Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 - Volume I
Serie: Progetti di legge   Numero: 284/Volume I
Data: 20/03/2020
Organi della Camera: V Bilancio

Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale       e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19

 

D.L. 18/2020 - A.S. 1766

 

 

20 marzo 2020

 

 

 

Volume I - Articoli da 1 a 48

Edizione provvisoria

 

 

 


 

 

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Progetti di legge n. 284 Vol. I

 

 

 

 

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I N D I C E

 

Schede di lettura. 7

Titolo I Misure di potenziamento del Sistema sanitario nazionale

Articolo 1 (Finanziamento aggiuntivo per incentivi in favore del personale dipendente del Servizio sanitario nazionale e per incarichi di lavoro autonomo a personale sanitario)  9

Articolo 2 (Potenziamento delle risorse umane del Ministero della salute). 14

Articolo 3 (Potenziamento delle reti di assistenza territoriale) 15

Articolo 4 (Aree sanitarie temporanee). 20

Articolo 5 (Incentivi per la produzione e la fornitura di dispositivi medici). 22

Articolo 6 (Requisizioni in uso o in proprietà). 25

Articolo 7 (Arruolamento temporaneo di medici ed infermieri militari). 30

Articolo 8 (Assunzione urgente di funzionari tecnici per la biologia la chimica e la fisica presso le strutture sanitarie militari) 34

Articolo 9 (Potenziamento delle strutture della sanità militare). 36

Articolo 10 (Potenziamento delle risorse umane dell’INAIL). 38

Articolo 11 (Disposizioni urgenti per assicurare continuità alle attivita? assistenziali e di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità). 39

Articolo 12 (Misure straordinarie per la permanenza in servizio del personale sanitario)  41

Articolo 13 (Deroga alle norme in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie). 44

Articolo 14 (Ulteriori disposizioni in materia di sorveglianza sanitaria) 46

Articolo 15 (Disposizioni straordinarie per l’autorizzazione alla produzione di mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale) 48

Articolo 16 (Ulteriori misure di protezione in favore dei lavoratori e della collettività)  51

Articolo 17 (Disposizioni urgenti materia di sperimentazione dei medicinali e dei dispositivi medici per l'emergenza epidemiologica da COVID-19). 53

Articolo 18 (Rifinanziamento fondi). 55

 

Titolo II Misure a sostegno del lavoro

Capo I Estensione delle misure speciali in tema di ammortizzatori sociali per tutto il territorio nazionale. 58

Articolo 19 (Norme speciali in materia di trattamento ordinario di integrazione salariale e assegno ordinario) 58

Articolo 20 (Trattamento ordinario di integrazione salariale per le aziende già in Cassa integrazione straordinaria). 62

Articolo 21 (Trattamento di assegno ordinario per i datori di lavoro che hanno trattamenti di assegni di solidarietà in corso). 64

Articolo 22 (Trattamenti di integrazione salariale in deroga). 65

Capo II Norme speciali in materia di riduzione dell'orario di lavoro e di sostegno ai lavoratori

Articoli 23 e 25 (Congedi parentali per lavoratori dipendenti pubblici e privati, autonomi, iscritti alla Gestione separata e del settore sanitario e permessi per i sindaci). 67

Articolo 24 (Estensione della durata dei permessi retribuiti per assistenza familiari disabili)  71

Articolo 26 (Misure urgenti per la tutela del periodo di sorveglianza attiva dei lavoratori)  72

Articoli da 27 a 31 e 38  (Indennità per alcune categorie di lavoratori). 75

Articolo 32 (Proroga del termine di presentazione delle domande di disoccupazione agricola nell’anno 2020). 77

Articolo 33 (Proroga dei termini in materia di domande di disoccupazione NASpI e DIS-COLL)  78

Articolo 34 (Sospensione termini in materia previdenziale e assistenziale). 80

Articolo 35 (Disposizioni in materia di terzo settore). 81

Articolo 36 (Deroghe in favore degli istituti di patronato e di assistenza sociale). 83

Articolo 37 (Sospensione termini di pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria). 85

Articolo 39 (Svolgimento lavoro agile in caso di disabilità). 86

Articolo 40 (Sospensione delle misure di condizionalità). 87

Articolo 41 (Sospensione dell’attività dei Comitati centrali e periferici dell’Inps e dei decreti di loro costituzione e ricostituzione). 89

Articolo 42 (Disposizioni in materia di prestazioni dell’INAIL). 91

Articolo 43 (Contributi alle imprese per la sicurezza e potenziamento dei presìdi sanitari)  92

Articolo 44 (Istituzione del Fondo per il reddito di ultima istanza). 93

Articolo 45 (Disposizioni in materia di personale addetto ai lavori necessari al ripristino del servizio elettrico). 94

Articolo 46 (Sospensione delle procedure di  impugnazione dei licenziamenti). 95

Articolo 47 (Strutture per le persone con disabilità e misure compensative di sostegno anche domiciliare). 97

Articolo 48 (Prestazioni individuali domiciliari). 100

 


Schede di lettura


Titolo I
Misure di potenziamento del Sistema sanitario nazionale


 

 

Articolo 1
(Finanziamento aggiuntivo per incentivi in favore del personale dipendente del Servizio sanitario nazionale e per incarichi di lavoro autonomo a personale sanitario)

 

I commi 1 e 2 prevedono un incremento per il 2020, a valere sul finanziamento sanitario corrente, delle risorse del "fondo per la retribuzione delle condizioni di lavoro" della dirigenza medica e sanitaria[1] e del "fondo condizioni di lavoro e incarichi" del personale del comparto sanità[2]. L’incremento è complessivamente pari a 250 milioni di euro ed è inteso ad elevare le risorse destinate alla remunerazione delle prestazioni di lavoro straordinario del personale sanitario (dipendente dagli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale) direttamente impiegato nelle attività di contrasto alla emergenza epidemiologica determinata dal diffondersi del virus COVID-19.

Il comma 3 dispone un incremento, pari a 100 milioni di euro, della quota del finanziamento sanitario corrente per il 2020 che può essere destinata al conferimento, da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, di incarichi di lavoro autonomo (anche di collaborazione coordinata e continuativa) ad iscritti agli albi delle professioni sanitarie, ivi compresi i medici, e di incarichi di lavoro autonomo a personale medico ed infermieristico collocato in quiescenza.

 

L’incremento di cui ai commi 1 e 2 è suddiviso per ciascuna regione o provincia autonoma secondo gli importi indicati nella Tabella A allegata al presente decreto, importi definiti sulla base delle quote d'accesso al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevate per l'anno 2019. L’incremento medesimo è disposto a valere sul finanziamento sanitario corrente per l’anno 2020 ed è attribuito in deroga ai limiti relativi al livello delle risorse per i trattamenti economici accessori dei pubblici dipendenti.

 

Tale limite, in via generale[3], è costituito, per ciascuna delle amministrazioni pubbliche[4], dall'ammontare complessivo delle risorse per i medesimi trattamenti economici accessori determinate per l'anno 2016; per l’intero personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario (della regione), il limite è adeguato, in aumento o in diminuzione, per garantire l'invarianza del valore medio pro capite, riferito all'anno 2018, prendendo a riferimento come base di calcolo il personale in servizio al 31 dicembre 2018[5].

 

Il comma 3 dispone un incremento, pari a 100 milioni di euro, della quota del finanziamento sanitario corrente per il 2020 che può essere destinata al conferimento, da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, di incarichi di lavoro autonomo (anche di collaborazione coordinata e continuativa) ad iscritti agli albi delle professioni sanitarie, ivi compresi i medici, e di incarichi di lavoro autonomo a personale medico ed infermieristico collocato in quiescenza. L’incremento è suddiviso per ciascuna regione o provincia autonoma secondo gli importi indicati nella Tabella A allegata al presente decreto, importi definiti sulla base delle quote d'accesso al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevate per l'anno 2019.

Si segnala che il riferimento a tali incarichi non è presente nella rubrica del presente articolo 1.

Le risorse di cui al comma 3 sono aggiuntive rispetto a quelle che possono essere destinate (tra le altre finalità) ai medesimi incarichi e che sono stabilite per ciascuna regione (o provincia autonoma) con il decreto direttoriale 10 marzo 2020 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 66 del 13 marzo 2020), ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera a), e commi da 2 a 6, e dell’articolo 17 del D.L. 9 marzo 2020, n. 14, attualmente in fase di conversione alle Camere.

Il conferimento degli incarichi in oggetto è disciplinato dal suddetto articolo 1, comma 1, lettera a), e commi da 2 a 6, del D.L. n. 14.

 

In particolare, il comma 1, lettera a), ed i commi da 2 a 5 dell’articolo 1 del D.L. n. 14 consentono il conferimento, da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, di incarichi di lavoro autonomo - anche di collaborazione coordinata e continuativa - a soggetti iscritti agli albi delle professioni sanitarie. Gli incarichi in oggetto sono di durata non superiore a sei mesi, prorogabili, nell'ambito dell'anno 2020, in ragione dell'eventuale perdurare dello stato di emergenza (si ricorda che la delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 ha dichiarato lo stato di emergenza per 6 mesi, a decorrere dalla medesima delibera).

Il conferimento è ammesso in deroga alle norme di cui all'articolo 7 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, e all'articolo 6 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni, concernenti, rispettivamente: il divieto, per le pubbliche amministrazioni, di stipulazione di contratti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro[6]; i limiti, con riferimento alle pubbliche amministrazioni e agli altri soggetti ivi individuati, del livello della spesa per emolumenti o gettoni o altre utilità, comunque denominate, per i titolari di incarichi di qualsiasi tipo[7]. Il conferimento è altresì ammesso in deroga, se necessario, ai vincoli previsti dalla legislazione vigente in materia di spesa per il personale[8], nei limiti delle risorse complessivamente indicate per ciascuna regione (o provincia autonoma) con il decreto direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze di cui al successivo articolo 17 (in base a quest’ultimo, è stato emanato il decreto direttoriale 10 marzo 2020, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 66 del 13 marzo 2020).

Il conferimento può riguardare i soggetti iscritti agli albi professionali degli ordini[9]: dei medici-chirurghi e degli odontoiatri; dei veterinari; dei farmacisti; dei biologi; dei fisici e dei chimici; delle professioni infermieristiche; della professione di ostetrica; dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione; degli psicologi.

In tale ambito, i commi 3 e 4 concernono specificamente i medici e la lettera a) del comma 1 reca disposizioni particolari per i medici in formazione specialistica, mentre i commi 2 e 5 stabiliscono disposizioni comuni.

In particolare, il comma 3 specifica che gli incarichi possono essere conferiti anche ai laureati in medicina e chirurgia, abilitati all’esercizio della professione medica e iscritti agli ordini professionali.

Il comma 4 prevede che le disposizioni di cui al comma 3 si applichino anche ai laureati in medicina e chirurgia, pur se privi della cittadinanza italiana, abilitati all’esercizio della professione medica secondo i rispettivi ordinamenti di appartenenza, previo riconoscimento del titolo.

Riguardo ai medici in formazione specialistica[10], il comma 1, lettera a), fa riferimento, per gli incarichi in oggetto, a quelli iscritti all'ultimo o penultimo anno dei relativi corsi di specializzazione.

Il comma 1, lettera a), specifica altresì che: i medici in formazione specialistica restano iscritti alla scuola di specializzazione universitaria e  continuano a percepire il trattamento economico previsto dal contratto di formazione medico-specialistica, integrato dagli emolumenti corrisposti per l’attività lavorativa svolta; il periodo di attività, svolto dai suddetti medici durante lo stato di emergenza in oggetto, è riconosciuto ai fini del ciclo di studi che conduce al conseguimento del diploma di specializzazione; le università, ferma restando la durata legale del corso, assicurano il recupero delle attività formative, teoriche ed assistenziali necessarie al raggiungimento degli obiettivi formativi previsti.

Il comma 2 prevede, in primo luogo, che i contratti di lavoro autonomo stipulati in assenza dei presupposti di cui al comma 1 siano nulli di diritto.

In secondo luogo, il comma 2 dispone che le attività di lavoro autonomo prestate, ai sensi del presente articolo, nell'ambito del suddetto stato di emergenza, siano computate ai fini del requisito di anzianità posto dalla disciplina transitoria - relativa a possibili procedure concorsuali riservate per l'accesso all'impiego in pubbliche amministrazioni - di cui all'articolo 20, commi 2, 11 e 11-bis, del D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75, e successive modificazioni.

Il comma 5 fa salvi gli incarichi di cui al comma 1, lettera a), già conferiti, per le medesime finalità, dagli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale sino alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, fermi restando il limite massimo di durata stabilito dalla suddetta lettera a) e le previsioni di cui al comma 2.

Il comma 6 consente, in via transitoria, il ricorso alla stipulazione, nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, di contratti di lavoro autonomo con personale medico ed infermieristico collocato in quiescenza (la possibilità è ammessa anche qualora il soggetto non sia iscritto, in conseguenza del collocamento a riposo, al relativo albo professionale).

La fattispecie è stabilita in deroga alle norme che, per le pubbliche amministrazioni, limitano le possibilità sia di ricorso a tale tipo di contratti sia di conferimento di incarichi a soggetti già titolari di un trattamento di quiescenza.

Gli incarichi di lavoro autonomo oggetto delle deroghe in esame non possono avere una durata superiore a sei mesi. Il comma 6 fa anche riferimento al limite temporale costituito dal termine dello stato di emergenza (come già accennato, il termine attuale dello stato di emergenza, in base alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, è stabilito al 31 luglio 2020). Sembrerebbe opportuno chiarire se quest'ultimo limite sia posto con riferimento alla durata dell'incarico o al conferimento del medesimo - per il conferimento, la parte precedente del medesimo comma 6 pone il termine del 31 luglio 2020 -.

Le deroghe sono poste al fine di far fronte alle esigenze straordinarie e urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19 e di garantire i livelli essenziali di assistenza e sono ammesse previa verifica dell’impossibilità di assumere personale, anche facendo ricorso agli idonei in graduatorie in vigore.

Le deroghe summenzionate concernono le norme di cui all'articolo 5, comma 9, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni, e all'articolo 7 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, concernenti, rispettivamente: il divieto di conferimento, da parte delle pubbliche amministrazioni e degli altri soggetti ivi individuati, di alcuni incarichi - tra cui quelli di consulenza - a soggetti già lavoratori pubblici e privati collocati in quiescenza[11]; il divieto, per le pubbliche amministrazioni, di stipulazione di contratti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro[12].

Gli incarichi di cui al presente comma 6 possono essere conferiti, se necessario, anche in deroga ai vincoli previsti dalla legislazione vigente in materia di spesa per il personale[13], nei limiti delle risorse complessivamente indicate per ciascuna regione (o provincia autonoma) con il decreto direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze di cui al successivo articolo 17 (in base a quest’ultimo, è stato emanato il decreto direttoriale 10 marzo 2020, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 66 del 13 marzo 2020).

Per i compensi relativi ai suddetti incarichi, non si applicano le limitazioni[14] per il cumulo tra reddito da lavoro e trattamento pensionistico liquidato in base alla cosiddetta quota 100.

 


Articolo 2
(Potenziamento delle risorse umane del Ministero della salute)

 

L’articolo 2 consente al Ministero della salute di assumere con contratto di lavoro a tempo determinato, di durata non superiore a tre anni, 40 unità di dirigenti sanitari medici, 18 unità di dirigenti sanitari veterinari e 29 unità di personale non dirigenziale con il profilo professionale di tecnico della prevenzione, utilizzando graduatorie proprie o approvate da altre amministrazioni per concorsi pubblici (anche relativi ad assunzioni a tempo indeterminato). Le unità in esame sono destinate agli uffici periferici.

 

La previsione è intesa esplicitamente a soddisfare la necessità di potenziare le attività di vigilanza, di controllo igienico-sanitario e di profilassi svolte presso i principali porti e aeroporti, necessità derivante anche dalla diffusione del virus COVID-19.

Riguardo al summenzionato personale non dirigenziale, esso viene inquadrato nella Terza area[15], posizione economica F1, del comparto funzioni centrali.

Per le assunzioni in esame, si autorizza una spesa pari a 5.092.994 euro per il 2020, 6.790.659 euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 e 1.697.665 euro per il 2023.

Ai relativi oneri si provvede:

-         mediante riduzione, nella misura di 2.345.000 euro per il 2020, 5.369.000 euro per il 2021, 2.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, dell’accantonamento relativo al Ministero della salute del fondo speciale di parte corrente (fondo destinato alla copertura degli oneri derivanti dai provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel triennio di riferimento). Si segnala che la misura della riduzione per il 2023 è superiore all’importo della spesa da coprire;

-         quanto a 2.747.994 euro per il 2020, a 1.421.659 euro per il 2021 e a 4.790.659 euro per il 2022, mediante corrispondente utilizzo del fondo di parte corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero della salute ai sensi dell'articolo 34-ter, comma 5, della L. 31 dicembre 2009, n. 196 (fondo derivante dall’eventuale reiscrizione, in tutto o in parte, con la legge di bilancio, delle risorse corrispondenti ai residui passivi perenti eliminati).


Articolo 3
(Potenziamento delle reti di assistenza territoriale)

 

 

L’articolo 3 disciplina alcune misure dirette al potenziamento delle reti di assistenza territoriale per far fronte alla situazione di emergenza dovuta alla diffusione del COVID-19.

 

Il comma 1 prevede che le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano e le aziende sanitarie possono stipulare accordi contrattuali  (ai sensi dell’articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502[16]), per l’acquisto di ulteriori prestazioni sanitarie, in deroga al limite di spesa previsto[17] per tali accordi dall’articolo 45, comma 1-ter, del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124[18] (c.d. decreto fiscale), in presenza di alcuni presupposti:

 

§  la situazione di emergenza dovuta alla diffusione del COVID-19 richieda l’attuazione nel territorio regionale e provinciale del piano, adottato in attuazione della circolare del Ministero della salute del 1° marzo 2020 (prot. GAB 2627), al fine di incrementare la dotazione dei posti letto in terapia intensiva e nelle unità operative di pneumologia e di malattie infettive, isolati e allestiti con la dotazione necessaria per il supporto ventilatorio e in conformità alle indicazioni fornite dal Ministro della salute con circolare del 29 febbraio 2020 (prot. GAB 2619);

§  la circostanza che dal piano sopracitato emerga l’impossibilità di perseguire gli obiettivi di potenziamento dell’assistenza nelle strutture pubbliche e in quelle private accreditate mediante le prestazioni acquistate con i contratti in essere alla data del decreto in esame.

 

La citata circolare del 1° marzo prevede, tra l’altro, che, alla luce di quanto verificatosi negli ospedali della regione Lombardia, nel minor tempo possibile, in strutture pubbliche e in strutture private accreditate

-       sia attivato un modello di cooperazione interregionale coordinato a livello nazionale;

-       sia attivato a livello regionale un incremento della disponibilità dei posti letto come segue:

del 50% del numero di posti letto in terapia intensiva e del 100% del numero di posti letto in unità operative di pneumologia e in unità operative di malattie infettive, isolati ed allestiti con la dotazione necessaria per il supporto ventilatorio, inclusa la respirazione assistita.

L’attivazione dei posti letto dovrà garantire il controllo delle infezioni attraverso la rimodulazione locale dell’attività ospedaliera. Viene poi prevista una redistribuzione del personale prevedendo un percorso formativo rapido qualificante per il supporto respiratorio per infermieri e medici, e viene valutato prioritariamente l’utilizzo delle strutture private accreditate per ridurre la pressione sulle strutture pubbliche. 

La circolare del 29 febbraio detta invece le linee di indirizzo assistenziali del paziente critico affetto da COVID-19, prevedendo che le regioni predispongano un piano di emergenza per garantire idonei livelli di trattamento, individuando prioritariamente una o più strutture da dedicare alla gestione esclusiva del paziente affetto da COVID-19 e rispettando alcune condizioni espressamente previste. 

 

In deroga alle disposizioni di cui al citato articolo 8-quinquies del D.Lgs. 502/1992, qualora non sia possibile perseguire gli obiettivi di cui al comma 1 mediante le citate forme contrattuali, le regioni, le province autonome e le aziende sanitarie sono autorizzate (comma 2) a stipulare al medesimo fine contratti con strutture private non accreditate purché autorizzate ai sensi dell’articolo 8-ter del medesimo D.Lgs. 502/1992.

 

Autorizzazione, accreditamento, accordi

L’autorizzazione ha lo scopo di consentire l’esercizio dell’attività sanitaria, e ogni soggetto (pubblico e privato) che opera all’interno del Ssn deve essere autorizzato ai sensi dell’articolo 8-ter del D.Lgs. 502/92. L’autorizzazione deve essere richiesta alla Regione presso la quale si ha intenzione di iniziare l'attività, per tutte le strutture, sia pubbliche che private, che erogano prestazioni in regime di ricovero, in regime ambulatoriale, in regime residenziale e per gli studi odontoiatrici/medici o di altre professioni sanitarie, compresi quelli infermieristici.

Quanto ai requisiti per l’autorizzazione la scelta è demandata alla singola Regione, che ne sancisce i criteri di inclusione, e devono comprendere requisiti minimi strutturali, tecnologici e organizzativi. In ultimo, sul rilascio dell’autorizzazione da parte della Regione influisce anche l’attività di verifica del Comune all’interno del quale la struttura risiederà.

Passaggio successivo all’autorizzazione è l’accreditamento con il Ssn, obbligatorio solo per quelle strutture che vogliano operare in convenzione con la sanità pubblica: infatti se si vogliono erogare prestazioni in regime privato il percorso si ferma alla sola autorizzazione. L'accreditamento può essere concesso subordinatamente alla rispondenza con la programmazione sanitaria regionale e ad ulteriori requisiti di qualificazione stabiliti dalla Regione sulla base dell’articolo 8-quater del D.Lgs. 502/1992, dopo aver ascoltato i pareri di Agenas e del Consiglio Superiore della Sanità. Attraverso l’accreditamento la struttura può operare in nome e per conto del Ssn, adoperando le stesse tariffe e percependo quindi quota parte del finanziamento sanitario regionale. L’accreditamento è seguito da un contratto, che tiene conto della programmazione e da un controllo periodico delle prestazioni erogate adoperato dalla Regione. L’accreditamento a seguito di verifica può anche essere revocato qualora la struttura non soddisfi più i requisiti qualitativi che ne abbiano determinato la concessione.

Dal momento che l’accreditamento attribuisce la qualifica potenziale di gestore del servizio pubblico, occorrerà che le parti stipulino appositi accordi contrattuali che regolamentino il rapporto tra i due soggetti (pubblico e privato). L’accordo contrattuale rappresenta quindi un contratto di disciplina pubblicistica che lega la struttura privata alla pubblica amministrazione. In sostanza, il procedimento di accreditamento per conferire agli interessati il diritto ad esercitare l’attività in regime di convenzione consiste di due atti: il primo unilaterale emesso dalla pubblica amministrazione che conferisce lo stesso diritto alla struttura, e il secondo che rende operativo il primo, legandosi ad esso mediante l’accordo tra le parti. Le Regioni devono definire l’ambito di applicazione degli accordi nonché individuare i soggetti interessati, individuando le responsabilità della Regione e della Asl nella stipula degli accordi, nella formulazione dei programmi di attività, e nella determinazione della remunerazione.

Gli accordi sono disciplinati dal citato articolo 8-quinquies del D.Lgs. 502/1992 che prevede che la regione e le unità sanitarie locali, anche attraverso valutazioni comparative della qualità e dei costi, definiscono accordi con le strutture pubbliche ed equiparate, comprese le aziende ospedaliero-universitarie, e stipulano contratti con quelle private e con i professionisti accreditati, anche mediante intese con le loro organizzazioni rappresentative a livello regionale, che indicano una serie di aspetti, tra i quali, gli obiettivi di salute, il volume massimo di prestazioni da assicurare, i requisiti del servizio da rendere, il corrispettivo preventivato a fronte delle attività concordate.

 

In presenza dei presupposti indicati dal comma 1 dell’articolo in esame gli accordi possono essere stipulati anche in deroga al limite di spesa di cui all’articolo 45, comma 1-ter, del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124, pari al valore della spesa consuntivata nell'anno 2011, fermo restando il rispetto dell'equilibrio economico e finanziario del Servizio sanitario regionale

 

Il comma 3 prevede che, al fine di fronteggiare l’eccezionale carenza di personale medico e delle professioni sanitarie, in conseguenza dell’emergenza dovuta alla diffusione del COVID-19, in quanto ricoverato o in stato contumaciale a causa dell’infezione da COVID-19, le strutture private, accreditate e non, su richiesta delle regioni o delle province autonome di Trento e Bolzano o delle aziende sanitarie, mettono a disposizione il personale sanitario in servizio nonché i locali e le apparecchiature presenti nelle suddette strutture.

 

A tale proposito va ricordato che l’articolo 7 del D.L. 14/2020 (A.C. 2428) non rende applicabile la misura della quarantena con sorveglianza attiva agli operatori sanitari e a quelli dei servizi pubblici essenziali che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva. Gli stessi operatori sono in ogni caso tenuti a sospendere l’attività nel caso di sintomatologia respiratoria o esito positivo per Covid-19.

La misura della quarantena con sorveglianza attiva, definita dall’Ordinanza del Ministero della salute 21 febbraio 2020, si applica agli individui che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva COVID-19 o a coloro che sono transitati nelle aree a rischio negli ultimi 14 giorni. Tale circostanza deve essere comunicata al   Dipartimento di   prevenzione dell'azienda sanitaria territorialmente competente, che, acquisita la comunicazione, provvede all'adozione della misura della permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, ovvero, in presenza di condizione ostative, di misure alternative di efficacia equivalente. L'operatore di sanità pubblica provvede a contattare quotidianamente, per avere notizie sulle condizioni di salute, la persona in sorveglianza, che, da parte sua, deve: mantenere lo stato di isolamento per quattordici giorni dall'ultima esposizione; non avere contatti sociali; sottostare al divieto di spostamenti e viaggi; rimanere raggiungibile per le attività di sorveglianza.

