strutture private non accreditatepurché autorizzate ai sensi dell’articolo 8-ter del medesimo D.Lgs. 502/1992.

 

Autorizzazione, accreditamento, accordi

L’autorizzazione ha lo scopo di consentire l’esercizio dell’attività sanitaria, e ogni soggetto (pubblico e privato) che opera all’interno del Ssn deve essere autorizzato ai sensi dell’articolo 8-ter del D.Lgs. 502/92. L’autorizzazione deve essere richiesta alla Regione presso la quale si ha intenzione di iniziare l'attività, per tutte le strutture, sia pubbliche che private, che erogano prestazioni in regime di ricovero, in regime ambulatoriale, in regime residenziale e per gli studi odontoiatrici/medici o di altre professioni sanitarie, compresi quelli infermieristici.

Quanto ai requisiti per l’autorizzazione la scelta è demandata alla singola Regione, che ne sancisce i criteri di inclusione, e devono comprendere requisiti minimi strutturali, tecnologici e organizzativi. In ultimo, sul rilascio dell’autorizzazione da parte della Regione influisce anche l’attività di verifica del Comune all’interno del quale la struttura risiederà.

Passaggio successivo all’autorizzazione è l’accreditamento con il Ssn, obbligatorio solo per quelle strutture che vogliano operare in convenzione con la sanità pubblica infatti se si vogliono erogare prestazioni in regime privato il percorso si ferma alla sola autorizzazione. L'accreditamento può essere concesso subordinatamente alla rispondenza con la programmazione sanitaria regionale e ad ulteriori requisiti di qualificazione stabiliti dalla Regione sulla base dell’articolo 8-quater del D.Lgs. 502/1992, dopo aver ascoltato i pareri di Agenas e del Consiglio Superiore della Sanità.Attraverso l’accreditamento la struttura può operare in nome e per conto del Ssn, adoperando le stesse tariffe e percependo quindi quota parte del finanziamento sanitario regionale. L’accreditamento è seguito da un contratto, che tiene conto della programmazione e da un controllo periodico delle prestazioni erogate adoperato dalla Regione. L’accreditamento a seguito di verifica può anche essere revocato qualora la struttura non soddisfi più i requisiti qualitativi che ne abbiano determinato la concessione.

Dal momento che l’accreditamento attribuisce la qualifica potenziale di gestore del servizio pubblico, occorrerà che le parti stipulino appositi accordi contrattuali che regolamentino il rapporto tra i due soggetti (pubblico e privato). L’accordo contrattuale rappresenta quindi un contratto di disciplina pubblicistica che lega la struttura privata alla pubblica amministrazione. In sostanza, il procedimento di accreditamento per conferire agli interessati il diritto ad esercitare l’attività in regime di convenzione consiste di due atti: il primo unilaterale emesso dalla pubblica amministrazione che conferisce lo stesso diritto alla struttura, e il secondo che rende operativo il primo, legandosi ad esso mediante l’accordo tra le parti.Le Regioni devono definire l’ambito di applicazione degli accordi nonché individuare i soggetti interessati, individuando le responsabilità della Regione e della Asl nella stipula degli accordi, nella formulazione dei programmi di attività, e nella determinazione della remunerazione.

Gli accordi sono disciplinati dal citato articolo 8-quinquies del D.Lgs. 502/1992 che prevede che la regione e le unità sanitarie locali, anche attraverso valutazioni comparative della qualità e dei costi, definiscono accordi con le strutture pubbliche ed equiparate, comprese le aziende ospedaliero-universitarie, e stipulano contratti con quelle private e con i professionisti accreditati, anche mediante intese con le loro organizzazioni rappresentative a livello regionale, che indicano una serie di aspetti, tra i quali, gli obiettivi di salute, il volume massimo di prestazioni da assicurare, i requisiti del servizio da rendere, il corrispettivo preventivato a fronte delle attività concordate.

 

In presenza dei presupposti indicati dal comma 1 dell’articolo in esame gli accordi possono essere stipulati anche in deroga al limite di spesa di cui all’articolo 45, comma 1-ter, del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124, parial valore della spesa consuntivata nell'anno 2011, fermo restando il rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del Servizio sanitario regionale

 

Il comma 3 prevede che, al fine di fronteggiare l’eccezionale carenza di personale medico e delle professioni sanitarie, in conseguenza dell’emergenza dovuta alla diffusione del COVID-19, in quanto ricoverato o in stato contumaciale a causa dell’infezione da COVID-19, le strutture private, accreditate e non, su richiesta delle regioni o delle province autonome di Trento e Bolzano o delle aziende sanitarie, mettono a disposizione il personale sanitario in servizio nonché i locali e le apparecchiature presenti nelle suddette strutture.

 

A tale proposito va ricordato che l’articolo 7 del D.L. 14/2020 (A.C. 2428)  non rende applicabile la misura della quarantena con sorveglianza attiva agli operatori sanitari e a quelli dei servizi pubblici essenziali che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva. Gli stessi operatori sono in ogni caso tenuti a sospendere l’attività nel caso di sintomatologia respiratoria o esito positivo per Covid-19.

La misura della quarantena con sorveglianza attiva, definita dall’Ordinanza del Ministero della salute 21 febbraio 2020, si applica agli individui che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva COVID-19o a coloro che hanno transitato nelle aree a rischio negli ultimi 14 giorni.Tale circostanza deve essere comunicata al   Dipartimento di   prevenzione dell'azienda sanitaria territorialmente competente, che, acquisita la comunicazione, provvede all'adozione della misura della permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, ovvero, in presenza di condizione ostative, di misure alternative di efficacia equivalente. L'operatore di sanità pubblica provvede a contattare quotidianamente, per avere notizie sulle condizioni di salute, la persona in sorveglianza, che, da parte sua, deve: mantenere lo stato di isolamento per quattordici giorni dall'ultima esposizione; non avere contatti sociali; sottostare al divieto di spostamenti e viaggi; rimanere raggiungibile per le attività di sorveglianza.

 

Le attività rese dalle strutture private di cui al presente comma sono indennizzate ai sensi dell’articolo 6, comma 4 (indennità di requisizione, cfr. infra).

 

Ai sensi del comma 4 i contratti stipulati ai sensi dei commi 1 e 2 nonché le misure di cui al comma 3 cessano di avere efficacia al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 (si ricorda che la delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 ha dichiarato lo stato di emergenza per 6 mesi, a decorrere dalla medesima delibera).

Sono fatte salve le misure di cui ai commi 1, 2 e 3 già adottate per cause di forza maggiore per far fronte all’emergenza dovuta alla diffusione del COVID-19 (comma 5).

Sulla copertura finanziaria delle disposizioni esaminate provvede il comma 6 che dispone che per l’attuazione dei commi 1 e 2, è autorizzata la spesa complessiva di 240.000.000  euro per l'anno 2020 e per l’attuazione del comma 3, è autorizzata la spesa di 160.000.000 europer l’anno 2020. Al relativo onere si provvede a valere sul finanziamento sanitario corrente stabilito per il medesimo anno.  Al relativo finanziamento accedono tutte le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente, sulla base delle quote d’accesso al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevate per l'anno 2019. L’assegnazione dell’importo di cui al presente comma avviene secondo la tabella A, allegata al presente decreto.

 

Il livello del fabbisogno nazionale standard determina il finanziamento complessivo della sanità cui concorre lo Stato ed è determinato in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall'Italia in sede comunitaria. Pertanto, si tratta di un livello programmato che costituisce il valore di risorse che lo Stato è nelle condizioni di destinare al Servizio sanitario nazionale per l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA, definiti da ultimo DPCM 12 gennaio 2017).

Tale livello è stato determinato, da ultimo, per il triennio 2019-2021 dall'art. 1, co. 514-516 della legge di bilancio 2019 (L. n. 145 del 2018) in 114.439 milioni di euro nel 2019 ed incrementato di 2.000 milioni per il 2020 e ulteriori 1.500 milioni per il 2021.Il predetto livello di finanziamento deve essere inoltre incrementato di 10 milioni di euro per effetto del comma 518 della citata legge di bilancio che ha previsto un corrispondente aumento delle disponibilità vincolate sul fondo sanitario nazionale, dirette all'attivazione di ulteriori borse di studio per

la formazione specifica di medici di medicina generale.

Inoltre, l’articolo 18 del decreto legge in esame dispone l’incremento del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato di 1.410 milioni di euro per l’anno 2020,

 

Il finanziamento del SSN è stato disegnato dal D.Lgs. 56/2000 che ha previsto un sistema di finanziamento del SSN basato sulla capacità fiscale regionale, anche se corretto da adeguate misure perequative, stabilendo che al finanziamento del SSN concorrano l'IRAP, l'addizionale regionale all'IRPEF e la compartecipazione all'IVA.

Il fabbisogno sanitario nazionale standard  è pertanto finanziato dalleseguenti fonti:

·       entrate proprie degli enti del SSN (ticket e ricavi derivanti dall'attività intramoenia dei propri dipendenti);

·       fiscalità generale delle regioni: IRAP (nella componente di gettito destinata alla sanità) e addizionale regionale all'IRPEF.

·       compartecipazione delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano: tali enti compartecipano al finanziamento sanitario fino a concorrenza del fabbisogno non soddisfatto dalle fonti di cui ai precedenti punti, tranne la Regione siciliana, per la quale l'aliquota di compartecipazione è fissata dal 2009 nella misura del 49,11 per cento del suo fabbisogno sanitario (legge n. 296/2006 art. 1, comma 830);

Più nel dettaglio, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale con risorse provenienti interamente dal proprio bilancio. Fa eccezione la Regione siciliana, sola regione tra le autonomie speciali, a non finanziarie completamente i servizi di assistenza sanitaria sul proprio territorio. Ai sensi della legge 296/2006, articolo 1 comma 830, infatti, la regione a decorrere dal 2009, partecipa alla spesa sanitaria nella misura del 49,11%. Per la restante parte essa riceve i finanziamenti dallo Stato al pari delle regioni a statuto ordinario. Per tale ragione, la Regione siciliana è esclusa dalla normativa concernente le regioni a statuto speciale.

·       bilancio dello Stato: finanzia il fabbisogno sanitario non coperto dalle altre fonti di finanziamento essenzialmente attraverso la compartecipazione all'imposta sul valore aggiunto - IVA (destinata alle Regioni a statuto ordinario), e attraverso il Fondo sanitario nazionale (una quota è destinata alla Regione siciliana, mentre il resto finanzia anche le spese sanitarie vincolate a determinati obiettivi).


 

Articolo 4
(Aree sanitarie temporanee)

 

 

L’articolo 4 consente alle regioni ed alle province autonome, sino al termine dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri in data 31 gennaio 2020, di attivare aree sanitarie anche temporanee, per la gestione dell’emergenza COVID-19.

 

Le aree sanitarie temporanee possono essere attivate sia all’interno che all’esterno di strutture, pubbliche o private, di ricovero, cura, accoglienza ed assistenza (comma 1). Ad esse non si applicano i requisiti di accreditamento (di cui all’articolo 8-quater del D.Lgs. 502/1992) fino al termine dello stato di emergenza (come sopra già ricordato la delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 ha dichiarato lo stato di emergenza per 6 mesi, a decorrere dalla medesima delibera) 

Ai sensi del comma 2, le opere edilizie strettamente necessarie a rendere le citate strutture idonee all’accoglienza possono essere eseguite in deroga alle disposizioni di cui al D.P.R. n. 380/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), delle leggi regionali, dei piani regolatori e dei regolamenti edilizi locali. I lavori possono essere iniziati contestualmente alla presentazione della istanza o della denunzia di inizio di attività presso il comune competente. Tali disposizioni si applicano anche agli ospedali, ai policlinici universitari, agli IRCCS ed alle strutture accreditate ed autorizzate.

 

Di seguito una breve descrizione dei titoli abilitativi disciplinati dal vigente Testo unico dell'edilizia (D.P.R. n. 380/2001):

§  comunicazione di inizio lavori asseverata (art. 6-bis) prevista per: interventi che non ricadono tra quelli soggetti a permesso di costruire o a SCIA e che non rientrano nell'attività edilizia libera;

§  segnalazione certificata di inizio di attività (art. 22) prevista per: gli interventi di manutenzione straordinaria qualora riguardino le parti strutturali dell'edificio; gli interventi di restauro e di risanamento conservativo qualora riguardino le parti strutturali dell'edificio; gli interventi di ristrutturazione edilizia diversi da quelli assoggettati a permesso di costruire;

§  permesso di costruire (art. 10) previsto per: a) gli interventi di nuova costruzione; b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica; c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni;

§  segnalazione certificata di inizio di attività in alternativa al permesso di costruire (art. 23) prevista per: a) gli interventi di ristrutturazione di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c); b) gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati; c) gli interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche.

§  attività edilizia libera prevista per gli interventi di manutenzione ordinaria di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a) e gli altri interventi elencati dall’art. 6 del Testo unico.

 

Sono fatte salve le misure già adottate dalle strutture sanitarie di cui al comma 1 per cause di forza maggiore legate all’emergenza epidemiologica in atto (comma 3).

All’attuazione del comma 2 si provvede sino alla concorrenza dell’importo di 50 milioni di euro a valere sull’importo fissato dall’articolo 20 della legge n. 67/1988, come rifinanziato da ultimo dall’articolo 1, comma 555 della legge n. 145/2018 (legge di bilancio 2019) nell’ambito delle risorse non ancora ripartite alle regioni.

Alle citate risorse accedono tutte le regioni e province autonome in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono il concorso provinciale al finanziamento sulla base delle quote d’accesso al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevato per l’anno 2019. L’assegnazione dell’importo avviene secondo la tabella B allegata al presente decreto.  Gli interventi di cui all’articolo in esame sono ammessi a finanziamento con uno o più decreti dirigenziali del Ministero della salute. Al conseguente trasferimento delle risorse si provvede a seguito di presentazione da parte della Regione al Ministero dell’economia e delle finanze degli stati di avanzamento dei lavori.

 


 

Articolo 4-bis
(Unità speciale di continuità assistenziale)

 

 

L’articolo 4-bis, aggiunto al Senato, inserisce nel provvedimento in esame l’art. 8 del decreto legge 14/2020. Al fine di consentire  al  medico  di  medicina  generale  o  al pediatra di libera scelta o al medico di continuità assistenziale di garantire  l'attività  assistenziale  ordinaria, la disposizione in esame  nei  dieci giorni decorrenti dalla data del 10 marzo, ha impegnato le  regioni  e  le province autonome ad istituire presso  una  sede di continuità assistenziale già esistente, una Unità speciale di continuità assistenziale  ogni 50.000 abitanti per la gestione domiciliare dei pazienti  affetti  da COVID-19  che  non  necessitano  di  ricovero  ospedaliero.  Il medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta o il medico di continuità assistenziale comunicano all'unità speciale, a seguito del triage telefonico, il nominativo e l'indirizzo dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero. Tali pazienti possono essere presi in carico dall’unità speciale. Per i pazienti che si recano autonomamente in pronto soccorso, il triage deve essere effettuato in un ambiente diverso e separato dai locali adibiti all'accettazione del medesimo pronto soccorso. Le disposizioni hanno efficacia fino al 31 luglio 2020.

 

Al fine di consentire  al  medico  di  medicina  generale  o  al pediatra di libera scelta o al medico di continuità assistenziale di garantire  l'attività  assistenziale ordinaria, la disposizione in esame, nei dieci giorni decorrenti dalla data del 10 marzo 2020, ha impegnato  le  regioni  e  le province autonome di  Trento  e  Bolzano  ad istituire, presso  una  sede di continuità assistenziale già esistente, una Unità speciale di continuità assistenziale (USCA) ogni 50.000 abitanti per la gestione domiciliare dei pazienti  affetti  daCOVID-19  che  non  necessitano  di  ricovero  ospedaliero. 

Sul punto, si rileva che il Ministero della salute, con Circolare Ministero della salute 25 marzo 2020, n. 7865, ha provveduto a redigere l’Aggiornamento delle linee di indirizzo organizzative dei servizi ospedalieri e territoriali in corso di emergenza COVID-19,  nel quale si sottolinea ruolo essenziale delle USCA nella gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero.

 

I servizi di continuità assistenziale (ex Guardie mediche) garantiscono le attività sanitarie necessarie, anche a domicilio, ad assicurare l’assistenza medica e pediatrica di base per le prestazioni non differibili, vale a dire non rinviabili all’apertura dell’ambulatorio del medico di medicina generale (MMG) o del pediatra di libera scelta, nelle ore notturne (lun.-ven. dalle 20.00 alle 8.00) e nei giorni prefestivi (dalle 10.00 alle 20.00) e festivi (dalle 8.00 alle 20.00).

La continuità assistenziale è regolata dall’Accordo Collettivo Nazionale con i MMG del 2005 e dagli accordi applicativi delle singole regioni. L’articolo 64 dell’ACN nazionale definisce il numero dei medici inseribili nei servizi di continuita? assistenziale di ciascuna ASL con il rapporto di riferimento 1 medico ogni 5.000 abitanti residenti. Fa salva però la possibilità per le regioni di indicare, per ambiti di assistenza definiti, un diverso rapporto medico/popolazione. La variabilità di tale rapporto, in aumento o in diminuzione, deve essere concordata nell’ambito degli Accordi regionali e comunque non può essere maggiore del 30% rispetto al rapporto di riferimento di un medico ogni 5.000 residenti.

Successivamente, l’Accordo “Linee di indirizzo per la riorganizzazione del sistema di emergenza urgenza in rapporto alla continuita? assistenziale”, approvato in sede di Conferenza Stato-regioni nel febbraio 2013,ha inteso delineare percorsi differenziati per Emergenza e Continuità assistenziale, la prima indirizzata verso i Dipartimenti di emergenza ed accettazione ospedalieri (Pronto soccorso), la seconda verso le rete dei servizi di Cure primarie distrettuali, ma entrambe integrate in un unico sistema di risposta delle chiamate, centralizzato su base almeno provinciale. L’accordo pertanto ha inteso favorire la creazione di Centrali Operative del 118, con personale sanitario e tecnico addestrato allo scopo,in grado di fornirerisposte e consigli utili al cittadino sulla base di protocolli condivisi tra MMG e gli altri operatori sanitari del distretto, e condivisi con il 118 e i DEA per le parti di interazione. L’Accordo ha fornito anche indicazioni circa la sedi in cui istituire i servizi di continuità, lasciando alle regioni il compito di individuarle, secondo le caratteristiche del territorio, presso strutture territoriali o presso strutture ospedaliere riconvertite.  Tale impostazione è stata confermata dal decreto 70/2015 di definizione degli standard relativi all’assistenza ospedaliera. Infine, nel 2016,  sono state approvate le “Linee di indirizzo sui criteri e le modalità di attivazione del numero unico europeo armonizzato a valenza sociale” che definiscono un modello finalizzato a garantire, nel pieno rispetto dei percorsi differenziati, l’interazione, almeno su base provinciale,  tra i servizi della Continuita? Assistenziale e del sistema di Emergenza/Urgenza presso la stessa centrale operativa del 118, attraverso la centralizzazione delle chiamate sul numero unico “116.117”.

Le regioni hanno proceduto alla organizzazione dei servizi di continuità assistenziale, passando da una presenza di 5 medici di guardia medica per 100.000 abitanti nella provincia di Bolzano ai 72 medici della Basilicata. Nel 2019, erano impiegati nel servizio di Continuità assistenziale 11.533 medici distribuiti in 2.890 punti di guardia medica. E’ stato inoltre evidenziato che la maggioranza delle regioni non rispetta gli standard di presenza dei medici, indicati dall’ACN del 2005(sul punto si rinvia a: Franco Pesaresi, “La riorganizzazione della continuità assistenziale in Italia e nelle Marche” marzo 2019).

 

L'unità speciale è costituita da un numero di medici pari a quelli già presenti nella sede di continuità assistenziale prescelta.  Possono far parte dell'unità speciale:

§  i medici titolari o supplenti di continuità assistenziale;

§  i medici che frequentano il corso di formazione specifica in medicina generale; 

§  in via residuale, i laureati in medicina e chirurgia abilitati e iscritti all'ordine di competenza.

L'unità speciale è attiva sette giorni su sette, dalle ore 8.00 alle 20.00. Per le attività svolte nell'ambito dell’unità, ai medici è riconosciuto un compenso lordo di 40 euro ad ora.

 

Per quanto riguarda il conferimento di incarichi, il già citato ACN del 2005 ha previsto graduatorie regionali di settore, una per ogni settore della medicina generale, al fine di snellire le procedure per l'assegnazione degli incarichi e graduatorie di disponibilità, a livello aziendale, per l'attribuzione degli incarichi provvisori. I medici di guardia medica addetti alla Continuità assistenziale sono liberi professionisti convenzionati con il SSN. Per ottenere un incarico di guardia medica è necessario il diploma di Formazione Specifica in Medicina Generale. Solo chi è in possesso del diploma può infatti fare domanda di inserimento nella graduatoria regionale, la quale è stilata in base a titoli accademici e di studio e titoli di servizio. In caso di organizzazione del servizio in forme associative strutturali delle cure primarie, il conferimento dell’incarico di Continuità assistenziale è di norma pari a 38 ore settimanali, di cui 14 da effettuare in attività diurne feriali. L’Accordo Collettivo Nazionale di medicina generale del 29 marzo 2018 ha previsto, in caso di carente disponibilità di medici presenti in graduatoria, che possono partecipare a bandi per incarichi provvisori, medici graduati nel seguente ordine: medici in possesso dell’attestato di formazione in medicina generale non iscritti alla graduatoria; medico corsista di medicina generale; medico che non ha altri incarichi e che non percepisce borse di studio; medici specializzandi ospedalieri.

La retribuzione prevista dal citato ACN 2005 (art. 72), come integrata dal successivo ACN del 2010, è pari 22,46 euro/h lordi, ai quali si aggiungono le quote aggiuntive di compenso previste dagli accordi regionali e aziendali di riferimento.

 

Il medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta oil medico di continuità assistenziale comunicano all'unità speciale, a seguito del triage telefonico, il nominativo e l'indirizzo dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero. Tali pazienti possono essere presi in carico dall’unità speciale. Per lo svolgimento delle attività loro assegnate, i medici devono essere dotati di ricettario del Ssn, di idonei dispositivi di protezione individuale e seguire tutte le procedure previste.

Per i pazienti che si recano autonomamente in pronto soccorso, la disposizione prevede che il triage avvenga in un ambiente diverso e separato dai locali adibiti all'accettazione del medesimo pronto soccorso, al fine di consentire alle strutture sanitarie di svolgere al contempo le ordinarie attività assistenziali.

Le disposizioni sopra illustrate sono limitate alla durata dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, ovvero fino al 31 luglio 2020, come stabilito dalla delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020.

 

Nei limiti delle risorse complessivamente indicate per ciascuna regione (o provincia autonoma) il Decreto 10 marzo 2020, come specificato dall’art. 18 del decreto in esame, ha ripartito fra le regioni e le province autonome la cifra complessiva  di 660 milioni, a valere sul Fondo sanitario nazionale, di cui 104 milioni finalizzati all’istituzione delle unità speciali assistenza.

 


 

Articolo 4-ter
(Assistenza a persone e alunni con disabilità)

 

 

L’articolo 4-ter, aggiunto al Senato, inserisce nel provvedimento in esame l’art. 9 del decreto legge 14/2020. La disposizione da facoltà ai Comuni, durante la sospensione del servizio scolastico e per tutta la sua durata, di fornire assistenza agli alunni con disabilità mediante erogazione di prestazioni individuali domiciliari. Le regioni e province autonome possono istituire unità speciali atte a garantire l’erogazione di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie a domicilio in favore di persone con disabilità che presentino condizione di fragilità o di comorbilità.

 

Il comma 1 dell’articolo 4-ter prevede la possibilità che i Comuni, durante la sospensione del servizio scolastico e per tutta la sua durata, forniscano l’assistenza agli alunni con disabilità mediante erogazione di prestazioni individuali domiciliari.

In proposito gli enti locali devono tenere conto del personale disponibile, anche impiegato presso terzi titolari di concessioni, convenzioni o che abbiano sottoscritto contratti di servizio con gli enti locali medesimi.

 

Sul punto, si rileva che l’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha dedicato una sezione del proprio sito istituzionale, in continuo aggiornamento, alle norme di sostegno per le persone disabili nel periodo emergenziale da COVID-19. La sezione, articolata in FAQ, fornisce indicazioni relative alle norme sugli spostamenti, sui centri per disabili, sul lavoro, sulla scuola e sui servizi garantiti alle persone con disabilità.

 

Al riguardo, il servizio di istruzione domiciliare, diverso dal servizio Scuola in Ospedale, viene organizzata dalle istituzioni scolastiche per garantire il diritto allo studio degli alunni con tempi lunghi di degenza a casa, per causa malattia o disabilità e pertanto impossibilitati alla frequenza scolastica per un periodo non inferiore a 30 giorni. Allo scopo deve essere riconosciuta una disabilità certificata ai sensi dell’art. 12, comma 9, della legge 104 del 1992, che garantisce tale diritto ai minori disabili soggetti all’obbligo scolastico, sulla scorta dell’art. 38, comma 3, della Costituzione che sancisce il diritto all’educazione agli “inabili”.

La realizzazione del servizio, oltre che regolata da circolari ministeriali annuali che richiamano e aggiornano le modalità applicate, è definita essenzialmente dal Vademecum per l’istruzione domiciliare del 2003e dalla Circolare Ministeriale n.60 del 16/07/2012, nota prot. n. 4439per gli aspetti gestionali ed amministrativi da espletare, su richiesta delle famiglie interessate. In proposito si sottolinea che, dal punto di vista amministrativo, l’organizzazione a livello territoriale viene garantita sulla base dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ex art.117, lett. m) del Titolo V della Costituzione, nel rispetto delle pari opportunità regolate all’interno della legge quadro n.328 dell’8 novembre 2000 per la realizzazione del sistema integrato di intervento e servizi sociali.

 

Le prestazioni domiciliari sono finalizzate in particolare al sostegno nella fruizione delle attività didattiche a distanza previste all’articolo 2, comma 1, lettera m), e alla realizzazione delle azioni previste all’articolo 3, comma 1, lettera g), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020, impiegando i medesimi operatori e i fondi ordinari destinati a tale finalità, alle stesse condizioni assicurative già previste.

Nella già segnalata sezione del sito dell’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità, può essere verificata l’attivazione di tali prestazioni domiciliari contattando la Regione di riferimento tramite i numeri verdi regionali dedicati.

 

Rispetto alla vigenza delle misure del D.p.c.m 8 marzo 2020, si ricorda che ai sensi  dell’art. 2, comma 3, del decreto 19/2020 sono fatti salvi gli effetti prodotti e gli atti adottati sulla base dei decreti e delle ordinanze emanati ai sensi del decreto legge 6/2020, ovvero ai sensi dell'articolo 32 della legge 833/1978. Continuano inoltre ad applicarsi nei termini originariamente previsti le misure gia? adottate con i D.p.c.m. 8 marzo 2020, 9 marzo 2020, 11 marzo 220 e 22 marzo 2020 per come ancora vigenti alla data del 26 marzo (data di entrata in vigore del decreto legge 19/2020). In ultimo, il D.P.C.M. 1 aprile 2020 ha prorogato fino al 13 aprile 2020 l'efficacia delle disposizioni dei D.P.C.M. dell'8, 9, 11 e 22 marzo 2020, nonché di quelle previste dall'ordinanza del Ministro della salute del 20 marzo 2020 e dall'ordinanza del 28 marzo 2020 adottata dal Ministro della salute di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

L’articolo 2, comma 1, lett. m) del DPCM 8 marzo 2020 ha previsto che i dirigenti scolastici attivino, per tutta la durata della sospensione delle attività didattiche nelle scuole, modalità di didattica a distanza (qui le iniziative già attivate in proposito dal Ministero dell’istruzione) avuto anche riguardo alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità. L’articolo 3, comma 1, lettera g), del medesimo decreto ha invece raccomandato ai comuni e agli altri enti territoriali, oltre che alle associazioni culturali e sportive, di offrire attività ricreative individuali alternative a quelle collettive interdette dal medesimo decreto, che, nel caso che qui rileva, siano svolte presso il domicilio degli interessati.

 

Si specifica, come peraltro già riportato dal DPCM 8 marzo 2020, che tali prestazioni devono essere finalizzate sia al sostegno delle attività didattiche a distanza sia alla promozione di attività ricreative individuali alternative a quelle interdette con la sospensione del servizio scolastico favorendo soprattutto le attività all’aperto, purché si svolgano senza creare assembramenti di persone. Inoltre, gli operatori impiegati presso il domicilio degli alunni fruiscono della stessa copertura assicurativa valida presso la sede scolastica.

 

Il comma 2 stabilisce che regioni e province autonome hanno facoltà di istituire, entro dieci giorni dalla data del 10 marzo (data di entrata in vigore del decreto legge 14/2020), unità speciali atte a garantire l’erogazione di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie a domicilio in favore di persone con disabilità che presentino condizione di fragilità o di comorbilità tali da renderle soggette a rischio nella frequentazione dei centri diurni per persone con disabilità.

 

Si ricorda che l’assistenza alle persone con fragilità e non più autosufficienti viene attuata dalle residenze sanitarie assistenziali (RSA) - servizi offerti a livello regionale con differenti parametri stabiliti con legge regionale-  quali strutture di ospitalità a tempo indeterminato o temporaneo, come gli istituti di ricovero, pubblici o privati. In tali residenze, non accedono pazienti con patologie acute (destinati al ricovero in ospedale), né pazienti di case di riposo, prevalentemente anziani parzialmente autosufficienti.

Alla RSA pubblica o convenzionata si accede mediante richiesta alla Asl o al Servizio sociale del quartiere di residenza, con ammissione valutata a seguito di richiesta del medico di base o ospedaliero, da una commissione multidisciplinare (Unità Valutativa Geriatrica) che ha il compito di rilasciare la dichiarazione di non autosufficienza dell’anziano e di elaborare un progetto individualizzato che ne permette l’inserimento in apposite liste di attesa.

 

Il comma 3 stabilisce, infine, una clausola di invarianza degli oneri per la finanza pubblica, in quanto alle precedenti disposizioni si deve provvedere a valere sulle risorse disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

Articolo 5
(Incentivi per la produzione e la fornitura di dispositivi medici)

 

 

 

L’articolo 5 autorizza il Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19 di cui all’articolo 122 a erogare finanziamenti in favore delle imprese produttrici di dispositivi medici e dispositivi di protezione individuale, per fare fronte alla situazione di indisponibilità determinata dall’emergenza COVID-19.

I dispositivi di protezione individuale sono forniti in via prioritaria ai medici, e agli operatori sanitari e sociosanitari e agli operatori sanitari e sociosanitari. Con modifica approvata nel corso dell’esame al Senato, si precisa come tali dispositivi siano forniti in via prioritaria anche ai medici con rapporto convenzionale o comunque impegnati nell’emergenza COVID-19.

Il Commissario straordinario si avvale di INVITALIA, che opera come soggetto gestore della misura; definisce e avvia la misura, nonché fornisce specifiche disposizioni per assicurarne la gestione, entro 5 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge.

Per le finalità indicate è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l’anno 2020.

 

Nel dettaglio, l’articolo autorizza il Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19 di cui all’articolo 122 (per i dettagli si rinvia alla relativa scheda) a erogare finanziamenti mediante contributi a fondo perduto e in conto gestione, nonché finanziamenti agevolati, alle imprese produttrici di dispositivi medici e dispositivi di protezione individuale. Ciò al fine di assicurare la produzione e la fornitura dei predetti dispositivi, ai valori di mercato correnti al 31 dicembre 2019, in relazione alla inadeguata disponibilità degli stessi nel periodo di emergenza COVID-19 (comma 1).

I dispositivi di protezione individuale sono forniti in via prioritaria ai medici e agli operatori sanitari e sociosanitari (comma 5). Con modifica proposta nel corso dell’esame al Senato, la norma precisa come tali dispositivi siano forniti in via prioritaria anche ai medici con rapporto convenzionale o comunque impegnati nell’emergenza COVID-19.

 

Per una piena comprensione dell’articolo in commento, si rinvia alla scheda di questo dossier dedicata all’articolo 15 del decreto in esame che, limitatamente al periodo dell’emergenza, consente di produrre, importare e immettere in commercio mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale (DPI) in deroga alle vigenti disposizioni. Si rileva altresì che i dispositivi medici possono essere suddivisi in tre grandi classi: dispositivi medici impiantabili attivi (direttiva 90/385/CEE; D.Lgs. 507/1992); dispositivi medici (in genere), nei quali sono comprese le mascherine chirurgiche (direttiva 93/42/CEE; D.Lgs. 46/1997); dispositivi diagnostici in vitro, disciplinati dal D.Lgs. 46/1997.

D’altra parte, i Dispositivi di protezione individuale (DPI), che comprendono i DPI con filtranti per le vie respiratorie e gli altri dispositivi di protezione quali guanti, visiere protettive, etc., sono disciplinati dal Regolamento (UE) 2016/425 sui dispositivi di protezione individuale.

 

I finanziamenti possono essere erogati anche alle aziende che rendono disponibili i dispositivi ai sensi dall'articolo 5-bis, comma 3 che recepisce il contenuto dell’articolo 34 del D.L. 9/2020 (comma 4).

Tale norma, in relazione all'emergenza COVID-19, consente, in coerenza con le linee guida dell’OMS ed in conformità alle attuali evidenze scientifiche, il ricorso alle mascherine chirurgiche quale dispositivo idoneo a proteggere gli operatori sanitari, nonché prevede che siano utilizzabili, previa valutazione da parte dell’Istituto superiore di sanità, anche mascherine prive del marchio CE (marchio di conformità alle prescrizioni europee).

Si ricorda, inoltre, che l’articolo 15 del provvedimento in esame ha istituito una procedura valutativa differenziata per dispositivi medici (autorità validante Istituto superiore di sanità) e per i DPI (autorità validante INAIL).

 

Il Commissario straordinario:

§  si avvale dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. – Invitalia, che opera come soggetto gestore della misura con oneri posti a carico delle risorse di cui al comma 6 (comma 2);

§  entro 5 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge in esame, definisce avvia la misura e fornisce specifiche disposizioni per assicurare la gestione della stessa (comma 3).

 

L'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa - INVITALIA è una società per azioni quotata avente quale azionista unico il Ministero dell'economia e delle finanze. Il MEF esercita i diritti dell'azionista d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico, in quanto l'Agenzia, posta la sua missione istituzionale, è ente strumentale del MISE.

L'Agenzia nasce nel 2007 a seguito del riordino della Società Sviluppo Italia (art. 1, comma 460 della legge 27 dicembre 2006 n. 296 – Legge finanziaria 2007). Sviluppo Italia, oltre a cambiare denominazione in Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa- INVITALIA, ha subito una profonda riorganizzazione strutturale con riguardo ad una razionalizzazione delle funzioni e ad uno snellimento delle attività con forte riduzione del numero delle partecipazioni e dei livelli organizzativi.

La missione di INVITALIA consiste nel promuovere lo sviluppo produttivo ed imprenditoriale per rafforzare la competitività del Paese, fungendo da catalizzatore di risorse pubbliche e private. Essa gestisce la gran parte degli strumenti agevolativi nazionali a favore delle imprese e detiene inoltre varie partecipazioni societarie (tra le società controllate da INVITALIA, vi è la Banca del Mezzogiorno S.p.A. - Mediocredito centrale S.p.A., con una partecipazione del 100%).

In particolare l'Agenzia è attiva nei seguenti settori: sostegno allo sviluppo d'impresa; supporto alla competitività del territorio e alla pubblica amministrazione; supporto alle amministrazioni centrali dello Stato nella gestione di programmi comunitari cofinanziati con fondi strutturali comunitari; sviluppo di investimenti esteri qualificati. Ogni macro-area ricade nella pertinenza di una specifica Business Unit (Funzione organizzativa complessa).

Per approfondimenti sulle aree di intervento e sugli strumenti agevolativi gestiti da INVITALIA, si rinvia al relativo sito istituzionale e all'ultima Relazione della Corte dei conti sul risultato del controllo eseguito su INVITALIA.

 

Per le finalità di cui all’articolo in esame, è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l’anno 2020, per contributi a fondo perduto e per finanziamenti agevolati, secondo modalità compatibili con la normativa europea.

Le risorse sono accreditate su un apposito conto corrente infruttifero intestato all’Agenzia, aperto presso la Tesoreria centrale dello Stato. La gestione ha natura di gestione fuori bilancio, assoggettata al controllo della Corte dei conti. Alla rendicontazione provvede il soggetto gestore della misura (comma 6).

Agli oneri derivanti dal comma 6 si provvede ai sensi dell’articolo 126 (comma 7).

 

Si segnala che la Commissione ha approvato, il 22 marzo scorso, il regime di aiuti - previsto dall'articolo qui in esame.

 


 

Articolo 5-bis
(Dispositivi di protezione individuali e altri dispositivi medici)

 

 

L’articolo 5-bis - inserito dal Senato - costituisce la trasposizione del disposto di cui all’articolo 34 del D.L. 2 marzo 2020, n. 9 (D.L. di cui l’articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente D.L. n. 18, come modificato dal Senato, dispone l’abrogazione, con salvezza degli effetti già prodottisi); nella trasposizione viene operata una modifica, consistente nell’inserimento, nel comma 1, del riferimento anche al Commissario straordinario di cui all’articolo 122 del presente D.L. n. 18.

 

L’articolo in esame reca norme di deroga relative ad alcuni dispositivi di protezione individuali (DPI) e ad altri dispositivi medici, con riferimento alle procedure di acquisto e di pagamento (comma 1) ed alle caratteristiche dei medesimi dispositivi (commi 2 e 3).

 

Il comma 1 prevede che il Dipartimento della protezione civile, i "soggetti attuatori", individuati dal Capo del medesimo Dipartimento, nonché il Commissario straordinario di cui all’articolo 122 del presente D.L. n. 18, siano autorizzati, nell’ambito delle risorse disponibili per la gestione dell’emergenza e fino al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, ad acquisire i dispositivi di protezione individuale idonei per prevenire contatti, droplets ("goccioline") e trasmissione aerea, come individuati dalla circolare del Ministero della salute prot. n. 4373 del 12 febbraio 2020, ed altri dispositivi medici, nonché a disporre pagamenti anticipati dell'intera fornitura, in deroga alle norme del codice dei contratti pubblici, di cui al D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50.

La relazione illustrativa del disegno di legge di conversione[46] del citato D.L. n. 9 osserva che la deroga è intesa a facilitare ed accelerare le relative procedure contrattuali e di pagamento.

Si ricorda che la suddetta delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 ha dichiarato lo stato di emergenza per 6 mesi (a decorrere dalla medesima delibera) "in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili".

I summenzionati "soggetti attuatori", ai sensi del presente comma 1, che fa rinvio all'ordinanza n. 630 del 3 febbraio 2020 del Capo del Dipartimento della protezione civile, sono quelli individuati - anche tra enti pubblici, economici e non economici, e soggetti privati - dal medesimo Capo del Dipartimento della protezione civile per fronteggiare l’emergenza in oggetto.

Il successivo comma 2 consente, fino al termine dello stato di emergenza (posto, come detto, al 31 luglio 2020), l'impiego di dispositivi di protezione individuali di efficacia protettiva analoga a quella prevista (per i medesimi dispositivi di protezione individuale) dalla normativa vigente, previa valutazione dell'efficacia da parte del Comitato tecnico-scientifico istituito ai sensi dell'articolo 2 della summenzionata ordinanza n. 630 del 3 febbraio 2020.

Il comma 3, fino al termine dello stato di emergenza (posto, come detto, al 31 luglio 2020), consente, in coerenza con le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità ed in conformità alle attuali evidenze scientifiche, il ricorso alle mascherine chirurgiche quale dispositivo idoneo a proteggere gli operatori sanitari e prevede che siano utilizzabili, previa valutazione da parte dell’Istituto superiore di sanità, anche mascherine prive del marchio CE (marchio di conformità alle prescrizioni europee). Si valuti l’opportunità di chiarire se quest’ultima deroga concerna anche l'impiego della mascherina in ambito chirurgico.

 


 

Articolo 5-ter
(
Disposizioni per garantire l’utilizzo di dispositivi medici
per ossigenoterapia
)

 

 

L’articolo 5-ter, aggiunto al Senato, inserisce nel provvedimento in esame le disposizioni dell’articolo 10 del decreto legge 14/2020. La norma prevede specifici interventi per far fronte ad indifferibili esigenze dovute ad insufficienze respiratorie acuto-croniche, garantendo ai pazienti in trattamento con ossigenoterapia la possibilità di avvalersi anche in ambiente non domestico del dispositivo che consente la ricarica dell’ossigeno liquido.

 

Il comma 1 dell’art. 5-ter prevede l’emanazione di un decreto ministeriale che definisce le modalità per rendere disponibile sul territorio nazionale, tramite strutture sanitarie appositamente individuate dalle regioni o, in via sperimentale fino al 2022, tramite la rete delle farmacie dei servizi, la fornitura di ossigeno e la ricarica dei presidi portatili, che ai sensi delle vigenti disposizioni in materia, garantiscono l’ossigenoterapia.

Il decreto è emanato dal Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite la federazione dei farmacisti titolari di farmacie private nonché la federazione nazionale delle farmacie comunali, d’intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni e province autonome, entro il 31 luglio 2020.

 

Al riguardo, si precisa che in Italia vi sono circa 100.000 cittadini, affetti da insufficienze respiratorie acuto-croniche, in trattamento con ossigenoterapia mediante fornitura domestica consistente in un grande contenitore (unità di base) di circa litri 26.000, e un dispositivo portatile (c.d. spallabile) di pochi litri ricaricabile unicamente dall’unità di base. Una volta ricaricato, il dispositivo portatile assicura al paziente una breve autonomia di 2 o 3 ore. Le disposizioni in esame pertanto consentirebbero di rispondere all’esigenza della platea dei pazienti in esame di poter ricaricare il dispositivo senza dover necessariamente essere vincolati all’unità domestica.

 

In particolare, il decreto sopracitato è finalizzato ad individuare le specifiche modalità tecniche idonee a permettere la ricarica dei presidi sanitari menzionati, con caratteristiche di uniformità sull’intero territorio nazionale, oltre che le modalità con cui le aziende sanitarie devono operare il censimento dei pazienti che necessitano di terapia.

 

In proposito si ricorda che la prestazione in esame relativa all’erogazione dei dispositivi per l’ossigenoterapia rientra già tra quelle finanziate dal SSN in base al DPCM 12 gennaio 2017 (definizione dei nuovi livelli essenziali delle prestazioni) e pertanto, come chiarisce la relazione illustrativa, con il presente intervento si intende consentire ai pazienti di accedere direttamente alle strutture pubbliche, quali ospedali o altre strutture indicate dall’emanando decreto ministeriale, presso cui sono già presenti impianti per la dispensazione di ossigeno e autorizzarli alla ricarica del dispositivo portatile. Analoga funzione viene garantita presso la rete delle farmacie dei servizi, ampliando pertanto le opportunità di accesso e conseguentemente l’autonomia di movimento dei pazienti, fermo restando il limite del finanziamento previsto in via sperimentale dall’articolo 1, commi 406 e 406-ter, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018).

Tali disposizioni hanno previsto la sperimentazione, in nove regioni, dello svolgimento di nuovi servizi da parte delle farmacie con oneri a carico del Servizio sanitario nazionale. Per i nuovi servizi, già disciplinati dal D.Lgs. 3 ottobre 2009, n. 153 - servizi che possono essere svolti, previa adesione del titolare, dalle farmacie, pubbliche e private, operanti in convenzione con il Servizio sanitario nazionale – è stato previsto uno stanziamento di 6 milioni di euro per il 2018, 12 milioni per il 2019 e 18 milioni per il 2020, a valere sulle risorse finanziarie destinate a progetti per il perseguimento degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale nel settore sanitario.    Il predetto finanziamento è stato prorogato al biennio 2021-2022 mediante autorizzazione di 25,3 milioni di euro per ciascun anno, come previsto dal comma 461, art. 1, della legge di bilancio per il 2020 (L. 27 dicembre 2019, n. 160).

 

Inoltre, il comma 2 stabilisce che nelle more dell’adozione del decreto ministeriale e in ragione dell’emergenza COVID-19, come stabilito dalla delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 che ha dichiarato, per un periodo di 6 mesi dalla data della citata delibera, lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso  all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, il Ministro della salute ha facoltà di provvedere con ordinanza di carattere contingibile e urgente, in materia di igiene e sanità pubblica e di polizia  veterinaria, con efficacia estesa all'intero territorio nazionale o a parte di esso comprendente più regioni,  ai sensi dell’articolo 32, comma 1, della legge 23 dicembre 1978, n. 833.

 

Alla data di redazione della presente scheda, non risulta che il Ministero della salute si sia ancora avvalso del potere di ordinanza per rendere disponibile la fornitura di ossigeno e la ricarica dei presidi portatili per l'ossigenoterapia presso strutture sanitarie specificamente individuate e farmacie dei servizi.

Riguardo la carenza di ossigeno, si rileva che, con nota del 14 marzo 2020, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha approvato la richiesta della Federazione degli ordini dei farmacisti italiani  (FOFI) di autorizzare il riempimento di bombole di ossigeno diverse da quelle presenti nel dossier autorizzativo dell’azienda titolare di AIC, ma comunque conformi agli standard previsti dalla normativa vigente per la sicurezza del paziente e degli operatori, in possesso della certificazione di validità e delle corrette indicazioni di collaudo. L’AIFA ha precisato che la deroga ha effetto immediato e l’unica condizione che dovrà essere garantita dai titolari AIC e dai produttori è che le bombole siano adeguate all’uso umano, bonificate e identificate in modo tale da prevenire frammischiamenti con altri gas medicinali.

Si ricorda infine che per le stesse finalità della citata delibera del 31 gennaio 2020, volte all'attuazione dei primi interventi, nelle more della valutazione dell'effettivo impatto dell'emergenza sanitaria in corso, è stato previsto uno stanziamento di 5 milioni di euro, a valere sul Fondo per le emergenze nazionali (art. 44, comma 1, del D. Lgs. n.1/2018).

 

Il comma 3 infine prevede una clausola di invarianza degli oneri, stabilendo che le disposizioni di cui al presente articolo sono attuate mediante le risorse strumentali, umane e finanziarie previste dalla legislazione vigente. Viene inoltre stabilito il rispetto del limite di finanziamento di cui all’articolo 1, commi 406 e 406-ter, della sopra citata legge di bilancio per il 2018(18 milioni per il 2020e 25,3 milioni per ciascuno degli anni 2021 e 2022), senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Quanto alla previsione di rendere compatibili i dispositivi per la ricarica sul territorio nazionale, la RT al decreto legge 14/2020 ha precisato che il conseguente onere grava sulle aziende produttrici, che si dovranno conformare alle modalità tecniche individuate dal decreto ministeriale che dovrà essere emanato.

 


 

Articolo 5-quater
(Misure di semplificazione per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale e di dispositivi medici e per altri atti negoziali inerenti all’emergenza epidemiologica)

 

 

L’articolo 5-quater - inserito dal Senato - costituisce la trasposizione del disposto di cui all’articolo 11 del D.L. 9 marzo 2020, n. 14 (D.L. di cui l’articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente D.L. n. 18, come modificato dal Senato, dispone l’abrogazione, con salvezza degli effetti già prodottisi).

Il comma 1 dell'articolo in esame autorizza il Dipartimento della protezione civile ad aprire un conto corrente bancario per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale e di dispositivi medici, relativi all'emergenza epidemiologica da COVID-19. Con riferimento alle risorse destinate al medesimo conto, il comma 2 prevede la sospensione di ogni azione esecutiva e che siano privi di effetto i pignoramenti, comunque notificati, fino alla chiusura del medesimo conto.

Ai sensi del comma 3, ai contratti di acquisto in oggetto e ad ogni altro atto negoziale, posto in essere dal medesimo Dipartimento o dai "soggetti attuatori" per far fronte all'emergenza summenzionata, non si applica la disciplina sul controllo interno di regolarità amministrativa e contabile, previsto dalle disposizioni sull'autonomia finanziaria e contabile della Presidenza del Consiglio dei Ministri. I medesimi atti sono altresì sottratti al controllo della Corte dei conti. La responsabilità contabile e amministrativa relativa agli stessi viene limitata ai casi in cui sia stato accertato il dolo del funzionario o dell'agente che li ha posti in essere o che vi ha dato esecuzione.

Si prevede infine che tali atti, non appena posti in essere, siano immediatamente e definitivamente efficaci, esecutivi ed esecutori.

 

Il comma 1, autorizzando l'apertura di un apposito conto corrente bancario, è inteso a consentire la celere regolazione delle transazioni che richiedono il pagamento immediato o anticipato, da parte del Dipartimento della protezione civile, delle forniture dei dispositivi di protezione individuale e dei dispositivi medici. Come accennato, la norma si riferisce ai dispositivi necessari per fronteggiare lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 (la quale ha dichiarato lo stato di emergenza per 6 mesi, a decorrere dalla medesima delibera).

Il comma 2 prevede, con riferimento alle risorse destinate al medesimo conto corrente, che resti sospesa ogni azione esecutiva e che siano privi di effetto i pignoramenti, comunque notificati, fino alla chiusura del medesimo conto. Il comma dispone infatti che trovi applicazione la disciplina posta dall'articolo 27, commi 7 e 8, del codice della protezione civile (di cui al D.Lgs. 2 gennaio 2018, n. 1) per le contabilità speciali, aperte per la gestione delle emergenze di rilievo nazionale. 

 

Secondo il comma 7 del summenzionato articolo 27:

§  la sospensione si applica anche alle azioni esecutive disciplinate dal codice di procedura civile e dal codice del processo amministrativo (di cui al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104);

§  come sopra ricordato, sono privi di effetto i pignoramenti, comunque notificati.

In base al comma 8 del medesimo articolo 27 le risorse comunque dirette a finanziare le contabilità speciali aperte per la gestione delle emergenze di rilievo nazionale non sono suscettibili di pignoramento o sequestro fino alla definitiva chiusura delle medesime contabilità speciali.

 

Il comma 3 dell'articolo 5-quater in esame stabilisce che ai contratti di acquisto summenzionati e ad ogni altro atto negoziale, posto in essere dal Dipartimento della protezione civile o dai "soggetti attuatori" per far fronte all'emergenza da COVID-19, non si applichi la disciplina sul controllo interno di regolarità amministrativa e contabile (controllo che, per gli atti delle strutture della Presidenza del Consiglio dei Ministri, l'articolo 29 del D.P.C.M. 22 novembre 2010[47] demanda all'Ufficio del bilancio e per il riscontro di regolarità amministrativo-contabile, istituito presso la medesima Presidenza).

Si ricorda che i summenzionati "soggetti attuatori", ai sensi dell'ordinanza n. 630 del 3 febbraio 2020 del Capo del Dipartimento della protezione civile, sono quelli individuati - anche tra enti pubblici, economici e non economici, e soggetti privati - dal medesimo Capo del Dipartimento per fronteggiare l’emergenza in oggetto.

 

Il citato articolo 29 del D.P.C.M. 22 novembre 2010 prevede che l'Ufficio summenzionato verifichi la legalità degli atti di impegno, di liquidazione e degli ordini di pagamento e che proceda alla validazione degli stessi. Sono quindi disciplinati i casi in cui l'Ufficio restituisce l'atto al responsabile della spesa senza darvi ulteriore corso - qualora, cioè, la spesa ecceda lo stanziamento del capitolo ovvero debba essere imputata ad un capitolo diverso da quello indicato ovvero non sia correttamente imputata in base all'esercizio di provenienza e a quello di gestione -. Inoltre, si prevede che, negli altri casi di non conformità dell'atto alla vigente normativa, l'Ufficio invii osservazioni motivate al responsabile della spesa. Qualora il responsabile dell'atto non condivida le osservazioni, ne dà formale e motivata comunicazione all'Ufficio, che è tenuto a dar corso al provvedimento; tuttavia, l'Ufficio può sottoporre questioni di particolare rilevanza (relativi ad un atto) al Segretario generale della Presidenza del Consiglio.

 

Come accennato, il presente comma 3 stabilisce altresì che i medesimi atti siano sottratti al controllo della Corte dei conti. La responsabilità contabile e amministrativa (relativa agli stessi atti) viene limitata ai casi in cui sia stato accertato il dolo del funzionario o dell'agente che li ha posti in essere o che vi ha dato esecuzione.

Si prevede infine che i medesimi atti, non appena posti in essere, siano immediatamente e definitivamente efficaci, esecutivi ed esecutori (comma 3 citato).

 

 


 

Articolo 5-quinquies
(Disposizioni per l'acquisto di dispositivi di assistenza ventilatoria)

 

 

L’articolo 5-quinquies - inserito dal Senato - costituisce la trasposizione del disposto di cui all’articolo 12 del D.L. 9 marzo 2020, n. 14 (D.L. di cui l’articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente D.L. n. 18, come modificato dal Senato, dispone l’abrogazione, con salvezza degli effetti già prodottisi).

L’articolo in esame reca alcune norme particolari e di deroga, nonché un finanziamento specifico, per l’acquisto di cinquemila impianti di ventilazione assistita e dei materiali indispensabili per il funzionamento dei medesimi ventilatori.

L’intervento è inteso all’incremento della dotazione dei suddetti dispositivi nei reparti di terapia intensiva, incremento necessario per la gestione dei pazienti critici affetti dal virus COVID-19.

Ai sensi del comma 1, il Dipartimento della protezione civile, per il tramite del "soggetto attuatore" CONSIP S.p.A.[48], è autorizzato all’acquisto summenzionato ed ai pagamenti anticipati dell'intera fornitura anche in deroga alle norme del codice dei contratti pubblici, di cui al D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50. La deroga di cui al comma 1 concerne esplicitamente anche i limiti per il ricorso all’affidamento diretto, posti nell’ambito della disciplina relativa ai contratti pubblici inerenti a casi di somma urgenza (con la formulazione di tale deroga, si consente anche l’affidamento diretto di appalti o forniture di valore pari o superiore alla soglia europea).

Le deroghe summenzionate sono poste - oltre che con la deroga specifica ai limiti suddetti per il ricorso all’affidamento diretto, stabiliti dall’articolo 163, comma 8, del citato codice dei contratti pubblici - mediante il richiamo delle procedure di cui al precedente articolo 5-bis, articolo inserito dal Senato e corrispondente all’articolo 34 del D.L. 2 marzo 2020, n. 9 (D.L. di cui l’articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente D.L. n. 18, come modificato dal Senato, dispone l’abrogazione, con salvezza degli effetti già prodottisi). Il suddetto articolo 5-bis prevede, al comma 1, che il Dipartimento della protezione civile ed i "soggetti attuatori"[49], individuati dal Capo del medesimo Dipartimento, siano autorizzati, nell’ambito delle risorse disponibili per la gestione dell’emergenza e fino al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020[50], ad acquisire i dispositivi di protezione individuale idonei per prevenire contatti, droplets ("goccioline") e trasmissione aerea, come individuati dalla circolare del Ministero della salute prot. n. 4373 del 12 febbraio 2020, ed altri dispositivi medicali, nonché a disporre pagamenti anticipati dell'intera fornitura, in deroga alle norme del codice dei contratti pubblici.

 

Il comma 2 autorizza, per gli acquisti di cui al comma 1 del presente articolo 5-quinquies, una spesa pari a 185 milioni di euro per il 2020, a valere sul Fondo per le emergenze nazionali (di cui all'articolo 44, comma 1, del D.Lgs. 2 gennaio 2018, n. 1).

 

 


 

Articolo 5-sexies
(Attuazione degli adempimenti previsti per il sistema sanitario)

 

 

L’articolo 5-sexies, aggiunto al Senato, inserisce nel provvedimento in esame le disposizioni dell’art. 13 del decreto legge 14/2020. Si prevede la possibilità per le regioni e le province autonome di procedere alla rimodulazione o alla sospensione delle attività di ricovero e ambulatoriali differibili e non urgenti, ivi incluse quelle erogate in regime di libera professione intramuraria. Si prevede inoltre che agli esercenti le professioni sanitarie, impegnati a far fronte alla gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 non si applichino le disposizioni sui limiti massimi di orario di lavoro prescritti dai CCNL di settore (in relazione, tra l’altro, alla regolamentazione dei riposi, delle pause, ferie, turni notturni, v. infra), purchè venga loro concessa una protezione appropriata, secondo modalità individuate mediante accordo quadro nazionale. Nel corso dell’esame al Senato, l’applicabilità della disposizione è stata estesa anche aziende ospedaliere universitarie.

 

In premessa, si ricorda che, nel corso dell’esame al Senato, il comma 1-bis dell’art. 17-ter (aggiunto al Senato) ha esteso anche alle aziende ospedaliere universitarie, e in particolare al personale universitario impegnato nelle attività assistenziali, le disposizioni di cui all’articolo in esame. Le modalità attuative sono da stabilire con Intesa tra l'università e la Regione di riferimento, entro i limiti del finanziamento sanitario corrente come rideterminato in aumento dalle disposizioni del presente decreto.

 

Al fine di impiegare il personale sanitario delle strutture pubbliche o private prioritariamente nella gestione dell’emergenza, il comma 1 da facoltà, alle regioni e alle province autonome, di rimodulare o sospendere le attività di ricovero e ambulatoriali differibili e non urgenti, ivi incluse quelle erogate in regime di libera professione intramuraria.

 

Il comma 2, inoltre, prevede che agli esercenti le professioni sanitarie, impegnati a far fronte alla gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 2, ultimo periodo, della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro e che prevede possibili deroghe alle disposizioni ivi previste (in particolare i paragrafi 3 per il riposo giornaliero e 4 per la pausa in caso di orario di lavoro eccedente le 6 ore, e paragrafo 5 per il riposo settimanale),non si applicano le disposizioni sui limiti massimi di orario di lavoro prescritti dai CCNL di settore, a condizione che venga loro concessa una protezione appropriata, secondo modalità individuate mediante accordo quadro nazionale, sentite le rappresentanze sindacali unitarie e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.

 

Sul punto, si ricorda che, il 14 marzo 2020 è stato sottoscritto dalle organizzazioni sindacali e datoriali su invito del Presidente del Consiglio, e dei Ministri dell’Economia, del Lavoro, dello Sviluppo economico e della Salute il Protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro. L'accordo ha l’obiettivo di assicurare la tutela della salute dei lavoratori e le necessarie condizioni di sicurezza in tutti i luoghi di lavoro, nel rispetto delle indicazioni formulate – su suggerimento del Comitato tecnico-scientifico – dal Ministero della Salute sulla gestione del rischio Covid-19 nei luoghi di lavoro. Il 24 marzo 2020 è stato firmato un addendum al Protocollo dedicato alla prevenzione e alla sicurezza dei lavoratori della sanità, dei servizi socio sanitari e socio assistenziali in ordine all’emergenza da Covid-19.  Nel documento si chiede di assicurare al personale sanitario la fornitura di dispositivi di protezione individuale nella quantità adeguata e test per la diagnosi del Covid-19 in via prioritaria. Il protocollo stabilisce anche di definire percorsi di sorveglianza omogenei su tutto il territorio nazionale a cui devono essere sottoposti i lavoratori, in particolare quelli venuti a contatto con pazienti Covid positivi. Le parti si impegnano affinché vengano rivisti gli aspetti normativi che possano garantire la proroga dei contratti e la stabilizzazione del personale sanitario e tecnico impegnato nell'Emergenza-Urgenza nonché l'assunzione di nuovo personale a tempo indeterminato, attraverso un piano di assunzioni straordinario e la proroga degli attuali contratti a tempo determinato in scadenza. Il documento prevede inoltre l’istituzione di un Comitato nazionale a cui partecipano le organizzazioni sindacali per il monitoraggio e la segnalazione delle situazioni più critiche.

Per i profili di interesse, si rinvia infine alle risposte dei rappresentanti del Governo, nella seduta n. 323 di giovedì 2 aprile 2020 dell’Assemblea della Camera, alle interpellanze urgenti Iniziative volte a potenziare il personale impiegato nei controlli in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, con particolare riferimento all'attuale fase di emergenza e al successivo riavvio delle attività - n. 2-00688, e Iniziative per consentire al personale ispettivo dell'Ispettorato nazionale del lavoro di coadiuvare l'attività di controllo sui luoghi di lavoro svolta dalle aziende sanitarie territoriali, in relazione all'emergenza COVID-19 - n. 2-00698).

 

Al riguardo, si deve tenere conto delle disposizioni previste dall'articolo 14 della legge n.161/2014 (Legge europea 2013-bis) riferite all'orario di lavoro del personale delle aree dirigenziali e del ruolo sanitario nazionale approvate a seguito della procedura di infrazione n. 2011/4185 per esclusione del personale medico da alcuni diritti previsti dalla citata Direttiva 2003/88/CE in materia di organizzazione dell'orario di lavoro.

Infatti, al fine di evitare tale procedura di infrazione europea, con il predetto intervento normativo è stata disposta l'applicazione, anche per la sanità pubblica, delle regole del diritto comunitario già in vigore per tutti gli altri lavoratori. La disciplina europea in materia di orario di lavoro, uniformando gli standard comuni in materia, intende assicurare la tutela minima dei lavoratori, in base alle norme della citata Direttiva 2003/88/CE considerata come testo unico sull'organizzazione dell'orario di lavoro. Per mezzo di tale Direttiva la definizione di salute viene ampliata, includendovi il rispetto della vita familiare, la regolamentazione dei riposi, delle pause, ferie, turni notturni, nel presupposto che periodi lavorativi prolungati producono effetti significativi sulla salute del personale sanitario interessato, aumentando il rischio di errore.

Pertanto, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 17del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 che stabilisce la possibilità per i CCNL di derogare alla disciplina in materia di riposo giornaliero, pause, lavoro notturno, durata massima settimanale, per garantire la continuità nell'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni, i contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto sanità sono chiamati a disciplinare le deroghe alle disposizioni in materia di riposo giornaliero del personale del Servizio sanitario nazionale preposto ai servizi relativi all'accettazione, al trattamento e alle cure. Vengono previsti ad esempio equivalenti periodi di riposo compensativo, immediatamente successivi al periodo di lavoro da compensare, ovvero, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per ragioni oggettive, adeguate misure di protezione del personale stesso. A titolo di esempio, nell’ultimo CCNL per il comparto Sanità, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 28 gennaio 2020, nel caso in cui, per ragioni eccezionali, non sia possibile il recupero del periodo di riposo  - undici ore diriposo da fruire immediatamente e consecutivamente dopo il regolare servizio reso - le ore di mancato riposo devono essere fruite nei successivi sette giorni fino al completamento delle undici ore ovvero in un’unica soluzione, anche in base alle regolamentazioni di dettaglio stabilite dalle Aziende ed Enti del SSN.

Si fa rinvio alla Relazione 2017della Commissione europea sull'attuazione da parte degli Stati membri della direttiva 2003/88/CE concernente l'organizzazione dell'orario di lavoro anche in relazione agli approfondimenti sull’attuazione della predetta direttiva che consolida le precedenti direttive 93/104/CE e 2000/34/CE recepite in Italia dal sopra citato D.Lgs. n. 66 del 2003. Qui, inoltre, i chiarimenti del Ministero della salute (Circolare n. 11293 del 2016) in relazione all’applicazione della direttiva all’attività assistenziale dei medici in formazione specialistica.

 

Le disposizioni in esame, di natura ordinamentale, non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 


 

Articolo 6
(Requisizioni in uso o in proprietà)

 

 

L’articolo 6 autorizza:

§  il Capo della protezione civile a disporre la requisizione in uso o proprietà di presidi sanitari e medico chirurgici e di beni mobili di qualsiasi genere da soggetti pubblici o privati;

§  il Prefetto a disporre la requisizione in uso di strutture alberghiere, ovvero di altri immobili aventi analoghe caratteristiche di idoneità, per ospitarvi le persone in sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario.

Sono stabiliti, al riguardo, i criteri e i tempi di liquidazione dell’indennità al proprietario del bene oggetto di requisizione.

Il termine massimo di durata delle requisizioni è fissato al 31 luglio 2020, ovvero fino al termine al quale sia stata ulteriormente prorogata la durata dello stato di emergenza.

 

In particolare, il comma 1, autorizza il Capo del Dipartimento della protezione civile a disporre - anche su richiesta del Commissario straordinario di cui all'articolo 122 (vedi infra), - con proprio decreto, la requisizione in uso o in proprietà, da ogni soggetto pubblico o privato, di presidi sanitari e medico-chirurgici, e di beni mobili di qualsiasi genere. Tale disposizione è volta a fronteggiare l’emergenza sanitaria in atto, anche assicurando la fornitura delle strutture e degli equipaggiamenti alle aziende sanitarie o ospedaliere, e implementando il numero di posti letto specializzati nei reparti di ricovero dei pazienti affetti da detta patologia.

Con riguardo alla definizione dei presidi medico-chirurgici ai sensi dell’articolo 1 del D.P.R. 392 del 6 ottobre 1998, si intendono tutti quei prodotti che vantano in etichetta un'attività riconducibile alle seguenti definizioni: disinfettanti e sostanze poste in commercio come germicide o battericide; insetticidi per uso domestico e civile, insettorepellenti; topicidi e ratticidi ad uso domestico e civile.

Non esiste invece nell’ordinamento una definizione di “presidi sanitari”, potendosi riferire tale espressione sia a beni mobili (ad esempio oggetti che aiutano a prevenire o curare determinate patologie come il catetere per l'incontinenza, etc) sia a beni immobili quali le strutture che erogano prestazioni sanitarie e sociosanitarie (da ultimo ad esempio il DL n. 14 .del 2017, così come modificato dal DL n. 132 del 2018, c.d. decreto sicurezza consente ai i regolamenti di polizia urbana di individuare aree urbane su cui insistono “presidi sanitari”, riferendosi evidentemente a strutture fisiche e non ad oggetti).

Data la mancanza nell’ordinamento di una definizione univoca dei “presidi sanitari”, ai quali possono essere ricondotti sia beni mobili che beni immobili, andrebbe valutata l’opportunità di chiarire l’ambito applicativo della disposizione che individua i beni oggetto di possibile requisizione.

La possibilità di disporre le requisizioni predette dura fino al termine dello stato di emergenza, dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 (ossia fino al 31 luglio 2020).

Per quanto riguarda la dichiarazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale, l'art. 24 del Codice della protezione civile (D.Lgs. 1/2018) attribuisce, al verificarsi degli eventi di emergenza nazionale, ovvero nella loro imminenza, la facoltà, al Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, formulata anche su richiesta del Presidente della Regione o Provincia autonoma interessata e comunque acquisitane l'intesa, di deliberare lo stato d'emergenza di rilievo nazionale, fissandone la durata e determinandone l'estensione territoriale con riferimento alla natura e alla qualità degli eventi e autorizza l'emanazione delle ordinanze di protezione civile (comma 1). La durata dello stato di emergenza di rilievo nazionale non può superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi (comma 3).

Il comma 2 fissa la durata massima della requisizione in uso, in 6 mesi dalla data di apprensione del bene, ovvero non oltre il termine al quale sia stata ulteriormente prorogata la durata del predetto stato di emergenza.

Come è noto, la requisizione è un procedimento connotato da requisiti particolari, volto a perseguire finalità diverse da quelle proprie dei trasferimenti coattivi della proprietà, da un lato, in quanto attuata con provvedimenti ad effetto reversibile, ossia temporanei, e delle ordinanze di urgenza, dall'altro, in quanto è prevista la corresponsione al privato di una indennità.

L'art. 835 c.c. disciplina in linea generale l'istituto della requisizione, prevedendo che la P.A., quando ricorrano gravi e urgenti necessità pubbliche, militari o civili, possa disporre la requisizione di beni mobili od immobili, con l'obbligo di corrispondere al proprietario una «giusta indennità». Il 2° co. dell'art. 835 afferma che le norme relative alle requisizioni sono determinate da leggi speciali.

Con riguardo alla potestà di requisizione, già prima dell'emanazione del codice civile, l'art. 7, della legge 20.3.1865, n. 2248, all. E (contenzioso amministrativo), conferiva al Prefetto il potere di emanare le ordinanze di requisizione a tutela dell'ordine pubblico. La stessa giurisprudenza che ha inizialmente individuato nel Prefetto l’unico soggetto competente in via primaria ad emanare le requisizioni ex art. 7 della legge 20.3.1865, n. 2248, all. E) attribuendo al Sindaco solo una competenza sussidiaria, (Cons. di Stato sez. IV 23.04.1958, n. 356; Cons di St. sez. IV 14.07.1967 n. 331) ha poi progressivamente riconosciuto un autonomo potere del Sindaco, all’interno delle materie per legge rientranti nei suoi fini istituzionali (Cons. di St. sez. IVsent.  n. 605/85).

La requisizione effettuata dall’Autorità militare è disciplinata dal D.Lgs. 15.3.2010, n. 66, codice dell’ordinamento militare(che a sostituito il R.D. 18.8.1940, n. 1741), il cui Titolo VIII disciplina le Requisizioni in tempo di guerra o di grave crisi internazionale.

In caso di pubblica calamità, invece, l'art. 3, D.L. 26.11.1980, n. 776, conferisce al Commissario di governo il potere di requisire idonee strutture al fine di provvedere alle esigenze abitative ed economiche delle zone terremotate. Nello stesso senso anche l'art. 2, commi 10 ed 11, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77 (Eventi sismici nella Regione Abruzzo), autorizza il Commissario delegato a procedere al reperimento di alloggi per le persone sgomberate, anche individuando immobili non utilizzati, per il tempo necessario al rientro delle popolazioni nelle abitazioni riparate o ricostruite.

La Giurisprudenza ha rinvenuto, quali presupposti essenziali della requisizione in uso, la necessità ed urgenza di provvedere e dalla imprevedibilità dell'evento, intesa come impossibilità di ricorrere ai rimedi ordinari previsti dall'ordinamento, impossibilità che deve tuttavia derivare da ragioni estranee alla sfera della P.A., e non essere imputabile a negligenza della stessa (T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 13.2.2006, n. 192; C. St., 6.4.2004, n. 1858; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 2.1.2004, n. 39). Gli altri due presupposti sono la temporaneità e la corresponsione di un'indennità (T. Napoli 15.5.1995).  Il provvedimento di requisizione in uso è, per sua natura, un atto avente carattere di straordinarietà che stravolge l'ordine naturale dei rapporti giuridici, ed è adottato in base a contingenze affrontabili soltanto con misure eccezionali, per la salvaguardia di interessi generali non altrimenti tutelabili (cfr. C. St. 9.7.2002, n. 3823); per questo è indispensabile la fissazione di un termine che limiti nel tempo la sottrazione al proprietario delle facoltà di godimento dell'immobile (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 21.3.2007, n. 2618; T.A.R. Molise, Campobasso, Sez. I, 26.1.2006, n. 31) e il termine è prorogabile soltanto in presenza del permanere delle gravi necessità che giustificarono l'adozione dell'atto di requisizione (C. St. 9.7.2002, n. 3823). Si fa ad es. riferimento alle gravi calamità, come l'emergenza abitativa che si crea a seguito di un terremoto di grave intensità il quale abbia provocato lesioni irreversibili ad un numero considerevole di edifici, costringendo gli occupanti a cercare altre sistemazioni. Ma anche in questi casi la giurisprudenza ha evidenziato che l'amministrazione non può proporsi di fronteggiare una paventata situazione di pericolo per l'incolumità pubblica comprimendo diritti di terzi aventi rilevanza costituzionale, in quanto l'esercizio del potere straordinario di requisizione non può in alcun modo confliggere con i principi generali dell'ordinamento (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 19.4.2007, n. 401).

 

La disposizione in esame specifica altresì che la requisizione in uso si trasforma in requisizione in proprietà se, entro la scadenza del termine, il bene non è restituito al proprietario nelle sue condizioni originarie (ossia senza alterazioni sostanziali) e nel medesimo luogo della requisizione, ovvero in altro luogo se il proprietario vi consenta. E’ fatta salva la facoltà dell'interessato di evitare la trasformazione in requisizione in uso tramite il consenso espresso alla proroga del termine.

Si osserva che la disposizione che regola la trasformazione da requisizione in uso a requisizione in proprietà sembrerebbe potersi riferire ai soli beni mobili e non anche ai beni immobili (con riguardo in particolare alla possibilità di restituzione in altro luogo se il proprietario vi consenta). Anche sotto questo profilo, sembrerebbe opportuno chiarire l’ambito applicativo della disposizione che individua i beni oggetto di possibile requisizione, in particolare con riferimento ai presidi sanitari.

 

Il comma 3 specifica che i beni mobili che con l'uso vengono consumati o alterati nella sostanza sono requisibili solo in proprietà.

I commi da 4 a 6 disciplinano .la corresponsione di una somma di denaro al proprietario dei beni requisiti a titolo di indennità di requisizione.

In particolare si prevede che:

§  in caso di rifiuto del proprietario a riceverla, la somma è posta a sua disposizione mediante offerta anche non formale e quindi corrisposta non appena accettata;

§  la somma è liquidata, alla stregua dei valori correnti di mercato che i beni requisiti avevano alla data del 31 dicembre 2019;

§  con riguardo all’entità, l’indennità è pari al 100 per cento del valore del bene requisito, in caso di requisizione in proprietà; ed è pari, per ogni mese o frazione di mese di effettiva durata della requisizione, a un sessantesimo del valore calcolato per la requisizione in proprietà, in caso di requisizione in uso;

§  l’indennità è provvisoriamente liquidata con riferimento al numero di mesi o frazione di mesi che intercorrono tra la data del decreto di requisizione e quella del termine dell'emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 (31 luglio 2020).

§  nei casi di prolungamento della requisizione in uso, nonché in quelli di sua trasformazione in requisizione in proprietà, la differenza tra l'indennità già corrisposta e quella spettante per l'ulteriore periodo, è corrisposta al proprietario entro 15 giorni dalla scadenza del termine indicato per l'uso;

§  se non viene indicato un nuovo termine di durata dell'uso dei beni, si procede alla liquidazione di una somma pari al 100 per cento del valore del bene

 

Il comma 7 prevede la possibilità per il Prefetto - su proposta del Dipartimento della protezione civile e sentito il Dipartimento di prevenzione territorialmente competente – di disporre, con proprio decreto, la requisizione in uso di strutture alberghiere, ovvero di altri immobili aventi analoghe caratteristiche di idoneità, per ospitarvi le persone in sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario o in permanenza domiciliare, laddove tali misure non possano essere attuate presso il domicilio della persona interessata.

La durata massima delle requisizioni disposte dal Prefetto è fissata al 31 luglio 2020, ovvero fino al termine al quale sia stata ulteriormente prorogata la durata dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 (comma 8).

Il comma 8 contiene altresì le disposizioni relative alla corresponsione della somma di denaro a titolo di indennità di requisizione in uso degli immobili, stabilendo in particolare che la stessa:

§  sia liquidata nello stesso decreto del Prefetto;

§  con riguardo all’entità, sia  determinata in misura corrispondente, per ogni mese o frazione di mese di effettiva durata della requisizione, allo 0,42% di del valore corrente di mercato dell'immobile requisito o di quello di immobili di caratteristiche analoghe;

§  sia liquidata, in via provvisoria, con riferimento al numero di mesi o frazione di mesi che intercorrono tra la data della requisizione e quella del termine dell'emergenza. In caso di prolungamento della requisizione, la differenza tra l'indennità già corrisposta e quella spettante per l'ulteriore periodo deve essere corrisposta al proprietario entro 30 giorni dalla scadenza del termine originariamente indicato.

Se non è indicato alcun termine, la requisizione si presume disposta fino al 31 luglio 2020, ovvero fino al termine al quale sia stata ulteriormente prorogata la durata dello stato di emergenza di cui al comma 1.

 

Il comma 9 dispone che l'esecutorietà dei provvedimenti di requisizione di cui all’articolo in esame non possa essere sospesa in caso di contestazione, anche in sede giurisdizionale, come previsto dall'articolo 458 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare).

L’articolo 45 del D.Lgs. 15/03/2010, n. 66, prevede al comma 2-bis, che qualsiasi contestazione, anche in sede giurisdizionale, non sospende l'esecutorietà dell'ordine di requisizione.

 

Il comma 10 prevede, per l’attuazione delle disposizioni contenute nell’articolo in esame, un’autorizzazione di spesa nel limite di 150 milioni per l'anno 2020, cui si provvede ai sensi dell'articolo18, comma 4 del decreto legge in esame (vedi infra).

Si segnala, infine, che la potestà di requisizione di beni mobili, mobili registrati e immobili (anche tramite il Capo del Dipartimento per la protezione civile o se necessario ai prefetti territorialmente competenti) è altresì attribuita, dall’articolo 122 del decreto legge in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia), al nominando Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica in atto.

Si osserva, al riguardo, che sembrerebbe opportuno un coordinamento tra le disposizioni di cui all’articolo in esame e quelle, contenute nell’articolo 122, che si riferiscono alla potestà di requisizione del Commissario.


 

Articolo 7
(Arruolamento temporaneo di medici ed infermieri militari)

 

 

L’articolo 7 e i successivi articoli 8 e 9 recano una serie di disposizioni volte a potenziare le risorse umane e strumentali a disposizione dei servizi sanitari delle Forze armate, fortemente impegnati nel contrastare l’emergenza sanitaria connessa al diffondersi del virus COVID-19.  In particolare, l’articolo 7 prevede una procedura semplificata per l’arruolamento, eccezionale e temporaneo (un anno), di 320 unità di personale medico e infermieristico dell’Esercito, definendone il relativo stato giuridico ed economico.

 

Nel dettaglio, il comma 1 dell’articolo 7 consente all’Esercito di arruolare in via straordinaria e per un anno (dal 15 aprile 2020 al 15 aprile 2021, cfr. relazione tecnica), 120 medici e 200 infermieri militari, da inquadrare, rispettivamente, con il grado di tenente (gli ufficiali medici) e di maresciallo (i sottufficiali infermieri).

Al richiamato personale in servizio temporaneo (ferma attiva della durata di un anno), sarà riconosciuto il trattamento giuridico ed economico dei loro parigrado in servizio permanente (comma 4).

 

Per sanità militare deve intendersi il complesso dell’organizzazione sanitaria delle Forze armate del Paese.

Secondo il Codice ordinamento militare (D.lgs. n. 66/2010, artt. 181-213), il Servizio sanitario militare (SSM) è un sistema di strutture e servizi che deve assicurare prioritariamente il complesso delle attività che concorrono a garantire l’efficienza psicofisica del personale militare e civile della Difesa.

La sanità militare ha infatti il compito primario di assicurare l’assistenza sanitaria in operazioni e in addestramento, sia all’interno che al di fuori del territorio nazionale, nonché, in subordine, di concorrere all’assistenza e al soccorso della collettività nazionale e internazionale nei casi di pubbliche calamità.

Essa agisce attraverso i servizi sanitari di ciascuna delle Forze armate e dell’Arma dei carabinieri che, nel loro insieme, ma con le loro specificità, costituiscono il “servizio sanitario militare”.

La sanità militare costituisce un settore di centrale interesse per la Difesa e tale servizio, secondo il D.M. Sanità-Difesa del 4 marzo 2015, che ne individua dettagliatamente i beneficiari, va erogato ad un bacino di potenziali utenti (personale in servizio e in congedo dell’Esercito, Marina, Aeronautica, Arma Carabinieri, Guardia di Finanza, dipendenti civili della Difesa, e loro familiari) stimabile, secondo la Corte dei conti (delibera 16/2019/G) in almeno di 400.000 unità.

L’attuale organizzazione territoriale della sanità militare è schematizzata nel diagramma seguente:

Fonte: Corte dei conti (delibera 16/2019/G), su dati Ministero della difesa

1 Centro Ospedaliero Militare dal 2018 (precedentemente Dipartimento militare di medicina legale- DMML)

2 Istituti di Medicina Aerospaziale di Milano e Roma

3 Istituto di Perfezionamento e Addestramento in Medicina Aerospaziale

4 5 DMML nel 2017, ridotti a 4 nel 2018 (dopo il ripristino del COM di Milano)

5 Già Centro Studi e Ricerche EI, dal 2017 riorganizzato quale Dipartimento del Policlinico Militare “Celio”

6 Dipende dall’Ufficio Studi del Comando Subacqueo Incursori (COMSUBIN

7 Sezioni di Sanità CC (40 dal 1° gennaio 2017, dopo l’assorbimento del Corpo Forestale, in precedenza 38)

 

Il sistema della sanità militare, nel corso del 2018, si è avvalso complessivamente di circa 6.300 unità, comprendenti medici, infermieri, aiutanti di sanità, tecnici, e relativo supporto logistico operativo, articolato su due aliquote: quella della sanità di sostegno (o territoriale), a carattere ospedaliero e pari a 2.460 unità, e la sanità di aderenza, operante a contatto con gli appartenenti alla Difesa, pari a 3.838 unità. Si segnala che, per sanità di aderenza, in ambito militare si intende la componente sanitaria organicamente inquadrata in ciascuna unità combattente, e che con essa si sposta, per assicurare l’assistenza a favore del personale dell’unità stessa, durante le attività di caserma, di addestramento e di effettivo impiego operativo.

Restringendo il campo alla sanità territoriale, la medesima delibera riporta i dati relativi alla consistenza del personale dedicato alla sanità territoriale e i relativi costi (tab. 1 pag. 35).  Nell’anno 2018:

§  per l’Esercito, compreso il Policlinico militare del Celio, la consistenza del personale ammonta a 1.486 unità, con un costo lordo di circa 77 milioni di euro;

§  per la Marina, la consistenza del personale è di 553 unità, con un costo di 30,8 milioni;

§  per l’Aeronautica, la consistenza del personale è di 354 unità, con un costo di 21,3 milioni;

§  per i Carabinieri, la consistenza del personale è di 18 unità, con un costo di 1,3 milioni.

In totale, comprese le strutture interforze, il personale della sanità territoriale militare ammonta a 2.446 unità, e il costo totale a 134,3 milioni per l’anno 2018.

 

Per quanto attiene alle modalità di arruolamento, la disposizione in esame delinea un procedimento particolarmente semplificato in quanto, come precisato dal Governo nella relazione illustrativa allegata al provvedimento in esame, l’obiettivo è quello di selezionare “le migliori professionalità possibili (…) entro il prossimo mese di aprile”.

 

A tal proposito, nella richiamata relazione si precisa che la soluzione contemplata dalla disposizione in esame è adottata “in analogia a quanto disposto per altre fattispecie di servizio temporaneo, tuttavia non utilizzabili nella situazione contingente a causa della ristrettezza del tempo”. Nello specifico, ci si riferisce, alla procedura utilizzata per la selezione delle professionalità   da inserire nella c.d “riserva selezionata”, di cui all’articolo 674 del Codice dell’ordinamento militare.

Al riguardo, si ricorda che la Riserva Selezionata è costituita da un bacino di personalità, composto da uomini e donne in possesso di particolari professionalità di interesse per le Forze Armate, non compiutamente disponibili nell'ambito delle stesse.

Nello specifico i professionisti provenienti dalla vita civile, che siano in possesso dei requisiti previsti e siano disponibili ad eventuali richiami in servizio a tempo determinato per l'impiego sul territorio nazionale e all'estero possono presentare istanza di adesione al bacino della Riserva Selezionata, previa nomina ad Ufficiale di complemento. A questi ultimi viene conferita senza concorso – previa sottoscrizione della disponibilità ad essere richiamati alle armi sul territorio nazionale ovvero all'estero – la nomina ad Ufficiale di complemento. Tale nomina costituisce un provvedimento di "natura eccezionale" che può essere adottato nei confronti di cittadini italiani in possesso di spiccata professionalità che diano ampio affidamento di prestare opera proficua nelle Forze Armate.

 

In linea con tale obiettivo di semplificazione, la disposizione in esame prevede che le procedure di arruolamento siano gestite attraverso il portale  on-line sul sito internet del Ministero della Difesa (www.difesa.it), mentre, per quanto attiene alla selezione del personale,  tale fase si baserà sui  giudizi formulati dalle Commissioni di avanzamento dell’Esercito italiano istituzionalmente competenti per tali necessità (commi 2 e 3).

Ai sensi dell’articolo 1034 del Codice dell’ordinamento militare esprimono giudizi sull'avanzamento degli ufficiali le Commissioni di vertice nei riguardi degli ufficiali aventi grado di generale di divisione e corrispondenti; le Commissioni superiori di avanzamento nei riguardi degli ufficiali aventi grado da tenente colonnello a generale di brigata e corrispondenti; le Commissioni ordinarie di avanzamento nei riguardi degli ufficiali in servizio permanente aventi grado da sottotenente a maggiore e corrispondenti; i superiori gerarchici per gli ufficiali di complemento. Le Commissioni di vertice e le Commissioni superiori di avanzamento sono costituite presso ciascuna Forza armata. Per quanto riguarda l’Esercito la disciplina delle Commissioni superiore e ordinaria di avanzamento sono regolate, rispettivamente, dagli articoli 1037 e 1042 del Codice dell’ordinamento militare. Per la valutazione del personale appartenente a ciascuno dei ruoli marescialli, sergenti e volontari in servizio permanente, sono istituite presso l'Esercito italiano, la Marina militare e l'Aeronautica militare apposite Commissioni permanenti (artt. 1047 e ss. del Codice dell’ordinamento militare).

Per quanto, attiene, ai requisiti per la partecipazione alla selezione in esame (comma 2), si prevede che gli aspiranti all’arruolamento siano cittadini italiani di età non superiore ai 45 anni, in possesso di una laurea magistrale in medicina e chirurgia, con l’abilitazione professionale, per gli aspiranti ufficiali medici e in infermieristica, con l’abilitazione professionale, per gli aspiranti sottufficiali infermieri.

 

Si prevede, inoltre, che i candidati:

1.   non siano stati giudicati permanentemente non idonei al servizio militare, non siano stati dimessi d’autorità da precedenti ferme nelle Forze armate;

2.   non siano stati condannati per delitti non colposi, anche con sentenza di applicazione della pena su richiesta, a pena condizionalmente sospesa o con decreto penale di condanna, ovvero non siano imputati in procedimenti penali per delitti non colposi.

 

Al fine di evitare eventuali dubbi interpretativi, andrebbe valutata l’opportunità di coordinare la disposizione in esame con le norme del decreto legge che, alla luce dell’emergenza sanitaria del Paese, dettano nuove norme in materia di abilitazione all’esercizio  della professione di  medico- chirurgo e deroghe alle  disposizioni  sul riconoscimento  delle  qualifiche  professionali  sanitarie.

 

Si contempla, infine (comma 4), il richiamo in servizio di ulteriori 60 unità di ufficiali medici delle Forze armate appartenenti alle richiamate forze di completamento (cfr. supra).

Come precisato nella relazione tecnica allegata al provvedimento in esame, si tratta di ulteriori 60 Ufficiali medici, appartenenti alla riserva selezionata, rispetto a quelli già contemplati dall’articolo 12 della legge di bilancio per l’anno 2020 (legge n. 160 del 2019). La medesima relazione ipotizza che i riservisti medici saranno richiamati nel grado di Capitano.

 

Per quanto attiene agli oneri relativi alla disposizione in esame i medesimi sono in euro 13.750.000 per l’anno 2020 e euro 5.662.000 per l’anno 2021 (comma 5). A tal proposito, la relazione tecnica allegata al provvedimento in esame precisa che tali costi sono stati calcolati moltiplicando le unità da reclutare per il costo medio unitario del trattamento economico spettante ai pari grado in servizio permanente.

Per la relativa copertura finanziaria il comma 6 rinvia alle risorse di cui all’articolo 126 del decreto legge (disposizioni finanziarie).

 

 

 

 


 

Articolo 8
(Assunzione urgente di funzionari tecnici per la biologia la chimica e la fisica presso le strutture sanitarie militari)

 

 

L’articolo 8 prevede che il Ministero della Difesa, verificata l’impossibilità di utilizzare personale già in servizio, possa conferire, previo avviso pubblico, incarichi a tempo determinato di durata annuale, non rinnovabili, ad un massimo di sei unità di personale di livello non dirigenziale, appartenenti all’Area terza, posizione economica F1, profilo professionale di funzionario tecnico per la biologia, la chimica e la fisica.

 

Come precisato dal Governo nella relazione illustrativa allegata al provvedimento in esame, la finalità delle richiamate assunzioni deve essere individuata nella necessità di far fronte all'incremento delle prestazioni poste a carico del Dipartimento scientifico del Policlinico militare del Celio, conseguente all’emergenza sanitaria determinatasi a seguito della diffusione del COVID 19. Si sottolinea, inoltre, l’esigenza che il Policlinico sviluppi test per patogeni rari e garantisca i livelli essenziali di assistenza, oltre al supporto alle strutture di qualsiasi livello del Servizio sanitario nazionale (comma 1).

 

Il Policlinico del Celio è un ospedale militare, a connotazione interforze, dipendente dal 4° Comando logistico dell’Esercito.

Offre, principalmente, supporto clinico e sanitario al personale a status militare impiegato in operazioni, in Patria e all'estero, nonché al personale militare e civile, e relativi familiari secondo quanto previsto dalla normativa vigenti, le convenzioni locali e gli accordi con il Servizio sanitario nazionale-regionale.

Il Policlinico opera, inoltre, nel campo della ricerca scientifica nelle diverse discipline sanitarie e assicura il tirocinio pratico a favore degli specializzandi delle tre Forze armate e dell’Arma dei carabinieri. 

Secondo quanto recentemente rilevato dalla Corte dei conti (delibera 16/2019/G) si tratta di una struttura che, nel 2017 ha impiegato una forza di 1.102 unità e nel 2018 una forza di 1.096 unità (suddivisa fra ufficiali, sottufficiali, truppa, civili, di cui 626 con specializzazione sanitaria) per un costo, nel medesimo 2018, di 57 milioni circa di euro.

Il personale del Policlinico (medico, infermieristico e aiutanti di sanità), oltre ad essere impiegato in ambito nazionale, svolge ciclici periodi di attività al di fuori dei confini nazionali nell’ambito degli organi sanitari ivi schierati e supporta, a vario titolo, tutti i teatri operativi in cui operano le Forze armate italiane.

La struttura, nelle sue linee generali, è attualmente organizzata in dipartimenti ed unità operative, complesse o semplici, che erogano servizi sanitari nei seguenti settori: patologia cardiorespiratoria, area chirurgica, patologia osteo-articolare, nefro-urologiche, scienze ginecologiche, patologia neuro-sensoriale, scienze neurologiche e psichiatriche, diagnostica, odontostomatologica, emergenza e accettazione, anestesia e rianimazione, immunoematologia, medicina fisica e riabilitazione.

Per un approfondimento dell’organizzazione del Sistema sanitario militare si rinvia alla scheda di lettura relativa all’articolo 7.

 

Per quanto attiene alle procedure di selezione del personale in esame, il comma 2 dell’articolo 8 prevede che gli incarichi vengano conferiti mediante procedure comparative e previa selezione dei titoli e colloquio con i candidati

Le attività professionali svolte dai nuovi assunti costituiranno titoli preferenziali nelle future procedure concorsuali per l’assunzione di personale nei medesimi profili professionali presso il Ministero della difesa (comma 3).  

 

Il costo complessivo delle richiamate sei assunzioni (numero massimo) è quantificato dalla allegata relazione tecnica in euro 230.979.96. Alla copertura dei richiamati oneri, pari a euro 115.490  per  ciascuno  degli  anni  2020 e 2021, si provvede, ai sensi del  comma 4 dell’articolo in esame, mediante il ricorso alle risorse previste dai seguenti fondi:

a)      per l’anno 2020, fondo di cui all’articolo 613 del Codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, a disposizione per eventuali deficienze dei capitoli relativi alle tre Forze armate (capitolo 1121);

b)     per l’anno 2021, fondo di cui all’articolo 619 del Codice dell'ordinamento militare, per la riallocazione delle funzioni connesse al   programma   di   razionalizzazione,   accorpamento,   riduzione   e   ammodernamento   del   patrimonio   infrastrutturale,  per  le  esigenze  di  funzionamento,  ammodernamento  e  manutenzione  e  supporto  dei  mezzi,  dei  sistemi,  dei  materiali  e  delle  strutture  in  dotazione  alle  Forze  Armate,  inclusa  l`Arma  dei  Carabinieri,  nonché per il riequilibrio dei principali settori di spesa del Ministero della Difesa, con la finalità di assicurare il mantenimento in efficienza dello strumento militare (cap.1153).


 

Articolo 9
(Potenziamento delle strutture della sanità militare)

 

 

L’articolo 9 autorizza per l’anno 2020 la spesa di 34,6 milioni di euro per il potenziamento dei servizi sanitari militari e per l’acquisto di dispositivi medici e presidi sanitari mirati alla gestione dei casi urgenti e di biocontenimento. Si autorizza, inoltre, per l’anno 2020 lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze alla produzione e distribuzione di disinfettanti e sostanze ad attività germicida o battericida, nel limite di spesa di 704.000  euro.

 

La disposizione in esame, analogamente a quanto previsto dai precedenti articoli 7 e 8, reca una serie di misure volte a potenziare l’efficacia delle strutture del servizio sanitario militare, autorizzando, in particolare, al comma 1, la richiamata spesa di 34,6 milioni per l’anno 2020 per il rafforzamento di determinate prestazioni offerte dal citato presidio sanitario militare.

A tal proposito, la relazione illustrativa allegata al provvedimento in esame chiarisce che scopo della disposizione è l'aumento delle capacità di ricovero sul territorio nazionale, sia in strutture sanitarie militari esistenti che in strutture campali appositamente destinate. Si intende, inoltre, rafforzare:

1.   la capacità di trasporto aereo e terrestre di pazienti in alto biocontenimento;

2.   la capacità di diagnostica rapida per specifica patologia:

3.   la somministrazione di farmaci e dispostivi di protezione individuale per l'assistenza dei malati e dei contagiati.

 

Nel dettaglio, l’allegata relazione tecnica, nel quantificare la spesa relativa alla disposizione in esame, fa presente che l’autorizzazione di spesa di 34,6 milioni di euro è funzionale a soddisfare le seguenti esigenze: predisposizione di n. 2 ospedali da campo con capacità di 12 posti letto in terapia intensiva e 10 posti letto in terapia ordinaria di reparto; approvvigionamenti di moduli aggiuntivi, macchinari e materiali per la produzione di dispositivi di protezione individuale presso le strutture di riferimento (mascherine, tute e occhiali); realizzazione di n. 6 posti letto; acquisto di materiale igienizzante; acquisto di  6 ambulanze di biocontenimento; l'acquisto immediato di  100.000 kit di protezione individuale; acquisto di 10 sistemi di trasporto isolati aviotraspofiabili  e 10  per elitrasporto e n. 3 camere di isolamento campale;  acquisto di farmaci per assistenza e terapia di supporto; potenziamento della struttura diagnostica del Dipartimento scientifico del Policlinico militare "Celio di Roma" (cfr. scheda relativa all’articolo 8).

A sua volta, il comma 2, considerata la difficoltà di approvvigionamento di disinfettanti da impiegarsi per il contenimento dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, autorizza lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze alla produzione e distribuzione di disinfettanti e sostanze ad attività germicida o battericida nel  limite  di  spesa  di  704.000  euro (pari a circa oltre 35.000 litri di prodotto), analogamente a quanto già avvenuto in occasione delle misure emergenziali adottate in occasione del dilagarsi della c.d. influenza suina (cfr. relazione illustrativa).

In relazione a tale disposizione si ricorda che nel corso della seduta della Camera del 26 febbraio scorso, il Governo aveva accolto l’ordine del giorno 9/2402-A/12Rizzo con il quale si impegnava l’Esecutivo a valutare l'opportunità del pieno utilizzo delle capacità scientifiche e produttive dello Stabilimento Chimico Farmaceutico militare sia per la produzione di disinfettanti germicidi e battericidi utili alla prevenzione del contagio sia per l'individuazione di medicinali in grado di rallentare e debellare il COVID-19.

Come precisato nella allegata relazione tecnica, allo stato, lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze è in grado di produrre circa 800 litri al giorno di disinfettante, per un costo di circa 20 euro al litro. Nell’arco di due mesi dovrebbe, pertanto, essere completata la realizzazione dell’intero ordine (35.000 litri).

Lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, il cui compito principale è quello di rifornire le Forze armate di medicinali e materiali sanitari, pone parimenti in essere numerosi interventi che investono profili di collaborazione esterna con l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) e con il Ministero della salute. Il Ministero della salute, con decreto 27 dicembre 2012 ha disciplinato le ipotesi in cui lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze (SCFM) può essere autorizzato a produrre materie prime farmaceutiche, antidoti ed altri medicinali per finalità di protezione e trattamento sanitario, in caso di particolari emergenze. Si ricorda, inoltre, che lo Stabilimento è autorizzato, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 6 ottobre 1998, n.?392, alla produzione di presidi medico-chirugici ovvero di disinfettanti e sostanze poste in commercio come germicide e battericida.


 

Articolo 10
(Potenziamento delle risorse umane dell’INAIL)

 

 

L’articolo 10 consente all’INAIL di conferire incarichi di lavoro autonomo (anche di collaborazione coordinata e continuativa), a tempo determinato, a 200 medici specialisti ed a 100 infermieri. Nel presente articolo, il Senato ha operato l’aggiornamento di un richiamo normativo.

 

Gli incarichi in esame sono previsti in relazione all'emergenza epidemiologica da COVID-19 ed anche (in tale ambito) in considerazione del ruolo di "soggetto attuatore" svolto dall’INAIL[51].

Per le modalità relative agli incarichi, il presente articolo - in base all’aggiornamento del riferimento normativo operato dal Senato - fa rinvio a quelle stabilite dal precedente articolo 2-bis, articolo inserito dal Senato e che corrisponde, con talune modifiche, al disposto di cui all’articolo 1 del D.L. 9 marzo 2020, n. 14 (D.L. di cui l’articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente D.L. n. 18, come modificato dal Senato, dispone l’abrogazione, con salvezza degli effetti già prodottisi). Per il contenuto di tali previsioni, si rinvia alla precedente scheda relativa all’articolo 1 e all’articolo 2-bis del presente D.L. n. 18.

Gli incarichi conferiti dall’INAIL ai sensi dell’articolo 10 in esame sono di durata non superiore a sei mesi, eventualmente prorogabili in ragione del perdurare dello stato di emergenza, e comunque non oltre il 31 dicembre 2020. I medesimi incarichi sono ammessi in deroga alle norme di cui all'articolo 7 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, e all'articolo 9, comma 28, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni, concernenti, rispettivamente: il divieto, per le pubbliche amministrazioni, di stipulazione di contratti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro[52]; i limiti di spesa per le pubbliche amministrazioni relativi a varie tipologie di contratti di lavoro, diverse da quello dipendente a tempo indeterminato.

Agli oneri finanziari derivanti dal presente articolo, quantificati in 15 milioni di euro per il 2020, si provvede a valere sulle risorse iscritte nel bilancio dell’INAIL e destinate alla copertura dei rapporti in convenzione con i medici specialisti ambulatoriali. Alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno di cassa e di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni, quantificati in 7.725.000 euro per il 2020, si provvede ai sensi del successivo articolo 126.


 

Articolo 11
(Disposizioni urgenti per assicurare continuità alle attivita?
assistenziali e di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità)

 

 

Per far fronte alle esigenze di sorveglianza epidemiologica e di coordinamento connesse alla gestione dell’emergenza COVID-19, l’articolo 11 incrementa di 4 milioni, per ciascun anno del triennio 2020-2022, lo stanziamento di parte corrente dell’Istituto superiore di sanita? (ISS). Tale somma è quasi interamente dedicata al reclutamento di personale.

 

Per far fronte alle esigenze di sorveglianza epidemiologica e di coordinamento connesse alla gestione dell’emergenza COVID-19, l’articolo 11 incrementa di 4 milioni, per ciascun anno del triennio 2020-2022, lo stanziamento di parte corrente dell’Istituto superiore di sanita? (ISS).

 

Nell’ambito delle strategie di contrasto e gestione del rischio sanitario connesso all’emergenza epidemiologica Covid-19, l’Istituto Superiore di Sanità è parte del Comitato tecnico scientifico per il coordinamento degli interventi, istituito presso il Dipartimento della Protezione civile, e gestisce la sorveglianza epidemiologica e microbiologica del SARS-CoV-2.

L'ISS è il principale centro di ricerca, controllo e consulenza tecnico-scientifica in materia di sanità pubblica.  Le principali attività dell’Istituto sono distribuite in 6 Dipartimenti, 16 Centri nazionali, 2 Centri di riferimento, 5 Servizi tecnico-scientifici e un Organismo notificato per la valutazione dell’idoneità dei dispositivi medici.

La legge di bilancio 2020 (legge 160/2019) ha assegnato, per ciascun anno del triennio 2020-2022, 108.707.751 euro quale contributo all’Istituto superiore di sanità (cap. 3443 dello stato di previsione del Ministero della salute). Tale stanziamento comprende il finanziamento delle spese obbligatorie e di funzionamento dell’Istituto e gli importi destinati rispettivamente al Centro nazionale sangue e al Centro nazionale trapianti (sul punto ulteriori chiarimenti: ISS, Deliberazione n. 4 dell’11 novembre 2019, Bilancio di previsione anno finanziario 2020).

 

Tale incremento è altresì corrisposto per l’assunzione straordinaria di personale a tempo determinato, anche in deroga al Piano triennale di attività e alle percentuali previste a legislazione vigente (percentuali di cui all’art. 9, co.2 del D.Lgs.218/2016). Per tali finalità, l’Istituto e? pertanto autorizzato ad assumere a tempo determinato, per il triennio 2020-2022, n. 50 unita? di personale cosi? suddivise:

a)   20 unita? di personale con qualifica di dirigente medico;

b)   5 unita? di personale con qualifica di primo ricercatore/tecnologo, livello II;

c)   20 unita? di personale con qualifica di ricercatore/tecnologo, livello III;

d)   5 unita? di personale con qualifica di Collaboratore Tecnico Enti di Ricerca (CTER) livello VI.

La RT al provvedimento quantifica gli oneri per il personale nei seguenti ammontare: 2.838.311,69 euro per il 2020 (costo delle 50 unità di personale per 10 mesi); 3.405.974,03 euro (costo delle 50 unità per 12 mesi) per ciascuno degli anni 2021e 2022.

La quota parte dei 4 milioni incrementali dello stanziamento di parte corrente a favore dell’ISS non finalizzati ad esigenze di reclutamento del personale restano a disposizione del bilancio dell’ente per esigenze di funzionamento.

 

La semplificazione delle attività degli enti pubblici di ricerca, fra i quali è compreso l’ISS, e? stata precisata dal D.Lgs. 218/2016, che ha dato attuazione alla previsione sulle capacita? assunzionali posta dall’art. 13 della legge 124/2015, che ha delegato il Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche. Più in particolare, il D.Lgs. 218/2016, all’art. 7, in relazione ai Piani triennali di attività, prevede che gli Enti pubblici di ricerca, nell’ambito della loro autonomia, in conformità con le linee guida enunciate nel Programma Nazionale della Ricerca, tenuto conto delle linee di indirizzo del Ministro vigilante e dei compiti e delle responsabilità previsti dalla normativa vigente, ai fini della pianificazione operativa, adottano un Piano Triennale di Attività, aggiornato annualmente, con il quale determinano anche la consistenza e le variazioni dell’organico e del piano di fabbisogno del personale. L’articolo 9 dello stesso decreto ha poi previsto che l'indicatore del limite massimo alle spese di personale è calcolato rapportando le spese complessive per il personale di competenza dell'anno di riferimento alla media delle entrate complessive dell'Ente come risultante dai bilanci consuntivi dell'ultimo triennio. Negli Enti tale rapporto non può superare l'80 per cento.

Sul sito istituzionale dell’Istituto è disponibile il Piano triennale di attività 2017-2019, che ribadisce l’importanza strategica della politica delle risorse umane per il consolidamento dei risultati ed il rilancio dell’Istituto.

La dotazione organica di personale dell’Istituto al 1° gennaio 2019 comprendeva 1.868 unità di personale a tempo indeterminato e 156 unità di personale a tempo determinato per un totale di 2.024 unità. Nel corso del 2019,  è stata avviata una rideterminazione delle dotazioni organiche che ha portato il personale in servizio alla data del 1° novembre 2019 a 1.975 unità a tempo indeterminato, alle quali si sono aggiunte 1.877 unità a  tempo determinato.

 

Ai 4 milioni per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, si provvede mediante corrispondente utilizzo del fondo di parte corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero della salute (somma da conservarsi in conto residui per impegni riferibili all'esercizio scaduto, ai sensi dell’articolo 34-ter, comma 5, della legge 31 dicembre 2009, n. 196[53]).


 

Articolo 12
(
Misure straordinarie per la permanenza in
servizio del personale sanitario
)

 

 

L’articolo 12 dispone che gli enti e le aziende del Ssn, verificata l’impossibilità di reperire personale sanitario facendo ricorso alle misure già a tal fine previste, e fino al perdurare dello stato di emergenza (31 luglio 2020), possano trattenere in servizio, anche in deroga ai limiti previsti dalle disposizioni vigenti per il collocamento in quiescenza, i dirigenti medici e sanitari, nonché il personale del ruolo sanitario del comparto sanita? e gli operatori socio-sanitari. Per i medesimi fini e per il medesimo periodo il personale dei medici e del settore sanitario della Polizia di Stato può essere trattenuto in servizio anche in deroga ai limiti previsti dalle disposizioni vigenti sul collocamento in quiescenza. Nel corso dell’esame al Senato, le disposizioni dell’articolo in commento sono state estese anche alle aziende ospedaliere universitarie.

 

Nella disciplina vigente (15-nonies del D.Lgs. 502/1992), la prosecuzione del servizio dei dirigenti medici del Ssn è consentita oltre il limite del sessantacinquesimo anno, su richiesta dell'interessato, fino al raggiungimento del quarantesimo anno di servizio effettivo - purché non si superi il limite dei 70 anni di età. Per fronteggiare la carenza di medici specialisti, l'articolo 5-bis, comma 2, del D.L. 162/2019 (c.d. Decreto proroga termini) ha modificato in via transitoria i limiti di età massima per il collocamento a riposo dei dirigenti medici del Ssn (la deroga non riguarda infatti il personale medico a rapporto convenzionale). In base alla nuova norma, tali soggetti, entro il 31 dicembre 2022, possono fare domanda per proseguire il servizio fino al settantesimo anno di età anche se, prima di tale limite anagrafico, maturano i quarant'anni di servizio effettivo. La disciplina transitoria instaurata dal Decreto proroga termini prevede altresì che l'amministrazione di appartenenza possa autorizzare la prosecuzione del rapporto di servizio fino all'assunzione di nuovi dirigenti medici specialisti. La procedura di assunzione di tali ultimi soggetti deve peraltro essere adottata senza ritardo e comunque non oltre centottanta giorni dalla data di adozione del provvedimento di trattenimento in servizio.

Per i medici docenti universitari o ricercatori - che svolgono attività assistenziale presso le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura facenti parte del Ssn -, il limite di età è posto a 67 anni, anziché a 65. Peraltro, per tali soggetti, la cessazione dallo svolgimento delle ordinarie attività assistenziali, nonché dalla direzione delle strutture assistenziali, non è obbligatoria qualora il limite di età per il collocamento a riposo come docente o ricercatore sia più elevato e manchino i protocolli d'intesa tra università e regioni, previsti dalla normativa ai fini della definizione delle modalità e dei limiti per l'utilizzo del medesimo personale universitario per specifiche attività assistenziali, strettamente connesse all'attività didattica e di ricerca.

 

Fino al perdurare dello stato di emergenza (31 luglio 2020), al fine di far fronte alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19 garantendo i livelli essenziali di assistenza, l’articolo in esame permette alle aziende e agli enti del Ssn, dopo aver verificato l’impossibilita? di procedere al reclutamento di personale facendo ricorso agli incarichi previsti dagli articoli 2-bis e 2-ter del decreto in esame, di trattenere in servizio, anche in deroga ai limiti previsti dalle disposizioni vigenti per il collocamento in quiescenza, i dirigenti medici e sanitari, nonché il personale del ruolo sanitario del comparto sanita? e gli operatori socio-sanitari. Nel corso dell’esame al Senato, le disposizioni dell’articolo in commento sono state estese anche alle aziende ospedaliere universitarie, (comma 1-bis dell’art. 17-ter).

 

 

Al fine di fronteggiare la situazione emergenziale derivante dalla diffusione del COVID-19 garantendo i livelli essenziali di assistenza, gli articoli 2-bise 2-ter del decreto in esame prevedono misure speciali transitorie in materia di reclutamento del personale del Ssn.

Più in particolare, l’art. 2-bisconsente, in via transitoria:

•   il conferimento, da parte degli enti ed aziende del Ssn, di incarichi di lavoro autonomo (anche di collaborazione coordinata e continuativa) agli iscritti agli albi delle professioni sanitarie, ivi compresi i medici; in merito, alcune specifiche disposizioni sono stabilite per i medici in formazione specialistica;

•   una deroga alla disciplina transitoria relativa all'assunzione di medici e veterinari in formazione specialistica con contratti di lavoro dipendente a tempo determinato e parziale; la deroga consente tali assunzioni anche in assenza dell'accordo quadro nazionale ivi previsto;

•   il ricorso alla stipulazione nell'ambito del Ssn, di contratti di lavoro autonomo con personale medico ed infermieristico collocato in quiescenza (la possibilità è ammessa anche qualora il soggetto non sia iscritto, in conseguenza del collocamento a riposo, al relativo albo professionale).

Ricordiamo infine che l’art. 2-terconsente inoltre, in via transitoria, la seguente misura:

•   il conferimento di incarichi individuali a tempo determinato a personale medico e sanitario, mediante avviso pubblico e selezione per titoli e colloquio orale. Gli incarichi hanno la durata di un anno. In ogni caso, il ricorso agli incarichi è subordinato alla previa verifica - da parte dei medesimi enti ed aziende del Ssn -dell'impossibilità di utilizzare personale già in servizio nonché di ricorrere agli idonei collocati in graduatorie concorsuali in vigore. Le attività professionali svolte in base ai suddetti incarichi a termine costituiscono titoli preferenziali nelle procedure concorsuali per l'assunzione presso le aziende e gli enti del Ssn.

 

Infine il comma 2 dell’articolo in esame prevede che, per i medesimi fini e per il medesimo periodo, il personale dei medici e del settore sanitario della Polizia di Stato può essere trattenuto in servizio anche in deroga ai limiti previsti dalle disposizioni vigenti sul collocamento in quiescenza.

 

La direzione centrale di Sanità del dipartimento della Pubblica sicurezza è stata istituita nel 1990 acquisendo tutte le funzioni e le attribuzioni proprie dell’ufficio precedentemente denominato Servizio Sanitario Centrale. In posizione apicale è collocato un dirigente generale medico del ruolo professionale dei sanitari della Polizia di Stato. La Direzione è articolata in:

•   Servizio Affari generali di Sanità (1ª divisione – 2ª divisione).

•   Servizio operativo centrale di Sanità:

•   Centro di Neurologia e Psicologia medica;

•   Centro di Ricerche di laboratorio e Tossicologia forense;

•   Centro clinico di Medicina preventiva e Medicina legale;

•   Centri sanitari polifunzionali di Milano, Napoli, Palermo;

•   Osservatorio centrale per la Tutela della salute e della Sicurezza nei luoghi di lavoro;

•   Coordinamento sanitario (Torino – Milano – Padova – Firenze – Roma – Napoli – Catania).

Al personale appartenente ai ruoli professionali dei sanitari si applicano le disposizioni dell'ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia, di cui al D.P.R. 335/1982, e dell'ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta attività tecnico-scientifica o tecnica, di cui al D.P.R. 337/1982 (art. 2 del D.P.R. 338/1982 Ordinamento dei ruoli professionali dei sanitari della Polizia di Stato).

 

 


 

Articolo 13
(
Deroga alle norme in materia di riconoscimento
delle qualifiche professionali sanitarie
e in materia di cittadinanza per l'assunzione alle dipendenze della pubblica amministrazione)

 

 

L’articolo 13, modificato al Senato,  è diretto a consentire, in deroga alle norme che disciplinano le procedure per il riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie conseguite in un Stato dell’Unione europea o in Stati terzi, l'esercizio temporaneo di tali qualifiche da parte di professionisti che intendono esercitare sul territorio nazionale una professione sanitaria conseguita all’estero in base a specifiche direttive dell’Unione europea (v. infra direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali). Le regioni e le province autonome possono pertanto procedere al reclutamento di tali professionisti in relazione al solo periodo dell’emergenza epidemiologica in base a quanto disposto dagli articoli 2-bis e 2-ter del decreto in esame. Nel corso dell’esame al Senato, è stato approvato il comma 1-bis, che consente alle pubbliche amministrazioni, per tutta la durata del periodo emergenziale, di assumere, per l'esercizio di professioni sanitarie e per la qualifica di operatore socio sanitario, i cittadini di paesi extra UE titolari di un permesso di soggiorno che consente di lavorare, fermo restando ogni altro limite di legge. Al fine di segnalare le modifiche introdotte, è stata modificata la rubrica dell’articolo.

 

Per la durata dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 è pertanto consentito l’esercizio temporaneo di professioni sanitarie con qualifica conseguita all’estero per permettere a regioni e province autonome di attingere ad ulteriori risorse umane far fronte alle carenze di personale sanitario. A tal fine, gli interessati presentano istanza, corredata di un certificato di iscrizione all'albo dello Stato di provenienza, alle regioni e province autonome, le quali possono procedere al reclutamento temporaneo di tali professionisti ai sensi degli articoli 2-bis e 2-ter del provvedimento in esame (articoli inseriti al Senato, che riproducono gli artt. 1 e 2 del decreto legge 14/2020), nei limiti delle risorse previste dal medesimo decreto legge.

 

In sintesi, il citato articolo 2-bis consente il conferimento di incarichi di lavoro autonomo - anche di collaborazione coordinata e continuativa - della durata di sei mesi, prorogabili secondo necessità, agli iscritti agli albi delle professioni sanitarie, ivi compresi i medici, oltre che ai medici specializzandi agli ultimi anni, e la possibilità, da parte delle regioni, di conferire a personale medico e infermieristico in pensione, fino al 31 luglio 2020, incarichi di lavoro autonomo, con durata non superiore a 6 mesi e comunque entro il termine dello stato di emergenza. L’articolo 2-ter, inoltre, consente l’attribuzione di incarichi individuali a tempo determinato tramite selezione per titoli e colloquio per la durata di un anno non rinnovabile.

Le risorse rientrano nei limiti complessivamente indicati, dall’art. 17 del decreto legge 14/2020, in 660 milioni di euro per l’anno 2020, volti a finanziare, oltre che i sopra richiamati articoli 2-bis e 2-ter, anche gli articoli 2-sexies per l’incremento delle ore di specialistica ambulatoriale, e 4-bis per la costituzione di unità speciali di continuità assistenziale- Le risorse sono a valere sul finanziamento sanitario corrente stabilito per il medesimo anno 2020 e il cui riparto a regioni e province autonome è già stato effettuato con Decreto 10 marzo 2020. Si ricorda che il decreto legge 14/2020 è stato abrogato dall’em. 1.1000 del Governo, che ne ha trasfuso alcuni articoli nel corpo del provvedimento in esame e al contempo ha specificato che restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo decreto legge 14/2020.

 

Per il periodo indicato, l’esercizio temporaneo della professione sanitaria avviene in deroga agli articoli 49 sul riconoscimento dei titoli abilitanti all'esercizio delle professioni e 50 sugli esercenti le professioni sanitarie del DPR n. 394 del31 agosto 1999 n. 394 ed alle disposizioni di cui al decreto legislativo 6 novembre 2007 n. 206 che disciplina, tra l’altro, l’attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali.

 

In breve, l’esercizio della professione medica - e sanitaria più in generale – necessita in Italia dell'abilitazione all'esercizio della professione in considerazione della particolare importanza del bene tutelato, cioè la salute dell'individuo, e pertanto tale esercizio è consentito solo attraverso l'iscrizione di Albi professionali secondo le procedure stabilite dalla legge. Ciò implica che anche il nominativo del professionista con titolo conseguito all’estero deve essere inserito in appositi elenchi di cittadini stranieri che hanno ottenuto il riconoscimento di titoli abilitanti o per i quali non vi è ancora un ordine o un collegio, tenuti presso il Ministero della salute e aggiornati annualmente. Sono necessari, come presupposti all’iscrizione, oltre che la conoscenza della lingua italiana, la conoscenza delle speciali disposizioni che regolano l'esercizio professionale in Italia, verifica affidata al Ministero della salute e agli ordini e ai collegi professionali secondo modalità stabilite dallo stesso Ministero.

 

Nel corso dell’esame al Senato, è stato approvato il comma 1-bis, che, in deroga all'art. 38 del D.Lgs. 165/2001, consente alle pubbliche amministrazioni, per la tutta la durata del periodo emergenziale, di assumere, per l'esercizio di professioni sanitarie e per la qualifica di operatore socio sanitario, i cittadini di paesi extra UE titolari di un permesso di soggiorno che consente di lavorare, fermo restando ogni altro limite di legge. Al fine di segnalare le modifiche introdotte, è stata modificata la rubrica dell’articolo.

 

Il D. Lgs 165/2001 (Testo unico sul pubblico impiego) come modificato dalla legge 97/2013 (legge comunitaria 2013) ha esteso l’accesso al pubblico impiego, già previsto per i cittadini dell’Unione Europea, anche ai cittadini stranieri extracomunitari regolarmente soggiornanti (art. 38 del D.Lgs 165/2001), ma non a tutti indistintamente. In particolare la possibilità di svolgere un lavoro presso una pubblica amministrazione e? possibile per i lavoratori stranieri titolari di:

·      permesso di soggiorno UE per soggiornante di lungo periodo (ex carta di soggiorno);

·      status di rifugiato;

·       status di protezione sussidiaria

Possono, inoltre, accedere al pubblico impiego i familiari extracomunitari di cittadini dell’Unione europea, titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente.

L’accesso al pubblico impiego per i cittadini stranieri non e? stato esteso ai ruoli che, nelle amministrazioni pubbliche, implicano esercizio di pubblici poteri, ovvero attengono alla tutela dell’interesse nazionale.

 

Il testo unico in materia di immigrazione (D.Lgs. 286/1998) prevede diversi titoli di soggiorno che consentono lo svolgimento di una attività lavorativa, quali:

·      permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato;

·      permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato stagionale;

·      permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo;

·      permesso di soggiorno per attesa occupazione;

·      permesso di soggiorno per motivi familiari;

·      permesso di soggiorno UE per lungo soggiornanti (ex carta di soggiorno);

·      permesso di soggiorno per richiesta asilo;

·      permesso di soggiorno per asilo politico;

·      permesso di soggiorno per protezione sussidiaria;

·      permesso di soggiorno per motivi umanitari (in corso di validità al momento dell’approvazione del DL 113/2018 che lo ha abrogato);

·      permesso di soggiorno per “casi speciali” – regime transitorio (equivalente per la durata del regime transitorio al permesso per “motivi umanitari” abrogato);

·      permesso di soggiorno per “protezione speciale (introdotto dal DL 113/2018);

·      permesso di soggiorno per calamità (introdotto dal DL 113/18);

·      permesso di soggiorno per atti di particolare valore civile (introdotto dal DL113/18);

·      permesso di soggiorno per “casi speciali”;

·      protezione sociale ai sensi dell’art. 18 D.Lgs. 286/1998;

·      particolare sfruttamento lavorativo ai sensi dell’art 22 co. 12-quater DLgs 286/1998;

·      vittime di violenza domestica ai sensi dell’art. 18-bis D.Lgs. 286/1998;

·      permesso di soggiorno per apolidia.

 

Alcune categorie di permessi di soggiorno consentono l’attività lavorativa in condizioni particolari:

§  permesso di soggiorno per motivi di studio / formazione permesso di soggiorno per motivi di tirocinio;

§  permesso di soggiorno per assistenza minore;

§  permessi di soggiorno rilasciati in casi particolari di ingresso ex art. 27 del testo unico immigrazione;

§  permessi rilasciati per motivi di: ricerca scientifica;

§  attività sportiva;

§  lavoro di tipo artistico;

§  vacanza lavoro;

§  missione volontariato;

§  permesso di soggiorno per cure mediche;

§  permesso di soggiorno per cure mediche ex art. 19 co. 2 lett. d-bis D.Lgs. n. 286/1998 (introdotto dal DL n. 113/2018);

§  permesso di soggiorno per residenza.

 

Non consentono attività lavorativa i permessi di soggiorno per: turismo; motivi religiosi; giustizia; attesa cittadinanza; attesa apolidia.

 

 


 

Articolo 14
(Sorveglianza sanitaria)

 

 

Al fine di procedere ad una razionalizzazione delle disposizioni intervenute nell’attuale situazione emergenziale, l’articolo 14, modificato nel corso dell’esame al Senato, coordina il testo originario della norma in esame con quello dell’articolo 7 del decreto legge 14/2020, concernente lo stesso tema. Secondo quanto disposto dall’articolo in esame, nei confronti degli operatori sanitari, degli operatori dei servizi pubblici essenziali e dei dipendenti delle imprese che operano nell'ambito della produzione dei farmaci e dei dispositivi medici e diagnostici nonché delle relative attività di ricerca e della filiera integrata per i subfornitori, non si applica la misura della quarantena precauzionale anche nell’ipotesi di contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva. Tali lavoratori, sottoposti a sorveglianza, sospendono l’attività nel caso di sintomatologia respiratoria o esito positivo per Covid-19.

 

Nei confronti degli operatori sanitari, degli operatori dei servizi pubblici essenziali e dei dipendenti delle imprese che operano nell'ambito della produzione dei farmaci e dei dispositivi medici e diagnostici nonché delle relative attività di ricerca e della filiera integrata per i subfornitori, l’articolo 14, secondo la riformulazione introdotta al Senato, prevede la non  applicazione della misura della quarantena precauzionale (di cui all’art. 1, comma 2, lettera d), del decreto legge 19/2020), anche nell’ipotesi di contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva.

 

L’articolo in commento si riferisce alla misura della quarantena precauzionale (di cui all’art. 1, comma 2, lettera d), del decreto legge 19/2020), coordinando il disposto dell’art. 14 del provvedimento in esame, nel testo originario, e dell’art. 7 del decreto legge 14/2020. Queste due ultime disposizioni si riferivano entrambe alla misura della  quarantena  con  sorveglianza attiva di cui all’art. 1, comma 2, lettera h), del decreto legge 6/2020, applicata agli individui con intercorsi  contatti  stretti  con  casi confermati di malattia infettiva diffusiva, per i quali, la successiva lettera i) introduceva l'obbligo, all’ingresso  in  Italia  da  zone   a   rischio   epidemiologico, di comunicare  tale   circostanza   al   Dipartimento   di   prevenzione dell'azienda sanitaria competente  per  territorio, per  l'adozione  della misura di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva. Si ricorda che l’art. 1 del decreto legge 6/2020 è stato abrogato dall’art. 5, comma 1, lett. a) del decreto legge 19/2020.

La misura della quarantena con sorveglianza attiva è stata definita puntualmente dall’Ordinanza del Ministero della salute 21 febbraio 2020, come misura applicata in caso di: contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva COVID-19; di rientro in Italia da aree della Cina  interessate  dall'epidemia,  risalenti ai quattordici giorni precedenti. Ai sensi della citata ordinanza, è fatto obbligo di comunicare tali circostanze al Dipartimento di   prevenzione dell'azienda sanitaria territorialmente competente, che, acquisita la comunicazione, provvede all'adozione della misura della permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, ovvero, in presenza di condizione ostative, di misure alternative di efficacia equivalente. Come specificato in un comunicato del Ministero della salute, la sorveglianza attiva prevede contatti informativi quotidiani fra l'operatore di sanità pubblica e la persona in sorveglianza, finalizzati al monitoraggio della salute di quest’ultima, che, da parte sua, deve: mantenere lo stato di isolamento per quattordici giorni dall'ultima esposizione; non avere contatti sociali; sottostare al divieto di spostamenti e viaggi; rimanere raggiungibile per le attività di sorveglianza.

Successivamente, il D.p.c.m 8 marzo 2020, all’art. 3, comma 1, lettera m), ha fatto obbligo a chiunque, a partire dal quattordicesimo giorno antecedente  la data di pubblicazione del citato decreto, avesse fatto  ingresso  in Italia dopo aver soggiornato in zone a rischio  epidemiologico,  come identificate  dall'OMS (nelle quali rientravano già allora la regione Lombardia e le  province  di  Modena,  Parma,  Piacenza,  Reggio  nell'Emilia, Rimini,    Pesaro    e    Urbino,    Alessandria,    Asti,    Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso, Venezia) di comunicare  tale   circostanza   al   Dipartimento   di   prevenzione dell'azienda sanitaria competente per territorio nonché al  proprio medico di medicina generale ovvero al pediatra di libera  scelta. Ai sensi dell’art. 3, comma 2, lettere b), del citato decreto, l'operatore di sanità pubblica e i servizi di sanità pubblica territorialmente  competenti, accertata la necessità di avviare la sorveglianza sanitaria e l'isolamento fiduciario, informano dettagliatamente l'interessato sulle misure da adottare, illustrandone le modalità e le finalità. La misura continua ancora ad applicarsi nei termini originariamente previsti, come previsto dall’art. 2, comma 3, del decreto legge 19/2020[54].

Infine, il decreto Infrastrutture/Salute n. 120 del 17 marzo 2020, ha prescritto l’obbligo per le persone fisiche, fino al 25 marzo 2020, di comunicare al Dipartimento prevenzione della azienda sanitaria competente per territorio il loro ingresso in Italia e quindi di sottostare alla misura della sorveglianza sanitaria con isolamento fiduciario per un periodo di quattordici giorni.

Il decreto legge 19/2020, all’art. 1, comma 2, lettera d), ha poi introdotto la “quarantena precauzionale”, definendola come una misura applicabile ai soggetti che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva o che rientrano da aree, ubicate al di fuori del territorio italiano. La successiva lettera e) prescrive il divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena perché risultate positive al virus, senza tuttavia nulla aggiungere circa le procedure legate alla sorveglianza attiva.

 

Da quanto supra illustrato, risulta evidente, l’assenza di una definizione normativa univoca della misura qui descritta. Considerato che, nell’articolo in esame, si è inteso rinviare alla definizione utilizzata dal decreto legge 19/2020, provvedimento che elenca in via generale le misure emergenziali di conteninemento da declinare successivamente in maniera dettagliata nei casi specifici tramite successivi D.p.c.m. e ordinanze, sembrerebbe tuttavia opportuno utilizzare l’espressione “quarantena precauzionale” in maniera uniforme all’interno del provvedimento in esame (art. 6, comma 7; art. 26).

 

Più in particolare, la misura della quarantena precauzionale (di cui all’art. 1, comma 2, lettera d), del decreto legge 19/2020) non si applica:

a)      agli operatori sanitari;

b)     agli operatori dei servizi pubblici essenziali;

 

La disposizione in commento non chiarisce la definizione di “operatori dei servizi pubblici essenziali”. A tale proposito si può tuttavia richiamare la definizione utilizzata nell’articolo 1, comma 2, lettera k) del D.L. 6/2020 (Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito dalla legge n. 13/2020, che fa riferimento agli articoli 1 e 2 della legge n. 146/1990 (Norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati). Ai sensi delle richiamate disposizioni le attività svolte nell'ambito di un servizio pubblico essenziale sono qualificabili come essenziali solamente se sono direttamente attinenti all'esercizio del diritto costituzionale garantito dal servizio pubblico. Secondo quanto contenuto nell'art. 1 della richiamata L. 146/1990, sono servizi pubblici essenziali quelli volti alla tutela di diritti costituzionalmente garantiti in riferimento: al diritto alla vita, alla salute, alla tutela dell'ambiente e del patrimonio storico-artistico; alla libertà e sicurezza della persona; alla libertà di circolazione e di comunicazione; all'assistenza e previdenza sociale; all'istruzione. Nell'ambito dei suddetti servizi pubblici essenziali, l'art. 2 dispone che il diritto di sciopero è esercitato nel rispetto di misure dirette a consentire l'erogazione delle prestazioni indispensabili (concordate dalle amministrazioni e dalle imprese erogatrici dei servizi nei contratti collettivi o in appositi accordi) per garantire il contemperamento dell'esercizio del diritto di sciopero con il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati.

 

c)      ai dipendenti delle imprese che operano nell'ambito della produzione e dispensazione (quest’ultima non prevista nel testo originario) dei farmaci, dei dispositivi medici e diagnostici nonché delle relative attività di ricerca e della filiera integrata per i subfornitori.

 

Ai sensi dei co. 1 e 2 dell’art. 1 della legge 192/1998,“con il contratto di subfornitura un imprenditore si impegna a effettuare per conto di una impresa committente lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime forniti dalla committente medesima, o si impegna a fornire all'impresa prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o comunque ad essere utilizzati nell'ambito dell'attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso, in conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi forniti dall'impresa committente. Sono esclusi da tale definizione i contratti aventi ad oggetto la fornitura di materie prime, di servizi di pubblica utilità e di beni strumentali non riconducibili ad attrezzature”. La norma sulla subfornitura ora citata non limita l’ambito di applicazione all’incorporazione del prodotto o servizio nel bene finale, ma lo estende alle ipotesi di utilizzazione di questi nell’ambito dell’attività economica del committente.

 

 

Il comma 2 precisa che i lavoratori sopra elencati, sottoposti a sorveglianza, sospendono l’attività nel caso di sintomatologia respiratoria o esito positivo per COVID-19.

 

La formulazione del comma 2 appare contraddittoria. Poiché le categorie di lavoratori elencate dall’articolo in commento non sono sottoposte alla quarantena precauzionale, gli stessi lavoratori sembrerebbero non sottostare alla misura della sorveglianza attiva. Pertanto sembrerebbe più opportuno riformulare il comma 2, chiarendo che “i lavoratori sopra elencati, nel caso di sintomatologia respiratoria o esito positivo per COVID-19, sospendono l’attività e vengono sottoposti a sorveglianza sanitaria”.

 

 


 

Articolo 15
(Disposizioni straordinarie per l’autorizzazione alla produzione di
mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale)

 

 

Per far fronte alla situazione epidemiologica da Covid–19, limitatamente al periodo dell’emergenza, l’articolo15 consente di produrre, importare e immettere in commercio mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale (DPI) in deroga alle vigenti disposizioni. Tuttavia, al fine di avvalersi della suddetta deroga, i produttori e gli importatori delle mascherine chirurgiche, e coloro che li immettono in commercio, inviano all’Istituto superiore di sanita? (ISS) una autocertificazione nella quale attestano le caratteristiche tecniche delle mascherine e dichiarano che le stesse rispettano tutti i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa. Entro e non oltre 3 giorni dall’invio della citata autocertificazione, le aziende produttrici e gli importatori devono altresì trasmettere all’ISS ogni elemento utile alla validazione delle mascherine chirurgiche oggetto della stessa. L’ISS, nel termine di 3 giorni dalla ricezione di quanto sopra indicato, si pronuncia circa la rispondenza delle mascherine chirurgiche alle norme vigenti.

La stessa procedura è richiesta per i DPI; in questo caso l’ente di validazione è l’INAIL.

Qualora all’esito della valutazione effettuata dall’ISS per le mascherine chirurgiche e dall’INAIL per i DPI, i prodotti risultino non conformi, il produttore ne cessa immediatamente la produzione e all’importatore e? fatto divieto di immissione in commercio.

 

L’articolo 15 interviene per far fronte alla situazione emergenziale da COVID-19 connotata dalla oggettiva e grave carenza di mascherine chirurgiche e di dispositivi di protezione individuale (DPI). Pertanto, fermo restando quanto previsto dall’art. 5-bis del decreto in esame (ex articolo 34 del decreto legge 9/2020), la disposizione in commento, al comma 1, consente, fino al termine dello stato di emergenza (31 luglio 2020), di produrre, importare e immettere in commercio mascherine chirurgiche e DPI in deroga alle vigenti disposizioni.

Per gli elementi interpretativi, utili all’inquadramento dell’articolo in esame, si rinvia alla circolare del Ministero della salute del 18 marzo 2020.