 

Le attività rese dalle strutture private di cui al presente comma sono indennizzate ai sensi dell’articolo 6, comma 4 (indennità di requisizione, cfr. infra).

 

Ai sensi del comma 4 i contratti stipulati ai sensi dei commi 1 e 2 nonché le misure di cui al comma 3 cessano di avere efficacia al termine dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 (si ricorda che la delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 ha dichiarato lo stato di emergenza per 6 mesi, a decorrere dalla medesima delibera).

Sono fatte salve le misure di cui ai commi 1, 2 e 3 già adottate per cause di forza maggiore per far fronte all’emergenza dovuta alla diffusione del COVID-19 (comma 5).

Sulla copertura finanziaria delle disposizioni esaminate provvede il comma 6 che dispone che per l’attuazione dei commi 1 e 2, è autorizzata la spesa complessiva di 240.000.000 euro per l'anno 2020 e per l’attuazione del comma 3, è autorizzata la spesa di 160.000.000 euro per l’anno 2020. Al relativo onere si provvede a valere sul finanziamento sanitario corrente stabilito per il medesimo anno.  Al relativo finanziamento accedono tutte le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente, sulla base delle quote d’accesso al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevate per l'anno 2019. L’assegnazione dell’importo di cui al presente comma avviene secondo la tabella A, allegata al presente decreto.

 

Il livello del fabbisogno nazionale standard determina il finanziamento complessivo della sanità cui concorre lo Stato ed è determinato in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall'Italia in sede comunitaria. Pertanto, si tratta di un livello programmato che costituisce il valore di risorse che lo Stato è nelle condizioni di destinare al Servizio sanitario nazionale per l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA, definiti da ultimo DPCM 12 gennaio 2017).

Tale livello è stato determinato, da ultimo, per il triennio 2019-2021 dall'art. 1, co. 514-516 della legge di bilancio 2019 (L. n. 145 del 2018) in 114.439 milioni di euro nel 2019 ed incrementato di 2.000 milioni per il 2020 e ulteriori 1.500 milioni per il 2021.Il predetto livello di finanziamento deve essere inoltre incrementato di 10 milioni di euro per effetto del comma 518 della citata legge di bilancio che ha previsto un corrispondente aumento delle disponibilità vincolate sul fondo sanitario nazionale, dirette all'attivazione di ulteriori borse di studio per

la formazione specifica di medici di medicina generale.

Inoltre, l’articolo 18 del decreto legge in esame dispone l’incremento del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato di 1.410 milioni di euro per l’anno 2020.

 

Il finanziamento del SSN è stato disegnato dal D.Lgs. 56/2000 che ha previsto un sistema di finanziamento del SSN basato sulla capacità fiscale regionale, anche se corretto da adeguate misure perequative, stabilendo che al finanziamento del SSN concorrano l'IRAP, l'addizionale regionale all'IRPEF e la compartecipazione all'IVA.

Il fabbisogno sanitario nazionale standard  è pertanto finanziato dalle seguenti fonti:

·       entrate proprie degli enti del SSN (ticket e ricavi derivanti dall'attività intramoenia dei propri dipendenti);

·       fiscalità generale delle regioni: IRAP (nella componente di gettito destinata alla sanità) e addizionale regionale all'IRPEF.

·       compartecipazione delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano: tali enti compartecipano al finanziamento sanitario fino a concorrenza del fabbisogno non soddisfatto dalle fonti di cui ai precedenti punti, tranne la Regione siciliana, per la quale l'aliquota di compartecipazione è fissata dal 2009 nella misura del 49,11 per cento del suo fabbisogno sanitario (legge n. 296/2006 art. 1, comma 830).

Più nel dettaglio, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale con risorse provenienti interamente dal proprio bilancio. Fa eccezione la Regione siciliana, sola regione tra le autonomie speciali, a non finanziarie completamente i servizi di assistenza sanitaria sul proprio territorio. Ai sensi della legge 296/2006, articolo 1 comma 830, infatti, la regione a decorrere dal 2009, partecipa alla spesa sanitaria nella misura del 49,11%. Per la restante parte essa riceve i finanziamenti dallo Stato al pari delle regioni a statuto ordinario. Per tale ragione, la Regione siciliana è esclusa dalla normativa concernente le regioni a statuto speciale;

·       bilancio dello Stato: finanzia il fabbisogno sanitario non coperto dalle altre fonti di finanziamento essenzialmente attraverso la compartecipazione all'imposta sul valore aggiunto - IVA (destinata alle Regioni a statuto ordinario), e attraverso il Fondo sanitario nazionale (una quota è destinata alla Regione siciliana, mentre il resto finanzia anche le spese sanitarie vincolate a determinati obiettivi).


Articolo 4
(Aree sanitarie temporanee)

 

 

L’articolo 4 consente alle regioni ed alle province autonome, sino al termine dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri in data 31 gennaio 2020,  di attivare aree sanitarie anche temporanee, per la gestione dell’emergenza COVID-19.

 

Le aree sanitarie temporanee possono essere attivate sia all’interno che all’esterno di strutture, pubbliche o private, di ricovero, cura, accoglienza ed assistenza (comma 1). Ad esse non si applicano i requisiti di accreditamento (di cui all’articolo 8-quater del D.Lgs. 502/1992) fino al termine dello stato di emergenza (come sopra già ricordato la delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 ha dichiarato lo stato di emergenza per 6 mesi, a decorrere dalla medesima delibera). 

Ai sensi del comma 2, le opere edilizie strettamente necessarie a rendere le citate strutture idonee all’accoglienza possono essere eseguite in deroga alle disposizioni di cui al D.P.R. n. 380/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), delle leggi regionali, dei piani regolatori e dei regolamenti edilizi locali. I lavori possono essere iniziati contestualmente alla presentazione della istanza o della denunzia di inizio di attività presso il comune competente. Tali disposizioni si applicano anche agli ospedali, ai policlinici universitari, agli IRCCS ed alle strutture accreditate ed autorizzate.

 

Di seguito una breve descrizione dei titoli abilitativi disciplinati dal vigente Testo unico dell'edilizia:

§  comunicazione di inizio lavori asseverata (art. 6-bis) prevista per: interventi che non ricadono tra quelli soggetti a permesso di costruire o a SCIA e che non rientrano nell'attività edilizia libera;

§  segnalazione certificata di inizio di attività (art. 22) prevista per: gli interventi di manutenzione straordinaria qualora riguardino le parti strutturali dell'edificio; gli interventi di restauro e di risanamento conservativo qualora riguardino le parti strutturali dell'edificio; gli interventi di ristrutturazione edilizia diversi da quelli assoggettati a permesso di costruire;

§  permesso di costruire (art. 10) previsto per: a) gli interventi di nuova costruzione; b) gli interventi di ristrutturazione urbanistica; c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni;

§  segnalazione certificata di inizio di attività in alternativa al permesso di costruire (art. 23) prevista per: a) gli interventi di ristrutturazione di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c); b) gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati; c) gli interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche.

§  attività edilizia libera prevista per gli interventi di manutenzione ordinaria di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a) e gli altri interventi elencati dall’art. 6 del Testo unico.

 

Sono fatte salve le misure già adottate dalle strutture sanitarie di cui al comma 1 per cause di forza maggiore legate all’emergenza epidemiologica in atto (comma 3).

All’attuazione del comma 2 si provvede sino alla concorrenza dell’importo di 50 milioni di euro a valere sull’importo fissato dall’articolo 20 della legge n. 67/1988, come rifinanziato da ultimo dall’articolo 1, comma 555 della legge n. 145/2018 (legge di bilancio 2019) nell’ambito delle risorse non ancora ripartite alle regioni.

 

Alle citate risorse accedono tutte le regioni e province autonome in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono il concorso provinciale al finanziamento sulla base delle quote d’accesso al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevato per l’anno 2019. L’assegnazione dell’importo avviene secondo la tabella B allegata al presente decreto. Gli interventi di cui all’articolo in esame sono ammessi a finanziamento con uno o più decreti dirigenziali del Ministero della salute. Al conseguente trasferimento delle risorse si provvede a seguito di presentazione da parte della Regione al Ministero dell’economia e delle finanze degli stati di avanzamento dei lavori.

 


Articolo 5
(Incentivi per la produzione e la fornitura di dispositivi medici)

 

 

L’articolo 5 autorizza il Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19 di cui all’articolo 122 a erogare finanziamenti in favore delle imprese produttrici di dispositivi medici e dispositivi di protezione individuale, per fare fronte alla situazione di indisponibilità determinata dall’emergenza COVID-19.

I dispositivi di protezione individuale sono forniti in via prioritaria ai medici e agli operatori sanitari e sociosanitari

Il Commissario straordinario si avvale di INVITALIA, che opera come soggetto gestore della misura; definisce e avvia la misura, nonché fornisce specifiche disposizioni per assicurarne la gestione, entro 5 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge.

Per le finalità indicate è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l’anno 2020.

 

Nel dettaglio, l’articolo autorizza il Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19 di cui all’articolo 122 (per i dettagli si rinvia alla relativa scheda) a erogare finanziamenti mediante contributi a fondo perduto e in conto gestione, nonché finanziamenti agevolati, alle imprese produttrici di dispositivi medici e dispositivi di protezione individuale. Ciò al fine di assicurare la produzione e la fornitura dei predetti dispositivi, ai valori di mercato correnti al 31 dicembre 2019, in relazione alla inadeguata disponibilità degli stessi nel periodo di emergenza COVID-19 (comma 1).

I dispositivi di protezione individuale sono forniti in via prioritaria ai medici e agli operatori sanitari e sociosanitari (comma 5).

 

Per una piena comprensione dell’articolo in commento, si rinvia alla scheda di questo dossier dedicata all’articolo 15 del decreto in esame che, limitatamente al periodo dell’emergenza, consente di produrre, importare e immettere in commercio mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale (DPI) in deroga alle vigenti disposizioni. Si rileva altresì che i dispositivi medici possono essere suddivisi in tre grandi classi: dispositivi medici impiantabili attivi (direttiva 90/385/CEE; D.Lgs. 507/1992); dispositivi medici (in genere), nei quali sono comprese le mascherine chirurgiche (direttiva 93/42/CEE; D.Lgs. 46/1997); dispositivi diagnostici in vitro, disciplinati dal D.Lgs. 46/1997.

D’altra parte, i Dispositivi di protezione individuale (DPI), che comprendono i DPI con filtranti per le vie respiratorie e gli altri dispositivi di protezione quali guanti, visiere protettive, etc., sono disciplinati dal Regolamento (UE) 2016/425 sui dispositivi di protezione individuale.

I finanziamenti possono essere erogati anche alle aziende che rendono disponibili i dispositivi ai sensi dell’articolo 34, comma 3, del D.L. n.9/2020 (comma 4).

L’articolo 34, comma 3, del D.L. n.9/2020 in relazione all'emergenza COVID-19, consente, in coerenza con le linee guida dell’OMS ed in conformità alle attuali evidenze scientifiche, il ricorso alle mascherine chirurgiche quale dispositivo idoneo a proteggere gli operatori sanitari, nonché prevede che siano utilizzabili, previa valutazione da parte dell’Istituto superiore di sanità, anche mascherine prive del marchio CE (marchio di conformità alle prescrizioni europee).

Al riguardo si ricorda che il già citato articolo 15 del provvedimento in esame ha istituito una procedura valutativa differenziata per dispositivi medici (autorità validante Istituto superiore di sanità) e per i DPI (autorità validante INAIL).

 

Il Commissario straordinario:

§  si avvale dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. – Invitalia, che opera come soggetto gestore della misura con oneri posti a carico delle risorse di cui al comma 6 (comma 2);

§  entro 5 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge in esame, definisce avvia la misura e fornisce specifiche disposizioni per assicurare la gestione della stessa (comma 3).

 

L'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa - INVITALIA è una società per azioni quotata avente quale azionista unico il Ministero dell'economia e delle finanze. Il MEF esercita i diritti dell'azionista d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico, in quanto l'Agenzia, posta la sua missione istituzionale, è ente strumentale del MISE.

L'Agenzia nasce nel 2007 a seguito del riordino della Società Sviluppo Italia (art. 1, comma 460 della legge 27 dicembre 2006 n. 296 – Legge finanziaria 2007). Sviluppo Italia, oltre a cambiare denominazione in Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa- INVITALIA, ha subito una profonda riorganizzazione strutturale con riguardo ad una razionalizzazione delle funzioni e ad uno snellimento delle attività con forte riduzione del numero delle partecipazioni e dei livelli organizzativi.

La missione di INVITALIA consiste nel promuovere lo sviluppo produttivo ed imprenditoriale per rafforzare la competitività del Paese, fungendo da catalizzatore di risorse pubbliche e private. Essa gestisce la gran parte degli strumenti agevolativi nazionali a favore delle imprese e detiene inoltre varie partecipazioni societarie (tra le società controllate da INVITALIA, vi è la Banca del Mezzogiorno S.p.A. - Mediocredito centrale S.p.A., con una partecipazione del 100%).

In particolare l'Agenzia è attiva nei seguenti settori: sostegno allo sviluppo d'impresa; supporto alla competitività del territorio e alla pubblica amministrazione; supporto alle amministrazioni centrali dello Stato nella gestione di programmi comunitari cofinanziati con fondi strutturali comunitari; sviluppo di investimenti esteri qualificati. Ogni macro-area ricade nella pertinenza di una specifica Business Unit (Funzione organizzativa complessa).

Per approfondimenti sulle aree di intervento e sugli strumenti agevolativi gestiti da INVITALIA, si rinvia al relativo sito istituzionale e all'ultima Relazione della Corte dei conti sul risultato del controllo eseguito su INVITALIA.

 

Per le finalità di cui all’articolo in esame, è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro per l’anno 2020, per contributi a fondo perduto e per finanziamenti agevolati, secondo modalità compatibili con la normativa europea.

Le risorse sono accreditate su un apposito conto corrente infruttifero intestato all’Agenzia, aperto presso la Tesoreria centrale dello Stato. La gestione ha natura di gestione fuori bilancio, assoggettata al controllo della Corte dei conti. Alla rendicontazione provvede il soggetto gestore della misura (comma 6).

Agli oneri derivanti dal comma 6 si provvede ai sensi dell’articolo 126 (comma 7).


Articolo 6
(Requisizioni in uso o in proprietà)

 

 

L’articolo 6 autorizza:

§  il Capo della protezione civile a disporre la requisizione in uso o in proprietà di presidi sanitari e medico chirurgici e di beni mobili di qualsiasi genere da soggetti pubblici o privati;

§  il Prefetto a disporre la requisizione in uso di strutture alberghiere, ovvero di altri immobili aventi analoghe caratteristiche di idoneità, per ospitarvi le persone in sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario.

Sono stabiliti, al riguardo, i criteri e i tempi di liquidazione dell’indennità al proprietario del bene oggetto di requisizione.

Il termine massimo di durata delle requisizioni è fissato al 31 luglio 2020, ovvero fino al termine al quale sia stata ulteriormente prorogata la durata dello stato di emergenza.

 

In particolare, il comma 1, autorizza il Capo del Dipartimento della protezione civile a disporre - anche su richiesta del Commissario straordinario di cui all'articolo 122 (vedi infra), - con proprio decreto, la requisizione in uso o in proprietà, da ogni soggetto pubblico o privato, di presidi sanitari e medico-chirurgici, e di beni mobili di qualsiasi genere. Tale disposizione è volta a fronteggiare l’emergenza sanitaria in atto, anche assicurando la fornitura delle strutture e degli equipaggiamenti alle aziende sanitarie o ospedaliere, e implementando il numero di posti letto specializzati nei reparti di ricovero dei pazienti affetti da detta patologia.

Con riguardo alla definizione dei presidi medico-chirurgici ai sensi dell’articolo 1 del D.P.R. 392 del 6 ottobre 1998, si intendono tutti quei prodotti che vantano in etichetta un'attività riconducibile alle seguenti definizioni: disinfettanti e sostanze poste in commercio come germicide o battericide; insetticidi per uso domestico e civile, insettorepellenti; topicidi e ratticidi ad uso domestico e civile.

Non esiste invece nell’ordinamento una definizione di “presidi sanitari”, potendosi riferire tale espressione sia a beni mobili (ad esempio oggetti che aiutano a prevenire o curare determinate patologie come il catetere per l'incontinenza, etc) sia a beni immobili quali le strutture che erogano prestazioni sanitarie e sociosanitarie (da ultimo ad esempio il DL n. 14 .del 2017, così come modificato dal DL n. 132 del 2018, c.d. decreto sicurezza consente ai i regolamenti di polizia urbana di individuare aree urbane su cui insistono “presidi sanitari”, riferendosi evidentemente a strutture fisiche e non ad oggetti).

Data la mancanza nell’ordinamento di una definizione univoca dei “presidi sanitari”, ai quali possono essere ricondotti sia beni mobili che beni immobili, andrebbe valutata l’opportunità di chiarire l’ambito applicativo della disposizione che individua i beni oggetto di possibile requisizione.

La possibilità di disporre le requisizioni predette dura fino al termine dello stato di emergenza, dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 (ossia fino al 31 luglio 2020).

Per quanto riguarda la dichiarazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale, l'art. 24 del Codice della protezione civile (D.Lgs. 1/2018) attribuisce, al verificarsi degli eventi di emergenza nazionale, ovvero nella loro imminenza, la facoltà, al Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, formulata anche su richiesta del Presidente della Regione o Provincia autonoma interessata e comunque acquisitane l'intesa, di deliberare lo stato d'emergenza di rilievo nazionale, fissandone la durata e determinandone l'estensione territoriale con riferimento alla natura e alla qualità degli eventi e autorizza l'emanazione delle ordinanze di protezione civile (comma 1). La durata dello stato di emergenza di rilievo nazionale non può superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi (comma 3).

Il comma 2 fissa la durata massima della requisizione in uso, in 6 mesi dalla data di apprensione del bene, ovvero fino al termine al quale sia stata ulteriormente prorogata la durata del predetto stato di emergenza.

Come è noto, la requisizione è un procedimento connotato da requisiti particolari, volto a perseguire finalità diverse da quelle proprie dei trasferimenti coattivi della proprietà, da un lato, in quanto attuata con provvedimenti ad effetto reversibile, ossia temporanei, e delle ordinanze di urgenza, dall'altro, in quanto è prevista la corresponsione al privato di una indennità.

L'art. 835 c.c. disciplina in linea generale l'istituto della requisizione, prevedendo che la P.A., quando ricorrano gravi e urgenti necessità pubbliche, militari o civili, possa disporre la requisizione di beni mobili od immobili, con l'obbligo di corrispondere al proprietario una «giusta indennità». Il 2° co. dell'art. 835 afferma che le norme relative alle requisizioni sono determinate da leggi speciali.

Con riguardo alla potestà di requisizione, già prima dell'emanazione del codice civile, l'art. 7, della legge 20.3.1865, n. 2248, all. E (contenzioso amministrativo), conferiva al Prefetto il potere di emanare le ordinanze di requisizione a tutela dell'ordine pubblico. La stessa giurisprudenza che ha inizialmente individuato nel Prefetto l’unico soggetto competente in via primaria ad emanare le requisizioni ex art. 7 della legge 20.3.1865, n. 2248, all. E) attribuendo al Sindaco solo una competenza sussidiaria, (Cons. di Stato sez. IV 23.04.1958, n. 356; Cons di St. sez. IV 14.07.1967 n. 331) ha poi progressivamente riconosciuto un autonomo potere del Sindaco, all’interno delle materie per legge rientranti nei suoi fini istituzionali (Cons. di St. sez. IVsent.  n. 605/85).

La requisizione effettuata dall’Autorità militare è disciplinata dal D.Lgs. 15.3.2010, n. 66, codice dell’ordinamento militare (che ha sostituito il R.D. 18.8.1940, n. 1741), il cui Titolo VIII disciplina le Requisizioni in tempo di guerra o di grave crisi internazionale.

In caso di pubblica calamità, invece, l'art. 3, D.L. 26.11.1980, n. 776, conferisce al Commissario di governo il potere di requisire idonee strutture al fine di provvedere alle esigenze abitative ed economiche delle zone terremotate. Nello stesso senso anche l'art. 2, commi 10 ed 11, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77 (Eventi sismici nella Regione Abruzzo), autorizza il Commissario delegato a procedere al reperimento di alloggi per le persone sgomberate, anche individuando immobili non utilizzati, per il tempo necessario al rientro delle popolazioni nelle abitazioni riparate o ricostruite.

La Giurisprudenza ha rinvenuto, quali presupposti essenziali della requisizione in uso, la necessità ed urgenza di provvedere e dalla imprevedibilità dell'evento, intesa come impossibilità di ricorrere ai rimedi ordinari previsti dall'ordinamento, impossibilità che deve tuttavia derivare da ragioni estranee alla sfera della P.A., e non essere imputabile a negligenza della stessa (T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 13.2.2006, n. 192; C. St., 6.4.2004, n. 1858; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 2.1.2004, n. 39). Gli altri due presupposti sono la temporaneità e la corresponsione di un'indennità (T. Napoli 15.5.1995).  Il provvedimento di requisizione in uso è, per sua natura, un atto avente carattere di straordinarietà che stravolge l'ordine naturale dei rapporti giuridici, ed è adottato in base a contingenze affrontabili soltanto con misure eccezionali, per la salvaguardia di interessi generali non altrimenti tutelabili (cfr. C. St. 9.7.2002, n. 3823); per questo è indispensabile la fissazione di un termine che limiti nel tempo la sottrazione al proprietario delle facoltà di godimento dell'immobile (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 21.3.2007, n. 2618; T.A.R. Molise, Campobasso, Sez. I, 26.1.2006, n. 31) e il termine è prorogabile soltanto in presenza del permanere delle gravi necessità che giustificarono l'adozione dell'atto di requisizione (C. St. 9.7.2002, n. 3823). Si fa ad es. riferimento alle gravi calamità, come l'emergenza abitativa che si crea a seguito di un terremoto di grave intensità il quale abbia provocato lesioni irreversibili ad un numero considerevole di edifici, costringendo gli occupanti a cercare altre sistemazioni. Ma anche in questi casi la giurisprudenza ha evidenziato che l'amministrazione non può proporsi di fronteggiare una paventata situazione di pericolo per l'incolumità pubblica comprimendo diritti di terzi aventi rilevanza costituzionale, in quanto l'esercizio del potere straordinario di requisizione non può in alcun modo confliggere con i principi generali dell'ordinamento (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 19.4.2007, n. 401).

 

La disposizione in esame specifica altresì che la requisizione in uso si trasforma in requisizione in proprietà se, entro la scadenza del termine, il bene non è restituito al proprietario nelle sue condizioni originarie (ossia senza alterazioni sostanziali) e nel medesimo luogo della requisizione, ovvero in altro luogo se il proprietario vi consenta. È fatta salva la facoltà dell'interessato di evitare la trasformazione della requisizione in uso tramite il consenso espresso alla proroga del termine.

Si osserva che la disposizione che regola la trasformazione da requisizione in uso a requisizione in proprietà sembrerebbe potersi riferire ai soli beni mobili e non anche ai beni immobili (con riguardo in particolare alla possibilità di restituzione in altro luogo se il proprietario vi consenta). Anche sotto questo profilo, si valuti l'opportunità di chiarire l’ambito applicativo della disposizione che individua i beni oggetto di possibile requisizione, in particolare con riferimento ai presidi sanitari.

 

Il comma 3 specifica che i beni mobili che con l'uso vengono consumati o alterati nella sostanza sono requisibili solo in proprietà.

I commi da 4 a 6 disciplinano la corresponsione di una somma di denaro al proprietario dei beni requisiti a titolo di indennità di requisizione.

In particolare si prevede che:

§  in caso di rifiuto del proprietario a riceverla, la somma è posta a sua disposizione mediante offerta anche non formale e quindi corrisposta non appena accettata;

§  la somma è liquidata, alla stregua dei valori correnti di mercato che i beni requisiti avevano alla data del 31 dicembre 2019;

§  con riguardo all’entità, l’indennità è pari al 100 per cento del valore del bene requisito, in caso di requisizione in proprietà; ed è pari, per ogni mese o frazione di mese di effettiva durata della requisizione, a un sessantesimo del valore calcolato per la requisizione in proprietà, in caso di requisizione in uso;

§  l’indennità è provvisoriamente liquidata con riferimento al numero di mesi o frazione di mesi che intercorrono tra la data del decreto di requisizione e quella del termine dell'emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 (31 luglio 2020).

§  nei casi di prolungamento della requisizione in uso, nonché in quelli di sua trasformazione in requisizione in proprietà, la differenza tra l'indennità già corrisposta e quella spettante per l'ulteriore periodo, è corrisposta al proprietario entro 15 giorni dalla scadenza del termine indicato per l'uso;

§  se non viene indicato un nuovo termine di durata dell'uso dei beni, si procede alla liquidazione di una somma pari al 100 per cento del valore del bene

 

Il comma 7 prevede la possibilità per il Prefetto - su proposta del Dipartimento della protezione civile e sentito il Dipartimento di prevenzione territorialmente competente – di disporre, con proprio decreto, la requisizione in uso di strutture alberghiere, ovvero di altri immobili aventi analoghe caratteristiche di idoneità, per ospitarvi le persone in sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario o in permanenza domiciliare, laddove tali misure non possano essere attuate presso il domicilio della persona interessata.

La durata massima delle requisizioni disposte dal Prefetto è fissata al 31 luglio 2020, ovvero fino al termine al quale sia stata ulteriormente prorogata la durata dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 (comma 8).