 

L’art. 5-bis del decreto in esame (come detto ex art. 34 del decreto legge 9/2020) reca norme di deroga relative alle caratteristiche, alle procedure di acquisto e di pagamento delle mascherine chirurgiche e dei DPI. Più precisamente, il comma 3 dell’art. 5-bis consente, in coerenza con le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità ed in conformità alle attuali evidenze scientifiche, il ricorso alle mascherine chirurgiche quale dispositivo idoneo a proteggere gli operatori sanitari e prevede che siano utilizzabili, previa valutazione da parte dell’Istituto superiore di sanità (ISS), anche mascherine prive del marchio CE (marchio di conformità alle prescrizioni europee). Si sottolinea che l’articolo in commento e il successivo art. 16 introducono diverse tipologie di procedure di valutazione in deroga. Infine, si ricorda che l’art. 5 del decreto in esame (alla cui scheda si rinvia), per garantire la produzione e la fornitura di dispositivi medici e dispositivi individuali di protezione (DPI), autorizza il Commissario Straordinario per l’Emergenza ad erogare finanziamenti alle imprese produttrici di tali dispositivi mediante contributi a fondo perduto e in conto gestione, nonché finanziamenti agevolati. A partire dal 26 marzo 2020 si è pertanto potuto presentare la domanda a Invitalia. Possono accedere agli incentivi le imprese di tutte le dimensioni, costituite in forma societaria, localizzate sull’intero territorio nazionale, che dovranno realizzare un programma di investimenti, di valore compreso tra 200mila e 2 milioni di euro, che sarà agevolato fino al 75% con un prestito senza interessi (tasso zero). Previsto inoltre un sistema di premialità legato alla velocità di intervento, che trasforma il mutuo in fondo perduto al 100% se si conclude l’investimento in 15 giorni; al 50% se si conclude in 30 giorni; al 25% se si conclude in 60 giorni. All’ammissione del progetto è previsto inoltre un anticipo immediato del 60% delle agevolazioni, concesse senza garanzie.

Le mascherine chirurgiche e i DPI sono prodotti che fanno riferimento a categorie diverse: le mascherine chirurgiche sono dispositivi medici, sottoposti al controllo degli Uffici di Sanità Marittima, Aerea e di Frontiera (USMAF) e necessitano sia della marcatura CE ai sensi dei Regolamenti UE 745 e 746 del 2017, sia del nulla osta sanitario (NOS). I DPI sono invece apparecchiature destinate ad essere indossate dal lavoratore allo scopo di proteggerlo i rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute sul luogo di lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo. Nei DPI sono fra l’altro compresi guanti, occhiali, visiere, maschere protettive facciali filtranti e scarpe. I DPI per le vie respiratorie si diversificano in base al loro utilizzo anche se il comune obiettivo è quello di evitare o limitare l'ingresso di agenti potenzialmente pericolosi (fumi, polveri, fibre o microrganismi) nelle vie aeree. I DPI non rientrano tra le merci da sottoporre a sorveglianza sanitaria da parte degli USMAF. All’atto dell’immissione sul mercato dei DPI, i fabbricanti devono garantire che gli stessi siano stati progettati e fabbricati in conformità ai requisiti essenziali di salute e di sicurezza di cui all’allegato II del Regolamento UE 425/2016, redigendo la dichiarazione di conformità UE e apponendo sui DPI la marcatura CE.

Le Circolari del Ministero della salute n. 1997 del 22 gennaio 2020 e n. 2302 del 27 gennaio 2020 hanno fornito le prime indicazioni sulla gestione dei casi COVID-19 nelle strutture sanitarie, sull’utilizzo dei DPI per il personale sanitario e sugli standard di biosicurezza. Tali indicazioni sono state poi integrate dalla nota dello stesso Ministero del  22 febbraio 2020 che prescrive l’uso, per il personale sanitario in contatto con un caso sospetto o confermato di COVID-19, di DPI adeguati, consistenti in filtranti respiratori FFP2 (FFP3 per le procedure che generano aerosol), protezione facciale, camice e guanti. La stessa nota raccomanda anche alle Forze dell’ordine impegnate a garantire le misure di quarantena dei casi con COVID-19, di utilizzare idonei DPI adeguati alla tipologia di intervento.

Si ricorda infine che il 29 gennaio 2020,l’OMS ha pubblicato un documento dedicato all'uso delle mascherine chirurgiche nei vari contesti del focolaio di coronavirus, ovvero in ambienti comunitari, durante l'assistenza domiciliare e in ambito sanitario. Successivamente, il 27 febbraio 2020, l’Oms con un ulteriore documento ha invitato ad un uso razionale dei dispositivi di protezione individuale per l'epidemia di coronavirus. Nel documento, l'uso delle mascherine chirurgiche, insieme ad altri presidi quali camice, guanti e occhiali protettivi, viene indicato espressamente per l'assistenza di pazienti affetti da coronavirus e per i tecnici di laboratorio, in caso di manipolazione di campioni di materiali delle vie respiratorie. Per le procedure che possono generare aerosol, viene invece raccomandato il ricorso a DPI quali le maschere protettive con filtranti N95 o FFP2.

 

Il comma 2 illustra la procedura applicabile, in deroga alle vigenti disposizioni, per la produzione, per l’importazione e la commercializzazione delle mascherine chirurgiche durante il periodo emergenziale. Più precisamente i produttori e gli importatori delle mascherine chirurgiche, e coloro che le immettono in commercio avvalendosi della deroga prevista, inviano all’Istituto superiore di sanita? (ISS) una autocertificazione nella quale, sotto la propria esclusiva responsabilità, attestano le caratteristiche tecniche delle mascherine e dichiarano che le stesse rispettano tutti i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa.

 

Per facilitare il processo di autocertificazione, l’UNI, l’Ente italiano di normazione ha provveduto alla messa a disposizione gratuita delle norme UNI che definiscono i requisiti di sicurezza, di qualita? e i metodi di prova dei prodotti indispensabili per la prevenzione del contagio da COVID-19.

 

Entro e non oltre 3 giorni dall’invio della citata autocertificazione le aziende produttrici e gli importatori devono altresì trasmettere all’ISS ogni elemento utile alla validazione delle mascherine chirurgiche oggetto della stessa. L’ISS, nel termine di 3 giorni dalla ricezione di quanto sopra indicato, si pronuncia circa la rispondenza delle mascherine chirurgiche alle norme vigenti.

 

Un comunicato sul sito istituzionale dell’ISS, ha specificato che la deroga alla procedura ordinaria di certificazione dei dispositivi medici riguarda soltanto la tempistica e non gli standard tecnici e di qualità dei prodotti. A tale scopo all'interno dell’ISS è stato creato il “Gruppo di lavoro dispositivi medici COVID-19” incaricato di effettuare una valutazione per l’utilizzo in deroga, limitatamente a questo periodo di emergenza, di maschere facciali ad uso medico anche prive del marchio CE. Il Gruppo di lavoro coordina le attività, mantenendo contatti con il Ministero della Salute, la Protezione Civile, Confindustria Dispositivi Medici ed altri organi. A tal proposito, l’ISS invita a consultare approfonditamente la Nota esplicativa per la Procedura di importazione e/o produzione in deroga di maschere facciali ad uso medico predisposta dell’ISS. Inoltre, per quanto riguarda l’importazione di mascherine chirurgiche, l’Agenzia delle dogane con Direttiva n. 4 del 17 marzo ha chiarito che “le mascherine di vario genere che pervengono attraverso voli umanitari o che sono comunque destinate all’utilizzo da parte della Protezione Civile, Enti di Stato, Istituzioni impegnate in compiti di sanita? pubblica, Croce Rossa Italiana, indipendentemente dalla classificazione come dispositivo medico o dispositivo di protezione individuale, non devono essere sottoposte a controllo sanitario all’importazione da parte dell’USMAF-SASN territorialmente competente ne? al rilascio del relativo NOS. In tali casi e? onere dei destinatari sopra citati munirsi del parere favorevole da parte dell’ISS (Istituto Superiore di Sanita?) prima dell’utilizzo delle mascherine in questione, in attuazione dell’art. 34 del decreto legge 9/2020”. In ultimo, l’ordinanza 2 aprile 2020 del Ministero della salute ha perfezionato la procedura relativa all'importazione priva  di  finalità  commerciali  dei  beni  mobili  occorrenti  per contrastare  il  contagio  da  Covid-19,  tra  cui  gli  strumenti  e apparecchi sanitari  e  dispositivi  di  ventilazione,  destinati  ai soggetti sopra ricordati (Regioni e Province, enti territoriali, Protezione civile, Servizi pubblici essenziali, etc.)  con  la riserva di produrre agli Uffici della dogana il nulla osta  sanitario del competente USMAF entro cinque giorni lavorativi dopo lo  svincolo della merce. Inoltre, dovrà essere garantita  la  costante  tracciabilità  dei  beni importati con tale procedura e gli  stessi non potranno essere messi in esercizio prima dell'ottenimento  del  nulla osta sanitario del competente USMAF.

 

Il comma 3 reca la procedura richiesta, in deroga alle vigenti disposizioni, per la produzione, l’importazione e la commercializzazione dei dispositivi di protezione individuale (DPI) durante il periodo emergenziale. A tal fine si prevede che i produttori, gli importatori dei DPI e coloro che li immettono in commercio, avvalendosi della deroga ivi prevista, inviano all’INAIL una autocertificazione nella quale, sotto la propria esclusiva responsabilità, attestano le caratteristiche tecniche dei citati dispositivi e dichiarano che gli stessi rispettano tutti i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa.

 

L’INAIL ha provveduto a fornire informazioni circa la procedura di validazione straordinaria e le norme tecniche che i DPI devono rispettare.

 

Entro e non oltre 3 giorni dall’invio della citata autocertificazione, le aziende produttrici e gli importatori devono altresì trasmettere all’INAIL ogni elemento utile alla validazione dei dispositivi di protezione individuale oggetto della stessa. L’INAIL, nel termine di 3 giorni dalla ricezione di quanto indicato nel comma in commento, si pronuncia circa la rispondenza dei dispositivi di protezione individuale alle norme vigenti.

 

Un comunicato sul sito dell’INAIL fornisce le istruzioni operative per la richiesta di validazione in deroga alle procedure ordinarie, chiarendo che la deroga si applica solo ai DPI funzionali a mitigare i rischi connessi all’emergenza sanitaria in corso, che vengono indicati in una tabella allegata alle istruzioni operative. Nel comunicato, l’Istituto chiarisce che la deroga attiene esclusivamente alla procedura di validazione e alla relativa tempistica.

 

Il comma 4 prevede che qualora all’esito della valutazione effettuata dall’ISS per le mascherine chirurgiche e dall’INAIL per i DPI, i prodotti risultino non conformi alle vigenti norme, impregiudicata l’applicazione delle disposizioni in materia di autocertificazione, il produttore ne cessa immediatamente la produzione e all’importatore e? fatto divieto di immissione in commercio.

 

Per quanto riguarda l’importazione, a seguito dell’ordinanza n. 6 del Commissario straordinario del 28 marzo 2020, l’Agenzia delle Dogane con determinazione direttoriale del 30 marzo 2020 ha previsto lo sdoganamento con svincolo diretto per l’importazione di DPI necessari per l’emergenza sanitaria da Coronavirus. Lo sdoganamento con svincolo diretto per l’importazione di merci necessarie a fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 è autorizzata qualora i dispositivi di protezione individuale (DPI) nonché i beni mobili di qualsiasi genere siano destinati a:Regioni e Province autonome; Enti territoriali locali; Pubbliche amministrazioni; strutture ospedaliere pubbliche ovvero private accreditate e/o inserite nella rete regionale dell’emergenza; soggetti che esercitano servizi pubblici essenziali, di pubblica utilità e/o di interesse pubblico come individuati dal D.P.C.M. 11 marzo 2020, dal D.P.C.M. 22 marzo 2020 e dal D.M. 25 marzo 2020 del Ministero dello Sviluppo economico.

L’accesso alla procedura dello sdoganamento con svincolo diretto è subordinato alla presentazione di una autocertificazione, resa dall’effettivo destinatario della merce, in cui quest’ultimo attesta che i beni oggetto dell’importazione sono destinati ad uno dei soggetti indicati. Sulle merci importate, inoltre, è autorizzata la sospensione - a decorrere dal 1° febbraio 2020 - dal pagamento dei dazi e dell’IVA all’importazione.

Al proposito, andrebbe chiarito se la validazione in deroga alle procedure ordinarie debba essere applicata anche all’importazione dei DPI senza marcatura CE.

 


 

Articolo 16
(Ulteriori misure di protezione in favore dei lavoratori
e della collettività)

 

 

L’articolo 16 reca, ai fini del contenimento della diffusione del virus COVID-19, alcune norme transitorie sull’uso, negli ambienti di lavoro in generale, di mascherine chirurgiche e sull’uso, nell’ambito dell’intera collettività, di mascherine filtranti, nonché sulle tipologie ammesse (per gli impieghi suddetti) dei due dispositivi.

 

Le norme transitorie di cui al presente articolo si applicano (sull’intero territorio nazionale) fino al termine dello stato di emergenza in oggetto (termine che, in base alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, scade il 31 luglio 2020).

In particolare, in tale ambito temporale, il comma 1 include le mascherine chirurgiche reperibili in commercio tra i dispositivi di protezione individuale (DPI), con riferimento a tutti i casi in cui i lavoratori, nello svolgimento della loro attività, siano oggettivamente impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di almeno un metro. Al riguardo, mediante il richiamo del comma 3 del precedente articolo 5-bis si consente il ricorso anche a mascherine prive del marchio CE (marchio di conformità alle prescrizioni europee), previa valutazione da parte dell’Istituto superiore di sanità; il suddetto richiamo è stato inserito dal Senato in sostituzione del richiamo (sostanzialmente equivalente) dell’articolo 34, comma 3, del D.L. 2 marzo 2020, n. 9 (D.L. di cui l’articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente D.L. n. 18, come modificato dal Senato, dispone l’abrogazione, con salvezza degli effetti già prodottisi).

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 74, comma 1, del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, la nozione generale dei dispositivi di protezione individuale per i lavoratori è costituita dall’attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante la sua attività, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo. Per le attrezzature che rientrano in tale nozione si applicano gli obblighi previsti dal medesimo D.Lgs. n. 81 del 2008.

Come norma transitoria generale, il comma 2 dell’articolo 5-bis del presente D.L. n. 18 (identico al comma 2 del citato articolo 34 del D.L. n. 9 del 2020, che viene ora abrogato) consente, con riferimento allo stato di emergenza in oggetto e fino al relativo termine finale (posto, come detto, al 31 luglio 2020), l'impiego di dispositivi di protezione individuali di efficacia protettiva analoga a quella prevista (per i medesimi dispositivi di protezione individuale) dalla normativa vigente, previa valutazione dell'efficacia da parte del Comitato tecnico-scientifico istituito ai sensi dell'articolo 2 dell'ordinanza n. 630 del 3 febbraio 2020 del Capo del Dipartimento della protezione civile.

Riguardo alle mascherine chirurgiche, il comma 3 dell’articolo 5-bis del presente D.L. n. 18 (identico al comma 3 del citato articolo 34 del D.L. n. 9 del 2020, che viene ora abrogato) consente, in relazione al suddetto stato di emergenza, in coerenza con le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità ed in conformità alle attuali evidenze scientifiche, il ricorso alle mascherine chirurgiche quale dispositivo idoneo a proteggere gli operatori sanitari e prevede che siano utilizzabili, previa valutazione da parte dell’Istituto superiore di sanità, anche mascherine prive del summenzionato marchio CE.

 

Il comma 2 del presente articolo 16 consente, fino al termine del suddetto stato di emergenza, l’impiego, da parte delle persone presenti sull’intero territorio nazionale, di mascherine filtranti prive del marchio CE e prodotte in deroga alle vigenti norme sull'immissione in commercio.

 

 


 

Articolo 17
(Disposizioni urgenti in materia di sperimentazione dei medicinali per l'emergenza epidemiologica da COVID-19 - ABROGATO)

 

L’articolo 40 del D.L. 8 aprile 2020, n. 23, ha abrogato (a decorrere dal 9 aprile 2020[55]) il presente articolo 17, la cui disciplina è stata assorbita da quella posta dal medesimo articolo 40.

Si ricorda che le norme in oggetto concernono la sperimentazione clinica dei farmaci, con riferimento a pazienti affetti dal virus COVID-19, nonché l’uso compassionevole[56] dei farmaci in fase di sperimentazione destinato ai medesimi pazienti. Le misure hanno la finalità di migliorare la capacità di coordinamento e di analisi delle evidenze scientifiche disponibili e trovano applicazione limitatamente al periodo di durata dello stato di emergenza relativo al suddetto virus (la delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 ha dichiarato lo stato di emergenza per 6 mesi, a decorrere dalla medesima delibera).

 


 

Articolo 17-bis
(Disposizioni sul trattamento dei dati personali
nel contesto emergenziale)

 

 

L’articolo 17-bis contiene una serie di disposizioni relative al trattamento dei dati personali nel contesto dall’emergenza sanitaria a carattere transfrontaliero determinata dalla diffusione del Covid-19. In particolare si stabiliscono regole semplificate in materia di comunicazione e diffusione dei dati, designazione dei soggetti autorizzati ed informativa.

 

L’articolo riproduce il contenuto dell’articolo 14 del decreto legge n. 14 del 2020, abrogato dall’articolo 1, comma 1-bis, del disegno di legge di conversione del decreto legge in esame.

Il DL n. 14 del 2020, entrato in vigore il 10 marzo 2020, è stato presentato alla Camera per la conversione in legge (AC 2428), ma l’esame parlamentare non è mai iniziato. Il Senato ha previsto, all’articolo 1, comma 1-bis, del disegno di legge di conversione, l’abrogazione del suddetto decreto-legge, con la salvaguardia degli atti compiuti e degli effetti prodottisi durante la vigenza del decreto stesso.

In particolare il comma 1, amplia il novero di soggetti cui è consentito effettuare trattamenti dei dati personali, inclusa la comunicazione di tali dati tra i medesimi soggetti, che risultino necessari all'espletamento delle funzioni attribuite nell'ambito dell'emergenza determinata dal diffondersi del COVID-19. I trattamenti possono riguardare anche le particolari categorie di dati cui appartengono quelli relativi alla salute nonché quelli relativi alle condanne penali e ai reati (artt. 9 e 10 del Regolamento 2016/678 UE)

I soggetti abilitati ai trattamenti sono:

§  soggetti operanti nel Servizio nazionale di protezione civile, di cui agli articoli 4 e 13 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1;

 

Il Codice della protezione civile (D.Lgs. 1 del 2018) stabilisce che lo Stato, le Regioni e le Province autonome e gli enti locali sono componenti del Servizio nazionale e provvedono all'attuazione delle attività di protezione civile, volte alla previsione, prevenzione e mitigazione dei rischi, e alla gestione delle emergenze (art. 4).
L'attuazione di tali attività è effettuata attraverso le seguenti strutture operative del Servizio nazionale della protezione civile. Oltre al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che opera quale componente fondamentale del Servizio nazionale della protezione civile, sono strutture operative nazionali:
a) le Forze armate;
b) le Forze di polizia;
c) gli enti e istituti di ricerca di rilievo nazionale con finalità di protezione civile, anche organizzati come centri di competenza, l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e il Consiglio nazionale delle ricerche;
d) le strutture del Servizio sanitario nazionale;
e) il volontariato organizzato di protezione civile iscritto nell'elenco nazionale del volontariato di protezione civile, l'Associazione della Croce rossa italiana e il Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico;
f) il Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente;
g) le strutture preposte alla gestione dei servizi meteorologici a livello nazionale;
g-bis) le articolazioni centrali e periferiche del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo appositamente organizzate per la gestione delle attività di messa in sicurezza e salvaguardia del patrimonio culturale in caso di emergenze derivanti da calamità naturali.
Le Regioni, relativamente ai rispettivi ambiti territoriali, e nei limiti delle competenze loro attribuite, possono individuare proprie strutture operative regionali del Servizio nazionale, in ambiti operativi diversi da quelli di riferimento delle strutture nazionali (art. 13).

§  i soggetti attuatori di cui all'articolo 1 dell'ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile 3 febbraio 2020, n. 630;

 

L’articolo 1 della citata ordinanza prevede che per fronteggiare l’emergenza derivante dal rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, il Capo del Dipartimento della Protezione civile assicura gli interventi necessari, avvalendosi del medesimo Dipartimento, delle componenti e delle strutture operative del Servizio nazionale della protezione civile, nonché di soggetti attuatori individuati anche tra gli enti pubblici economici e non economici e soggetti privati che agiscono sulla base di specifiche direttive, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

§  gli uffici del Ministero della salute e dell'Istituto Superiore di Sanità;

 

L'Istituto superiore di sanità, è un ente di diritto pubblico che, in qualità di organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale, svolge funzioni di ricerca, sperimentazione, controllo, consulenza documentazione e formazione in materia di salute pubblica. L'Istituto è posto sotto la vigilanza del Ministero della salute.

§  le strutture pubbliche e private che operano nell'ambito del Servizio sanitario nazionale

§  i soggetti deputati a monitorare e a garantire l'esecuzione delle misure disposte ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13.

 

Ai sensi dell’articolo 3, comma 5 del citato D.L. 6/2020, il Prefetto, informando preventivamente il Ministro dell’interno, assicura l’esecuzione delle misure avvalendosi delle Forze di polizia e, ove occorre, delle Forze armate, sentiti i competenti comandi territoriali.

 

La Relazione illustrativa specifica che l’ampliamento del novero dei soggetti che effettuano trattamenti di dati personali in relazione alla gestione dell’emergenza sanitaria, risponde tra l’altro all’esigenza “di utilizzare anche tecnologie alternative, come la tracciatura dei telefoni e delle geolocalizzazioni per tentare di ricostruire le «catene» dei contagi, al fine di mettere in pratica le misure di contenimento più precise e funzionali nel più breve tempo possibile”.

 

Il trattamento dei dati deve essere effettuato nel rispetto:

§  delle disposizioni del Regolamento UE 2016/679 concernenti il trattamento di categorie particolari di dati (tra i quali vi sono quelli relativi alla salute) e dati relativi a condanne penali e reati con particolare riferimento ai presupposti in presenza dei quali tali dati possono essere legittimamente trattati;

§  delle disposizioni del D.lgs. n. 196 del 2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali) concernenti il trattamento di categorie particolari di dati personali necessario per motivi di interesse pubblico rilevante.

 

Si ricorda che l’articolo 9, par. 1, del Regolamento (UE) 2016/679, individua particolari categorie di dati personali dei quali è vietato il trattamento. Tra questi sono espressamente richiamati quelli relativi alla salute della persona. Lo stesso articolo 9, par. 2, del Regolamento, peraltro, individua i presupposti in presenza dei quali tali dati possono essere legittimamente trattati. Il trattamento è consentito se trova fondamento nel consenso esplicito dell’interessato ovvero nella necessità del trattamento stesso per una serie di motivi tassativamente elencati. In particolare il trattamento può definirsi necessario quando è svolto:

·      per motivi di interesse pubblico rilevante sulla base del diritto dell’Unione o degli Stati membri, che deve essere proporzionato alla finalità perseguita, rispettare l’essenza del diritto alla protezione dei dati e prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi dell’interessato(lett g);

·      per finalità di diagnosi, assistenza o terapia sanitaria o sociale ovvero gestione dei sistemi e servizi sanitari o sociali (lett.h);

·      per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica, quali la protezione da gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero o la garanzia di parametri elevati di qualità e sicurezza dell’assistenza sanitaria e dei medicinali e dei dispositivi medici, sulla base del diritto dell’Unione o degli Stati membri che prevede misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti e le libertà dell’interessato, in particolare il segreto professionale (lett i);

L’articolo 10 del citato Regolamento specifica che il trattamento dei dati personali relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza, deve avvenire soltanto sotto il controllo dell'autorità pubblica o, se il trattamento è autorizzato dal diritto dell'Unione o degli Stati membri, deve prevedere garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati.

L’articolo 2-sexies, del D.lgs, n. 196 del 2003 (Codice per la protezione dei dati personali) disciplina il trattamento delle categorie particolari di dati personali necessario per motivi di interesse pubblico rilevante, consentendolo solo se previsto dal diritto dell’Unione europea ovvero, nell’ordinamento interno, da disposizioni di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento, che specifichino i tipi di dati che possono essere trattati, le operazioni eseguibili e il motivo di interesse pubblico rilevante. Al riguardo il comma 2 del citato articolo elenca le ipotesi in cui, con riguardo alla legislazione vigente, l’interesse pubblico può considerarsi rilevante, in relazione a trattamenti effettuati da soggetti che svolgono compiti di interesse pubblico o connessi all'esercizio di pubblici poteri nelle seguenti materie: attività amministrative e certificatorie correlate a quelle di diagnosi, assistenza o terapia sanitaria o sociale (lett. t);compiti del servizio sanitario nazionale e dei soggetti operanti in ambito sanitario, nonché compiti di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro e sicurezza e salute della popolazione, protezione civile, salvaguardia della vita e incolumità fisica (lett. u).

 

 

Il comma 2 consente,nei casi in cui ciò risulti indispensabile ai fini dello svolgimento delle attività connesse alla gestione dell’emergenza sanitaria in atto:

§  la comunicazione dei dati personali, anche appartenenti alle particolari categorie di dati comprendenti quelli relativi alla salute o alle condanne penali o reati, a soggetti pubblici e privati diversi da quelli individuati al comma 1;

La Relazione illustrativa specifica che il fine delle disposizioni è quello di consentire la comunicazione dei dati ai dirigenti degli uffici pubblici, ivi inclusi quelli giudiziari, nonché ai dirigenti scolastici e ai dirigenti delle aziende private e, in generale, a tutti coloro i quali, ricoprendo il ruolo di datori di lavoro, hanno il dovere di adottare ogni misura di sorveglianza nonché precauzionale (ad es. sanificazione, separazione del lavoro) all’interno delle strutture/degli uffici di cui sono responsabili.

 

§  la diffusione dei dati personali diversi da quelli appartenenti alle particolari categorie di dati tra i quali appartengono quelli alla salute nonché quelli relativi a condanne penali o reati (di cui agli articoli 9 e 10 del Regolamento Ue 2016/679).

 

Con riguardo alle definizioni di comunicazione e di diffusione dei dati, si ricorda che il D. lgs. n. 196 del 2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali) fa riferimento quanto alla comunicazione, alla messa a conoscenza dei dati a soggetti determinati e, quanto alla diffusione, alla messa a conoscenza a soggetti indeterminati (art. 2-ter).

 

Il comma 3 ribadisce che i trattamenti di dati personali di cui ai commi 1 e 2 sono effettuati nel rispetto dei principi generali sul trattamento dei dati personali, di cui all’articolo 5 del regolamento (UE) 2016/679, adottando misure appropriate a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati.

Secondo quanto previsto dall’articolo 5 del Regolamento (UE) 2016/679 ogni trattamento di dati personali deve avvenire nel rispetto dei principi fissati, che qui si ricordano brevemente:

·      liceità, correttezza e trasparenza del trattamento, nei confronti dell’interessato;

·      limitazione della finalità del trattamento, compreso l’obbligo di assicurare che eventuali trattamenti successivi non siano incompatibili con le finalità della raccolta dei dati;

·      minimizzazione dei dati: ossia, i dati devono essere adeguati pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità del trattamento;

·      esattezza e aggiornamento dei dati, compresa la tempestiva cancellazione dei dati che risultino inesatti rispetto alle finalità del trattamento;

·      limitazione della conservazione: ossia, è necessario provvedere alla conservazione dei dati per un tempo non superiore a quello necessario rispetto agli scopi per i quali è stato effettuato il trattamento;

·      integrità e riservatezza: occorre garantire la sicurezza adeguata dei dati personali oggetto del trattamento.

Il Regolamento (articolo 5, paragrafo 2) richiede al titolare di rispettare tutti questi principi e di essere “in grado di comprovarlo”. Si tratta del principio detto di “responsabilizzazione” (o accountability) che viene poi esplicitato ulteriormente dall’articolo 24, paragrafo 1, del Regolamento.

 

 

Il comma 4 prevede la possibilità, per i soggetti di cui al comma 1,di conferire con modalità semplificate, anche in forma orale,l’attribuzione di compiti e funzioni connessi al trattamento di dati personali a persone fisiche, espressamente designate, che operano sotto la loro autorità (ai sensi dell’articolo 2-quaterdecies del D. lgs. 30 giugno 2003, n. 196).

Si ricorda che l’art. 2-quaterdecies del D.lgs. n. 196 del 2003 dispone che il titolare o il responsabile del trattamento possano prevedere, sotto la propria responsabilità e nell’ambito del proprio assetto organizzativo, che specifici compiti e funzioni connessi al trattamento di dati personali siano attribuiti a persone fisiche, espressamente designate, che operano sotto la loro autorità. Il titolare o il responsabile del trattamento individuano le modalità più opportune per autorizzare al trattamento dei dati personali le persone che operano sotto la propria autorità.

 

Il comma 5 nel contesto emergenziale determinato dal diffondersi del Covid-19, consente ai soggetti di cui al comma 1 di omettere l’informativa agli interessati al trattamento dei dati - prescrittadall’articolo13 del Regolamento europeo - o di fornire una informativa semplificata, previa comunicazione orale agli interessati della limitazione effettuata.

Il Regolamento europeo prevede che, in base alla finalità del trattamento, il titolare debba fornire agli interessati, prima del trattamento, le informazioni richieste dalle norme avviene tramite l'informativa (artt. 13 e 14).

L’articolo 13 elenca le informazioni da fornire quando i dati personali sono raccolti presso l’interessato, che dovrebbe ricevere le informazioni relative al trattamento di dati personali che lo riguardano al momento della raccolta presso l’interessato o, se i dati sono ottenuti da altra fonte, entro un termine ragionevole, in funzione delle circostanze del caso.

 

La limitazione al diritto dell’interessato ad ottenere l’informativa è effettuata ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, lettera e), del Regolamento (UE) 2016/679, il quale consente agli Stati di limitare i diritti degli interessati (tra cui anche il diritto all’informativa) per salvaguardare obiettivi di interesse pubblico generale quali la sanità pubblica.

L’articolo 23 del Regolamento attribuisce agli Stati membri cui è soggetto il titolare del trattamento o il responsabile del trattamento la facoltà di limitare, mediante misure legislative, la portata degli obblighi e dei diritti, da 12 a 22 e 34 del Regolamento, qualora tale limitazione rispetti l'essenza dei diritti e delle libertà fondamentali e sia una misura necessaria e proporzionata in una società democratica per salvaguardare, tra l’altro importanti obiettivi di interesse pubblico generale dell'Unione o di uno Stato membro, in particolare un rilevante interesse economico o finanziario dell'Unione o di uno Stato membro, anche in materia monetaria, di bilancio e tributaria, di sanità pubblica e sicurezza sociale.

Con la disposizione in esame si introduce una deroga ulteriore rispetto a quanto previsto dall’articolo 82del D. lgs. 30 giugno 2003, n. 196, che prevede la possibilità di rendere l’informativa sul trattamento dati successivamente all’erogazione della prestazione sanitaria nel caso di emergenza sanitaria o di igiene pubblica per la quale la competente autorità ha adottato un'ordinanza contingibile ed urgente.

 

Il comma 6, specifica che, al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, i soggetti di cui al comma 1 adotteranno misure idonee a ricondurre i trattamenti di dati personali effettuati nel contesto dell’emergenza, all’ambito delle ordinarie competenze e delle regole che disciplinano i trattamenti di dati personali.

Al riguardo, si segnala che la disposizione in esame risponde a quanto suggerito dal Garante per la protezione dei dati personali nel parere del 2 febbraio 2020. Tale parere è stato reso sulla bozza di ordinanza del dipartimento della Protezione Civile, conseguente alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 e recante “disposizioni urgenti di protezione civile in relazione all’emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibiliin merito a disposizioni in larga parte coincidenti con quelle dell’articolo 14 in esame.

Il Garante, nell’esprimere parere favorevole, ha evidenziato “la necessità che, alla scadenza del termine dello stato di emergenza, siano adottate da parte di tutte le Amministrazioni coinvolte negli interventi di protezione civile di cui all’ordinanza, misure idonee a ricondurre i trattamenti di dati personali effettuati nel contesto dell’emergenza, all’ambito delle ordinarie competenze e delle regole che disciplinano i trattamenti di dati personali in capo a tali soggetti”.


 

Articolo 17-ter, commi 1 e 2
(Disposizioni per le Regioni a statuto speciale e province autonome di Trento e Bolzano e per le Aziende Ospedaliere Universitarie)

 

 

L’articolo 17-ter, inserito durante l’esame al Senato, stabilisce che le disposizioni sul potenziamento del SSN si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, tenendo conto delle peculiarità dei rispettivi ordinamenti e, ove non diversamente previsto, entro i limiti delle rispettive disponibilità di bilancio (comma 1).

Il comma 2 è diretto a precisare l’estensione di alcune disposizioni del presente decreto, relative a regimi più favorevoli per gli incentivi e per l’assunzione del personale medico e sanitario, anche alle aziende ospedaliere universitarie nelle tipologie previste dalla normativa vigente, ossia derivanti da policlinici universitari (aziende ospedaliere universitarie integrate con il SSN) o derivanti da presidi ospedalieri che operano in strutture di pertinenza di Università (aziende ospedaliere integrate con Università), presenti nelle Regioni a statuto speciale e province autonome.

 

Più in dettaglio l’obiettivo è di estendere anche alle aziende ospedaliere universitarie, e in particolare al personale universitario impegnato nelle attività assistenziali, le disposizioni di cui agli articoli 1 (incentivi in favore del personale dipendente), 2-bis (assunzioni straordinarie di specializzandi e conferimento di incarichi di lavoro autonomo a personale sanitario), 2-ter (conferimento di incarichi di individuali a tempo determinato al personale delle professioni sanitarie e agli operatori sociosanitari), 2-quater (rideterminazione dei piani di fabbisogno del personale), 5-sexies (rimodulazione o sospensione delle attività di ricovero e ambulatoriali differibili e non urgenti) e 12 (permanenza in servizio del personale sanitario) del presente decreto, in base alle modalità stabilite con Intesa tra l'università di riferimento e le Regioni, entro i limiti del finanziamento sanitario corrente come rideterminato in aumento dalle disposizioni del presente decreto.

La norma fa esplicito riferimento alle tipologie di aziende ospedaliere individuate dalla normativa vigente di cui all'articolo 2, comma 2, lett. a) e b) del D. Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, vale a dire, rispettivamente, aziende ospedaliere integrate con il SSN derivanti da policlinici universitari a gestione diretta e aziende ospedaliere integrate con Università, costituite mediante trasformazione dei presidi ospedalieri nei quali insiste la prevalenza del corso di laurea in Medicina e Chirurgia, anche operanti in strutture di pertinenza delle Università.

 

In proposito si ricorda che l’art. 6 del D.Lgs. n. 502 del 1992, che disciplina i rapporti tra Servizio sanitario nazionale ed Università, prevede che l’apporto alle attività assistenziali del Servizio sanitario nazionale delle facoltà di Medicina e Chirurgia sia regolamentato mediante specifici protocolli d’intesa fra le Regioni e le Università. Di conseguenza il Decreto ministeriale del 31 luglio 1997 ha definito le linee guida con le quali Università e Regioni stipulano i corrispondenti protocolli d’Intesa. Pertanto, nel rispetto delle loro finalità istituzionali, didattiche e scientifiche, le Università si inseriscono nell’organizzazione delle Aziende sanitarie, nei modi stabiliti dalle predette Linee guida.

Si precisa che la norma in esame si profila necessaria in ragione delle differenze che esistono tra le aziende ospedaliere-universitarie e i Policlinici universitari, costituiti in Aziende dell’Università, che operano secondo modalità organizzative e gestionali determinate, ai sensi dell’articolo 4, comma 5, del citato D.lgs n. 502/92. I modelli e le modalità di organizzazione delle Aziende ospedaliere in cui insiste la prevalenza del percorso formativo del triennio clinico della facoltà di Medicina e Chirurgia (cd. “Aziende miste”), sono definiti dal direttore generale delle Aziende nell’ambito degli indirizzi regionali in modo da assicurare il pieno svolgimento delle funzioni didattiche e scientifiche della facoltà di Medicina e Chirurgia. In particolare, le Università partecipano con la facoltà di Medicina e Chirurgia alle strutture assistenziali di tipo dipartimentale nelle quali siano presenti Unità operative a direzione universitaria. L’organizzazione delle strutture dipartimentali in cui sono presenti Unità operative a direzione universitaria e le procedure di nomina dei responsabili sono stabilite dal direttore generale, d’intesa con il Rettore. Per permettere la partecipazione delle Università ai risultati della gestione delle Aziende miste, l’organizzazione interna delle facoltà di Medicina e Chirurgia, per quanto attiene ai fini istituzionali di integrazione tra assistenza didattica e ricerca, è stabilita dalle Università in coerenza con le previsioni dei protocolli d’intesa, ai fini dell’efficienza e dell’efficacia delle attività istituzionali.

 

 


 

Articolo 17-quater
(Proroga della validità delle tessere sanitarie)

 

 

L’articolo 17-quater - inserito dal Senato - costituisce la trasposizione del disposto di cui all’articolo 12 del D.L. 2 marzo 2020, n. 9 (D.L. di cui l’articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente D.L. n. 18, come modificato dal Senato, dispone l’abrogazione, con salvezza degli effetti già prodottisi). .

L’articolo in esame proroga al 30 giugno 2020 la scadenza delle tessere sanitarie aventi una scadenza precedente a tale data. La proroga opera anche per la componente della Carta Nazionale dei Servizi (TS-CNS), ma non è efficace per la Tessera europea di assicurazione malattia, riportata sul retro della Tessera Sanitaria medesima. Si prevede, inoltre, che il Ministero dell'economia e delle finanze renda disponibili telematicamente copie provvisorie delle tessere sanitarie, in caso di nuova emissione o richiesta di duplicato, quando si riscontrino difficoltà nella consegna all'assistito. La copia provvisoria non assolve alle funzionalità di cui alla componente Carta Nazionale dei Servizi (CNS).

 

L'articolo 50 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni - richiamato dall'articolo in esame - stabilisce che il Ministero dell'economia e delle finanze provveda, a partire dal 1° gennaio 2004, alla generazione e alla progressiva consegna della Tessera Sanitaria (TS) a tutti i soggetti titolari di codice fiscale. La TS reca il codice fiscale del titolare, quale unico requisito necessario per l'accesso alle prestazioni a carico del Servizio sanitario nazionale. Il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 11 marzo 2004 definisce le caratteristiche tecniche della tessera sanitaria (TS). Successivamente, l'art. 11, comma 15, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122 - anch'esso richiamato dall'articolo in esame - ha disciplinato l'evoluzione della TS verso la Tessera Sanitaria - Carta nazionale dei servizi (TS-CNS)[57], demandandone la generazione e la progressiva consegna al medesimo Ministero dell'economia e delle finanze. Il decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione 20 giugno 2011 ha dettato le modalità di assorbimento della Tessera Sanitaria nella Carta nazionale dei servizi, specificando, tra l'altro, nell'allegato 1, le caratteristiche tecniche della componente CNS della TS-CNS. 

La Tessera europea di assicurazione malattia (TEAM) è riportata sul retro della Tessera Sanitaria (decreto 11 marzo 2004, Allegato A, come modificato dal decreto 25 febbraio 2010). Come sopra ricordato, la proroga della scadenza al 30 giugno 2020 non è efficace per la TEAM.

 

Come accennato, l'articolo 17-quater in esame prevede altresì che, in caso di difficoltà di consegna della TS di nuova emissione o di un duplicato della stessa, il Ministero dell'economia e delle finanze ne renda disponibile in via telematica una copia provvisoria presso l'ASL di assistenza oppure tramite portale www.sistemats.it (il portale del Sistema Tessera Sanitaria), con specifiche funzionalità del portale realizzate d'intesa con il Ministero della salute e sentito il Garante per la protezione dei dati personali.

 

 

 

 

 

 

 


 

Articolo 18
(
Rifinanziamento fondi)

 

 

Al fine di procedere ad una razionalizzazione delle disposizioni intervenute nell’attuale situazione emergenziale, l’articolo 18, modificato al Senato, coordina il testo originario della norma in esame con quello dell’articolo 17 del decreto legge 14/2020. Viene quindi disposto un incremento di 1.410 milioni di euro del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard sia in relazione agli interventi previsti per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale di cui al Titolo in esame (750 milioni), sia in relazione agli interventi di contrasto alla emergenza COVID-19 previsti dalle corrispondenti misure del decreto legge 14/ 2020 (660 milioni), ora assorbite dal decreto in esame.

 

Al fine di procedere ad una razionalizzazione normativa, il primo periodo del comma 1 dell’articolo 18, secondo la modifica introdotta al Senato, assorbe il contenuto dell’articolo 17 del decreto legge 14/2020, coordinando così in un’unica disposizione le autorizzazioni di spesa finora intervenute per la realizzazione delle attività di contrasto alla emergenza determinata dal diffondersi del virus COVID-19.Si ricorda inoltre che le risorse stanziate dal decreto legge 14/2020 per l’emergenza epidemiologica, pari a 660 milioni, sono state ripartite, nei limiti delle risorse complessivamente indicate per ciascuna regione (o provincia autonoma), dal Decreto direttoriale10 marzo 2020. Le risorse stanziate dal decreto legge in esame, secondo gli importi indicati nella Tabella A al medesimo allegata e pari a 750 milioni di euro, non risultano invece ancora ripartite.

 

Il livello del fabbisogno nazionale standard determina il finanziamento complessivo della sanità cui concorre lo Stato ed è determinato in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall'Italia in sede comunitaria. Pertanto, si tratta di un livello programmato che costituisce il valore di risorse che lo Stato è nelle condizioni di destinare al Servizio sanitario nazionale per l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza. Tale livello è stato determinato, da ultimo, per il triennio 2019-2021 dall'art. 1, co. 514-516 della legge di bilancio 2019 (L. n. 145 del 2018) in 114.439 milioni di euro nel 2019 ed incrementato di 2.000 milioni per il 2020 e ulteriori 1.500 milioni per il 2021.Il predetto livello di finanziamento deve essere inoltre incrementato di 10 milioni di euro per effetto del comma 518 della citata legge di bilancio che ha previsto un corrispondente aumento delle disponibilità vincolate sul fondo sanitario nazionale, dirette all'attivazione di ulteriori borse di studio per la formazione specifica di medici di medicina generale.

Pertanto, il livello complessivo del fabbisogno sanitario programmato aumenta a 114.449 milioni nel 2019, 116.449 nel 2020 e 117.949 nel 2021.

L'accesso delle regioni al riparto di tali incrementi è subordinato al raggiungimento dell'Intesa tra Stato e regioni per l'aggiornamento - entro il 31 marzo 2019 - del Patto per la salute per il triennio 2019-2021. L'ultima legge di bilancio ha specificato in particolare quali misure devono aggiornare tale Patto (si tratta di misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati, nonché di efficientamento dei costi). Il  Patto per la Salute 2019-2021, in base al comma 515, art. 1, della legge di bilancio 2019 (Legge n. 145/2018) avrebbe dovuto essere sottoscritto entro il 31 marzo 2019, pena il mancato accesso delle regioni agli incrementi stabiliti per il livello di finanziamento del SSN per gli anni 2020 e 2021, rispettivamente pari a 2.000 e 1.500 milioni di euro. L'art. 42 del D.L. n. 124 del 2019, cd. "Fiscale", convertito dalla L. 157/2019, al comma 1, ha disposto la proroga al 31 dicembre 2019 del termine per la sottoscrizione del nuovo Patto per la Salute 2019-2021.In Conferenza Stato-Regioni, il 18 dicembre 2019 è stata raggiunta finalmente l'intesa sul Patto, con il testo definitivo (qui il contenuto dell'Atto).

 

Più in particolare, il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard[58] è incrementato di 1.410 milioni di euro in relazione agli interventi previsti da:

·      articolo 1, commi 1 e 3. Risorse destinate alla remunerazione delle prestazioni di lavoro straordinario del personale sanitario;

Brevemente si ricorda che i commi 1 e 2 dell’art. 1 del decreto in esame prevedono un incremento di 250 milioni di euro destinato alla remunerazione delle prestazioni di lavoro straordinario del personale sanitario (dipendente dagli enti ed aziende del Ssn) direttamente impiegato negli interventi emergenziali. Il comma 3 dello stesso articolo dispone un incremento, pari a 100 milioni di euro che può essere destinata al conferimento, da parte degli enti ed aziende del Ssn, di incarichi di lavoro autonomo (anche coordinata e continuativa) ad iscritti agli albi delle professioni sanitarie, ivi compresi i medici, e di incarichi di lavoro autonomo a personale medico ed infermieristico collocato in quiescenza. Entrambi gli incrementi, a valere sul finanziamento sanitario corrente per il 2020, sono suddivisi per ciascuna regione o provincia autonoma secondo gli importi indicati nella Tabella A allegata al presente decreto.

·      articolo 2-bis, comma 1, lettera a) e comma 5. Risorse destinate al reclutamento di medici in formazione specialistica;

L’articolo 2-bis (ex art. 1 del decreto legge 14/2020) consente, al comma 1, lett.a), il reclutamento di medici in formazione specialistica da parte degli enti ed aziende del Ssn. Il comma 5 dello stesso articolo fa salvi gli incarichi già conferiti dagli enti ed aziende del Ssn ai medici in formazione specialistica, per le medesime finalità, sino alla data di entrata in vigore del decreto legge 14/2020.

 

·      articolo 2-ter. Risorse destinate al reclutamento di personale medico e sanitario;

L'articolo 2-ter del decreto in commento (ex art.2 del decreto legge 14/2020) consente, in via transitoria, il conferimento, da parte degli enti ed aziende del Ssn, di incarichi individuali a tempo determinato a personale medico e sanitario, mediante avviso pubblico e selezione per titoli e colloquio orale.

 

·      articolo 2-sexies. Risorse destinate all’incremento del monte ore della specialistica;

L’articolo 2-sexies (ex art. 5 del decreto legge 14/2020) da facoltà, alle aziende sanitarie locali e agli enti del Ssn, di procedere, per il 2020, di incrementare, con ore aggiuntive, il monte ore della specialistica ambulatoriale convenzionata interna. L’incremento del monte ore della specialistica avviene nel rispetto dell’Accordo collettivo nazionale vigente, nel limite di spesa di 6 milioni di euro.

 

·      articolo 3, commi 1, 2 e 3. Risorse destinate al potenziamento delle reti di assistenza territoriale;

L’articolo 3 autorizza: la stipula di ulteriori accordi contrattuali (in deroga al limite di spesa per questi previsti) per l’acquisto di ulteriori prestazioni sanitarie dalle strutture accreditate e non (limite di spesa complessivo pari a 240 milioni di euro per il 2020); la messa a disposizione, su richiesta delle regioni o delle province autonome o delle aziende sanitarie, di personale sanitario in servizio nonché dei locali e delle apparecchiature presenti nelle strutture sanitarie private, accreditate e non, (limite di spesa pari a  160 milioni di euro per l’anno 2020). Al relativo onere si provvede a valere sul finanziamento sanitario corrente stabilito per il medesimo anno, con importi suddivisi per ciascuna regione o provincia autonoma secondo gli importi indicati nella Tabella A allegata al presente decreto.

 

·      articolo 4-bis. Risorse destinate all’istituzione delle Unità speciali di continuità assistenziale;

L’articolo 4-bis (ex art. 8 del decreto legge 14/2020) prevede che al fine di consentire  al  medico  di  medicina  generale  o  al pediatra di libera scelta o al medico di continuità assistenziale di garantire  l'attività  assistenziale  ordinaria,  entro  dieci giorni dall'entrata in vigore del decreto 14/2020, le  regioni  e  le province autonome sono tenute ad istituire,  presso  una  sede di continuità assistenziale già esistente, una unità speciale  ogni 50.000 abitanti per la gestione domiciliare dei pazienti  affetti  da COVID-19  che  non  necessitano  di  ricovero  ospedaliero.  Il medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta o il medico di continuità assistenziale comunicano all'unità speciale, a seguito del triage telefonico, il nominativo e l'indirizzo dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero. Tali pazienti possono essere presi in carico dall’unità speciale. Le disposizioni hanno efficacia fino al 31 luglio 2020.Per la istituzione delle unità sono stati stanziati 104 milioni di euro, a valere sul fondo sanitario nazionale.

 

Al relativo finanziamento accedono tutte le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente, sulla base delle quote di accesso al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevate per l’anno 2019.

 

Va ricordato che il finanziamento del SSN è stato disegnato dal D.Lgs. 56/2000 che ha previsto un sistema di finanziamento del SSN basato sulla capacità fiscale regionale, anche se corretto da adeguate misure perequative, stabilendo che al finanziamento del SSN concorrano l'IRAP, l'addizionale regionale all'IRPEF e la compartecipazione all'IVA.

Il fabbisogno sanitario nazionale standard è pertanto finanziato dalle seguenti fonti:

·       entrate proprie degli enti del SSN (ticket e ricavi derivanti dall'attività intramoenia dei propri dipendenti);

·       fiscalità generale delle regioni: IRAP (nella componente di gettito destinata alla sanità) e addizionale regionale all'IRPEF.

·       compartecipazione delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano: tali enti compartecipano al finanziamento sanitario fino a concorrenza del fabbisogno non soddisfatto dalle fonti di cui ai precedenti punti, tranne la Regione siciliana, per la quale l'aliquota di compartecipazione è fissata dal 2009 nella misura del 49,11 per cento del suo fabbisogno sanitario (legge n. 296/2006 art. 1, comma 830);

Più nel dettaglio, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale con risorse provenienti interamente dal proprio bilancio. Fa eccezione la Regione siciliana, sola regione tra le autonomie speciali, a non finanziarie completamente i servizi di assistenza sanitaria sul proprio territorio. Ai sensi della legge 296/2006, articolo 1 comma 830, infatti, la regione a decorrere dal 2009, partecipa alla spesa sanitaria nella misura del 49,11%. Per la restante parte essa riceve i finanziamenti dallo Stato al pari delle regioni a statuto ordinario. Per tale ragione, la Regione siciliana è esclusa dalla normativa concernente le regioni a statuto speciale.

·       bilancio dello Stato: finanzia il fabbisogno sanitario non coperto dalle altre fonti di finanziamento essenzialmente attraverso la compartecipazione all'imposta sul valore aggiunto - IVA (destinata alle Regioni a statuto ordinario), e attraverso il Fondo sanitario nazionale (una quota è destinata alla Regione siciliana, mentre il resto finanzia anche le spese sanitarie vincolate a determinati obiettivi).

La composizione del finanziamento del SSN nei termini suddetti è evidenziata nei cosiddetti "riparti" (assegnazione del fabbisogno alle singole Regioni ed individuazione delle fonti di finanziamento) proposti dal Ministero della Salute sui quali si raggiunge un'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni e che sono poi recepiti con propria delibera dal Comitato interministeriale per la programmazione economica - CIPE.

 

Vengono allo stesso tempo stabiliti gli obblighi contabili delle regioni e province autonome, e degli enti dei rispettivi servizi sanitari regionali, per dare opportuna evidenza contabile alla gestione dell’emergenza: i citati enti territoriali e del servizio sanitario, infatti, provvedono, in relazione alla contabilità dell’anno 2020, all’apertura di un centro di costo dedicato che deve essere contrassegnato dal codice univoco “COV 20”. Si precisa pertanto che deve essere garantita una tenuta distinta in relazione agli accadimenti contabili legati alla gestione dell’emergenza che in ogni caso confluiscono nei modelli economici di cui al decreto ministeriale 24 maggio 2019.

 

Si ricorda che con quest’ultimo decreto sono stati adottati, per gli enti del Ssn, nuovi modelli di rilevazione economica del Conto Economico, dello Stato Patrimoniale, dei costi di Livelli essenziali di Assistenza e del Conto del Presidio, anche per tenere conto dell’evoluzione normativa data essenzialmente dal D.Lgs. n. 118 del 2011, che ha attuato le deleghe della L. 42 del 2009 in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi. I nuovi modelli, in particolare, sono diretti ad assicurare una più organica ed omogenea attività di rilevazione dei dati di ricavo e di costo degli enti del Servizio sanitario Nazionale di cui all'art. 19, comma 2, lettera c)del citato decreto legislativo (vale a dire aziende sanitarie locali (ASL); aziende ospedaliere (AO); istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici (IRCCS), anche se trasformati in fondazioni; aziende ospedaliere universitarie integrate con il SSN), tendendo a garantire la piena coerenza trai dati contenuti nei diversi modelli di rilevazione economica e a rispondere alle esigenze informative, sia a livello ministeriale che regionale, per una più puntuale e dettagliata articolazione degli fatti economici.

 

Ciascuna regione deve redigere un apposito Programma operativo per la gestione dell’emergenza Covid-19 che il Ministero della salute dovrà approvare, di concerto con il MEF. Il Programma, inoltre, dovrà essere sottoposto al monitoraggio congiunto di questi Ministeri.

 

Il comma 2 dispone per l'anno 2020 il differimento dei termini  per le verifiche previste per i piani di rientro regionali volti a garantire l’equilibrio economico del Ssn, relativi all’anno 2019, in considerazione delle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dall’emergenza del COVID-19.

Si tratta delle verifiche previste per i provvedimenti che devono essere adottati dalla regione in caso di squilibrio economico-finanziario della spesa sanitaria, disposti all’articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), i cui termini per la diffida del Presidente del Consiglio dei ministri a provvedere al disavanzo di gestione, previsti per il 30 aprile, vengono differiti al 31 maggio e, conseguentemente, quelli del 31 maggio relativi all’approvazione del bilancio consolidato del Servizio sanitario regionale per determinare il disavanzo di gestione ed adottare i necessari provvedimenti per il ripiano, differiti al 30 giugno.

 

Inoltre, il comma 3 dispone, per far fronte alle esigenze straordinarie connesse allo stato di emergenza deciso dal Consiglio dei Ministri con Delibera del 31 gennaio 2020, l’incremento di 1.650 milioni, per l'anno 2020, del Fondo per le emergenze nazionali previsto dall'articolo 44, del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1 (cd. Codice della Protezione civile), includendo in tali risorse quelle destinate alla copertura delle misure di cui all’articolo 6,comma 10, del presente decreto-legge, vale a dire il finanziamento, fino al limite di spesa di 150 milioni, di interventi stabiliti con decreto del Capo del Dipartimento della protezione civile per la requisizione in uso o in proprietà, da ogni soggetto pubblico o privato, di presidi sanitari e medico-chirurgici, oltre che di beni mobili di qualsiasi genere, occorrenti per fronteggiare l’emergenza sanitaria in corso.

 

Il Fondo, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della protezione civile, finanzia gli interventi per i quali il Consiglio dei Ministri delibera la dichiarazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale. Gli interventi contemplati sono in particolare connessi ad eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo che, in ragione della loro intensità o estensione devono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante periodi di tempo limitati e predefiniti. Si ricorda che il Consiglio dei Ministri, con la Delibera del 31 gennaio scorso ha dichiarato lo stato di emergenza per sei mesi in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti dagli agenti virali trasmissibili COVID-19, disponendo la possibilità di provvedere con ordinanze, emanate dal Capo del Dipartimento della protezione civile, acquisita l'intesa della Regione interessata, e in deroga a ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico. Per l'attuazione dei primi interventi, nelle more della valutazione dell'effettivo impatto dell'evento, si provvede nel limite di euro 5 milioni di euro a valere sul Fondo per le emergenze nazionali.

 

Infine, il comma 4, per far fronte agli oneri del presente articolo, fa rinvio alla clausola di copertura del decreto prevista al successivo articolo 126.

 


 

Articolo 18-bis
(Finanziamento case rifugio
)

 

 

L’articolo 18-bis, inserito nel corso dell’esame al Senato, autorizza per l’anno 2020 l’ulteriore spesa di 3 milioni di euro per le case rifugio pubbliche e private presenti su tutto il territorio nazionale.

 

La finalità di questo articolo aggiuntivo è di sostenere l’emersione del fenomeno della violenza domestica e di garantire un’adeguata protezione alle vittime, anche durante l’attuale periodo di emergenza a causa della diffusione del COVID-19 e delle norme di contenimento della stessa.

La copertura degli oneri derivanti dalla predetta autorizzazione di spesa di 3 milioni di euro per il 2020 è posta ai sensi delle disposizioni finanziarie di cui all’articolo articolo 126.

 

In breve, le case rifugio e i centri antiviolenza hanno ricevuto una disciplina normativa nel 2014, con la ratifica ed esecuzione della Convenzione cd. di Istanbul dell’11 maggio 2011, promossa dal Consiglio d'Europa per la prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ad opera della Legge 27 giugno 2013, n. 77. Successivamente, il DL. n. 93/2013 (L. 119/2013) , in attuazione dell’impegno del nostro Paese ad adottare, ai sensi dell’articolo 7 della citata Convenzione, “misure legislative e di altro tipo necessarie per predisporre e attuare politiche nazionali efficaci, globali e coordinate”, ha previsto due forme di intervento, rispettivamente agli articoli 5 e 5-bis, del predetto decreto-legge:

§  l’adozione da parte del Ministro delegato per le pari opportunità di un Piano di azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, poi attuato con il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2017-2020 dal Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 5 del DL. 93/2013);

§  il potenziamento delle forme di assistenza e sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli, mediante un incremento del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità e l’individuazione dei soggetti chiamati a svolgere, anche in forma consorziata, il compito di promuovere i centri antiviolenza e le case rifugio, quali: enti locali, singoli o associati; associazioni e organizzazioni a sostegno delle donne vittime di violenza, con esperienze e competenze specifiche e con personale specificamente formato. I Centri antiviolenza e le case rifugio operano in maniera integrata con la rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali. Qui l’ultima Relazione disponibile sullo stato di utilizzo delle risorse stanziate.


 

Titolo II – Misure a sostegno del lavoro

Capo I – Estensione delle misure speciali in tema
di ammortizzatori sociali per tutto
il territorio nazionale

Articolo 19
(Norme speciali in materia di trattamento ordinario di integrazione salariale e di assegno ordinario)

 

 

L’articolo 19, modificato al Senato, detta disposizioni speciali in materia di trattamento ordinario di integrazione salariale e di assegno ordinario per i datori di lavoro e i lavoratori che, nel 2020, ne fanno richiesta a causa della sospensione o riduzione dell’attività lavorativa dovuta all’emergenza epidemiologica da COVID-19 e che possono essere concessi, per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020, per una durata massima di nove settimane e comunque entro il 31 agosto 2020.

È, inoltre, disposto il riconoscimento dei citati strumenti di sostegno al reddito, per un periodo aggiuntivo non superiore a tre mesi, in favore dei datori di lavoro con unità produttive site nei comuni della cd. zona rossa, individuati nell’allegato 1 al DPCM del 1° marzo 2020.

 

Nel dettaglio, si prevede la possibilità, per i datori di lavoro che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili alla suddetta emergenza, di presentare domanda di concessione dei trattamenti menzionati con causale “emergenza COVID-19”, per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 per una durata massima di nove settimane e comunque entro il 31 agosto 2020 (comma 1).

Per le relative domande vengono introdotte alcune semplificazioni procedurali[59].

In particolare, i datori di lavoro sono dispensati dall’osservanza (comma 2):

§  del procedimento di informazione e consultazione sindacale richiesto, in via generale, nei casi di sospensione o riduzione dell'attività produttiva e in base al quale l’impresa è tenuta a comunicare preventivamente alle rappresentanze sindacali le cause di sospensione o di riduzione dell'orario di lavoro, l'entità e la durata prevedibile, il numero dei lavoratori interessati. (ex art. 14 del D.Lgs. 148/2015);

§  dei limiti temporali previsti per la domanda del trattamento ordinario di integrazione salariale, che va presentata entro 15 giorni dall’inizio della sospensione, o per quella di assegno ordinario, che va presentata non prima di 30 giorni e non oltre il termine di 15 giorni dall'inizio della sospensione o riduzione dell'attività lavorativa eventualmente programmata (ex artt. 15, c. 2, e 30, c. 2, del medesimo D.Lgs. 148/2015). Nel corso dell’esame al Senato è stata soppressa la disposizione attualmente prevista secondo cui l’informazione, la consultazione e l’esame congiunto devono essere svolti anche in via telematica    entro i tre giorni successivi a quello della richiesta. La domanda deve essere presentata entro la fine del quarto mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa e non è soggetta alla verifica della sussistenza delle causali richiesta dalla normativa vigente per l’accesso al trattamento ordinario di integrazione salariale, ossia sospensione o riduzione dell’attività lavorativa dovuta a situazioni aziendali conseguenti a eventi transitori e non imputabili all'impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali, o per situazioni temporanee di mercato (di cui all’art. 11 del D.Lgs. 148/2015).

Le suddette prestazioni sono riconosciute in favore dei lavoratori che al 23 febbraio 2020 risultano alle dipendenze dei datori di lavoro richiedenti la prestazione - anche in assenza di un’anzianità di effettivo lavoro di almeno novanta giorni al momento della presentazione della richiesta (come invece previsto nella generalità dei casi dall’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 148/2015) -, nonché, in base alla norma di cui all’articolo 41, comma 1, del D.L. 8 aprile 2020, n. 23, attualmente in fase di conversione, i dipendenti assunti tra il 24 febbraio 2020 e il 17 marzo 2020 (data, quest’ultima, in cui è entrato in vigore il presente D.L. n. 18).

 

Le medesime prestazioni e quelle previste dal successivo articolo 21 - che riconosce l’assegno ordinario ai datori di lavoro che hanno trattamenti di assegni di solidarietà in corso (cfr. la relativa scheda di lettura) – sono riconosciute nel limite di spesa di 1347,2 milioni di euro per il 2020; alla copertura dei relativi oneri si provvede ai sensi del successivo articolo 126 (cfr. la relativa scheda di lettura). Il monitoraggio dei suddetti limiti di spesa è affidato all’INPS che non prende in considerazione ulteriori domande qualora dal monitoraggio emerga che è stato raggiunto, anche in via prospettica, il limite di spesa medesimo (commi 8, 9 e 10).

I periodi di trattamento di cassa integrazione salariale ordinaria e di assegno ordinario non sono conteggiati ai fini dei limiti di durata previsti dalla normativa vigente e sono neutralizzati ai fini delle successive richieste (comma 3).

In particolare, i suddetti periodi non sono conteggiati ai fini:

§  della durata massima complessiva del trattamento ordinario e straordinario di integrazione salariale pari a 24 mesi in un quinquennio mobile (30 mesi per le imprese dell'industria e dell'artigianato edile e lapidei)[60] (art. 4 del D.Lgs. 148/2015);

§  della durata massima del trattamento ordinario di integrazione salariale pari a 13 settimane continuative, prorogabile trimestralmente fino a un massimo complessivo di 52 settimane (mentre il trattamento relativo a più periodi non consecutivi non può superare complessivamente la durata di 52 settimane in un biennio mobile) (art. 12 del D.Lgs. 148/2015);

§  della durata dell’assegno ordinario erogato dai Fondi di solidarietà che non può essere inferiore a 13 settimane in un biennio mobile e superiore alle durate massime previste per la CIGO e la CIGS (pari, a seconda della causale addotta, a 52 settimane in un biennio mobile, o a 12 mesi, o a 24 o 36 mesi in un quinquennio mobile) (art. 30, c. 1, del D.Lgs. 148/2015);

§  della durata massima dell’assegno ordinario erogato dai Fondi di integrazione salariale pari a 26 settimane in un biennio mobile (art. 29, c. 3, del D.Lgs. 148/2015). Inoltre, a tali assegni non si applica, limitatamente al 2020, il tetto aziendale previsto per le prestazioni erogate dai suddetti fondi in base al quale esse sono determinate in misura non superiore a dieci volte l'ammontare dei contributi ordinari dovuti dal datore di lavoro (art. 29, c. 4, del D.Lgs. 148/2015).

 

Inoltre, le imprese che richiedono i suddetti trattamenti non sono tenute al pagamento dei relativi contributi addizionali previsti dalla normativa vigente (di cui agli artt. 5, 29 c. 8 e 30 c. 2 del D.Lgs. 148/2015[61] (comma 4).

 

L’erogazione dell’assegno ordinario previsto dall’articolo in esame:

§  viene riconosciuta – per la durata e limitatamente al periodo indicato - anche ai lavoratori dipendenti presso datori di lavoro iscritti al Fondo di integrazione salariale che occupano mediamente più di 5 dipendenti, in luogo dei 15 richiesti in via generale dall’art. 29, c. 3, del D.Lgs. 148/2015, e, su istanza del datore di lavoro, può essere pagata direttamente dall’INPS. Inoltre, come ricordato in precedenza, al trattamento in esame non si applica il predetto tetto aziendale previsto per le prestazioni erogate dai suddetti fondi in base al quale esse sono determinate in misura non superiore a dieci volte l'ammontare dei contributi ordinari dovuti dal datore di lavoro (commi 3 e 5);

§  viene garantita, con le predette modalità, anche dai Fondi di solidarietà alternativi (di cui all’art. 27 del D. Lgs. 148/2015 in riferimento ai settori dell’artigianato e della somministrazione), nel limite di 80 milioni di euro per il 2020. I relativi oneri sono posti a carico del bilancio dello Stato e sono trasferiti ai rispettivi Fondi con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. In attuazione di tale previsione è stato emanato il decreto interministeriale del 1° aprile 2020[62] (comma 6);

§  viene garantita, con le medesime modalità, anche dai Fondi di solidarietà bilaterali del Trentino e dell’Alto Adige, istituiti ai sensi dell’art. 40 del D.Lgs. 148/2015[63] (comma 7).

Allo scopo di inserire nel provvedimento in esame quanto già disposto dall’art. 13 del D.L. 9/2020 (di cui l’articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente D.L. n. 18, come modificato dal Senato, dispone l’abrogazione, con salvezza degli effetti già prodottisi) (vedi infra), il Senato ha disposto - con le medesime modalità e nel limite massimo di spesa, per il 2020, di 5,8 milioni di euro con riferimento al trattamento ordinario di integrazione salariale e di 4,4 milioni con riferimento alla prestazione di assegno ordinario, a valere sulle risorse del Fondo sociale per occupazione e formazione - il riconoscimento dei citati strumenti di sostegno al reddito, per un periodo aggiuntivo di tre mesi Il riconoscimento è disposto in favore dei datori di lavoro con unità produttive site nei comuni della cd. zona rossa, individuati nell’allegato 1 al DPCM del 1° marzo 2020, nonché di quelli con unità produttive al di fuori di detti comuni, limitatamente ai lavoratori già residenti o domiciliati nei predetti comuni e impossibilitati a prestare la propria attività lavorativa. Come già disposto dal richiamato art. 13 del D.L. 9/2020, il predetto assegno ordinario viene riconosciuto anche ai lavoratori dipendenti presso datori di lavoro, operanti nei suddetti territori, iscritti al Fondo di integrazione salariale che occupano mediamente più di 5 dipendenti, in luogo dei 15 richiesti in via generale dall’art. 29, c. 3, del D.Lgs. 148/2015 e che esclude il medesimo trattamento dall’applicazione del tetto aziendale previsto per le prestazioni erogate dal suddetto fondo (in base al quale le prestazioni medesime sono determinate in misura non superiore a dieci volte l'ammontare dei contributi ordinari dovuti dal datore di lavoro, ex art. 29, c. 4, del D.Lgs. 148/2015). (commi da 10-bis a 10-quater):

Il monitoraggio dei suddetti limiti di spesa è affidato all’INPS che non prende in considerazione ulteriori domande qualora dal monitoraggio emerga che è stato raggiunto, anche in via prospettica, il limite di spesa.

Si ricorda che la circolare INPS n. 47 del 2020 ha già riconosciuto che i trattamenti in deroga previsti con riferimento ai territori summenzionati abbiano carattere aggiuntivo rispetto a quelli ammessi a livello nazionale ai sensi del presente articolo 19.

La citata circolare precisa, infatti, che il trattamento ordinario di integrazione salariale e assegno ordinario richiesto ai sensi dell’art. 13 del D.L. 9/2020, di cui, come detto, il disegno di legge di conversione del presente D.L. n. 18 dispone l’abrogazione (con causale “COVID-19 d.l. 9/2020”), eventualmente richiesto, si aggiunge ai trattamenti richiesti ai sensi dell’articolo 19 del decreto legge in esame n. 18 del 2020 (con causale “Emergenza COVID-19 nazionale”). Pertanto, è possibile per le predette aziende richiedere l’integrazione salariale ordinaria e l’assegno ordinario per 13 settimane, con causale “Emergenza COVID-19 d.l.9/2020” e, per ulteriori 9 settimane, con causale “COVID-19 nazionale”. Se i periodi delle due domande con distinte causali sono coincidenti, è necessario che i lavoratori interessati dagli interventi siano differenti, mentre se i periodi richiesti non si sovrappongono i lavoratori possono essere gli stessi. Le aziende che hanno già in corso un’autorizzazione di CIGO o di assegno ordinario o hanno presentato domanda di CIGO o di assegno ordinario non ancora autorizzata, con qualsiasi causale, possono richiedere comunque la CIGO o l’assegno ordinario con causale “COVID-19 nazionale” anche per periodi già autorizzati o per periodi oggetto di domande già presentate e non ancora definite. In caso di concessione, l’Istituto provvederà ad annullare d’ufficio le precedenti autorizzazioni o le precedenti domande relativamente ai periodi sovrapposti.

 

Si segnala, infine, che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha fornito le prime indicazioni interpretative in materia di concessione del suddetto trattamento ordinario di integrazione salariale con la circolare 8 aprile 2020, n. 8, rimandando ad una successiva circolare ulteriori indicazioni relative all’assegno ordinario.


 

Articolo 19-bis
(Norma di interpretazione autentica in materia di accesso agli ammortizzatori sociali e rinnovo dei contratti a termine )

 

 

L’articolo 19-bis, introdotto dal Senato, autorizza i datori di lavoro che accedano agli ammortizzatori sociali previsti nel decreto legge al rinnovo o alla proroga dei contratti a tempo determinato in corso, anche a scopo di somministrazione, in deroga alle disposizioni vigenti.

 

La disposizione, in considerazione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, detta una norma di interpretazione delle disposizioni di cui agli articoli da 19 a 22 del decreto legge in esame, disponendo che i datori di lavoro che accedono agli ammortizzatori sociali previsti da quelle disposizioni possano procedere al rinnovo o alla proroga dei contratti a tempo determinato in corso, anche a scopo di somministrazione, in deroga alle previsioni di cui agli articoli 20, comma 1, lett. c), 32, comma 1, lett. c) e 21, comma 2, del decreto legislativo 15 giugno 2015 n. 81.

 

Ai sensi dell’articolo 20, comma 1, lett. c) e 32, comma 1, lett. c), non è consentita l’apposizione di un termine alla durata di un contratto di lavoro subordinato, anche a scopo di somministrazione, presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell'orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto.

Ai sensi dell’articolo 21, comma 2, qualora il lavoratore sia riassunto a tempo determinato entro dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a sei mesi, il secondo contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato.

 


 

Articolo 20
(Trattamento ordinario di integrazione salariale per le aziende
già in Cassa integrazione straordinaria)

 

 

L’articolo 20, modificato al Senato, riconosce alle aziende che, al 23 febbraio 2020, beneficiano di un trattamento di integrazione salariale straordinario, la possibilità di presentare domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale, riconosciuto nel limite massimo di spesa di 338,2 milioni di euro per il 2020 e per un periodo non superiore a nove settimane.

È, inoltre, disposto il riconoscimento, entro determinati limiti di spesa, della possibilità di richiedere il suddetto trattamento di CIGO per un periodo aggiuntivo non superiore a tre mesi anche alle aziende site nei comuni individuati dal DPCM 1° marzo 2020 che, alla medesima data del 23 febbraio 2020, avevano in corso un trattamento straordinario di integrazione salariale.

 

Nel dettaglio, la concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale sostituisce la cassa integrazione straordinaria, è subordinata alla sospensione degli effetti di quest’ultima e puo? riguardare anche i medesimi lavoratori beneficiari delle integrazioni salariali straordinarie a totale copertura dell’orario di lavoro (commi 1 e 2).

 

I periodi di trattamento di cassa integrazione salariale ordinaria:

§  non sono conteggiati ai fini dei limiti di durata previsti dalla normativa vigente. In particolare, i suddetti periodi non sono conteggiati ai fini (comma 2):

-     della durata massima complessiva del trattamento ordinario e straordinario di integrazione salariale pari a 24 mesi in un quinquennio mobile (30 mesi per le imprese dell'industria e dell'artigianato edile e lapidei)[64] (art. 4 del D.Lgs. 148/2015);

-     della durata massima del trattamento ordinario di integrazione salariale pari a 13 settimane continuative, prorogabile trimestralmente fino a un massimo complessivo di 52 settimane (mentre il trattamento relativo a più periodi non consecutivi non può superare complessivamente la durata di 52 settimane in un biennio mobile) (art. 12 del D.Lgs. 148/2015).

§  non determinano il pagamento del relativo contributo addizionale previsto dalla normativa vigente (di cui all’art. 5 del D.Lgs. 148/2015[65] (comma 3).

Si dispone, inoltre, che, in via transitoria, non si applicano i termini procedimentali previsti dalla normativa vigente relativamente all’espletamento dell’esame congiunto e della conseguente consultazione sindacale e alla presentazione delle relative istanze per l’accesso ai trattamenti straordinari di integrazione salariale (di cui agli articoli 24 e 25 del D.Lgs. 148/2015[66]) (comma 4).

 

Il monitoraggio del rispetto del limite di spesa entro cui possono essere concessi i suddetti trattamenti ordinari di integrazione salariale – pari a 338,2 milioni di euro per il 2020 - è affidato all’INPS che non prende in considerazione ulteriori domande qualora dal monitoraggio emerga che è stato raggiunto, anche in via prospettica, il limite di spesa. Alla copertura dei relativi oneri si provvede ai sensi del successivo articolo 126 (cfr. la relativa scheda di lettura (commi 5 e 7).

 

Allo scopo di inserire nel provvedimento in esame quanto già disposto dall’art. 14 del D.L. 9/2020 (decreto abrogato nel corso dell’esame al Senato, con salvezza degli atti e dei provvedimenti adottati, degli effetti già prodottisi e dei rapporti giuridici sorti) (vedi infra), il Senato ha disposto il riconoscimento – alle medesime condizioni e nel limite di spesa di 0,9 milioni di euro per il 2020 a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione - della possibilità di richiedere il suddetto trattamento di CIGO per un periodo aggiuntivo di tre mesi anche alle aziende site nei comuni individuati dal DPCM 1° marzo 2020 che, alla medesima data del 23 febbraio 2020, avevano in corso un trattamento straordinario di integrazione salariale. Il monitoraggio dei suddetti limiti di spesa è affidato all’INPS che non prende in considerazione ulteriori domande qualora dal monitoraggio emerga che è stato raggiunto, anche in via prospettica, il limite di spesa (commi da 7-bis a 7-ter).

Si ricorda che la circolare INPS n. 47 del 2020 ha già riconosciuto che i trattamenti in deroga previsti con riferimento ai territori summenzionati abbiano carattere aggiuntivo rispetto a quelli ammessi a livello nazionale ai sensi del presente articolo 20.

La citata circolare precisa, infatti, che alla cassa integrazione ordinaria concessa ai sensi dell’articolo 20 in commento si applica la disciplina prevista per quella concessa ai sensi del precedente articolo 19 (cfr. la relativa scheda di lettura), ritenendosi quindi che il trattamento ordinario di integrazione salariale richiesto ai sensi dell’art. 14 del D.L. 9/2020, di cui l’articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente D.L. n. 18, come modificato dal Senato, dispone l’abrogazione, con salvezza degli effetti già prodottisi (con causale “COVID-19 d.l. 9/2020”), eventualmente richiesto, si aggiunge ai trattamenti richiesti ai sensi dell’articolo 20 del decreto legge in esame n. 18 del 2020 (con causale “Emergenza COVID-19 nazionale”).

 

Conseguentemente, il Senato ha soppresso quanto disposto dal comma 6 dell’articolo in esame che prevede un coordinamento con quanto previsto dal richiamato art. 14 del D.L. 9/2020, disponendo che, anche per i territori di cui al DPCM 1° marzo 2020, la concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale sospende (e non interrompe, come attualmente previsto) il trattamento straordinario precedentemente autorizzato.

 

Si segnala, infine, che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha fornito le prime indicazioni interpretative in materia di concessione del suddetto trattamento ordinario di integrazione salariale con la circolare 8 aprile 2020, n. 8.

 

 

 

 


 

Articolo 21
(Trattamento di assegno ordinario per i datori di lavoro
che hanno trattamenti di assegni di solidarietà in corso)

 

 

L’articolo 21 riconosce ai datori di lavoro iscritti al Fondo di integrazione salariale che, al 23 febbraio 2020, hanno in corso un assegno di solidarietà, la possibilità di presentare domanda di concessione dell’assegno ordinario, riconosciuto per un periodo non superiore a nove settimane.

 

Nel dettaglio, la concessione dell’assegno ordinario ai sensi del precedente articolo 19 (comma 1):

§  riguarda i datori di lavoro che hanno in corso un assegno di solidarietà al 23 febbraio 2020;

§  sospende e sostituisce l’assegno di solidarietà già in corso;

§  può riguardare anche i medesimi lavoratori beneficiari delle integrazioni salariali straordinarie a totale copertura dell’orario di lavoro.

 

I periodi in cui vi è coesistenza tra assegno di solidarietà e assegno ordinario:

§  non sono conteggiati ai fini del calcolo della durata massima dell’assegno ordinario erogato dai Fondi di integrazione salariale pari a 26 settimane in un biennio mobile (art. 29, c. 3, del D.Lgs. 148/2015), nonché di quella complessiva del trattamento ordinario e straordinario di integrazione salariale, pari a 24 mesi in un quinquennio mobile (30 mesi per le imprese dell’industria e dell’artigianato edile e lapidei[67]) (art. 4 del D.Lgs. 148/2015) (comma 2);

§  non determinano il pagamento del relativo contributo addizionale previsto dalla normativa vigente (di cui all’art. 29, c. 8, del D.Lgs. 148/2015[68](comma 4).

 

Si dispone, infine, che le suddette prestazioni sono riconosciute ai sensi e nei limiti di spesa di cui al precedente articolo 19, comma 9 (cfr. la relativa scheda di lettura (comma 3).

 

Le suddette prestazioni e quelle previste dal precedente articolo 19 - che riconosce il trattamento ordinario di integrazione salariale e l’assegno ordinario per i casi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa a seguito dell’emergenza epidemiologica (cfr. la relativa scheda di lettura) – sono riconosciute nel limite di spesa di 1347,2 milioni di euro per il 2020. Ai relativi oneri si provvede ai sensi del successivo articolo 126 (cfr. la relativa scheda di lettura (comma 5).

 

 

 

 


 

Articolo 22
(Trattamenti di integrazione salariale in deroga)

 

 

I commi da 1 a 8 dell’articolo 22 prevedono, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, la concessione, nei limiti delle risorse di cui al comma 3, di trattamenti di integrazione salariale in deroga, per un periodo non superiore a nove settimane, con riferimento ai datori di lavoro del settore privato per i quali non trovino applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni (di cui ai Titoli I e II del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, e successive modificazioni) in materia di sospensione o riduzione dell'orario di lavoro. Una modifica inserita dal Senato specifica che i trattamenti in esame concernono anche i casi di riduzione dell’orario di lavoro (oltre che i casi di sospensione del rapporto). Dall’ambito dei trattamenti in esame sono esclusi i datori di lavoro domestico (comma 2), mentre sono esplicitamente inclusi (ove ricorra la circostanza di assenza di altre tutele) quelli agricoli, della pesca e del terzo settore, compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti (comma 1). Una riformulazione operata dal Senato prevede, in primo luogo, alcune modifiche della suddetta disciplina, inerenti alla procedura di concessione, e, in secondo luogo, la trasposizione nel presente articolo, con i commi da 8-bis a 8-quinquies, del disposto di cui agli articoli 15 e 17 del D.L. 2 marzo 2020, n. 9 (D.L. di cui l’articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente D.L. n. 18, come modificato dal Senato, dispone l’abrogazione, con salvezza degli effetti già prodottisi); queste disposizioni riguardano la concessione per altri periodi di durata, in via aggiuntiva, dei medesimi trattamenti in deroga con riferimento ai territori di alcuni comuni della provincia di Lodi e di un comune della provincia di Padova (commi 8-bis e 8-ter) e ai territori delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto (commi 8-quater e 8-quinquies). In relazione agli inserimenti così operati, nella versione approvata dal Senato viene abrogato il comma 7 del presente articolo 22. Ulteriori modifiche approvate dal Senato – con la riformulazione del comma 5 e l’inserimento dei commi 5-bis e 5-ter - integrano le disposizioni specifiche per il fondo di solidarietà bilaterale intersettoriale, istituito in ciascuna delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Per i soli datori aventi più di cinque dipendenti, i trattamenti in esame sono subordinati alla conclusione di un accordo - che può essere concluso anche in via telematica - tra la regione (o la provincia autonoma) e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale per i datori di lavoro (comma 1); una modifica operata dal Senato esclude dall’obbligo di accordo anche i datori di lavoro che abbiano chiuso l'attività in ottemperanza ai provvedimenti di urgenza emanati per far fronte all'emergenza epidemiologica da COVID-19.

Si segnala che la circolare n. 8 dell’8 aprile 2020 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali specifica che il trattamento di integrazione salariale di cui al presente articolo 22 può essere riconosciuto anche in favore di lavoratori che siano tuttora alle dipendenze di imprese fallite (benché sospesi).

Il primo periodo del comma 6 dell’articolo in esame, escludendo l’applicazione del precedente articolo 19, comma 2, primo periodo, sembrerebbe inteso ad escludere l’obbligo dello svolgimento della procedura di informazione, consultazione ed esame congiunto. Si valuti l’opportunità di chiarire la portata di tale richiamo, considerato che il Senato ha soppresso la parte in oggetto del medesimo articolo 19, comma 2, primo periodo.

Il trattamento decorre (retroattivamente) dal 23 febbraio 2020 (comma 3). Esso può concernere i dipendenti in forza alla suddetta data, nonché, in base alla norma di cui all’articolo 41, comma 2, del D.L. 8 aprile 2020, n. 23, attualmente in fase di conversione alle Camere, i dipendenti assunti tra il 24 febbraio 2020 e il 17 marzo 2020 (in quest’ultima data è entrato in vigore il presente D.L. n. 18).

In relazione al trattamento sono riconosciuti la contribuzione figurativa e gli oneri accessori (comma 1 citato). Per i lavoratori del settore agricolo, il trattamento è equiparato a lavoro ai fini del calcolo delle prestazioni di disoccupazione agricola.

Il trattamento è riconosciuto nel rispetto del limite delle risorse attribuite a ciascuna regione o provincia autonoma con uno o più decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, in sede di riparto del limite massimo complessivo, pari a 3.293,2 milioni di euro per il 2020 (comma 3 citato, mentre il comma 8 rinvia per la copertura dell’onere al successivo articolo 126); si ricorda che una prima quota (pari a 1.293,2 milioni di euro) di tali risorse è stata ripartita tra le regioni e le province autonome con D.M. del 24 marzo 2020. Una modifica operata dal Senato esclude dal riparto una quota delle risorse, al fine di destinarla alla concessione dei medesimi trattamenti da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con riferimento ai datori di lavoro aventi unità produttive site in un determinato numero (o in un numero superiore) di regioni o province autonome; sia la misura della quota sia il numero di riferimento suddetto sono definiti dai medesimi decreti ministeriali (in merito, il suddetto D.M. del 24 marzo 2020 fa riferimento ai datori aventi unità produttive in cinque o più regioni o province autonome). Fatta salva quest’ultima ipotesi, i trattamenti sono concessi - mediante esame in base all’ordine cronologico delle domande ad essa presentate - con decreto della regione (o della provincia autonoma), da trasmettere all’INPS in modalità telematica entro quarantotto ore dall’adozione insieme con la lista dei beneficiari (comma 4).

Si ricorda che, in base al comma 3 del citato articolo 41 del D.L. 8 aprile 2020, n. 23, attualmente in fase di conversione alle Camere, le domande presentate ai sensi del comma 4 (alla regione o provincia autonoma o, secondo l’ulteriore fattispecie inserita dal Senato, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali) sono esenti dall’imposta di bollo.

L’INPS provvede all'erogazione delle prestazioni in esame, con pagamento diretto ai beneficiari[69] (commi 4 e 6). L'INPS medesimo provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa, fornendo i risultati di tale controllo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e alle regioni e province autonome. Qualora dal monitoraggio emerga che sia stato raggiunto - anche in via prospettica - il limite di spesa, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le regioni e le province autonome (il riferimento esplicito in tale punto alle province autonome è stato introdotto dal Senato) non possono emettere altri provvedimenti concessori.

Le risorse in esame destinate a ciascuna delle due province autonome (di Trento e di Bolzano) sono trasferite al fondo di solidarietà bilaterale intersettoriale, costituito (in ciascuna provincia autonoma) ai sensi dell’articolo 40 del citato D.Lgs. n. 148 del 2015; il suddetto fondo autorizza le relative prestazioni (comma 5). La versione approvata dal Senato - con la modifica del comma 5 e l’inserimento dei commi 5-bis e 5-ter - integra le disposizioni inerenti ai due fondi suddetti di solidarietà bilaterale intersettoriale. Si prevede, oltre ad esplicitare che ai due fondi competono le funzioni attribuite dal precedente comma 4 alle province autonome, che: a tali fondi possano essere destinate - in alternativa all’impiego per azioni di politica attiva del lavoro - le risorse assegnate alle medesime province autonome ai sensi dell'articolo 44, comma 6-bis, del D.Lgs. n. 148 del 2015, e successive modificazioni (risorse - ripartite tra le regioni e le province autonome - per ammortizzatori sociali in deroga e per azioni di politica attiva del lavoro); le risorse finanziarie spettanti ai due fondi per i trattamenti di cui al presente articolo 22 possano essere impiegate dalle province autonome (a condizione di copertura dei restanti oneri con fondi provinciali) anche per la finalità di assicurare ai lavoratori una tutela integrativa rispetto a prestazioni connesse alla perdita del posto di lavoro previste dalla normativa vigente (il fondo di solidarietà bilaterale in oggetto autorizza le suddette prestazioni integrative).

Come accennato, il Senato ha trasposto nel presente articolo, con i commi da 8-bis a 8-quinquies, la disciplina di cui agli articoli 15 e 17 del D.L. 2 marzo 2020, n. 9 (D.L. di cui l’articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente D.L. n. 18, come modificato dal Senato, dispone l’abrogazione, con salvezza degli effetti già prodottisi); queste disposizioni riguardano la concessione per altri periodi di durata, in via aggiuntiva, dei medesimi trattamenti in deroga con riferimento ai territori di alcuni comuni della provincia di Lodi e di un comune della provincia di Padova (commi 8-bis e 8-ter) e ai territori delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto (commi 8-quater e 8-quinquies). In relazione agli inserimenti così operati, nella versione approvata dal Senato viene abrogato il comma 7 del presente articolo 22.

Si ricorda che la citata circolare INPS n. 47 del 28 marzo 2020 ha già riconosciuto che i trattamenti in deroga previsti con riferimento ai territori summenzionati abbiano carattere aggiuntivo rispetto a quelli ammessi a livello nazionale ai sensi del presente articolo 22.

Più in particolare, i commi 8-bis e 8-ter prevedono i trattamenti in deroga in oggetto - in via aggiuntiva ed in base ai medesimi presupposti e procedure summenzionati - con riferimento a soggetti operanti in dieci comuni della provincia di Lodi ed in un comune della provincia di Padova[70]; in tale ambito, la disposizione concerne i datori di lavoro con unità produttive ubicate nei suddetti comuni nonché, limitatamente ai lavoratori in forza residenti o domiciliati nei medesimi comuni, gli altri datori di lavoro.

Il trattamento aggiuntivo è riconosciuto per un periodo massimo di tre mesi e può essere concesso entro un limite massimo di spesa pari a 7,3 milioni di euro per il 2020. Tali risorse sono stanziate a valere sulla dotazione del Fondo sociale per occupazione e formazione.

I commi 8-quater e 8-quinquies prevedono i trattamenti in deroga in oggetto - sempre in via aggiuntiva ed in base ai medesimi presupposti e procedure summenzionati - con riferimento ai datori di lavoro con unità produttive ubicate nelle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto nonché, limitatamente ai lavoratori in forza residenti o domiciliati nelle medesime regioni, gli altri datori di lavoro. Tali trattamenti aggiuntivi sono ammessi per un periodo non superiore a quattro settimane e nel rispetto di un limite massimo di spesa (per il 2020) pari a 135 milioni di euro per la regione Lombardia, 40 milioni per la regione Veneto e 25 milioni per la regione Emilia-Romagna. Tali importi corrispondono - secondo la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione[71] del citato D.L. n. 9 - alla misura delle risorse assegnate alle suddette regioni ai sensi dell'articolo 44, comma 6-bis, del D.Lgs. n. 148 del 2015, e successive modificazioni, e non ancora utilizzate (risorse stanziate per ammortizzatori sociali in deroga e per azioni di politica attiva del lavoro e che ora vengono destinate, per le suddette tre regioni, ai fini in oggetto).

Si rileva che, nella versione prevista dal citato articolo 17 del D.L. n. 9, il trattamento in esame è subordinato - oltre che ai presupposti di cui al presente articolo 22 - alla sussistenza di un accertato pregiudizio, derivante dalle ordinanze emanate dal Ministro della salute, d’intesa con le regioni, nell’ambito dei provvedimenti relativi all’emergenza epidemiologica da COVID-19 (tale condizione non è richiesta nella nuova versione, posta dal comma 8-quater in esame).

Il trattamento aggiuntivo di cui ai commi 8-quater e 8-quinquies non è cumulabile con quello di cui ai commi 8-bis e 8-ter e può essere riconosciuto anche con il medesimo provvedimento di concessione di trattamento in deroga di cui ai commi da 1 a 8 del presente articolo 22.

 


 

Articolo 22-bis
(Iniziative di solidarietà in favore dei famigliari di medici, personale infermieristico e operatori socio-sanitari)

 

 

L’articolo 22-bis, inserito nel corso dell’esame al Senato, istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un Fondo con una dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2020, per l'adozione di iniziative di solidarietà a favore dei familiari di medici, personale infermieristico e operatori socio-sanitari (OSS) impegnati nelle azioni di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.

 

La norma più in dettaglio precisa che i destinatari delle iniziative di solidarietà sono familiari di medici, personale infermieristico e operatori socio-sanitari (OSS) che per tutta la durata dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020 abbiano contratto, in conseguenza dell'attività di servizio prestata, una patologia alla quale sia conseguita la morte per effetto diretto ovvero "come concausa" del contagio da COVID-19 (comma 1).

 

Si ricorda che con Delibera del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020, il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato di emergenza per sei mesi in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, disponendo che si provveda con ordinanze, emanate dal Capo del Dipartimento della protezione civile, acquisita l'intesa della Regione interessata, e in deroga a ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico.

 

Il comma 2 stabilisce che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri vengono individuate le modalità di attuazione del precedente comma. Agli oneri derivanti dalla istituzione del Fondo con la dotazione indicata, si provvede ai sensi dell’articolo 126 (comma 3).

 

In proposito si segnala l’Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Protezione civile del 5 aprile 2020 con la quale, per assicurare un sostegno economico ai familiari delle persone direttamente impegnate per fronteggiare l'emergenza COVID-19, decedute nell'esercizio della propria funzione ed attività a causa del coronavirus, è disposta l’autorizzazione del Dipartimento della protezione civile a ricevere risorse finanziare derivanti da erogazioni liberali allo scopo espressamente finalizzate dal donante. Si prevede, inoltre, che con apposito decreto del Presidente del Consiglio vengano definite le modalità di individuazione dei beneficiari e di erogazione delle somme.

Capo II – Norme speciali in materia di riduzione dell'orario di lavoro e di sostegno ai lavoratori

Articoli 23 e 25
(Congedi parentali per lavoratori dipendenti pubblici e privati, autonomi, iscritti alla Gestione separata e del settore sanitario
e permessi per i sindaci)

 

 

Gli articoli 23 e 25, a seguito della sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado conseguente all’emergenza epidemiologica da COVID-19, riconoscono specifici congedi parentali e indennità in favore dei genitori lavoratori dipendenti, pubblici e privati, autonomi, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, o dipendenti del settore sanitario, pubblico e privato accreditato.

 

Congedo parentale per figli fino a 12 anni e indennità lavoratori autonomi

In conseguenza della suddetta sospensione (di cui al D.P.C.M. 4 marzo 2020), per il 2020, a decorrere dal 5 marzo, ai lavoratori pubblici e privati, nonché agli iscritti in via esclusiva alla Gestione separata INPS[72] con figli fino a 12 anni di età viene riconosciuto – alternativamente ad entrambi i genitori - uno specifico congedo parentale per un periodo (continuativo o frazionato) non superiore, complessivamente, a 15 giorni (art. 23, c. 1 e 3, e art. 25, c. 1).

Sul punto, il messaggio INPS 1516/2020 precisa che, a seguito dell’emanazione del D.P.C.M del 1° aprile 2020 - che prevede la proroga ulteriore del periodo di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado – su conforme parere ministeriale, sono prorogati fino al 13 aprile 2020 anche i termini per la fruizione dei 15 giorni di congedo previsti dall’art. 23 in commento.

I periodi di congedo parentale previsti dal Testo unico a tutela della maternità e paternità (artt. 32 e 33 del D.Lgs. 151/2001), fruiti dai genitori durante il periodo di sospensione dei servizi educativi sono convertiti nel suddetto congedo speciale, con diritto alla relativa indennità, e non sono computati o indennizzati a titolo di congedo parentale[73] (art. 23, c. 2). Per i genitori lavoratori dipendenti pubblici il congedo e la relativa indennità non spettano in tutti i casi in cui uno o entrambi i lavoratori stiano già fruendo di analoghi benefici (art. 25, c. 1).

La fruizione del congedo speciale è subordinata alla condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito, o disoccupato, o non lavoratore (art. 23, c. 4).

 

Le suddette previsioni – che concernono anche i genitori affidatari[74] (art. 22, c. 7) - si applicano a tutte le categorie di lavoratori citate, mentre la misura ed il calcolo della relativa indennità sono diversi a seconda della categoria considerata. In particolare, l’indennità è pari:

§  per i dipendenti pubblici e privati, al 50 per cento della retribuzione presa a riferimento per il calcolo dell’indennità di maternità, ossia la retribuzione media globale giornaliera del periodo di paga quadrisettimanale o mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo, ex art. 23 del D.Lgs. 151/2001 (art. 23, c. 1). Per espressa previsione del comma in esame, in questo caso non si applica il comma 2 del richiamato art. 23 - secondo cui all’importo così determinato va aggiunto il rateo giornaliero relativo alla gratifica natalizia o alla tredicesima mensilità e agli altri premi o mensilità o trattamenti accessori eventualmente erogati - e i relativi periodi sono coperti da contribuzione figurativa;

§  per i lavoratori iscritti in via esclusiva alla Gestione separata INPS, per ciascuna giornata indennizzabile, al 50 per cento di 1/365 del reddito individuato secondo la base di calcolo utilizzata per la determinazione dell’indennità di maternità (art. 23, c. 3).

Ai lavoratori autonomi iscritti alle relative gestioni pensionistiche speciali dell’INPS è riconosciuta la medesima indennità che è pari, per ciascuna giornata indennizzabile, al 50 per cento della retribuzione convenzionale giornaliera stabilita annualmente dalla legge a seconda della tipologia di lavoro autonomo svolto (art. 23, c. 3).

Il limite di età di 12 anni per la fruizione del suddetto congedo speciale non si applica in riferimento ai figli con disabilità grave iscritti a scuole di ogni ordine e grado o ospitati in centri diurni a carattere assistenziale (art. 23, c. 5).

In linea generale, le modalità operative per accedere al congedo speciale sono stabilite dall’INPS (art. 23, c. 10), mentre per i dipendenti pubblici l’erogazione dell’indennità e le modalità di fruizione sono definite dall’amministrazione pubblica con la quale intercorre il rapporto di lavoro (art. 25, c. 2).

Per quanto riguarda i benefici riconosciuti ai dipendenti privati e ai lavoratori autonomi, l’INPS provvede al monitoraggio delle domande pervenute. Qualora dal monitoraggio emerga il superamento, anche in via prospettica, dei limiti di spesa autorizzati per le suddette finalità (vedi infra), l’Istituto stesso procede al rigetto delle domande presentate (art. 23, c. 10).

 

Astensione dal lavoro per figli tra i 12 e i 16 anni

I dipendenti del settore privato con figli minori, di età compresa tra i 12 e i 16 anni, hanno diritto di astenersi dal lavoro per il periodo di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, senza corresponsione di indennità né riconoscimento di contribuzione figurativa, con divieto di licenziamento e diritto alla conservazione del posto di lavoro. Il suddetto diritto è riconosciuto a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito, in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa, o non lavoratore (art. 23, c. 6).

 

Voucher baby-sitting

Ai lavoratori dipendenti privati e agli iscritti in via esclusiva alla gestione separata, in alternativa alla fruizione del congedo speciale di cui all’articolo 22, comma 1, è riconosciuta la possibilità di usufruire della corresponsione di un bonus per l’acquisto di servizi di baby-sitting nel limite massimo complessivo di 600 euro, da utilizzare per prestazioni effettuate nel periodo di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche, erogato mediante il libretto di famiglia di cui all’art. 54-bis del D.L. 50/2017[75] (art. 23, c. 8, e art. 25, c. 1).

L’importo massimo del bonus è elevato, alle medesime condizioni, a mille euro per i lavoratori dipendenti del settore sanitario, pubblico e privato accreditato, appartenenti alla categoria dei medici, degli infermieri, dei tecnici di laboratorio biomedico, dei tecnici di radiologia medica e degli operatori sociosanitari, nonché per i dipendenti della Polizia di Stato e per il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico impiegato per l’emergenza epidemiologica (art. 25, c. 3). In tali casi, ai fini dell’accesso al bonus, il lavoratore presenta domanda all’INPS in via telematica, indicando la prestazione di cui vuole usufruire, il numero di giorni di indennità ovvero l’importo del bonus che intende utilizzare. Qualora dal monitoraggio delle domande, affidato all’INPS, emerga il superamento, anche in via prospettica, dei limiti di spesa autorizzati per la suddetta finalità (vedi infra), l’Istituto stesso procede al rigetto delle domande presentate (art. 25, c. 4).

Il suddetto bonus è riconosciuto anche ai lavoratori autonomi non iscritti all’INPS, subordinatamente alla comunicazione delle rispettive casse previdenziali del numero dei beneficiari (art. 23, c. 9).

Sul punto, la circolare INPS 44/2020 precisa che, nell’ipotesi in cui all’interno del medesimo nucleo familiare siano presenti più soggetti minori nel rispetto del limite d’età previsto dalla norma, sarà possibile percepire il bonus relativamente a tutti i minori presenti, ma nel limite del suddetto importo complessivo, dovendo indicare un importo parziale per ciascun minore.

La medesima circolare precisa, inoltre, la cumulabilità del suddetto voucher con il contributo per la frequenza dell’asilo nido. Il bonus baby-sitting, infatti, è erogato mediante Libretto Famiglia ed è destinato a remunerare il lavoratore occasionale che svolge assistenza e sorveglianza del minore nei periodi di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia. Resta quindi fermo il diritto a percepire il rimborso per il pagamento della retta dell’asilo per le mensilità riferite al periodo suddetto, sulla base della documentazione attestante l’effettivo sostenimento della spesa.

 

Limiti di spesa

I benefici summenzionati riferiti ai dipendenti privati, agli iscritti in via esclusiva alla gestione separata e ai lavoratori autonomi, sono riconosciuti nel limite di spesa di 1.261,1 milioni di euro per il 2020 (art. 23, c. 11), mentre quelli riferiti ai dipendenti pubblici e ai dipendenti del settore sanitario (pubblico e privato accreditato) e della Polizia di Stato sono riconosciuti nel limite massimo di spesa di 30 milioni di euro per il 2020 (art. 25, c. 5). Ai suddetti oneri si provvede ai sensi del successivo articolo 126 (cfr. la relativa scheda di lettura) (art. 23, c. 12 e art. 25, c. 7).

 

Permessi per i sindaci

Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica, viene disposta la possibilità di elevare a 72 il limite massimo di ore mensili entro cui è permesso ai sindaci di assentarsi dai rispettivi posti di lavoro (di cui all’art. 79, c. 4, del D.Lgs. 267/2000, testo unico degli enti locali). Per i sindaci dipendenti pubblici le assenze di cui sopra costituiscono servizio prestato a tutti gli effetti di legge.

La norma del TU sopra citata prevede che i componenti degli organi esecutivi dei comuni, delle province, delle città metropolitane, delle unioni di comuni, delle comunità montane e dei consorzi fra enti locali, e i presidenti dei consigli comunali, provinciali e circoscrizionali, nonché i presidenti dei gruppi consiliari delle province e dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, hanno diritto, oltre ai permessi per partecipare alle sedute dei rispettivi organi, di assentarsi dai rispettivi posti di lavoro per un massimo di 24 ore lavorative al mese, elevate a 48 ore per i sindaci, presidenti delle province, sindaci metropolitani, presidenti delle comunità montane, presidenti dei consigli provinciali e dei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti.

La disposizione in esame eleva dunque il monte ore di assenza esclusivamente in favore dei sindaci (art. 25, c. 6).


 

Articolo 24
(Estensione della durata dei permessi retribuiti
per assistenza familiari disabili)

 

 

L’articolo 24 incrementa di ulteriori complessivi dodici giorni, usufruibili nei mesi di marzo e aprile 2020, il numero di giorni di permesso retribuito riconosciuto dalla normativa vigente per l’assistenza di familiari disabili e coperto da contribuzione figurativa.

 

I suddetti 12 giorni ulteriori complessivi per i mesi di marzo e aprile 2020 si aggiungono, quindi, ai 3 giorni di permesso mensile previsti dall’articolo 33, comma 3, della L. 104/1992, diventando pari a 18 giorni totali per i due mesi citati (comma 1).

La circolare INPS 45/2020 specifica che i predetti 12 giorni possono essere fruiti anche consecutivamente nel corso di un solo mese, ferma restando la fruizione mensile dei tre giorni ordinariamente prevista, e che possono essere fruiti anche frazionandoli in ore.

 

Il beneficio è riconosciuto al personale sanitario compatibilmente con le esigenze organizzative delle aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale impegnati nell'emergenza COVID-19 e del comparto sanità (comma 2).

 

Nel corso dell’esame al Senato è stato specificato che, per il personale delle Forze di polizia, delle Forze armate, della Polizia Penitenziaria e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché per quello della polizia locale dei comuni, delle province e delle città metropolitane, il suddetto beneficio è riconosciuto compatibilmente con le esigenze organizzative dell'ente cui appartengono e con le preminenti esigenze di interesse pubblico da tutelare e che non è cumulabile con la possibilità per il medesimo personale di essere dispensato temporaneamente dalla presenza in servizio per ragioni riconducibili all’emergenza epidemiologica, di cui all’art. 87, c. 6, del provvedimento in esame (cfr. la relativa scheda di  lettura) (comma 2-bis).

 

Alla copertura degli oneri derivanti dalla disposizione in commento – pari, come riportato nella Relazione tecnica al provvedimento, a 590,5 milioni di euro – si provvede ai sensi del successivo articolo 126 (cfr. la relativa scheda di lettura) (comma 3).

 

I suddetti permessi retribuiti sono disciplinati dall’articolo 33, comma 2, della L. 104/1992 che riconosce il diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito (anche in maniera continuativa), coperto da contribuzione figurativa, al lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

Il suddetto diritto è riconosciuto a condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno e non può essere attribuito a più di un lavoratore dipendente per l'assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente.

Inoltre, il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

 


 

Articolo 26
(Misure urgenti per la tutela del periodo di quarantena o di permanenza domiciliare dei lavoratori e norme su altri periodi di assenza dal servizio)

 

 

I commi da 1 a 4 dell’articolo 26 recano alcune norme sul trattamento giuridico ed economico dei lavoratori per il periodo trascorso in quarantena, o in quarantena precauzionale o in permanenza domiciliare fiduciaria, sulla certificazione relativa a tali periodi, nonché sul trattamento dei lavoratori per alcune ipotesi di assenza dal servizio per motivi di salute; il Senato ha operato alcune riformulazioni di tali norme. Il comma 5 reca, con riferimento alle fattispecie summenzionate, un’autorizzazione di spesa per il finanziamento, a carico dello Stato, dei trattamenti economici già previsti dalle tutele vigenti per la malattia dei lavoratori (per la copertura finanziaria della spesa, il comma 7 rinvia all’articolo 126). Il comma 6 concerne la certificazione di malattia dei lavoratori per le infezioni relative al virus COVID-19.

 

In particolare, il comma 1 prevede che, per i lavoratori del settore privato, il periodo trascorso in quarantena, o in quarantena precauzionale o in permanenza domiciliare fiduciaria, in base alle misure di cui all’articolo 1, comma 2, lettere h) ed i), del D.L. 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla L. 5 marzo 2020, n. 13, e - secondo l’aggiornamento del riferimento inserito dal Senato[76] - di cui all'articolo 1, comma 2, lettere d) ed e), del D.L. 25 marzo 2020, n. 19 (D.L. in fase di conversione alle Camere), relative al contrasto della diffusione del virus COVID-19, sia equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non sia computabile ai fini del periodo di comporto (periodo durante il quale il lavoratore in malattia ha diritto alla conservazione del posto di lavoro). Una modifica inserita dal Senato specifica che la norma suddetta di cui al comma 1 fa riferimento ai soli lavoratori dipendenti.

Si valuti l'opportunità di chiarire se l’equiparazione riguardi anche i trattamenti o le quote di trattamento a carico dei datori di lavoro in base ai contratti collettivi, considerato che, da un lato, la disposizione richiama la normativa di riferimento e che, dall’altro, il successivo comma 5 riguarda anche gli oneri a carico dei datori di lavoro.

Per la disciplina relativa ai dipendenti pubblici dei profili in esame, si rinvia alla scheda di lettura del successivo articolo 87.

Il comma 3 specifica che, per i periodi di cui al comma 1, il medico curante redige il certificato di malattia con l’indicazione degli estremi del provvedimento che ha stabilito il regime di quarantena, o di quarantena precauzionale o di permanenza domiciliare fiduciaria (anche nel comma 3, come nel comma 1, il Senato ha operato l’aggiornamento dei riferimenti normativi). Al riguardo, il comma 4 reca una norma di salvezza dei certificati trasmessi prima dell’entrata in vigore del presente decreto. Si valuti l'opportunità di chiarire se la norma di salvezza riguardi i casi in cui i certificati fossero privi dell’indicazione dei suddetti estremi o anche casi di assenza del provvedimento sottostante (relativo alla quarantena o alla permanenza domiciliare).

Si valuti l'opportunità di chiarire se le disposizioni di cui ai commi 3 e 4 riguardino anche i lavoratori pubblici.

Il comma 2 dispone che, fino al 30 aprile 2020, per i lavoratori, pubblici e privati, rientranti in determinate ipotesi, il periodo di assenza dal servizio prescritto dalle competenti autorità sanitarie - o, secondo il riferimento aggiunto dal Senato, dal medico di assistenza primaria che ha in carico il paziente - sia equiparato al ricovero ospedaliero[77].

La norma riguarda i lavoratori che rientrino in una delle seguenti condizioni:

§  riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della L. 5 febbraio 1992, n. 104;

§  possesso di certificazione attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della citata L. n. 104[78]. Tale certificazione è rilasciata dai competenti organi medico-legali.

La versione approvata dal Senato specifica altresì che: il periodo di assenza dal servizio viene prescritto (come detto, dalle competenti autorità sanitarie o dal medico di assistenza primaria) sulla base documentata del riconoscimento di disabilità o delle certificazioni dei summenzionati organi medico-legali, i cui riferimenti devono essere indicati nel medesimo certificato di prescrizione; nessuna responsabilità, neanche di natura contabile, è imputabile al medico di assistenza primaria nell'ipotesi in cui il riconoscimento dello stato invalidante dipenda da fatto illecito di terzi.

Si valuti l'opportunità di chiarire se l’esclusione della responsabilità concerna anche le altre autorità sanitarie, competenti per la prescrizione del periodo di assenza dal servizio, nonché di chiarire (per l’individuazione dei periodi in oggetto) quale sia il termine temporale iniziale, considerato che il comma 2 si limita a porre il termine finale del 30 aprile 2020.

Il comma 5 prevede che, in deroga alle disposizioni vigenti, gli oneri a carico del datore di lavoro e degli enti previdenziali, connessi con le tutele di cui ai precedenti commi, siano posti a carico dello Stato, nel limite massimo di una spesa pari a 130 milioni di euro per il 2020. I datori presentano, ai fini suddetti, domanda all’ente previdenziale di riferimento. Gli enti previdenziali provvedono al monitoraggio del limite di spesa medesimo; qualora emerga che sia stato raggiunto, anche in via prospettica, il limite, gli stessi enti non prendono più in considerazione ulteriori domande. Si valuti l'opportunità di chiarire le modalità del monitoraggio, considerato che la relativa norma fa riferimento ad una pluralità di enti.

Per la copertura finanziaria dello stanziamento di cui al comma 5, il comma 7 fa rinvio al successivo articolo 126.

Il comma 6 specifica che, qualora il lavoratore si trovi in malattia accertata da COVID-19, il certificato è redatto dal medico curante nelle ordinarie modalità telematiche, senza necessità di alcun provvedimento da parte dell’operatore di sanità pubblica.

Si segnala che la rubrica del presente articolo fa riferimento ai soli lavoratori del settore privato, mentre qualche diposizione del medesimo articolo concerne anche i dipendenti pubblici.

 


 

Articoli da 27 a 31 e 38
(Indennità per alcune categorie di lavoratori)

 

 

Gli articoli da 27 a 31 e l’articolo 38 riconoscono in favore di alcune categorie di lavoratori un’indennità per il mese di marzo 2020, pari a 600 euro. Il beneficio può riguardare, a determinate condizioni: i liberi professionisti (titolari di partita IVA) iscritti alla cosiddetta Gestione separata INPS ed i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla medesima Gestione[79] (articolo 27); i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’INPS (relative agli artigiani, agli esercenti attività commerciali ed ai coltivatori diretti, mezzadri, coloni e imprenditori agricoli professionali) (articolo 28); i lavoratori dipendenti stagionali dei settori del turismo e degli stabilimenti termali (articolo 29); gli operai agricoli a tempo determinato (articolo 30); i lavoratori dello spettacolo (articolo 38).

 

Le indennità in esame (come specificato in ciascuno degli articoli da 27 a 30 e nell’articolo 38) non concorrono alla formazione del reddito fiscale imponibile (ai fini delle imposte sui redditi). Le medesime indennità - ai sensi dell’articolo 31 - non sono cumulabili tra di esse e non spettano qualora il soggetto sia titolare del Reddito di cittadinanza[80].

L’indennità è riconosciuta dall’INPS, su domanda, fino a concorrenza delle risorse stanziate, per le varie categorie di lavoratori, da ciascuno degli articoli da 27 a 30 e 38 (i quali, per la relativa copertura, fanno rinvio al successivo articolo 126). L'INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa posto da ciascuno dei suddetti articoli e comunica i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze. Qualora dal monitoraggio emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto ad un limite di spesa, non sono adottati altri provvedimenti concessori (relativamente alle indennità oggetto di tale limite).

Riguardo ad altre categorie di soggetti, si ricorda che:

§  il D.M. 28 marzo 2020, emanato in base al successivo articolo 44 (alla cui scheda si rinvia), prevede, a determinate condizioni e nel limite di spesa di 200 milioni di euro per il 2020, il riconoscimento dell’indennità di 600 euro ai lavoratori autonomi iscritti alle forme di previdenza obbligatoria gestite dagli enti di diritto privato di cui al D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, e al D.Lgs. 10 febbraio 1996, n. 103[81]. La disciplina posta dal suddetto D.M. 28 marzo 2020 è stata successivamente modificata dall’articolo 34 del D.L. 8 aprile 2020, n. 23, attualmente in fase di conversione alle Camere;

§  il successivo articolo 96 (alla cui scheda si rinvia) prevede il riconoscimento dell’indennità di 600 euro, sempre per il mese di marzo 2020, in favore di titolari di rapporti di collaborazione presso federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva, società e associazioni sportive dilettantistiche (tale indennità è erogata dalla società Sport e salute S.p.A.).

 

Più in particolare, riguardo alle singole categorie di beneficiari dell’indennità in oggetto ed al relativo limite di spesa:

§  l’articolo 27 riconosce, nel limite di spesa di 203,4 milioni di euro per il 2020, l’indennità in favore di liberi professionisti (titolari di partita IVA) iscritti alla suddetta Gestione separata INPS e di titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (iscritti alla medesima Gestione), qualora i soggetti non siano titolari di pensione e non siano iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie - riguardo a quest’ultima norma, la circolare INPS n. 49 del 30 marzo 2020 limita l’ambito dell’esclusione ai casi di iscrizione ad altra forma alla data della presentazione della domanda (domanda relativa al beneficio in oggetto) -. Con riferimento sia all’articolo 27 sia all’articolo 28, si osserva che l’indennità ivi prevista sembra doversi cumulare con l’indennità riconosciuta dall’articolo 44-bis (alla cui scheda si rinvia);

§  l’articolo 28 riconosce, nel limite di spesa di 2.160 milioni di euro per il 2020, l’indennità in favore dei lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’INPS - relative agli artigiani, agli esercenti attività commerciali ed ai coltivatori diretti, mezzadri, coloni e imprenditori agricoli professionali -, qualora tali soggetti non siano titolari di pensione e non siano iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie (anche riguardo a quest’ultima norma, la circolare INPS n. 49 del 30 marzo 2020 limita l’ambito dell’esclusione ai casi di iscrizione ad altra forma alla data della presentazione della domanda); l’esclusione non concerne i casi in cui l’iscritto ad una delle gestioni speciali sia iscritto anche alla suddetta Gestione separata INPS[82] (fermo restando il divieto di cumulo delle indennità, ai sensi dell’articolo 31). Si valuti l’opportunità di chiarire se i soggetti che siano iscritti a più di una delle suddette Gestioni speciali rientrino nel beneficio in esame. La circolare INPS n. 49 del 30 marzo 2020 rileva che, per gli iscritti alla gestione relativa agli esercenti attività commerciali, l’iscrizione anche alla "previdenza integrativa obbligatoria presso l’Enasarco" non preclude l’accesso al beneficio;

§  l’articolo 29 riconosce, nel limite di spesa di 103,8 milioni di euro per il 2020, l’indennità in favore dei lavoratori dipendenti stagionali dei settori del turismo e degli stabilimenti termali che abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e la data di entrata in vigore della presente disposizione (17 marzo 2020) e che non siano titolari di pensione né titolari di rapporto di lavoro dipendente alla suddetta data di entrata in vigore. La citata circolare INPS n. 49 del 30 marzo 2020 - facendo riferimento ai casi in cui l’ultimo rapporto di lavoro stagionale (con un datore di lavoro rientrante nei settori del turismo e degli stabilimenti termali) sia cessato nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 17 marzo 2020 - ricomprende nel beneficio anche i casi in cui, nel periodo temporale indicato, il rapporto di lavoro sia cessato per la scadenza del termine previsto dal medesimo contratto. La circolare opera anche la ricognizione delle attività rientranti nei suddetti settori. Si valuti l'opportunità di chiarire la nozione di lavoratore stagionale ai fini in oggetto;

§  l’articolo 30 riconosce, nel limite di spesa di 396 milioni di euro per il 2020, l’indennità in favore degli operai agricoli a tempo determinato che non siano titolari di pensione e che nel 2019 abbiano svolto almeno 50 giornate effettive di attività di lavoro agricolo;

§  l’articolo 38 riconosce, nel limite di spesa di 48,6 milioni di euro per il 2020, l’indennità in favore di lavoratori iscritti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo[83], che abbiano almeno 30 contributi giornalieri versati nell’anno 2019 al medesimo Fondo, da cui derivi un reddito non superiore a 50.000 euro, e che non siano titolari di pensione né titolari di rapporto di lavoro dipendente alla data del 17 marzo 2020.

Riguardo alla condizione, posta dai vari articoli in esame, di assenza di titolarità di un trattamento pensionistico, la suddetta circolare INPS n. 49 del 30 marzo 2020 fa riferimento esclusivo ai trattamenti diretti; la titolarità di un trattamento pensionistico in favore di superstite non preclude, dunque, l’accesso ai benefici in oggetto.


 

Articolo 32
(Proroga del termine di presentazione delle domande di disoccupazione agricola nell’anno 2020)

 

 

L’articolo 32 proroga dal 31 marzo 2020 al 1° giugno 2020 il termine di presentazione delle domande per i trattamenti di disoccupazione agricola, relative agli eventi di disoccupazione verificatisi nell’anno 2019[84].

 

Resta salva la validità delle domande già presentate.

La proroga concerne (con riferimento ai soggetti residenti o domiciliati nell’intero territorio nazionale) i trattamenti di disoccupazione relativi agli operai agricoli, a tempo determinato o indeterminato, ai piccoli coloni, ai compartecipanti familiari, nonché ai piccoli coltivatori diretti che integrino le giornate di iscrizione negli elenchi dei giornalieri di campagna fino alla concorrenza di 51 giornate annue[85].

La norma di proroga di cui al presente articolo 32 è oggetto della circolare INPS n. 49 del 30 marzo 2020[86].


 

Articolo 33
(Proroga dei termini in materia di domande
di disoccupazione NASpI e DIS-COLL)

 

 

L’articolo 33 amplia da sessantotto a centoventotto giorni il termine di decadenza per la presentazione della domanda di NASpI (Nuova assicurazione sociale per l’impiego) e di DIS-COLL (Indennità di disoccupazione per i collaboratori coordinati e continuativi), decorrenti dalla cessazione del rapporto di lavoro, e di sessanta giorni i termini previsti per la presentazione della richiesta di incentivo per l’autoimprenditorialità.

 

Nel dettaglio, in considerazione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, la suddetta proroga a 128 giorni del termine per la presentazione della domanda di NASpI e DIS-COLL – termine fissato a 68 giorni dagli articoli 6, comma 1, e 15, comma 8, del D.Lgs. 22/2015 - opera per gli eventi di cessazione involontaria dall’attività lavorativa verificatisi dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2020 (comma 1).

 

Per le domande di NASpI[87] e DIS-COLL[88] presentate oltre il termine ordinario decadenziale posto dagli artt. 6, c. 2, e 15, c. 9, del D.Lgs. 22/2015 viene fatta salva la decorrenza della prestazione dal sessantottesimo giorno successivo alla data di cessazione del rapporto di lavoro (comma 2).

In particolare, gli articoli richiamati dispongono che l’indennità decorre dall’ottavo giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro o, qualora la domanda sia presentata successivamente, dal primo giorno successivo alla presentazione della domanda.

Sul punto, la circolare INPS 49/2020 precisa che le prestazioni in oggetto spettano a decorrere:

§  dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro, se la domanda è presentata entro l’ottavo giorno;

§  dal primo giorno successivo alla data di presentazione della domanda, nel caso in cui la domanda sia stata presentata successivamente all’ottavo giorno;

§  dal sessantottesimo giorno successivo alla data di cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro, se la domanda è presentata oltre il termine ordinario di 68 giorni dalla data di cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro.

Pertanto, le domande riferite ad eventi di cessazione involontaria intervenuti dal 1° gennaio 2020 che fossero state, nel frattempo, respinte perché presentate fuori termine (oltre il sessantottesimo giorno), devono essere riesaminate d’ufficio in attuazione delle disposizioni illustrate.

 

Vengono, inoltre, elevati da 30 a 90 giorni i termini (comma 3):

§  per la presentazione della domanda per la liquidazione anticipata della NASpI, in un’unica soluzione, a titolo di incentivo all'avvio di un'attività imprenditoriale (di cui all’articolo 8, comma 3, del D.Lgs. 22/2015);

§  per la comunicazione all’INPS, da parte del percettore di NASpI o DIS-COLL, a pena di decadenza dal beneficio, dell’inizio di un’attività di lavoro subordinato o autonomo, al fine della rideterminazione dell’importo dell’indennità (ex artt. 9, c. 2 e 3, 10, c. 1, e 15, c. 12, del D.Lgs. 22/2015).

La richiamata circolare INPS 49/2020 specifica che le prestazioni di NASpI e DIS-COLL poste in decadenza per il mancato adempimento dei suddetti obblighi di comunicazione devono essere riesaminate d’ufficio qualora l’attività lavorativa per la quale è richiesta la comunicazione del reddito annuo presunto sia stata intrapresa a fare data dal 1°gennaio 2020.

Sul punto, per l'ipotesi in cui non si voglia dare carattere strutturale all’ampliamento dei termini operato dal citato comma 3, si valuti l'opportunità di richiamare il periodo temporale di cui al comma 1 dell’articolo in commento.

 

Si ricorda che, in base a quanto disposto dall’art. 8 del più volte richiamato D.Lgs. 22/2015, il lavoratore che ha diritto alla corresponsione della NASpI può richiedere la liquidazione anticipata, in unica soluzione, dell'importo complessivo del trattamento che gli spetta e che non gli è stato ancora erogato, a titolo di incentivo all'avvio di un'attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o per la sottoscrizione di una quota di capitale sociale di una cooperativa nella quale il rapporto mutualistico ha ad oggetto la prestazione di attività lavorative da parte del socio.


 

Articolo 34
((Sospensione termini in materia previdenziale e assistenziale)

 

 

L’articolo 34 sospende i termini relativi a prestazioni erogate da INPS ed INAIL.

 

La disposizione, in particolare, sospende di diritto, dal 23 febbraio 2020 e sino al 1° giugno 2020, il decorso dei termini decadenziali (comma 1) e prescrizionali (comma 2) relativi a prestazioni previdenziali, assistenziali e assicurative erogate da INPS ed INAIL, in considerazione della emergenza epidemiologica da COVID-19.

La relazione tecnica precisa che dalla disposizione non derivano oneri per la finanza pubblica.

Sotto il profilo redazionale, si valuti l’opportunità di coordinare tali previsioni con il successivo articolo 42, comma 1, che opera, per lo stesso periodo, una sospensione di termini più specifica (con riferimento all’INAIL).

 

Con riferimento al presente articolo, è intervenuta la circolare dell’INPS. n. 50/2020, nella quale si elencano le fattispecie specifiche cui la norma fa riferimento in termini generali.  A titolo esemplificativo e non esaustivo, rientrano nell’ambito di applicazione della norma in esame i termini di decadenza, previsti dalle vigenti disposizioni di legge, per la presentazione delle seguenti domande:

 

a)   riconoscimento dei requisiti e delle condizioni per il diritto alla pensione anticipata in favore dei lavoratori c.d. precoci, di cui all’articolo 1, comma 199 e ss., della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (termine del 1° marzo 2020);

 

b)   riconoscimento dei requisiti e delle condizioni per il diritto all’indennità c.d. APE sociale, di cui all’articolo 1, commi 179 e ss., della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (termine del 31 marzo 2020);

 

c)    riconoscimento dei requisiti e delle condizioni per il diritto alla pensione di inabilità per soggetti affetti da malattie, di origine professionale, derivanti da esposizione all’amianto, ai sensi dell’articolo 1, commi 250 e 250 bis, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (termine del 31 marzo 2020);

 

d)   riconoscimento dello svolgimento di attività lavorative particolarmente faticose e pesanti, di cui al decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67, come modificato dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e dalla legge 11 dicembre 2016, n. 232 (termine del 1° maggio 2020);

 

e)   pensionamento anticipato per i lavoratori del settore editoria, di cui all’articolo 37, comma 1, lettera a), della legge 5 agosto 1981, n. 416;

 

f)    conferma dell’assegno ordinario di invalidità, di cui all’articolo 1, comma 7, della legge 12 giugno 1984, n. 222. 

 

 

 

 

 

 


 

Articolo 35
(Disposizioni in materia di terzo settore)

 

 

L’articolo 35, rinvia al 31 ottobre 2020 il termine entro il quale le Onlus, le organizzazioni di volontariato (ODV) e le Associazioni di promozione sociale (ASP) devono adeguare i propri statuti alle disposizioni contenute nel Codice del terzo settore.

Entro lo stesso termine del 31 ottobre 2020, le imprese sociali possono modificare i propri statuti con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell'assemblea ordinaria.

Ai sensi del comma 3, per quanto riguarda l’approvazione dei bilanci, viste le misure poste in essere nel periodo emergenziale e la conseguente difficoltà di convocare gli organi sociali, viene rinviato al 31 ottobre 2020 il termine utile per l’approvazione dei bilanci di esercizio delle Onlus, delle ODV e delle ASP, per le quali la scadenza del termine di approvazione ricade all’interno del periodo emergenziale. Nel corso dell’esame al Senato, è stato aggiunto un periodo al comma 3 con l’obiettivo di chiarire che le medesime organizzazioni e associazioni sono autorizzate a svolgere le attività correlate ai fondi cinque per mille per l'anno 2017 entro il 31 ottobre 2020 e che alla medesima data del 31 ottobre 2020 sono prorogati i termini di rendicontazione di eventuali progetti assegnati sulla base di leggi nazionali e regionali.

Inoltre, per il solo 2020, il comma 3-bis, ha modificato il termine per la redazione del rendiconto sull'utilizzo delle somme percepite dal cinque per mille (18 mesi dalla data di ricezione delle somme medesime in luogo di un anno).

Al Senato è stato poi introdotto il comma 3-ter, che applica le disposizioni del comma 3 alle Associazioni e Fondazioni, alle Associazioni non riconosciute e ai Comitati nonché agli enti pubblici e privati diversi dalle società, ai trust che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale, nonché agli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato.

Infine, sempre al Senato, è stata approvata una modifica all'art. 26, comma 3, della legge 125/2014 che proroga di un anno la cadenza (da “almeno biennale” a “almeno triennale”) della verifica e del controllo della capacità e dell'efficacia acquisita dai “soggetti della cooperazione” (comma 3-quater).

 

Il comma 1 dell’articolo in esame, rinvia dal 30 giugno 2020 al 31 ottobre 2020, il termine entro il quale le Onlus, le organizzazioni di volontariato (ODV) e le Associazioni di promozione sociale (ASP) devono adeguare i propri statuti alle disposizioni contenute nel Codice del terzo settore (D.Lgs. 117/2017) utilizzando le maggioranze semplificate. Inoltre, fino al 31 ottobre 2020, continuano ad applicarsi le norme previgenti ai fini e per gli effetti derivanti dall'iscrizione degli enti nei registri Onlus, ODV, ASP.

 

Il D.Lgs. 117/2017 Codice del Terzo settore, entrato in vigore il 3 agosto 2017, provvede "al riordino e alla revisione organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del Terzo settore, compresa la disciplina tributaria applicabile a tali enti" configurandosi come uno strumento unitario in grado di garantire la "coerenza giuridica, logica e sistematica" di tutte le componenti del Terzo settore. Il Codice prescrive l'obbligo, per gli enti del Terzo settore, qualificati nello statuto come ETS, di iscriversi nel Registro unico nazionale del Terzo settore (Runts) e di indicare gli estremi dell'iscrizione negli atti, nella corrispondenza e nelle comunicazioni al pubblico. L’iscrizione nel Runts dà diritto ad accedere alle agevolazioni previste per il terzo settore e dà la possibilità di stipulare convenzioni con amministrazioni pubbliche per lo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale. Il Codice, in vigore dal 3 agosto 2017, aveva previsto che il Registro fosse pienamente operativo a febbraio 2019, in quanto aveva concesso un anno di tempo per l'adozione dei provvedimenti attuativi a livello nazionale (decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni) e ulteriori sei mesi alle Regioni per provvedere agli aspetti di propria competenza. Attualmente, il decreto istitutivo del RUNTS non risulta ancora emanato. Pertanto, nel periodo transitorio, continua a valere l'iscrizione ad uno dei registri attualmente previsti dalle normative di settore (Registro delle associazioni di promozione sociale, il Registro delle organizzazioni di volontariato, Albi regionali delle cooperative sociali).

 

Il comma 2 rinvia dal 30 giugno 2020 al 31 ottobre 2020 il termine entro il quale le imprese sociali si adeguano alle disposizioni del D.Lgs. 112/2017. Entro il medesimo termine del 31 ottobre, possono modificare i propri statuti con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell'assemblea ordinaria.

 

Il D.Lgs. 112/2017 Revisione della disciplina in materia di impresa sociale ha  definito imprese sociali "tutti gli enti privati che esercitano in via stabile e principale un'attività d'impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attività". Non possono acquisire la qualifica di impresa sociale le società costituite da un unico socio persona fisica, le amministrazioni pubbliche (incluse le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni e gli enti locali e loro consorzi e associazioni, tutti gli enti pubblici non economici, nazionali regionali locali), e gli enti i cui atti costitutivi limitino, anche indirettamente, l'erogazione dei beni e dei servizi in favore dei soli soci o associati. Agli enti religiosi civilmente riconosciuti le norme del Decreto 112/2017 si applicano a particolari condizioni. Le cooperative sociali e i loro consorzi acquisiscono di diritto la qualifica di imprese sociali. Ad esse le disposizioni del Decreto 112/2017 si applicano nel rispetto della normativa specifica delle cooperative ed in quanto compatibili.

 

Ai sensi del comma 3, per il 2020, le ONLUS, iscritte negli appositi registri, le ODV, iscritte nei registri regionali e delle province autonome, e le APS, iscritte nei registri nazionali, regionali e delle province autonome, per le quali la scadenza del termine di approvazione dei bilanci di esercizio ricade all’interno del periodo emergenziale (1° febbraio-31 luglio 2020), possono approvare il proprio bilancio entro il 31 ottobre 2020, anche in deroga alle previsioni di legge, regolamento o statuto.

Tale disposizione, ai sensi del comma 3-ter (v. infra), è estesa anche ai soggetti elencati dal medesimo comma.

 

In merito ai rinvii normativi identificativi degli enti, si segnala che l’articolo 102 del Codice del Terzo settore dispone numerose abrogazioni. Esse sono diversamente modulate, quanto a decorrenza. Per quanto qui interessa, vengono fatti salvi l’art. 10 (Disposizioni riguardanti le organizzazioni non lucrative di utilità sociale) del D.Lgs. 460/1997 e l’articolo 7 (Registri nazionale, regionali e provinciali) della legge 383/2000 da abrogare a decorrere dalla data di operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS) e pertanto ancora in vigore. Il già citato art. 102 del Codice, al comma 1, abroga la legge 266/1991, rinviando l’abrogazione di alcuni suoi articoli (art. 8, comma 2, primo periodo e comma 4; art. 12, comma 2;art. 6) alla data di operatività del RUNTS.

Si valuti pertanto l’opportunità di rinviare, nel corpo del comma in esame, espressamente all’art. 6 (Registri delle organizzazioni di volontariato istituiti dalle regioni e dalle province autonome) della legge 266/1991.

 

Nel corso dell’esame al Senato, è stato aggiunto un periodo al comma 3 con l’obiettivo di chiarire che le medesime organizzazioni e associazioni sono autorizzate a svolgere le attività correlate ai fondi cinque per mille per l'anno 2017 entro il 31 ottobre 2020 e che alla medesima data del 31 ottobre 2020 sono prorogati i termini di rendicontazione di eventuali progetti assegnati sulla base di leggi nazionali e regionali.

Tale ultima disposizione, ai sensi del comma 3-ter (v. infra), sembra essere estesa anche ai soggetti elencati dal medesimo comma, se destinatari del contributo del 5 per mille.

 

Sempre in tema di cinque per mille, per il solo 2020, il comma 3-bis, ha modificato il termine per la redazione del rendiconto sull'utilizzo delle somme percepite dal cinque per mille (18 mesi dalla data di ricezione delle somme medesime in luogo di un anno).

 

In attuazione dell'art. 9, comma 1, lett. c) e d) della Legge 106/2016 recante "Delega al Governo per la riforma del Terzo Settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale” è stato emanato il D.lgs. 111/2017 che ha ridisciplinato l'istituto del cinque per mille, demandando l'attuazione degli artt. 4, 5, 6 e 8 a un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, non ancora adottato. Al proposito, si ricorda che, nel corso dell’esame al Senato, è stato accolto l’ODG  n. G/1766/60/5 (testo 2) che, fra l’altro, impegna il Governo ad emanare il predetto Dpcm previsto dal D.lgs. 111/2017 entro due settimane, e ad erogare ai beneficiari le risorse cinque per mille del 2018 entro giugno 2020 e quelle del 2019 entro dicembre 2020.