Il comma 8 contiene altresì le disposizioni relative alla corresponsione della somma di denaro a titolo di indennità di requisizione in uso degli immobili, stabilendo in particolare che la stessa:

§  sia liquidata nello stesso decreto del Prefetto;

§  con riguardo all’entità, sia  determinata in misura corrispondente, per ogni mese o frazione di mese di effettiva durata della requisizione, allo 0,42% di del valore corrente di mercato dell'immobile requisito o di quello di immobili di caratteristiche analoghe;

§  sia liquidata, in via provvisoria, con riferimento al numero di mesi o frazione di mesi che intercorrono tra la data della requisizione e quella del termine dell'emergenza. In caso di prolungamento della requisizione, la differenza tra l'indennità già corrisposta e quella spettante per l'ulteriore periodo deve essere corrisposta al proprietario entro 30 giorni dalla scadenza del termine originariamente indicato.

Se non è indicato alcun termine, la requisizione si presume disposta fino al 31 luglio 2020, ovvero fino al termine al quale sia stata ulteriormente prorogata la durata dello stato di emergenza di cui al comma 1.

 

Il comma 9 dispone che l'esecutorietà dei provvedimenti di requisizione di cui all’articolo in esame non possa essere sospesa in caso di contestazione, anche in sede giurisdizionale, come previsto dall'articolo 458 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare).

L’articolo 45 del D.Lgs. 15/03/2010, n. 66, prevede al comma 2-bis, che qualsiasi contestazione, anche in sede giurisdizionale, non sospende l'esecutorietà dell'ordine di requisizione.

 

Il comma 10 prevede, per l’attuazione delle disposizioni contenute nell’articolo in esame, un’autorizzazione di spesa nel limite di 150 milioni per l'anno 2020, cui si provvede ai sensi dell'articolo 18, comma 4, del decreto legge in esame (vedi infra).


Articolo 7
(Arruolamento temporaneo di medici ed infermieri militari)

 

 

L’articolo 7 e i successivi articoli 8 e 9 recano una serie di disposizioni volte a potenziare le risorse umane e strumentali a disposizione dei servizi sanitari delle Forze armate, fortemente impegnati nel contrastare l’emergenza sanitaria connessa al diffondersi del virus COVID-19.  In particolare, l’articolo 7 prevede una procedura semplificata per l’arruolamento, eccezionale e temporaneo (un anno), di 320 unità di personale medico e infermieristico dell’Esercito, definendone il relativo stato giuridico ed economico.

 

Nel dettaglio, il comma 1 dell’articolo 7 consente all’Esercito di arruolare in via straordinaria e per un anno (dal 15 aprile 2020 al 15 aprile 2021, cfr. relazione tecnica), 120 medici e 200 infermieri militari, da inquadrare, rispettivamente, con il grado di tenente (gli ufficiali medici) e di maresciallo (i sottufficiali infermieri).

Al richiamato personale in servizio temporaneo (ferma attiva della durata di un anno), sarà riconosciuto il trattamento giuridico ed economico dei loro parigrado in servizio permanente (comma 4).

 

Per sanità militare deve intendersi il complesso dell’organizzazione sanitaria delle Forze armate del Paese.

Secondo il Codice ordinamento militare (D.lgs. n. 66/2010, artt. 181-213), il Servizio sanitario militare (SSM) è un sistema di strutture e servizi che deve assicurare prioritariamente il complesso delle attività che concorrono a garantire l’efficienza psicofisica del personale militare e civile della Difesa.

La sanità militare ha infatti il compito primario di assicurare l’assistenza sanitaria in operazioni e in addestramento, sia all’interno che al di fuori del territorio nazionale, nonché, in subordine, di concorrere all’assistenza e al soccorso della collettività nazionale e internazionale nei casi di pubbliche calamità.

Essa agisce attraverso i servizi sanitari di ciascuna delle Forze armate e dell’Arma dei carabinieri che, nel loro insieme, ma con le loro specificità, costituiscono il “servizio sanitario militare”.

La sanità militare costituisce un settore di centrale interesse per la Difesa e tale servizio, secondo il D.M. Sanità-Difesa del 4 marzo 2015, che ne individua dettagliatamente i beneficiari, va erogato ad un bacino di potenziali utenti (personale in servizio e in congedo dell’Esercito, Marina, Aeronautica, Arma Carabinieri, Guardia di Finanza, dipendenti civili della Difesa, e loro familiari) stimabile, secondo la Corte dei conti (delibera 16/2019/G) in almeno di 400.000 unità.

L’attuale organizzazione territoriale della sanità militare è schematizzata nel diagramma seguente:

Fonte: Corte dei conti (delibera 16/2019/G), su dati Ministero della difesa

1 Centro Ospedaliero Militare dal 2018 (precedentemente Dipartimento militare di medicina legale- DMML)

2 Istituti di Medicina Aerospaziale di Milano e Roma

3 Istituto di Perfezionamento e Addestramento in Medicina Aerospaziale

4 5 DMML nel 2017, ridotti a 4 nel 2018 (dopo il ripristino del COM di Milano)

5 Già Centro Studi e Ricerche EI, dal 2017 riorganizzato quale Dipartimento del Policlinico Militare “Celio”

6 Dipende dall’Ufficio Studi del Comando Subacqueo Incursori (COMSUBIN

7 Sezioni di Sanità CC (40 dal 1° gennaio 2017, dopo l’assorbimento del Corpo Forestale, in precedenza 38)

 

Il sistema della sanità militare, nel corso del 2018, si è avvalso complessivamente di circa 6.300 unità, comprendenti medici, infermieri, aiutanti di sanità, tecnici, e relativo supporto logistico operativo, articolato su due aliquote: quella della sanità di sostegno (o territoriale), a carattere ospedaliero e pari a 2.460 unità, e la sanità di aderenza, operante a contatto con gli appartenenti alla Difesa, pari a 3.838 unità. Si segnala che, per sanità di aderenza, in ambito militare si intende la componente sanitaria organicamente inquadrata in ciascuna unità combattente, e che con essa si sposta, per assicurare l’assistenza a favore del personale dell’unità stessa, durante le attività di caserma, di addestramento e di effettivo impiego operativo.

Restringendo il campo alla sanità territoriale, la medesima delibera riporta i dati relativi alla consistenza del personale dedicato alla sanità territoriale e i relativi costi (tab. 1 pag. 35).  Nell’anno 2018:

§  per l’Esercito, compreso il Policlinico militare del Celio, la consistenza del personale ammonta a 1.486 unità, con un costo lordo di circa 77 milioni di euro;

§  per la Marina, la consistenza del personale è di 553 unità, con un costo di 30,8 milioni;

§  per l’Aeronautica, la consistenza del personale è di 354 unità, con un costo di 21,3 milioni;

§  per i Carabinieri, la consistenza del personale è di 18 unità, con un costo di 1,3 milioni.

In totale, comprese le strutture interforze, il personale della sanità territoriale militare ammonta a 2.446 unità, e il costo totale a 134,3 milioni per l’anno 2018.

 

Per quanto attiene alle modalità di arruolamento, la disposizione in esame delinea un procedimento particolarmente semplificato in quanto, come precisato dal Governo nella relazione illustrativa allegata al provvedimento in esame, l’obiettivo è quello di selezionare “le migliori professionalità possibili (…) entro il prossimo mese di aprile”.

 

A tal proposito, nella richiamata relazione si precisa che la soluzione contemplata dalla disposizione in esame è adottata “in analogia a quanto disposto per altre fattispecie di servizio temporaneo, tuttavia non utilizzabili nella situazione contingente a causa della ristrettezza del tempo”. Nello specifico, ci si riferisce, alla procedura utilizzata per la selezione delle professionalità   da inserire nella c.d “riserva selezionata”, di cui all’articolo 674 del Codice dell’ordinamento militare.

Al riguardo, si ricorda che la Riserva Selezionata è costituita da un bacino di personalità, composto da uomini e donne in possesso di particolari professionalità di interesse per le Forze Armate, non compiutamente disponibili nell'ambito delle stesse.

Nello specifico i professionisti provenienti dalla vita civile, che siano in possesso dei requisiti previsti e siano disponibili ad eventuali richiami in servizio a tempo determinato per l'impiego sul territorio nazionale e all'estero possono presentare istanza di adesione al bacino della Riserva Selezionata, previa nomina ad Ufficiale di complemento. A questi ultimi viene conferita senza concorso – previa sottoscrizione della disponibilità ad essere richiamati alle armi sul territorio nazionale ovvero all'estero – la nomina ad Ufficiale di complemento. Tale nomina costituisce un provvedimento di "natura eccezionale" che può essere adottato nei confronti di cittadini italiani in possesso di spiccata professionalità che diano ampio affidamento di prestare opera proficua nelle Forze Armate.

 

In linea con tale obiettivo di semplificazione, la disposizione in esame prevede che le procedure di arruolamento siano gestite attraverso il portale  on-line sul sito internet del Ministero della Difesa (www.difesa.it), mentre, per quanto attiene alla selezione del personale,  tale fase si baserà sui  giudizi formulati dalle Commissioni di avanzamento dell’Esercito italiano istituzionalmente competenti per tali necessità (commi 2 e 3).

Ai sensi dell’articolo 1034 del Codice dell’ordinamento militare esprimono giudizi sull'avanzamento degli ufficiali le Commissioni di vertice nei riguardi degli ufficiali aventi grado di generale di divisione e corrispondenti; le Commissioni superiori di avanzamento nei riguardi degli ufficiali aventi grado da tenente colonnello a generale di brigata e corrispondenti; le Commissioni ordinarie di avanzamento nei riguardi degli ufficiali in servizio permanente aventi grado da sottotenente a maggiore e corrispondenti; i superiori gerarchici per gli ufficiali di complemento. Le Commissioni di vertice e le Commissioni superiori di avanzamento sono costituite presso ciascuna Forza armata. Per quanto riguarda l’Esercito la disciplina delle Commissioni superiore e ordinaria di avanzamento sono regolate, rispettivamente, dagli articoli 1037 e 1042 del Codice dell’ordinamento militare. Per la valutazione del personale appartenente a ciascuno dei ruoli marescialli, sergenti e volontari in servizio permanente, sono istituite presso l'Esercito italiano, la Marina militare e l'Aeronautica militare apposite Commissioni permanenti (artt. 1047 e ss. del Codice dell’ordinamento militare).

Per quanto, attiene, ai requisiti per la partecipazione alla selezione in esame (comma 2), si prevede che gli aspiranti all’arruolamento siano cittadini italiani di età non superiore ai 45 anni, in possesso di una laurea magistrale in medicina e chirurgia, con l’abilitazione professionale, per gli aspiranti ufficiali medici e in infermieristica, con l’abilitazione professionale, per gli aspiranti sottufficiali infermieri.

 

Si prevede, inoltre, che i candidati:

1.   non siano stati giudicati permanentemente non idonei al servizio militare, non siano stati dimessi d’autorità da precedenti ferme nelle Forze armate;

2.   non siano stati condannati per delitti non colposi, anche con sentenza di applicazione della pena su richiesta, a pena condizionalmente sospesa o con decreto penale di condanna, ovvero non siano imputati in procedimenti penali per delitti non colposi.

 

Si contempla, infine (comma 4), il richiamo in servizio di ulteriori 60 unità di ufficiali medici delle Forze armate appartenenti alle richiamate forze di completamento (cfr. supra).

Come precisato nella relazione tecnica allegata al provvedimento in esame, si tratta di ulteriori 60 Ufficiali medici, appartenenti alla riserva selezionata, rispetto a quelli già contemplati dall’articolo 12 della legge di bilancio per l’anno 2020 (legge n. 160 del 2019). La medesima relazione ipotizza che i riservisti medici saranno richiamati nel grado di Capitano.

 

Per quanto attiene agli oneri relativi alla disposizione in esame i medesimi sono in euro 13.750.000 per l’anno 2020 e euro 5.662.000 per l’anno 2021 (comma 5). A tal proposito, la relazione tecnica allegata al provvedimento in esame precisa che tali costi sono stati calcolati moltiplicando le unità da reclutare per il costo medio unitario del trattamento economico spettante ai pari grado in servizio permanente.

Per la relativa copertura finanziaria il comma 6 rinvia alle risorse di cui all’articolo 126 del decreto legge (disposizioni finanziarie).


Articolo 8
(Assunzione urgente di funzionari tecnici per la biologia la chimica e la fisica presso le strutture sanitarie militari)

 

 

L’articolo 8 prevede che il Ministero della Difesa, verificata l’impossibilità di utilizzare personale già in servizio, possa conferire, previo avviso pubblico, incarichi a tempo determinato di durata annuale, non rinnovabili, ad un massimo di sei unità di personale di livello non dirigenziale, appartenenti all’Area terza, posizione economica F1, profilo professionale di funzionario tecnico per la biologia, la chimica e la fisica.

 

Come precisato dal Governo nella relazione illustrativa allegata al provvedimento in esame, la finalità delle richiamate assunzioni deve essere individuata nella necessità di far fronte all'incremento esponenziale delle prestazioni poste a carico del Dipartimento scientifico del Policlinico militare del Celio, conseguente all’emergenza sanitaria determinatasi a seguito della diffusione del COVID 19. Si sottolinea, inoltre, l’esigenza che il Policlinico sviluppi test patogeni rari e garantisca i livelli essenziali di assistenza, oltre al supporto alle strutture di qualsiasi livello del Servizio sanitario nazionale (comma 1).

 

Il Policlinico del Celio è un ospedale militare, a connotazione interforze, dipendente dal 4° Comando logistico dell’Esercito.

Offre, principalmente, supporto clinico e sanitario al personale a status militare impiegato in operazioni, in Patria e all'estero, nonché al personale militare e civile, e relativi familiari secondo quanto previsto dalla normativa vigenti, le convenzioni locali e gli accordi con il Servizio sanitario nazionale-regionale.

Il Policlinico opera, inoltre, nel campo della ricerca scientifica nelle diverse discipline sanitarie e assicura il tirocinio pratico a favore degli specializzandi delle tre Forze armate e dell’Arma dei carabinieri. 

Secondo quanto recentemente rilevato dalla Corte dei conti (delibera 16/2019/G) si tratta di una struttura che, nel 2017 ha impiegato una forza di 1.102 unità e nel 2018 una forza di 1096 unità (suddivisa fra ufficiali, sottufficiali, truppa, civili, di cui 626 con specializzazione sanitaria) per un costo, nel medesimo 2018, di 57 milioni circa di euro.

Il personale del Policlinico (medico, infermieristico e aiutanti di sanità), oltre ad essere impiegato in ambito nazionale, svolge ciclici periodi di attività al di fuori dei confini nazionali nell’ambito degli organi sanitari ivi schierati e supporta, a vario titolo, tutti i teatri operativi in cui operano le Forze armate italiane.

La struttura, nelle sue linee generali, è attualmente organizzata in dipartimenti ed unità operative, complesse o semplici, che erogano servizi sanitari nei seguenti settori: patologia cardiorespiratoria, area chirurgica, patologia osteo-articolare, nefro-urologiche, scienze ginecologiche, patologia neuro-sensoriale, scienze neurologiche e psichiatriche, diagnostica, odontostomatologica, emergenza e accettazione, anestesia e rianimazione, immunoematologia, medicina fisica e riabilitazione.

Per un approfondimento dell’organizzazione del Sistema sanitario militare si rinvia alla scheda di lettura relativa all’articolo 7.

 

Per quanto attiene alle procedure di selezione del personale in esame, il comma 2 dell’articolo 8 prevede che gli incarichi vengano conferiti mediante procedure comparative e previa selezione dei titoli e colloquio con i candidati

Le attività professionali svolte dai nuovi assunti costituiranno titoli preferenziali nelle future procedure concorsuali per l’assunzione di personale nei medesimi profili professionali presso il Ministero della difesa (comma 3).  

 

Il costo complessivo delle richiamate sei assunzioni (numero massimo) è quantificato dalla allegata relazione tecnica in euro 230.979.96. Alla copertura dei richiamati oneri, pari a euro 115.490  per  ciascuno  degli  anni  2020 e 2021, si provvede, ai sensi del  comma 4 dell’articolo in esame, mediante il ricorso alle risorse previste dai seguenti fondi:

§  per l’anno 2020, fondo di cui all’articolo 613 del Codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, a disposizione per eventuali deficienze dei capitoli relativi alle tre Forze armate (capitolo 1121);

§  per l’anno 2021, fondo di cui all’articolo 619 del Codice dell'ordinamento militare, per la riallocazione delle funzioni connesse al   programma   di   razionalizzazione,   accorpamento,   riduzione   e   ammodernamento   del   patrimonio   infrastrutturale,  per  le  esigenze  di  funzionamento,  ammodernamento  e  manutenzione  e  supporto  dei  mezzi,  dei  sistemi,  dei  materiali  e  delle  strutture  in  dotazione  alle  Forze  Armate,  inclusa  l`Arma  dei  Carabinieri,  nonché per il riequilibrio dei principali settori di spesa del Ministero della Difesa, con la finalità di assicurare il mantenimento in efficienza dello strumento militare (cap.1153).


Articolo 9
(Potenziamento delle strutture della sanità militare)

 

 

L’articolo 9 autorizza per l’anno 2020 la spesa di 34,6 milioni di euro per il potenziamento dei servizi sanitari militari e per l’acquisto di dispositivi medici e presidi sanitari mirati alla gestione dei casi urgenti e di biocontenimento. Si autorizza, inoltre, per l’anno 2020 lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze alla produzione e distribuzione di disinfettanti e sostanze ad attività germicida o battericida, nel limite di spesa di 704.000  euro.

 

La disposizione in esame, analogamente a quanto previsto dai precedenti articoli 7 e 8, reca una serie di misure volte a potenziare l’efficacia delle strutture del servizio sanitario militare, autorizzando, in particolare, al comma 1, la richiamata spesa di 34,6 milioni per l’anno 2020 per il rafforzamento di determinate prestazioni offerte dal citato presidio sanitario militare.

A tal proposito, la relazione illustrativa allegata al provvedimento in esame chiarisce che scopo della disposizione è l'aumento delle capacità di ricovero sul territorio nazionale, sia in strutture sanitarie militari esistenti che in strutture campali appositamente destinate. Si intende, inoltre, rafforzare:

1.   la capacità di trasporto aereo e terrestre di pazienti in alto biocontenimento;

2.   la capacità di diagnostica rapida per specifica patologia:

3.   la somministrazione di farmaci e dispostivi di protezione individuale per l'assistenza dei malati e dei contagiati.

 

Nel dettaglio, l’allegata relazione tecnica, nel quantificare la spesa relativa alla disposizione in esame, fa presente che l’autorizzazione di spesa di 34,6 milioni di euro è funzionale a soddisfare le seguenti esigenze: predisposizione di n. 2 ospedali da campo con capacità di 12 posti letto in terapia intensiva e 10 posti letto in terapia ordinaria di reparto; approvvigionamenti di moduli aggiuntivi, macchinari e materiali per la produzione di dispositivi di protezione individuale presso le strutture di riferimento (mascherine, tute e occhiali); realizzazione di n. 6 posti letto; acquisto di materiale igienizzante; acquisto di  6 ambulanze di biocontenimento; l'acquisto immediato di  100.000 kit di protezione individuale; acquisto di 10 sistemi di trasporto isolati aviotraspofiabili  e 10  per elitrasporto e n. 3 camere di isolamento campale;  acquisto di farmaci per assistenza e terapia di supporto; potenziamento della struttura diagnostica del Dipartimento scientifico del Policlinico militare "Celio di Roma" (cfr. scheda relativa all’articolo 8).

A sua volta, il comma 2, considerata la difficoltà di approvvigionamento di disinfettanti da impiegarsi per il contenimento dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, autorizza lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze alla produzione e distribuzione di disinfettanti e sostanze ad attività germicida o battericida nel  limite  di  spesa  di  704.000  euro (pari a circa oltre 35.000 litri di prodotto), analogamente a quanto già avvenuto in occasione delle misure emergenziali adottate in occasione del dilagarsi della c.d. influenza suina (cfr. relazione illustrativa).

In relazione a tale disposizione si ricorda che nel corso della seduta della Camera del 26 febbraio scorso, il Governo aveva accolto l’ordine del giorno 9/2402-A/12Rizzo con il quale si impegnava l’Esecutivo a valutare l'opportunità del pieno utilizzo delle capacità scientifiche e produttive dello Stabilimento Chimico Farmaceutico militare sia per la produzione di disinfettanti germicidi e battericidi utili alla prevenzione del contagio sia per l'individuazione di medicinali in grado di rallentare e debellare il COVID-19.

Come precisato nella allegata relazione tecnica, allo stato, lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze è in grado di produrre circa 800 litri al giorno di disinfettante, per un costo di circa 20 euro al litro. Nell’arco di due mesi dovrebbe, pertanto, essere completata la realizzazione dell’intero ordine (35.000 litri).

Lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, il cui compito principale è quello di rifornire le Forze armate di medicinali e materiali sanitari, pone parimenti in essere numerosi interventi che investono profili di collaborazione esterna con l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) e con il Ministero della salute. Il Ministero della salute, con decreto 27 dicembre 2012 ha disciplinato le ipotesi in cui lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze (SCFM) può essere autorizzato a produrre materie prime farmaceutiche, antidoti ed altri medicinali per finalità di protezione e trattamento sanitario, in caso di particolari emergenze. Si ricorda, inoltre, che lo Stabilimento è autorizzato, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 6 ottobre 1998, n.?392, alla produzione di presidi medico-chirugici ovvero di disinfettanti e sostanze poste in commercio come germicide e battericida.


Articolo 10
(Potenziamento delle risorse umane dell’INAIL)

 

L’articolo 10 consente all’INAIL di conferire incarichi di lavoro autonomo (anche di collaborazione coordinata e continuativa), a tempo determinato, a 200 medici specialisti ed a 100 infermieri.

 

Gli incarichi in esame sono previsti in relazione all'emergenza epidemiologica da COVID-19 ed anche (in tale ambito) in considerazione del ruolo di "soggetto attuatore" svolto dall’INAIL[19].

Per le modalità relative agli incarichi, il presente articolo fa rinvio a quelle stabilite dall’articolo 1 del D.L. 9 marzo 2020, n. 14, attualmente in fase di conversione alle Camere. Per il contenuto di tali previsioni, si rinvia alla precedente scheda relativa all’articolo 1, comma 3, del presente D.L. n. 18.

Gli incarichi conferiti dall’INAIL ai sensi dell’articolo 10 in esame sono di durata non superiore a sei mesi, eventualmente prorogabili in ragione del perdurare dello stato di emergenza, e comunque non oltre il 31 dicembre 2020. I medesimi incarichi sono ammessi in deroga alle norme di cui all'articolo 7 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, e all'articolo 9, comma 28, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni, concernenti, rispettivamente: il divieto, per le pubbliche amministrazioni, di stipulazione di contratti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro[20]; i limiti di spesa per le pubbliche amministrazioni relativi a varie tipologie di contratti di lavoro, diverse da quello dipendente a tempo indeterminato.

Agli oneri finanziari derivanti dal presente articolo, quantificati in 15 milioni di euro, si provvede a valere sulle risorse iscritte nel bilancio dell’INAIL e destinate alla copertura dei rapporti in convenzione con i medici specialisti ambulatoriali. Alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno di cassa e di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni, quantificati in 7.725.000 euro per il 2020, si provvede ai sensi del successivo articolo 126.


Articolo 11
(Disposizioni urgenti per assicurare continuità alle attivita?
assistenziali e di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità)

 

 

Per far fronte alle esigenze di sorveglianza epidemiologica e di coordinamento connesse alla gestione dell’emergenza COVID-19, l’articolo 11 incrementa di 4 milioni, per ciascun anno del triennio 2020-2022, lo stanziamento di parte corrente dell’Istituto superiore di sanita? (ISS). Tale somma è quasi interamente dedicata al reclutamento di personale.

 

Per far fronte alle esigenze di sorveglianza epidemiologica e di coordinamento connesse alla gestione dell’emergenza COVID-19, l’articolo 11 incrementa di 4 milioni, per ciascun anno del triennio 2020-2022, lo stanziamento di parte corrente dell’Istituto superiore di sanita? (ISS).

 

Nell’ambito delle strategie di contrasto e gestione del rischio sanitario connesso all’emergenza epidemiologica Covid-19, l’Istituto Superiore di Sanità è parte del Comitato tecnico scientifico per il coordinamento degli interventi, istituito presso il Dipartimento della Protezione civile, e gestisce la sorveglianza epidemiologica e microbiologica del SARS-CoV-2.

L'ISS è il principale centro di ricerca, controllo e consulenza tecnico-scientifica in materia di sanità pubblica.  Le principali attività dell’Istituto sono distribuite in 6 Dipartimenti, 16 Centri nazionali, 2 Centri di riferimento, 5 Servizi tecnico-scientifici e un Organismo notificato per la valutazione dell’idoneità dei dispositivi medici.

La legge di bilancio 2020 (legge 160/2019) ha assegnato, per ciascun anno del triennio 2020-2022, 108.707.751 euro quale contributo all’Istituto superiore di sanità (cap. 3443 dello stato di previsione del Ministero della salute). Tale stanziamento comprende il finanziamento delle spese obbligatorie e di funzionamento dell’Istituto e gli importi destinati rispettivamente al Centro nazionale sangue e al Centro nazionale trapianti (sul punto ulteriori chiarimenti: ISS, Deliberazione n. 4 dell’11 novembre 2019, Bilancio di previsione anno finanziario 2020).

 

Tale incremento è altresì corrisposto per l’assunzione straordinaria di personale a tempo determinato, anche in deroga al Piano triennale di attività e alle percentuali previste a legislazione vigente (percentuali di cui all’art. 9, co.2 del D.Lgs.218/2016). Per tali finalità, l’Istituto e? pertanto autorizzato ad assumere a tempo determinato, per il triennio 2020-2022, n. 50 unita? di personale cosi? suddivise:

a)   20 unita? di personale con qualifica di dirigente medico;

b)   5 unita? di personale con qualifica di primo ricercatore/tecnologo, livello II;

c)   20 unita? di personale con qualifica di ricercatore/tecnologo, livello III;

d)   5 unita? di personale con qualifica di Collaboratore Tecnico Enti di Ricerca (CTER) livello VI.

La RT al provvedimento quantifica gli oneri per il personale nei seguenti ammontare: 2.838.311,69 euro per il 2020 (costo delle 50 unità di personale per 10 mesi); 3.405.974,03 euro (costo delle 50 unità per 12 mesi) per ciascuno degli anni 2021e 2022.

La quota parte dei 4 milioni incrementali dello stanziamento di parte corrente a favore dell’ISS non finalizzati ad esigenze di reclutamento del personale restano a disposizione del bilancio dell’ente per esigenze di funzionamento.

 

La semplificazione delle attività degli enti pubblici di ricerca, fra i quali è compreso l’ISS, e? stata precisata dal D.Lgs. 218/2016, che ha dato attuazione alla previsione sulle capacita? assunzionali posta dall’art. 13 della legge 124/2015, che ha delegato il Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche. Più in particolare, il D.Lgs. 218/2016, all’art. 7, in relazione ai Piani triennali di attività, prevede che gli Enti pubblici di ricerca, nell’ambito della loro autonomia, in conformità con le linee guida enunciate nel Programma Nazionale della Ricerca, tenuto conto delle linee di indirizzo del Ministro vigilante e dei compiti e delle responsabilità previsti dalla normativa vigente, ai fini della pianificazione operativa, adottano un Piano Triennale di Attività, aggiornato annualmente, con il quale determinano anche la consistenza e le variazioni dell’organico e del piano di fabbisogno del personale. L’articolo 9 dello stesso decreto ha poi previsto che l'indicatore del limite massimo alle spese di personale è calcolato rapportando le spese complessive per il personale di competenza dell'anno di riferimento alla media delle entrate complessive dell'Ente come risultante dai bilanci consuntivi dell'ultimo triennio. Negli Enti tale rapporto non può superare l'80 per cento.

Sul sito istituzionale dell’Istituto è disponibile il Piano triennale di attività 2017-2019, che ribadisce l’importanza strategica della politica delle risorse umane per il consolidamento dei risultati ed il rilancio dell’Istituto.

La dotazione organica di personale dell’Istituto al 1° gennaio 2019 comprendeva 1.868 unità di personale a tempo indeterminato e 156 unità di personale a tempo determinato per un totale di 2.024 unità. Nel corso del 2019,  è stata avviata una rideterminazione delle dotazioni organiche che ha portato il personale in servizio alla data del 1° novembre 2019 a 1.975 unità a tempo indeterminato, alle quali si sono aggiunte 1.877 unità a  tempo determinato.

 

Ai 4 milioni per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, si provvede mediante corrispondente utilizzo del fondo di parte corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero della salute (somma da conservarsi in conto residui per impegni riferibili all'esercizio scaduto, ai sensi dell’articolo 34-ter, comma 5, della legge 31 dicembre 2009, n. 196[21]).


Articolo 12
(Misure straordinarie per la permanenza in
servizio del personale sanitario)

 

 

L’articolo 12 dispone che gli enti e le aziende del Ssn, verificata l’impossibilità di reperire personale sanitario facendo ricorso alle misure già a tal fine previste, e fino al perdurare dello stato di emergenza (31 luglio 2020), possano trattenere in servizio, anche in deroga ai limiti previsti dalle disposizioni vigenti per il collocamento in quiescenza, i dirigenti medici e sanitari, nonché il personale del ruolo sanitario del comparto sanita? e gli operatori socio-sanitari. Per i medesimi fini e per il medesimo periodo il personale dei medici e del settore sanitario della Polizia di Stato può essere trattenuto in servizio anche in deroga ai limiti previsti dalle disposizioni vigenti sul collocamento in quiescenza.

 

Nella disciplina vigente (15-nonies del D.Lgs. 502/1992), la prosecuzione del servizio dei dirigenti medici del Ssn è consentita oltre il limite del sessantacinquesimo anno, su richiesta dell'interessato, fino al raggiungimento del quarantesimo anno di servizio effettivo - purché non si superi il limite dei 70 anni di età. Per fronteggiare la carenza di medici specialisti, l'articolo 5-bis, comma 2, del D.L. 162/2019 (c.d. Decreto proroga termini) ha modificato in via transitoria i limiti di età massima per il collocamento a riposo dei dirigenti medici del Ssn (la deroga non riguarda infatti il personale medico a rapporto convenzionale). In base alla nuova norma, tali soggetti, entro il 31 dicembre 2022, possono fare domanda per proseguire il servizio fino al settantesimo anno di età anche se, prima di tale limite anagrafico, maturano i quarant'anni di servizio effettivo. La disciplina transitoria instaurata dal Decreto proroga termini prevede altresì che l'amministrazione di appartenenza possa autorizzare la prosecuzione del rapporto di servizio fino all'assunzione di nuovi dirigenti medici specialisti. La procedura di assunzione di tali ultimi soggetti deve peraltro essere adottata senza ritardo e comunque non oltre centottanta giorni dalla data di adozione del provvedimento di trattenimento in servizio.

Per i medici docenti universitari o ricercatori - che svolgono attività assistenziale presso le cliniche e gli istituti universitari di ricovero e cura facenti parte del Ssn -, il limite di età è posto a 67 anni, anziché a 65. Peraltro, per tali soggetti, la cessazione dallo svolgimento delle ordinarie attività assistenziali, nonché dalla direzione delle strutture assistenziali, non è obbligatoria qualora il limite di età per il collocamento a riposo come docente o ricercatore sia più elevato e manchino i protocolli d'intesa tra università e regioni, previsti dalla normativa ai fini della definizione delle modalità e dei limiti per l'utilizzo del medesimo personale universitario per specifiche attività assistenziali, strettamente connesse all'attività didattica e di ricerca.

 

Fino al perdurare dello stato di emergenza (31 luglio 2020), al fine di far fronte alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione del COVID-19 garantendo i livelli essenziali di assistenza, l’articolo in esame permette alle aziende e agli enti del Ssn, dopo aver verificato l’impossibilita? di procedere al reclutamento di personale facendo ricorso agli incarichi previsti dagli articoli 1 e 2 del decreto legge 14/2020, di trattenere in servizio, anche in deroga ai limiti previsti dalle disposizioni vigenti per il collocamento in quiescenza, i dirigenti medici e sanitari, nonché il personale del ruolo sanitario del comparto sanita? e gli operatori socio-sanitari.

 

Al fine di fronteggiare la situazione emergenziale derivante dalla diffusione del COVID-19 garantendo i livelli essenziali di assistenza, gli articoli 1 e 2 del decreto legge 14/2020 del 9 marzo hanno già previsto misure speciali transitorie in materia di reclutamento del personale del Ssn.

Più in particolare, l’art. 1 del decreto legge 14/2020 ha consentito, in via transitoria:

·         il conferimento, da parte degli enti ed aziende del Ssn, di incarichi di lavoro autonomo (anche di collaborazione coordinata e continuativa) agli iscritti agli albi delle professioni sanitarie, ivi compresi i medici; in merito, alcune specifiche disposizioni sono stabilite per i medici in formazione specialistica;

·         una deroga alla disciplina transitoria relativa all'assunzione di medici e veterinari in formazione specialistica con contratti di lavoro dipendente a tempo determinato e parziale; la deroga consente tali assunzioni anche in assenza dell'accordo quadro nazionale ivi previsto;

·         il ricorso alla stipulazione nell'ambito del Ssn, di contratti di lavoro autonomo con personale medico ed infermieristico collocato in quiescenza (la possibilità è ammessa anche qualora il soggetto non sia iscritto, in conseguenza del collocamento a riposo, al relativo albo professionale).

Ricordiamo infine che l’art. 2 del predetto decreto ha inoltre consentito, in via transitoria, la seguente misura:

·         il conferimento di incarichi individuali a tempo determinato a personale medico e sanitario, mediante avviso pubblico e selezione per titoli e colloquio orale. Gli incarichi hanno la durata di un anno. In ogni caso, il ricorso agli incarichi è subordinato alla previa verifica - da parte dei medesimi enti ed aziende del Ssn -dell'impossibilità di utilizzare personale già in servizio nonché di ricorrere agli idonei collocati in graduatorie concorsuali in vigore. Le attività professionali svolte in base ai suddetti incarichi a termine costituiscono titoli preferenziali nelle procedure concorsuali per l'assunzione presso le aziende e gli enti del Ssn.

 

Infine il comma 2 dell’articolo in esame prevede che, per i medesimi fini e per il medesimo periodo, il personale dei medici e del settore sanitario della Polizia di Stato può essere trattenuto in servizio anche in deroga ai limiti previsti dalle disposizioni vigenti sul collocamento in quiescenza.

 

La direzione centrale di Sanità del dipartimento della Pubblica sicurezza è stata istituita nel 1990 acquisendo tutte le funzioni e le attribuzioni proprie dell’ufficio precedentemente denominato Servizio Sanitario Centrale. In posizione apicale è collocato un dirigente generale medico del ruolo professionale dei sanitari della Polizia di Stato. La Direzione è articolata in:

·         Servizio Affari generali di Sanità (1ª divisione – 2ª divisione).

·         Servizio operativo centrale di Sanità:

·         Centro di Neurologia e Psicologia medica;

·         Centro di Ricerche di laboratorio e Tossicologia forense;

·         Centro clinico di Medicina preventiva e Medicina legale;

·         Centri sanitari polifunzionali di Milano, Napoli, Palermo;

·         Osservatorio centrale per la Tutela della salute e della Sicurezza nei luoghi di lavoro;

·         Coordinamento sanitario (Torino – Milano – Padova – Firenze – Roma – Napoli – Catania).

Al personale appartenente ai ruoli professionali dei sanitari si applicano le disposizioni dell'ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia, di cui al D.P.R. 335/1982, e dell'ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta attività tecnico-scientifica o tecnica, di cui al D.P.R. 337/1982 (art. 2 del D.P.R. 338/1982 Ordinamento dei ruoli professionali dei sanitari della Polizia di Stato).

 


Articolo 13
(Deroga alle norme in materia di riconoscimento
delle qualifiche professionali sanitarie)

 

 

L’articolo 13 è diretto a consentire, in deroga alle norme che disciplinano le procedure per il riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie conseguite in un Stato dell’Unione europea o in Stati terzi, l'esercizio temporaneo di tali qualifiche da parte di professionisti che intendono esercitare sul territorio nazionale una professione sanitaria conseguita all’estero in base a specifiche direttive dell’Unione europea (v. infra direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali). Le regioni e le province autonome possono pertanto procedere al reclutamento di tali professionisti in relazione al solo periodo dell’emergenza epidemiologica in base a quanto disposto dagli articoli 1 e 2 del DL. n. 14/2020 e nei limiti delle risorse ivi previste.

 

Per la durata dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 è pertanto consentito l’esercizio temporaneo di professioni sanitarie con qualifica conseguita all’estero per permettere a regioni e province autonome di attingere ad ulteriori risorse umane far fronte alle carenze di personale sanitario. A tal fine, gli interessati presentano istanza, corredata di un certificato di iscrizione all'albo dello Stato di provenienza, alle regioni e province autonome, le quali possono procedere al reclutamento temporaneo di tali professionisti ai sensi degli articoli 1 e 2 del decreto-legge 9 marzo 2020, n. 14/2020, nei limiti delle risorse previste dal medesimo decreto legge.

 

In sintesi, il citato articolo 1 consente il conferimento di incarichi di lavoro autonomo - anche di collaborazione coordinata e continuativa - della durata di sei mesi, prorogabili secondo necessità, agli iscritti agli albi delle professioni sanitarie, ivi compresi i medici, oltre che ai medici specializzandi agli ultimi anni, e la possibilità, da parte delle regioni, di conferire a personale medico e infermieristico in pensione, fino al 31 luglio 2020, incarichi di lavoro autonomo, con durata non superiore a 6 mesi e comunque entro il termine dello stato di emergenza. L’articolo 2, inoltre, consente l’attribuzione di incarichi individuali a tempo determinato tramite selezione per titoli e colloquio per la durata di un anno non rinnovabile.

Le risorse rientrano nei limiti complessivamente indicati in 660 milioni di euro per l’anno 2020, volti a finanziare, oltre che i sopra richiamati articoli 1 e 2, anche gli articoli 5 per l’incremento delle ore di specialistica ambulatoriale, 6 in ordine al conferimento di incarichi di lavoro autonomo e 8 che prevede la costituzione di unità speciali di continuità assistenziale, a valere sul finanziamento sanitario corrente stabilito per il medesimo anno 2020 e il cui riparto a regioni e province autonome è già stato effettuato con decreto direttoriale 10 marzo 2020.

 

Per il periodo indicato, l’esercizio temporaneo della  professione sanitaria avviene in deroga agli articoli 49 sul riconoscimento dei titoli abilitanti all'esercizio delle professioni e 50 sugli esercenti le professioni sanitarie del DPR n. 394 del31 agosto 1999 n. 394 ed alle disposizioni di cui al decreto legislativo 6 novembre 2007 n. 206 che disciplina, tra l’altro, l’attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali.

 

In breve, l’esercizio della professione medica - e sanitaria più in generale – necessita in Italia dell'abilitazione all'esercizio della professione in considerazione della particolare importanza del bene tutelato, cioè la salute dell'individuo, e pertanto tale esercizio è consentito solo attraverso l'iscrizione di Albi professionali secondo le procedure stabilite dalla legge. Ciò implica che anche il nominativo del professionista con titolo conseguito all’estero deve essere inserito in appositi elenchi di cittadini stranieri che hanno ottenuto il riconoscimento di titoli abilitanti o per i quali non vi è ancora un ordine o un collegio, tenuti presso il Ministero della salute e aggiornati annualmente. Sono necessari, come presupposti all’iscrizione, oltre che la conoscenza della lingua italiana, la conoscenza delle speciali disposizioni che regolano l'esercizio professionale in Italia, verifica affidata al Ministero della salute e agli ordini e ai collegi professionali secondo modalità stabilite dallo stesso Ministero.


Articolo 14
(Ulteriori disposizioni in materia di sorveglianza sanitaria)

 

 

In considerazione della rapida evoluzione della situazione epidemiologica e dell’emergenza in atto, l’articolo 14 rende non applicabile la misura della quarantena con sorveglianza attiva (anche in caso di contatti stretti con soggetti affetti da Covid-19) nei confronti dei dipendenti delle imprese che operano nell'ambito della produzione dei farmaci e dei dispositivi medici e diagnostici nonché delle relative attività di ricerca e della filiera integrata per i subfornitori.

 

In considerazione dell’emergenza in atto, l’articolo in esame propone una disposizione dal tenore analogo a quella dettata dall’articolo 7 del decreto-legge 14/2020 relativa alla disapplicazione della quarantena con sorveglianza attiva nei confronti degli operatori sanitari e degli operatori dei servizi pubblici essenziali anche nell’ipotesi di intercorsi contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva.

 

La misura della quarantena con sorveglianza attiva, definita dall’Ordinanza del Ministero della salute 21 febbraio 2020, si applica agli individui che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva COVID-19 o a coloro che hanno transitato nelle aree a rischio negli ultimi 14 giorni. Tale circostanza deve essere comunicata al   Dipartimento di   prevenzione dell'azienda sanitaria territorialmente competente, che, acquisita la comunicazione, provvede all'adozione della misura della permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, ovvero, in presenza di condizione ostative, di misure alternative di efficacia equivalente. L'operatore di sanità pubblica provvede a contattare quotidianamente, per avere notizie sulle condizioni di salute, la persona in sorveglianza, che, da parte sua, deve: mantenere lo stato di isolamento per quattordici giorni dall'ultima esposizione; non avere contatti sociali; sottostare al divieto di spostamenti e viaggi; rimanere raggiungibile per le attività di sorveglianza.

 

Ad essere interessati dalla disposizione ora in commento sono i dipendenti delle imprese che operano nell'ambito della produzione dei farmaci e dei dispositivi medici e diagnostici nonché delle relative attività di ricerca e della filiera integrata per i subfornitori.

 

Ai sensi dei co. 1 e 2 dell’art. 1 della legge 192/1998,“con il contratto di subfornitura un imprenditore si impegna a effettuare per conto di una impresa committente lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime forniti dalla committente medesima, o si impegna a fornire all'impresa prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o comunque ad essere utilizzati nell'ambito dell'attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso, in conformità a progetti esecutivi, conoscenze tecniche e tecnologiche, modelli o prototipi forniti dall'impresa committente. Sono esclusi da tale definizione i contratti aventi ad oggetto la fornitura di materie prime, di servizi di pubblica utilità e di beni strumentali non riconducibili ad attrezzature”. La norma sulla subfornitura ora citata non limita l’ambito di applicazione all’incorporazione del prodotto o servizio nel bene finale, ma lo estende alle ipotesi di utilizzazione di questi nell’ambito dell’attività economica del committente.

 

La disposizione ora in esame prevede che i lavoratori di cui al precedente periodo sospendono l’attività nel caso di sintomatologia respiratoria o esito positivo per COVID-19.

 

 


Articolo 15
(Disposizioni straordinarie per l’autorizzazione alla produzione di
mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale)

 

 

Per far fronte alla situazione epidemiologica da Covid–19, limitatamente al periodo dell’emergenza, l’articolo 15 consente di produrre, importare e immettere in commercio mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuale (DPI) in deroga alle vigenti disposizioni. Tuttavia, al fine di avvalersi della suddetta deroga, i produttori e gli importatori delle mascherine chirurgiche, e coloro che li immettono in commercio, inviano all’Istituto superiore di sanita? (ISS) una autocertificazione nella quale attestano le caratteristiche tecniche delle mascherine e dichiarano che le stesse rispettano tutti i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa. Entro e non oltre 3 giorni dalla citata autocertificazione le aziende produttrici e gli importatori devono altresì trasmettere all’ISS ogni elemento utile alla validazione delle mascherine chirurgiche oggetto della stessa. L’ISS, nel termine di 3 giorni dalla ricezione di quanto sopra indicato, si pronuncia circa la rispondenza delle mascherine chirurgiche alle norme vigenti.

La stessa procedura è richiesta per i DPI; in questo caso l’ente di validazione è l’INAIL.

Qualora all’esito della valutazione effettuata dall’ISS per le mascherine chirurgiche e dall’INAIL per i DPI, i prodotti risultino non conformi, il produttore ne cessa immediatamente la produzione e all’importatore e? fatto divieto di immissione in commercio.

 

La norma in esame interviene per far fronte alla situazione emergenziale da COVID-19 connotata dalla oggettiva e grave carenza di mascherine chirurgiche e di dispositivi di protezione individuale (DPI). Pertanto, fermo restando quanto previsto dall’articolo 34 del decreto legge 9/2020, l’articolo in esame, al comma 1, consente, per la gestione dell’emergenza COVID-19, e fino al termine dello stato di emergenza (31 luglio 2020), di produrre, importare e immettere in commercio mascherine chirurgiche e DPI in deroga alle vigenti disposizioni.

 

L’art. 34 del decreto legge 9/2020 reca norme di deroga relative alle caratteristiche, alle procedure di acquisto e di pagamento delle mascherine chirurgiche e dei DPI. Più precisamente, il comma 3 dell’art. 34 consente, in coerenza con le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità ed in conformità alle attuali evidenze scientifiche, il ricorso alle mascherine chirurgiche quale dispositivo idoneo a proteggere gli operatori sanitari e prevede che siano utilizzabili, previa valutazione da parte dell’Istituto superiore di sanità, anche mascherine prive del marchio CE (marchio di conformità alle prescrizioni europee).

Si rileva che le mascherine chirurgiche sono considerate a tutti gli effetti dispositivi medici, pertanto sono regolamentate dal D.Lgs. 46/1997[22] di attuazione della Direttiva 93/42/CEE applicabile ai dispositivi medici e ai relativi accessori. Il decreto riporta i requisiti essenziali e gli altri requisiti che devono essere soddisfatti affinché i dispositivi possano essere immessi in commercio e/o messi in servizio, definisce inoltre le fasi delle procedure di valutazione della conformità (schemi di certificazione), stabilendo le responsabilità reciproche del fabbricante e degli organismi notificati.

I Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) sono apparecchiature destinate ad essere indossate dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute sul luogo di lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo. Nei DPI sono fra l’altro compresi  guanti, occhiali, visiere, maschere protettive facciali filtranti e scarpe. I DPI per le vie respiratorie si diversificano in base al loro utilizzo anche se il comune obiettivo è quello di evitare o limitare l'ingresso di agenti potenzialmente pericolosi (fumi, polveri, fibre o microrganismi) nelle vie aeree. I DPI per le vie respiratorie e gli altri dispositivi di protezione sono disciplinati dal Regolamento (UE) 2016/425 sui dispositivi di protezione individuale. Il regolamento UE 2016/425, che ha abrogato la Direttiva 89/686/CEE del Consiglio, stabilisce requisiti per la progettazione e la fabbricazione dei dispositivi di protezione individuale (DPI) che devono essere messi a disposizione sul mercato, al fine di garantire la protezione della salute e della sicurezza degli utilizzatori, e stabilisce norme sulla libera circolazione dei DPI nell’Unione. In modo analogo ad altre Direttive di prodotto, il regolamento UE 2016/425 prescrive che i DPI soddisfino i requisiti essenziali di salute e sicurezza previsti nell’Allegato II dello stesso regolamento. All’atto dell’immissione sul mercato dei DPI, i fabbricanti devono garantire che gli stessi siano stati progettati e fabbricati in conformità ai requisiti essenziali di salute e di sicurezza, redigendo la dichiarazione di conformità UE e apponendo sui DPI la marcatura CE.

Le Circolari del Ministero della salute n. 1997 del 22 gennaio 2020 e n. 2302 del 27 gennaio 2020 hanno fornito le prime indicazioni sulla gestione dei casi COVID-19 nelle strutture sanitarie, sull’utilizzo dei DPI per il personale sanitario e sugli standard di biosicurezza. Tali indicazioni sono state poi integrate dalla nota dello stesso Ministero del  22 febbraio 2020 che prescrive l’uso, per il personale sanitario in contatto con un caso sospetto o confermato di COVID-19, di DPI adeguati, consistenti in filtranti respiratori FFP2 (FFP3 per le procedure che generano aerosol), protezione facciale, camice e guanti. La stessa nota raccomanda anche alle Forze dell’ordine impegnate a garantire le misure di quarantena dei casi con COVID-19, di utilizzare idonei DPI adeguati alla tipologia di intervento.

Si ricorda infine che il 29 gennaio 2020,l’OMS ha pubblicato un documento dedicato all'uso delle mascherine chirurgiche nei vari contesti del focolaio di coronavirus, ovvero in ambienti comunitari, durante l'assistenza domiciliare e in ambito sanitario. Successivamente, il 27 febbraio 2020, l’Oms con un ulteriore documento ha invitato ad un uso razionale dei dispositivi di protezione individuale per l'epidemia di coronavirus. Nel documento, l'uso delle mascherine chirurgiche, insieme ad altri presidi quali camice, guanti e occhiali protettivi, viene indicato espressamente per l'assistenza di pazienti affetti da coronavirus e per i tecnici di laboratorio, in caso di manipolazione di campioni di materiali delle vie respiratorie. Per le procedure che possono generare aerosol, viene invece raccomandato il ricorso a DPI quali le maschere protettive con filtranti N95 o FFP2.

 

Il comma 2 specifica la procedura richiesta, in deroga alle vigenti disposizioni, per la produzione, l’importazione e la commercializzazione delle mascherine chirurgiche durante il periodo emergenziale. Più precisamente i produttori e gli importatori delle mascherine chirurgiche, e coloro che li immettono in commercio avvalendosi della deroga prevista, inviano all’Istituto superiore di sanita? (ISS) una autocertificazione nella quale, sotto la propria esclusiva responsabilità, attestano le caratteristiche tecniche delle mascherine e dichiarano che le stesse rispettano tutti i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa. Entro e non oltre 3 giorni dalla citata autocertificazione le aziende produttrici e gli importatori devono altresì trasmettere all’ISS ogni elemento utile alla validazione delle mascherine chirurgiche oggetto della stessa. L’ISS, nel termine di 3 giorni dalla ricezione di quanto sopra indicato, si pronuncia circa la rispondenza delle mascherine chirurgiche alle norme vigenti.

Il comma 3 specifica la procedura richiesta, in deroga alle vigenti disposizioni, per la produzione, l’importazione e la commercializzazione dei dispositivi di protezione individuale (DPI) durante il periodo emergenziale. A tal fine si prevede che i produttori, gli importatori dei DPI e coloro che li immettono in commercio, avvalendosi della deroga ivi prevista, inviano all’INAIL una autocertificazione nella quale, sotto la propria esclusiva responsabilità, attestano le caratteristiche tecniche dei citati dispositivi e dichiarano che gli stessi rispettano tutti i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa. Entro e non oltre 3 giorni dalla citata autocertificazione le aziende produttrici e gli importatori devono altresì trasmettere all’INAIL ogni elemento utile alla validazione dei dispositivi di protezione individuale oggetto della stessa. L’INAIL, nel termine di 3 giorni dalla ricezione di quanto indicato nel comma in commento, si pronuncia circa la rispondenza dei dispositivi di protezione individuale alle norme vigenti.

 

Il comma 4 prevede che qualora all’esito della valutazione effettuata dall’ISS per le mascherine chirurgiche e dall’INAIL per i DPI, i prodotti risultino non conformi alle vigenti norme, impregiudicata l’applicazione delle disposizioni in materia di autocertificazione, il produttore ne cessa immediatamente la produzione e all’importatore e? fatto divieto di immissione in commercio.