Nel periodo transitorio, in attesa dell’operatività del Runts, il 5 per mille è destinato a sostegno delle seguenti finalità:

1      sostegno degli enti del volontariato:

·      organizzazioni di volontariato di cui alla legge n. 266 del 1991;

·      Onlus - Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (articolo10 del D.lgs 460/1997);

·      cooperative sociali e i consorzi di cooperative sociali di cui alla legge n. 381 del 1991;

·      organizzazioni non governative già riconosciute idonee ai sensi della legge n. 49 del 1987 alla data del 29 agosto 2014 e iscritte all’Anagrafe unica delle ONLUS su istanza delle stesse (art. 32, comma 7 della Legge n. 125 del 2014);

·      enti ecclesiastici delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti accordi e intese, Onlus parziali ai sensi del comma 9 dell’art. 10 del D. Lgs. n. 460 del 1997;

·      associazioni di promozione sociale le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell’Interno, Onlus parziali ai sensi del comma 9 dell’art. 10 del D. Lgs. n. 460 del 1997;

·      associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e provinciali (articolo 7 della legge 383/2000);

·      associazioni e fondazioni di diritto privato che operano nei settori indicati dall’articolo10, comma 1, lettera a) del D.lgs 460/1997;

2      finanziamento agli enti della ricerca scientifica e dell’università;

3      finanziamento agli enti della ricerca sanitaria;

4      sostegno delle attività sociali svolte dal Comune di residenza del contribuente;

5      sostegno alle associazioni sportive dilettantistiche riconosciute ai fini sportivi dal Coni a norma di legge che svolgono una rilevante attività di interesse sociale.

Inoltre, tra le finalità alle quali può essere destinata, a scelta del contribuente, una quota pari al 5 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche sono inserite:

       il finanziamento delle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici (articolo 23, comma 46, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111). Con il DPCM 28 luglio 2016 - pdf sono state stabilite le modalità di richiesta, le liste dei soggetti ammessi al riparto e le modalità di riparto delle somme

       il sostegno agli enti gestori delle aree protette (articolo 17-ter del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172).

 

Inoltre, ai sensi del comma 3-ter, introdotto al Senato, le disposizioni del comma 3 valgono anche per le Associazioni e le Fondazioni (enti disciplinati dal Capo II, Titolo II del Libro I del Codice Civile), per le Associazioni non riconosciute e i Comitati (enti disciplinati dal Capo III, Titolo II del Libro I del Codice Civile) nonché per gli enti pubblici e privati diversi dalle società, per i trust, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale, nonché per gli organismi di investimento collettivo del risparmio, residenti nel territorio dello Stato (di cui all'art. 73, comma 1, lettera c) del D.P.R.917/1986).

 

Infine, il comma 3-quater, aggiunto al Senato, reca una modifica all'art. 26, comma 3, della legge 125/2014 Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo. La novella proroga di un anno la cadenza (da “almeno biennale” a “almeno triennale”) della verifica e del controllo delle capacità e dell'efficacia acquisita, nella cooperazione allo sviluppo, dalle organizzazioni della società civile e dagli altri soggetti senza finalità di lucro che la legge 125/2014 definisce “soggetti della cooperazione”. Si ricorda che la verifica e il controllo sono effettuati dal  Comitato congiunto per la cooperazione e lo sviluppo, che ne fissa anche i parametri e i criteri. Dopo tale verifica e controllo, i soggetti della cooperazione sono iscritti in apposito elenco pubblicato e aggiornato periodicamente dall'Agenzia per la Cooperazione allo sviluppo.

 

I soggetti della cooperazione, come individuati dalla legge 125/2014 sono:

a) organizzazioni non governative (ONG) specializzate nella cooperazione allo sviluppo e nell'aiuto umanitario;

b) organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) statutariamente finalizzate alla cooperazione allo sviluppo e alla solidarietà internazionale;

c) organizzazioni di commercio equo e solidale, della finanza etica e del microcredito che nel proprio statuto prevedano come finalità prioritaria la cooperazione internazionale allo sviluppo;

d) le organizzazioni e le associazioni delle comunità di immigrati che mantengano con le comunità dei Paesi di origine rapporti di cooperazione e sostegno allo sviluppo o che collaborino con soggetti provvisti dei requisiti di cui al presente articolo e attivi nei Paesi coinvolti;

e) le imprese cooperative e sociali, le organizzazioni sindacali dei lavoratori e degli imprenditori, le fondazioni, le organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e le associazioni di promozione sociale di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383, qualora i loro statuti prevedano la cooperazione allo sviluppo tra i fini istituzionali;

f) le organizzazioni con sede legale in Italia che godono da almeno quattro anni dello status consultivo presso il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC).


 

Articolo 35-bis
(Periodi continuativi di attività del personale volontario
impegnato nella protezione civile)

 

 

L'articolo 35-bis - introdotto durante l'esame presso il Senato - reca una disposizione derogatoria rispetto a previsione dell'articolo 39, comma 2 del decreto legislativo n. 1 del 2018 ossia il Codice della protezione civile.

Essa concerne il personale volontario impegnato nelle attività di protezione civile nell'emergenza dettata dal Covid-19.

 

L'articolo 39 del Codice concerne strumenti per consentire l'effettiva partecipazione dei volontari alle attività di protezione civile.

Dispone a tal fine che ai volontari (aderenti a soggetti iscritti nell'Elenco nazionale del volontariato di protezione civile, impiegati in attività di soccorso ed assistenza per eventi emergenziali di protezione civile) siano garantiti (mediante autorizzazione): a) il mantenimento del posto di lavoro pubblico o privato; b) il mantenimento del trattamento economico e previdenziale da parte del datore di lavoro pubblico o privato; c) la copertura assicurativa (a determinate condizioni).

Tali garanzie - recita la disposizione vigente - sono assicurate al personale volontario in relazione al periodo di effettivo impiego che il datore di lavoro è tenuto a consentire, per un periodo non superiore a trenta giorni continuativi e fino a novanta giorni nell'anno.

Tuttavia in occasione di situazioni di emergenza di rilievo nazionale, i limiti massimi previsti per l'utilizzo dei volontari possono essere elevati "fino a sessanta giorni continuativi" e fino a centottanta giorni nell'anno (su autorizzazione del Dipartimento della protezione civile, e per i casi di effettiva necessità singolarmente individuati).

La deroga che si viene a prevedere riguarda quel limite di sessanta giorni continuativi - non già l'altro di centottanta giorni nell'anno, il quale rimane invariato.

Si viene a prevedere infatti che i periodi continuativi siano "elevati fino a centottanta giorni", per il personale volontario impegnato nelle attività di protezione civile connesse alla situazione di emergenza di rilievo nazionale dettata dall'epidemia di Covid-19, decretata per la durata di sei mesi con delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020.

Parrebbe non modificata la modalità di determinazione prescritta dalla disposizione vigente: si è ricordato, autorizzazione del Dipartimento di protezione civile, per i casi di necessità singolarmente individuati.


 

Articolo 36
(Deroghe in favore degli istituti di patronato
e di assistenza sociale)

 

 

L’articolo 36, modificato dal Senato, reca alcune deroghe in favore degli istituti di patronato e di assistenza sociale in considerazione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.

 

Nel dettaglio, si dispone che i suddetti istituti possono (comma 1):

§  fino alla cessazione dello stato di emergenza sanitaria e in deroga a quanto disposto dall’art. 4 del regolamento di cui al decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali del 10 ottobre 2008, n. 193, acquisire il mandato di patrocinio in via telematica, fermo restando che la immediata regolarizzazione del citato mandato ai sensi della normativa vigente deve intervenire una volta cessata l'attuale situazione emergenziale prima della formalizzazione della relativa pratica all'istituto previdenziale (lett. a));

Il richiamato art. 4 dispone che il mandato rilasciato all'istituto di patronato, agli effetti della tutela in sede amministrativa, è trasmesso, a cura dell'istituto stesso, all'amministrazione competente alla definizione della prestazione richiesta. Il mandato, firmato dal mandante e dall'operatore autorizzato dall'istituto di patronato a riceverlo, deve contenere: l'espressa indicazione del mandatario; la data e l'oggetto del mandato; l'indicazione della sede dell'istituto di patronato delegata a trattare la pratica; le esplicite dichiarazioni sulla tutela dei dati personali. Copia del mandato (o idonea documentazione attestante il conferimento del mandato stesso) è rilasciata all'assistito. Qualora le modalità operative prevedano il colloquio telematico con le amministrazioni destinatarie dell'intervento, il mandato è trasmesso con le medesime modalità.

§  in deroga a quanto disposto dall’art. 7 del richiamato regolamento di cui al decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali del 10 ottobre 2008, n. 193, predisporre una riduzione degli orari di apertura al pubblico. Inoltre, tenuto conto della necessità attuale di ridurre il numero di personale presente negli uffici e di diminuire l'afflusso dell'utenza, il servizio all'utenza è modulato (come disposto nel corso dell’esame al Senato, in luogo dell’attuale possibilità di modulazione), assicurando l'apertura delle sedi solo nei casi in cui non sia possibile operare mediante l'organizzazione dell'attività con modalità a distanza (lett. b));

In base al richiamato art. 7, le sedi degli istituti di patronato sono tenute a garantire un numero minimo di ore di apertura al pubblico, nonché di unità di personale.

In particolare:

§  alla sede centrale devono essere addetti, in via esclusiva, almeno 12 operatori, di cui non meno di sei a tempo pieno;

§  alla sede regionale deve essere addetto almeno un operatore a tempo pieno;

§  le sedi provinciali devono avvalersi di almeno due operatori (di cui uno a tempo pieno responsabile della sede stessa) e osservare un orario di apertura al pubblico non inferiore a 30 ore settimanali;

§  alla sede zonale deve essere addetto almeno un operatore (anche a tempo parziale) e l'orario di lavoro non può essere inferiore a 18 ore settimanali complessive, di cui non meno di 10 di apertura al pubblico.

§  comunicare entro il 30 giugno 2020 sia il rendiconto dell'esercizio finanziario 2019 (che invece, in base all’art. 14, c. 1, lett. b), della L. 152/2001 deve essere comunicato entro 3 mesi dalla chiusura dell’esercizio finanziario), sia i nominativi dei componenti degli organi di amministrazione e di controllo, i dati riassuntivi e statistici dell'attività assistenziale svolta nell'anno 2019 e quelli relativi alla struttura organizzativa in Italia e all'estero (che invece, in base all’art. 14, c. 1, lett. c), della L. 152/2001, devono essere comunicati entro il 30 aprile di ciascun anno) (lett. c)).


 

Articolo 37
(Sospensione dei termini per il pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria per i lavoratori domestici. Sospensione dei termini di prescrizione delle contribuzioni
di previdenza e assistenza sociale obbligatoria
[89])

 

 

L’articolo 37 sospende i termini relativi ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria dovuti dai datori di lavoro domestico (comma 1) e i termini prescrizionali riguardanti le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria (comma 2).

 

La disposizione, modificata in sede referente al Senato[90], dispone che restino sospesi, per il periodo dal 23 febbraio 2020 al 31 maggio 2020, i termini relativi ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria dovuti dai datori di lavoro domestico, i quali non avranno, peraltro, diritto al rimborso dei contributi e dei premi gia? versati.

I pagamenti sospesi ai sensi del “presente articolo” sono effettuati entro il 10 giugno 2020, senza applicazione di sanzioni e interessi (comma 1). A questo proposito, il riferimento alla sospensione dei pagamenti dovrebbe riguardare il comma stesso e non “il presente articolo”, visto che il comma successivo reca una disciplina differente della sospensione.

Con riferimento ai termini prescrizionali riguardanti le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria (sulla base della modifica approvata dal Senato), di cui all’articolo 3, comma 9, della legge 8 agosto 1995 n. 335 (cfr. infra), si dispone che restino sospesi per il periodo dal 23 febbraio 2020 al 30 giugno 2020 e riprendano a decorrere dalla fine del periodo di sospensione.

 

L’articolo 3, comma 9, della legge 8 agosto 1995 n. 335, prevede che “le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono e non possono essere versate con il decorso dei termini di seguito indicati:

a)    dieci anni per le contribuzioni di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie, compreso il contributo di solidarietà previsto dall'articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 29 marzo 1991, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° giugno 1991, n. 166, ed esclusa ogni aliquota di contribuzione aggiuntiva non devoluta alle gestioni pensionistiche. A decorrere dal 1° gennaio 1996 tale termine è ridotto a cinque anni salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti;

b)   cinque anni per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria.”

 

 

Ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l'inizio stesso e? differito alla fine del periodo (comma 2).

La circolare Inail n. 11, del 27 marzo 2020, precisa che, ancorché l’articolo 37 sia intitolato “Sospensione dei termini per il pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria per i lavoratori domestici”, questa norma ha portata generale.

 

Pertanto, prosegue la Circolare, “in attuazione della disposizione in esame sono state sospese a partire dal mese di marzo le richieste di pagamento riguardanti le sanzioni civili per tardato pagamento sia per le posizioni assicurative territoriali, che per le posizioni assicurative navigazione, ed è stata sospesa la notifica ai soggetti assicuranti titolari di posizioni assicurative territoriali delle note di verifica dell’autoliquidazione 2018/2019 relative ai pagamenti in unica soluzione nonché alla I, II, III e IV rata (richiesta 902019).

Il comma 1 dell’articolo 37 stabilisce che sono sospesi i termini relativi ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria dovuti dai datori di lavoro domestico in scadenza nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 31 maggio 2020 Non si fa luogo al rimborso dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria già versati. I pagamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria, sospesi ai sensi del presente articolo, sono effettuati entro il 10 giugno 2020, senza applicazione di sanzioni e interessi.

In merito, si precisa che per i lavoratori domestici, la quota per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali di competenza dell’Inail dovuta ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera e) e ai sensi dell’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 14032 è riscossa direttamente dall’Inps con i contributi dovuti dai datori di lavoro domestico3, che riversa poi all’Inail le somme riscosse4.

Con la circolare n. 52 del 9 aprile 2020, si dispone che, se nell’arco temporale indicato dalla disposizione in esame giunge a scadenza il pagamento dei contributi per lavoro domestico relativo al primo trimestre 2020, la sospensione del termine di versamento opera anche per tutti i contributi pregressi dovuti dai datori di lavoro che, a fronte di comunicazione di assunzione, hanno ricevuto dall’Inps la lettera di accoglimento in cui viene indicato il termine di pagamento “entro 30 giorni dal ricevimento”. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, la scadenza del versamento, che deve essere effettuato entro 10 giorni dalla data di fine attività, è oggetto di sospensione se ricade entro il 31 maggio 2020. I pagamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria, sospesi ai sensi del citato articolo, sono effettuati in unica soluzione entro il 10 giugno 2020, senza applicazioni di sanzioni e interessi.


 

Articolo 39
(Svolgimento lavoro agile in caso di disabilità)

 

 

L’articolo 39 reca disposizioni per lo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità agile da parte di soggetti con disabilità o che hanno nel proprio nucleo familiari soggetti disabili, nonché - come disposto nel corso dell’esame al Senato - da parte di lavoratori immunodepressi.

 

Nel dettaglio, si dispone che, fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica - come disposto dal Senato, in luogo del termine del 30 aprile 2020 attualmente previsto - i lavoratori dipendenti con disabilità grave o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità grave[91], hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile (ai sensi dagli articoli da 18 a 23 della L. 81/2017) a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione (comma 1).

 

Il lavoro agile - disciplinato dai richiamati artt. da 18 a 22 della L. 81/2017 - viene definito come una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato:

§  stabilita mediante accordo tra le parti;

§  con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici;

§  eseguita in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale (stabiliti dalla legge e dalla contrattazione collettiva).

La suddetta disciplina si applica, in quanto compatibile e fatta salva l’applicazione delle diverse disposizioni specificamente previste, anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, secondo le direttive emanate anche per la promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, adottate in base a quanto previsto dall’art. 14 della L. 124/2015 (in attuazione del quale sono state emanate la Direttiva 1° giugno 2017 e la Circolare n. 1 del 2020).

Per quanto concerne specificamente l’attuazione del lavoro agile conseguente all’emergenza epidemiologica da COVID-19, l'art. 87 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rimanda) dispone che, per il periodo dello stato di emergenza, il lavoro agile possa essere applicato a qualsiasi rapporto di lavoro subordinato, costituendo la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa delle pubbliche amministrazioni, le quali sono chiamate a limitare la presenza sul posto di lavoro esclusivamente per assicurare le attività indifferibili e non altrimenti erogabili (cfr. la direttiva n. 2 del 2020 e la circolare n. 2 del 2020 del Dipartimento della funzione pubblica). Inoltre, sia con il richiamato art. 87, sia con i diversi DPCM che si sono succeduti dall’inizio dell’emergenza, sono state semplificate le relative modalità di attuazione, prevedendo la possibilità di ricorrere al lavoro agile anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla normativa vigente e l'assolvimento in via telematica degli obblighi di informativa.

 

Viene, inoltre, previsto un diritto di precedenza in favore dei lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa, ai quali è riconosciuta la priorità nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile (comma 2).

 

Nel corso dell’esame al Senato è stata inserita la disposizione secondo cui quanto previsto dall’articolo in esame si applica anche ai lavoratori immunodepressi e ai familiari conviventi di persone immunodepresse (comma 2-bis).

 


 

Articolo 40, commi 1 e 1-bis
(Sospensione delle misure di condizionalità per l’attribuzione
di alcune prestazioni)

 

 

L’articolo 40, commi 1 e 1-bis, modificato al Senato, al fine di limitare gli spostamenti delle persone fisiche ai casi strettamente necessari, sospende per due mesi dall’entrata in vigore del provvedimento in esame le misure di condizionalità per l’attribuzione di alcune prestazioni, ferma restando la fruizione dei relativi benefici economici. La sospensione è disposta anche per  alcune procedure relative al cosiddetto collocamento obbligatorio. La suddetta sospensione non si applica alle offerte di lavoro congrue nell'ambito del comune di appartenenza.

 

 

Più in dettaglio, vengono sospesi (comma 1):

§  gli obblighi connessi alla fruizione del reddito di cittadinanza (di cui al D.L. 4/2019) e i relativi termini ivi previsti. Sul punto, si segnala che, nel corso dell’esame al Senato, è stato disposto che tale sospensione non operi per le offerte d lavoro congrue nell’ambito del comune di appartenenza (vedi infra comma 1-bis).

Tra gli obblighi in capo ai soggetti percettori di Rdc che comportano spostamenti si possono richiamare (ai sensi degli artt. 4 e 7 del D.L. 4/2019) quello di partecipare a corsi di formazione e di orientamento, di sostenere i colloqui psicoattitudinali e le eventuali prove di selezione finalizzate all'assunzione, nonché quello di accettare almeno una di tre offerte di lavoro congrue, definite tali sulla base di criteri temporali e di distanza (che diventano meno selettivi al crescere della durata del godimento del Reddito di cittadinanza ed in relazione al numero di offerte rifiutate).

§  le misure di condizionalità e i relativi termini comunque previsti per i percettori di NASPI e di DISCOLL dal D.Lgs. 22/2015;

In base a quanto disposto dagli artt. 7 e 15 del richiamato D.Lgs. 22/205, l'erogazione delle indennità predette è condizionata alla regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa nonché ai percorsi di riqualificazione professionale proposti dai Servizi competenti.

§  gli obblighi connessi al godimento di trattamenti di integrazione salariale, tra cui quello di presentarsi alle convocazioni stabilite dai centri per l’impiego e di procedere, sempre attraverso i centri per l’impiego, alla ricerca attiva di lavoro per il beneficiario di assegno di ricollocazione (di cui agli artt. 8 e 24-bis del D.Lgs. 148/2015);

§  gli obblighi relativi alle assunzioni obbligatorie di soggetti disabili, di cui all’art. 7 della L. 68/1999;

Il richiamato art. 7 dispone che, ai fini dell'adempimento dell'obbligo di assunzione di soggetti disabili nel rispetto delle quote di riserva stabilite dalla medesima legge n. 68, i datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici assumono i lavoratori mediante richiesta nominativa di avviamento agli uffici competenti, che può essere preceduta dalla richiesta ai medesimi uffici di effettuare la preselezione delle persone con disabilità iscritte in apposito elenco.

§  le procedure di avviamento a selezione effettuate tra gli iscritti nelle liste di collocamento ed in quelle di mobilità, finalizzate alle assunzioni dei lavoratori da inquadrare nei livelli retributivo-funzionali per i quali non è richiesto il titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo da parte di determinati soggetti (ex art. 16 della L. 56/1987);

In base al richiamato art. 16, i soggetti che effettuano le assunzioni dei suddetti soggetti con le modalità richiamate sono le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, gli enti pubblici non economici a carattere nazionale, e quelli che svolgono attività in una o più regioni, le province, i comuni e le aziende sanitarie locali.

§  i termini per le convocazioni da parte dei centri per l’impiego per la partecipazione alle iniziative di orientamento contemplate nel Patto di servizio personalizzato (stipulato con i centri per l’impiego allo scopo di confermare lo stato di disoccupazione del soggetto, al mantenimento del quale è subordinata la fruizione di determinati benefici) (ex art. 20, c. 3, lett. a), del D.Lgs. 150/2015.

 

Nel corso dell’esame al Senato, è stato disposto che la suddetta sospensione non si applichi alle offerte di lavoro congrue nell'ambito del comune di appartenenza, fermo restando che le attività di formazione professionale e orientamento al lavoro, nonché le altre attività connesse ai patti per il lavoro e ai patti per l’inclusione sociale che possono essere svolte a distanza vengono rese nelle modalità citate (comma 1-bis).

 


 

Articolo 40, comma 1-ter
(Ricollocazione risorse del Fondo Povertà)

 

 

Il comma 1-ter dell’articolo 40 - introdotto al Senato - prevede che, a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto e per un periodo di due mesi, i Comuni e gli Ambiti territoriali delle Regioni possano impiegare le risorse della “quota servizi” del Fondo povertà destinate ai servizi e agli interventi, al momento non erogati, connessi al Reddito di cittadinanza, per i bisogni assistenziali di carattere sociale e socio-assistenziale collegati all’emergenza epidemiologica da COVID-19.

 

Il comma 1-ter dell’art. 40 indirizza le risorse della quota servizi del Fondo povertà, al momento non utilizzate per la sospensione delle attività connesse alle condizionalità legate al Reddito di Cittadinanza, al rafforzamento degli interventi di carattere sociale e socio-assistenziale funzionali alla situazione emergenziale in atto. Il reimpiego di tali risorse può essere effettuato, dai Comuni e dagli Ambiti territoriali delle Regioni, per un periodo di due mesi a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto.

La RT chiarisce che la disposizione non comporta oneri finanziari aggiuntivi trattandosi di mera ricollocazione di risorse già esistenti e tenuto anche conto che la stessa autorizza a impiegare, per i bisogni assistenziali collegati all’emergenza, il personale già assunto da Comuni e Ambiti territoriali per gli interventi e servizi connessi al RDC.

 

Il Fondo nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale (Fondo povertà) è stato istituito dalla Legge di Stabilità 2016 (art. 1, comma 386, della legge 208/2015) con una dotazione strutturale di 1 miliardo di euro l'anno, finalizzata all'attuazione del Piano nazionale di lotta alla povertà e al finanziamento della misura di contrasto alla povertà denominata SIA - Sostegno per l'inclusione attiva, poi sostituita dal REI - Reddito di inclusione. A seguito dell’introduzione del Reddito di cittadinanza– RDC (che ha sostituito il REI), con la legge di bilancio per il 2019 è stato istituito il Fondo per il Reddito di cittadinanza destinato al finanziamento del beneficio economico collegato alla misura. Parte delle risorse del Fondo povertà sono state conseguentemente trasferite al Fondo per il Reddito di cittadinanza; le risorse residue del Fondo povertà, la c.d. “quota servizi” sono state invece finalizzate dall’art. 7, comma 2, del D. Lgs. 147/2017al raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni sociali relativi al RDC, ovvero al progetto personalizzato e ai sostegni in esso previsti nonché alla valutazione multidimensionale che eventualmente lo precede. finalizzato al solo finanziamento degli interventi previsti dal Piano nazionale per il contrasto alla povertà e, in particolare, l’accompagnamento e il rafforzamento dei servizi e degli interventi attivati nei Patti per l’inclusione sociale sottoscritti dai beneficiari del Reddito di cittadinanza, che acquisiscono la natura di livelli essenziali delle prestazioni, nei limiti delle risorse disponibili.

Le risorse complessivamente afferenti al Fondo Povertà per il 2020 sono pari a 587 milioni di euro, di cui 20 milioni destinati ad interventi dei senza dimora (interventi povertà estrema) e 5 milioni destinati ad interventi per il sostegno dei giovani che, al compimento dei 18 anni, vivono fuori dalla propria famiglia di origine in base ad un provvedimento dell’autorità giudiziaria.

 


 

Articolo 41
(Sospensione dell’attività dei Comitati centrali e periferici dell’Inps e dei decreti di loro costituzione e ricostituzione)

 

 

L’articolo 41 dispone la sospensione delle attività dei comitati centrali e periferici dell’INPS, disponendo la nomina dei Presidenti dei Comitati amministratori dei Fondi di solidarietà bilaterali, già costituiti, a Commissari dei rispettivi Fondi.

 

La disposizione prevede che fino al 1° giugno 2020 siano sospese le attività dei Comitati centrali e periferici dell’Inps (nonché l’efficacia dei decreti relativi alla loro costituzione e ricostituzione) (comma 1) e che i Presidenti dei Comitati amministratori dei Fondi di solidarietà bilaterali, già costituiti, sono nominati Commissari dei rispettivi Fondi (comma 3), cui spettano le funzioni dei suddetti Comitati in materia di concessione di misure di integrazione salariale di competenza dei Fondi di solidarietà bilaterali, secondo quanto disposto dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 (comma 2).

 

L’art. 26 del suddetto decreto legislativo 148/2015, disciplina la istituzione dei fondi bilaterali, prevedendo in tal senso che “le organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale stipulano accordi e contratti collettivi, anche intersettoriali, aventi a oggetto la costituzione di fondi di solidarietà bilaterali per i settori che non rientrano nell’ambito di applicazione del Titolo I del presente decreto, con la finalità di assicurare ai lavoratori una tutela in costanza di rapporto di lavoro nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per le cause previste dalle disposizioni di cui al predetto Titolo. I fondi di cui al comma 1 sono istituiti presso l’INPS, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro 90 giorni dagli accordi e contratti collettivi di cui al medesimo comma (commi 1 e 2). Al comma 9, si prevede che, in aggiunta alle finalità istitutive, i fondi, “possono avere le seguenti finalità: a) assicurare ai lavoratori prestazioni integrative, in termini di importi o durate, rispetto alle prestazioni previste dalla legge in caso di cessazione del rapporto di lavoro, ovvero prestazioni integrative, in termini di importo, rispetto a trattamenti di integrazione salariale previsti dalla normativa vigente; b) prevedere un assegno straordinario per il sostegno al reddito, riconosciuto nel quadro dei processi di agevolazione all’esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni;”.

Ai sensi del successivo art. 36,  si dispone che alla gestione di ciascun fondo istituito ai sensi dell’articolo 26 provvede un comitato amministratore con il compito, tra gli altri, di “deliberare in ordine alla concessione degli interventi e dei trattamenti e compiere ogni altro atto richiesto per la gestione delle prestazioni previste dal decreto istitutivo” , “di fare proposte in materia di contributi, interventi e trattamenti” e di “vigilare sull’affluenza dei contributi, sull’ammissione agli interventi e sull’erogazione dei trattamenti, nonché sull’andamento della gestione”. Il comitato amministratore è nominato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e rimane in carica per quattro anni o per la diversa durata prevista dal decreto istitutivo ed è composto da esperti in possesso dei requisiti di professionalità e onorabilità designati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori stipulanti l’accordo o il contratto collettivo, in numero complessivamente non superiore a dieci, o nel maggior numero necessario a garantire la rappresentanza di tutte le parti sociali istitutive del fondo, nonché da due rappresentanti, con qualifica di dirigente, rispettivamente del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell’economia e delle finanze.


 

Articolo 42
(Disposizioni in materia di prestazioni dell’INAIL)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 42 sospende per il periodo 23 febbraio 2020-1° giugno 2020 il decorso di alcuni termini temporali, relativi a prestazioni a carico dell’INAIL. Il comma 2 - oltre a confermare l’applicazione di alcune norme relative ai casi di malattia infettiva contratta in occasione di lavoro - esclude il computo delle infezioni da virus SARS-CoV-2 (noto anche come COVID-19) contratte in occasione di lavoro dal meccanismo di oscillazione delle tariffe dei premi INAIL.

 

In particolare, il comma 1 prevede la sospensione, per il summenzionato periodo 23 febbraio 2020-1° giugno 2020, del decorso: dei termini di decadenza relativi alle domande di prestazioni erogate dall’INAIL; dei termini di prescrizione per le azioni giudiziali relative alle medesime prestazioni; dei termini per la domanda di revisione della rendita di inabilità (in relazione a modifiche delle condizioni del titolare) che scadrebbero nel suddetto periodo[92].

Sotto il profilo redazionale, si valuti l’opportunità di coordinare tali previsioni con il precedente articolo 34, che opera, per lo stesso periodo, una sospensione di termini più generale (con riferimento all’INPS ed all’INAIL).

Si segnala che le norme di sospensione summenzionate (di cui all’articolo 34 e al presente articolo 42, comma 1) sono oggetto della circolare INAIL n. 13 del 3 aprile 2020.

Il comma 2, in primo luogo, conferma, per le infezioni da virus SARS-CoV-2 (noto anche come COVID-19) contratte in occasione di lavoro, che trova applicazione il principio generale in base al quale le malattie infettive contratte in circostanze lavorative (ad esclusione di quelle inquadrate come malattie professionali) sono considerati infortuni sul lavoro ai fini della relativa assicurazione obbligatoria - con esclusivo riferimento, naturalmente, ai lavoratori, pubblici e privati, iscritti, in ragione della loro attività, alla medesima assicurazione -. In merito, il comma 2 conferma infatti che il medico certificatore redige l’ordinario certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL e che le prestazioni a carico di quest’ultimo Istituto - nei casi accertati di infezioni dalla malattia in oggetto in occasione di lavoro - sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato. In secondo luogo, il comma 2 esclude il computo dei casi accertati di infezioni dalla malattia in oggetto (in occasione di lavoro) dal meccanismo di oscillazione delle tariffe dei premi INAIL, oscillazione relativa all’andamento degli infortuni e delle malattie professionali - come disciplinata dalle modalità per l’applicazione delle tariffe, di cui agli articoli 19 e seguenti del relativo allegato al D.M. 27 febbraio 2019[93] (il Senato ha operato una correzione formale di quest’ultimo riferimento) -.

Anche le norme di cui al presente comma 2 sono oggetto della circolare INAIL n. 13 del 3 aprile 2020.

La suddetta circolare n. 13, tra l’altro, individua le fattispecie professionali per le quali viene riconosciuta una presunzione semplice di contrazione in occasione di lavoro (della malattia in oggetto), demandando, per le altre fattispecie, la definizione dell’eventuale sussistenza dell’occasione di lavoro all’accertamento medico-legale (quest’ultimo - afferma la circolare - "seguirà l’ordinaria procedura, privilegiando essenzialmente i seguenti elementi: epidemiologico, clinico, anamnestico e circostanziale").

 

 


 

Articolo 43
(Contributi alle imprese per la sicurezza e potenziamento
dei presìdi sanitari)

 

 

L’articolo 43 prevede il trasferimento dell’importo di 50 milioni di euro, da parte dell’INAIL ad Invitalia, da erogare alle imprese per l’acquisto di dispositivi e di altri strumenti di protezione individuale (comma 1). Al fine di rafforzare la tutela dei lavoratori infortunati e tecnopatici e potenziare le funzioni di prevenzione e di sorveglianza sanitaria svolte dall’INAIL, la disposizione prevede altresì  l’autorizzazione all’assunzione da parte del medesimo Istituto, con contestuale incremento della dotazione organica, di un contingente di 100 unità di personale a tempo indeterminato, con la qualifica di dirigente medico di primo livello, nella branca specialistica di medicina legale e del lavoro (commi 2 e 3).

 

Più in dettaglio, il comma 1 prevede che al trasferimento dell’importo di 50 milioni di euro, da parte dell’INAIL ad Invitalia si provveda entro il 30 aprile 2020, a valere sulle risorse già programmate nel bilancio di previsione 2020 dello stesso istituto per il finanziamento dei progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro rivolti in particolare alle piccole, medie e micro imprese e progetti volti a sperimentare soluzioni innovative e strumenti di natura organizzativa e gestionale ispirati ai principi di responsabilità sociale delle imprese (ai sensi dell’art.11, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81) .

Ai sensi del comma 3, le assunzioni di 100 unità di personale a tempo indeterminato, con la qualifica di dirigente medico di primo livello, nella branca specialistica di medicina legale e del lavoro disposta dal comma 2, hanno effetto in misura pari al 50 per cento di esse, a decorrere dal 1° novembre 2020 e, per il restante 50 per cento, a decorrere dal 1° gennaio 2022. Ai relativi oneri, pari a euro 821.126 per l’anno 2020, 4.926.759 per l’anno 2021, 9.853.517 a decorrere dall’anno 2022, si provvede a valere sul bilancio dell’INAIL. Alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e indebitamento netto, pari a euro 422.920 per l’anno 2020, euro 2.537.523 per l’anno 2021 e euro 4.926.759 a decorrere dall’anno 2022, si provvede a valere sul bilancio dell'INAIL.

 


 

Articolo 44
(Istituzione del Fondo per il reddito di ultima istanza)

 

 

L’articolo 44 istituisce il Fondo per il reddito di ultima istanza, volto a garantire misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti e autonomi che, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID 19 hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività o il loro rapporto di lavoro.

 

In base alla disposizione, modificata al Senato, il “Fondo per il reddito di ultima istanza” è volto a garantire ai lavoratori dipendenti e autonomi il riconoscimento di una indennità, nei limiti di spesa 300 milioni di euro per l’anno 2020 (comma 1), secondo criteri di priorità e modalità di attribuzione demandati ad un decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto in esame. Lo stesso decreto stabilisce la eventuale quota del suddetto limite di spesa, da destinare, in via eccezionale, al sostegno del reddito dei professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509 (che ha privatizzato tutti gli enti e le casse dei professionisti esistenti) e 10 febbraio 1996, n. 103 (che qualifica sin dall’inizio come enti privati le casse istituite dalle categorie di liberi professionisti fino a quel momento privi di tutela previdenziale), all’esito della cui definizione il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le conseguenti variazioni di bilancio (modifica approvata dal Senato) (comma 2).

Si rileva che, ai sensi dell’art. 34 del recente d.l.23/2020[94], interpretativo della disposizione in esame, i soggetti alle categorie sopra elencate, per poter accedere al sostegno di cui alla disposizione in commento, devono intendersi non titolari di trattamento pensionistico e iscritti in via esclusiva.

 

Alla copertura degli oneri di cui sopra si provvede a carico dell’articolo 126 (comma 3).

 

E’ stato emanato il D.M. 28 marzo 2020 che fissa le modalità di attribuzione della indennità di cui al presente articolo, a valere sul “Fondo di ultima istanza”, nel quale si dispone quanto segue:

§  La quota parte del limite di spesa del Fondo di cui dell’art. 44, comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2020, destinato al sostegno del reddito dei lavoratori autonomi e professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509 e 10 febbraio 1996, n. 103, è individuata in 200 milioni di euro per l’anno 2020 (art. 1, comma 1);

§  Il sostegno al reddito è costituito da un’indennità per il mese di marzo pari a euro 600, è riconosciuto ai seguenti soggetti:

a)    ai lavoratori che abbiamo percepito, nell’anno di imposta 2018, un reddito complessivo, assunto al lordo dei canoni di locazione assoggettati a tassazione ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e dell'articolo 4 del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, non superiore a 35.000 euro la cui attività sia stata limitata dai provvedimenti restrittivi emanati in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19;

b)   ai lavoratori che abbiano percepito nell’anno di imposta 2018, un reddito complessivo, assunto al lordo dei canoni di locazione assoggettati a tassazione ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e dell'articolo 4 del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, compreso tra 35.000 euro e 50.000 euro e abbiano cessato o ridotto o sospeso, ai sensi dell’articolo 2, la loro attività autonoma o libero-professionale in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 (art. 1, comma 2).

§  L’indennità non concorre alla formazione del reddito ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e non è cumulabile con i benefici di cui agli articoli 19, 20, 21, 22, 27, 28, 29, 30, 38 e 96 del decreto-legge 17 marzo 2020 n.18 nonché con il reddito di cittadinanza di cui al decreto-legge 28 gennaio 2019, n.4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26. L’indennità è altresì corrisposta a condizione che il soggetto richiedente abbia adempiuto agli obblighi contributivi previsti con riferimento all’anno 2019 (art. 1, comma 3);

§  Per cessazione, riduzione e sospensione dell’attività si intende, ai sensi dell’articolo 2:

a) per cessazione dell’attività: la chiusura della partita IVA, nel periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 e il 31 marzo 2020;

b) per riduzione o sospensione dell’attività lavorativa: una comprovata riduzione di almeno il 33 per cento del reddito del primo trimestre 2020, rispetto al reddito del primo trimestre 2019. A tal fine il reddito è individuato secondo il principio di cassa come differenza tra i ricavi e i compensi percepiti e le spese sostenute nell’esercizio dell’attività;

§  Circa le modalità di attribuzione dell’indennità, ai sensi dell’articolo 3, commi da 1 a 3, le domande sono presentate da professionisti e lavoratori autonomi dal 1° aprile 2020 agli enti di previdenza cui sono obbligatoriamente iscritti che ne verificano la regolarità ai fini dell’attribuzione del beneficio, provvedendo ad erogarlo all’interessato ai sensi dell’articolo 4. L’indennità deve essere richiesta ad un solo ente previdenziale e per una sola forma di previdenza obbligatoria, deve essere presentata secondo lo schema predisposto dai singoli enti previdenziali e deve essere corredata dalla dichiarazione del lavoratore interessato, rilasciata ai sensi del DPR 28 dicembre 2000, n. 445, sotto la propria responsabilità, in ordine ai requisiti sopra riportati.

§  Gli enti di previdenza obbligatoria, quindi, ai sensi dell’articolo 3, commi 6 e 7, procedono per gli iscritti alla verifica dei requisiti e provvedono alla erogazione dell’indennità in ragione dell’ordine cronologico delle domande presentate e accolte sulla base del procedimento di verifica della sussistenza dei requisiti per l’ammissione al beneficio e trasmettono l'elenco dei soggetti ai quali è stata corrisposta l'indennità all'Agenzia delle entrate e all'INPS per ricevere le informazioni necessarie ad effettuare i controlli secondo modalità e termini da definire con accordi di cooperazione tra le parti.

§  In ordine al monitoraggio dell’utilizzo delle risorse disponibili, l’articolo 4, dispone che, ai fini del rispetto del limite di spesa di cui all’articolo 1 gli enti di previdenza obbligatoria comunicano con cadenza settimanale a partire dall’8 aprile 2020 al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze i risultati del monitoraggio delle istanze presentate e di quelle ammesse a pagamento. Qualora dal predetto monitoraggio emerga che siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto al limite di spesa, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali rende immediata comunicazione agli enti previdenziali che potranno erogare le ulteriori prestazioni solo previa attuazione di quanto previsto all’articolo 126, comma 7, del citato decreto legge n. 18 del 2020.

 

Con riferimento, infine, alla platea degli aventi diritto, il sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con una nuova faq, in data 21 aprile 2020, ha fornito delucidazioni circa l'accesso all'indennità prevista dalla disposizione in esame per i lavoratori autonomi e i giovani iscritti alle Casse Professionali nell'anno 2019 o nei primi mesi del 2020.

La delucidazione fornita dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali include queste categorie di lavoratori tra i beneficiari della misura e ne riconduce l'applicazione entro i limiti di "reddito complessivo" definiti dalla norma.

Nel dettaglio, "l'indennità potrà essere riconosciuta anche in favore di quei lavoratori autonomi e professionisti che, in quanto iscritti agli enti previdenziali di appartenenza durante l'anno 2019 o nei primi mesi del 2020, non possano vantare per l'anno di imposta 2018 un reddito derivante dall'esercizio della professione; ciò a condizione che gli stessi abbiano percepito, in quello stesso anno, un reddito complessivo non superiore a 35.000 euro, ovvero compreso tra i 35.000 e i 50.000 euro (in presenza, chiaramente, degli altri requisiti prescritti dalla legge)".

 


 

Articolo 44-bis
(Concessione di una indennità in favore dei lavoratori autonomi )

 

 

L’articolo 44-bis, introdotto al Senato, prevede la concessione, per un massimo di tre mesi, di una indennità mensile pari a 500 euro in favore dei lavoratori autonomi che hanno sospeso l’attività a seguito dell’emergenza sanitaria.

 

La disposizione (che riversa nel decreto in esame il contenuto dell’articolo 16 del d.l. 9/2020), al comma 1 prevede che la misura di cui sopra è erogata in favore dei collaboratori coordinati e continuativi, dei titolari di rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale e dei lavoratori autonomi o professionisti ivi compresi i titolari di attività di impresa, iscritti all'assicurazione generale obbligatoria e alle forme esclusive e sostitutive della medesima, nonché alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335 e che svolgono la loro attività lavorativa alla data del 23 febbraio 2020 nei comuni individuati nell’allegato 1 al dpcm 1° marzo 2020, o siano ivi residenti o domiciliati alla medesima data. L’indennità è parametrata all’effettivo periodo di sospensione dell’attività e non concorre alla formazione del reddito ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n, 917. Si osserva che la indennità in esame sembra doversi cumulare con l’indennità di 600 euro prevista dagli articoli 27 e 28 per le stesse categorie di lavoratori, ma, a differenza del presente articolo, sul piano nazionale e per il solo mese di marzo 2020.

 

I soggetti di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e cioè coloro i quali esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (di cui, rispettivamente, ai commi 1 e 2, lett. a dell’articolo 49 del testo unico delle imposte sui redditi, dpr n. 917 del 1986) nonchè gli incaricati alla vendita a domicilio (di cui all'articolo 36 della legge 11 giugno 1971, n. 426), sono tenuti all'iscrizione presso una apposita Gestione separata, presso l'INPS, e finalizzata all'estensione dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti. Si ricorda che in tale Gestione  sono iscritti (tra gli altri) i lavoratori autonomi ed i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che non rientrino in altri regimi pensionistici obbligatori di base (facenti capo ad altre gestioni dell’INPS o ad altri enti, pubblici o privati).  

 

Al comma 2, vengono stabilite le modalità di concessione dell’indennità, il limite di spesa complessivo e le modalità di presentazione delle domande. In particolare, la ripartizione tra le Regioni interessate del limite di spesa complessivo, pari a 5,8 milioni di euro per l'anno 2020, è disciplinata con decreto direttoriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Le Regioni, unitamente al decreto di concessione, inviano la lista dei beneficiari all'istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), che provvede all'erogazione delle predette prestazioni. L'INPS provvede poi al monitoraggio del rispetto del limite di spesa, fornendo i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e alle Regioni interessate, con la finalità di impedire l’emissione di altri provvedimenti concessori oltre il limite di spesa.

 

In base alla relazione tecnica all’art. 16 del d.l. 9/2020, dalle osservazioni effettuate sugli archivi dell’INPS con riferimento all’anno 2019, i lavoratori autonomi rientranti nel bacino di applicazione della norma in esame risultano pari a 5.776. L’onere stimato è riferito all’ipotesi di concessione di tale indennità per un periodo di 2 mesi.

 

Ai sensi del comma 3, la copertura degli oneri di cui al comma 2 è a carico delle risorse dei Fondo sociale per occupazione e formazione di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185.


 

Articolo 45
(Disposizioni in materia di personale addetto ai lavori necessari al ripristino del servizio elettrico)

 

 

L’articolo 45 reca disposizioni relative al personale addetto al servizio elettrico, al fine di garantire la continuità delle attività indifferibili per l’esecuzione di lavori necessari al ripristino del servizio elettrico stesso sull’intero territorio nazionale.

 

In particolare, la norma dispone che le abilitazioni già in possesso del relativo personale conservano la loro validità fino al 30 aprile 2020, anche nei casi di temporanea impossibilità ad effettuare i moduli di aggiornamento pratico (comma 1).

Resta fermo l’obbligo per il datore di lavoro di erogare la formazione per l’aggiornamento teorico, anche a distanza nel rispetto delle misure di contenimento adottate per l’emergenza epidemiologica da COVID-19 (comma 2)

 

Secondo la relazione illustrativa allegata al decreto, la disposizione si rende necessaria per evitare che il personale addetto ai lavori necessari al ripristino del servizio elettrico sull’intero territorio nazionale sia chiamato ad operare per ragioni indifferibili sprovvisto del rinnovo delle relative autorizzazioni tecniche. Infatti, le disposizioni straordinarie adottate per l’emergenza epidemiologica impediscono lo svolgimento di quelle attività formative che necessariamente non possono essere erogate a distanza, come è il caso dei moduli di aggiornamento pratico. Rimane fermo l’obbligo per il datore di lavoro di erogare ugualmente la formazione teorica, in modalità a distanza.

 


 

Articolo 46
(Disposizioni in materia di licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo
[95])

 

 

L’articolo 46 dispone che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è precluso per 60 giorni l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo e che nel medesimo periodo sono sospese le procedure pendenti alla data del 23 febbraio 2020. E’ previsto, altresì, che durante tale periodo di 60 giorni, il datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo.

 

La disposizione, modificata dal Senato, dispone che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo di cui agli articoli 4, 5 e 24, della legge 23 luglio 1991, n. 223 è precluso per 60 giorni e nel medesimo periodo sono sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell'appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d'appalto (come modificato dal Senato). Sino alla scadenza del suddetto termine, il datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3, della legge 15 luglio 1966, n. 604.

 

Il licenziamento collettivo

 

L’istituto del licenziamento collettivo (che non trova applicazione nei confronti dei dirigenti) è disciplinato principalmente dall’articolo 24 della L. 23 luglio 1991, n. 223. Le cause che giustificano il ricorso a tale istituto risiedono nella riduzione o trasformazione dell’attività o del lavoro e nella cessazione dell’attività. L’ipotesi di licenziamento collettivo si verifica nel caso in cui le imprese che occupano più di 15 dipendenti, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendono effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco temporale di 120 giorni nell’unità produttiva oppure in più unità produttive dislocate nella stessa provincia. La normativa si applica a tutti i licenziamenti che, nel medesimo arco temporale e nello stesso territorio siano riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione. Qualora sia assente il requisito quantitativo o quello temporale, si applica invece la disciplina sui licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo. È sempre obbligatoria la verifica della sussistenza di un nesso di causalità tra la trasformazione produttiva effettuata ed il ridimensionamento dei dipendenti (Cass., 4 dicembre 1998, n. 12297), nonché un nesso di congruità tra gli stessi (cioè una piccola trasformazione produttiva non può comportare un rilevante numero di licenziamenti). Spetta al datore di lavoro provare l’effettività e la definitività della diminuzione del fabbisogno di forza-lavoro, attraverso la mancata sostituzione dei lavoratori licenziati o l’assenza di ulteriori assunzioni. Si ricorda che la procedura stabilita per il licenziamento collettivo è applicata anche alle aziende in CIGS, qualora nel corso o al termine del programma si verifichi la necessità di procedere anche ad un solo licenziamento. La procedura è contenuta nell’articolo 4 della L. 223/1991, che disciplina la procedura per la dichiarazione di mobilità (identica in caso di licenziamenti collettivi). In particolare, tale procedura può essere avviata dall’impresa che sia stata ammessa alla CIGS, qualora nel corso di attuazione del programma – che l’impresa stessa intende attuare con riferimento anche alle eventuali misure previste per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale – ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative (comma 1). La procedura (commi 2-13) consta in una fase cd. Sindacale e in una fase cd. Amministrativa, nel corso delle quali il datore di lavoro ed i sindacati tentano di trovare soluzioni alternative al licenziamento.


 

Articolo 47
(Strutture per le persone con disabilità e misure compensative di
sostegno anche domiciliare)

 

 

In relazione alla situazione emergenziale e tenuto conto della difficoltà di far rispettare le regole di distanziamento sociale, l’articolo 47 sospende l’attività dei Centri semiresidenziali per persone con disabilità a carattere socio-assistenziale, socio-educativo, polifunzionale, socio-occupazionale, sanitario e socio-sanitario, a prescindere da come i Centri siano denominati dalle normative regionali. Sono esclusi, su decisione delle ASL e d’accordo con i gestori, i Centri diurni - nel corso dell’esame al Senato sono state soppresse le parole “sanitario e socio-sanitario” - in cui vengono erogate prestazioni sanitarie indifferibili sempreché sia garantito il rispetto delle misure di contenimento del contagio da COVID-19.

Fino al 30 aprile 2020, non può costituire giusta causa di recesso dal contratto di lavoro ai sensi dell’articolo 2119 del codice civile l’assenza dal posto di lavoro di uno dei genitori conviventi di una persona con disabilità.

 

Il comma 1 dispone che per contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 e tenuto conto della difficoltà di far rispettare le regole di distanziamento sociale, dalla data di entrata in vigore del presente decreto (17 marzo 2020 ) fino alla data di cui all’articolo 2, comma 1, del DPCM 9 marzo 2020 (3 aprile, ulteriormente prorogabile cfr. infra), è disposta la sospensione dell’attività dei Centri semiresidenziali, comunque siano denominati dalle normative regionali, a carattere socio-assistenziale, socio-educativo, polifunzionale, socio-occupazionale, sanitario e socio-sanitario per persone con disabilità,.

 

Rispetto alla vigenza delle misure del D.p.c.m 9 marzo 2020, si ricorda che l’art. 1, comma 2, del disegno di legge di conversione del presente decreto ha abrogato i decreti legge n. 9/2020, n. 11/2020, e n. 14/2020, chiarendo al contempo che restano validi gli atti ed i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi decreti legge.

Inoltre, l’art. 2, comma 3, del decreto legge 19/2020 (che ha abrogato il decreto legge n. 6/2020) ha specificato che continuano ad applicarsi nei termini originariamente previsti le misure gia? adottate con i D.p.c.m. 8 marzo 2020, 9 marzo 2020, 11 marzo 220 e 22 marzo 2020 per come ancora vigenti alla data del 26 marzo (data di entrata in vigore del decreto legge 19/2020). In seguito, il D.P.C.M. 1 aprile 2020 ha prorogato fino al 13 aprile 2020 l'efficacia delle disposizioni dei D.P.C.M. dell'8, 9, 11 e 22 marzo 2020, nonché delle misure previste dall'ordinanza del Ministro della salute del 20 marzo 2020 e dall'ordinanza del 28 marzo 2020 adottata dal Ministro della salute di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

 

Ai sensi dell’art. 48 del decreto in esame (alla cui scheda si rinvia), le priorità di tali prestazioni sono individuate dall'amministrazione competente, tramite co-progettazioni con gli enti gestori privati e vengono retribuite con quota parte dell'importo dovuto per l'erogazione del servizio; mentre la restante quota è soggetta alla verifica del mantenimento delle strutture che attualmente hanno sospeso l’attività. I pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni comportano la cessazione dei trattamenti del fondo di integrazione salariale e di cassa integrazione in deroga nel caso fossero riconosciuti ai gestori nel periodo di sospensione dei servizi. In relazione alla attivazione di unità speciale per l’assistenza sanitaria a domicilio per le persone che frequentano i centri diurni per disabili può essere contatta la Regione di riferimento tramite il numero verde regionale. Altre notizie di interesse possono essere reperite sulla sezione dedicata al Coronavirus del sito istituzionale dell’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità, presso la Presidenza del Consiglio.

In ultimo, in relazione ai centri semiresidenziali si sottolinea che la Commissione nazionale per la definizione e l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza ha elaborato, per il Ministero della salute, un documento in cui ha definito i contenuti tecnico-professionali delle prestazioni, individuando le principali tipologie di utenti non autosufficienti, che qualificano le diverse tipologie prestazionali: anziani non autosufficienti, persone disabili giovani e adulte, persone con patologie psichiatriche e persone con patologie terminali.

I centri semiresidenziali o diurni, si distinguono dai centri residenziali, (RSA e Comunità alloggio), rivolti a persone adulte con disabilità che non possono permanere in famiglia e necessitano di un sostegno di cura e riabilitazione in base a diversi gradi di non autosufficienza.

 

Sono esclusi, su decisione delle ASL e d’accordo con i gestori, i Centri diurni - nel corso dell’esame al Senato sono state soppresse le parole “sanitario e socio-sanitario” - in cui possono essere attivati interventi non differibili in favore delle persone con disabilità ad alta necessità di sostegno sanitario, sempreché si possa garantire il rispetto delle misure di contenimento del contagio da COVID-19.

In ogni caso, per la durata dello stato di emergenza di cui alla deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 (vale a dire fino al 31 luglio 2020) le assenze dalle attività dei predetti centri diurni, indipendentemente dal loro numero, non sono causa di dismissione o di esclusione dalle medesime. Le assenze, come chiarito dalla relazione illustrativa, si riferiscono alle persone con disabilità che abbiano, anche solo in via temporanea, rinunciato volontariamente alla permanenza presso la struttura semiresidenziale.

Il comma 2 dispone che, mantenendo ferme le misure previste dal presente decreto-legge agli articoli 23(congedo e indennità per i lavoratori dipendenti del settore privato, per gli iscritti alla Gestione separata e per gli autonomi), 24(estensione durata permessi retribuiti) e 39 (disciplina del lavoro agile), e fino alla data del 30 aprile 2020,a seguito della sospensione dei predetti Centri, non può costituire giusta causa di recesso dal contratto di lavoro ai sensi dell’articolo 2119 del codice civile l’assenza dal posto di lavoro di uno dei genitori conviventi con una persona con disabilità, a condizione che sia preventivamente comunicata e motivata l’impossibilità di accudire la persona con disabilità a seguito della sospensione delle attività dei sopra indicati Centri diurni. 

 

Si ricorda che l'art. 2119 c.c. disciplina il recesso dal contratto per giusta causa, definita come la causa che non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto tra i contraenti. In tali casi, ciascuno di essi può recedere dal contratto di lavoro, prima della scadenza del termine se il contratto e a tempo determinato, o senza preavviso se il contratto è a tempo indeterminato. In quest’ultimo caso, il recedente è tenuto a versare un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.

La comunicazione del recesso deve essere effettuata comunque per iscritto, con l'indicazione dei motivi.

 

La RT al provvedimento chiarisce che le disposizioni in esame non determinano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

Articolo 48
(Prestazioni individuali domiciliari)

 

 

L’articolo 48 dispone che nel periodo di sospensione dei servizi delle strutture educative e di istruzione per l’infanzia e dell’attività dei centri diurni per persone disabili e per anziani, le pubbliche amministrazioni garantiscono, anche avvalendosi di gestori privati, prestazioni in forme individuali domiciliari o a distanza o negli stessi luoghi ove venivano precedentemente fornite (nel rispetto delle direttive sanitarie e senza creare aggregazioni).

Le priorità di tali prestazioni sono individuate dall'amministrazione competente, tramite co-progettazioni con gli enti gestori privati e vengono retribuite con quota parte dell'importo dovuto per l'erogazione del servizio; la restante quota è soggetta alla verifica del mantenimento delle strutture che attualmente hanno sospeso l’attività. I pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni comportano la cessazione dei trattamenti del fondo di integrazione salariale e di cassaintegrazione in deroga nel caso fossero riconosciuti ai gestori nel periodo di sospensione dei servizi. Nel corso dell’esame al Senato, è stato aggiornato il rinvio normativo ai provvedimenti a cui fare riferimento per la sospensione dei servizi educativi e scolastici

 

In considerazione dello stato di emergenza di protezione civile e del conseguente stato di necessità, durante la sospensione dei servizi educativi e scolastici rientranti nel nuovo Sistema integrato di educazione e istruzione da zero a sei anni[96] e durante la sospensione delle attività sociosanitarie e socioassistenziali nei centri diurni per anziani e per persone con disabilità (v. anche articolo 47), il comma 1 consente alle pubbliche amministrazioni di fornire prestazioni in forme individuali domiciliari o a distanza o negli stessi luoghi ove venivano precedentemente fornite (nel rispetto delle direttive sanitarie e senza creare aggregazioni). La disposizione trova applicazione solo nel caso in cui la sospensione di detti servizi venga disposta con ordinanze regionali o altri provvedimenti.

 

L’articolo in esame rinvia, per la sospensione dei servizi educativi e scolastici, ai provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 3, comma 1, del decreto legge 6/2020 e ai sensi dell’art. 2, comma 1, del decreto legge 19/2020 (tale ultimo rinvio è stato inserito nel corso dell’esame al Senato).

 

Sul punto si ricorda che, ai sensi dell’art. 2, comma 3, del decreto legge 19/2020 sono fatti salvi gli effetti prodotti e gli atti adottati in base ai decreti e alle ordinanze emanati ai sensi del decreto legge 6/2020, ovvero sulla base delle ordinanze emanate ai sensi dell'art. 32 della legge 833/1978. Continuano inoltre ad applicarsi nei termini originariamente previsti le misure gia? adottate con i D.p.c.m. 8 marzo 2020, 9 marzo 2020, 11 marzo 2020 e 22 marzo 2020 per come ancora vigenti alla data del 26 marzo (data di entrata in vigore del decreto legge 19/2020). In ultimo, il D.P.C.M. 1 aprile 2020 ha prorogato fino al 13 aprile 2020 l'efficacia delle disposizioni dei D.P.C.M. dell'8, 9, 11 e 22 marzo 2020, nonché di quelle previste dall'ordinanza del Ministro della salute del 20 marzo 2020 e dall'ordinanza del 28 marzo 2020 adottata dal Ministro della salute di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

 

Per l’erogazione delle prestazioni sopra illustrate, le pubbliche amministrazioni possono avvalersi del personale disponibile, già impiegato in tali servizi, dipendente da soggetti privati che operano in base a contratti di convenzione, concessione o appalto, provvedendo in tal modo all'erogazione di servizi alla collettività in forma indiretta, attraverso l'attività di un soggetto terzo. Tali servizi possono essere svolti secondo priorità individuate dall’amministrazione competente, tramite co-progettazioni con gli enti gestori, impiegando i medesimi operatori ed i fondi ordinari destinati a tale finalità, alle stesse condizioni assicurative già previste, anche in deroga a eventuali clausole contrattuali, convenzionali, concessorie. In particolare si prevede che devono essere adottati specifici protocolli per la definizione di tutte le misure necessarie per assicurare la massima tutela della salute di operatori ed utenti.

 

Il comma 2 autorizza le pubbliche amministrazioni, durante la sospensione dei sopra richiamati servizi educativi e scolastici e dei servizi sociosanitari e socioassistenziali nei centri diurni per anziani e disabili, al pagamento dei gestori privati di tali servizi per il tutto il periodo della sospensione, basandosi sugli importi di spesa iscritti nel bilancio preventivo.

Nel caso in cui le prestazioni siano convertite in altra forma, previo accordo tra le parti secondo le modalità indicate al precedente comma 1(convenzione, concessione o appalto), le stesse devono essere retribuite ai gestori con quota parte dell’importo dovuto per l’erogazione del servizio secondo le modalità attuate precedentemente alla sospensione e subordinatamente alla verifica dell’effettivo svolgimento dei servizi.

La norma definisce inoltre la corresponsione di un’ulteriore quota da sommare alla quota parte dell’importo dovuto per l’effettivo svolgimento dei servizi da riconoscere in favore dei soggetti affidatari dei servizi. Si avrà quindi una corresponsione complessiva di entità pari all’importo già previsto, scontando dalla cifra le eventuali minori entrate di bilancio connesse alla diversa modalità di effettuazione del servizio stesso.

Sul punto è necessario chiarire se per importo previsto si intende, come già indicato al primo periodo del comma 2, l’importo iscritto nel bilancio preventivo.

La seconda quota – da sommare agli importi dovuti per l’erogazione dei servizi già svolti- dovrà essere corrisposta dopo aver verificato l’effettivo mantenimento, ad esclusiva cura degli affidatari di tali attività, delle strutture interdette (si valuti al riguardo l’opportunità di specificare “nel periodo di sospensione del servizio”), tramite il personale a ciò preposto.

Rimane fermo l’obbligo che le strutture dovranno risultare immediatamente disponibili e in regola con tutte le disposizioni vigenti, con particolare riferimento a quelle emanate ai fini del contenimento del contagio da Covid-19, all’atto della ripresa della normale attività.

Il comma 3 dispone che i pagamenti che le pubbliche amministrazioni dovranno fare in base alle disposizioni del precedente comma determinano la cessazione dei trattamenti del fondo di integrazione salariale e di cassa integrazione in deroga per il personale utilizzato nei servizi resi dai privati– in sostanza non permettendo la cumulabilità tra pagamento dei servizi effettivamente resi e ammortizzatori sociali riconosciuti alle imprese -, nel caso in cui gli stessi vengano riconosciuti durante il periodo di sospensione dei servizi educativi per l'infanzia del Sistema integrato di istruzione (di cui all'articolo 2 del citato D.Lgs. n. 65 del 2017 v. ante) e dei servizi degli educatori nella scuola primaria o dei servizi sociosanitari e socioassistenziali resi in convenzione, nell'ambito dei provvedimenti assunti in attuazione dei decreti legge n. 6 e 19 del 2020 e con ordinanze regionali o altri provvedimenti che dispongano la sospensione dei centri diurni per anziani e persone con disabilità (v. ante articolo 47).

Al riguardo appare necessario, per la parte relativa ai servizi educativi e di istruzione, un coordinamento delle disposizioni del comma 1, che richiamano i soli servizi rientranti nel nuovo Sistema integrato di istruzione, e quelle del comma 3 che aggiungono altresì i servizi degli educatori della scuola primaria.

Inoltre si valuti l’opportunità di chiarire se con l’utilizzo del termine “educatori” si intenda piuttosto fare riferimento alla figura specializzata dell’assistente all’autonomia e alla comunicazione prevista per gli alunni con disabilità fisiche o sensoriali ai sensi dell’articolo 13, comma 3, della L. 104/1992.

 

 

 

 

 

 

 


 

Titolo III – Misure a sostegno della liquidità
attraverso il sistema bancario

Articolo 49
(Fondo di garanzia PMI - ABROGATO)

 

 

L’articolo in esame è stato abrogato dall’articolo 13 del D.L. n. 23/2020 (cd. Decreto legge liquidità), che ha introdotto una nuova disciplina transitoria (fino al 31 dicembre 2020), maggiormente implementativa dell’intervento del Fondo di garanzia PMI in favore delle imprese, anche alla luce della normativa sugli aiuti di Stato (“State Aid Temporary Framework” della Commissione europea), nel frattempo intervenuta.

 

Si valuti l’opportunità di precisare se siano salvi gli effetti medio tempore prodotti dalla disposizione abrogata.


 

Articolo 49-bis
(Intervento del Fondo di garanzia PMI
per i primi comuni colpiti dall’epidemia COVID-19)

 

 

L’articolo 49-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, riproduce il testo dell’articolo 25 del D.L. n. 9/2020.

L’articolo prevede che, fino al 2 marzo 2021, l’intervento del Fondo di garanzia per le PMI sia concesso a titolo gratuito e con priorità sugli altri interventi, per un importo massimo garantito per singola impresa di 2,5 milioni euro, in favore delle piccole e medie imprese, ivi comprese quelle del settore agroalimentare, con sede o unità locali ubicate nei territori dei comuni colpiti dall’epidemia di COVID-19 come individuati nell’allegato 1 al DPCM del 1° marzo 2020.

Le percentuali di copertura della garanzia a titolo gratuito sono previste nella misura massima consentita dalla normativa ordinaria del Fondo (80% in garanzia diretta e 90% in riassicurazione).

L’articolo consente, a date condizioni, estendere l’intervento a imprese ubicate in aree diverse da quelle sopraindicate, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Per le finalità previste dall’articolo in esame, il Fondo viene rifinanziato nella misura di 50 milioni di euro per il 2020.

 

Nel dettaglio, l’articolo prevede che fino al 2 marzo 2021, la garanzia del Fondo di garanzia per le PMI – di cui all’art. 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662 – è concessa:

§   a titolo gratuito e con priorità sugli altri interventi, per un importo massimo garantito per singola impresa di 2,5 milioni di euro,

§  in favore delle piccole e medie imprese, ivi comprese quelle del settore agroalimentare,

§   con sede o unità locali ubicate nei territori dei comuni individuati nell’allegato 1 al DPCM del 1° marzo 2020 (comma 1, primo periodo).

 

Con riferimento all’ambito territoriale di applicazione della disposizione, si ricorda che l’allegato 1 del DPCM 1° marzo 2020, attuativo del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, identifica i seguenti Comuni (cd “zona rossa”):

1.    nella Regione Lombardia: Bertonico; Casalpusterlengo; Castelgerundo; Castiglione D'Adda; Codogno; Fombio; Maleo; San Fiorano; Somaglia; Terranova dei Passerini.

2.    Nella Regione Veneto: Vò.

Con riferimento ai predetti Comuni il citato DPCM, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus SARS-COV2-2019/2020, adotta specifiche misure di contenimento (articolo 1)[97].

 

Per gli interventi di garanzia diretta la percentuale massima di copertura è pari all’80 per cento dell'ammontare di ciascuna operazione di finanziamento (comma 1, secondo periodo).

Per gli interventi di riassicurazione la percentuale massima di copertura è pari al 90 per cento dell'importo garantito dal Confidi o da altro fondo di garanzia, a condizione che le garanzie da questi rilasciate non superino la percentuale massima di copertura dell'80 per cento (comma 1, terzo periodo).

Le predette disposizioni si applicano nel rispetto della normativa europea e nazionale in materia di aiuti di Stato (comma 1, quarto periodo).