Articolo 16
(Ulteriori misure di protezione in favore dei lavoratori e della collettività)

 

L’articolo 16 reca, ai fini del contenimento della diffusione del virus COVID-19, alcune norme transitorie sull’uso, negli ambienti di lavoro in generale, di mascherine chirurgiche e sull’uso, nell’ambito dell’intera collettività, di mascherine filtranti, nonché sulle tipologie ammesse (per gli impieghi suddetti) dei due dispositivi.

 

Le norme transitorie di cui al presente articolo si applicano (sull’intero territorio nazionale) fino al termine dello stato di emergenza in oggetto (termine che, in base alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, scade il 31 luglio 2020).

In particolare, in tale ambito temporale, il comma 1 include le mascherine chirurgiche reperibili in commercio tra i dispositivi di protezione individuale (DPI), con riferimento a tutti i casi in cui i lavoratori, nello svolgimento della loro attività, siano oggettivamente impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di almeno un metro. Al riguardo, mediante il richiamo dell’articolo 34, comma 3, del D.L. 2 marzo 2020, n. 9, attualmente in fase di conversione alle Camere, si consente il ricorso anche a mascherine prive del marchio CE (marchio di conformità alle prescrizioni europee), previa valutazione da parte dell’Istituto superiore di sanità.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 74, comma 1, del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, la nozione generale dei dispositivi di protezione individuale per i lavoratori è costituita dall’attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante la sua attività, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo. Per le attrezzature che rientrano in tale nozione si applicano gli obblighi previsti dal medesimo D.Lgs. n. 81 del 2008.

Come norma transitoria generale, il comma 2 del citato articolo 34 del D.L. n. 9 del 2020 (in fase di conversione alle Camere) consente, con riferimento allo stato di emergenza in oggetto e fino al relativo termine finale (posto, come detto, al 31 luglio 2020), l'impiego di dispositivi di protezione individuali di efficacia protettiva analoga a quella prevista (per i medesimi dispositivi di protezione individuale) dalla normativa vigente, previa valutazione dell'efficacia da parte del Comitato tecnico-scientifico istituito ai sensi dell'articolo 2 dell'ordinanza n. 630 del 3 febbraio 2020 del Capo del Dipartimento della protezione civile.

Riguardo alle mascherine chirurgiche, il comma 3 dello stesso articolo 34 del D.L. n. 9 in fase di conversione, consente, in relazione al suddetto stato di emergenza, in coerenza con le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità ed in conformità alle attuali evidenze scientifiche, il ricorso alle mascherine chirurgiche quale dispositivo idoneo a proteggere gli operatori sanitari e prevede che siano utilizzabili, previa valutazione da parte dell’Istituto superiore di sanità, anche mascherine prive del summenzionato marchio CE.

 

Il comma 2 del presente articolo 16 consente, fino al termine del suddetto stato di emergenza, l’impiego, da parte delle persone presenti sull’intero territorio nazionale, di mascherine filtranti prive del marchio CE e prodotte in deroga alle vigenti norme sull'immissione in commercio.


Articolo 17
(Disposizioni urgenti materia di sperimentazione dei medicinali e dei dispositivi medici per l'emergenza epidemiologica da COVID-19)

 

L'articolo 17 reca norme concernenti la sperimentazione clinica dei farmaci e dei dispositivi medici, con riferimento a pazienti affetti dal virus COVID-19, nonché l’uso compassionevole[23] dei farmaci in fase di sperimentazione destinato ai medesimi pazienti. Le misure hanno la finalità di migliorare la capacità di coordinamento e di analisi delle evidenze scientifiche disponibili e trovano applicazione limitatamente al periodo di durata dello stato di emergenza relativo al suddetto virus (la delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 ha dichiarato lo stato di emergenza per 6 mesi, a decorrere dalla medesima delibera).

 

I commi 1 e 2 dell'articolo in esame prevedono che, per la suddetta finalità, l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) possa accedere a tutti i dati relativi ai summenzionati studi sperimentali ed usi compassionevoli, con riferimento esclusivo ai pazienti affetti da COVID-19. I protocolli di studio[24] sono preventivamente valutati da parte della Commissione consultiva tecnico-scientifica (CTS) dell’AIFA. La Commissione comunica gli esiti della valutazione anche al Comitato tecnico-scientifico istituito ai sensi dell'articolo 2 dell'ordinanza n. 630 del 3 febbraio 2020 del Capo del Dipartimento della protezione civile[25]. Restano ferme le disposizioni vigenti in materia di sperimentazione clinica dei medicinali e dei dispositivi medici.

Ai sensi del comma 3, il comitato etico dell'Istituto nazionale per le malattie infettive-IRCCS "Lazzaro Spallanzani" è individuato quale comitato etico unico nazionale per la valutazione delle sperimentazioni in oggetto (con riferimento, come detto, ai pazienti affetti da COVID-19) ed esprime il relativo parere nazionale, anche tenendo conto della valutazione della Commissione consultiva tecnico-scientifica dell’AIFA. Il suddetto comitato etico (comma 4) acquisisce, dai promotori, tutti i protocolli degli studi sperimentali sui medicinali di fase II, III e IV[26] per la cura dei pazienti con COVID-19, nonché gli eventuali emendamenti e le richieste dei medici per gli usi compassionevoli.

Il comma 5 prevede che il suddetto parere nazionale del comitato etico sia comunicato alla Commissione consultiva tecnico-scientifica dell’AIFA e sia quindi pubblicato sul sito istituzionale della medesima AIFA. Il comma demanda inoltre all’AIFA di emanare, entro 10 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, sentito il comitato etico dell'Istituto Spallanzani, una circolare che indichi le procedure semplificate per l'acquisizione dei dati in oggetto, in deroga alle procedure vigenti in materia di acquisizione dei dati ai fini della sperimentazione, nonché le modalità di adesione agli studi. Anche le procedure e le modalità stabilite dalla circolare trovano applicazione limitatamente al periodo di durata dello stato di emergenza summenzionato.

Il comma 6, infine, reca la clausola di invarianza finanziaria, specificando che le amministrazioni pubbliche assolvono ai compiti previsti dalle norme in esame con le risorse disponibili a legislazione vigente.

 

Riguardo ai compiti del comitato etico nella sperimentazione clinica, si ricorda, in sintesi, che l'art. 6, comma 1, del D.Lgs. n. 211 del 2003 stabilisce che esso debba esprimere il proprio parere prima dell'inizio di qualsiasi sperimentazione clinica (in merito alla quale sia stato interpellato come comitato competente). Il medesimo articolo detta i criteri per la formulazione del parere. Il comitato etico è "un organismo indipendente, composto da personale sanitario e non, che ha la responsabilità di garantire la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei soggetti in sperimentazione e di fornire pubblica garanzia di tale tutela, esprimendo, ad esempio, un parere sul protocollo di sperimentazione, sull'idoneità degli sperimentatori, sulla adeguatezza delle strutture e sui metodi e documenti che verranno impiegati per informare i soggetti e per ottenerne il consenso informato" (art. 2, comma 1, lett. m), del medesimo decreto legislativo). L'art. 7 dello stesso D.Lgs. n. 211, e successive modificazioni, disciplina il parere unico in caso di sperimentazioni, basate su un unico protocollo, condotte da più centri.

Riguardo al comitato etico dell'IRCCS Lazzaro Spallanzani, si veda la pagina internet ad esso dedicata.


Articolo 18
(Rifinanziamento fondi)

 

L’articolo 18 dispone l’incremento del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato di 1.410 milioni di euro per l’anno 2020, sia in relazione agli interventi previsti per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale di cui al Titolo in esame (v. ante), sia per le misure di incremento delle assunzioni nel comparto sanitario disposte dal decreto-legge 9 marzo 2020, n. 14.

 

In proposito si segnala che il DL. 14/2020 (qui le schede di approfondimento) ha previsto, segnatamente ai primi cinque articoli, misure di potenziamento delle risorse umane del SSN, prevedendo, in sintesi: art. 1) il conferimento di incarichi di lavoro autonomo - anche di collaborazione coordinata e continuativa -della durata di sei mesi, prorogabili secondo necessità, agli iscritti agli albi delle professioni sanitarie, ivi compresi i medici, oltre che ai medici specializzandi agli ultimi anni, e la possibilità, da parte delle regioni, di conferire a personale medico e infermieristico in pensione, fino al 31 luglio 2020, incarichi di lavoro autonomo, con durata non superiore a 6 mesi e comunque entro il termine dello stato di emergenza; art. 2) l’attribuzione di incarichi individuali a tempo determinato tramite selezione per titoli e colloquio per la durata di un anno non rinnovabile; art. 3) la rideterminazione da parte delle regioni, per esigenze sanitarie, dei piani di fabbisogno del personale delle aziende e degli enti del SSN; art. 4) il reclutamento, per incarichi provvisori e di sostituzione, di medici di medicina generale e pediatri di libera scelta iscritti ai rispettivi corsi di formazione; art. 5) l’incremento delle ore aggiuntive della specialistica ambulatoriale da assegnare nel limite di spesa pari a 6 milioni di euro e in base all’Accordo collettivo nazionale vigente.

Si fa inoltre presente l’articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 18 in esame ha autorizzato l’ulteriore spesa di 100 milioni di euro a valere sul finanziamento sanitario corrente stabilito per l’anno 2020 per le finalità di cui all’articolo 1, commi 1 lettera a) (conferimento, da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, di incarichi di lavoro autonomo - anche di collaborazione coordinata e continuativa - a soggetti iscritti agli albi delle professioni sanitarie) e articolo 6 (non applicabilità del regime di incompatibilità tra lo status di volontario e quello di lavoratore dell’Ente del Terzo settore presso cui si svolge l’attività di volontariato), del decreto-legge 9 marzo 2020, n. 14, nei limiti degli importi indicati nella tabella di cui all’allegato A che ne determina il riparto per regione e provincia autonoma.

 

Vengono allo stesso tempo stabiliti gli obblighi contabili delle regioni e province autonome, e degli enti dei rispettivi servizi sanitari regionali, per dare opportuna evidenza contabile alla gestione dell’emergenza: i citati enti territoriali e del servizio sanitario, infatti, provvedono, in relazione alla contabilità dell’anno 2020, all’apertura di un centro di costo dedicato che deve essere contrassegnato dal codice univoco “COV 20”. Si precisa pertanto che deve essere garantita una tenuta distinta in relazione agli accadimenti contabili legati alla gestione dell’emergenza che in ogni caso confluiscono nei modelli economici di cui al decreto ministeriale 24 maggio 2019.

 

Si ricorda che con quest’ultimo decreto sono stati adottati, per gli enti del Servizio sanitario nazionale, nuovi modelli di rilevazione economica del Conto Economico, dello Stato Patrimoniale, dei costi di Livelli essenziali di Assistenza e del Conto del Presidio, anche per tenere conto dell’evoluzione normativa data, essenzialmente dal D.Lgs. n. 118 del 2011 che ha attuato le deleghe della L. 42 del 2009 in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi. I nuovi modelli, in particolare, sono diretti ad assicurare una più organica ed omogenea attività di rilevazione dei dati di ricavo e di costo degli enti del Servizio sanitario Nazionale di cui all'art. 19, comma 2, lettera c)del citato decreto legislativo (vale a dire aziende sanitarie locali (ASL); aziende ospedaliere (AO); istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici (IRCCS), anche se trasformati in fondazioni; aziende ospedaliere universitarie integrate con il SSN), tendendo a garantire la piena coerenza trai dati contenuti nei diversi modelli di rilevazione economica e a rispondere alle esigenze informative, sia a livello ministeriale che regionale, per una più puntuale e dettagliata articolazione degli fatti economici.

 

Ciascuna regione deve redigere un apposito Programma operativo per la gestione dell’emergenza Covid-19 che il Ministero della salute dovrà approvare, di concerto con il MEF. Il Programma, inoltre, dovrà essere sottoposto al monitoraggio congiunto di questi Ministeri.

Il comma 2 dispone per l'anno 2020 il differimento dei termini  per le verifiche previste per i piani di rientro regionali volti a garantire l’equilibrio economico del Servizio sanitario nazionale, relativi all’anno 2019, in considerazione delle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dall’emergenza del COVID-19.

Si tratta delle verifiche previste per i provvedimenti che devono essere adottati dalla regione in caso di squilibrio economico-finanziario della spesa sanitaria, disposti all’articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), i cui termini per la diffida del Presidente del Consiglio dei ministri a provvedere al disavanzo di gestione, previsti per il 30 aprile, vengono differiti al 31 maggio e, conseguentemente, quelli del 31 maggio relativi all’approvazione del bilancio consolidato del Servizio sanitario regionale per determinare il disavanzo di gestione ed adottare i necessari provvedimenti per il ripiano, differiti al 30 giugno.

Inoltre, il comma 3 dispone, per far fronte alle esigenze straordinarie connesse allo stato di emergenza deciso dal Consiglio dei Ministri con Delibera del 31 gennaio 2020, l’incremento di 1.650 milioni, per l'anno 2020, del Fondo per le emergenze nazionali previsto dall'articolo 44, del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1 (cd. Codice della Protezione civile), includendo in tali risorse quelle destinate alla copertura delle misure di cui all’articolo 6,comma 10, del presente decreto-legge, vale a dire il finanziamento, fino al limite di spesa di 150 milioni, di interventi stabiliti con decreto del Capo del Dipartimento della protezione civile per la requisizione in uso o in proprietà, da ogni soggetto pubblico o privato, di presidi sanitari e medico-chirurgici, oltre che di beni mobili di qualsiasi genere, occorrenti per fronteggiare l’emergenza sanitaria in corso.

 

Il Fondo, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della protezione civile, finanzia gli interventi per i quali il Consiglio dei Ministri delibera la dichiarazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale. Gli interventi contemplati sono in particolare connessi ad eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo che, in ragione della loro intensità o estensione devono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante periodi di tempo limitati e predefiniti. Si ricorda che il Consiglio dei Ministri, con la Delibera del 31 gennaio scorso ha dichiarato lo stato di emergenza per sei mesi in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti dagli agenti virali trasmissibili COVID-19, disponendo la possibilità di provvedere con ordinanze, emanate dal Capo del Dipartimento della protezione civile, acquisita l'intesa della Regione interessata, e in deroga a ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico. Per l'attuazione dei primi interventi, nelle more della valutazione dell'effettivo impatto dell'evento, si provvede nel limite di euro 5 milioni di euro a valere sul Fondo per le emergenze nazionali.

Il comma 4, per far fronte agli oneri del presente articolo, fa rinvio alla clausola di copertura del decreto prevista al successivo articolo 126.


Titolo II
Misure a sostegno del lavoro


Capo I
Estensione delle misure speciali in tema di ammortizzatori sociali per tutto il territorio nazionale


 

Articolo 19
(Norme speciali in materia di trattamento ordinario
di integrazione salariale e assegno ordinario)

 

 

L’articolo 19 detta disposizioni speciali in materia di trattamento ordinario di integrazione salariale e di assegno ordinario per i datori di lavoro e i lavoratori che, nel 2020, accedono ai suddetti strumenti di sostegno al reddito per sospensione o riduzione dell’attività lavorativa a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, che possono essere concessi per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 per una durata massima di nove settimane e comunque entro il mese di agosto 2020.

 

Nel dettaglio, si prevede la possibilità, per i datori di lavoro che sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili alla suddetta emergenza, di presentare domanda di concessione dei trattamenti menzionati con causale “emergenza COVID-19” (comma 1).

Per le relative domande vengono introdotte alcune semplificazioni procedurali[27].

In particolare, i datori di lavoro sono dispensati dall’osservanza (comma 2):

§  del procedimento di informazione e consultazione sindacale richiesto, in via generale, nei casi di sospensione o riduzione dell'attività produttiva e in base al quale l’impresa è tenuta a comunicare preventivamente alle rappresentanze sindacali le cause di sospensione o di riduzione dell'orario di lavoro, l'entità e la durata prevedibile, il numero dei lavoratori interessati. (ex art. 14 del D.Lgs. 148/2015);

§  dei limiti temporali previsti per la domanda del trattamento ordinario di integrazione salariale, che va presentata entro 15 giorni dall’inizio della sospensione, o per quella di assegno ordinario, che va presentata non prima di 30 giorni e non oltre il termine di 15 giorni dall'inizio della sospensione o riduzione dell'attività lavorativa eventualmente programmata (ex artt. 15, c. 2, e 30, c. 2, del medesimo D.Lgs. 148/2015), fermi restando l’informazione, la consultazione e l’esame congiunto che devono essere svolti anche in via telematica entro i tre giorni successivi a quello della richiesta. La domanda deve essere presentata entro la fine del quarto mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa e non è soggetta alla verifica della sussistenza delle causali richiesta dalla normativa vigente per l’accesso al trattamento ordinario di integrazione salariale, ossia sospensione o riduzione dell’attività lavorativa dovuta a situazioni aziendali conseguenti a eventi transitori e non imputabili all'impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali, o per situazioni temporanee di mercato (di cui all’art. 11 del D.Lgs. 148/2015).

Le suddette prestazioni sono riconosciute in favore dei lavoratori che risultano alle dipendenze dei datori di lavoro richiedenti la prestazione al 23 febbraio 2020, anche in assenza di un’anzianità di effettivo lavoro di almeno novanta giorni al momento della presentazione della richiesta (come invece previsto nella generalità dei casi dall’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 148/2015). Le medesime prestazioni e quelle previste dal successivo articolo 21 - che riconosce l’assegno ordinario ai datori di lavoro che hanno trattamenti di assegni di solidarietà in corso (cfr. la relativa scheda di lettura) – sono riconosciute nel limite di spesa di 1347,1 milioni di euro per il 2020; alla copertura dei relativi oneri si provvede ai sensi del successivo articolo 126 (cfr. la relativa scheda di lettura). Il monitoraggio dei suddetti limiti di spesa è affidato all’INPS che non prende in considerazione ulteriori domande qualora dal monitoraggio emerga che è stato raggiunto, anche in via prospettica, il limite di spesa medesimo (commi 8, 9 e 10).

I periodi di trattamento di cassa integrazione salariale ordinaria e di assegno ordinario non sono conteggiati ai fini dei limiti di durata previsti dalla normativa vigente e sono neutralizzati ai fini delle successive richieste (comma 3).

In particolare, i suddetti periodi non sono conteggiati ai fini:

§  della durata massima complessiva del trattamento ordinario e straordinario di integrazione salariale pari a 24 mesi in un quinquennio mobile (30 mesi per le imprese dell'industria e dell'artigianato edile e lapidei)[28] (art. 4 del D.Lgs. 148/2015);

§  della durata massima del trattamento ordinario di integrazione salariale pari a 13 settimane continuative, prorogabile trimestralmente fino a un massimo complessivo di 52 settimane (mentre il trattamento relativo a più periodi non consecutivi non può superare complessivamente la durata di 52 settimane in un biennio mobile) (art. 12 del D.Lgs. 148/2015);

§  della durata dell’assegno ordinario erogato dai Fondi di solidarietà che non può essere inferiore a 13 settimane in un biennio mobile e superiore alle durate massime previste per la CIGO e la CIGS (pari, a seconda della causale addotta, a 52 settimane in un biennio mobile, o a 12 mesi, o a 24 o 36 mesi in un quinquennio mobile) (art. 30, c. 1, del D.Lgs. 148/2015);

§  della durata massima dell’assegno ordinario erogato dai Fondi di integrazione salariale pari a 26 settimane in un biennio mobile (art. 29, c. 3, del D.Lgs. 148/2015). Inoltre, a tali assegni non si applica, limitatamente al 2020, il tetto aziendale previsto per le prestazioni erogate dai suddetti fondi in base al quale esse sono determinate in misura non superiore a dieci volte l'ammontare dei contributi ordinari dovuti dal datore di lavoro (art. 29, c. 4, del D.Lgs. 148/2015).

 

Inoltre, le imprese che richiedono i suddetti trattamenti non sono tenute al pagamento dei relativi contributi addizionali previsti dalla normativa vigente (di cui agli artt. 5, 29 c. 8 e 30 c. 2 del D.Lgs. 148/2015[29] (comma 4).

 

L’erogazione dell’assegno ordinario di cui al comma 1:

§  viene riconosciuta – limitatamente al periodo indicato e nel 2020 - anche ai lavoratori dipendenti presso datori di lavoro iscritti al Fondo di integrazione salariale che occupano mediamente più di 5 dipendenti, in luogo dei 15 richiesti in via generale dall’art. 29, c. 3, del D.Lgs. 148/2015, e, su istanza del datore di lavoro, può essere pagata direttamente dall’INPS. Inoltre, come ricordato in precedenza, al trattamento in esame non si applica il predetto tetto aziendale previsto per le prestazioni erogate dai suddetti fondi in base al quale esse sono determinate in misura non superiore a dieci volte l'ammontare dei contributi ordinari dovuti dal datore di lavoro (commi 3 e 5);

§  viene garantita, con le predette modalità, anche dai Fondi di solidarietà alternativi (di cui all’art. 27 del D. Lgs. 148/2015 in riferimento ai settori dell’artigianato e della somministrazione), nel limite di 80 milioni di euro per il 2020. I relativi oneri sono posti a carico del bilancio dello Stato e sono trasferiti ai rispettivi Fondi con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze (comma 6);

§  viene garantita, con le medesime modalità, anche dai Fondi di solidarietà bilaterali del Trentino e dell’Alto Adige, istituiti ai sensi dell’art. 40 del D.Lgs. 148/2015[30] (comma 7).

 

Si segnala che analoga disposizione è contenuta nell’art. 13 del D.L. 9/2020 con efficacia territoriale limitata alle unità produttive site nei comuni individuati nell’allegato 1 al DPCM del 1° marzo 2020, nonché, al di fuori di detti comuni, in riferimento ai lavoratori già residenti o domiciliati nei predetti comuni e impossibilitati a prestare la propria attività lavorativa. In base a quanto esposto, si valuti l'opportunità della soppressione del richiamato art. 13 del D.L. 9/2020, in quanto assorbito dalla disposizione in esame.

 

La Relazione tecnica allegata al provvedimento riporta le platee interessate dall’articolo in esame, così come individuate dall’analisi degli archivi gestionali dell’INPS:

§  4,7 milioni di lavoratori dipendenti assicurati per CIGO con una retribuzione media, nel 2019, pari a 2.158,08 euro;

§  6,5 milioni di lavoratori (di cui 1,5 tutelati dai fondi sostitutivi non rientranti nella platea oggetto del provvedimento) rientranti nel campo di applicazione del decreto tutelati dai Fondi di solidarietà che hanno diritto alla concessione dell’assegno ordinario.


Articolo 20
(Trattamento ordinario di integrazione salariale per le aziende già in Cassa integrazione straordinaria)

 

 

L’articolo 20 riconosce alle aziende che, al 23 febbraio 2020, beneficiano di un trattamento di integrazione salariale straordinario, la possibilità di presentare domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale, riconosciuto nel limite massimo di spesa di 338,2 milioni di euro per il 2020 e per un periodo non superiore a nove settimane.

 

Nel dettaglio, la concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale sostituisce la cassa integrazione straordinaria, è subordinata alla sospensione degli effetti di quest’ultima e puo? riguardare anche i medesimi lavoratori beneficiari delle integrazioni salariali straordinarie a totale copertura dell’orario di lavoro (commi 1 e 2).

 

I periodi di trattamento di cassa integrazione salariale ordinaria:

§  non sono conteggiati ai fini dei limiti di durata previsti dalla normativa vigente. In particolare, i suddetti periodi non sono conteggiati ai fini (comma 2):

-     della durata massima complessiva del trattamento ordinario e straordinario di integrazione salariale pari a 24 mesi in un quinquennio mobile (30 mesi per le imprese dell'industria e dell'artigianato edile e lapidei)[31] (art. 4 del D.Lgs. 148/2015);

-     della durata massima del trattamento ordinario di integrazione salariale pari a 13 settimane continuative, prorogabile trimestralmente fino a un massimo complessivo di 52 settimane (mentre il trattamento relativo a più periodi non consecutivi non può superare complessivamente la durata di 52 settimane in un biennio mobile) (art. 12 del D.Lgs. 148/2015).

§  non determinano il pagamento del relativo contributo addizionale previsto dalla normativa vigente (di cui all’art. 5 del D.Lgs. 148/2015[32] (comma 3).

Si dispone, inoltre, che, in via transitoria, non si applicano i termini procedimentali previsti dalla normativa vigente relativamente all’espletamento dell’esame congiunto e della conseguente consultazione sindacale e alla presentazione delle relative istanze per l’accesso ai trattamenti straordinari di integrazione salariale (di cui agli articoli 24 e 25 del D.Lgs. 148/2015[33]) (comma 4).

 

Il monitoraggio del rispetto del limite di spesa entro cui possono essere concessi i suddetti trattamenti ordinari di integrazione salariale – pari a 338,2 milioni di euro per il 2020 - è affidato all’INPS che non prende in considerazione ulteriori domande qualora dal monitoraggio emerga che è stato raggiunto, anche in via prospettica, il limite di spesa. Alla copertura dei relativi oneri si provvede ai sensi del successivo articolo 126 (cfr. la relativa scheda di lettura) (commi 5 e 7).

 

Si introduce poi una modifica all’articolo 14 del D.L. 9/2020, che detta una analoga disposizione per le imprese operanti nei territori di cui all’Allegato 1 del D.P.C.M. del 1º marzo 2020, disponendo che, anche per questi territori, la concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale sospende (e non interrompe, come attualmente previsto) il trattamento straordinario precedentemente autorizzato (comma 6).

Si ricorda che il richiamato art. 14, pur dettando una disposizione analoga limitatamente ai suddetti territori individuati dal D.P.C.M. 1º marzo 2020, pone delle condizioni diverse, subordinando, tra l’altro, l’interruzione del precedente trattamento di CIGS all’adozione di un apposito decreto ministeriale. In considerazione di ciò, si valuti l'opportunità della soppressione del richiamato art. 14 del D.L. 9/2020, in quanto assorbito dalla disposizione in esame.

 

Come riportato nella Relazione tecnica allegata al provvedimento, la sospensione della CIGS è riferita ad una platea di 0,2 milioni di lavoratori che hanno avuto una retribuzione media mensile nel 2019 di circa 2.000 euro.


Articolo 21
(Trattamento di assegno ordinario per i datori di lavoro
che hanno trattamenti di assegni di solidarietà in corso)

 

 

L’articolo 21 riconosce ai datori di lavoro iscritti al Fondo di integrazione salariale che, al 23 febbraio 2020, hanno in corso un assegno di solidarietà, la possibilità di presentare domanda di concessione dell’assegno ordinario, riconosciuto per un periodo non superiore a nove settimane.

 

Nel dettaglio, la concessione dell’assegno ordinario ai sensi del precedente articolo 19 sospende e sostituisce l’assegno di solidarietà già in corso e può riguardare anche i medesimi lavoratori beneficiari delle integrazioni salariali straordinarie a totale copertura dell’orario di lavoro (comma 1).

 

I periodi in cui vi è coesistenza tra assegno di solidarietà e assegno ordinario:

§  non sono conteggiati ai fini del calcolo della durata massima dell’assegno ordinario erogato dai Fondi di integrazione salariale pari a 26 settimane in un biennio mobile (art. 29, c. 3, del D.Lgs. 148/2015), nonché di quella complessiva del trattamento ordinario e straordinario di integrazione salariale, pari a 24 mesi in un quinquennio mobile (30 mesi per le imprese dell’industria e dell’artigianato edile e lapidei[34]) (art. 4 del D.Lgs. 148/2015) (comma 2);

§  non determinano il pagamento del relativo contributo addizionale previsto dalla normativa vigente (di cui all’art. 29, c. 8, del D.Lgs. 148/2015[35](comma 4).

 

Si dispone, infine, che le suddette prestazioni sono riconosciute ai sensi e nei limiti di spesa di cui al precedente articolo 19, comma 9 (cfr. la relativa scheda di lettura (comma 3).

 

Le suddette prestazioni e quelle previste dal precedente articolo 19 - che riconosce il trattamento ordinario di integrazione salariale e l’assegno ordinario per i casi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa a seguito dell’emergenza epidemiologica (cfr. la relativa scheda di lettura) – sono riconosciute nel limite di spesa di 1347,1 milioni di euro per il 2020. Ai relativi oneri si provvede ai sensi del successivo articolo 126 (cfr. la relativa scheda di lettura (comma 5).

 


Articolo 22
(Trattamenti di integrazione salariale in deroga)

 

L’articolo 22 consente alle regioni e province autonome di riconoscere, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, nei limiti delle risorse di cui al comma 3, trattamenti di integrazione salariale in deroga, per la durata della sospensione del rapporto di lavoro e comunque per un periodo non superiore a nove settimane, con riferimento ai datori di lavoro del settore privato per i quali non trovino applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni (di cui ai Titoli I e II del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, e successive modificazioni) in materia di sospensione o riduzione dell'orario di lavoro. Dall’ambito suddetto sono esclusi i datori di lavoro domestico (comma 2), mentre sono esplicitamente inclusi (ove ricorra la circostanza di assenza di altre tutele) quelli agricoli, della pesca e del terzo settore, compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti (comma 1).

 

Per i soli datori aventi più di cinque dipendenti, il trattamento in esame è subordinato alla conclusione di un accordo - che può essere concluso anche in via telematica - tra la regione (o la provincia autonoma) e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale (comma 1).

Il trattamento decorre (retroattivamente) dal 23 febbraio 2020 (comma 3). Esso può in ogni caso concernere solo i dipendenti in forza alla suddetta data.

In relazione al trattamento sono riconosciuti la contribuzione figurativa e gli oneri accessori (comma 1 citato). Per i lavoratori del settore agricolo, il trattamento è equiparato a lavoro ai fini del calcolo delle prestazioni di disoccupazione agricola.

Il trattamento è riconosciuto nel rispetto del limite delle risorse attribuite a ciascuna regione o provincia autonoma con uno o più decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, in sede di riparto del limite massimo complessivo, pari a 3.293,2 milioni di euro per il 2020 (comma 3 citato). Per la copertura dell’onere il comma 8 rinvia al successivo articolo 126.

I trattamenti sono concessi con decreto della regione (o della provincia autonoma), da trasmettere all’INPS in modalità telematica entro quarantotto ore dall’adozione insieme con la lista dei beneficiari (comma 4). L’INPS provvede all'erogazione delle prestazioni in esame, con pagamento diretto ai beneficiari[36] (commi 4 e 6). Le domande sono presentate alla regione (o alla provincia autonoma), che le istruisce secondo l’ordine cronologico di presentazione. L'INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa, fornendo i risultati di tale controllo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e alle regioni e province autonome. Qualora dal monitoraggio emerga che sia stato raggiunto - anche in via prospettica - il limite di spesa, le regioni e le province autonome non possono emettere altri provvedimenti concessori.

Le risorse in esame destinate alle province autonome (di Trento e di Bolzano) sono trasferite ai rispettivi Fondi di solidarietà bilaterali, costituiti ai sensi dell’articolo 40 del citato D.Lgs. n. 148 del 2015, i quali autorizzano le relative prestazioni (comma 5).

Per i trattamenti in oggetto è esclusa (comma 6 citato) l’applicazione degli obblighi di informazione, consultazione ed esame congiunto di cui all’articolo 19, comma 2, primo periodo, del presente decreto.

Il comma 7 fa salve le previsioni degli articoli 15 e 17 del D.L. 2 marzo 2020, n. 9, attualmente in fase di conversione alle Camere, concernenti la concessione di trattamenti di integrazione salariale in deroga, con riferimento, rispettivamente, a dieci comuni della provincia di Lodi ed un comune della provincia di Padova ed alle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto.

Si valuti l'opportunità di un coordinamento tra tali disposizioni ed il presente articolo 22, in relazione ad alcuni profili di possibile maggior tutela derivante da quest’ultimo (con riferimento alla durata della prestazione e al computo della medesima ai fini del calcolo delle prestazioni di disoccupazione agricola).

 

 

 


 

Capo II
Norme speciali in materia di riduzione dell'orario di lavoro e di sostegno ai lavoratori


 

Articoli 23 e 25
(Congedi parentali per lavoratori dipendenti pubblici e privati, autonomi, iscritti alla Gestione separata e del settore sanitario
e permessi per i sindaci)

 

 

A seguito della sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado conseguente all’emergenza epidemiologica da COVID-19, gli articoli 23 e 25 riconoscono specifici congedi parentali e indennità in favore dei genitori lavoratori dipendenti, pubblici e privati, autonomi, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, o dipendenti del settore sanitario, pubblico e privato accreditato.

 

Congedo parentale per figli fino a 12 anni e indennità lavoratori autonomi

In conseguenza della suddetta sospensione (di cui al D.P.C.M. 4 marzo 2020), per il 2020, a decorrere dal 5 marzo, ai lavoratori pubblici e privati, nonché agli iscritti in via esclusiva alla Gestione separata INPS[37] con figli fino a 12 anni di età viene riconosciuto – alternativamente ad entrambi i genitori - uno specifico congedo parentale per un periodo (continuativo o frazionato) non superiore, complessivamente, a 15 giorni (art. 23, c. 1 e 3, e art. 25, c. 1).

 I periodi di congedo parentale previsti dal Testo unico a tutela della maternità e paternità (artt. 32 e 33 del D.Lgs. 151/2001), fruiti dai genitori durante il periodo di sospensione dei servizi educativi sono convertiti nel suddetto congedo speciale, con diritto alla relativa indennità, e non sono computati o indennizzati a titolo di congedo parentale[38] (art. 23, c. 2).

La fruizione del congedo speciale è subordinata alla condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito, o disoccupato, o non lavoratore (art. 23, c. 4).

Le suddette previsioni – che concernono anche i genitori affidatari (art. 22, c. 7) - si applicano a tutte le categorie di lavoratori citate, mentre la misura ed il calcolo della relativa indennità sono diversi a seconda della categoria considerata. In particolare, l’indennità è pari:

§  per i dipendenti pubblici e privati, al 50 per cento della retribuzione presa a riferimento per il calcolo dell’indennità di maternità, ossia la retribuzione media globale giornaliera del periodo di paga quadrisettimanale o mensile scaduto ed immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo, ex art. 23 del D.Lgs. 151/2001 (art. 23, c. 1). Per espressa previsione del comma in esame, in questo caso non si applica il comma 2 del richiamato art. 23 - secondo cui all’importo così determinato va aggiunto il rateo giornaliero relativo alla gratifica natalizia o alla tredicesima mensilità e agli altri premi o mensilità o trattamenti accessori eventualmente erogati - e i relativi periodi sono coperti da contribuzione figurativa;

§  per i lavoratori iscritti in via esclusiva alla Gestione separata INPS, per ciascuna giornata indennizzabile, al 50 per cento di 1/365 del reddito individuato secondo la base di calcolo utilizzata per la determinazione dell’indennità di maternità (art. 23, c. 3).

Ai lavoratori autonomi iscritti alle relative gestioni pensionistiche speciali dell’INPS è riconosciuta la medesima indennità che è pari, per ciascuna giornata indennizzabile, al 50 per cento della retribuzione convenzionale giornaliera stabilita annualmente dalla legge a seconda della tipologia di lavoro autonomo svolto (art. 23, c. 3).

Il limite di età di 12 anni per la fruizione del suddetto congedo speciale non si applica in riferimento ai figli con disabilità grave iscritti a scuole di ogni ordine e grado o ospitati in centri diurni a carattere assistenziale (art. 23, c. 5).

In linea generale, le modalità operative per accedere al congedo speciale sono stabilite dall’INPS (art. 23, c. 10), mentre per i dipendenti pubblici l’erogazione dell’indennità e le modalità di fruizione sono definite dall’amministrazione pubblica con la quale intercorre il rapporto di lavoro (art. 25, c. 2).

Per quanto riguarda i benefici riconosciuti ai dipendenti privati e ai lavoratori autonomi, l’INPS provvede al monitoraggio delle domande pervenute. Qualora dal monitoraggio emerga il superamento, anche in via prospettica, dei limiti di spesa autorizzati per le suddette finalità (vedi infra), l’Istituto stesso procede al rigetto delle domande presentate (art. 23, c. 10). Si evidenzia che la lettera del predetto comma 10 opera un riferimento ai limiti di spesa “di cui al comma 10”, mentre gli stessi sono riportati nel successivo comma 11.

 

 

 

Astensione dal lavoro per figli tra i 12 e i 16 anni

I dipendenti del settore privato con figli minori, di età compresa tra i 12 e i 16 anni, hanno diritto di astenersi dal lavoro per il periodo di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, senza corresponsione di indennità né riconoscimento di contribuzione figurativa, con divieto di licenziamento e diritto alla conservazione del posto di lavoro. Il suddetto diritto è riconosciuto a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore (art. 23, c. 6).

 

Voucher baby-sitting

Ai lavoratori dipendenti privati e agli iscritti in via esclusiva alla gestione separata, in alternativa alla fruizione del congedo speciale di cui all’articolo 22, comma 1, è riconosciuta la possibilità di usufruire della corresponsione di un bonus per l’acquisto di servizi di baby-sitting nel limite massimo complessivo di 600 euro, da utilizzare per prestazioni effettuate nel periodo di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche, erogato mediante il libretto di famiglia di cui all’art. 54-bis del D.L. 50/2017[39] (art. 23, c. 8, e art. 25, c. 1).

L’importo massimo del bonus è elevato, alle medesime condizioni, a mille euro per i lavoratori dipendenti del settore sanitario, pubblico e privato accreditato, appartenenti alla categoria dei medici, degli infermieri, dei tecnici di laboratorio biomedico, dei tecnici di radiologia medica e degli operatori sociosanitari, nonché per i dipendenti della Polizia di Stato e per il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico impiegato per l’emergenza epidemiologica (art. 25, c. 3). In tali casi, ai fini dell’accesso al bonus, il lavoratore presenta domanda all’INPS in via telematica, indicando la prestazione di cui vuole usufruire, il numero di giorni di indennità ovvero l’importo del bonus che intende utilizzare. Qualora dal monitoraggio delle domande, affidato all’INPS, emerga il superamento, anche in via prospettica, dei limiti di spesa autorizzati per la suddetta finalità (vedi infra), l’Istituto stesso procede al rigetto delle domande presentate (art. 25, c. 4).

Il suddetto bonus è riconosciuto anche ai lavoratori autonomi non iscritti all’INPS, subordinatamente alla comunicazione delle rispettive casse previdenziali del numero dei beneficiari (art. 23, c. 9).

 

Limiti di spesa

I benefici summenzionati riferiti ai dipendenti privati, agli iscritti in via esclusiva alla gestione separata e ai lavoratori autonomi, sono riconosciuti nel limite di spesa di 1.261,1 milioni di euro per il 2020 (art. 23, c. 11), mentre quelli riferiti ai dipendenti pubblici e ai dipendenti del settore sanitario (pubblico e privato accreditato) e della Polizia di Stato sono riconosciuti nel limite massimo di spesa di 30 milioni di euro per il 2020 (art. 25, c. 5). Ai suddetti oneri si provvede ai sensi del successivo articolo 126 (cfr. la relativa scheda di lettura) (art. 23, c. 12 e art. 25, c. 7).

 

Permessi per i sindaci

Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica, viene disposta la possibilità di elevare a 72 il limite massimo di ore mensili entro cui è permesso ai sindaci di assentarsi dai rispettivi posti di lavoro (di cui all’art. 79, c. 4, del D.Lgs. 267/2000).

Secondo la norma da ultimo citata i componenti degli organi esecutivi dei comuni, delle province, delle città metropolitane, delle unioni di comuni, delle comunità montane e dei consorzi fra enti locali, e i presidenti dei consigli comunali, provinciali e circoscrizionali, nonché i presidenti dei gruppi consiliari delle province e dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, hanno diritto, oltre ai permessi per partecipare alle sedute dei rispettivi organi, di assentarsi dai rispettivi posti di lavoro per un massimo di 24 ore lavorative al mese, elevate a 48 ore per i sindaci, presidenti delle province, sindaci metropolitani, presidenti delle comunità montane, presidenti dei consigli provinciali e dei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti.

La disposizione in esame eleva dunque il monte ore di assenza esclusivamente in favore dei sindaci.

 

Inoltre, si dispone che per i sindaci lavoratori dipendenti pubblici le suddette assenze dal lavoro costituiscono a tutti gli effetti di legge periodo di servizio prestato, come previsto dall’art. 19, c. 3, del D.L. 9/2020 (attualmente in fase di conversione) per le assenze dal servizio dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni imposti dai provvedimenti di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 (art. 25, c. 6).

 


Articolo 24
(Estensione della durata dei permessi retribuiti
per assistenza familiari disabili)

 

 

L’articolo 24 incrementa di ulteriori complessivi dodici giorni, usufruibili nei mesi di marzo e aprile 2020, il numero di giorni di permesso retribuito riconosciuto dalla normativa vigente per l’assistenza di familiari disabili e coperto da contribuzione figurativa.

 

I suddetti 12 giorni ulteriori complessivi per i mesi di marzo e aprile 2020 si aggiungono, quindi, ai 3 giorni di permesso mensile previsti dall’articolo 33, comma 3, della L. 104/1992, diventando pari a 18 giorni totali per i due mesi citati (comma 1).

 

Il beneficio è riconosciuto al personale sanitario compatibilmente con le esigenze organizzative delle aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale impegnati nell'emergenza COVID-19 e del comparto sanità (comma 2).

 

Alla copertura degli oneri derivanti dalla disposizione in commento – pari, come riportato nella Relazione tecnica al provvedimento, a 590,5 milioni di euro – si provvede ai sensi del successivo articolo 126 (cfr. la relativa scheda di lettura) (comma 3).

 

I suddetti permessi retribuiti sono disciplinati dall’articolo 33, comma 2, della L. 104/1992 che riconosce il diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito (anche in maniera continuativa), coperto da contribuzione figurativa, al lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

Il suddetto diritto è riconosciuto a condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno e non può essere attribuito a più di un lavoratore dipendente per l'assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente.

Inoltre, il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

 


Articolo 26
(Misure urgenti per la tutela del periodo di sorveglianza attiva dei lavoratori)

 

I commi da 1 a 4 recano alcune norme sul trattamento giuridico ed economico dei lavoratori per il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, sulla certificazione relativa a tali periodi, nonché sul trattamento dei lavoratori per altre ipotesi di assenza dal servizio per motivi di salute. Il comma 5 reca, con riferimento alle fattispecie summenzionate, un’autorizzazione di spesa per il finanziamento, a carico dello Stato, dei trattamenti economici già previsti dalle tutele vigenti per la malattia dei lavoratori (per la copertura finanziaria della spesa, il comma 7 rinvia all’articolo 126). Il comma 6 concerne la certificazione di malattia dei lavoratori per le infezioni relative al virus COVID-19.

 

In particolare, il comma 1 prevede che, per i lavoratori del settore privato, il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, in base alle misure di cui agli articoli da 1 a 3 del D.L. 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla L. 5 marzo 2020, n. 13[40], relative al contrasto della diffusione del virus COVID-19, sia equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non sia computabile ai fini del periodo di comporto (periodo durante il quale il lavoratore in malattia ha diritto alla conservazione del posto di lavoro).

Si valuti l'opportunità di chiarire se l’equiparazione riguardi anche i trattamenti o le quote di trattamento a carico dei datori di lavoro in base ai contratti collettivi, considerato che, da un lato, la disposizione richiama la normativa di riferimento e che, dall’altro, il successivo comma 5 riguarda anche gli oneri a carico dei datori di lavoro.

Si ricorda che per i dipendenti pubblici i profili in esame relativi ai suddetti periodi di sorveglianza sono disciplinati dall’articolo 19 del D.L 2 marzo 2020, n. 9, attualmente in fase di conversione alle Camere[41].

Il comma 3 specifica che, per i periodi di sorveglianza attiva summenzionati, il medico curante redige il certificato di malattia con l’indicazione degli estremi del provvedimento che ha stabilito il regime di sorveglianza medesima. Al riguardo, il comma 4 reca una norma di salvezza dei certificati trasmessi prima dell’entrata in vigore del presente decreto. Si valuti l'opportunità di chiarire se la norma di salvezza riguardi i casi in cui i certificati fossero privi dell’indicazione dei suddetti estremi o anche casi di assenza del provvedimento sottostante (relativo alla sorveglianza sanitaria).

Si valuti l'opportunità di chiarire se le disposizioni di cui ai commi 3 e 4 riguardino anche i lavoratori pubblici.

Il comma 2 dispone, fino al 30 aprile 2020, che per i lavoratori, pubblici e privati, rientranti in determinate ipotesi il periodo di assenza dal servizio prescritto dalle competenti autorità sanitarie sia equiparato al ricovero ospedaliero[42].

La norma riguarda i lavoratori che rientrino in una delle seguenti condizioni: riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della L. 5 febbraio 1992, n. 104; possesso di certificazione, rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della citata L. n. 104[43].

Si valuti l'opportunità di chiarire, ferme restando le ipotesi summenzionate, l’ambito della fattispecie in oggetto, considerato che la norma fa riferimento in generale ad un periodo di assenza dal servizio prescritto dalle competenti autorità sanitarie e non pone un termine temporale iniziale (per l’individuazione dei periodi).

Il comma 5 prevede che, in deroga alle disposizioni vigenti, gli oneri a carico del datore di lavoro e degli enti previdenziali, connessi con le tutele di cui ai precedenti commi, siano posti a carico dello Stato, nel limite massimo di una spesa pari a 130 milioni di euro per il 2020. I datori presentano, ai fini suddetti, domanda all’ente previdenziale di riferimento. Gli enti previdenziali provvedono al monitoraggio del limite di spesa medesimo; qualora emerga che sia stato raggiunto, anche in via prospettica, il limite, gli stessi enti non prendono più in considerazione ulteriori domande. Si valuti l'opportunità di chiarire le modalità del monitoraggio, considerato che la relativa norma fa riferimento ad una pluralità di enti.

Per la copertura finanziaria dello stanziamento di cui al comma 5, il comma 7 fa rinvio al successivo articolo 126.

Il comma 6 specifica che, qualora il lavoratore si trovi in malattia accertata da COVID-19, il certificato è redatto dal medico curante nelle ordinarie modalità telematiche, senza necessità di alcun provvedimento da parte dell’operatore di sanità pubblica.

Si segnala che la rubrica del presente articolo fa riferimento ai soli lavoratori del settore privato, mentre qualche diposizione del medesimo articolo concerne anche i dipendenti pubblici.


Articoli da 27 a 31 e 38
(Indennità per alcune categorie di lavoratori)

 

Gli articoli da 27 a 31 e l’articolo 38 riconoscono in favore di alcune categorie di lavoratori un’indennità per il mese di marzo 2020, pari a 600 euro. Il beneficio può riguardare, a determinate condizioni: i liberi professionisti (titolari di partita IVA) iscritti alla cosiddetta Gestione separata INPS ed i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla medesima Gestione[44] (articolo 27); i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’INPS (relative agli artigiani, agli esercenti attività commerciali ed ai coltivatori diretti, mezzadri, coloni e imprenditori agricoli professionali) (articolo 28); i lavoratori dipendenti stagionali del settore turismo e degli stabilimenti termali (articolo 29); gli operai agricoli a tempo determinato (articolo 30); i lavoratori dello spettacolo (articolo 38).

 

Le indennità in esame (come specificato in ciascuno degli articoli da 27 a 30 e nell’articolo 38) non concorrono alla formazione del reddito fiscale imponibile (ai fini delle imposte sui redditi). Le medesime indennità - ai sensi dell’articolo 31 - non sono cumulabili tra di esse e non spettano qualora il soggetto sia titolare del Reddito di cittadinanza[45].

L’indennità è riconosciuta dall’INPS, su domanda, fino a concorrenza delle risorse stanziate, per le varie categorie di lavoratori, da ciascuno degli articoli da 27 a 30 e 38 (i quali, per la relativa copertura, fanno rinvio al successivo articolo 126). L'INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa posto da ciascuno dei suddetti articoli e comunica i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze. Qualora dal monitoraggio emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto ad un limite di spesa, non sono adottati altri provvedimenti concessori (relativamente alle indennità oggetto di tale limite).

Si ricorda che il successivo articolo 96 (alla cui scheda si rinvia) prevede il riconoscimento dell’indennità di 600 euro, sempre per il mese di marzo 2020, in favore di titolari di rapporti di collaborazione presso federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva, società e associazioni sportive dilettantistiche (tale indennità è erogata dalla società Sport e salute S.p.A.).

 

Più in particolare, riguardo alle singole categorie di beneficiari dell’indennità in oggetto ed al relativo limite di spesa:

-         l’articolo 27 riconosce, nel limite di spesa di 203,4 milioni di euro per il 2020, l’indennità in favore di liberi professionisti (titolari di partita IVA) iscritti alla suddetta Gestione separata INPS e di titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (iscritti alla medesima Gestione), qualora i soggetti non siano titolari di pensione e non siano iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie. L’indennità non concerne i liberi professionisti iscritti ad altre gestioni pensionistiche obbligatorie[46];

-         l’articolo 28 riconosce, nel limite di spesa di 2.160 milioni di euro per il 2020, l’indennità in favore dei lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’INPS (relative agli artigiani, agli esercenti attività commerciali ed ai coltivatori diretti, mezzadri, coloni e imprenditori agricoli professionali), qualora tali soggetti non siano titolari di pensione e non siano iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie;

-         l’articolo 29 riconosce, nel limite di spesa di 103,8 milioni di euro per il 2020, l’indennità in favore dei lavoratori dipendenti stagionali del settore turismo e degli stabilimenti termali che abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e la data di entrata in vigore della presente disposizione (17 marzo 2020) e che non siano titolari di pensione né titolari di rapporto di lavoro dipendente alla suddetta data di entrata in vigore. Si valuti l'opportunità di chiarire la nozione di attività stagionali ai fini in oggetto e se l’ambito dei beneficiari comprenda anche i casi in cui, nel periodo temporale indicato, il rapporto di lavoro sia cessato per la scadenza del termine previsto dal medesimo contratto;

-         l’articolo 30 riconosce, nel limite di spesa di 396 milioni di euro per il 2020, l’indennità in favore degli operai agricoli a tempo determinato che non siano titolari di pensione e che nel 2019 abbiano svolto almeno 50 giornate effettive di attività di lavoro agricolo;

-         l’articolo 38 riconosce, nel limite di spesa di 48,6 milioni di euro per il 2020, l’indennità in favore di lavoratori iscritti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo[47], che abbiano almeno 30 contributi giornalieri versati nell’anno 2019 al medesimo Fondo, da cui derivi un reddito non superiore a 50.000 euro, e che non siano titolari di pensione né titolari di rapporto di lavoro dipendente alla data del 17 marzo 2020.

Si valuti l'opportunità di chiarire se gli articoli in esame escludano l’indennità anche per i casi in cui il soggetto sia titolare di un trattamento pensionistico in favore di superstite.


Articolo 32
(Proroga del termine di presentazione delle domande di disoccupazione agricola nell’anno 2020)

 

L’articolo 32 proroga dal 31 marzo 2020 al 1° giugno 2020 il termine di presentazione delle domande per i trattamenti di disoccupazione agricola, relative agli eventi di disoccupazione verificatisi nell’anno 2019[48].

 

Resta salva la validità delle domande già presentate.