Si ricorda che il Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE) impone il divieto per gli Stati membri di concedere misure agevolative che si qualificano come aiuti di Stato. Tale divieto non è però assoluto. Il TFUE individua, all’articolo 107, paragrafo 2, alcune deroghe. Alla lettera b) dell’articolo 107, paragrafo 2 è stabilita una deroga specifica al divieto, in base alla quale “sono compatibili con il mercato interno gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali”.

In proposito, si evidenzia che per aiutare l'economia dell'UE nel contesto della pandemia di COVID-19, la Commissione europea ha adottato un quadro di riferimento temporaneo sugli aiuti di Stato (GUUE Serie C 91I del 20.3.2020, pag. 1) che consente agli Stati membri di fornire ulteriori misure di sostegno sfruttando la flessibilità massima prevista dalla disciplina europea.

Per un’analisi della nuova disciplina, si rinvia al tema dell’attività parlamentare “Gli aiuti di Stato nell’attuale epidemia da COVID- il nuovo quadro UE”.

 

L’articolo in esame prevede che l’intervento di cui al comma 1 può essere esteso, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, per periodi determinati e nei limiti delle risorse di cui al comma 3, alle piccole e medie imprese ubicate in aree diverse da quelle di cui al comma 1, in considerazione:

§   dell’impatto economico eccezionale subito in ragione della collocazione geografica limitrofa alle medesime aree, ovvero

§  dell’appartenenza a una filiera particolarmente colpita, anche solo in aree particolari (comma 2).

 

Per le finalità di cui all’articolo in esame, il Fondo di garanzia per le PMI viene rifinanziato nella misura di 50 milioni di euro per il 2020 (comma 3). Ai relativi oneri si provvede ai sensi dell’articolo 126, comma 6-bis (comma 4).

 

Si evidenzia che l’articolo 23 del decreto-legge n. 23/2020 prevede un generale potenziamento dell’operatività del Fondo di garanzia PMI, operando delle deroghe temporanee alla relativa disciplina, valevoli per le imprese beneficiarie dell’intero territorio nazionale, nonché interventi di carattere strutturale sul Fondo stesso.

L’articolo 49-bis in esame, appare invece prevedere una disposizione derogatoria e temporanea, e di carattere speciale, essendo rivolta solo alle imprese con sede o unità locali ubicate nei territori dei primi comuni colpiti dall’epidemia di COVID-19 come individuati nell’allegato 1 al DPCM del 1° marzo 2020. Per tali imprese, la percentuale di copertura del Fondo è pari al massimo (80 per cento e 90 per cento, rispettivamente, per garanzia e riassicurazione) per le operazioni ammesse di importo fino a 2,5 milioni di euro.

Si valuti l’opportunità di coordinare le due previsioni in oggetto.


 

Articolo 50
(Modifiche alla disciplina Fondo indennizzo risparmiatori - FIR)

 

 

L'articolo 50 modifica la disciplina del Fondo indennizzo risparmiatori (FIR) istituito per ristorare i soggetti che hanno investito in strumenti finanziari emessi da banche poste in liquidazione fra il novembre del 2015 e il gennaio del 2018. Il comma 1 specifica che agli azionisti e agli obbligazionisti, in attesa della predisposizione del piano di riparto degli indennizzi, può essere corrisposto un anticipo nel limite massimo del 40 per cento dell’importo dell’indennizzo deliberato dalla Commissione tecnica a seguito del completamento dell’esame istruttorio. Il comma 2 proroga il termine per la presentazione delle domande di indennizzo dal 18 aprile al 18 giugno 2020.

 

Per fornire tutela e ristoro ai risparmiatori che hanno subìto un pregiudizio ingiusto in relazione all'investimento in strumenti finanziari emessi da banche poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018, usufruendo dei servizi prestati dalla banca emittente o da società controllata, la legge di bilancio 2019 (articolo 1, commi da 493 a 507, legge n. 145 del 2018) ha istituito, con una dotazione finanziaria di 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019-2021, e disciplinato il Fondo indennizzo risparmiatori (FIR).

L'indennizzo è commisurato ai costi sostenuti per l'acquisto dei titoli, nella misura del 30 per cento per gli azionisti e del 95 per cento per gli obbligazionisti, entro il limite massimo complessivo di 100.000 euro per ciascun risparmiatore.

Il FIR ha sostituito il Fondo di ristoro istituito dalla legge di bilancio 2018 (e modificato dal decreto-legge n. 91 del 2018), che aveva analoghe finalità. Tale Fondo era stato istituito in favore dei risparmiatori che avessero subìto un danno ingiusto, riconosciuto con sentenza del giudice o con pronuncia degli arbitri presso la camera arbitrale per i contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui al codice dei contratti pubblici, in ragione della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione e al collocamento di strumenti finanziari emessi da banche aventi sede legale in Italia, sottoposte ad azione di risoluzione o comunque poste in liquidazione coatta amministrativa, dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018. L'operatività del fondo è stata nel tempo estesa anche ai risparmiatori destinatari di pronunce favorevoli dell'Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF).

 

Il decreto-legge n. 34 del 2019 ha modificato la disciplina del FIR, ridefinendo il perimetro dei risparmiatori che possono accedere al Fondo, chiarendo alcuni elementi di calcolo dell'indennizzo, e riformando la procedura per la presentazione, l’esame e l’ammissione delle domande all’indennizzo del Fondo. L'erogazione dell'indennizzo non è più subordinata all'accertamento del danno ingiusto da parte del giudice o dell'arbitro finanziario ma è basata sul riconoscimento di violazioni massive, cioè quelle condotte violative che le banche (e loro controllate) aventi sede legale in Italia e poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018, hanno posto in modo talmente consistente da far presumere che un singolo investitore ne sia stato oggetto. La Commissione tecnica istituita dalle norme secondarie che attuano la disciplina del FIR ha il compito di verificare la sussistenza del nesso di causalità tra le citate violazioni massive e il danno subito dai risparmiatori, anche attraverso la preventiva tipizzazione delle violazioni massive e la corrispondente identificazione degli elementi in presenza dei quali l’indennizzo può essere direttamente erogato.

Il decreto legge n. 34 del 2019 ha anche previsto una procedura di indennizzo forfettario per una categoria speciale di beneficiari del FIR, identificati sulla base della consistenza del patrimonio mobiliare e del reddito, che sono soddisfatti con priorità a valere sulla dotazione del FIR. Viene data precedenza ai pagamenti di importo non superiore a 50.000 euro.

 

Con il decreto ministeriale del 10 maggio 2019 sono state determinate le modalità di accesso al FIR: per ulteriori informazioni si rinvia al focus pubblicato sul sito del MEF. Dal 22 agosto 2019, per effetto della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale dell'8 agosto 2019, è attivo il Portale per la presentazione delle istanze di indennizzo al Fondo.

La legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi 236-238) ha ulteriormente integrato la disciplina del FIR. In particolare, nell'ambito della definizione dei risparmiatori che possono accedere al FIR, con riferimento agli aventi causa, è stato specificato che, nei casi di trasferimento tra vivi successivi al 30 dicembre 2018 rilevano i requisiti reddituali e patrimoniali e i limiti quantitativi all'indennizzo che sussistevano in capo al dante causa in relazione al complesso di azioni od obbligazioni da questi detenute. Con riferimento all'indennizzo per gli azionisti, commisurato al 30 per cento del costo di acquisto dei titoli, inclusi gli oneri fiscali, è stato specificato che, in caso di più acquisti, la percentuale si applica al prezzo medio degli stessi e che, gli oneri fiscali sono quelli sostenuti anche durante il periodo di possesso delle azioni. È stato inoltre prorogato il termine per la presentazione delle domande di indennizzo dal 18 febbraio 2020 al 18 aprile 2020. Infine, con riferimento alla procedura di indennizzo forfettario istituita dal comma 502-bis della legge di bilancio 2019, è stato previsto che i cittadini italiani residenti all'estero in possesso dei relativi requisiti soggettivi e oggettivi, debbano presentare idonea documentazione del Paese di residenza attestante i prescritti requisiti di reddito e di patrimonio mobiliare.

 

Il comma 1 dell'articolo in esame effettua nuovi interventi che integrano e modificano la disciplina del FIR. In particolare, vengono integrati i commi 496 e 497 della legge di bilancio 2019, che definiscono la misura dell'indennizzo rispettivamente per gli azionisti e gli obbligazionisti.

Il comma 496 prevede che, sempre nel rispetto del limite di 100.000 euro, la percentuale del 30 per cento può essere incrementata qualora in ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 le somme complessivamente erogate per l'indennizzo secondo il piano di riparto siano inferiori alla previsione di spesa dell'esercizio finanziario, nel pieno rispetto dei limiti di spesa, della dotazione finanziaria del FIR e fino al suo esaurimento, fermo restando quanto previsto al comma 499. Il comma 1, lettera a) dell'articolo in esame integra tali disposizioni specificando che all'azionista, in attesa della predisposizione del piano di riparto degli indennizzi, può essere corrisposto un anticipo nel limite massimo del 40 per cento dell’importo dell’indennizzo deliberato dalla Commissione tecnica a seguito del completamento dell’esame istruttorio. La medesima previsione viene inserita al comma 497, laddove prevede che,  entro il limite di 100.000 euro, la percentuale del 95 per cento possa essere incrementata qualora in ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 le somme complessivamente erogate per l'indennizzo secondo il piano di riparto degli indennizzi siano inferiori alla previsione di spesa dell'esercizio finanziario, nel pieno rispetto dei limiti di spesa, della dotazione finanziaria del FIR e fino al suo esaurimento, fermo restando quanto previsto al comma 499. Anche in questo caso, la lettera b) del comma 1 specifica che all’obbligazionista, in attesa della predisposizione del piano di riparto, può essere corrisposto un anticipo nel limite massimo del 40 per cento dell’importo dell’indennizzo deliberato dalla Commissione tecnica a seguito del completamento dell’esame istruttorio.

 

Il comma 2 dell'articolo 50 interviene sul citato articolo 1, comma 237 della legge di bilancio 2020, che aveva già prorogato dal 18 febbraio al 18 aprile 2020 il termine per la presentazione delle domande di indennizzo, posticipandolo ulteriormente sino al 18 giugno 2020.


 

Articolo 51
(Misure per il contenimento dei costi per le PMI della garanzia
dei confidi di cui all’art. 112 del TUB)

 

 

L'articolo 51, comma 1, consente ai consorzi di garanzia collettiva dei fidi (confidi) di ridurre i contributi obbligatori ai fondi interconsortili cui aderiscono, in misura pari ai contributi che i medesimi confidi sono tenuti a versare al relativo Organismo di vigilanza e tenuta dell'elenco. Il comma 2 estende a tale Organismo la disciplina applicabile all'Organismo competente per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi. In particolare, per effetto di tale estensione viene previsto che l'attività dell'Organismo di vigilanza e tenuta dell'elenco dei confidi, anche nei rapporti con i terzi, sia disciplinata dal codice civile e dalle altre norme applicabili alle persone giuridiche di diritto privato, mentre viene esplicitamente esclusa l'applicazione delle norme vigenti in materia di contratti pubblici e di pubblico impiego.

 

Il comma 1 dell'articolo 51 stabilisce che i contributi annui e le altre somme corrisposte, ad eccezione di quelle a titolo di sanzione, dai confidi al relativo Organismo di vigilanza e tenuta dell'elenco, sono deducibili dai contributi che gli stessi soggetti sono tenuti a versare annualmente al fondo di garanzia interconsortile al quale abbiano aderito.

La disciplina quadro dei consorzi di garanzia collettiva dei fidi (confidi) è dettata dall'articolo 13 del decreto legge n. 269 del 2003. Si tratta di consorzi, società cooperative, società consortili per azioni, a responsabilità limitata o cooperative che utilizzano risorse provenienti in tutto o in parte dalle imprese consorziate o socie per la prestazione mutualistica e imprenditoriale di garanzie volte a favorirne il finanziamento da parte delle banche e degli altri soggetti operanti nel settore finanziario. I confidi di "secondo grado" svolgono tale attività in favore dei confidi e delle imprese a essi aderenti e delle imprese consorziate o socie di questi ultimi.

I confidi sono costituiti da piccole e medie imprese industriali, commerciali, turistiche e di servizi, da imprese artigiane e agricole, nonché da liberi professionisti, anche non organizzati in ordini o collegi.

Il comma 22 del medesimo articolo stabilisce che i confidi aderenti ad un fondo di garanzia interconsortile sono tenuti a versare annualmente a tale fondo, entro un mese dall'approvazione del bilancio, un contributo obbligatorio minimo pari allo 0,5 per mille (che può essere elevato in sede statutaria) delle garanzie concesse nell'anno a fronte di finanziamenti erogati. Tali contributi sono ammessi in deduzione dal reddito dei confidi o degli altri soggetti eroganti nell'esercizio di competenza.

L'articolo 112 del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia - TUB), stabilisce per i confidi, anche di secondo grado, che non sono iscritti all'albo di cui all'articolo 106 del TUB, l'obbligo di iscrizione all'elenco tenuto dall'Organismo previsto dall'articolo 112-bis.

L'Organismo, su cui vigila la Banca d'Italia, svolge ogni attività necessaria per la gestione dell'elenco, determina la misura dei contributi a carico degli iscritti, entro il limite del cinque per mille delle garanzie concesse, li riscuote e vigila sul rispetto, da parte degli iscritti, della disciplina cui sono sottoposti. L'Organismo è disciplinato dal decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze (MEF) del 2 aprile 2015, n. 53 ed è stato costituito il 18 luglio 2019.

 

Il comma 2 estende all'Organismo per la vigilanza e la gestione dell'elenco dei confidi, nonché all'Organismo preposto alla tenuta dell'elenco riservato agli operatori che esercitano l'attività di microcredito, la disciplina disposta con riferimento al solo Organismo competente per la gestione degli elenchi degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi dal comma 3-bis dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 141 del 2010.

In particolare, per effetto dell'articolo in esame viene previsto che l'attività dei tre organismi citati, anche nei rapporti con i terzi, sia disciplinata dal codice civile e dalle altre norme applicabili alle persone giuridiche di diritto privato, mentre viene esplicitamente esclusa l'applicazione delle norme vigenti in materia di contratti pubblici e di pubblico impiego.

 

Con riferimento all'Organismo preposto alla tenuta dell'elenco riservato agli operatori che esercitano l'attività di microcredito, si precisa che l'articolo 113, comma 4 del TUB, ne prevede la costituzione con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, sentita la Banca d'Italia, al raggiungimento di un numero sufficiente di iscritti. In attesa che tale condizione si realizzi l'elenco è tenuto dalla Banca d'Italia.

 


 

Articolo 52
(
Solvency II - Aggiustamento per la volatilità)

 

 

L’articolo 52 amplia la possibilità per le imprese di assicurazione e di riassicurazione di applicare l'aggiustamento per la volatilità (volatility adjustment) alla struttura per scadenza dei tassi di interesse privi di rischio (ad esempio, i titoli di Stato), riducendo il valore di riferimento dello spread nazionale corretto per il rischio da 100 a 85 punti base, quale soglia necessaria per l’attivazione della componente nazionale dell’aggiustamento ai fini del calcolo della migliore stima delle riserve tecniche.

 

Si ricorda preliminarmente che la direttiva 2009/138/UE, in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (Solvency II) armonizza le legislazioni degli Stati membri in materia assicurativa, al fine di fornire alle imprese un quadro giuridico per esercitare la propria attività nel mercato interno. Il sistema Solvency II rivisita la vigilanza prudenziale sul settore assicurativo, seguendo un approccio orientato al rischio. In sostanza, la direttiva ha rivisto le modalità di calcolo dei requisiti patrimoniali, maggiormente basati su tutti i rischi effettivamente assunti dall'impresa o dal gruppo nello svolgimento dell'attività, ed ha disposto, oltre a una vigilanza più coordinata sui gruppi, il rafforzamento dei poteri dell'autorità nel cui Paese è stabilita la compagnia capogruppo.

 

La direttiva è stata recepita dal decreto legislativo 12 maggio 2015, n. 74 che ha aggiornato il Codice delle Assicurazioni Private (CAP, d.lgs. n. 209 del 2005). Il decreto contiene numerose modifiche al CAP al fine di mantenere una disciplina unitaria della materia assicurativa salvaguardando, il più possibile, l'impostazione del codice medesimo. L'IVASS ha adottato numerosi regolamenti attuativi rivolti agli operatori del settore: l'elenco completo è raccolto sul sito dell'IVASS.

 

Il regime prudenziale introdotto dalla direttiva Solvency II prevede che la valutazione delle attività e delle passività venga espressa a valori di mercato (fair value). Con questo metodo di misurazione vengono poi calcolati sia i fondi propri sia il requisito di capitale (SCR). Per le imprese di assicurazione, tipicamente investitori di lungo termine, questo ha significato esporre i propri indicatori prudenziali alle fluttuazioni di breve termine dei mercati finanziari, rendendoli perciò artificialmente volatili e poco coerenti con il modello di business.

Per mitigare l’effetto sulla volatilità “artificiale”, che potrebbe costringere l’impresa di assicurazione a dover forzatamente liquidare una parte del portafoglio anche in assenza di tensioni strutturali sui propri investimenti, la direttiva Omnibus II (direttiva 2014/51/UE) ha introdotto, fra le misure del pacchetto di garanzie di lungo periodo, il Volatility Adjustment (VA), una misura che permette alla compagnia di applicare una “correzione” additiva alla curva dei tassi utilizzata per calcolare le riserve tecniche, strutturata in modo da assorbire gli effetti della volatilità artificiale di breve periodo sui fondi propri e sul requisito di solvibilità.

Il VA è pubblicato mensilmente da EIOPA (l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) con riferimento all’ultimo giorno lavorativo di ogni mese. Il meccanismo di calcolo prevede:

§  un aggiustamento uguale per tutti i Paesi che condividono la stessa valuta (c.d. currency VA) e

§  una componente nazionale che si attiva solo in caso di forti oscillazioni localizzate in un singolo mercato, a patto che siano rispettate alcune condizioni sugli spread calcolati.

A entrambe le componenti è applicato un coefficiente di correzione pari al 65% (c.d. application ratio).

 

In sostanza, l’articolo 77-quinquies della direttiva 2009/138/CE (Solvency II) prevede per le imprese di assicurazione e di riassicurazione la possibilità di applicare l'aggiustamento per la volatilità (volatility adjustment) alla struttura per scadenza dei tassi di interesse privi di rischio (ad esempio, i titoli di Stato) ai fini del calcolo della migliore stima delle riserve tecniche.

Si precisa che la struttura dei tassi d'interesse secondo la scadenza è una funzione che lega il tasso d'interesse ottenibile da un certo strumento finanziario alla scadenza dello strumento stesso.

Tale misura è volta a ridurre la volatilità artificiale nei bilanci delle imprese assicurative (generata da variazioni di attivo e passivo non corrispondenti a variazioni nel profilo di rischio) e a garantire che le stesse possano continuare a fornire coperture a lungo termine ad un prezzo accessibile.

In dettaglio, il paragrafo 4 dell’articolo 77-quinquies della direttiva stabilisce che per ciascun paese interessato l'aggiustamento per la volatilità dei tassi di interesse privi di rischio è aumentato, in relazione alla valuta del paese e prima dell'applicazione del fattore del 65%, della differenza tra lo spread nazionale corretto per il rischio e il doppio dello spread valutario corretto per il rischio ogniqualvolta tale differenza sia positiva e lo spread nazionale corretto per il rischio superi i 100 punti base. L'aggiustamento per la volatilità maggiorata si applica al calcolo della migliore stima delle obbligazioni di assicurazione e di riassicurazione legate a prodotti venduti sul mercato assicurativo del paese in questione. Lo spread nazionale corretto per il rischio è calcolato come quello valutario corretto per il rischio in relazione alla moneta del paese, ma sulla base di un portafoglio di riferimento che sia rappresentativo delle attività in cui hanno investito le imprese di assicurazione e di riassicurazione ai fini della copertura della migliore stima delle obbligazioni di assicurazione e di riassicurazione dei prodotti venduti nel mercato assicurativo del paese e denominate nella sua valuta.

 

La direttiva (UE) 2019/2177 - che modifica la direttiva Solvency II, la direttiva 2014/65/UE, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, e la direttiva (UE) 2015/849, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo – è intervenuta su tale disposizione per consentire alla componente nazionale di ridurre in modo efficace gli spread eccessivi sui titoli obbligazionari nel paese interessato, fissando una soglia adeguata per la sua attivazione.

 

Conseguentemente, per ciascun Paese l'aggiustamento per la volatilità dei tassi di interesse privi di rischio avviene ogni qualvolta tale differenza sia positiva e lo spread nazionale corretto per il rischio superi gli 85 punti base. A tal fine è modificato il paragrafo 4 dell’articolo 77-quinquies della direttiva Solvency II.

 

La modifica illustrata deve essere recepita dagli Stati membri entro il 30 giugno 2020.

 

L’articolo 52 del decreto-legge in esame modifica quindi l’articolo 36-septies, comma 9, del Codice delle assicurazioni (decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209), riducendo il valore di riferimento dello spread nazionale corretto per il rischio da 100 a 85 punti base, quale soglia necessaria per l’attivazione della componente nazionale dell’aggiustamento per la volatilità dei tassi di interesse privi di rischio.

 

Rimane comunque ferme quanto disposto dall’articolo 36-octies del Codice delle assicurazioni, ovvero che le informazioni tecniche prodotte da parte dell’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali-EIOPA, laddove adottate dalla Commissione europea, sono utilizzate dall'impresa in sede di calcolo dell'aggiustamento per la volatilità.


 

Articolo 53
(Misure per il credito all’esportazione - ABROGATO)

 

 

L'articolo 53 è stato abrogato dall'articolo 2, comma 11, del D.L. 23/2020 - in corso di conversione e pubblicato nella GU n. 94 dell'8 aprile 2020 - il quale ha dettato ulteriori misure per il sostegno all'esportazione, all'internazionalizzazione e agli investimenti delle imprese.

 

Si valuti l’opportunità di precisare se siano salvi gli effetti medio tempore prodotti dalla disposizione abrogata.

 

 


 

Articolo 54
(Estensione del fondo di solidarietà mutui
per l’acquisto della prima casa)

 

 

L’articolo 54 estende, per nove mesi, l’operatività del Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa anche ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti che abbiano subito un calo del fatturato superiore al 33 per cento rispetto all’ultimo trimestre 2019, a seguito della chiusura o della restrizione della propria attività in attuazione delle misure adottate per l’emergenza coronavirus.

Nel corso dell’esame al Senato sono stati ampliati alcuni requisiti di accesso al Fondo: è aumentato a 400.000 euro l’importo massimo del mutuo e sono inclusi i mutui già ammessi ai benefici per i quali sia ripreso, per almeno tre mesi, il regolare ammortamento delle rate nonché i mutui che fruiscono della garanzia del Fondo di garanzia per la prima casa.

Il decreto legge n. 23 del 2020 ha inoltre ampliato la platea dei beneficiari alle ditte individuali e agli artigiani, nonché ai mutui contratti da meno di un anno.

 

In particolare, l’articolo 12 del decreto legge n. 23 del 2020 (cd. Decreto liquidità) chiarisce che nell’ambito della nozione di lavoratori autonomi che hanno accesso al Fondo secondo la disciplina transitoria dell’articolo in commento rientrano anche le ditte individuali e gli artigiani.

Si prevede, inoltre, che i benefici del predetto Fondo siano concessi, per un periodo di nove mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, anche ai mutui in ammortamento da meno di un anno.

 

Più in dettaglio, il comma 1 dell’articolo 54 in esame prevede che, per un periodo di 9 mesi dall’entrata in vigore del presente decreto legge (vale a dire dal 17 marzo 2020) e in deroga alla ordinaria disciplina del Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa, ai relativi benefici siano ammessi anche i lavoratori autonomi e i liberi professionisti che autocertifichino - secondo le ordinarie procedure  degli articoli 46 e 47 del D.P.R. n. 445/2000 - di aver registrato, in un trimestre successivo al 21 febbraio 2020 e precedente la domanda, ovvero nel minor lasso di tempo intercorrente tra il 21 febbraio 2020 e la data della domanda, qualora non sia trascorso un trimestre (secondo quanto specificato al Senato), un calo del proprio fatturato che sia superiore al 33% del fatturato dell’ultimo trimestre 2019, in conseguenza della chiusura o della restrizione della propria attività operata in attuazione delle disposizioni adottate dall’autorità competente per l’emergenza coronavirus (lettera a)).

 

Si ricorda che l’articolo 2 della legge finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2007, commi 475 e seguenti) ha istituito il Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze.

In sintesi la disciplina del Fondo, modificata in seguito dalla legge n. 92/2012 (riforma del mercato del lavoro) consente ai titolari di un mutuo per l'acquisto della prima casa di beneficiare della sospensione del pagamento delle rate al verificarsi di situazioni di temporanea difficoltà, destinate ad incidere negativamente sul reddito complessivo del nucleo familiare.

Il Fondo, su richiesta del mutuatario che intende avvalersi della facoltà di sospensione per i mutui concessi da intermediari bancari o finanziari, provvede al pagamento degli interessi maturati sul debito residuo durante il periodo di sospensione.

La sospensione può essere chiesta per non più di due volte e per un periodo massimo di diciotto mesi nel corso dell'esecuzione del contratto. In tal caso, la durata del contratto di mutuo e delle garanzie relative viene prorogata di un periodo eguale alla durata della sospensione. Al termine della sospensione, il pagamento delle rate riprende secondo gli importi e con la periodicità originariamente previsti dal contratto, salvo diverso patto eventualmente intervenuto fra le parti per la rinegoziazione delle condizioni del contratto medesimo. La sospensione non comporta l'applicazione di alcuna commissione o spesa di istruttoria ed avviene senza richiesta di garanzie aggiuntive.

La sospensione non può essere chiesta: nel caso di ritardo nei pagamenti superiore a novanta giorni consecutivi, ovvero per i quali sia intervenuta la decadenza dal beneficio del termine o la risoluzione del contratto stesso, anche tramite notifica dell'atto di precetto, o sia stata avviata da terzi una procedura esecutiva sull'immobile ipotecato; nel caso di fruizione di agevolazioni pubbliche; per i mutui relativamente ai quali sia stata stipulata un'assicurazione a copertura del rischio che si verifichino gli eventi che danno diritto al beneficio della sospensione, a specifiche condizioni.

Il beneficio è previsto nelle ipotesi individuate dall’articolo 2, comma 479 della richiamata legge n. 244 e, più precisamente, in caso di:

·      cessazione del rapporto di lavoro subordinato, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di risoluzione per limiti di età con diritto a pensione di vecchiaia o di anzianità, di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, di dimissioni del lavoratore non per giusta causa;

·      cessazione dei rapporti di lavoro parasubordinato o di rappresentanza commerciale o di agenzia (art. 409 n. 3 del c.p.c.), sempre salva la risoluzione consensuale, il recesso datoriale per giusta causa, il recesso del lavoratore non per giusta causa;

·      morte o riconoscimento di grave handicap ovvero di invalidità civile (ai sensi della legge n. 104 del 1992) non inferiore all'80%.

 

L’articolo 26 del decreto-legge n. 9 del 2020 (ora abrogato dal presente decreto-legge) è intervenuto sulla disciplina del fondo (nuova lettera c-bis) al comma 479) consentendo di richiedere il beneficio della sospensione del pagamento delle rate del mutuo nell’ulteriore caso di sospensione dal lavoro o riduzione dell'orario di lavoro per un periodo di almeno trenta giorni, anche in attesa dell’emanazione di provvedimenti di autorizzazione dei trattamenti di sostegno del reddito.

Può presentare domanda il proprietario di un immobile adibito ad abitazione principale, titolare di un mutuo contratto per l'acquisto dello stesso immobile non superiore a 250.000 euro e in possesso di indicatore ISEE non superiore a 30.000 euro.

Si ricorda che le norme attuative del Fondo, gestito da SIMEST, sono contenute nei DD.MM. 21 giugno 2010 n.132 e n. 37 del 22 febbraio 2013.

 

In deroga alle norme generali sull’accesso al Fondo, il comma 1 chiarisce inoltre che nel caso specifico non è richiesta la presentazione dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE). Nel corso dell’esame al Senato è stato chiarito che:

§  sono ammissibili mutui di importo non superiore a 400.000 euro (importo elevato rispetto al precedente limite di 250.000 euro);

§  la sospensione del pagamento delle rate può essere concessa anche ai mutui già ammessi ai benefici del Fondo per i quali sia ripreso, per almeno tre mesi, il regolare ammortamento delle rate (comma 1, lettera b)).

 

Al Senato, è stata inoltre inserita una nuova lettera c), ai sensi della quale la sospensione del pagamento delle rate può essere concessa anche ai mutui che fruiscono della garanzia del Fondo di garanzia per la prima casa.

 

Si ricorda che l’art 1 comma 48 lett. c) della legge 27 dicembre 2013, n, 147 ha istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze il Fondo di garanzia per la prima casa (Fondo prima casa). Il Fondo, recentemente rifinanziato con il decreto crescita (art. 19, DL  30 aprile 2019 n. 34), prevede la concessione di garanzie a prima richiesta su mutui, dell'importo massimo di 250 mila euro, per l'acquisto ovvero per l'acquisto anche con interventi di ristrutturazione purché con accrescimento dell'efficienza energetica di unità immobiliari site sul territorio nazionale da adibire ad abitazione principale del mutuatario.

Con Decreto interministeriale 31 luglio 2014, pubblicato nella G.U.R.I n. 226 del 29 settembre 2014 sono state emanate le norme di attuazione ed è stata individuata Consap quale soggetto gestore del Fondo. Per ulteriori informazioni in merito all'accesso alla garanzia del Fondo si può consultare la scheda informativa disponibile sul sito Consap.

 

Il comma 2 sostituisce il comma 478 dell’articolo 2 della legge n. 244 del 2007 il quale, nella formulazione previgente, prevede che per i mutui concessi da banche o intermediari finanziari l’intervento del Fondo consista nel pagamento degli oneri finanziari pari agli interessi maturati sul debito residuo durante il periodo di sospensione. Secondo le norme previgenti, tale onere era corrispondente al parametro di riferimento costituito dal tasso di interesse applicato ai mutui, con esclusione della componente di maggiorazione; in sostanza, il Fondo ripagava alla banca il tasso di interesse escludendo la cd. componente di spread.

Con le modifiche in esame, invece, il Fondo provvede al pagamento degli interessi compensativi nella misura pari al 50% degli interessi maturati sul debito residuo durante il periodo di sospensione. Viene dunque abbassata la percentuale di interessi corrisposta dal fondo, ma è inclusa nel calcolo di tale onere la cd. componente di spread.

 

Il nuovo comma 2-bis, inserito al Senato, aggiunge al citato comma 479 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, una nuova lettera c-bis), ai sensi della quale, tra le cause di ammissione al Fondo, rientrano anche la sospensione dal lavoro o la riduzione dell’orario di lavoro per un periodo di almeno trenta giorni, anche in attesa dell’emanazione dei provvedimenti di autorizzazione dei trattamenti di sostegno del reddito. Tale norma reca i contenuti dell’articolo 26 del decreto legge n. 9 del 2020 sopra richiamato, ora abrogato dal decreto legge in esame.

 

Il comma 3 affida a un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze il compito di adottare le necessarie disposizioni di attuazione delle norme in esame.

Il comma 4 rifinanzia il Fondo di solidarietà per un importo pari a 500 milioni di euro per il 2020, da riversare sull’apposito conto di tesoreria previsto dall’articolo 8 del regolamento attuativo del fondo (di cui al DM n.132 del 2010), intestato al gestore del Fondo (Consap, tramite SIMEST).

 

Il comma 5 rinvia all’articolo 126, recante disposizioni finanziarie (alla cui scheda di lettura si rinvia) per la copertura finanziaria delle norme in commento.

 


 

Articolo 54-bis
(Fondo SIMEST)

 

 

L'articolo 54-bis - introdotto dal Senato - incrementa di 350 milioni di euro per il 2020 le disponibilità del fondo a carattere rotativo istituito presso il Mediocredito centrale e destinato alla concessione di finanziamenti a tasso agevolato alle imprese esportatrici a fronte di programmi di penetrazione commerciale in Paesi diversi da quelli delle Comunità europee nonché a fronte di attività relative alla promozione commerciale all'estero del settore turistico al fine di acquisire i flussi turistici verso l'Italia.

 

Il comma 1 incrementa di 350 milioni di euro per il 2020 le disponibilità del fondo a carattere rotativo istituito presso il Mediocredito centrale dall'articolo 2, primo comma, del D.L. n. 251/1981 (L. n. 394/1981) e destinato alla concessione di finanziamenti a tasso agevolato alle imprese esportatrici a fronte di programmi di penetrazione commerciale di cui all'articolo 15, lettera n), della legge 24 maggio 1977, n. 227, in Paesi diversi da quelli delle Comunità europee nonché a fronte di attività relative alla promozione commerciale all'estero del settore turistico al fine di acquisire i flussi turistici verso l'Italia.

 

L’articolo 14, comma 1, del D.L. 162/2019 (L. 8/2020) ha rifinanziato di 50 milioni di euro per il 2019 il Fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato a favore delle imprese italiane che realizzano programmi di penetrazione commerciale in mercati esteri (anche diversi da quelli dell’Unione europea).

Il Fondo, gestito da SIMEST, è stato istituito con l’art. 2 del D.L. n. 251/1981 (convertito con modificazioni dalla Legge n. 394/81), per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato a favore delle imprese italiane operanti sui mercati esteri.

Successivamente, l’articolo 6 del D.L. n. 112/2008 (L. n.133/2008), come modificato dall’art. 42 del D.L. n. 83/2012, ha riformato i finanziamenti a tasso agevolato di cui alla legge n. 394/1981 rientranti nell’ambito di applicazione della disciplina sugli aiuti di Stato di importanza minore “de minimis”.

Da ultimo, l’articolo 18-bis del D.L. n. 34/2019 ha esteso a mercati anche diversi da quelli dell’Unione europea le tipologie di iniziative delle imprese italiane che possono fruire delle agevolazioni finanziarie concesse a valere sul Fondo di rotazione.

Sono agevolabili a valere sul Fondo le iniziative delle imprese italiane dirette alla promozione, sviluppo e consolidamento delle medesime imprese sui mercati anche diversi da quelli dell'Unione Europea, nei limiti ed alle condizioni previste dal Regolamento europeo relativo agli aiuti di importanza minore (de minimis) n. 1998/2006 della Commissione Europea del 15 dicembre 2006, la cui disciplina è stata abrogata e sostituita dal Regolamento (UE) n. 1407/2013 (art. 6, co. 1 del D.L. 112/2008). Le iniziative ammesse ai benefici sono:

a) la realizzazione di programmi aventi caratteristiche di investimento finalizzati al lancio ed alla diffusione di nuovi prodotti e servizi ovvero all'acquisizione di nuovi mercati per prodotti e servizi già esistenti, attraverso l'apertura di strutture volte ad assicurare in prospettiva la presenza stabile nei mercati di riferimento;

b) studi di pre-fattibilità e di fattibilità collegati ad investimenti italiani all'estero, nonché programmi di assistenza tecnica collegati ai suddetti investimenti;

c) altri interventi prioritari (art. 6, co. 2 del D.L. 112/2008).

Per le predette iniziative, vi è una riserva di destinazione del 70 per cento annuo delle risorse del Fondo alle piccole e medie imprese (PMI) (art. 6, co. 3 del D.L. 112/2008).

Il D.M. 7 settembre 2016 e il D.M. 8 aprile 2019, adottati in attuazione dell’art. 6, co. 4 del D.L. 112/2008, come da ultimo modificato dall’articolo 1, comma 152 della legge di stabilità 2013 (L. n. 228/2012), fissano i termini, le modalità e le condizioni degli interventi, le attività e gli obblighi del gestore, le funzioni di controllo nonché la composizione e i compiti del Comitato per l'amministrazione del Fondo.

La gestione degli interventi di agevolazione è disciplinata da una convenzione stipulata tra SIMEST e Ministero dello sviluppo economico. Il Fondo è gestito fuori bilancio e si avvale di un apposito conto di tesoreria (n. 22044).

Quanto alla gestione del Fondo si rinvia all’ultima Relazione della Corte dei Conti relativa al Giudizio di parificazione sul rendiconto generale dello Stato per l'esercizio finanziario 2018, pp. 36 e ss.

 

Il comma 2 rinvia all'articolo 126, comma 6-bis del decreto-legge per la copertura degli oneri finanziari.


 

Articolo 54-ter
(Sospensione delle procedure esecutive sulla
abitazione principale del debitore)

 

 

L’articolo 54-ter, introdotto in sede di conversione dall'altro ramo del Parlamento, prevede la sospensione delle procedure esecutive per il pignoramento immobiliare dell'abitazione principale del debitore.

 

Più nel dettaglio la disposizione, al fine di contenere gli effetti negativi dell'emergenza epidemiologica, prevede la sospensione su tutto il territorio nazionale per sei mesi -  dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto- di ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, ai sensi dell'articolo 555 c.p.c. (Forma del pignoramento) che abbia ad oggetto l'abitazione principale del debitore.

 

La disciplina del pignoramento immobiliare è contenuta negli artt. 555-559 del codice di procedura civile, nonché negli artt. 2914, n. 1, 2915, 2916, 2923 del codice civile. Il pignoramento immobiliare si compie con il realizzarsi delle seguenti attività:

a)    iniziativa del creditore procedente, che si concreta in un atto scritto (c.d. libello) contenente la descrizione dei beni e dei diritti immobiliari individuati che si intendono sottoporre ad esecuzione;

b)   sottoscrizione dell'atto;

c)    ingiunzione ex art. 492 da parte dell'ufficiale giudiziario;

d)   notificazione al debitore;

e)    trascrizione nei pubblici registri immobiliari;

f)    deposito nella cancelleria del tribunale competente (art. 557), onde consentire la formazione del fascicolo dell'esecuzione.

 

Per abitazione principale si intende quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente (art. 10, comma 3-bis del D.P.R. n. 917 del 1986).

 

E' opportuno ricordare che l'art. 76, comma 1, del DPR n. 602 del 1973, come modificato dall’art. 52, comma 1, lettera g) del D.L. n. 69 del 2013 (conv. legge n. 98 del 2013), il c.d. “Decreto del fare”, ha previsto l’interruzione delle procedure esecutive sugli immobili adibiti a “prima casa”, intraprese dalle agenzie di riscossione pubblica. Il divieto di pignoramento si applica solo se:

§  il debitore abbia quel bene immobile come unica proprietà;

§  il debitore vi risieda anagraficamente;

§  l’immobile sia accatastato a uso esclusivo di civile abitazione;

§  l’immobile non appartenga alla categoria “abitazione di lusso” o di pregio che ricade nelle categorie catastali A/8 e A/9 cioè ville, castelli e dimore storiche.

Sempre in tema di pignoramento immobiliare l'articolo 41-bis del decreto legge n. 124 del 2019 (conv. legge n. 157 del 2019) ha introdotto una disciplina, seppure «in via eccezionale, temporanea e non ripetibile», che prevede una particolare forma di rinegoziazione del mutuo in favore del consumatore che non ha potuto pagare il mutuo ed è soggetto al pignoramento immobiliare.

In base a questa disciplina, il consumatore può proporre, fino al 31.12.2021, un’istanza di rinegoziazione del mutuo laddove abbia visto la propria abitazione principale oggetto di un pignoramento tra il 1° gennaio 2010 e il 30 giugno 2019.

La legge, però, prevede tre condizioni che devono congiuntamente sussistere per avvalersi di questa facoltà:

§  il beneficio spetta a condizione che non vi siano altri creditori intervenuti nella procedura di pignoramento oltre al creditore procedente.

§  il debitore deve aver rimborsato almeno il 10% del capitale del credito ipotecario originariamente finanziato alla data della presentazione dell’istanza di rinegoziazione.

§  il debito complessivo non deve essere superiore a euro 250.000.

 

In base all'articolo 41-bis il consumatore può richiedere quindi una rinegoziazione del mutuo in essere ovvero anche un finanziamento con assistenza della garanzia del Fondo di garanzia prima casa che potrà operare nella misura del 50% dell’importo oggetto di rinegoziazione ovvero della quota capitale del nuovo finanziamento.

 


 

Articolo 54-quater
(Sospensione dei mutui per gli operatori economici vittime di usura)

 

 

L’articolo 54-quater, introdotto in sede di conversione dall'altro ramo del Parlamento, reca la sospensione delle rate dei mutui erogati dal Fondo di solidarietà per le vittime dell'usura, nonché la sospensione di tutti i procedimenti esecutivi relativi a tali mutui.

 

L'articolo prevede al comma 1 la sospensione per l'anno 2020 delle rate dei mutui concessi in favore delle vittime dell'usura, di cui all'articolo 14 della legge 7 marzo 1996, n. 108.

 

L'articolo 14 della legge n. 108 del 1996 ha previsto l'istituzione del Fondo di solidarietà per le vittime dell'usura[98].  Tale Fondo provvede alla erogazione di mutui senza interesse di durata non superiore al decennio a favore di soggetti che esercitano attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o comunque economica, ovvero una libera arte o professione, i quali dichiarino di essere vittime del delitto di usura e risultino parti offese nel relativo procedimento penale. Il Fondo è surrogato, quanto all'importo dell'interesse e limitatamente a questo, nei diritti della persona offesa verso l'autore del reato (comma 2). La concessione del mutuo è esente da oneri fiscali. Ai sensi del comma 2-bis dell'articolo 14, l'erogazione dei mutui è consentita anche in favore dell'imprenditore dichiarato fallito, previo provvedimento favorevole del giudice delegato al fallimento, a condizione che il medesimo non abbia riportato condanne definitive per i reati fallimentari di cui al titolo VI del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero per delitti contro la pubblica amministrazione, la fede pubblica, l'amministrazione della giustizia, il patrimonio, l'economia pubblica, l'industria e il commercio, a meno di intervenuta riabilitazione.  Ancora, il mutuo è concesso a condizione che:

a)    il soggetto non sia stato condannato per il reato di usura, anche tentato, o per taluno dei reati consumati o tentati di cui agli articoli 380 e 407, comma 2 lett. a, del codice di procedura penale, ovvero sottoposto a misure di prevenzione personali o patrimoniali ovvero alla speciale misura di cui all’art. 34 del d.lgs. n. 159/2011 (comma 7);

b)   il soggetto non abbia reso dichiarazioni false o reticenti nel procedimento penale in cui risulta parte offesa ed in relazione al quale ha proposto la domanda di mutuo (comma 8).

L'importo del mutuo è commisurato al danno subìto dalla vittima del delitto di usura per effetto degli interessi e degli altri vantaggi usurari corrisposti all'autore del reato. Il Fondo può erogare un importo maggiore quando, per le caratteristiche del prestito usurario, le sue modalità di riscossione o la sua riferibilità a organizzazioni criminali, sono derivati alla vittima del delitto di usura ulteriori rilevanti danni per perdite o mancati guadagni.

 

Le rate sospese sono rimborsate prolungando il piano di ammortamento originariamente stabilito. Sono altresì sospese e possono essere rimborsate alla scadenza del predetto piano le rate, con scadenza nei mesi di febbraio e marzo 2020, non pagate.

 

Gli oneri, derivanti da tale disposizione quantificati in euro 6.360.000 per l'anno 2020, sono a carico del Fondo stesso. Al corrispondente onere in termini di fabbisogno si provvede ai sensi dell'articolo 126 (alla cui scheda si rinvia).

 

Il comma 2 dell'articolo - fermo restando quanto previsto dall'articolo 83 (vedi la relativa scheda) in materia di sospensione dei termini - sospende fino al 31 dicembre 2020 tutti procedimenti esecutivi relativi ai mutui erogati dal Fondo.

 

Con riguardo alla sospensione dei termini è opportuno segnalare che l'articolo 36 del decreto-legge n. 23 del 2020 ha previsto il differimento all'11 maggio del termine fissato al 15 aprile dall’articolo 83 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, concernente il rinvio d’ufficio delle udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari e la sospensione del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto per i procedimenti indicati al comma 2 del richiamato articolo 83.


 

Articolo 55
(Misure di sostegno finanziario alle imprese)

 

 

L'articolo 55 stabilisce che, qualora una società ceda a titolo oneroso, entro il 31 dicembre 2020, crediti pecuniari vantati nei confronti di debitori inadempienti può trasformare in credito d’imposta le attività per imposte anticipate (Deferred Tax Assets, DTA) riferite alle perdite fiscali non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile e all'importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto non ancora dedotto né fruito tramite credito d’imposta alla data della cessione. Ai fini della trasformazione in credito d’imposta, tali componenti possono essere considerati per un ammontare massimo non eccedente il 20 per cento del valore nominale dei crediti ceduti. I crediti ceduti possono essere considerati per un valore nominale massimo pari a 2 miliardi di euro, determinato tenendo conto di tutte le cessioni effettuate entro il 31 dicembre 2020 dalle società tra loro legate da rapporti di controllo e dalle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto.

 

Il Governo chiarisce nella relazione illustrativa che la disposizione in esame è volta a incentivare la cessione di crediti deteriorati che le imprese hanno accumulato negli ultimi anni, anche per effetto della crisi finanziaria, con l'obiettivo di sostenerle sotto il profilo della liquidità nel fronteggiare l'attuale contesto di incertezza economica. I crediti deteriorati oggetto dell'incentivo possono essere sia di natura commerciale sia di finanziamento. Anche per ridurre gli oneri di cessione, la disposizione introduce la possibilità di trasformare in credito d'imposta una quota di attività per imposte anticipate (Deferred Tax Assets, DTA) riferite a determinati componenti, per un ammontare proporzionale al valore dei crediti deteriorati che vengono ceduti a terzi. L'intervento consente alle imprese di anticipare l'utilizzo come crediti d'imposta di tali importi, di cui altrimenti avrebbero usufruito in anni successivi, determinando nell'immediato una riduzione del carico fiscale. Ciò consente di ridurre il fabbisogno di liquidità connesso con il versamento di imposte e contributi, aumentando così la disponibilità di cassa in un periodo di crisi economica e finanziaria connessa con l'emergenza sanitaria, rispettando la coerenza complessiva del sistema fiscale posto che a fronte di tale anticipazione viene meno il meccanismo ordinario di riporto in avanti dei componenti oggetto di trasformazione.

 

In particolare, la disposizione in esame sostituisce l’articolo 44-bis del decreto legge n. 34 del 2019 (recante misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi).

 

Il previgente articolo 44-bis del decreto-legge n. 34 del 2019 recava agevolazioni per le operazioni di aggregazione aziendale compiute da società del Mezzogiorno, da cui risulti una o più imprese aventi, a loro volta, sede legale nel Mezzogiorno: l’agevolazione consisteva nella possibilità di trasferire al soggetto derivante dall’aggregazione le attività fiscali differite (DTA) delle singole imprese e trasformarle in credito di imposta, a fronte del pagamento di un canone annuo determinato applicando l’aliquota dell’1,5 per cento alla differenza tra le DTA e le imposte versate.

Con l'articolo 2, commi da 55 a 57, del decreto-legge n. 225 del 2010 il legislatore ha consentito di trasformare in crediti di imposta le attività per imposte anticipate (Deferred Tax Assets – DTA) iscritte in bilancio, per colmare il divario di incidenza delle imposte anticipate nei bilanci degli operatori italiani (in particolare gli enti creditizi e finanziari) rispetto a quelli europei.

L’impossibilità di liquidare le poste dell’attivo relative alle DTA aveva infatti indotto il Comitato di Basilea a introdurre stringenti filtri patrimoniali; essi, superata una certa soglia, hanno un impatto diretto di riduzione del capitale di migliore qualità (common equity) di un ammontare pari alle DTA che eccedono tale soglia, aumentando il fabbisogno di capitale. Pertanto, l’entrata in vigore dell’accordo di Basilea 3 ha implicato che il trattamento fiscale poco favorevole delle rettifiche su crediti si traducesse anche in una penalizzazione sul piano della dotazione patrimoniale regolamentare delle banche italiane.

Per evitare il sorgere di questo svantaggio competitivo, è stato previsto un meccanismo di conversione in crediti di imposta, da utilizzare in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997; in tal modo, le DTA sono “smobilizzabili” e pertanto concorrono all’assorbimento delle perdite al pari del capitale e delle altre riserve, divenendo riconoscibili ai fini di vigilanza. Il medesimo meccanismo è previsto anche per le DTA che derivino da disallineamenti temporali nella rilevazione di bilancio e fiscale e che siano destinati a riassorbirsi nel tempo, come nel caso dell’affrancamento del valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali.

Il richiamato articolo 2, commi 55 e seguenti del decreto-legge n. 225 del 2010 ha consentito, come anticipato, di trasformare in credito di imposta le attività per imposte anticipate (DTA) iscritte in bilancio, relative alle svalutazioni di crediti - non ancora dedotte ai sensi dell'articolo 106, comma 3, del TUIR - e al valore dell'avviamento e delle altre attività immateriali i cui componenti negativi sono deducibili ai fini delle imposte sui redditi in più periodi d'imposta.

Sul punto è intervenuto successivamente l’articolo 9 del decreto-legge n. 201 del 2011, che ha previsto la conversione delle DTA in presenza di perdite fiscali rilevanti ai sensi dell’articolo 84 del TUIR; l’articolo 1, commi da 167 a 171, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), che ha esteso l’originario ambito applicativo della disciplina alle DTA relative all’IRAP. Ulteriori modifiche sono state apportate dal decreto-legge n. 83 del 2015 e specifiche norme per gli enti in risoluzione sono contenute nella legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015), nonché dal decreto-legge n. 59 del 2016 e dalla legge di bilancio (legge n. 145 del 2018).

 

In particolare, il comma 1 del nuovo articolo 44-bis stabilisce che, qualora una società ceda a titolo oneroso, entro il 31 dicembre 2020, crediti pecuniari vantati nei confronti di debitori inadempienti a norma del comma 5, può trasformare in credito d’imposta le attività per imposte anticipate (DTA) riferite ai seguenti componenti:

§  perdite fiscali non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile ai sensi dell’articolo 84 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR - D.P.R. n. 917 del 1986) alla data della cessione;

§  importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto di cui all’articolo 1, comma 4, del decreto legge n. 201 del 2011 non ancora dedotto né fruito tramite credito d’imposta alla data della cessione.

 

Ai fini della determinazione delle perdite fiscali non si applicano i limiti di cui all’articolo 84, comma 1, secondo periodo, del TUIR. Ai fini della trasformazione in credito d’imposta, i componenti di cui al presente comma possono essere considerati per un ammontare massimo non eccedente il 20 per cento del valore nominale dei crediti ceduti. Ai fini del presente articolo, i crediti ceduti possono essere considerati per un valore nominale massimo pari a 2 miliardi di euro, determinato tenendo conto di tutte le cessioni effettuate entro il 31 dicembre 2020 dalle società tra loro legate da rapporti di controllo ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile e dalle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto. Le attività per imposte anticipate riferibili ai componenti sopra indicati possono essere trasformate in credito d’imposta anche se non iscritte in bilancio. La trasformazione in credito d’imposta avviene alla data di efficacia della cessione dei crediti. A decorrere dalla data di efficacia della cessione dei crediti, per il cedente:

a)   non sono computabili in diminuzione dei redditi imponibili le perdite di cui all'articolo 84 del TUIR, relative alle attività per imposte anticipate complessivamente trasformabili in credito d’imposta ai sensi del presente articolo;

b)   non sono deducibili né fruibili tramite credito d’imposta le eccedenze del rendimento nozionale rispetto al reddito complessivo di cui all'articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 201 del 2011 relative alle attività per imposte anticipate complessivamente trasformabili in credito d’imposta ai sensi del presente articolo.

 

Il comma 2 del nuovo articolo 44-bis stabilisce che i crediti d’imposta derivanti dalla trasformazione non sono produttivi di interessi. Essi possono essere utilizzati, senza limiti di importo, in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, ovvero possono essere ceduti secondo quanto previsto dall’articolo 43-bis o dall’articolo 43-ter del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ovvero possono essere chiesti a rimborso. I crediti d’imposta vanno indicati nella dichiarazione dei redditi e non concorrono alla formazione del reddito di impresa né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive.

 

Il comma 3 del nuovo articolo 44-bis dispone che la trasformazione delle attività per imposte anticipate in crediti d'imposta è condizionata all'esercizio, da parte della società cedente, dell'opzione di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto-legge n. 59 del 2016. L'opzione, se non già esercitata, deve essere esercitata entro la chiusura dell'esercizio in corso alla data in cui ha effetto la cessione dei crediti; l'opzione ha efficacia a partire dall'esercizio successivo a quello in cui ha effetto la cessione. Ai fini dell'applicazione del citato articolo 11 del decreto-legge n. 59 del 2016, nell'ammontare delle attività per imposte anticipate sono compresi anche le attività per imposte anticipate trasformabili in crediti d'imposta ai sensi dell'articolo in esame nonché i crediti d'imposta derivanti dalla trasformazione delle predette attività per imposte anticipate.

 

L'articolo 11 del decreto-legge n. 59 del 2016 stabilisce che le imprese interessate dalla disciplina sulle DTA di cui all'articolo 2, commi da 55 a 57, del decreto-legge n. 225 del 2010, come successivamente integrato dal decreto-legge n. 201 del 2011, possono optare, con riferimento all'ammontare di attività per imposte anticipate pari alla differenza di cui al successivo comma 2, per il mantenimento dell'applicazione delle predette disposizioni al ricorrere delle condizioni ivi previste.

 

Il comma 4 del nuovo articolo 44-bis stabilisce che il presente articolo non si applica a società per le quali sia stato accertato lo stato di dissesto o il rischio di dissesto ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 180 del 2015, ovvero lo stato di insolvenza ai sensi dell'articolo 5 del regio decreto n. 267 del 1942, o dell'articolo 2, comma 1, lettera b), del codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, di cui al decreto legislativo n. 14 del 2019.

 

Il comma 5 del nuovo articolo 44-bis dispone che, per gli effetti del presente articolo, si ha inadempimento quando il mancato pagamento si protrae per oltre novanta giorni dalla data in cui era dovuto.

 

Il comma 6 del nuovo articolo 44-bis stabilisce che le disposizioni del presente articolo non si applicano alle cessioni di crediti tra società che sono tra loro legate da rapporti di controllo ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile e alle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto.

 

La relazione tecnica attribuisce alla misura un onere, in termini di cassa, pari a circa 857 milioni di euro per l'anno 2020.


 

Articolo 56
(Misure di sostegno finanziario alle micro, piccole e medie imprese colpite dall’epidemia di COVID-19)

 

 

L'articolo 56 dispone misure di sostegno finanziario in favore delle microimprese e delle piccole e medie imprese (così individuate dal comma 5), in considerazione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, riconosciuta, dal comma 1, quale evento eccezionale e di grave turbamento dell'economia ai sensi dell'articolo 107 TFUE. Il comma 2 dispone una moratoria, fino al 30 settembre 2020, in relazione a diverse tipologie di esposizioni debitorie nei confronti di soggetti autorizzati alla concessione di credito in Italia. Le imprese possono beneficiare della sospensione delle scadenze previa richiesta che dovrà essere corredata, ai sensi del comma 3, di una dichiarazione che autocertifichi la carenza di liquidità conseguente, in via diretta, all'emergenza in atto. Il comma 4 esclude dai benefici in esame le esposizioni debitorie deteriorate. Il comma 6 prevede che, su richiesta del soggetto finanziatore, le operazioni destinatarie delle misure di sostegno sono ammesse a garanzia in apposita sezione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, a parziale copertura dei danni subiti dal finanziatore in conseguenza dell'evento eccezionale. I commi da 7 a 10 recano norme concernenti tale garanzia, riguardanti, tra l'altro, le caratteristiche della stessa, le modalità di escussione, quelle di liquidazione delle somme destinate al soggetto finanziatore, nonché la percentuale minima di accantonamento a copertura del rischio. Il comma 11 stabilisce che la garanzia operi in conformità all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 107 TFUE, e che possano essere integrate le disposizioni operative del Fondo di garanzia. Infine il comma 12 rinvia all'articolo 126 del decreto-legge per la copertura degli oneri.

 

Il comma 1, come sopra accennato, riconosce formalmente l'emergenza da COVID-19 quale evento eccezionale e di grave turbamento dell'economia ai sensi dell'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). Quest'ultimo stabilisce che sono ammissibili "gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali" (articolo 107, par. 2, lettera b).

 

Il comma 5 stabilisce che le disposizioni in parola siano destinate alle microimprese e alle piccole e medie imprese come definite dalla Raccomandazione 2003/361/CE (“Raccomandazione della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese”).

Le PMI sono imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro e/o il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro. All'interno della categoria delle PMI, la "piccola impresa" occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo e/o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro; la "microimpresa" occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo e/o un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro.

 

Il comma 2 elenca le seguenti misure riguardanti la sospensione delle scadenze relative a varie tipologie di esposizioni debitorie:

a)   non possono essere revocate fino al 30 settembre 2020 le aperture di credito "a revoca", nonché i finanziamenti accordati a fronte di anticipi su crediti, per gli importi esistenti alla data del 29 febbraio 2020, o, se successivi, al 17 marzo 2020 (data di pubblicazione del presente decreto-legge); la disposizione trova applicazione sia per la parte utilizzata sia per quella non utilizzata e, specifica la norma, non si può procedere neanche a revoca parziale.

b)   sono prorogati fino al 30 settembre 2020, alle medesime condizioni, i contratti relativi a prestiti non rateali, con scadenza contrattuale antecedente a quella data; la misura si applica anche a tutti gli elementi accessori (in particolare le garanzie) relativi al contratto principale.

c)   sono prorogati al 30 settembre 2020 i pagamenti - con scadenza antecedente a quella data - di rate o canoni di leasing relativi a mutui e altri finanziamenti con rimborso rateale, ivi compresi quelli perfezionati mediante il rilascio di cambiali agrarie; il piano di rimborso delle rate o dei canoni oggetto di sospensione è dilazionato ed è nella facoltà delle imprese richiedere la sospensione del solo rimborso in conto capitale.

 

Con riferimento alle lettere b) e c), la relazione illustrativa asserisce che le sospensioni sono effettuate con modalità che, da un punto di vista attuariale, non risultino in ulteriori oneri né per gli intermediari né per le imprese. Gli eventuali oneri amministrativi per la realizzazione dell'operazione restano a carico dell'intermediario creditore.

Inoltre, sempre secondo la relazione illustrativa, durante il periodo di moratoria "gli intermediari devono fermare il computo dei giorni di persistenza dell'eventuale scaduto e/o sconfinamento".

 

I benefici sono concessi previa dichiarazione al soggetto creditore, banca, intermediari finanziari[99] e degli altri soggetti abilitati alla concessione di credito in Italia. Tale dichiarazione (comma 3) è corredata da autocertificazione dell’impresa che attesti la mancanza improvvisa di liquidita a seguito dell’emergenza in atto. L’autocertificazione è resa ai sensi dell’articolo 47 del t.u. in materia di documentazione amministrativa (d.P.R. n. 445 del 2000), il quale prevede (articolo 47, comma 1) che l'atto di notorietà concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato è sostituito da dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo, secondo modalità fissate dall’articolo 38 del medesimo testo unico. Il comma 4 stabilisce che non possono beneficiare della moratoria le microimprese e le PMI che abbiano un’esposizione debitoria deteriorata.

 

I commi successivi recano disposizioni inerenti alla garanzia a valere sul Fondo di garanzia per le PMI[100].

Secondo la relazione illustrativa, la necessità di una forma di garanzia pubblica a parziale copertura delle esposizioni interessate si rende necessaria “per attenuare gli effetti economici di un possibile peggioramento significativo nella qualità del credito al termine del periodo di moratoria”.

 

Il comma 6 prevede che le operazioni oggetto delle misure di sostegno siano ammesse, senza valutazione[101], alla garanzia mediante apposita sezione speciale del Fondo di garanzia. Alla sezione speciale è attribuita una dotazione di 1,73 miliardi di euro.

Tale somma è stata ridotta di 300 milioni per il 2020 a copertura degli oneri derivanti da alcune disposizioni del D.L. n. 23 del 2020.

In particolare, l'art. 13, comma 13, del D.L. n. 23/2020 prevede una riduzione di 249 milioni di euro per l’anno 2020, a parziale copertura degli oneri previsti per il potenziamento ed estensione dell’intervento del Fondo di garanzia per PMI, in deroga alla disciplina ordinaria, previsto dal medesimo articolo.

Ulteriore riduzione pari a 35 milioni di euro per l'anno 2020 è prevista dall'art. 14, comma 3, del D.L. n. 23/2020, a copertura degli oneri derivanti dall'estensione, ivi prevista, delle facoltà operative del Fondo di garanzia per l'impiantistica sportiva e del Fondo speciale per la concessione di contributi in conto interessi, entrambi gestiti e amministrati dall'Istituto per il credito sportivo, alle operazioni di liquidità.

Infine, l'art. 41, comma 4, del medesimo D.L. n. 23/2020 prevede l'ulteriore riduzione 16 milioni di euro per l'anno 2020, a parziale copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni ivi recate le quali estendono la possibilità del riconoscimento di trattamenti di integrazione salariale ordinaria e in deroga, nonché di assegno ordinario - concessi, a determinate condizioni, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 - ai lavoratori assunti fra il 24 febbraio 2020 e il 17 marzo 20204

 

La garanzia copre parzialmente i danni eventualmente subiti dalle banche in conseguenza dell’evento eccezionale e si ottiene a richiesta del soggetto finanziatore per via telematica. In particolare, la sezione speciale garantisce, per un importo pari al 33%:

§  i maggiori utilizzi, alla data del 30 settembre 2020, rispetto all’importo utilizzato al 17 marzo 2020 (data di pubblicazione del decreto-legge), con riferimento alle aperture di credito e ai finanziamenti di cui al comma 2, lettera a);

§  i prestiti non rateali di cui alla lettera b) del medesimo comma;

§  le singole rate dei mutui e degli altri finanziamenti a rimborso rateale o dei canoni di cui alla lettera c).

 

Qualora le misure riguardino finanziamenti erogati (anche parzialmente) con fondi di soggetti terzi, le misure di cui al comma 2 del presente articolo sono realizzate senza preventiva autorizzazione di tali soggetti. Si procede, quindi, automaticamente all’allungamento del contratto di provvista in relazione al prolungamento dell'operazione di finanziamento, alle stesse condizioni del contratto originario. La moratoria può riguardare anche finanziamenti agevolati, previa comunicazione all’ente incentivante. Quest’ultimo può fornire le eventuali integrazioni alle modalità operative entro 15 giorni dalla comunicazione.

 

Il comma 7 stabilisce che la garanzia:

§  ha natura sussidiaria (l’escussione può essere richiesta solo a conclusione delle procedure di riscossione coattiva del credito);

§  è concessa a titolo gratuito.

 

La garanzia copre i pagamenti previsti per interessi e capitale dei maggiori utilizzi delle linee di credito e dei prestiti, delle rate o dei canoni di leasing sospesi e dei finanziamenti prorogati.

A copertura del rischio è prescritto l’accantonamento di un importo pari almeno al 6% dell’importo garantito, per ciascuna operazione ammessa.

 

Il comma 8 disciplina la procedura di escussione. Questa può essere richiesta dai soggetti finanziatori quando, nei 18 mesi successivi alla conclusione delle misure di sostegno, siano state avviate le procedure esecutive in relazione a:

1)   l'inadempimento totale o parziale delle esposizioni di cui al comma 2, lettera a);

2)   il mancato pagamento, anche parziale, delle somme dovute per capitale e interessi relative ai prestiti prorogati ai sensi del comma 2, lettera b);

3)   l'inadempimento di una o più rate di prestiti o canoni di leasing sospesi ai sensi del comma 2, lettera c).

In tali casi, i soggetti finanziatori possono inviare al Fondo di garanzia la richiesta di escussione, corredata da una stima della perdita finale a carico del medesimo Fondo.

Con specifico riferimento ai mutui e altri finanziamenti con rimborso rateale, anche perfezionati mediante il rilascio di cambiali agrarie (si tratta del caso previsto dal comma 2, lettera c)) la garanzia è attivabile nei limiti dell’importo delle rate o dei canoni sospesi.

Il Fondo, previa verifica della legittimità della richiesta, provvede ad aggiornare i relativi accantonamenti.

 

Ai sensi del comma 9, il Fondo liquida in favore del soggetto finanziatore un anticipo pari al 50% del minor importo tra la quota massima garantita ed il 33% della perdita stimata a carico del Fondo. Tale importo è liquidato entro 90 giorni, previa verifica della legittimità della richiesta. Indi, il soggetto creditore può richiedere la liquidazione dell’importo residuo a titolo di escussione della garanzia entro 180 giorni dall’esaurimento delle procedure esecutive. Entro 30 giorni dal ricevimento della richiesta, il Fondo provvede alla corresponsione degli importi spettanti (comma 10).

 

Il comma 11 stabilisce che la garanzia operi in conformità all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 108 TFUE, e che possano essere integrate le disposizioni operative del Fondo di garanzia.

 

Infine, il comma 12 stabilisce che alla copertura degli oneri si provveda ai sensi dell'articolo 126 del decreto-legge in esame.

 


 

Articolo 57
(Supporto alla liquidità delle imprese colpite dall'emergenza epidemiologica mediante meccanismi di garanzia)

 

 

L'articolo 57 stabilisce che le esposizioni assunte da CDP in favore delle banche e degli altri soggetti autorizzati all’esercizio del credito che concedono finanziamenti sotto qualsiasi forma alle imprese che hanno sofferto una riduzione del fatturato a causa della citata emergenza, possono essere assistite dalla garanzia dello Stato fino ad un massimo dell’80% dell’esposizione assunta. A tale scopo è istituito, nello stato di previsione del MEF, un fondo con una dotazione iniziale di 500 milioni di euro per l'anno 2020.

 

Nella relazione illustrativa, il Governo evidenzia che la disposizione consente alle banche, con il supporto di Cassa depositi e prestiti S.p.A. (CDP), di erogare più agevolmente finanziamenti alle imprese che hanno sofferto una riduzione del fatturato a causa della citata emergenza; consente inoltre a CDP di supportare le banche che erogano i predetti finanziamenti tramite specifici strumenti quali plafond di provvista e/o garanzie di portafoglio, anche di prima perdita, rispetto alle esposizioni assunte dalle banche stesse; consente, infine, allo Stato, di concedere "controgaranzie" fino ad un massimo dell'80% delle esposizioni assunte da CDP e a condizioni di mercato. Il Governo attribuisce a queste misure un effetto moltiplicativo delle risorse a disposizione del sistema. Sempre secondo il Governo, l'attuazione della disposizione potrà essere modulata a seconda delle esigenze delle imprese colpite dall'emergenza e del sistema bancario. In particolare, l'operatività di portafoglio interviene su aggregati omogenei di finanziamenti bancari: la garanzia è prestata sul portafoglio complessivo di finanziamenti e copre porzioni del portafoglio stesso caratterizzate da differenti livelli di rischio.