La proroga concerne (con riferimento ai soggetti residenti o domiciliati nell’intero territorio nazionale) i trattamenti di disoccupazione relativi agli operai agricoli, a tempo determinato o indeterminato, ai piccoli coloni, ai compartecipanti familiari, nonché ai piccoli coltivatori diretti che integrino le giornate di iscrizione negli elenchi dei giornalieri di campagna fino alla concorrenza di 51 giornate annue[49].


Articolo 33
(Proroga dei termini in materia di domande
di disoccupazione NASpI e DIS-COLL)

 

 

L’articolo 33 amplia da sessantotto a centoventotto giorni il termine di decadenza per la presentazione della domanda di NASpI (Nuova assicurazione sociale per l’impiego) e di DIS-COLL (Indennità di disoccupazione per i collaboratori coordinati e continuativi), decorrenti dalla cessazione del rapporto di lavoro, e di sessanta giorni i termini previsti per la presentazione della richiesta di incentivo per l’autoimprenditorialità.

 

Nel dettaglio, in considerazione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, la suddetta proroga a 128 giorni del termine per la presentazione della domanda di NASpI e DIS-COLL – termine fissato a 68 giorni dagli articoli 6, comma 1, e 15, comma 8, del D.Lgs. 22/2015 - opera per gli eventi di cessazione involontaria dall’attività lavorativa verificatisi dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2020 (comma 1).

 

Per le domande di NASpI[50] e DIS-COLL[51] presentate oltre il termine ordinario decadenziale posto dagli artt. 6, c. 2, e 15, c. 9, del D.Lgs. 22/2015 viene fatta salva la decorrenza della prestazione dal sessantottesimo giorno successivo alla data di cessazione del rapporto di lavoro (comma 2).

In particolare, gli articoli richiamati dispongono che l’indennità decorre dall’ottavo giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro o, qualora la domanda sia presentata successivamente, dal primo giorno successivo alla presentazione della domanda.

Si valuti l'opportunità di chiarire se tale disposizione, oltre a prendere in considerazione l’ipotesi delle domande presentate oltre il termine ordinario di sessantotto giorni, confermi il principio generale della decorrenza della indennità dal giorno successivo alla presentazione della domanda.

In conformità alle medesime norme, inoltre, il termine ultimo di decorrenza dovrebbe essere posto al sessantanovesimo giorno, anziché al sessantottesimo.

 

Vengono, inoltre, elevati da 30 a 90 giorni i termini (comma 3):

§  per la presentazione della domanda per la liquidazione anticipata della NASpI, in un’unica soluzione, a titolo di incentivo all'avvio di un'attività imprenditoriale (di cui all’articolo 8, comma 3, del D.Lgs. 22/2015);

§  per la comunicazione all’INPS, da parte del percettore di NASpI o DIS-COLL, a pena di decadenza dal beneficio, dell’inizio di un’attività di lavoro subordinato o autonomo, al fine della rideterminazione dell’importo dell’indennità (ex artt. 9, c. 2 e 3, 10, c. 1, e 15, c. 12, del D.Lgs. 22/2015).

Sul punto, per l'ipotesi in cui non si voglia dare carattere strutturale all’ampliamento dei termini operato dal citato comma 3, si valuti l'opportunità di richiamare il periodo temporale di cui al comma 1 dell’articolo in commento.

 

 

Si ricorda che, in base a quanto disposto dall’art. 8 del più volte richiamato D.Lgs. 22/2015, il lavoratore che ha diritto alla corresponsione della NASpI può richiedere la liquidazione anticipata, in unica soluzione, dell'importo complessivo del trattamento che gli spetta e che non gli è stato ancora erogato, a titolo di incentivo all'avvio di un'attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o per la sottoscrizione di una quota di capitale sociale di una cooperativa nella quale il rapporto mutualistico ha ad oggetto la prestazione di attività lavorative da parte del socio.


Articolo 34
(Sospensione termini in materia previdenziale e assistenziale)

 

 

L’articolo 34 sospende i termini relativi a prestazioni erogate da INPS ed INAIL.

La disposizione, in particolare, sospende di diritto, dal 23 febbraio 2020 e sino al 1° giugno 2020, il decorso dei termini decadenziali (comma 1) e prescrizionali (comma 2) relativi a prestazioni previdenziali, assistenziali e assicurative erogate da INPS ed INAIL, in considerazione della emergenza epidemiologica da COVID-19.

La relazione tecnica precisa che dalla disposizione non derivano oneri per la finanza pubblica.

Sotto il profilo redazionale, si valuti l’opportunità di coordinare tali previsioni con il successivo articolo 42, comma 1, che opera, per lo stesso periodo, una sospensione di termini più specifica (con riferimento all’INAIL).

 

 


Articolo 35
(Disposizioni in materia di terzo settore)

 

 

L’articolo 35 rinvia al 31 ottobre 2020 il termine entro il quale le Onlus, le organizzazioni di volontariato (ODV) e le Associazioni di promozione sociale (APS) devono adeguare i propri statuti alle disposizioni contenute nel Codice del terzo settore.

Entro lo stesso termine del 31 ottobre 2020, le imprese sociali possono modificare i propri statuti con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell'assemblea ordinaria.

Per quanto riguarda l’approvazione dei bilanci, viste le misure poste in essere nel periodo emergenziale e la conseguente difficoltà di convocare gli organi sociali, viene rinviato al 31 ottobre 2020 il termine utile per l’approvazione dei bilanci di esercizio degli enti del terzo settore per i quali la scadenza del termine di approvazione ricade all’interno del periodo emergenziale.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame, rinvia dal 30 giugno 2020 al 31 ottobre 2020, il termine entro il quale le Onlus, le organizzazioni di volontariato (ODV) e le Associazioni di promozione sociale (APS) devono adeguare i propri statuti alle disposizioni contenute nel Codice del terzo settore (D.Lgs. 117/2017) utilizzando le maggioranze semplificate. Inoltre, fino al 31 ottobre 2020, continuano ad applicarsi le norme previgenti ai fini e per gli effetti derivanti dall'iscrizione degli enti nei registri Onlus, ODV, APS.

 

Il D.Lgs. 117/2017 Codice del Terzo settore, entrato in vigore il 3 agosto 2017, provvede "al riordino e alla revisione organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del Terzo settore, compresa la disciplina tributaria applicabile a tali enti" configurandosi come uno strumento unitario in grado di garantire la "coerenza giuridica, logica e sistematica" di tutte le componenti del Terzo settore. Il Codice prescrive l'obbligo, per gli enti del Terzo settore, qualificati nello statuto come ETS, di iscriversi nel Registro unico nazionale del Terzo settore (Runts) e di indicare gli estremi dell'iscrizione negli atti, nella corrispondenza e nelle comunicazioni al pubblico. L’iscrizione nel Runts dà diritto ad accedere alle agevolazioni previste per il terzo settore e dà la possibilità di stipulare convenzioni con amministrazioni pubbliche per lo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale. Il Codice, in vigore dal 3 agosto 2017, aveva previsto che il Registro fosse pienamente operativo a febbraio 2019, in quanto aveva concesso un anno di tempo per l'adozione dei provvedimenti attuativi a livello nazionale (decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni) e ulteriori sei mesi alle Regioni per provvedere agli aspetti di propria competenza. Attualmente, il decreto istitutivo del RUNTS non risulta ancora emanato. Pertanto, nel periodo transitorio, continua a valere l'iscrizione ad uno dei registri attualmente previsti dalle normative di settore (Registro delle associazioni di promozione sociale, il Registro delle organizzazioni di volontariato, Albi regionali delle cooperative sociali).

 

Il comma 2 rinvia dal 30 giugno 2020 al 31 ottobre 2020 il termine entro il quale le imprese sociali si adeguano alle disposizioni del D.Lgs. 112/2017. Entro il medesimo termine, esse possono modificare i propri statuti con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell'assemblea ordinaria.

 

Il D.Lgs. 112/2017 ("Revisione della disciplina in materia di impresa sociale") ha definito imprese sociali "tutti gli enti privati che esercitano in via stabile e principale un'attività d'impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attività". Non possono acquisire la qualifica di impresa sociale le società costituite da un unico socio persona fisica, le amministrazioni pubbliche (incluse le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni e gli enti locali e loro consorzi e associazioni, tutti gli enti pubblici non economici, nazionali regionali locali), e gli enti i cui atti costitutivi limitino, anche indirettamente, l'erogazione dei beni e dei servizi in favore dei soli soci o associati. Agli enti religiosi civilmente riconosciuti le norme del Decreto 112/2017 si applicano a particolari condizioni. Le cooperative sociali e i loro consorzi acquisiscono di diritto la qualifica di imprese sociali. Ad esse le disposizioni del Decreto 112/2017 si applicano nel rispetto della normativa specifica delle cooperative ed in quanto compatibili.

 

Ai sensi del comma 3, per il 2020, le ONLUS, iscritte negli appositi registri, le ODV, iscritte nei registri regionali e delle province autonome, e le APS, iscritte nei registri nazionali, regionali e delle province autonome, per le quali la scadenza del termine di approvazione dei bilanci di esercizio ricade all’interno del periodo emergenziale (1° febbraio-31 luglio 2020), possono approvare il proprio bilancio entro il 31 ottobre 2020, anche in deroga alle previsioni di legge, regolamento o statuto.

 

Sul punto si ricorda che l’articolo 102 del Codice del Terzo settore dispone numerose abrogazioni. Esse sono diversamente modulate, quanto a decorrenza. Per quanto qui interessa, vengono fatti salvi l’art. 10 (Disposizioni riguardanti le organizzazioni non lucrative di utilità sociale) del D.Lgs. 460/1997 e l’articolo 7 (Registri nazionale, regionali e provinciali) della legge 383/2000 da abrogare a decorrere dalla data di operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore (RUNTS) e pertanto ancora in vigore. Il già citato art. 102 del Codice, al comma 1, abroga la legge 266/1991, rinviando l’abrogazione di alcuni suoi articoli (art. 8, comma 2, primo periodo e comma 4; art. 12, comma 2; art. 6) alla data di operatività del RUNTS. Si valuti pertanto l’opportunità di rinviare, nel corpo del comma in esame, espressamente all’art. 6 (Registri delle organizzazioni di volontariato istituiti dalle regioni e dalle province autonome) della legge 266/1991.


Articolo 36
(Deroghe in favore degli istituti di patronato
e di assistenza sociale)

 

 

L’articolo 36 reca alcune deroghe in favore degli istituti di patronato e di assistenza sociale in considerazione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.

 

Nel dettaglio, si dispone che i suddetti istituti possono (comma 1):

§  fino alla cessazione dello stato di emergenza sanitaria e in deroga a quanto disposto dall’art. 4 del DM del 10 ottobre 2008, n. 193, acquisire il mandato di patrocinio in via telematica, fermo restando che la immediata regolarizzazione del citato mandato ai sensi della normativa vigente deve intervenire una volta cessata l'attuale situazione emergenziale prima della formalizzazione della relativa pratica all'istituto previdenziale (lett. a));

Il richiamato art. 4 del DM 193/2008 dispone che il mandato rilasciato all'istituto di patronato, agli effetti della tutela in sede amministrativa, è trasmesso, a cura dell'istituto stesso, all'amministrazione competente alla definizione della prestazione richiesta. Il mandato, firmato dal mandante e dall'operatore autorizzato dall'istituto di patronato a riceverlo, deve contenere: l'espressa indicazione del mandatario; la data e l'oggetto del mandato; l'indicazione della sede dell'istituto di patronato delegata a trattare la pratica; le esplicite dichiarazioni sulla tutela dei dati personali. Copia del mandato (o idonea documentazione attestante il conferimento del mandato stesso) è rilasciata all'assistito. Qualora le modalità operative prevedano il colloquio telematico con le amministrazioni destinatarie dell'intervento, il mandato è trasmesso con le medesime modalità.

§  in deroga a quanto disposto dall’art. 7 del medesimo DM del 10 ottobre 2008, n. 193, predisporre una riduzione degli orari di apertura al pubblico. Inoltre, tenuto conto della necessità attuale di ridurre il numero di personale presente negli uffici e di diminuire l'afflusso dell'utenza, il servizio all'utenza può essere modulato, assicurando l'apertura delle sedi solo nei casi in cui non sia possibile operare mediante l'organizzazione dell'attività con modalità a distanza (lett. b));

In base al richiamato art. 7 del DM 193/2008, le sedi degli istituti di patronato sono tenute a garantire un numero minimo di ore di apertura al pubblico, nonché di unità di personale.

In particolare:

§  alla sede centrale devono essere addetti, in via esclusiva, almeno 12 operatori, di cui non meno di sei a tempo pieno;

§  alla sede regionale deve essere addetto almeno un operatore a tempo pieno;

§  le sedi provinciali devono avvalersi di almeno due operatori (di cui uno a tempo pieno responsabile della sede stessa) e osservare un orario di apertura al pubblico non inferiore a 30 ore settimanali;

§  alla sede zonale deve essere addetto almeno un operatore (anche a tempo parziale) e l'orario di lavoro non può essere inferiore a 18 ore settimanali complessive, di cui non meno di 10 di apertura al pubblico.

§  comunicare entro il 30 giugno 2020 sia il rendiconto dell'esercizio finanziario 2019 (che invece, in base all’art. 14, c. 1, lett. b), della L. 152/2001 deve essere comunicato entro 3 mesi dalla chiusura dell’esercizio finanziario), sia i nominativi dei componenti degli organi di amministrazione e di controllo, i dati riassuntivi e statistici dell'attività assistenziale svolta nell'anno 2019 e quelli relativi alla struttura organizzativa in Italia e all'estero (che invece, in base all’art. 14, c. 1, lett. c), della L. 152/2001, devono essere comunicati entro il 30 aprile di ciascun anno) (lett. c)).


Articolo 37
(Sospensione termini di pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria)

 

 

L’articolo 37 sospende i termini relativi ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria dovuti dai datori di lavoro domestico (comma 1) e i termini prescrizionali riguardanti le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria (comma 2).

 

In dettaglio, si dispone che restino sospesi, per il periodo dal 23 febbraio 2020 al 31 maggio 2020, i termini relativi ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria dovuti dai datori di lavoro domestico, i quali non avranno, peraltro, diritto al rimborso dei contributi e dei premi gia? versati.

I pagamenti sospesi ai sensi del “presente articolo” sono effettuati entro il 10 giugno 2020, senza applicazione di sanzioni e interessi (comma 1). A questo proposito, il riferimento alla sospensione dei pagamenti dovrebbe riguardare il comma stesso e non “il presente articolo”, visto che il comma successivo reca una disciplina differente della sospensione.

Con riferimento ai termini prescrizionali riguardanti le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria, di cui all’articolo 3, comma 9, della legge 8 agosto 1995 n. 335 (cfr. infra), si dispone che restino sospesi per il periodo dal 23 febbraio 2020 al 30 giugno 2020 e riprendano a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. Ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l'inizio stesso e? differito alla fine del periodo (comma 2). Si valuti l'opportunità di chiarire se con la disposizione in oggetto ci si intenda comunque riferire solo all’ambito del lavoro domestico.

 

L’articolo 3, comma 9, della legge 8 agosto 1995 n. 335, prevede che “le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono e non possono essere versate con il decorso dei termini di seguito indicati:

a)    dieci anni per le contribuzioni di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie, compreso il contributo di solidarietà previsto dall'articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 29 marzo 1991, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° giugno 1991, n. 166, ed esclusa ogni aliquota di contribuzione aggiuntiva non devoluta alle gestioni pensionistiche. A decorrere dal 1° gennaio 1996 tale termine è ridotto a cinque anni salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti;

b)   cinque anni per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria.”

 


Articolo 39
(Svolgimento lavoro agile in caso di disabilità)

 

 

L’articolo 39 reca disposizioni per lo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità agile da parte di soggetti con disabilità o che hanno nel proprio nucleo familiari soggetti disabili.

 

Nel dettaglio, si dispone che, fino al 30 aprile 2020, i lavoratori dipendenti con disabilità grave o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità grave[52], hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile (ai sensi dagli articoli da 18 a 23 della L. 81/2017) a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione (comma 1).

Il lavoro agile - disciplinato dai richiamati artt. da 18 a 22 della L. 81/2017 - viene definito come una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato:

§  stabilita mediante accordo tra le parti;

§  con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici;

§  eseguita in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale (stabiliti dalla legge e dalla contrattazione collettiva).

La suddetta disciplina si applica, in quanto compatibile e fatta salva l’applicazione delle diverse disposizioni specificamente previste, anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, secondo le direttive emanate anche per la promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, adottate in base a quanto previsto dall’art. 14 della L. 124/2015 (in attuazione del quale sono state emanate la Direttiva 1° giugno 2017 e la Circolare n. 1 del 2020).

Per quanto concerne specificamente l’attuazione del lavoro agile conseguente all’emergenza epidemiologica da COVID-19, si segnala che sono state semplificate le relative modalità di attuazione, prevedendo che tale modalità possa applicarsi anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla normativa vigente e che gli obblighi di informativa sono assolti in via telematica.

 

Viene, inoltre, previsto un diritto di precedenza in favore dei lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa, ai quali è riconosciuta la priorità nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile (comma 2).


Articolo 40
(Sospensione delle misure di condizionalità)

 

 

L’articolo 40, al fine di limitare gli spostamenti delle persone fisiche ai casi strettamente necessari, sospende per due mesi dall’entrata in vigore del provvedimento in esame le misure di condizionalità connesse al godimento di determinati strumenti di sostegno al reddito, ferma restando la fruizione dei relativi benefici economici, ed alcune procedure relative al cosiddetto collocamento obbligatorio.

 

Più in dettaglio, vengono sospesi:

§  gli obblighi connessi alla fruizione del reddito di cittadinanza (di cui al D.L. 4/2019) e i relativi termini ivi previsti;

Tra gli obblighi in capo ai soggetti percettori di Rdc che comportano spostamenti si possono richiamare (ai sensi degli artt. 4 e 7 del D.L. 4/2019) quello di partecipare a corsi di formazione e di orientamento, di sostenere i colloqui psicoattitudinali e le eventuali prove di selezione finalizzate all'assunzione, nonché quello di accettare almeno una di tre offerte di lavoro congrue, definite tali sulla base di criteri temporali e di distanza (che diventano meno selettivi al crescere della durata del godimento del Reddito di cittadinanza ed in relazione al numero di offerte rifiutate).

§  le misure di condizionalità e i relativi termini comunque previsti per i percettori di NASPI e di DISCOLL dal D.Lgs. 22/2015;

In base a quanto disposto dagli artt. 7 e 15 del richiamato D.Lgs. 22/205, l'erogazione delle indennità predette è condizionata alla regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa nonché ai percorsi di riqualificazione professionale proposti dai Servizi competenti.

§  gli obblighi connessi al godimento di trattamenti di integrazione salariale, tra cui quello di presentarsi alle convocazioni stabilite dai centri per l’impiego e di procedere, sempre attraverso i centri per l’impiego, alla ricerca attiva di lavoro per il beneficiario di assegno di ricollocazione (di cui agli artt. 8 e 24-bis del D.Lgs. 148/2015);

§  gli obblighi relativi alle assunzioni obbligatorie di soggetti disabili, di cui all’art. 7 della L. 68/1999;

Il richiamato art. 7 dispone che, ai fini dell'adempimento dell'obbligo di assunzione di soggetti disabili nel rispetto delle quote di riserva stabilite dalla medesima legge n. 68, i datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici assumono i lavoratori mediante richiesta nominativa di avviamento agli uffici competenti, che può essere preceduta dalla richiesta ai medesimi uffici di effettuare la preselezione delle persone con disabilità iscritte in apposito elenco.

§  le procedure di avviamento a selezione effettuate tra gli iscritti nelle liste di collocamento ed in quelle di mobilità, finalizzate alle assunzioni dei lavoratori da inquadrare nei livelli retributivo-funzionali per i quali non è richiesto il titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo da parte di determinati soggetti (ex art. 16 della L. 56/1987);

In base al richiamato art. 16, i soggetti che effettuano le assunzioni dei suddetti soggetti con le modalità richiamate sono le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, gli enti pubblici non economici a carattere nazionale, e quelli che svolgono attività in una o più regioni, le province, i comuni e le aziende sanitarie locali.

§  i termini per le convocazioni da parte dei centri per l’impiego per la partecipazione alle iniziative di orientamento contemplate nel Patto di servizio personalizzato (stipulato con i centri per l’impiego allo scopo di confermare lo stato di disoccupazione del soggetto, al mantenimento del quale è subordinata la fruizione di determinati benefici) (ex art. 20, c. 3, lett. a), del D.Lgs. 150/2015.

 

 


Articolo 41
(Sospensione dell’attività dei Comitati centrali e periferici dell’Inps e dei decreti di loro costituzione e ricostituzione)

 

 

L’articolo 41 prevede la sospensione delle attività dei comitati centrali e periferici dell’INPS e dispone la nomina dei Presidenti dei Comitati amministratori dei Fondi di solidarietà bilaterali, già costituiti, a Commissari dei rispettivi Fondi.

 

La disposizione prevede che fino al 1° giugno 2020 siano sospese le attività dei Comitati centrali e periferici dell’Inps (nonché l’efficacia dei decreti relativi alla loro costituzione e ricostituzione) (comma 1) e che i Presidenti dei Comitati amministratori dei Fondi di solidarietà bilaterali, già costituiti, sono nominati Commissari dei rispettivi Fondi (comma 3), cui spettano le funzioni dei suddetti Comitati in materia di concessione di misure di integrazione salariale di competenza dei Fondi di solidarietà bilaterali, secondo quanto disposto dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 (comma 2).

 

L’art. 26 del suddetto decreto legislativo 148/2015, disciplina la istituzione dei fondi bilaterali, prevedendo in tal senso che “le organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale stipulano accordi e contratti collettivi, anche intersettoriali, aventi a oggetto la costituzione di fondi di solidarietà bilaterali per i settori che non rientrano nell’ambito di applicazione del Titolo I del presente decreto, con la finalità di assicurare ai lavoratori una tutela in costanza di rapporto di lavoro nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per le cause previste dalle disposizioni di cui al predetto Titolo. I fondi di cui al comma 1 sono istituiti presso l’INPS, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro 90 giorni dagli accordi e contratti collettivi di cui al medesimo comma (commi 1 e 2). Al comma 9, si prevede che, in aggiunta alle finalità istitutive, i fondi, “possono avere le seguenti finalità: a) assicurare ai lavoratori prestazioni integrative, in termini di importi o durate, rispetto alle prestazioni previste dalla legge in caso di cessazione del rapporto di lavoro, ovvero prestazioni integrative, in termini di importo, rispetto a trattamenti di integrazione salariale previsti dalla normativa vigente; b) prevedere un assegno straordinario per il sostegno al reddito, riconosciuto nel quadro dei processi di agevolazione all’esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni;”.

Ai sensi del successivo art. 36,  si dispone che alla gestione di ciascun fondo istituito ai sensi dell’articolo 26 provvede un comitato amministratore con il compito, tra gli altri, di “deliberare in ordine alla concessione degli interventi e dei trattamenti e compiere ogni altro atto richiesto per la gestione delle prestazioni previste dal decreto istitutivo” , “di fare proposte in materia di contributi, interventi e trattamenti” e di “vigilare sull’affluenza dei contributi, sull’ammissione agli interventi e sull’erogazione dei trattamenti, nonché sull’andamento della gestione”. Il comitato amministratore è nominato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e rimane in carica per quattro anni o per la diversa durata prevista dal decreto istitutivo ed è composto da esperti in possesso dei requisiti di professionalità e onorabilità designati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori stipulanti l’accordo o il contratto collettivo, in numero complessivamente non superiore a dieci, o nel maggior numero necessario a garantire la rappresentanza di tutte le parti sociali istitutive del fondo, nonché da due rappresentanti, con qualifica di dirigente, rispettivamente del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell’economia e delle finanze.


Articolo 42
(Disposizioni in materia di prestazioni dell’INAIL)

 

Il comma 1 dell’articolo 42 sospende per il periodo 23 febbraio 2020-1° giugno 2020 il decorso di alcuni termini temporali, relativi a prestazioni a carico dell’INAIL. Il comma 2 - oltre a confermare l’applicazione di alcune norme relative ai casi di malattia infettiva contratta in occasione di lavoro - esclude il computo delle infezioni da virus SARS-CoV-2 (noto anche come COVID-19) contratte in occasione di lavoro dal meccanismo di oscillazione delle tariffe dei premi INAIL.

 

In particolare, il comma 1 prevede la sospensione, per il summenzionato periodo 23 febbraio 2020-1° giugno 2020, del decorso: dei termini di decadenza relativi alle domande di prestazioni erogate dall’INAIL; dei termini di prescrizione per le azioni giudiziali relative alle medesime prestazioni; dei termini per la domanda di revisione della rendita di inabilità (in relazione a modifiche delle condizioni del titolare) che scadrebbero nel suddetto periodo[53].

Sotto il profilo redazionale, si valuti l’opportunità di coordinare tali previsioni con il precedente articolo 34, che opera, per lo stesso periodo, una sospensione di termini più generale (con riferimento all’INPS ed all’INAIL).