 

Nel dettaglio, il comma 1, stabilisce che, al fine di supportare la liquidità delle imprese colpite dall’emergenza epidemiologica da “Covid-19”, le esposizioni assunte da Cassa depositi e prestiti S.p.A. (CDP), anche nella forma di garanzie di prima perdita su portafogli di finanziamenti, in favore delle banche e degli altri soggetti autorizzati all’esercizio del credito che concedono finanziamenti sotto qualsiasi forma alle imprese che hanno sofferto una riduzione del fatturato a causa della citata emergenza, operanti in settori individuati con decreto ministeriale ai sensi del comma 2 del presente articolo, e che non hanno accesso alla garanzia del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (PMI) di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662 del 1996, possono essere assistite dalla garanzia dello Stato. La garanzia dello Stato è rilasciata in favore di CDP fino ad un massimo dell’80% dell’esposizione assunta, è a prima domanda, orientata a parametri di mercato, esplicita, incondizionata e irrevocabile e conforme con la normativa di riferimento dell'Unione europea.

 

Il comma 2 rinvia a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, l'individuazione di criteri, modalità e condizioni per la concessione della garanzia di cui al comma 1 e la relativa procedura di escussione, nonché l'individuazione dei settori nei quali operano le imprese di cui al comma 1, assicurando comunque complementarietà con il Fondo di garanzia di cui all’articolo 2, comma 100, della legge n. 662 del 1996.

 

Secondo la relazione illustrativa, lo strumento non si sovrappone al Fondo di garanzia PMI in quanto:

1)   assume un ambito soggettivo ben più ampio. Mentre il Fondo PMI opera solo a beneficio di PMI (imprese con un fatturato inferiore a 50 milioni di euro annui, numero di dipendenti inferiore a 250 unità e attivo di bilancio inferiore a 43 milioni di euro), il meccanismo di cui alla proposta normativa potrà operare anche a favore di imprese non qualificate quali PMI ai sensi della normativa europea quali, ad esempio, le c.d. "imprese Mid-Cap" (imprese con un numero di dipendenti inferiore a 3 mila unità);

2)   assume un ambito oggettivo più ampio: il meccanismo di cui alla proposta normativa potrà operare su portafogli già esistenti, differenziandosi così dall'operatività del Fondo che, invece, opera garantendo unicamente nuovi portafogli (c.d. "portafogli di nuova originazione");

3)   non assorbe in alcun modo il regime "de minimis": il meccanismo del Fondo di garanzia PMI si inquadra nell'ambito del regime "de minimis", per cui le imprese possono ottenere i benefici del Fondo solo entro i limiti della normativa europea (Equivalente Sovvenzione Lorda pari a 200.000 euro in 3 anni). Il meccanismo di cui alla proposta normativa, invece, non assorbe in alcun modo il predetto limite "de minimis".

I due strumenti, pertanto, secondo il Governo, sono pienamente complementari e il decreto ministeriale attuativo potrà meglio definire i rispettivi

ambiti applicativi.

 

Il comma 3 dispone l'istituzione, nello stato di previsione del MEF, di un fondo a copertura delle garanzie dello Stato concesse ai sensi del comma 1 con una dotazione iniziale di 500 milioni di euro per l'anno 2020. È autorizzata allo scopo l'istituzione di un apposito conto corrente di tesoreria. La gestione del Fondo può essere affidata a società a capitale interamente pubblico ai sensi dell’articolo 19, comma 5, del decreto-legge n. 78 del 2009. La dotazione del fondo, sul quale sono versate le commissioni che CDP paga per l’accesso alla garanzia, può essere incrementata anche mediante versamento di contributi da parte delle amministrazioni statali e degli enti territoriali. Le commissioni e i contributi di cui al presente comma sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al Fondo.

 

Il comma 4 rinvia all'articolo 126 per la copertura degli oneri previsti dal presente articolo, pari a 500 milioni di euro per l'anno 2020 per l'istituzione del Fondo di cui al comma 3.

 


 

Articolo 58
(Sospensione dei termini di rimborso per il fondo 394/81)

 

 

L'articolo 58 prevede che, fino al 31 dicembre 2020, può essere disposta una sospensione fino a dodici mesi del pagamento della quota capitale e degli interessi delle rate in scadenza nel corso del 2020, per i finanziamenti a tasso agevolato concessi a favore delle imprese italiane che operano sui mercati esteri. Come esplicitato dalla disposizione, ciò comporta una traslazione del piano di ammortamento per il periodo corrispondente alla sospensione disposta.

 

In particolare, il comma 1 prevede che, fino al 31 dicembre 2020, può essere disposta una sospensione fino a dodici mesi del pagamento della quota capitale e degli interessi delle rate in scadenza nel corso del 2020, con conseguente traslazione del piano di ammortamento per un periodo corrispondente, in relazione ai finanziamenti agevolati concessi nell'ambito del fondo di rotazione istituito dall'articolo 2 del D.L. n. 251/1981 (L. n. 394/1981).

 

Dalla Relazione della Corte dei Conti relativa al Giudizio di parificazione sul rendiconto generale dello Stato per l'esercizio finanziario 2018, Volume I, Tomo II, pp. 36-38, si evince che il Fondo sopra citato[102] è stato istituito con l’art. 2 del decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 1981, n. 394, per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato a favore delle imprese italiane che operano sui mercati esteri.

L’art. 6 (Sostegno alla internazionalizzazione delle imprese) della legge 6 agosto 2008, n. 133[103], ha riformato i finanziamenti a tasso agevolato di cui alla legge n. 394/1981 rientranti nell’ambito di applicazione del regolamento (UE) n. 1407/2013, relativo agli aiuti di importanza minore “de minimis”.

Successivamente, l’art. 42, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 134, ha apportato lievi modifiche all’art. 6 della legge n. 133/2008, con l’introduzione di una riserva di destinazione alle piccole e medie imprese (PMI) pari al 70 per cento annuo delle risorse del Fondo di cui alla legge n. 394/1981, e con l’indicazione che i termini, le modalità e le condizioni delle iniziative, le attività e gli obblighi del gestore, le funzioni di controllo, nonché la composizione e i compiti del Comitato agevolazioni, sono determinati con decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, in luogo delle precedenti delibere del CIPE. Pertanto, in attuazione della suddetta normativa, il Ministro dello sviluppo economico ha emanato il decreto 21 dicembre 2012 pubblicato sulla G.U. n. 85 dell’11 aprile 2013. Il 26 novembre 2018 il Comitato Agevolazioni ha approvato un aggiornamento delle circolari applicative, contenenti modifiche alle modalità di concessione dei finanziamenti la cui entrata in vigore è prevista nel mese di marzo 2019.

Nel 2018 i volumi della gestione del Fondo 394/81 sono stati pari a 790 operazioni accolte per 248 milioni (inclusa la quota a valere sul Fondo Crescita Sostenibile), rispetto a 482 per 147 milioni nel 2017.

Le operazioni in contenzioso alla data del 31 dicembre 2018, relative alle risorse del Fondo 394/81, sono complessivamente 217 di cui:

§  109 si riferiscono a finanziamenti per programmi di penetrazione commerciale o di inserimento nei mercati esteri;

§  27 si riferiscono a finanziamenti per studi di fattibilità;

§  1 a finanziamenti per programmi di assistenza tecnica;

§  80 ad operazioni di patrimonializzazione.

L’insieme dei crediti (determinati sulla base delle domande - c.d. “petitum” - presentate dalla SIMEST) oggetto delle suddette 217 operazioni (esclusi i procedimenti nei confronti delle garanti) è pari a 63,5 milioni.

Delle suddette 217 operazioni, 17 sono entrate in contenzioso nel corso dell’anno 2018. L’insieme dei crediti oggetto dei suddetti 17 nuovi contenziosi è pari a 1,9 milioni.

Le perdite da procedure di contenzioso sono state pari a 14,7 milioni. Tra le entrate pari complessivamente a 82 milioni si evidenziano quelle derivanti da incassi rate in linea capitale pari a circa 70 milioni. Tra le uscite pari complessivamente a 127 milioni si evidenziano i finanziamenti alle imprese per circa 121 milioni.

Le spese di gestione, nel 2018, nel loro complesso sono pari a 6,3 milioni, di cui circa 6 milioni rappresentano le commissioni al Gestore.

Il Fondo viene rendicontato con un unico documento, dal quale risultano i dati complessivi afferenti anche ai sottoconti di seguito elencati.

A) Finanziamenti a tasso agevolato di programmi di inserimento sui mercati esteri

I finanziamenti disciplinati dal D.M. 7 settembre 2016 hanno ora una durata massima di sei anni di cui due di preammortamento.

Con riguardo alla misura del tasso agevolato, nel corso del 2018, quest’ultimo è stato pari a 10 per cento del tasso di riferimento UE, con il limite minimo a zero, ed ha avuto un andamento costante pari a 0,082 per cento dall’1 gennaio 2018 alla fine dell’anno solare.

L’attività nel 2018 ha riguardato 162 finanziamenti accolti dal Comitato Agevolazioni per 119 milioni, in crescita del 17 per cento circa in termini di numero e in aumento del 37 per cento in termini di importo rispetto all’anno precedente (116 accoglimenti per 87 milioni).

Le domande di finanziamento pervenute nel 2018 sono state 209 in crescita rispetto alle 160 del 2017.

Nel 2018, inoltre, non sono state approvate dal Comitato o sono state archiviate (queste ultime per rinuncia dei richiedenti o per documentazione carente) 41 operazioni, che rappresentano il 20 per cento circa di quelle pervenute (in riduzione rispetto al 21 per cento dell’anno precedente).

B) Finanziamenti agevolati per studi di prefattibilità e fattibilità e per i programmi di assistenza tecnica

Trattasi di finanziamenti agevolati concessi alle imprese per le spese relative a studi di prefattibilità e fattibilità connessi all’aggiudicazione di commesse, il cui corrispettivo è costituito in tutto o in parte dal diritto di gestire l’opera, ovvero per le spese relative a programmi di assistenza tecnica e studi di fattibilità collegati alle esportazioni ed agli investimenti italiani all’estero.

I finanziamenti per studi di prefattibilità, fattibilità e programmi di assistenza tecnica, sono regolamentati dal D.M. 7 settembre 2016 (circolare n. 5/2016) hanno una durata massima di quattro anni e mezzo di cui uno e mezzo di preammortamento e tre anni di ammortamento.

Nel 2018 sono pervenute 93 domande per circa 12 milioni, in sensibile aumento rispetto all’anno precedente quanto al numero ed all’importo (68 domande per 9 milioni).

Nello stesso periodo, il Comitato ha accolto complessivamente 70 operazioni per circa 9 milioni, in crescita rispetto al 2017 (53 finanziamenti accolti per 6 milioni), mentre le domande non approvate e le archiviazioni (per mancanza di dati sufficienti per completare l’istruttoria o per rinuncia da parte dei richiedenti), sono state complessivamente 22 (10 nel 2017).

Nel 2018 il numero dei finanziamenti per studi di fattibilità e prefattibilità è aumentato di oltre il 30 per cento rispetto all’esercizio precedente.

C) Finanziamenti agevolati a favore delle PMI esportatrici per il miglioramento e la salvaguardia della loro solidità patrimoniale al fine di accrescerne la competitività sui mercati esteri

I finanziamenti per la patrimonializzazione delle PMI esportatrici, regolamentati dal D.M. del 7 settembre 2016, hanno una durata massima di sette anni, di cui due di preammortamento.

Per quanto riguarda i volumi di attività, nell’anno in esame sono pervenute 493 domande di finanziamento (a fronte delle 228 del 2017) per un importo di 146 milioni (72 nel 2017). Nello stesso periodo, gli accoglimenti sono stati 402 per 111 milioni (155 per 45 milioni nel 2017).

L’attività connessa alla II fase delle operazioni accolte comporta una verifica sul Livello di Solidità Patrimoniale (LSP) riscontrato al termine del periodo di preammortamento per determinare, in base al raggiungimento o meno dell’obiettivo, le modalità di rimborso nonché, ove previsto, controlli annuali sul LSP durante il periodo del rimborso. Nel 2018 le operazioni interessate sono state 242.

D) Finanziamenti agevolati a favore delle PMI per la realizzazione di iniziative promozionali per la prima partecipazione ad una fiera e/o mostra sui mercati extra UE – marketing e/o promozione del marchio italiano

I finanziamenti per la partecipazione a fiere e/o mostre, regolamentati dal D.M. del 7 settembre 2016 prevedono una durata massima di 3 anni e mezzo di cui 18 mesi di preammortamento.

Nel 2018 sono pervenute 201 domande di finanziamento per un importo di 12 milioni (nel 2017, 187 operazioni per 11 milioni). Nello stesso periodo, gli accoglimenti sono stati 156 per 9 milioni (158 per 9 milioni nel 2017).


 

Articolo 59
(Disposizioni a supporto dell’acquisto da parte delle Regioni di beni necessari a fronteggiare l’emergenza Covid-19)

 

 

L'articolo 59 autorizza SACE S.p.A., limitatamente al periodo di stato di emergenza derivante dalla diffusione del COVID-19, a rilasciare garanzie e coperture assicurative, a condizioni di mercato e beneficianti della garanzia dello Stato, in favore di fornitori esteri per la vendita alle Regioni di beni inerenti la gestione dell'emergenza sanitaria per il COVID-19.

 

In particolare, il comma 1 autorizza SACE S.p.A., ferma restando l’operatività di sostegno all’esportazione prevista dal d.lgs. 143/1998, a rilasciare garanzie e coperture assicurative, a condizioni di mercato e beneficianti della garanzia dello Stato, in favore di fornitori esteri per la vendita alle Regioni di beni inerenti la gestione dell'emergenza sanitaria per il COVID-19.

Le garanzie e le assicurazioni possono essere rilasciate anche a banche nazionali, nonché a banche estere od operatori finanziari italiani od esteri quando rispettino adeguati principi di organizzazione, vigilanza, patrimonializzazione ed operatività, per crediti concessi sotto ogni forma e destinati al finanziamento delle suddette attività, nonché quelle connesse o strumentali.

La definizione delle modalità operative degli interventi sopra descritti è demandata a SACE Spa, in base alle proprie regole di governo e nei limiti specifici indicati annualmente dalla legge di approvazione del bilancio dello Stato.

La norma è finalizzata ad agevolare le Regioni nell'acquisto di forniture essenziali per la gestione dell'emergenza sanitaria, in particolare sul mercato estero, laddove le garanzie e le coperture assicurative vengono richieste dai soggetti venditori quali condizioni esecutive delle operazioni.

 

SACE S.p.A. è una società del gruppo Cassa Depositi e Prestiti nell'ambito del quale, insieme a SIMEST S.p.A., di cui detiene il 76 per cento, costituisce il "Polo dell'export e dell'internazionalizzazione". Nell'ambito dei sevizi tipicamente offerti dalla società rientrano il supporto all’emissione delle garanzie contrattuali richieste da clienti esteri, l’assicurazione di crediti a breve termine (attività con dilazioni di pagamento fino a 12 mesi) e l'erogazione di finanziamenti volti a incentivare gli acquirenti esteri ad aumentare i propri flussi di import dall’Italia attraverso specifiche clausole inserite nel contratto di finanziamento. L'attività tipica è quella di supporto all'esportazione e, tuttavia, nell'ambito dell'intervento in esame, vengono create le condizioni affinché la società, grazie alle proprie risorse e alle competenze nel settore del commercio internazionale, possa operare a supporto delle istituzioni impegnate nell'importazione di beni necessari per fronteggiare l'emergenza sanitaria in atto.

Con decreto legislativo n. 143 del 1998, a decorrere dal 1° gennaio 1999, è stata attribuita alla SIMEST S.p.A. – Società italiana per le imprese all’estero - la gestione di diversi interventi di sostegno finanziario alle esportazioni ed alla internazionalizzazione del sistema produttivo italiano che, in precedenza, era stata affidata al Medio credito centrale (MCC). L’attività riguarda la concessione di contributi per operazioni di credito all’esportazione (decreto legislativo n. 143/1998, Capo II) e per investimenti in imprese all’estero (legge n. 100/1990, art. 4 e legge n. 317/1991, art. 14), a valere sul Fondo previsto dall’art. 3 della legge n. 295 del 1973, e la concessione di finanziamenti a tasso agevolato a valere sul Fondo di rotazione ex art. 2, del D.L. n. 251 del 1981, convertito dalla legge n. 394 del 1981.

Il 28 marzo 2014 sono state sottoscritte le nuove convenzioni per la gestione dei due Fondi sopra citati, con il Ministero dello sviluppo economico (MISE), che prevedono una diversa metodologia di quantificazione delle commissioni spettanti al Gestore rispetto al passato. In concreto, si introduce il principio del “rimborso costi”, unitamente ad un altro di premialità legato al raggiungimento di specifici obiettivi.

L’amministrazione dei citati Fondi è affidata ad uno specifico Comitato ministeriale (Comitato Agevolazioni), istituito presso la SIMEST stessa.

La SIMEST svolge, per conto della FINEST S.p.A., le attività di istruttoria ed erogazione di contributi a valere sul Fondo di cui all’art. 3 della legge n. 295/1973, relativamente alle operazioni di cui all’art. 2, comma 7, della legge n. 19/1991, per gli investimenti in imprese estere partecipate dalla FINEST S.p.A. in Paesi dell’Europa centrale e orientale.

Per la gestione del Fondo rotativo per la concessione di contributi agli interessi, si veda la Relazione della Corte dei Conti relativa al Giudizio di parificazione sul rendiconto generale dello Stato per l'esercizio finanziario 2018, Volume I, Tomo II, Capitolo relativo ai Fondi di rotazione e gestioni fuori bilancio, pp. 34-36.


 

Titolo IV – Misure fiscali a sostegno della liquidità
delle famiglie e delle imprese

Articolo 60
(Rimessione in termini per i versamenti)

 

 

L’articolo 60 proroga al 20 marzo 2020 i termini dei versamenti verso le amministrazioni pubbliche in scadenza il 16 marzo 2020. Il decreto legge n. 23 del 2020 estende tale misura al 16 aprile 2020.

 

L’articolo 21 del decreto legge n. 23 del 2020 (cd. decreto liquidità) consente di considerare regolarmente effettuati i versamenti nei confronti delle pubbliche amministrazioni con scadenza il 16 marzo 2020, prorogati al 20 marzo 2020 per effetto dell’articolo 60 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, se eseguiti entro il 16 aprile 2020, senza il pagamento di sanzioni e interessi.

 

L’articolo 60 stabilisce che i versamenti nei confronti delle pubbliche amministrazioni, inclusi quelli relativi ai contributi previdenziali ed assistenziali ed ai premi per l’assicurazione obbligatoria, in scadenza il 16 marzo 2020 sono prorogati al 20 marzo 2020.

 

La misura era stata annunciata dal Governo con il comunicato stampa n. 50 del 13/03/2020, che preannunciava che i termini relativi ai versamenti previsti al 16 marzo sarebbero stati differiti con una norma nel decreto legge di prossima adozione da parte del Consiglio dei Ministri, relativo alle misure per il contenimento degli effetti dell'epidemia di Covid-19 e che il medesimo decreto legge avrebbe introdotto anche ulteriori sospensioni dei termini e misure fiscali a sostegno di imprese, professionisti e partite IVA colpite dagli effetti dell’emergenza sanitaria.

 

Nella relazione tecnica che accompagna il decreto si rappresenta che la misura in esame, stante il breve lasso di tempo di differimento dei versamenti e considerato che i versamenti saranno comunque effettuati nella medesima mensilità, non avrà effetti in termini di entrate.

 

In considerazione del fatto che i successivi articoli 61 e 62 recano una sedie di misure di dettaglio in materia di sospensione dei versamenti delle ritenute, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria (articolo 61) nonché di sospensione dei termini degli adempimenti e dei versamenti fiscali e contributivi (articolo 62), la proroga sembra finalizzata a definire il quadro dei soggetti beneficiari delle norme di sospensione prima della scadenza dei termini di versamento.

 

La risoluzione n. 12/E dell’Agenzia delle entrate del 18 marzo 2020 fornisce i primi chiarimenti in tema di proroga e sospensione dei versamenti tributari e contributivi per le attività operanti nei settori maggiormente colpiti dal Coronavirus.

Nel documento di prassi si precisa, in primo luogo, che la proroga è applicabile ai versamenti dovuti a qualsiasi titolo dalla generalità dei contribuenti nei confronti delle pubbliche amministrazioni, in scadenza alla data del 16 marzo 2020.

Sono, inoltre, riportati a titolo indicativo i “Codici Ateco” riconducibili alle attività interessate dalla sospensione dei termini dei versamenti di cui alle lettere da a) a q) dell’articolo 61, comma 2, del decreto legge n.18/2020 e dell’articolo 8, comma 1, del decreto legge n. 9/2020.

 

Nella circolare 8/E del 3 aprile 2020 dell’Agenzia delle entrate si chiarisce inoltre che restano salve le disposizioni riguardanti tutti i soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o quella operativa negli 11 comuni della Lombardia e del Veneto, individuati dal Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 24 febbraio 2020, che stabilisce la sospensione di tutti i versamenti con scadenza tra l’8 marzo ed il 31 marzo 2020. Tali versamenti devono essere effettuati in unica soluzione entro il 31 maggio 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dallo stesso mese di maggio.

 

 

 


 

Articolo 61
(Sospensione dei versamenti delle ritenute, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per
l’assicurazione obbligatoria)

 

 

L’articolo 61, modificato al Senato, interviene sulla disciplina della sospensione dei versamenti delle ritenute e dei contributi e dei premi introdotta dal decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, ora abrogato dal provvedimento in esame.

La disposizione precisa il perimetro dei versamenti coinvolti nell’applicazione della sospensione; estende la sospensione prevista per il settore turistico-alberghiero a soggetti operanti in altri settori; prevede la sospensione anche dei termini di versamento dell’imposta sul valore aggiunto; stabilisce che i versamenti sospesi sono effettuati in un’unica soluzione entro il 31 maggio 2020 o mediante rateizzazione a decorrere dal mese di maggio 2020, fatte salve le federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva, le associazioni e le società sportive, professionistiche e dilettantistiche, che possono effettuare i versamenti sospesi entro il 30 giugno 2020.

 

In particolare, il comma 1 sospende:

§  i termini relativi ai versamenti delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente, sui redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente dal 2 marzo al 30 aprile 2020;

§  i termini relativi agli adempimenti e ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria dal 2 marzo al 30 aprile 2020;

§  i termini dei versamenti relativi all’imposta sul valore aggiunto in scadenza nel mese di marzo 2020.

 

Si ricorda che l’articolo 8 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, ora abrogato dal provvedimento in esame, aveva sospeso, dal 2 marzo 2020 fino al 30 aprile 2020, per le imprese turistico-ricettive, le agenzie di viaggio e turismo e i tour operator, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato:

§  i termini relativi ai versamenti delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente, sui redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e sui compensi e altri redditi corrisposti dallo Stato, previste, rispettivamente, dagli articoli 23, 24 e 29 del D.P.R. n. 600/1973, che i predetti soggetti operano in qualità di sostituti d'imposta (lettera a));

§  i termini relativi agli adempimenti e ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria (lettera b)).

Si prevedeva che i predetti versamenti fossero effettuati, senza applicazione di sanzioni ed interessi, in un’unica soluzione entro il 31 maggio 2020.

 

Il comma 2 definisce l’ambito soggettivo di applicazione della sospensione. In particolare, oltre alle imprese turistico-ricettive, le agenzie di viaggio e turismo e i tour operator, già previsti dal citato decreto legge n. 9, la norma include numerose categorie di soggetti operanti, tra gli altri, nei settori dello sport, dell’arte e della cultura, del trasporto e della ristorazione, dell’educazione e dell’assistenza e della gestione di fiere ed eventi.

In particolare, la norma dispone che la sospensione dei termini relativi ai versamenti si applica nei confronti dei seguenti soggetti:

§  imprese turistico-ricettive, agenzie di viaggio e turismo e tour operator;

§  federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva, associazioni e società sportive, professionistiche e dilettantistiche, nonché soggetti che gestiscono stadi, impianti sportivi, palestre, club e strutture per danza, fitness e culturismo, centri sportivi, piscine e centri natatori;

§  soggetti che gestiscono teatri, sale da concerto, sale cinematografiche, ivi compresi i servizi di biglietteria e le attività di supporto alle rappresentazioni artistiche, nonché discoteche, sale da ballo, nightclub, sale gioco e biliardi;

§  soggetti che gestiscono ricevitorie del lotto, lotterie, scommesse, ivi compresa la gestione di macchine e apparecchi correlati;

§  soggetti che organizzano corsi, fiere ed eventi, ivi compresi quelli di carattere artistico, culturale, ludico, sportivo e religioso;

§  soggetti che gestiscono attività di ristorazione, gelaterie, pasticcerie, bar e pub;

§  soggetti che gestiscono musei, biblioteche, archivi, luoghi e monumenti storici, nonché orti botanici, giardini zoologici e riserve naturali;

§  soggetti che gestiscono asili nido e servizi di assistenza diurna per minori disabili, servizi educativi e scuole per l’infanzia, servizi didattici di primo e secondo grado, corsi di formazione professionale, scuole di vela, di navigazione, di volo, che rilasciano brevetti o patenti commerciali, scuole di guida professionale per autisti;

§  soggetti che svolgono attività di assistenza sociale non residenziale per anziani e disabili;

§  aziende termali e centri per il benessere fisico;

§  soggetti che gestiscono parchi divertimento o parchi tematici;

§  soggetti che gestiscono stazioni di autobus, ferroviarie, metropolitane, marittime o aeroportuali;

§  soggetti che gestiscono servizi di trasporto merci e trasporto passeggeri terrestre, aereo, marittimo, fluviale, lacuale e lagunare, ivi compresa la gestione di funicolari, funivie, cabinovie, seggiovie e ski-lift; 

§  soggetti che gestiscono servizi di noleggio di mezzi di trasporto terrestre, marittimo, fluviale, lacuale e lagunare;

§  soggetti che gestiscono servizi di noleggio di attrezzature sportive e ricreative ovvero di strutture e attrezzature per manifestazioni e spettacoli;

§  soggetti che svolgono attività di guida e assistenza turistica;

§  esercenti di librerie che non risultano ricomprese in gruppi editoriali dagli stessi direttamente gestite (categoria aggiunta nel corso dell’esame al Senato);

§  organizzazioni non lucrative di utilità sociale iscritte negli appositi registri, organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali e delle province autonome e associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e delle province autonome, che esercitano, in via esclusiva o principale, una o più attività di interesse generale previste dal Codice del terzo settore.

 

Il comma 3 conferma, per le imprese turistico-ricettive, le agenzie di viaggio e turismo e i tour operator che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa negli 11 comuni della Lombardia e del Veneto, vale a dire i comuni della cd. zona rossa (individuati nell’allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1º marzo 2020), la sospensione dei versamenti delle ritenute sui compensi e altri redditi corrisposti dallo Stato, previste dall’articolo 29 del D.P.R. n. 600/1973, già disposta dall’articolo 1, comma 3, del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 24 febbraio 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 48 del 26 febbraio 2020.

 

Il comma 4 stabilisce che i versamenti sospesi sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 31 maggio 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di maggio 2020. Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato. Nei medesimi termini sono effettuati, anche mediante il sostituto d’imposta, i versamenti delle ritenute sui compensi e altri redditi corrisposti dallo Stato, previste dall’articolo 29 del D.P.R. n. 600/1973 non operate ai sensi del predetto articolo 1, comma 3, del DM 24 febbraio 2020.

Il comma 5 prevede una specifica disciplina per le federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva, le associazioni e le società sportive, professionistiche e dilettantistiche: per tali soggetti i versamenti sospesi sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 30 giugno 2020 (anziché entro il 31 maggio).

Restano fermi la rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di giugno 2020 e il non luogo al rimborso di quanto già versato.

 

Si segnala, infine, che la risoluzione n. 12/E dell’Agenzia delle entrate del 18 marzo 2020 fornisce i primi chiarimenti in tema di proroga e sospensione dei versamenti tributari e contributivi per le attività operanti nei settori maggiormente colpiti dal Coronavirus.

Nel documento di prassi si precisa, in primo luogo, che la proroga è applicabile ai versamenti dovuti a qualsiasi titolo dalla generalità dei contribuenti nei confronti delle pubbliche amministrazioni, in scadenza alla data del 16 marzo 2020.

Sono, inoltre, riportati a titolo indicativo i “Codici Ateco” riconducibili alle attività interessate dalla sospensione dei termini dei versamenti di cui alle lettere da a) a q) dell’articolo 61, comma 2, del decreto legge n.18/2020 e dell’articolo 8, comma 1, del decreto legge n. 9/2020.

Ulteriori chiarimenti sono pubblicati nella circolare 8/E del 3 aprile 2020 dell’Agenzia delle entrate.


 

Articolo 61-bis
(Disposizioni riguardanti i termini relativi
alla dichiarazione dei redditi precompilata 2020
)

 

 

L'articolo 61-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, riproduce il contenuto dell'articolo 1 del decreto legge n. 9 del 2020. Per effetto di tali disposizioni è stata anticipata dal 1° gennaio 2021 al 1° gennaio 2020 l'efficacia delle disposizioni riguardanti la rimodulazione dei termini delle dichiarazioni dei redditi (comma 1), con la sola eccezione relativa alle norme che impongono all'Agenzia delle entrate di rendere disponibili agli interessati i dati delle certificazioni pervenute esclusivamente nell'area autenticata del proprio sito Internet, per le quali viene mantenuta l'efficacia a decorrere dal 1° gennaio 2021. Il comma 2 differisce al 5 maggio 2020 il termine entro cui l’Agenzia delle entrate mette a disposizione dei contribuenti la dichiarazione dei redditi precompilata.

 

Il comma 1 dell'articolo in esame, introdotto al Senato, riproducendo il contenuto dell'articolo 1, commi 1 e 6, del decreto legge n. 9 del 2020, dispone l'anticipo di un anno, dal 1° gennaio 2021 al 1° gennaio 2020, della data a decorrere dalla quale acquistano efficacia le disposizioni contenute nell'articolo 16-bis del decreto n. 124 del 2019, recante disposizioni urgenti in materia fiscale, con la sola eccezione relativa alle norme che impongono all'Agenzia delle entrate di rendere disponibili agli interessati i dati delle certificazioni pervenute esclusivamente nell'area autenticata del proprio sito Internet, per le quali viene mantenuta l'efficacia a decorrere dal 1° gennaio 2021.

 

L’articolo 16-bis del decreto legge n. 124 del 2019 ha introdotto numerose modifiche in materia di dichiarazione dei redditi e di assistenza fiscale.  La disposizione differisce dal 23 luglio al 30 settembre il termine per la presentazione del Modello 730; rimodula i termini entro cui i CAF-dipendenti, i professionisti abilitati e i sostituti d’imposta devono effettuare le comunicazioni ai contribuenti e all'Agenzia delle entrate; introduce un termine mobile per effettuare il conguaglio d'imposta.

 

Il comma 1, lettera a), numero 1) stabilisce che i contribuenti possono adempiere all'obbligo di dichiarazione dei redditi presentando il Modello 730 unitamente alle schede per la scelta della destinazione del due, del cinque e dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche:

a)    entro il 30 settembre (rispetto al previgente 7 luglio) dell'anno successivo a quello cui si riferisce la dichiarazione, al proprio sostituto d'imposta, che intende prestare l'assistenza fiscale;

b)   entro il 30 settembre (rispetto al previgente 23 luglio) dell'anno successivo a quello cui si riferisce la dichiarazione, ad un CAF-dipendenti, unitamente alla documentazione necessaria all'effettuazione delle operazioni di controllo.

 

La lettera a), numero 2) dispone la sola condizione da rispettare affinché i contribuenti con contratto di lavoro a tempo determinato possano rivolgersi al sostituto o a un CAF: è necessario che il contratto duri almeno dal mese di presentazione della dichiarazione al terzo mese successivo. Di conseguenza, viene soppressa (numero 3) la condizione per cui i possessori dei redditi determinati da rapporti di collaborazione potevano adempiere agli obblighi di dichiarazione a condizione che il rapporto di collaborazione durasse almeno dal mese di giugno al mese di luglio dell'anno di presentazione della dichiarazione

La lettera b) del comma 1 stabilisce (numero 1) che i CAF conservino anche le schede relative alle scelte per la destinazione del due per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione (attualmente sono conservate le schede dell'otto e del cinque per mille). Vengono inoltre (numero 2) rimodulati i termini entro cui i CAF-dipendenti e i professionisti abilitati devono effettuare le comunicazioni ai contribuenti e all'Agenzia delle entrate.

La norma stabilisce che, fermo restando il termine del 10 novembre per la trasmissione delle dichiarazioni integrative, tali soggetti concludono le attività di comunicazione all'Agenzia delle entrate del risultato finale delle dichiarazioni, di consegna al contribuente della copia della dichiarazione dei redditi elaborata e del relativo prospetto di liquidazione, nonché di trasmissione all'Agenzia delle entrate delle dichiarazioni predisposte, entro:

a)  il 15 giugno di ciascun anno, per le dichiarazioni presentate dal contribuente entro il 31 maggio;

b)  il 29 giugno, per quelle presentate dal l° al 20 giugno;

c)  il 23 luglio, per quelle presentate dal 21 giugno al 15 luglio;

d) il 15 settembre, per quelle presentate dal 16 luglio al 31 agosto;

e) il 30 settembre, per quelle presentate dal l° al 30 settembre.

Ai sensi del regime previgente i CAF dovevano concludere le attività richiamate entro:

a) il 29 giugno, per le dichiarazioni presentate entro il 22 giugno;

b) il 7 luglio, per le dichiarazioni presentate dal 23 al 30 giugno;

c) il 23 luglio, per le dichiarazioni presentate dal 1° al 23 luglio.

La lettera b), numero 3) del comma 1 dispone il differimento dal 7 al 16 marzo del termine per la trasmissione delle certificazioni uniche, incluse quelle attestanti i contributi dovuti all’INPS, e della scelta da parte del sostituto del soggetto per il tramite del quale sono rese disponibili le comunicazioni del risultato finale delle dichiarazioni.

Si ricorda che (articolo 4, comma 6-ter, del DPR n. 322 del 1998) i soggetti obbligati ad operare ritenute alla fonte rilasciano un’apposita certificazione unica anche ai fini dei contributi dovuti all'INPS, attestante l'ammontare complessivo delle somme e valori corrisposti, l'ammontare delle ritenute operate, delle detrazioni di imposta effettuate e dei contributi previdenziali e assistenziali, nonché gli altri dati stabiliti con il provvedimento amministrativo di approvazione dello schema di certificazione unica.

La lettera c) del comma 1 rimodula i termini entro cui i sostituti d'imposta devono trasmettere in via telematica all'Agenzia delle entrate le dichiarazioni elaborate e i relativi prospetti di liquidazione, nonché le buste del due, del cinque e dell'otto per mille.

La lettera in esame stabilisce che i sostituti d'imposta trasmettono entro:

a)       il 15 giugno di ciascun anno, le dichiarazioni presentate entro il 31 maggio;

b)       il 29 giugno, le dichiarazioni presentate dal l° al 20 giugno;

c)     il 23 luglio, le dichiarazioni presentate dal 21 giugno al 15 luglio;

d) il 15 settembre, le dichiarazioni presentate dal 16 luglio al 31 agosto;

e) il 30 settembre, le dichiarazioni presentate dal l° al 30 settembre.

La lettera d) del comma 1 modifica la disciplina delle operazioni di conguaglio e stabilisce che il sostituto d’imposta deve effettuare il conguaglio d’imposta a termine mobile e non più fisso come stabilito dalla legislazione previgente (retribuzione di competenza del mese di luglio) ovvero con la prima retribuzione utile e, comunque, con quella di competenza del mese successivo a quello in cui il sostituto ha ricevuto il risultato contabile.

In particolare, la disposizione stabilisce che le somme risultanti a debito dal prospetto di liquidazione sono trattenute sulla prima retribuzione utile e comunque sulla retribuzione di competenza del mese successivo a quello in cui il sostituto ha ricevuto il predetto prospetto di liquidazione e sono versate nel termine previsto per il versamento delle ritenute di acconto del dichiarante relative alle stesse retribuzioni.

Se il sostituto d'imposta riscontra che la retribuzione sulla quale effettuare il conguaglio risulta insufficiente per il pagamento dell'importo complessivamente risultante a debito, trattiene la parte residua dalle retribuzioni corrisposte nei periodi di paga immediatamente successivi dello stesso periodo d'imposta, applicando gli interessi stabiliti per il differimento di pagamento delle imposte sui redditi.

Analoga possibilità viene riconosciuta agli enti che erogano pensioni. Questi ultimi potranno effettuare le operazioni di conguaglio a partire dal secondo mese successivo a quello di ricevimento dei dati del prospetto di liquidazione (non più a partire dal mese di agosto o di settembre).

La lettera d) differisce anche il termine entro il quale i contribuenti danno comunicazione al sostituto d'imposta dell'importo delle somme che ritengono dovute. Tale importo deve essere comunicato entro il 10 ottobre anziché entro il mese di settembre.

Il comma 2 dell'articolo 16-bis del citato decreto legge n. 124 del 2019 fissa al 16 marzo dell'anno successivo a quello in cui le somme e i valori sono stati corrisposti, i termini entro cui i sostituti d’imposta devono consegnare le certificazioni uniche agli interessati (rispetto all’attuale 31 marzo), e trasmetterle in via telematica all'Agenzia delle entrate (rispetto al previgente 7 marzo).

Viene inoltre introdotto un nuovo comma 6-sexies all'articolo 4 del D.P.R. n. 322 del 1998, in materia di presentazione delle dichiarazioni dei redditi, il quale dispone che l'Agenzia delle entrate, esclusivamente nell'area autenticata del proprio sito Internet, rende disponibili agli interessati i dati delle certificazioni pervenute. Gli interessati possono delegare all'accesso anche altri soggetti quali dottori commercialisti, ragionieri, periti commerciali, consulenti del lavoro, associazioni sindacali di categoria tra imprenditori.

Il comma 3, lettera a), posticipa dal 15 al 30 aprile il termine entro cui l’Agenzia delle entrate mette a disposizione la dichiarazione precompilata.

Il comma 3, lettera b), dispone che il contribuente può avvalersi della facoltà di inviare all’Agenzia delle entrate direttamente in via telematica la dichiarazione precompilata entro il 30 settembre, anziché, come previsto attualmente, entro il 23 luglio di ciascun anno senza che questo determini la tardività della presentazione.

Il comma 4 stabilisce che la trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate da parte dei soggetti terzi dei dati relativi a oneri e spese sostenuti dai contribuenti nell'anno precedente e alle spese sanitarie rimborsate, nonché dei dati relativi alle spese che danno diritto a deduzioni dal reddito o detrazioni dall'imposta (ad esempio, spese universitarie, funebri, per interventi di recupero del patrimonio edilizio e per interventi volti alla riqualificazione energetica, universitarie, per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica effettuati sulle parti comuni di edifici residenziali, spese relative alle rette per la frequenza di asili nido, erogazioni liberali in favore delle Onlus, delle associazioni di promozione sociale e delle fondazioni) con scadenza 28 febbraio, è effettuata entro il termine del 16 marzo.

 

Il comma 5 dell'articolo 16-bis del decreto legge n. 124 del 2019, come modificato dall'articolo in esame, stabilisce che l'efficacia delle relative disposizioni decorre dal 1° gennaio 2020.

 

Il comma 2 dell'articolo 61-bis differisce (dal 30 aprile) al 5 maggio 2020 il termine entro cui l’Agenzia delle entrate mette a disposizione dei contribuenti la dichiarazione dei redditi precompilata.

 

Si rappresenta, infine, che i commi da 2 a 5 dell'articolo 1 del decreto legge n. 9 del 2020, non sono stati riprodotti nel testo dell'articolo in quanto, prevedendo la posticipazione di talune scadenze, esclusivamente per l’anno 2020, dal 16 al 31 marzo 2020, hanno già completamente dispiegato i propri effetti.


 

Articolo 62
(Sospensione dei termini degli adempimenti e dei
versamenti fiscali e contributivi)

 

 

L’articolo 62 sospende gli adempimenti tributari diversi dai versamenti e dall’effettuazione delle ritenute alla fonte e delle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale in scadenza dall’8 marzo al 31 maggio 2020. La disposizione riconosce inoltre la sospensione dei versamenti da autoliquidazione ai titolari di partita Iva di minori dimensioni nonché a tutti i soggetti delle province maggiormente colpite dal Covid-19 a prescindere dai ricavi o compensi percepiti, e prevede il non assoggettamento alle ritenute d’acconto per i soggetti di più ridotte dimensioni ovvero con ricavi o compensi non superiori a 400.000 euro. Nel corso dell’esame al Senato tale ultima disposizione (comma 7) è stata abrogata dall’articolo 9 del decreto legge 23 del 2020 (cd. decreto liquidità).

.

L’articolo precisa inoltre che per i comuni della cosiddetta zona rossa restano ferme le disposizioni del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 24 febbraio 2020.

 

Il comma 1 della disposizione prevede per i soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato sono sospesi gli adempimenti tributari diversi dai versamenti e diversi dall’effettuazione delle ritenute alla fonte e delle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale in scadenza nel periodo compreso tra l’8 marzo 2020 e il 31 maggio 2020.

Il comma chiarisce che restano ferme comunque le disposizioni riguardanti i termini relativi alla dichiarazione dei redditi precompilata 2020 recate dall’articolo 61-bis , introdotto al Senato a seguito dell’abrogazione del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9 disposta dal provvedimento in esame.

 

Si ricorda sinteticamente che l’articolo 1 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, anticipa dal 1° gennaio 2021 al 1° gennaio 2020 l'efficacia delle disposizioni riguardanti la rimodulazione dei termini delle dichiarazioni dei redditi (articolo 16-bis del decreto n. 124 del 2019). Dal 1°gennaio 2020 i contribuenti possono adempiere all'obbligo di dichiarazione dei redditi presentando il Modello 730 unitamente alle schede per la scelta della destinazione del due, del cinque e dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche:

a) entro il 30 settembre (rispetto al previgente 7 luglio) dell'anno successivo a quello cui si riferisce la dichiarazione, al proprio sostituto d'imposta, che intende prestare l'assistenza fiscale;

b) entro il 30 settembre (rispetto al previgente 23 luglio) dell'anno successivo a quello cui si riferisce la dichiarazione, ad un CAF-dipendenti, unitamente alla documentazione necessaria all'effettuazione delle operazioni di controllo.

La disposizione prevede inoltre il differimento di talune scadenze con effetti esclusivamente per l’anno 2020. In particolare, i termini per l’invio da parte dei sostituti d'imposta delle certificazioni uniche e per la scelta del soggetto per il tramite del quale sono rese disponibili le comunicazioni del risultato finale delle dichiarazioni, vengono posticipati dal 16 al 31 marzo 2020. Viene differito al 5 maggio 2020 il termine entro cui l’Agenzia delle entrate mette a disposizione dei contribuenti la dichiarazione dei redditi precompilata. L’articolo posticipa altresì dal 28 febbraio al 31 marzo 2020 il termine per la trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate, da parte dei soggetti terzi, dei dati relativi a oneri e spese sostenuti dai contribuenti nell’anno precedente, delle spese sanitarie rimborsate nonché degli altri dati riguardanti deduzioni o detrazioni.

 

Il comma 2 introduce specifiche previsioni per i titolari di partita Iva di minori dimensioni, individuati in base ai ricavi o ai compensi non superiori a 2 milioni di euro nel periodo di imposta precedente.

In particolare la norma prevede che per i soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato con ricavi o compensi non superiori a 2 milioni di euro nel periodo di imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, sono sospesi i versamenti da autoliquidazione che scadono nel periodo compreso tra l’8 marzo 2020 e il 31 marzo 2020:

§  relativi alle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilato (articoli 23 e 24 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600) e alle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale, che i predetti soggetti operano in qualità di sostituti d'imposta;

§  relativi all’imposta sul valore aggiunto;

§  relativi ai contributi previdenziali e assistenziali, e ai premi per l'assicurazione obbligatoria.

 

Il comma 3 estende la sospensione dei versamenti dell’imposta sul valore aggiunto, disposta al comma 2, a tutti i soggetti delle province maggiormente colpite dal Covid-19 a prescindere dai ricavi o compensi percepiti nel periodo di imposta precedente.

La disposizione stabilisce che la sospensione dei versamenti dell’imposta sul valore aggiunto di cui al comma 2, si applica, a prescindere dal volume dei ricavi o compensi percepiti, ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nelle province di Bergamo, Brescia (provincia introdotta durante l’esame al Senato), Cremona, Lodi e Piacenza.

Il comma 4 stabilisce che per i soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nei comuni della cosiddetta zona rossa restano ferme le disposizioni del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 24 febbraio 2020.

 

Si ricorda che l’articolo 1 del sopra citato decreto dispone che nei confronti delle persone fisiche, che alla data del 21 febbraio 2020, avevano la residenza ovvero la sede operativa nel territorio nei  comuni  della cosiddetta zona rossa  sono sospesi i termini  dei  versamenti  e  degli  adempimenti  tributari, inclusi quelli derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione, nonché dagli atti di accertamento scadenti nel periodo compreso tra il 21 febbraio 2020 e il 31 marzo 2020. Non si procede al rimborso di quanto già versato.

I comuni ricompresi nella zona rossa sono Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione D'Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, Terranova dei Passerini e Vo' (allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° marzo 2020).

 

Il comma 5 stabilisce che i versamenti sospesi ai sensi dei commi 2 e 3, nonché del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 24 febbraio 2020 sono effettuati, senza applicazione di sanzioni ed interessi, in un'unica soluzione entro il 31 maggio 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di maggio 2020. Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato. 

 

Il comma 6 dispone che gli adempimenti sospesi ai sensi del comma 1 sono effettuati entro il 30 giugno 2020 senza applicazione di sanzioni.

 

Il comma 7 è stato abrogato dall’articolo 19 del decreto legge 23 del 2020 (cd. decreto liquidità).

Tale comma stabiliva il non assoggettamento alle ritenute d’acconto per i soggetti di più ridotte dimensioni ovvero con ricavi o compensi non superiori a euro 400.000.

In particolare le norma prevede che per i soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato con ricavi o compensi non superiori a euro 400.000 nel periodo di imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, i ricavi e i compensi percepiti nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del decreto-legge in esame (17 marzo) e il 31 marzo 2020 non sono assoggettati alle ritenute d'acconto sui redditi di lavoro autonomo nonché sulle provvigioni inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari (articoli 25 e 25-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600) da parte del sostituto d'imposta. Tale agevolazione è applicabile a condizione che nel mese precedente non abbiano sostenuto spese per prestazioni di lavoro dipendente o assimilato.

I contribuenti, che si avvalgono della opzione sopra citata rilasciano un’apposita dichiarazione dalla quale risulta che i ricavi e compensi non sono soggetti a ritenuta ai sensi della disposizione in esame e provvedono a versare l’ammontare delle ritenute d’acconto non operate dal sostituto in un’unica soluzione entro il 31 maggio 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di maggio 2020, senza applicazione di sanzioni e interessi.

 

Si valuti l’opportunità di precisare se siano salvi gli effetti medio tempore prodotti dalla disposizione abrogata.

Al riguardo, si segnala comunque che la relazione illustrativa del disegno di legge C. 2461 di conversione del decreto-legge n. 23 del 2020 afferma che “saranno poi fatti salvi gli efffetti prodotti medio tempore dal citato comma 7 dell’articolo 62 del decreto-legge n. 18 del 2020.”

 

 

 


 

Articolo 62-bis
(Proroga dei termini degli adempimenti tecnici e amministrativi relativi agli impianti a fune, ascensori e scale mobili in servizio pubblico e agli impianti di sollevamento di persone
e/o cose in servizio privato)

 

 

L’articolo 62-bis, introdotto dal Senato, proroga di dodici mesi i termini relativi allo svolgimento nell'anno 2020 delle attività previste relativamente agli impianti a fune da una serie di decreti di regolamentazione tecnica, qualora non sia possibile procedere alle verifiche ed al rilascio delle autorizzazioni di competenza dell'Autorità di sorveglianza entro i termini previsti dai decreti indicati, ferma restando la certificazione da parte del direttore o del responsabile dell'esercizio della sussistenza delle condizioni di sicurezza per l'esercizio pubblico.

 

Si segnala che la rubrica della disposizione fa riferimento ad attività anche non ricomprese nella norma introdotta, per cui si valuti una riformulazione della rubrica.

La disposizione proroga di dodici mesi una serie di termini relativi allo svolgimento nell'anno 2020 dei servizi connessi agli impianti a fune nel trasporto di persone, qualora non sia possibile procedere alle verifiche ed al rilascio delle autorizzazioni di competenza dell'Autorità di sorveglianza entro i termini previsti dai decreti indicati. Si indica la finalità della continuità del servizio. In base alla disposizione resta ferma la certificazione da parte del direttore o del responsabile dell'esercizio della sussistenza delle condizioni di sicurezza per l'esercizio pubblico.

I termini oggetto di proroga relativi allo svolgimento nell'anno 2020 riguardano le attività previste dai seguenti decreti:

§  decreto ministeriale del MIT n. 203 del 1 dicembre 2015, Regolamento recante norme regolamentari in materia di revisioni periodiche, di adeguamenti tecnici e di varianti costruttive per i servizi di pubblico trasporto effettuati con funivie, funicolari, sciovie e slittinovie destinate al trasporto di persone.

Il D.M. 01/12/2015, n. 203 reca le norme regolamentari in materia di revisioni periodiche, di adeguamenti tecnici e di varianti costruttive per i servizi di pubblico trasporto effettuati con funivie, funicolari, sciovie e slittinovie destinate al trasporto di persone.

Per le disposizioni tecniche riguardanti l'esercizio e la manutenzione degli impianti a fune adibiti al trasporto pubblico di persone norme sono anche recate con il Decreto 29 maggio 2019, n. 189 in materia di Impianti aerei e terrestri, recante disposizioni tecniche riguardanti l'esercizio e la manutenzione degli impianti a fune adibiti al trasporto pubblico di persone e con regolamenti di esercizio e relativi allegati per tipologia di impianto, pubblicato nel sito internet del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 29 maggio 2019 (G.U. 11 giugno 2019, n. 135, con Comunicato 11 giugno 2019).

Si ricorda che, in deroga a quanto disposto dal D.M. in parola, l'art. 43, comma 5-bis, D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 giugno 2017, n. 96, ha previsto disposizioni relative  alla vita tecnica degli impianti di risalita in scadenza nel 2018, limitatamente agli skilift siti nel territorio delle regioni Abruzzo e Marche, con proroga di un anno -  poi ulteriormente prorogato - previa verifica della loro idoneità ai fini della sicurezza dell'esercizio da parte dei competenti uffici ministeriali. La norma è stata oggetto di ulteriore intervento più recentemente con l'art. 9-bis del D.L. 123 del 2019 (recante disposizioni di sostegno alle zone colpite da eventi sismici), come convertito in legge, che è intervenuto in materia, riferendo la proroga sia agli impianti in scadenza nel 2018 sia nel 2019 -  e così prorogando al 31 dicembre 2020 la vita tecnica di tali impianti, limitatamente agli skilift siti nel territorio delle regioni Abruzzo e Marche, previa verifica della loro idoneità ai fini della sicurezza dell’esercizio da parte dei competenti uffici ministeriali.

§  decreto del MIT del 17 aprile 2012 recante Proroghe dei termini di scadenza previsti dal decreto ministeriale 2 gennaio 1985, n. 23, relativi agli impianti a fune.

L'articolo 6 di tale decreto disponeva che gli impianti che alla data di entrata in vigore del decreto godessero di proroga già concessa secondo le disposizioni normative previgenti potessero ottenere una nuova proroga fino al raggiungimento dei quattro anni previsti dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, e che l'ulteriore periodo di proroga di scadenza della vita tecnica, della revisione generale o della revisione speciale, è concesso dall'U.S.T.I.F. secondo le modalità riportate rispettivamente negli articoli 3, 4 e 5 del medesimo decreto.

§  e del decreto del MIT n. 144 del 18 maggio 2016, recante Impianti aerei e terrestri. Prescrizioni tecniche riguardanti le funi.

Questo decreto approva le "Prescrizioni tecniche riguardanti l'esercizio e la manutenzione delle funi e dei loro attacchi degli impianti a fune adibiti al trasporto pubblico di persone" riportate nell'Allegato Tecnico, che costituisce parte integrante del decreto. Le disposizioni e le prescrizioni riportate nell'Allegato Tecnico al decreto costituiscono l'articolazione in forma organica delle norme che regolano l'esercizio e la manutenzione delle funi e dei loro attacchi degli impianti a fune per il trasporto delle persone.

 

Si segnala che in base alla disposizione qui in esame, rispetto alla normativa di deroga già adottata al riguardo, non risulta previsto un coinvolgimento di soggetti pubblici in relazione alle attività di verifica dei profili di idoneità alla sicurezza, prevedendo la norma qui introdotta che resti ferma la certificazione da parte del direttore o del responsabile dell'esercizio della sussistenza delle condizioni di sicurezza per l'esercizio pubblico, qualora non sia possibile procedere alle verifiche ed al rilascio delle autorizzazioni di competenza dell'Autorità di sorveglianza entro i termini previsti dai decreti indicati.

 

In ordine alla ricostruzione della normativa in materia, si ricorda che l'articolo 1, comma 1135, lett. c), L. 30 dicembre 2018, n. 145, a decorrere dal 1° gennaio 2019, aveva previsto una proroga a tutto l'anno 2019 delle disposizioni di deroga di cui al sopra citato articolo 43, comma 5-bis, D.L. n. 50 del 2017, norma da ultimo riscritta dall'art. 9-bis, comma 1, D.L. 24 ottobre 2019, n. 123. Si ricorda che la lettera c) del comma 1135, oltre a prorogare di un ulteriore anno la vita tecnica degli impianti di risalita, aveva anche esteso l'ambito di applicazione della disposizione anche agli skilift siti nella regione Marche. La norma ha previsto una deroga espressa a quanto previsto dal decreto ministeriale n. 203 del 2015 che, come ricordato, contiene le norme regolamentari in materia di revisioni periodiche, di adeguamenti tecnici e di varianti costruttive per i servizi di pubblico trasporto effettuati con funivie, funicolari, sciovie e slittinovie, destinate al trasporto di persone.

In ordine alla regolamentazione tecnica vigente, si rammenta che tale decreto ministeriale stabilisce la vita tecnica di ogni impianto a fune, distinguendo tra quelli costruiti prima e dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 210 del 2003, con il quale è stata data attuazione alla direttiva 2000/9/CE - relativa agli impianti a fune adibiti al trasporto di persone -precisando che spirato il periodo di vita tecnica dell’impianto, cessano gli effetti dell'autorizzazione o del nulla osta tecnico rilasciato.

La direttiva 2000/9/CE è stata successivamente abrogata e sostituita dal regolamento UE n. 424 del 9 marzo 2016, che stabilisce le norme sulla messa a disposizione sul mercato e la libera circolazione dei sottosistemi e dei componenti di sicurezza destinati agli impianti a fune e contiene norme relative alla progettazione, alla costruzione e alla messa in servizio degli impianti a fune nuovi.

Sulla vita tecnica degli impianti a fune erano già intervenute diverse norme legislative:

??il decreto-legge n. 150 del 2013 ha disposto una proroga dei termini per la scadenza della vita tecnica degli impianti a fune;

??il decreto-legge n. 133 del 2014 (art. 31-bis, co. 1) ha eliminato i termini della vita tecnica complessiva massima degli impianti funicolari aerei e terrestri, quando gli stessi risultano positivi alle verifiche effettuate dai competenti uffici ministeriali secondo i criteri definiti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Il comma 2 dell’art. 31-bis, ha previsto quindi, nelle more dell’emanazione del decreto ministeriale, la possibilità di una proroga per gli impianti la cui vita tecnica, compresa l'eventuale proroga prevista dalle vigenti disposizioni di legge, non sia scaduta, previa verifica della loro idoneità ai fini della sicurezza dell'esercizio da parte dei competenti uffici ministeriali. In attuazione del comma 2 è stato emanato il decreto direttoriale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 25/11/2014 che ha confermato la concessione della proroga di un anno della scadenza della vita tecnica degli impianti a fune (Gazzetta ufficiale del 12 dicembre 2014). Il comma 3 dell’art. 31-bis ha esteso i benefici di cui ai commi 1 e 2 anche gli impianti la cui vita tecnica, compresa l'eventuale proroga prevista dalle vigenti disposizioni di legge, è scaduta da non oltre due anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, previa verifica della loro idoneità ai fini della sicurezza dell'esercizio, da parte dei competenti uffici ministeriali il decreto-legge n. 185 del 2015 (art. 10, co. 2-bis) ha quindi portato la proroga, originariamente di un anno, a due anni.

Le disposizioni tecniche riguardanti l'esercizio e la manutenzione degli impianti a fune adibiti al trasporto pubblico di persone sono state poi definite con D.M. 11 maggio 2017 e disposizioni tecniche riguardanti l'esercizio e la manutenzione degli impianti a fune adibiti al trasporto pubblico di persone sono state recentemente recate altresì con il Decreto 29 maggio 2019, n. 189, "Impianti aerei e terrestri. Disposizioni tecniche riguardanti l'esercizio e la manutenzione degli impianti a fune adibiti al trasporto pubblico di persone. Regolamenti di esercizio e relativi allegati per tipologia di impianto." sopra citato.

 

 

 

 

 


 

Articolo 63
(Premio ai lavoratori dipendenti)

 

 

L’articolo 63 prevede l’erogazione di un bonus di 100 euro a favore dei lavoratori dipendenti, pubblici e privati, con reddito complessivo non superiore a 40.000 euro che, durante il periodo di emergenza sanitaria COVID 19, continuino a prestare servizio nella sede di lavoro nel mese di marzo 2020.

 

Più in dettaglio, la misura, erogata in favore dei titolari di redditi da lavoro dipendente (ai sensi dell’art. 49 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917) non concorre alla formazione della base imponibile, ai fini delle imposte dirette, ed è ragguagliato ai giorni in cui il lavoro è prestato nella sede ordinaria.

Il premio è attribuito, in via automatica, dal datore di lavoro, che lo eroga se possibile con la retribuzione relativa al mese di aprile, e comunque entro i termini previsti per le operazioni di conguaglio.

I sostituti di imposta recuperano il premio erogato attraverso l’istituto della compensazione, di cui all’art.17 del decreto legislativo n. 241 del 1997.

 

Ai sensi del comma 1 dell’art. 17, i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva. La compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all’anno dell’imposta sul valore aggiunto, dei crediti relativi alle imposte sui redditi e alle relative addizionali, alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e all’imposta regionale sulle attività produttive, per importi superiori a 5.000 euro annui, può essere effettuata a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui il credito emerge.

 

All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo si provvede ai sensi dell’articolo 126.


 

Articolo 64
(Credito d’imposta sanificazione ambienti di lavoro)

 

 

L’articolo 64 concede un credito d’imposta, per l’anno 2020, pari al 50 per cento delle spese sostenute per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro. Il credito d’imposta è riservato agli esercenti attività d’impresa, arte o professione, fino ad un importo massimo di 20.000 euro per ciascun beneficiario e nel limite complessivo di 50 milioni di euro. Il decreto legge n. 23 del 2020 estende il credito d’imposta all’acquisto di dispositivi di protezione individuale (mascherine chirurgiche, Ffp2 e Ffp3, guanti, visiere di protezione e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari), di dispositivi di sicurezza atti a proteggere i lavoratori o a garantire la distanza di sicurezza interpersonale (barriere e pannelli protettivi), di detergenti mani e i disinfettanti.

 

L’articolo 30 del decreto legge n. 23 del 2020 (cd. decreto liquidità) estende il credito d’imposta attribuito per le spese di sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro includendo, secondo le misure e nei limiti di spesa complessivi ivi previsti, anche quelle relative all’acquisto di dispositivi di protezione individuale (quali, ad esempio, mascherine chirurgiche, Ffp2 e Ffp3, guanti, visiere di protezione e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari), ovvero all’acquisto e all’installazione di altri dispositivi di sicurezza atti a proteggere i lavoratori dall’esposizione accidentale ad agenti biologici o a garantire la distanza di sicurezza interpersonale (quali, ad esempio, barriere e pannelli protettivi). Sono, inoltre, compresi i detergenti mani e i disinfettanti. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare ai sensi del comma 2 dell’articolo 64 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, sono stabiliti altresì i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d’imposta di cui al presente articolo.

 

Più in dettaglio, il comma 1 dell’articolo 64 concede, per incentivare la sanificazione degli ambienti di lavoro, quale misura di contenimento del contagio del virus COVID-19, un credito d’imposta ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, per il periodo d'imposta 2020, nella misura del 50 per cento delle spese sostenute per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro.

Il credito è concesso fino ad un massimo di 20.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 50 milioni di euro per l'anno 2020.

 

Il comma 2 affida alle norme si rango secondario, più precisamente a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 16 aprile 2020 (30 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento) il compito di stabilire i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d’imposta, anche al fine di assicurare il rispetto del limite di spesa.

 

Ai sensi del comma 3, gli oneri della norma sono quantificati in 50 milioni di euro per l’anno 2020; a essi si provvede mediante le norme generali di copertura di cui all’articolo 126, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 


 

Articolo 65, commi 1-2-bis e 3
(Credito d’imposta per botteghe e negozi)

 

 

L’articolo 65, commi 1-2-bis e 3, concede un credito d’imposta pari al 60 per cento del canone di locazione, relativo al mese di marzo, di negozi e botteghe (immobili rientranti nella categoria catastale C/1). Il credito d’imposta è riservato agli esercenti attività d’impresa.

Nel corso dell’esame al Senato sono state precisate alcune modalità applicative dell’agevolazione.

 

Più in dettaglio, il comma 1 concede un credito d’imposta ai soggetti esercenti attività d’impresa, pari al 60 per cento dei canoni di locazione, relativi al mese di marzo 2020, di negozi e botteghe (immobili rientranti nella categoria catastale C/1).

Tale credito di imposta è concesso per l’anno 2020.

 

Ai sensi del comma 2, esso non spetta alle attività di cui agli allegati 1 e 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020.

Si tratta di attività di commercio al dettaglio e servizi per la persona che non sono state sottoposte, in tutto o in parte, alle chiusure e alle restrizioni dovute all’esigenza di contenimento del contagio da COVID-19 e che, dunque, hanno potuto proseguire la propria attività nel mese di marzo 2020.

In particolare, gli allegati 1 e 2 comprendono le seguenti attività:

§  Ipermercati

§  Supermercati

§  Discount di alimentari

§  Minimercati ed altri esercizi non specializzati di alimentari vari

§  Commercio al dettaglio di prodotti surgelati

§  Commercio al dettaglio in esercizi non specializzati di computer, periferiche, attrezzature per le telecomunicazioni, elettronica di consumo audio e video, elettrodomestici

§  Commercio al dettaglio di prodotti alimentari, bevande e tabacco in esercizi specializzati (codici ateco: 47.2)

§  Commercio al dettaglio di carburante per autotrazione in esercizi specializzati

§  Commercio al dettaglio apparecchiature informatiche e per le telecomunicazioni (ICT) in esercizi specializzati (codice ateco: 47.4)

§  Commercio al dettaglio di ferramenta, vernici, vetro piano e materiale elettrico e termoidraulico

§  Commercio al dettaglio di articoli igienico-sanitari

§  Commercio al dettaglio di articoli per l'illuminazione

§  Commercio al dettaglio di giornali, riviste e periodici

§  Farmacie

§  Commercio al dettaglio in altri esercizi specializzati di medicinali non soggetti a prescrizione medica

§  Commercio al dettaglio di articoli medicali e ortopedici in esercizi specializzati

§  Commercio al dettaglio di articoli di profumeria, prodotti per toletta e per l'igiene personale

§  Commercio al dettaglio di piccoli animali domestici

§  Commercio al dettaglio di materiale per ottica e fotografia

§  Commercio al dettaglio di combustibile per uso domestico e per riscaldamento

§  Commercio al dettaglio di saponi, detersivi, prodotti per la lucidatura e affini

§  Commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto effettuato via internet

§  Commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto effettuato per televisione

§  Commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto per corrispondenza, radio, telefono

§  Commercio effettuato per mezzo di distributori automatici

§  Lavanderia e pulitura di articoli tessili e pelliccia

§  Attività delle lavanderie industriali

§  Altre lavanderie, tintorie

§  Servizi di pompe funebri e attività connesse.

 

Sempre ai sensi del comma 2 il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione (ai sensi delle disposizioni generali di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241).

 

Nel coro dell’esame al Senato, è stato introdotto un nuovo comma 2-bis, il quale stabilisce che il credito d’imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto per il calcolo della deducibilità degli interessi e dei componenti negativi del reddito.

 

Il comma 3 rinvia, per la copertura degli oneri derivanti dell’articolo in parola, alla norma generale di copertura di cui all’articolo 126.

 

 


 

Articolo 65, commi 2-ter e 2-quater
(Disagio abitativo)

 

 

I commi 2-ter e 2-quater dell’articolo 65, introdotti al Senato, prevedono una procedura d’urgenza, per il riparto di risorse, pari complessivamente a 69,5 milioni di euro, a favore delle regioni, per l’annualità 2020, del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione e del Fondo inquilini morosi incolpevoli.

 

Il comma 2-ter dell’articolo in esame prevede, in primo luogo, il riparto tra le regioni della disponibilità complessiva assegnata per l'anno 2020 al Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione di cui all'articolo 11 della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), pari a complessivi 60 milioni di euro.

Il Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, istituito dall'art. 11 della legge n. 431/1998, è destinato alla concessione di contributi integrativi a favore dei conduttori appartenenti alle fasce di reddito più basse per il pagamento dei canoni di locazione.

L'art. 1, comma 20, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018) ha destinato risorse pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 al predetto Fondo e l’art. 1, comma 234 della legge di bilancio 2020 (L. n. 160 del 2019) ha destinato per ciascuno degli anni 2020-2021 ulteriori 50 milioni.

L'art. 11, comma 5, della citata legge n. 431/1998 stabilisce che le risorse assegnate al Fondo siano ripartite, entro il 31 marzo di ogni anno, tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, previa intesa in sede di Conferenza  Stato-Regioni, sulla base dei  criteri  fissati con apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (D.M. 14 settembre 2005), previa medesima intesa, ed in rapporto alla quota di risorse messe a disposizione dalle singole regioni e province autonome. Il DM 4 luglio 2019 ha ripartito le disponibilità per il 2019, pari a 10 milioni di euro.

 

Il medesimo comma 2-ter prevede altresì il riparto per l'annualità 2020 delle risorse, pari a 9,5 milioni di euro, del Fondo inquilini morosi incolpevoli, istituito dall'articolo 6, comma 5 del D. L. 102/2013, attribuite dall'articolo 1, comma 2, del D.L. 47/2014.

In particolare, l’art. 6, comma 5 del D.L. 102/2013 prevede che tali risorse possano essere utilizzate nei comuni ad alta tensione abitativa che abbiano avviato bandi o altre procedure amministrative, per l'erogazione di contributi in favore di inquilini morosi incolpevoli. È prevista l'assegnazione prioritaria delle risorse del Fondo alle regioni che abbiano emanato norme per la riduzione del disagio abitativo che prevedono percorsi di accompagnamento sociale per i soggetti sottoposti a sfratto, anche attraverso organismi comunali. A tal fine è previsto che le Prefetture adottino misure di graduazione programmata dell'intervento della forza pubblica nell'esecuzione dei provvedimenti di sfratto. Le risorse sono ripartite, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Con il medesimo decreto sono stabiliti i criteri e le priorità da rispettare nei provvedimenti comunali che definiscono le condizioni di morosità incolpevole che consentono l'accesso ai contributi.

L'art. 1, comma 2 del D.L. 47/2014 ha rifinanziato il Fondo inquilini morosi incolpevoli prevedendo 225,92 milioni di euro di risorse per il periodo 2014-2020, di cui 9,5 milioni di euro per l’anno 2020. L’annualità 2019 è stata ripartita con il D.M. 23 dicembre 2019.

 

Entrambi i riparti dei due suddetti Fondi sono effettuati in deroga alle procedure ordinarie di determinazione dei coefficienti regionali, adottando gli stessi coefficienti già utilizzati per i riparti relativi all'annualità 2019.

 

Il comma 2-quater stabilisce - nel termine di trenta giorni dall'entrata in vigore della presente disposizione - l’attribuzione da parte delle regioni ai comuni delle risorse assegnate, prevedendo, inoltre, l’applicazione dell'art. 1, comma 21 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, con procedura di urgenza, anche secondo le quote a rendiconto o programmate nelle annualità pregresse, nonché per l'eventuale scorrimento delle graduatorie vigenti del Fondo nazionale di sostegno per l’accesso alle abitazioni in locazione.

L’articolo 1, comma 21 della legge 205/2017 (legge di bilancio 2018) prevede, tra l’altro, che al Fondo nazionale di sostegno per l’accesso alle abitazioni in locazione possano essere destinate ulteriori risorse, da parte delle regioni, a valere sulle somme non spese del Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli.

Con il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 31 maggio 2019 sono state individuate le modalità di trasferimento delle risorse non spese del Fondo inquilini morosi incolpevoli.

Il comma 2-quater prevede inoltre che i comuni utilizzano i fondi anche ricorrendo all'unificazione dei titoli, capitoli e articoli delle rispettive voci di bilancio ai fini dell'ordinazione e pagamento della spesa.

 


 

Articolo 66
(Incentivi fiscali per erogazioni liberali a sostegno
delle misure di contrasto dell’emergenza)

 

 

L’articolo 66 concede incentivi fiscali per le erogazioni liberali, in denaro e in natura, effettuate per finanziare gli interventi di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.

In particolare:

§  le persone fisiche e gli enti non commerciali possono detrarre dalle imposte sui redditi il 30 per cento delle erogazioni liberali, fino a un massimo di 30.000 euro;

§  i titolari di reddito d’impresa possono dedurre le erogazioni liberali in denaro e in natura effettuate per il tramite di fondazioni, di associazioni, di comitati e di enti; i beni ceduti gratuitamente non si considerano destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa, e dunque non sono considerati ricavi assoggettati a imposta; tali operazioni non sono soggette all'imposta sulle donazioni. A fini IRAP, le predette erogazioni liberali sono deducibili nell'esercizio in cui sono effettuate.

Nel corso dell’esame al Senato le agevolazioni sono state estese anche alle erogazioni in favore di enti religiosi civilmente riconosciuti.

 

 

Più in dettaglio, il comma 1 consente alle persone fisiche e agli enti non commerciali di detrarre dalle imposte sui redditi un importo pari al 30 per cento delle erogazioni liberali in denaro e in natura, effettuate nell’anno 2020, in favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti o istituzioni pubbliche, di fondazioni e associazioni legalmente riconosciute senza scopo di lucro, compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti (secondo quanto specificato al Senato) finalizzate a finanziare gli interventi in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. L’importo non deve essere superiore a 30.000 euro.

 

Il comma 2 disciplina invece le agevolazioni spettanti ai titolari di reddito d’impresa.

Le norme in esame rinviano in particolare all’articolo 27 della legge 13 maggio 1999, n. 133, che contiene agevolazioni fiscali per le erogazioni e i trasferimenti effettuati in favore delle popolazioni colpite da calamità pubbliche.

Giusto il predetto richiamo:

§  sono deducibili dal reddito d'impresa le erogazioni liberali in denaro e in natura per il tramite di fondazioni, di associazioni, di comitati e di enti;

§  i beni ceduti gratuitamente non si considerano destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa, e dunque non sono considerati ricavi assoggettati a imposta;

§  le erogazioni liberali in denaro e in natura non sono soggette all'imposta sulle donazioni.

Nel corso dell’esame al Senato tale agevolazione è stata estesa alle erogazioni liberali effettuate per le medesime finalità in favore degli enti religiosi civilmente riconosciuti.

Inoltre, il comma 2 chiarisce che, a fini IRAP, le predette erogazioni liberali sono deducibili nell'esercizio in cui sono effettuate.

 

Ai sensi del comma 3, per valorizzare le menzionate erogazioni in natura si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 3 e 4 del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 28 novembre 2019 in tema di erogazioni liberali in natura a favore degli enti del Terzo settore.

Di conseguenza (articolo 3 del richiamato D.M.) l'ammontare della detrazione o della deduzione spettante nelle ipotesi di erogazioni liberali in natura è quantificato sulla base del valore normale del bene oggetto di donazione, determinato ai sensi del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (articolo 9 del D.P.R. n. 917 del 1986).

Per valore normale il richiamato articolo 9 intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d'uso.

Ove l’erogazione liberale abbia ad oggetto un bene strumentale, l'ammontare della detrazione o della deduzione è determinato con riferimento al residuo valore fiscale all'atto del trasferimento.

Nel caso di erogazione liberale avente ad oggetto i beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa, ovvero materie prime e sussidiarie, semilavorati e altri beni mobili diversi dai predetti beni d’impresa, l'ammontare della detrazione o della deduzione è determinato con riferimento al minore tra il valore normale e quello determinato per le cd. rimanenze (ai sensi dell’articolo 92 TUIR).

Al di fuori delle menzionate ipotesi, se il valore della cessione, singolarmente considerata, è superiore a 30.000 euro, ovvero, nel caso in cui, per la natura dei beni, non sia possibile desumerne il valore sulla base di criteri oggettivi, il donatore è tenuto ad acquisire una perizia giurata che attesti il valore dei beni donati, recante data non antecedente a novanta giorni il trasferimento del bene.

Con riferimento agli obblighi documentali (articolo 4 del DM), l'erogazione liberale in natura deve risultare da atto scritto contenente la dichiarazione del donatore recante la descrizione analitica dei beni donati, con l'indicazione dei relativi valori, nonché la dichiarazione del soggetto destinatario dell'erogazione contenente l'impegno ad utilizzare direttamente i beni medesimi per lo svolgimento dell'attività statutaria, ai fini dell'esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Nel caso in cui sia richiesta una perizia giurata di stima, il donatore deve consegnare al soggetto destinatario dell'erogazione copia della stessa.

 

Il comma 4 rinvia alle disposizioni finanziarie generali (articolo 126) per la copertura finanziaria dell’onere derivante dalle disposizioni in esame.

 

In merito alle misure alle donazioni per solidarietà sociale, si segnala l'ordinanza del Dipartimento Protezione civile n. 658, con la quale si assegnano ai Comuni fondi aggiuntivi per complessivi 400 milioni di euro, utilizzabili con procedure semplificate per misure urgenti di solidarietà alimentare. Il riparto dell'assegnazione per "emergenza alimentare" è stabilito in base ai criteri di cui al comma 1 dell'articolo 2 dell'ordinanza (80% popolazione; 20% distanza tra redditi pro capite comunali inferiori alla media nazionale e la stessa media; minimo di 600 euro per i comuni piccolissimi e maggior contributo per Comuni dell'originaria "zona rossa"). I comuni possono destinare alle misure urgenti di solidarietà alimentare eventuali donazioni. A tal fine è autorizzata l'apertura di appositi conti correnti bancari presso il proprio tesoriere o conti correnti postali onde fare confluire le citate donazioni. Alle donazioni così ricevute si applicano le disposizioni di cui all’art. 66 del decreto in esame. L'ufficio dei servizi sociali di ciascun comune individua la platea dei beneficiari e il relativo contributo tra i nuclei familiari più esposti agli effetti economici derivanti dall'emergenza epidemiologica da virus COVID-19 e tra quelli in stato di bisogno, per soddisfare le necessità più urgenti ed essenziali con priorità per quelli non già assegnatari di sostegno pubblico. Ciascun comune è autorizzato all'acquisizione, in deroga al Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 50/2016), di: buoni spesa utilizzabili per l'acquisto di generi alimentari presso gli esercizi commerciali contenuti nell'elenco pubblicato da ciascun comune nel proprio sito istituzionale; generi alimentari o prodotti di prima necessità. I comuni possono avvalersi degli enti del Terzo settore per l'acquisto e per la distribuzione di tali beni. Nell'individuazione dei fabbisogni alimentari e nella distribuzione dei beni, i comuni in particolare possono coordinarsi con gli enti attivi nella distribuzione alimentare realizzata nell'ambito del Programma operativo del Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD). Per le attività connesse alla distribuzione alimentare non sono disposte restrizioni agli spostamenti del personale degli enti del Terzo settore e dei volontari coinvolti.

 


 

Articolo 67
(Sospensione dei termini relativi all’attività
degli uffici degli enti impositori)

 

 

L’articolo 67 sospende temporaneamente alcune attività svolte dall’amministrazione finanziaria.

Più in dettaglio sono sospesi dall’8 marzo fino al 31 maggio 2020:

§  i termini relativi alle attività di liquidazione, di controllo, di accertamento, di riscossione e di contenzioso, da parte degli uffici degli enti impositori, i termini per fornire risposta alle istanze di interpello e regolarizzarle, nonché i termini relativi alle procedure di accesso a istituti agevolativi o regimi fiscali di cooperazione con l’Amministrazione finanziaria;

§  i termini per le risposte a specifiche istanze dei contribuenti, tra cui quelle relative all’accesso ad atti e documenti amministrativi, non aventi carattere di indifferibilità ed urgenza.

 

A seguito delle modifiche introdotte al Senato è soppressa la proroga di due anni dei termini di accertamento relativa agli adempimenti e versamenti sospesi dalle norme in commento. 

 

 

In particolare, il comma 1 sospende dall’8 marzo al 31 maggio 2020:

§  i termini relativi alle attività di liquidazione, di controllo, di accertamento, di riscossione e di contenzioso, da parte degli uffici degli enti impositori;

§  i termini per fornire risposta alle istanze di interpello, comprese quelle da rendere a seguito della presentazione della documentazione integrativa. Più in dettaglio, sono sospesi i termini per rispondere ai cd. interpelli ordinario, probatorio e antiabuso (disciplinati dall’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, statuto del contribuente), all’interpello preventivo per l’accesso al regime dell'adempimento collaborativo (di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128) e all’interpello sui nuovi investimenti (di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147).

Si ricorda che l’interpello è un'istanza che il contribuente rivolge all'Agenzia delle Entrate prima di attuare un comportamento fiscalmente rilevante, per ottenere chiarimenti in relazione a un caso concreto e personale in merito all'interpretazione, all’applicazione o alla disapplicazione di norme di legge di varia natura relative a tributi erariali. Esistono cinque tipologie di interpello:

§  l'interpello ordinario consente a ogni contribuente di chiedere un parere in ordine all’applicazione delle disposizioni tributarie di incerta interpretazione riguardo un caso concreto e personale, nonché di chiedere chiarimenti in ordine alla corretta qualificazione di fattispecie, sempre che ricorra obiettiva incertezza;

§  l'interpello probatorio consente al contribuente di chiedere un parere in ordine alla sussistenza delle condizioni o alla idoneità degli elementi di prova chiesti dalla legge per accedere a determinati regimi fiscali nei casi espressamente previsti, quali l’interpello relativo a partecipazioni acquisite per il recupero di crediti bancari (113 TUIR), le istanze presentate dalle società “non operative” (articolo 30 della legge 724 del 1994) e le istanze previste ai fini della spettanza del beneficio ACE (articolo 1, comma 8, DL 201 del 2011);

§  l'interpello anti-abuso consente di acquisire un parere relativo alla abusività di un’operazione non più solo ai fini delle imposte sui redditi, ma per qualsiasi settore impositivo;

§  l’interpello disapplicativo consente di ottenere la disapplicazione di norme che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti di imposta, se viene fornita la dimostrazione che detti effetti elusivi non potevano verificarsi; è l’unica tipologia di interpello obbligatorio;

§  l’interpello sui nuovi investimenti consente agli investitori, italiani o stranieri, di chiedere un parere circa il trattamento tributario applicabile a importanti investimenti (di valore non inferiore a trenta milioni di euro e con rilevanti e durature ricadute occupazionali) effettuati nel territorio dello Stato. Per le istanze presentate dal 1 ° gennaio 2019 il valore degli investimenti scende a venti milioni di euro (legge 17 dicembre 2018, n. 136).

§  il termine (previsto dall’articolo 3 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156) per la regolarizzazione delle istanze di interpello suddette;

§   il termine (di cui all’articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128) per rispondere alle istanze dei contribuenti che adottano un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale e che intendono aderire al richiamato regime di adempimento collaborativo;

§  i termini di cui all’articolo 1–bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 relativi alla procedura di cooperazione rafforzata.

La procedura di cooperazione rafforzata è rivolta alle società e agli enti di ogni tipo, non residenti in Italia, che appartengono a gruppi multinazionali con ricavi consolidati superiori a 1 miliardo di euro annui e che effettuano cessioni di beni e prestazioni di servizi in Italia per un ammontare superiore a 50 milioni di euro annui avvalendosi del supporto di imprese ausiliarie, appartenenti al medesimo gruppo societario.

Le imprese che ravvisino la possibilità che l’attività esercitata in Italia costituisca una stabile organizzazione possono presentare istanza per l’individuazione della sua sussistenza o meno e, in caso positivo, per la determinazione dei redditi a essa imputabili e della base imponibile ai fini Iva.

§  i termini, di cui agli articoli 31-ter e 31-quater del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, rispettivamente relativi alla procedura di stipula di accordi preventivi imprese aventi attività internazionale e rettifica in diminuzione del reddito per operazioni tra imprese associate con attività internazionale;

L'articolo 31-ter del DPR 600/1973 prevede uno strumento di dialogo tra Amministrazione finanziaria e imprese che esercitano attività internazionale. In base a tale disciplina, dette imprese possono accedere a una procedura finalizzata alla stipula di accordi preventivi, con principale riferimento ai seguenti ambiti:

§  regime dei prezzi di trasferimento

§  determinazione dei valori di uscita o di ingresso in caso di trasferimento della residenza

§  attribuzione di utili o perdite alla stabile organizzazione

§  valutazione preventiva della sussistenza dei requisiti, che configurano una stabile organizzazione

§  erogazione o percezione di dividendi, interessi, royalties e altri componenti reddituali.

Le disposizioni attuative della disciplina degli accordi preventivi sono state dettate dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 21 marzo 2016 - pdf, che stabilisce le modalità operative per l’accesso alla procedura.

 

L’articolo 31-quater D.P.R. 600/1973 consente di operare rettifiche anche in diminuzione del reddito derivanti da operazioni intercorse tra imprese associate con attività internazionale. Infatti, la disposizione riconosce la possibilità all’impresa residente appartenente al gruppo multinazionale, di correggere, diminuendola, la propria base imponibile fino a concorrenza della rettifica in aumento effettuata nei confronti della sua parte correlata a condizione che tale rettifica:

§  sia stata effettuata da una giurisdizione con la quale sia in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni e che consenta un adeguato scambio di informazioni;

§  abbia il carattere di definitività, cioè la relativa imposta sia stata assolta in via definitiva, e sia pertanto irripetibile, o comunque non più modificabile a favore del contribuente;

§  sia stata determinata in conformità al principio di libera concorrenza.

Le disposizioni attuative sono state dettate dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 14 maggio 2018 recante le linee guida per l’applicazione delle disposizioni in materia di prezzi di trasferimento.

§  i termini relativi alle procedure per accedere al cd. patent box, di cui all’articolo 1, commi da 37 a 43, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

 

Il patent box è un regime opzionale di tassazione agevolata per i redditi derivanti dall’utilizzo di software protetto da copyright, di brevetti industriali, di marchi d’impresa (poi esclusi per le opzioni esercitate dopo il 31 dicembre 2016), di disegni e modelli, nonché di processi, formule e informazioni relativi a esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili.

Consente a tutti i soggetti titolari di reddito d’impresa, indipendentemente dalla natura giuridica, dalla dimensione e dal settore produttivo di appartenenza, incluse le stabili organizzazioni in Italia di residenti in Paesi con i quali è in vigore un accordo per evitare la doppia imposizione e con i quali lo scambio di informazioni è effettivo, la parziale detassazione dei proventi derivanti dallo sfruttamento dei citati beni immateriali.

Sono escluse le società assoggettate alle procedure di fallimento, di liquidazione coatta amministrativa e di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi; in quest’ultimo caso, tuttavia, il beneficio spetta se la procedura è finalizzata alla continuazione dell’esercizio dell’attività economica.

Inoltre, non possono accedere al regime agevolativo i contribuenti che determinano il reddito con metodologie diverse da quella analitica (regime forfetario, tonnage tax, società agricole che calcolano il reddito su base catastale, ecc.).

 

Il comma 2 chiarisce che, in relazione alle istanze di interpello sospese ai sensi del comma 1, i termini per la risposta previsti dalle relative disposizioni, nonché il termine previsto per la loro regolarizzazione, come stabilito dall’articolo 3 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156, iniziano a decorrere dal primo giorno del mese successivo al termine del periodo di sospensione. Durante il periodo di sospensione, la presentazione delle istanze di interpello e di consulenza giuridica è consentita esclusivamente per via telematica, attraverso l’impiego della PEC - posta elettronica certificata (di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68), ovvero, per i soggetti non residenti che non si avvalgono di un domiciliatario nel territorio dello Stato, mediante l’invio alla casella di posta elettronica ordinaria div.contr.interpello@agenziaentrate.it.

Il richiamato articolo 3 del D.Lgs. n. 156 del 2015 disciplina il contenuto obbligatorio delle istanze di interpello e, al comma 3, stabilisce che nei casi in cui le istanze siano carenti dei requisiti di legge, prevede che l'amministrazione inviti il contribuente alla loro regolarizzazione entro il termine di 30 giorni.

 

Il comma 3 sospende dall’8 marzo al 31 maggio 2020 alcune attività dell’amministrazione finanziaria, a condizione che non abbiano carattere di indifferibilità ed urgenza.

Si tratta:

§  delle risposte alle istanze, formulate ai sensi delle norme del codice di procedura civile sulle garanzie reali (articoli 492-bis del c.p.c, in tema di pignoramento; 155-quater, 155-quinquies e 155-sexies delle disposizioni di attuazione del c.p.c.) con le quali si chiede l’accesso alla banca dati dell’Anagrafe Tributaria, compreso l’Archivio dei rapporti finanziari, autorizzate dai Presidenti dei Tribunali, oppure dai giudici delegati;

§  delle nonché le risposte alle istanze di accesso agli atti e ai documenti amministrativi, formulate ai sensi dell’articolo 22 della legge 7 agosto 1990, n. 241, ivi compreso il cd. accesso civico a documenti, informazioni o dati in possesso delle P.P.A.A., di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.

 

Infine, il comma 4 riguarda i termini di prescrizione e decadenza dell’attività degli uffici degli enti impositori.

Ai termini di prescrizione e decadenza si applicano le norme relative alla sospensione per eventi eccezionali previste dall’articolo 12, commi 1 e 3 (secondo quanto chiarito nel corso dell’esame al Senato), del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159.

Si segnala che il comma 2 dell’articolo 12 prevede che i termini di prescrizione e decadenza relativi all'attività degli uffici degli enti impositori, degli enti previdenziali e assistenziali e degli agenti della riscossione aventi sede nei territori dei Comuni colpiti dagli eventi eccezionali, ovvero aventi sede nei territori di Comuni diversi ma riguardanti debitori aventi domicilio fiscale o sede operativa nei territori di Comuni colpiti da eventi eccezionali e per i quali è stata disposta la sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari, che scadono entro il 31 dicembre dell'anno o degli anni durante i quali si verifica la sospensione, sono prorogati, in deroga alle disposizioni dell'articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (che vieta la proroga dei termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta) fino al 31 dicembre del secondo anno successivo alla fine del periodo di sospensione.

Con la modifica introdotta al Senato il rinvio al predetto comma 2 è stato soppresso. Pertanto, la proroga dei termini di accertamento non si applica agli adempimenti e versamenti sospesi dalle norme in commento. 

Ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, l’agente della riscossione non procede alla notifica delle cartelle di pagamento durante il periodo di sospensione.


 

Articolo 68
(Sospensione dei termini di versamento dei carichi affidati all'agente della riscossione)

 

 

L’articolo 68 sospende i termini, scadenti dall’8 marzo al 31 maggio 2020, per il versamento di somme derivanti da cartelle di pagamento e da accertamenti esecutivi, da accertamenti esecutivi doganali, da ingiunzioni fiscali degli enti territoriali e da accertamenti esecutivi degli enti locali.

La norma differisce al 31 maggio 2020 il termine per il pagamento delle rate relative alle definizioni agevolate e al saldo e stralcio dei debiti tributari.

Viene di conseguenza differito anche il termine per le comunicazioni di inesigibilità poste a carico degli agenti della riscossione.

 

Più in dettaglio, il comma 1 sospende, con riferimento alle entrate tributarie e non tributarie, i termini dei versamenti, scadenti nel periodo dall’8 marzo al 31 maggio 2020, derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione, nonché dagli avvisi di accertamento esecutivo fiscale e contributivo (previsti dagli articoli 29 e 30 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78).

I versamenti oggetto di sospensione devono essere effettuati, in unica soluzione, entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione. Non si procede al rimborso di quanto già versato.

Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 159, relative alla sospensione dei termini per eventi eccezionali. Giusto il predetto rinvio, dunque, anche in questa ipotesi le  disposizioni in materia di sospensione dei termini di versamento dei tributi, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, a favore dei soggetti interessati da eventi eccezionali, comportano altresì, per un corrispondente periodo di tempo, relativamente alle stesse entrate, la sospensione dei termini previsti per gli adempimenti anche processuali, nonché la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza in materia di liquidazione, controllo, accertamento, contenzioso e riscossione a favore degli enti impositori, degli enti previdenziali e assistenziali e degli agenti della riscossione, in deroga alle disposizioni dell'articolo 3, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (che impedisce la proroga dei termini di prescrizione e decadenza per gli accertamenti fiscali). Salvo diverse disposizioni, i versamenti sospesi sono effettuati entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione.

L'Agente della riscossione non procede alla notifica delle cartelle di pagamento durante il periodo di sospensione.

 

Il comma 2 prevede che la sospensione dei versamenti si applichi anche:

§  agli accertamenti esecutivi doganali (di cui all'articolo 9, commi da 3-bis a 3- sexies, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16);

§  alle ingiunzioni fiscali emesse dagli enti territoriali (R.D. 14 aprile 1910, n. 639);

§  agli accertamenti esecutivi degli enti locali introdotti dalla legge di bilancio 2020 (articolo 1, comma 792, della legge 27 dicembre 2019, n. 160).

La legge di bilancio 2020 (commi 784 e ss.gg.) ha complessivamente riformato la riscossione degli enti locali, con particolare riferimento agli strumenti per l'esercizio della potestà impositiva, fermo restando l'attuale assetto dei soggetti abilitati alla riscossione delle entrate locali. In particolare, è stato introdotto anche per gli enti locali l’istituto dell’accertamento esecutivo, sulla falsariga di quanto già previsto per le entrate erariali (cd. ruolo), che consente di emettere un unico atto di accertamento avente i requisiti del titolo esecutivo; l’accertamento esecutivo opera, a partire dal 1° gennaio 2020, con riferimento ai rapporti pendenti a tale data.

 

Il comma 3 differisce al 31 maggio 2020 il termine, originariamente fissato al 28 febbraio 2020, per il versamento:

§  della rata, che scade il 28 febbraio 2020, in cui è dilazionato l’importo delle somme dovute a titolo di definizione agevolata delle cartelle di pagamento disposta dal decreto-legge n. 119 del 2018, cd. rottamazione-ter (articolo 3, comma 2, lettera b) del decreto citato), ivi comprese le rate, scadenti nel medesimo giorno, relative alle rottamazioni degli anni precedenti e che, in virtù del decreto-legge n. 119 del 2018, sono state riaperte ai contribuenti inadempienti ai precedenti piani di rateazione, nonché rimodulate nel tempo (articolo 3, comma 23 del decreto-legge n. 119 del 2018);

§  della rata, che scade il 28 febbraio 2020, in cui è dilazionato l’importo delle somme dovute a titolo di definizione agevolata dei carichi affidati all'agente della riscossione a titolo di risorse proprie dell'Unione europea, disposta anch’essa dal decreto-legge n. 119 del 2018 (all'articolo 5, comma 1, lettera d));

§  della rata, che scade il 28 febbraio 2020, in cui è dilazionato l’importo delle somme dovute a titolo di cd. rottamazione-ter, per i contribuenti che abbiano aderito a tale rottamazione in un secondo momento, e cioè entro il 31 luglio 2019 (a seguito della successiva riapertura dei termini operata dall'articolo 16-bis del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34);

§  il termine di versamento, previsto per il 31 marzo 2020, della rata delle somme dovute a titolo di “saldo e stralcio” delle cartelle (riduzione delle somme dovute, per i contribuenti in grave e comprovata difficoltà economica, disciplinata all'articolo 1, comma 190, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, legge di bilancio 2019).

 

Il comma 4, in considerazione della sospensione della riscossione al 31 maggio 2020 disciplinata ai commi 1 e 2 della norma in esame, posticipa il termine per le comunicazioni di inesigibilità relative alle quote affidate agli agenti della riscossione nell’anno 2018, nell’anno 2019 e nell’anno 2020.

Esse sono presentate, rispettivamente, entro il 31 dicembre 2023, entro il 31 dicembre 2024 e entro il 31 dicembre 2025, in deroga alle disposizioni di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n.112, ai sensi del quale - ai fini del discarico delle quote iscritte a ruolo - il concessionario trasmette all'ente creditore una comunicazione di inesigibilità. Tale comunicazione viene redatta e trasmessa con le modalità stabilite con decreto del Ministero delle finanze, entro il terzo anno successivo alla consegna del ruolo, fatto salvo quanto diversamente previsto da specifiche disposizioni di legge.

 

 


 

Articolo 68, comma 2-bis
(Sospensione dei termini di versamento dei carichi affidati all'agente della riscossione per i comuni interessati dalle misure di contenimento e gestione dell'emergenza del 1° marzo 2020)

 

 

L'articolo 68, comma 2-bis, introdotto al Senato, dispone che, nei confronti delle persone fisiche che, alla data del 21 febbraio 2020, avevano la residenza ovvero la sede operativa nel territorio dei comuni interessati dalle misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 di cui al D.P.C.M del 1° marzo 2020, e dei soggetti diversi dalla persone fisiche che, alla stessa data del 21 febbraio 2020, avevano nei medesimi comuni la sede legale o la sede operativa, la sospensione dei termini di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 68 medesimo decorre dal 21 febbraio 2020.

 

In particolare, il comma in esame, introdotto al Senato, dispone che, nei confronti delle persone fisiche che, alla data del 21 febbraio 2020, avevano la residenza ovvero la sede operativa nel territorio dei comuni interessati dalle misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 individuati nell'allegato 1 al D.P.C.M del 1° marzo 2020, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 52 del 1° marzo 2020, e dei soggetti diversi dalla persone fisiche che, alla stessa data del 21 febbraio 2020, avevano nei medesimi comuni la sede legale o la sede operativa, i termini delle sospensioni di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 68 decorrono dalla medesima data del 21 febbraio 2020 (anziché dall'8 marzo).

Si tratta dei termini dei versamenti derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione, nonché dagli avvisi di accertamento esecutivo fiscale e contributivo (comma 1) e dei termini dei versamenti relativi agli accertamenti esecutivi doganali, alle ingiunzioni fiscali emesse dagli enti territoriali, agli accertamenti esecutivi degli enti locali introdotti dalla legge di bilancio 2020 (comma 2). Per maggiori dettagli si veda la scheda relativa all'articolo 68.

 

Il comma in esame, ripropone parzialmente l'articolo 2 del decreto-legge n. 9 del 2020, adattandone le scadenze alle sopravvenute esigenze derivanti dall'estendersi dell'emergenza all'intero territorio nazionale.

 


 

Articolo 69
(Proroga versamenti nel settore dei giochi)

 

 

L'articolo 69 dispone la proroga del versamento del prelievo erariale unico e del canone accessorio sugli apparecchi c.d. Amusement With Prizes (AWP o new slot) e Video Lottery Terminal (VLT), del canone per la concessione della raccolta del Bingo, nonché la proroga dei termini per l'indizione, da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, di una gara per una serie di concessioni in materia di apparecchi da divertimento e intrattenimento e gioco a distanza, la proroga dei termini per l'indizione di gare per le scommesse e il Bingo, del termine per la sostituzione degli apparecchi da gioco e per l'entrata in vigore del Registro unico degli operatori del gioco pubblico.

 

Nella relazione illustrativa il Governo sottolinea che, per effetto dei vari DPCM succedutisi nei mesi di febbraio e marzo per far fronte all'emergenza legata alla COVID-19, sarebbe divenuta difficile, se non impossibile, la raccolta di gioco pubblico sia per la chiusura di sale giochi, sale con apparecchi da intrattenimento, bar e altri esercizi pubblici, sia per la restrizione della circolazione sul territorio che impedisce il prelievo di contante dagli apparecchi. L'articolo in esame dispone pertanto una serie di sospensioni e proroghe di versamenti al fine di consentire agli operatori della filiera del gioco e ai concessionari di Stato di fronteggiare la carenza di liquidità connessa all'emergenza, evitando, di conseguenza, ricadute negative sull'occupazione.

 

In particolare, il comma 1 dispone la proroga al 29 maggio 2020 (in luogo del 30 aprile) della scadenza dei termini per il versamento del prelievo erariale unico sugli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettera a) (apparecchi c.d. Amusement With Prizes (AWO) ovvero new slot) e lettera b) (apparecchi c.d. Video Lottery Terminal (VLT)), del testo unico di cui al regio decreto n. 773 del 1931 e del canone concessorio. Le somme dovute possono essere versate con rate mensili di pari importo. Saranno addebitati gli interessi legali calcolati giorno per giorno. La prima rata è versata entro il 29 maggio e le successive entro l’ultimo giorno di ciascun mese successivo. L’ultima rata è versata entro il 18 dicembre 2020.

 

Gli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettere a) del regio decreto n. 773 del 1931, cosiddetti amusement with prizes (AWP o new slot),  sono quelli che, dotati di attestato di conformità alle disposizioni vigenti rilasciato dal MEF - Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e obbligatoriamente collegati alla rete telematica, si attivano con l'introduzione di moneta metallica ovvero con appositi strumenti di pagamento elettronico definiti con provvedimenti del MEF - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, nei quali insieme con l'elemento aleatorio sono presenti anche elementi di abilità, che consentono al giocatore la possibilità di scegliere, all'avvio o nel corso della partita, la propria strategia, selezionando appositamente le opzioni di gara ritenute più favorevoli tra quelle proposte dal gioco, il costo della partita non supera 1 euro, la durata minima della partita è di quattro secondi e che distribuiscono vincite in denaro, ciascuna comunque di valore non superiore a 100 euro, erogate dalla macchina.

Le vincite, computate dall'apparecchio in modo non predeterminabile su un ciclo complessivo di non più di 140.000 partite, devono risultare non inferiori al 75 per cento delle somme giocate. In ogni caso tali apparecchi non possono riprodurre il gioco del poker o comunque le sue regole fondamentali (articolo 110, comma 6, lettera a)).

Si tratta inoltre (articolo 110, comma 6, lettera b) del regio decreto n. 773 del 1931) degli apparecchi facenti parte della rete telematica che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa, c.d. Video Lottery Terminal (VLT). Per tali apparecchi, con regolamento del MEF di concerto con il Ministro dell'interno sono definiti, tenendo conto delle specifiche condizioni di mercato:

1)   il costo e le modalità di pagamento di ciascuna partita;

2)   la percentuale minima della raccolta da destinare a vincite;

3)   l'importo massimo e le modalità di riscossione delle vincite;

4)   le specifiche di immodificabilità e di sicurezza, riferite anche al sistema di elaborazione a cui tali apparecchi sono connessi;

5)   le soluzioni di responsabilizzazione del giocatore da adottare sugli apparecchi;

6)   le tipologie e le caratteristiche degli esercizi pubblici e degli altri punti autorizzati alla raccolta di giochi nei quali possono essere installati gli apparecchi di cui alla presente lettera.

 

Il comma 2 dispone la sospensione, a decorrere dal mese di marzo e per tutto il periodo di interruzione dell’attività, del versamento del canone di cui all'articolo 1, comma 636, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013). Ciò a seguito della sospensione dell’attività delle sale bingo prevista dal D.P.C.M. dell’8 marzo 2020, articolo 2, e successive modificazioni ed integrazioni.

 

L'articolo 1, comma 636, della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), in materia di concessioni di gioco per la raccolta del Bingo, dispone che l'Agenzia delle dogane e dei monopoli procede entro il 30 settembre 2020, con un introito almeno pari a 73 milioni di euro a una gara, per l'attribuzione di 210 concessioni per il predetto gioco attenendosi ai seguenti criteri direttivi:

a) introduzione del principio dell'onerosità delle concessioni per la raccolta del gioco del Bingo e fissazione nella somma di euro 350.000 della soglia minima corrispettiva per l'attribuzione di ciascuna concessione;

b) durata delle concessioni pari a nove anni, non rinnovabile;

c) versamento della somma di euro 7.500, per ogni mese ovvero frazione di mese superiore ai quindici giorni, oppure di euro 3.500 per ogni frazione di mese inferiore ai quindici giorni, da parte del concessionario in scadenza che intenda altresì partecipare al bando di gara per la riattribuzione della concessione, per ogni mese ovvero frazione di mese di proroga del rapporto concessorio scaduto e comunque fino alla data di sottoscrizione della nuova concessione riattribuita;

d) all'atto dell'aggiudicazione, versamento della somma offerta ai sensi della lettera a) entro la data di sottoscrizione della concessione;

d-bis) possibilità di partecipazione per i soggetti che già esercitano attività di raccolta di gioco in uno degli Stati dello Spazio economico europeo, avendovi la sede legale ovvero operativa, sulla base di valido ed efficace titolo abilitativo rilasciato secondo le disposizioni vigenti nell'ordinamento di tale Stato;

e) determinazione nella somma complessiva annua di euro 300.000 dell'entità della garanzia bancaria ovvero assicurativa dovuta dal concessionario, per tutta la durata della concessione, a tutela dell'Amministrazione statale, durante l'intero arco di durata della concessione, per il mantenimento dei requisiti soggettivi ed oggettivi, dei livelli di servizio e di adempimento delle obbligazioni convenzionali pattuite.

 

 Il comma 3 dispone la proroga di 6 mesi dei termini previsti dall’articolo 1, comma 727, della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) e dagli articoli 24 (proroga dei termini per l'indizione delle gare scommesse e Bingo), 25 (termine per la sostituzione degli apparecchi da gioco) e 27 (entrata in vigore del Registro unico degli operatori del gioco pubblico) del decreto legge n. 124 del 2019 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili).

 

I commi 727-730 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019), stabiliscono l'indizione di una gara per l'affidamento da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli di una serie di concessioni in scadenza per la gestione di apparecchi da gioco con vincita in denaro. Il comma 727, in particolare, attribuisce all'Agenzia delle dogane e dei monopoli il compito di indire, nel rispetto dei princìpi e delle regole europee e nazionali, una gara entro il 31 dicembre 2020, mediante procedura aperta, competitiva e non discriminatoria, di una serie di concessioni in materia di apparecchi da divertimento e intrattenimento e gioco a distanza.

 

Il comma 4 rinvia all'articolo 126 per la copertura degli oneri, quantificati dalla relazione tecnica, ai fini dell'indebitamento netto, in circa 29,4 milioni di euro per l'anno 2020.

 


 

Articolo 70
(Potenziamento dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli - ABROGATO)

 

 

L'articolo 70, abrogato dall'art. 31 del D.L. 8 aprile 2020, n. 23, disponeva, per l'anno 2020, l'incremento di otto milioni di euro delle risorse destinate alla remunerazione del lavoro straordinario del personale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli.

 

L'unico comma dell'articolo in esame disponeva, per l'anno 2020, l'incremento di otto milioni di euro delle risorse destinate alla remunerazione delle prestazioni di lavoro straordinario del personale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, in considerazione dei rilevanti impegni derivanti dall’incremento delle attività di controllo presso i porti, gli aeroporti e le dogane interne in relazione dall’emergenza sanitaria Covid19. Tale incremento è disposto a valere sui finanziamenti dell'Agenzia stessa e in deroga ai limiti di cui all’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017.

L'articolo è stato soppresso in quanto confluito, quale articolo 31, nel decreto-legge n. 23 del 2020 recante disposizioni urgenti per il sostegno alla liquidità delle imprese e all'esportazione.

 

Si valuti l’opportunità di precisare se siano salvi gli effetti medio tempore prodotti dalla disposizione abrogata.

 

 



[1]   In via preliminare, relativamente all’inserimento da parte del Parlamento, nella legge di conversione, di norme di delega si ricorda che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 237 del 2013, ne ha valutato l'ammissibilità purché vi sia un’omogeneità contenutistica rispetto al relativo decreto-legge. In particolare tale sentenza ha riconosciuto al Parlamento, nell'approvare la legge di conversione di un decreto-legge, la possibilità di esercitare la propria potestà legislativa anche introducendo, con disposizioni aggiuntive, contenuti normativi ulteriori, nel rispetto, tuttavia, del limite dell'omogeneità complessiva dell'atto normativo rispetto all'oggetto o allo scopo.

Si ricorda al contempo che alla Camera, il Comitato per la legislazione, anche successivamente alla sentenza n. 237 del 2013, ha ribadito come debbano considerarsi applicabili al disegno di legge di conversione tutti i limiti di contenuto previsti dalla legge n. 400 del 1988 per i decreti-legge: tra tali limiti rientra anche quanto previsto dall’articolo 15, comma 2, lettera a) della legge n. 400 che vieta che il Governo possa, mediante decreto-legge, conferire deleghe legislative ai sensi dell'articolo 76 della Costituzione (si veda ad esempio, da ultimo, il parere reso dal Comitato nella seduta del 14 novembre 2018 sul disegno di legge C. 1346 di conversione del decreto-legge 113 del 2018, cd. “DL sicurezza”, nel quale si richiede, con una condizione, la soppressione delle disposizioni di delega inserite nel disegno di legge di conversione).

[2]     Si ricorda che il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato è oggetto di incremento da parte dell’articolo 18 del presente D.L. n. 18.

[3]     Tale fondo è stato istituito dall’articolo 96 del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo ai dirigenti (medici, sanitari, veterinari e delle professioni sanitarie) dell’area sanità per il triennio 2016-2018.

[4]     Tale fondo è stato istituito dall’articolo 80 del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto sanità per il triennio 2016-2018.

[5]     Come già ricordato, il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato è oggetto di incremento da parte dell’articolo 18 del presente D.L. n. 18.

[6]     Ai sensi dell’articolo 23, comma 2, del D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75.

[7]     Di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

[8]     Ai sensi dell’articolo 11, comma 1, del D.L. 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 2019, n. 60, e successive modificazioni. Inoltre, per una deroga al limite in oggetto, relativa all’intero personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario, cfr. l’articolo 1, commi 526 e 527, della L. 30 dicembre 2018, n. 145.

[9]     Come già ricordato, il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato è oggetto di incremento da parte dell’articolo 18 del presente D.L. n. 18.

[10]   Cfr. anche infra.

[11]   Per le ipotesi ammesse di contratti di lavoro autonomo o di collaborazione, cfr. il comma 6 del citato articolo 7 del D.Lgs. n. 165, e successive modificazioni.

[12]   Cfr., a quest'ultimo riguardo, i commi 3 e 20 del citato articolo 6 del D.L. n. 78 del 2010, e successive modificazioni. Tali limiti, in ogni caso, non si applicano in via diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, in quanto le relative norme costituiscono per essi soltanto disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica.

[13]   Riguardo ai limiti della spesa per il personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, cfr. l'articolo 11, commi da 1 a 4.1, del D.L. 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 2019, n. 60, e successive modificazioni.

[14]   Parere approvato il 31 marzo 2020.

[15]   Per l’individuazione di essi, cfr. l’articolo 1, comma 1, del D.Lgs.C.P.S. 13 settembre 1946, n. 233, e successive modificazioni, nonché, per l'ordine degli psicologi, l’articolo 01 della L. 18 febbraio 1989, n. 56.

[16]   Si ricorda che il conseguimento dell'abilitazione professionale (entro la data di inizio delle attività didattiche) è richiesto per la frequenza di tutte le scuole di specializzazione in medicina e chirurgia, ai sensi dell'articolo 2, comma 433, della L. 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni.     

[17]   Per gli enti e le aziende del Servizio sanitario nazionale le procedure in oggetto possono riguardare anche l'assunzione di personale dirigenziale.

[18]   Nella suddetta data è entrata in vigore la L. 7 agosto 2015, n. 124, recante la delega in base alla quale è stato emanato il D.Lgs. n. 75 del 2017.

[19]   Sono esclusi i contratti di somministrazione di lavoro, ai sensi del comma 9 del citato articolo 20 del D.Lgs. n. 75, e successive modificazioni. 

[20]   I suddetti incarichi di consulenza sono in ogni caso ammessi se conferiti a titolo gratuito.

[21]   Per le ipotesi ammesse di contratti di lavoro autonomo o di collaborazione, cfr. il comma 6 del citato articolo 7 del D.Lgs. n. 165, e successive modificazioni.

[22]   Riguardo ai limiti della spesa per il personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, cfr. l'articolo 11, commi da 1 a 4.1, del D.L. 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 2019, n. 60, e successive modificazioni.

[23]   Limitazioni di cui all'articolo 14, comma 3, del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26.

[24]   Parere sull’emendamento 1.1000 approvato il 1° aprile 2020.

[25]   Di cui all’articolo 1, commi da 547 e 548-ter, della L. 30 dicembre 2018, n. 145, e successive modificazioni.

[26]   Si ricorda che la possibilità di partecipazione riguarda le procedure concorsuali concernenti la specifica disciplina oggetto del corso.

[27]   Si ricorda che secondo i princìpi posti dalla disciplina legislativa in oggetto, la formazione teorica è svolta presso le università e quella pratica presso l’ente o azienda d’inquadramento (purché accreditato ai fini della formazione specialistica).

[28]   Secondo la nozione del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto Ministeri per il quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007 (nozione non modificata dal contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto funzioni centrali per il triennio 2016-2018), appartengono "a questa area funzionale i lavoratori che, nel quadro di indirizzi generali, per la conoscenza dei vari processi gestionali, svolgono, nelle unità di livello non dirigenziale a cui sono preposti, funzioni di direzione, coordinamento e controllo di attività di importanza rilevante, ovvero lavoratori che svolgono funzioni che si caratterizzano per il loro elevato contenuto specialistico".

[29]   Per l’individuazione di essi, cfr. l’articolo 1, comma 1, del D.Lgs.C.P.S. 13 settembre 1946, n. 233, e successive modificazioni, nonché, per l'ordine degli psicologi, l’articolo 01 della L. 18 febbraio 1989, n. 56.

[30]   Si ricorda che il conseguimento dell'abilitazione professionale (entro la data di inizio delle attività didattiche) è richiesto per la frequenza di tutte le scuole di specializzazione in medicina e chirurgia, ai sensi dell'articolo 2, comma 433, della L. 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni.     

[31]   Parere approvato il 31 marzo 2020.

[32]   Riguardo ai limiti della spesa per il personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, cfr. l'articolo 11, commi da 1 a 4.1, del D.L. 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 2019, n. 60, e successive modificazioni.

[33]   Cfr., per le procedure concorsuali relative, rispettivamente, al personale dirigenziale e non dirigenziale del Servizio sanitario nazionale, l’articolo 11 del regolamento di cui al D.P.R. 10 dicembre 1997, n. 483, e l’articolo 11 del regolamento di cui al D.P.R. 27 marzo 2001, n. 220.

[34]   Entrambe le modalità, secondo la suddetta circolare, possono essere integrate con un colloquio, ove la Commissione, in accordo con gli ordini professionali o le associazioni di categoria, lo ritenga necessario.

[35]   Si ricorda che il conseguimento dell'abilitazione professionale è richiesto entro l'inizio del corso di formazione specifica in medicina generale (cfr. l'articolo 5 del D.M. 7 marzo 2006, come modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera a), del successivo D.M. 7 giugno 2017).

[36]   Si ricorda altresì che i medici iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale possono, fino al 31 dicembre 2021, partecipare all'assegnazione degli incarichi convenzionali di medicina generale, secondo la particolare disciplina di cui all'articolo 9 del D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 febbraio 2019, n. 12, e successive modificazioni (quest’ultima prevede, tra l’altro, che l’eventuale assegnazione a tali soggetti sia in ogni caso subordinata rispetto a quella dei medici in possesso del relativo diploma e agli altri medici aventi, a qualsiasi titolo, diritto all'inserimento nella graduatoria regionale).

[37]   Riguardo a tale monte ore, cfr. l’articolo 26, comma 1, del D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368, e successive modificazioni.

[38]   Si ricorda che il conseguimento dell'abilitazione professionale (entro la data di inizio delle attività didattiche) è richiesto per la frequenza di tutte le scuole di specializzazione in medicina e chirurgia, ai sensi dell'articolo 2, comma 433, della L. 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni. Per gli iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale, cfr. supra, in nota.

[39]   Cfr. l'articolo 19, comma 11, della L. 28 dicembre 2001, n. 448.

[40]    Parere sull’emendamento 1.1000 approvato il 1° aprile 2020.

[41]   Riguardo a tale monte ore, cfr. supra, in nota.

[42]   Si ricorda che i corsi summenzionati di formazione specifica in medicina generale sono organizzati dalle regioni o province autonome e non rientrano, quindi, nell’ambito di scuole universitarie di specializzazione.

[43]   Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421

[44]   Pari al valore della spesa consuntivata nell'anno 2011.

[45]   Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157.

[46]   A.S. n. 1746.

[47]   "Disciplina dell'autonomia finanziaria e contabile della Presidenza del Consiglio dei Ministri", pubblicato nella G.U. 7 dicembre 2010, n. 286. L'articolo 29, qui richiamato, non ha subito modifiche rispetto al testo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

[48]  Si ricorda che i "soggetti attuatori", in base all'ordinanza n. 630 del 3 febbraio 2020 del Capo del Dipartimento della protezione civile, sono quelli individuati - anche tra enti pubblici, economici e non economici, e soggetti privati - dal medesimo Capo del Dipartimento della protezione civile per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19.

[49]   Riguardo a questi ultimi, cfr. anche supra, in nota.

[50]   Si ricorda che la suddetta delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 ha dichiarato lo stato di emergenza per 6 mesi (a decorrere dalla medesima delibera).

[51]   Si ricorda che i "soggetti attuatori", in base all'ordinanza n. 630 del 3 febbraio 2020 del Capo del Dipartimento della protezione civile, sono individuati - anche tra enti pubblici, economici e non economici, e soggetti privati - dal medesimo Capo del Dipartimento della protezione civile per fronteggiare l’emergenza in oggetto.

[52]   Per le ipotesi ammesse di contratti di lavoro autonomo o di collaborazione, cfr. il comma 6 del citato articolo 7 del D.Lgs. n. 165, e successive modificazioni.

[53]   Legge di contabilità e finanza pubblica

[54]   Si ricorda che il decreto legge 6/2020 è stato abrogato dall’articolo 5, comma 1, lett. a) del decreto legge 19/2020, che al contempo, all’art. 2, comma 3, fa salvi gli effetti prodotti e gli atti adottati sulla base dei decreti e delle ordinanze emanati ai sensi del predetto decreto legge 6/2020, ovvero ai sensi delle ordinanze di cui all'art. 32 della legge 833/1978. Continuano inoltre ad applicarsi nei termini originariamente previsti le misure gia? adottate con i D.p.c.m. 8 marzo 2020, 9 marzo 2020, 11 marzo 220 e 22 marzo 2020 per come ancora vigenti alla data del 26 marzo (data di entrata in vigore del decreto legge 19/2020).

[55]    Data di entrata in vigore del medesimo D.L. n. 23.

[56]  L’uso compassionevole concerne i medicinali sottoposti a sperimentazione clinica, con riferimento all’impiego degli stessi al di fuori della sperimentazione. Cfr., in materia, il D.M. 7 settembre 2017.

[57]   La Carta Nazionale dei Servizi (CNS) è uno strumento di identificazione in rete che consente la fruizione dei servizi delle amministrazioni pubbliche. Si veda, al riguardo, la pagina internet dedicata alla CNS sul sito dell'Agenzia per l'Italia digitale - AgID.

[58]   Andrebbe specificato “per l’anno 2020”, tenuto conto che all’interno dei singoli articoli è sempre detto espressamente che ci si riferisce al 2020.

[59]  Entrambe le suddette misure rappresentano strumenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro, che intervengono in caso di sospensione, riduzione o cessazione dell’attività lavorativa.
Il trattamento ordinario di integrazione salariale - disciplinato dal D.Lgs. 148/2015) e pari all’80% della retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate - integra o sostituisce la retribuzione dei lavoratori a cui è stata sospesa o ridotta l'attività lavorativa per situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all'impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali e per situazioni temporanee di mercato. Si ricorda che il contributo addizionale previsto a carico delle imprese che presentano domanda di integrazione salariale ordinaria non è dovuto per gli interventi concessi per eventi oggettivamente non evitabili.
L’assegno ordinario, di importo almeno pari all'integrazione salariale, è la prestazione principale erogata dai Fondi di solidarietà (di cui agli artt. 26 e seguenti del medesimo D.Lgs. 148/2015) la cui istituzione è obbligatoria per tutti i settori non coperti dalla normativa in materia d’integrazione salariale, in relazione ai datori di lavoro che occupano mediamente più di cinque dipendenti. In base all’art. 30 del D.Lgs. 148/2015, le causali per la concessione dell’assegno da parte dei Fondi di solidarietà bilaterali sono quelle già menzionate per la concessione della CIGO, nonché quelle richieste per la concessione della CIGS, ossia riorganizzazione aziendale, crisi aziendale (ad esclusione dei casi di cessazione dell’attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa) e contratto di solidarietà.
L’assegno ordinario viene erogato anche dai Fondi di integrazione salariale – costituiti dai datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 dipendenti che non hanno costituito fondi di solidarietà bilaterali o fondi di solidarietà bilaterali alternativi - nel caso i datori di lavoro occupino mediamente più di 15 dipendenti per le stesse causali previste per la CIGO, ad esclusione delle intemperie stagionali, e per la CIGS, limitatamente alle causali per riorganizzazione e crisi aziendale.

[60]   Si ricorda che, ai fini del calcolo della durata massima complessiva per i trattamenti concessi per la causale contratto di solidarietà, la durata dei trattamenti viene computata nella misura della metà per la parte non eccedente i 24 mesi e per intero per la parte eccedente.

[61]   In base al richiamato art. 5 del D.Lgs. 148/2015, le imprese che presentano domanda di integrazione salariale versano un contributo addizionale, in misura pari al 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, relativamente ai periodi di integrazione salariale ordinaria o straordinaria fruiti all'interno di uno o più interventi concessi sino a un limite complessivo di 52 settimane in un quinquennio mobile; 12% da 53 a 104 settimane in un quinquennio mobile;15% oltre il limite di 104 settimane in un quinquennio mobile.
Per quanto concerne l’assegno ordinario, l’art. 29, c. 8, del medesimo decreto dispone che i datori di lavoro che usufruiscono delle prestazioni erogate dal Fondo di integrazione salariale per i casi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa sono tenuti a versare al Fondo un contributo addizionale pari al 4% della retribuzione persa. Fermo restando tale contributo, nei medesimi casi i datori di lavoro sono altresì tenuti al versamento di un contributo stabilito dai decreti istitutivi dei fondi di solidarietà (comunque non inferiore all’1,5% della retribuzione persa).

[62]   Nel dettaglio, in base al decreto richiamato, al Fondo bilaterale alternativo dell’artigianato andrà il 75% delle risorse assegnate (ossia 60 mln di euro), mentre al Fondo per la formazione dei lavoratori in somministrazione FORMATEMP il restante 25% (pari a 20 mln di euro).

[63]   In base a quanto disposto dal richiamato art. 40, sono stati adottati i decreti ministeriali  1º giugno 2016, n. 96077 e 9 agosto 2019 (istitutivi del Fondo territoriale intersettoriale della Provincia autonoma di Trento) e il D.M. 20 dicembre 2016, n. 98187 (istitutivo del  Fondo di solidarietà bilaterale della Provincia autonoma di Bolzano-Alto Adige).

[64]   Si ricorda che, ai fini del calcolo della durata massima complessiva per i trattamenti concessi per la causale contratto di solidarietà, la durata dei trattamenti viene computata nella misura della metà per la parte non eccedente i 24 mesi e per intero per la parte eccedente.

[65]   In base al richiamato art. 5 del D.Lgs. 148/2015, le imprese che presentano domanda di integrazione salariale versano un contributo addizionale, in misura pari al 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, relativamente ai periodi di integrazione salariale ordinaria o straordinaria fruiti all'interno di uno o più interventi concessi sino a un limite complessivo di 52 settimane in un quinquennio mobile; 12% da 53 a 104 settimane in un quinquennio mobile;15% oltre il limite di 104 settimane in un quinquennio mobile.

[66]   In base ai richiamati artt. 24 e 25, l’impresa che intende richiedere il trattamento di CIGS deve preventivamente informare le rappresentanze sindacali con le quali si avvia, entro tre giorni dalla predetta comunicazione, l’esame congiunto da cui prende le mosse la consultazione sindacale, che si esaurisce entro i 25 giorni successivi alla richiesta di esame congiunto (10 per le imprese che occupano fino a 50 dipendenti). a domanda di concessione di trattamento straordinario di integrazione salariale è presentata entro sette giorni dalla data di conclusione della procedura di consultazione sindacale o dalla data di stipula dell'accordo collettivo aziendale relativo al ricorso all'intervento.

[67]   Si ricorda che, ai fini del calcolo della durata massima complessiva per i trattamenti concessi per la causale contratto di solidarietà, la durata dei trattamenti viene computata nella misura della metà per la parte non eccedente i 24 mesi e per intero per la parte eccedente.

[68]   Il richiamato art.  29, c. 8, dispone che i datori di lavoro che usufruiscono delle prestazioni erogate dal Fondo di integrazione salariale per i casi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa sono tenuti a versare al Fondo un contributo addizionale pari al 4% della retribuzione persa. Fermo restando tale contributo, nei medesimi casi i datori di lavoro sono altresì tenuti al versamento di un contributo stabilito dai decreti istitutivi dei fondi di solidarietà (comunque non inferiore all’1,5% della retribuzione persa).

[69]   I datori di lavoro sono tenuti ad inviare all'INPS tutti i dati necessari per il pagamento diretto dell'integrazione salariale, secondo la disciplina richiamata dal presente comma 6. Trascorso inutilmente il termine posto per tale invio, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.

[70]   Comuni menzionati nell'allegato 1 del D.P.C.M. 1° marzo 2020 (quest'ultimo decreto è oggetto di un comunicato di rettifica, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 2 marzo 2020).

[71]   A.S. n. 1746.

[72]   Si ricorda che in tale gestione sono iscritti i lavoratori autonomi e i soggetti titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che non sono iscritti ad altri regimi pensionistici obbligatori (gestiti dall’INPS o da altri enti pubblici o privati).

[73]   Ai sensi del richiamato art. 32 del Testo unico a sostegno della maternità e della paternità, per ogni figlio fino a 12 anni, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro per un periodo che, complessivamente, non può eccedere il limite di 10 mesi. In generale, il diritto di astenersi dal lavoro compete: alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi; al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, elevabile a sette nel caso lo stesso eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi; qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a dieci mesi. In base al successivo art. 33, per ogni minore con handicap fino a 12 anni, il predetto congedo parentale può essere prolungato, ricorrendo determinate condizioni, per un periodo non superiore a tre anni. Per i periodi di congedo parentale è riconosciuta, fino al sesto anno di vita del bambino, un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi.

[74]   Sul punto, la circolare INPS 44/2020 specifica che l’ampliamento deve intendersi riferito ai casi di adozione, nazionale e internazionale, per i quali l’ingresso del minore in famiglia sia verificato alla data del 5 marzo 2020, sia ai casi di affidamento preadottivo con sentenza o provvedimento del giudice.

[75]   Ai sensi del richiamato art. 54-bis, le persone fisiche (non nell'esercizio dell'attività professionale o d'impresa) possono ricorrere a prestazioni di lavoro occasionale utilizzando il Libretto di Famiglia, cioè un apposito libretto nominativo prefinanziato, acquistabile presso l'INPS o gli uffici postali, e utilizzabile per il pagamento delle prestazioni occasionali rese nell'ambito di:     piccoli lavori domestici (inclusi lavori di giardinaggio, di pulizia o di manutenzione);     assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con disabilità;     insegnamento privato supplementare; attività degli assistenti di stadio. Ogni Libretto Famiglia contiene titoli di pagamento con valore nominale di 10 euro per prestazioni non superiori ad un'ora; di tale somma 1,65 euro e 0,25 euro sono a carico dell'utilizzatore, rispettivamente per la contribuzione alla Gestione separata e per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro; 0,10 euro sono invece destinati al finanziamento degli oneri gestionali; gli utilizzatori, devono comunicare con specifiche modalità entro il terzo giorno del mese successivo alla prestazione tutti i dati relativi al prestatore e alla prestazione.

[76]   Si ricorda che l’articolo 5 del citato D.L. n. 19 dispone l’abrogazione di molte norme del suddetto D.L. n. 6, tra cui quelle dell’articolo 1.

[77]   Riguardo al richiamo normativo, contenuto nella presente disposizione e relativo al ricovero ospedaliero, cfr. la scheda di lettura del successivo articolo 87.

[78]   Secondo quest’ultimo comma, è "persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione".

[79]   Si ricorda che in tale Gestione (di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335) sono iscritti (tra gli altri) i lavoratori autonomi ed i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che non rientrino in altri regimi pensionistici obbligatori di base (facenti capo ad altre gestioni dell’INPS o ad altri enti, pubblici o privati).     

[80]   Per la disciplina del Reddito di cittadinanza, cfr. il Capo I del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26, e successive modificazioni.

[81]   Riguardo agli iscritti alla Fondazione Enasarco, cfr. anche il seguito della presente scheda, sub l’articolo 28.

[82]   Cfr., al riguardo, il paragrafo 2 della circolare INPS n. 49 del 30 marzo 2020.

[83]   Fondo gestito dall’INPS.

[84]   Si ricorda che, per i trattamenti in oggetto, il termine del 31 marzo è previsto dall’articolo 7, comma 4, del D.L. 9 ottobre 1989 n. 338, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 dicembre 1989, n. 389, con riferimento agli eventi di disoccupazione verificati nell’anno precedente.

[85]   Cfr. l'articolo 8 della L. 12 marzo 1968, n. 334.

[86]   fr., in particolare, il paragrafo 8 della circolare.

[87]   La NASpI è una indennità mensile di disoccupazione, corrisposta per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni, destinata ai lavoratori dipendenti che hanno perduto involontariamente la propria occupazione (con esclusione dei dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni e degli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato) e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti: siano in stato di disoccupazione; possano far valere, nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione; possano far valere trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l'inizio del periodo di disoccupazione.

[88]   La DIS-COLL è l’indennità mensile di disoccupazione, corrisposta per un numero di mesi pari alla metà dei mesi di contribuzione accreditati nel periodo che va dal primo gennaio dell'anno solare precedente l'evento di cessazione del lavoro al predetto evento, per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, non pensionati e privi di partita IVA, che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti: siano in stato di disoccupazione; possano far valere almeno un mese di contribuzione nel periodo che va dal primo gennaio dell'anno solare precedente l'evento di cessazione dal lavoro al predetto evento; possano far valere, nell'anno solare in cui si verifica l'evento di cessazione dal lavoro, un mese di contribuzione oppure un rapporto di collaborazione di cui al comma 1 di durata pari almeno ad un mese e che abbia dato luogo a un reddito almeno pari alla metà dell'importo che dà diritto all'accredito di un mese di contribuzione.

[89]   Rubrica così sostituita dal Senato.

[90]   Le modifiche riproducono, con i necessari adattamenti normativi, l’art. 5 del d.l. 9/2020.

[91]   Si ricorda che, ai sensi dell’art. 3, c. 3, della L. 104/1992, la disabilità assume il carattere di gravità qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione.

[92]   Riguardo alla suddetta revisione, cfr. l’articolo 83 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124.

[93]   D.M. concernente le nuove tariffe dei premi delle "gestioni Industria, Artigianato, Terziario e Altre Attività".

[94]   Recante “Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali -  pubblicato nella G.U. n. 94 dell’8 aprile 2020

[95]   Testo della rubrica come risultante a seguito della modifica apportata al Senato

[96]   I servizi educativi per l'infanzia e le scuole dell'infanzia statali e paritarie di cui all'art. 2 del D.  Lgs.65/2017.Tra i servizi educativi per l’infanzia rientrano i nidi e i micronidi, le sezioni primavera, i servizi integrativi per le famiglie (spazi gioco e centri per bambini e famiglie), i servizi educativi in contesto domiciliare, mentre le scuole per l’infanzia operano in continuità con i servizi educativi per l'infanzia e con il primo ciclo di istruzione o scuola primaria.

[97]   I provvedimenti emergenziali contenuti nel D.P.C.M. 1 marzo 2020 hanno cessato di efficacia, a decorrere dall'8 marzo 2020, in virtù dell’adozione di nuovi provvedimenti emergenziali. Per una ricostruzione degli interventi emergenziali si rinvia al paragrafo su “Il primo decreto-legge per fronteggiare l'emergenza da Covid e le prime misure in materia di attività economiche” del tema dell’attività parlamentare sugli “Interventi limitativi dell'esercizio delle attività produttive per fronteggiare l'emergenza Coronavirus”.

[98]   La legge n.10 del 2011 all’art.1 comma 6-sexies ha unificato nel Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura i preesistenti Fondi: il Fondo di solidarietà alle vittime delle richieste estorsive e dell’usura, istituito con D.P.R. 455/99, con cui è stata attuata l’unificazione dei preesistenti Fondo di Solidarietà per le vittime dell’usura e Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive, disciplinati rispettivamente dalle leggi 108/96 e 44/99; e il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell’usura e dei reati intenzionali violenti, istituito con legge n. 512/99. Con l’art. 14 della legge 122/2016 il Fondo è stato destinato anche all’indennizzo delle vittime dei reati intenzionali violenti. Da ultimo il Fondo è stato ridenominato dall'art. 11, comma 4, della legge 11 gennaio 2018, n. 4 "Fondo di rotazione  per  la  solidarietà  alle vittime  di  reati  di  tipo  mafioso,  delle  richieste   estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nonché' agli orfani  per crimini  domestici".

[99]   Di cui all’articolo 106 del decreto legislativo n. 385 del 1993 (TUB).

[100] Il Fondo di garanzia per le Piccole e medie imprese (PMI) è stato istituito nel 1996 al fine di favorire l'accesso al credito attraverso la concessione di garanzie sui prestiti bancari (articolo 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662 del 1996).

[101] Le percentuali di copertura e l'importo massimo garantito a valere sul Fondo sono, di norma, fissate in relazione alla tipologia dei beneficiari e alla tipologia e durata delle operazioni finanziarie. Durante le fasi istruttorie per la concessione dell'intervento, le disposizioni operative recano specifici criteri, adottando un modello di valutazione (modello di rating) in base al quale le percentuali di copertura siano accordate anche in base alla rischiosità dell'impresa beneficiaria finale.

[102] Il Fondo si avvale di un conto di tesoreria (22044) sul quale risultano, al 31 dicembre 2017, giacenti risorse per circa 367 milioni e di altri conti correnti sui quali sono giacenti alla medesima data circa 45 milioni. Le disponibilità di tesoreria sono depositate sul conto n. 22044 che accoglie anche le somme depositate a valere sulla quota di Fondo crescita sostenibile.

[103] Il D.L. n. 112 del 2008 ha abrogato la legge n. 394 del 1981 (ad eccezione dell’art. 2, commi 1 e 4 e di altri articoli) modificando l’ambito di operatività del Fondo.