Il comma 2, in primo luogo, conferma, per le infezioni da virus SARS-CoV-2 (noto anche come COVID-19) contratte in occasione di lavoro, che trova applicazione il principio generale in base al quale le malattie infettive contratte in circostanze lavorative (ad esclusione di quelle inquadrate come malattie professionali) sono considerati infortuni sul lavoro ai fini della relativa assicurazione obbligatoria - con esclusivo riferimento, naturalmente, ai lavoratori, pubblici e privati, iscritti, in ragione della loro attività, alla medesima assicurazione -. In merito, il comma 2 conferma infatti che il medico certificatore redige l’ordinario certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL e che le prestazioni a carico di quest’ultimo Istituto - nei casi accertati di infezioni dalla malattia in oggetto in occasione di lavoro - sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato. In secondo luogo, il comma 2 esclude il computo dei casi accertati di infezioni dalla malattia in oggetto (in occasione di lavoro) dal meccanismo di oscillazione delle tariffe dei premi INAIL, oscillazione relativa all’andamento degli infortuni e delle malattie professionali (come disciplinata dalle modalità per l’applicazione delle tariffe, di cui agli articoli 19 e seguenti del relativo allegato al D.M. 27 febbraio 2019[54]).


Articolo 43
(Contributi alle imprese per la sicurezza e potenziamento
dei presìdi sanitari)

 

L’articolo 43 prevede il trasferimento dell’importo di 50 milioni di euro, da parte dell’INAIL ad Invitalia, da erogare alle imprese per l’acquisto di dispositivi e di altri strumenti di protezione individuale (comma 1). Al fine di rafforzare la tutela dei lavoratori infortunati e tecnopatici e potenziare le funzioni di prevenzione e di sorveglianza sanitaria svolte dall’INAIL, la disposizione prevede altresì  l’autorizzazione all’assunzione da parte del medesimo Istituto, con contestuale incremento della dotazione organica, di un contingente di 100 unità di personale a tempo indeterminato, con la qualifica di dirigente medico di primo livello, nella branca specialistica di medicina legale e del lavoro (commi 2 e 3).

 

 

Più in dettaglio, il comma 1 prevede che al trasferimento dell’importo di 50 milioni di euro, da parte dell’INAIL ad Invitalia si provveda entro il 30 aprile 2020, a valere sulle risorse già programmate nel bilancio di previsione 2020 dello stesso istituto per il finanziamento dei progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro rivolti in particolare alle piccole, medie e micro imprese e progetti volti a sperimentare soluzioni innovative e strumenti di natura organizzativa e gestionale ispirati ai principi di responsabilità sociale delle imprese (ai sensi dell’art.11, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81) .

Ai sensi del comma 3, le assunzioni di 100 unità di personale a tempo indeterminato, con la qualifica di dirigente medico di primo livello, nella branca specialistica di medicina legale e del lavoro disposta dal comma 2, hanno effetto in misura pari al 50 per cento di esse, a decorrere dal 1° novembre 2020 e, per il restante 50 per cento, a decorrere dal 1° gennaio 2022. Ai relativi oneri, pari a euro 821.126 per l’anno 2020, 4.926.759 per l’anno 2021, 9.853.517 a decorrere dall’anno 2022, si provvede a valere sul bilancio dell’INAIL. Alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e indebitamento netto, pari a euro 422.920 per l’anno 2020, euro 2.537.523 per l’anno 2021 e euro 4.926.759 a decorrere dall’anno 2022, si provvede a valere sul bilancio dell'INAIL.

 

 


Articolo 44
(Istituzione del Fondo per il reddito di ultima istanza)

 

 

L’articolo 44 istituisce il Fondo per il reddito di ultima istanza, volto a garantire misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti e autonomi che, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID 19 hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività o il loro rapporto di lavoro.

 

Più in dettaglio, il “Fondo per il reddito di ultima istanza” è volto a garantire ai lavoratori dipendenti e autonomi il riconoscimento di una indennità, nei limiti di spesa 300 milioni di euro per l’anno 2020, secondo criteri di priorità e modalità di attribuzione demandati ad un decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto in esame.

Lo stesso decreto stabilisce la eventuale quota del suddetto limite di spesa, da destinare, in via eccezionale, al sostegno del reddito dei professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509 e 10 febbraio 1996, n. 103.

Alla copertura degli oneri di cui sopra si provvede a carico dell’articolo 126.

 

 


Articolo 45
(Disposizioni in materia di personale addetto ai lavori necessari al ripristino del servizio elettrico)

 

 

L’articolo 45 reca disposizioni relative al personale addetto al servizio elettrico, al fine di garantire la continuità delle attività indifferibili per l’esecuzione di lavori necessari al ripristino del servizio elettrico stesso sull’intero territorio nazionale.

 

In particolare, la norma dispone che le abilitazioni già in possesso del relativo personale conservano la loro validità fino al 30 aprile 2020, anche nei casi di temporanea impossibilità ad effettuare i moduli di aggiornamento pratico (comma 1).

Resta fermo l’obbligo per il datore di lavoro di erogare la formazione per l’aggiornamento teorico, anche a distanza nel rispetto delle misure di contenimento adottate per l’emergenza epidemiologica da COVID-19 (comma 2)

 

Secondo la relazione illustrativa allegata al decreto, la disposizione si rende necessaria per evitare che il personale addetto ai lavori necessari al ripristino del servizio elettrico sull’intero territorio nazionale sia chiamato ad operare per ragioni indifferibili sprovvisto del rinnovo delle relative autorizzazioni tecniche. Infatti, le disposizioni straordinarie adottate per l’emergenza epidemiologica impediscono lo svolgimento di quelle attività formative che necessariamente non possono essere erogate a distanza, come è il caso dei moduli di aggiornamento pratico. Rimane fermo l’obbligo per il datore di lavoro di erogare ugualmente la formazione teorica, in modalità a distanza.

 


Articolo 46
(Sospensione delle procedure di impugnazione dei licenziamenti)

 

 

L’articolo 46 dispone che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è precluso per 60 giorni l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo e che nel medesimo periodo sono sospese le procedure pendenti alla data del 23 febbraio 2020. E’ previsto, altresì, che durante tale periodo di 60 giorni, il datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo.

 

A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo di cui agli articoli 4, 5 e 24, della legge 23 luglio 1991, n. 223 è precluso per 60 giorni e nel medesimo periodo sono sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020. Sino alla scadenza del suddetto termine, il datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3, della legge 15 luglio 1966, n. 604. Al riguardo si osserva che la rubrica della norma (come peraltro la relazione illustrativa) non appare conferente con il contenuto della disposizione, in quanto quest’ultima sembrerebbe sospendere non le procedure di impugnazione dei licenziamenti ma bensì le procedure di licenziamento collettivo nel periodo di attivazione degli ammortizzatori sociali di cui alle disposizioni precedenti.

 

Il licenziamento collettivo

 

L’istituto del licenziamento collettivo (che non trova applicazione nei confronti dei dirigenti) è disciplinato principalmente dall’articolo 24 della L. 23 luglio 1991, n. 223. Le cause che giustificano il ricorso a tale istituto risiedono nella riduzione o trasformazione dell’attività o del lavoro e nella cessazione dell’attività. L’ipotesi di licenziamento collettivo si verifica nel caso in cui le imprese che occupano più di 15 dipendenti, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendono effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco temporale di 120 giorni nell’unità produttiva oppure in più unità produttive dislocate nella stessa provincia. La normativa si applica a tutti i licenziamenti che, nel medesimo arco temporale e nello stesso territorio siano riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione. Qualora sia assente il requisito quantitativo o quello temporale, si applica invece la disciplina sui licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo. È sempre obbligatoria la verifica della sussistenza di un nesso di causalità tra la trasformazione produttiva effettuata ed il ridimensionamento dei dipendenti (Cass., 4 dicembre 1998, n. 12297), nonché un nesso di congruità tra gli stessi (cioè una piccola trasformazione produttiva non può comportare un rilevante numero di licenziamenti). Spetta al datore di lavoro provare l’effettività e la definitività della diminuzione del fabbisogno di forza-lavoro, attraverso la mancata sostituzione dei lavoratori licenziati o l’assenza di ulteriori assunzioni. Si ricorda che la procedura stabilita per il licenziamento collettivo è applicata anche alle aziende in CIGS, qualora nel corso o al termine del programma si verifichi la necessità di procedere anche ad un solo licenziamento. La procedura è contenuta nell’articolo 4 della L. 223/1991, che disciplina la procedura per la dichiarazione di mobilità (identica in caso di licenziamenti collettivi). In particolare, tale procedura può essere avviata dall’impresa che sia stata ammessa alla CIGS, qualora nel corso di attuazione del programma – che l’impresa stessa intende attuare con riferimento anche alle eventuali misure previste per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale – ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative (comma 1). La procedura (commi 2-13) consta in una fase cd. Sindacale e in una fase cd. Amministrativa, nel corso delle quali il datore di lavoro ed i sindacati tentano di trovare soluzioni alternative al licenziamento.

 


Articolo 47
(Strutture per le persone con disabilità e misure compensative di
sostegno anche domiciliare)

 

 

L’articolo 47 prevede le condizioni di operatività delle strutture pubbliche o private accreditate presso il Sistema Sanitario nazionale, che erogano prestazioni diurne per persone con disabilità, disponendo la chiusura per quelle che svolgono prestazioni di tipo sanitario e socio-sanitario non indifferibili. Per le strutture che svolgono attività indifferibili per persone con disabilità ad alta necessità di sostegno sanitario è consentita l’attività purché sia possibile il rispetto delle misure previste per il contenimento del contagio da COVID-19.

Non può costituire giusta causa di recesso dal contratto di lavoro ai sensi dell’articolo 2119 del codice civile l’assenza dal posto di lavoro di uno dei genitori conviventi di una persona con disabilità.

 

Il comma 1 dispone che per contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 e tenuto conto della difficoltà di far rispettare le regole di distanziamento sociale (quali garantire ai frequentatori la possibilità di rispettare la distanza tra loro di almeno un metro), sul territorio nazionale è disposta la sospensione dell’attività dei Centri semiresidenziali, comunque siano denominati dalle normative regionali, a carattere socio-assistenziale, socio-educativo, polifunzionale, socio-occupazionale, sanitario e socio-sanitario per persone con disabilità, dalla data del presente decreto (17 marzo ) e fino alla data di cui all’articolo 2, comma 1, del DPCM 9 marzo 2020 (3 aprile 2020).

 

In relazione ai centri semiresidenziali si sottolinea che la Commissione nazionale per la definizione e l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza ha elaborato, per il Ministero della salute, un documento in cui ha definito i contenuti tecnico-professionali delle prestazioni, individuando le principali tipologie di utenti non autosufficienti, che qualificano le diverse tipologie prestazionali: anziani non autosufficienti, persone disabili giovani e adulte, persone con patologie psichiatriche e persone con patologie terminali.

I centri semiresidenziali o diurni, si distinguono dai centri residenziali, (RSA e Comunità alloggio), rivolti a persone adulte con disabilità che non possono permanere in famiglia e necessitano di un sostegno di cura e riabilitazione in base a diversi gradi di non autosufficienza.

 

Inoltre, si consente agli enti “Azienda sanitaria locale” la possibilità, in accordo con gli enti gestori dei predetti centri diurni socio-sanitari e sanitari, di attivare interventi a carattere indifferibile in favore delle persone con disabilità ad alta necessità di sostegno sanitario, nei casi in cui la tipologia delle prestazioni e l’organizzazione delle strutture stesse permetta il rispetto delle previste misure di contenimento sopra citate.

In ogni caso, per la durata dello stato di emergenza di cui alla deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 (vale a dire 6 mesi da tale data) le assenze dalle attività dei predetti centri diurni, indipendentemente dal loro numero, non sono causa di dismissione o di esclusione dalle medesime. Le assenze, come chiarito dalla relazione illustrativa, si riferiscono alle persone con disabilità che abbiano, anche solo in via temporanea, rinunciato volontariamente alla permanenza presso la struttura semiresidenziale: per tutta la durata dello stato di emergenza, anche retroattivamente, le assenze non andranno conteggiate e non costituiscono motivo di perdita del diritto di frequenza.

 

In proposito, si valuti l’opportunità di indicare il riferimento più generale agli enti del SSN in luogo della sola categoria “Azienda sanitaria locale” tenuto conto che le strutture in esame sono inserite nel sistema dei servizi territoriali, e sono soggette alle normative regionali ed ai regolamenti comunali per l’integrazione socio-sanitaria e per i sistemi di accreditamento.

 

Si ricorda che il Consiglio dei Ministri, con la Delibera del 31 gennaio scorso ha dichiarato lo stato di emergenza per sei mesi in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti dagli agenti virali trasmissibili COVID-19, disponendo la possibilità di provvedere con ordinanze, emanate dal Capo del Dipartimento della protezione civile, acquisita l'intesa della Regione interessata, e in deroga a ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico. Per l'attuazione dei primi interventi, nelle more della valutazione dell'effettivo impatto dell'evento, si provvede nel limite di euro 5 milioni di euro a valere sul Fondo per le emergenze nazionali. Si sottolinea che l’articolo 18 del presente decreto-legge, al comma 3, ha disposto l’incremento del predetto fondo di 1.650 milioni per l’anno 2020,per far fronte alle esigenze straordinarie connesse allo stato di emergenza.

 

Il comma 2 dispone che, mantenendo ferme le misure previste dal presente decreto-legge agli articoli 23 (congedo e indennità per i lavoratori dipendenti del settore privato, per gli iscritti alla Gestione separata e per gli autonomi), 24 (estensione durata permessi retribuiti) e 39 (disciplina del lavoro agile), e fino alla data del 30 aprile 2020, a seguito della sospensione dei predetti Centri, non può costituire giusta causa di recesso dal contratto di lavoro ai sensi dell’articolo 2119 del codice civile l’assenza dal posto di lavoro di uno dei genitori conviventi con una persona con disabilità, a condizione che sia preventivamente comunicata e motivata l’impossibilità di accudire la persona con disabilità a seguito della sospensione delle attività dei sopra indicati Centri diurni. 

 

Si ricorda che l'art. 2119 c.c. disciplina il recesso dal contratto per giusta causa, definita come la causa che non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto tra i contraenti. In tali casi, ciascuno di essi può recedere dal contratto di lavoro, prima della scadenza del termine se il contratto e a tempo determinato, o senza preavviso se il contratto è a tempo indeterminato. In quest’ultimo caso, il recedente è tenuto a versare un'indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.

La comunicazione del recesso deve essere effettuata comunque per iscritto, con l'indicazione dei motivi.

 

La relazione tecnica chiarisce che le disposizioni in esame non determinano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


Articolo 48
(Prestazioni individuali domiciliari)

 

 

L’articolo 48 stabilisce la disciplina in base alla quale le pubbliche amministrazioni garantiscono, anche avvalendosi di gestori privati, prestazioni individuali domiciliari nel periodo di sospensione dei servizi delle strutture educative e di istruzione per l’infanzia rientranti nel nuovo Sistema integrato di educazione e istruzione 0-6 anni e dei centri diurni per persone non autosufficienti.

Le priorità di tali prestazioni sono individuate dall'amministrazione competente, tramite co-progettazioni con gli enti gestori privati e vengono retribuite con quota parte dell'importo dovuto per l'erogazione del servizio standard; mentre la restante quota è soggetta alla verifica del mantenimento delle strutture che attualmente hanno sospeso l’attività. I pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni comportano la cessazione dei trattamenti del fondo di integrazione salariale e di cassa integrazione in deroga nel caso fossero riconosciuti ai gestori nel periodo di sospensione dei servizi.

 

Il comma 1 consente alle pubbliche amministrazioni, in considerazione dello stato di emergenza di protezione civile e del conseguente stato di necessità, di fornire prestazioni in forme individuali domiciliari o a distanza mediante personale dipendente da soggetti privati, durante la sospensione dei servizi educativi e scolastici rientranti nel nuovo Sistema integrato di educazione e istruzione da zero a sei anni, vale a dire i servizi educativi per l'infanzia e le scuole dell'infanzia statali e paritarie di cui all'art. 2 del decreto legislativo n. 65 del 13 aprile2017, e durante la sospensione delle attività sociosanitarie e socioassistenziali nei centri diurni per anziani e per persone con disabilità (v. anche articolo 47), se disposta con ordinanze regionali o altri provvedimenti.

Si ricorda che a seguito degli atti adottati ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 6 del 23 febbraio 2020(in base al quale sono stati previsti uno o più decreti dell’Esecutivo per l’attuazione delle misure di emergenza) il termine di sospensione dei servizi educativi e scolastici è, in assenza di ulteriori proroghe, previsto fino al 3 aprile (misura recata dal DPCM 8 marzo 2020ed estesa a tutto il territorio nazionale dal DPCM 9 marzo 2020).

Tra i servizi educativi per l’infanzia rientrano i nidi e i micronidi, le sezioni primavera, i servizi integrativi per le famiglie (spazi gioco e centri per bambini e famiglie), i servizi educativi in contesto domiciliare, mentre le scuole per l’infanzia operano in continuità con i servizi educativi per l'infanzia e con il primo ciclo di istruzione o scuola primaria.

 

Le pubbliche amministrazioni possono avvalersi del personale che risulti disponibile se già impiegato in tali servizi, dipendente da soggetti privati che operano in base a contratti di convenzione, concessione o appalto, provvedendo in tal modo all'erogazione di servizi alla collettività in forma indiretta, attraverso l'attività di un soggetto terzo.

La norma precisa che le prestazioni svolte in forme domiciliari devono essere rese nel rispetto delle direttive sanitarie applicate negli stessi luoghi ove si svolgono normalmente i servizi senza che si possa creare aggregazione.

Tali servizi possono essere svolti secondo priorità individuate dall’amministrazione competente, tramite co-progettazioni con gli enti gestori, impiegando i medesimi operatori ed i fondi ordinari destinati a tale finalità, alle stesse condizioni assicurative già previste, anche in deroga a eventuali clausole contrattuali, convenzionali, concessorie.

In particolare si prevede che devono essere adottati specifici protocolli per la definizione di tutte le misure necessarie per assicurare la massima tutela della salute di operatori ed utenti.

La norma in esame appare dettare ulteriori specifiche rispetto a quanto disposto dall’articolo 9 del D.L. 14 del 9 marzo 2020 che ha previsto la possibilità per i Comuni, durante la sospensione del servizio scolastico e per tutta la sua durata, di fornire l’assistenza agli alunni con disabilità mediante erogazione di prestazioni individuali domiciliari, e la facoltà a regioni e province autonome di istituire unità speciali atte a garantire l’erogazione di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie a domicilio in favore di persone con disabilità che presentino condizione di fragilità o di comorbilità.

In proposito si valuti l’opportunità di operare un coordinamento con le norme dell’articolo 9 del D.L. 14 del 9 marzo 2020 in corso di conversione.

 

Il comma 2 autorizza le pubbliche amministrazioni, durante la sospensione dei sopra richiamati servizi educativi e scolastici e dei servizi sociosanitari e socioassistenziali, al pagamento dei gestori privati di tali servizi per il tutto il periodo della sospensione, basandosi sugli importi di spesa iscritti nel bilancio preventivo.

Nel caso in cui le prestazioni siano convertite in altra forma, previo accordo tra le parti secondo le modalità indicate al precedente comma 1 (convenzione, concessione o appalto), le stesse devono essere retribuite ai gestori con quota parte dell’importo dovuto per l’erogazione del servizio standard secondo le modalità attuate precedentemente alla sospensione e subordinatamente alla verifica dell’effettivo svolgimento dei servizi.

La norma definisce inoltre la corresponsione di un’ulteriore quota da sommare alla quota parte dell’importo dovuto per l’effettivo svolgimento dei servizi da riconoscere in favore dei soggetti affidatari dei servizi. Si avrà quindi una corresponsione complessiva di entità pari all’importo già previsto, scontando dalla cifra le eventuali minori entrate di bilancio connesse alla diversa modalità di effettuazione del servizio stesso.

Sul punto è necessario chiarire se per importo previsto si intende, come già indicato al primo periodo del comma 2, l’importo iscritto nel bilancio preventivo.

La corresponsione della seconda quota – da sommare agli importi dovuti per l’erogazione dei servizi già svolti- dovrà essere corrisposta dopo aver verificato l’effettivo mantenimento, ad esclusiva cura degli affidatari di tali attività, delle strutture interdette (si valuti al riguardo l’opportunità di specificare “nel periodo di sospensione del servizio”), tramite il personale a ciò preposto.

Rimane fermo l’obbligo che le strutture dovranno risultare immediatamente disponibili e in regola con tutte le disposizioni vigenti, con particolare riferimento a quelle emanate ai fini del contenimento del contagio da Covid-19, all’atto della ripresa della normale attività.

Il comma 3 dispone che i pagamenti che le pubbliche amministrazioni dovranno fare in base alle disposizioni del precedente comma determinano la cessazione dei trattamenti del fondo di integrazione salariale e di cassa integrazione in deroga per il personale utilizzato nei servizi resi dai privati– in sostanza non permettendo la cumulabilità tra pagamento dei servizi effettivamente resi e ammortizzatori sociali riconosciuti alle imprese -, nel caso in cui gli stessi vengano riconosciuti durante il periodo di sospensione dei servizi educativi per l'infanzia del Sistema integrato di istruzione di cui all'articolo 2 del citato D.Lgs. n. 65 del 2017(v. ante) e dei servizi degli educatori nella scuola primaria o di servizi sociosanitari e socioassistenziali resi in convenzione, nell'ambito dei provvedimenti assunti in attuazione del D.L. n. 6 del 2020 e con ordinanze regionali o altri provvedimenti che dispongano la sospensione dei centri diurni per anziani e persone con disabilità (v. ante articolo 47).

Al riguardo appare necessario, per la parte relativa ai servizi educativi e di istruzione, un coordinamento delle disposizioni del comma 1, che richiamano i soli servizi rientranti nel nuovo Sistema integrato di educazione e istruzione (che copre la fascia 0-6 anni), e quelle del comma 3 che aggiungono altresì i servizi degli educatori della scuola primaria.

Inoltre occorrerebbe poi chiarire se con l’utilizzo del termine “educatori” si intenda piuttosto fare riferimento alla figura specializzata dell’assistente all’autonomia e alla comunicazione prevista per gli alunni con disabilità fisiche o sensoriali ai sensi dell’articolo 13, comma 3, della L. 104/1992.

 

La relazione tecnica alla norma sottolinea che le disposizioni in esame hanno carattere ordinamentale e non determinano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 



[1]    Tale fondo è stato istituito dall’articolo 96 del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo ai dirigenti (medici, sanitari, veterinari e delle professioni sanitarie) dell’area sanità per il triennio 2016-2018.

[2]    Tale fondo è stato istituito dall’articolo 80 del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto sanità per il triennio 2016-2018.

[3]     Ai sensi dell’articolo 23, comma 2, del D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75.

[4]     Di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

[5]     Ai sensi dell’articolo 11, comma 1, del D.L. 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 2019, n. 60, e successive modificazioni. Inoltre, per una deroga al limite in oggetto, relativa all’intero personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario, cfr. l’articolo 1, commi 526 e 527, della L. 30 dicembre 2018, n. 145.

[6]    Per le ipotesi ammesse di contratti di lavoro autonomo o di collaborazione, cfr. il comma 6 del citato articolo 7 del D.Lgs. n. 165, e successive modificazioni.

[7]   Cfr., a quest'ultimo riguardo, i commi 3 e 20 del citato articolo 6 del D.L. n. 78 del 2010, e successive modificazioni. Tali limiti, in ogni caso, non si applicano in via diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, in quanto le relative norme costituiscono per essi soltanto disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica.

[8]     Riguardo ai limiti della spesa per il personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, cfr. l'articolo 11, commi da 1 a 4.1, del D.L. 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 2019, n. 60, e successive modificazioni.

[9]    Per l’individuazione di essi, cfr. l’articolo 1, comma 1, del D.Lgs.C.P.S. 13 settembre 1946, n. 233, e successive modificazioni, nonché, per l'ordine degli psicologi, l’articolo 01 della L. 18 febbraio 1989, n. 56.

[10]   Si ricorda che il conseguimento dell'abilitazione professionale (entro la data di inizio delle attività didattiche) è richiesto per la frequenza di tutte le scuole di specializzazione in medicina e chirurgia, ai sensi dell'articolo 2, comma 433, della L. 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni.     

[11]   I suddetti incarichi di consulenza sono in ogni caso ammessi se conferiti a titolo gratuito.

[12]   Per le ipotesi ammesse di contratti di lavoro autonomo o di collaborazione, cfr. il comma 6 del citato articolo 7 del D.Lgs. n. 165, e successive modificazioni.

[13]   Riguardo ai limiti della spesa per il personale degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, cfr. l'articolo 11, commi da 1 a 4.1, del D.L. 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 2019, n. 60, e successive modificazioni.

[14]  Limitazioni di cui all'articolo 14, comma 3, del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26.

[15]   Secondo la nozione del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto Ministeri per il quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007 (nozione non modificata dal contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto funzioni centrali per il triennio 2016-2018), appartengono "a questa area funzionale i lavoratori che, nel quadro di indirizzi generali, per la conoscenza dei vari processi gestionali, svolgono, nelle unità di livello non dirigenziale a cui sono preposti, funzioni di direzione, coordinamento e controllo di attività di importanza rilevante, ovvero lavoratori che svolgono funzioni che si caratterizzano per il loro elevato contenuto specialistico".

[16]   Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421

[17]   Pari al valore della spesa consuntivata nell'anno 2011.

[18]   Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157.

 

[19]   Si ricorda che i "soggetti attuatori", in base all'ordinanza n. 630 del 3 febbraio 2020 del Capo del Dipartimento della protezione civile, sono individuati - anche tra enti pubblici, economici e non economici, e soggetti privati - dal medesimo Capo del Dipartimento della protezione civile per fronteggiare l’emergenza in oggetto.

[20]  Per le ipotesi ammesse di contratti di lavoro autonomo o di collaborazione, cfr. il comma 6 del citato articolo 7 del D.Lgs. n. 165, e successive modificazioni.

[21]   Legge di contabilità e finanza pubblica

[22]      Attuazione della direttiva 93/42/CEE concernente i dispositivi medici

[23]  L’uso compassionevole concerne i medicinali sottoposti a sperimentazione clinica, con riferimento all’impiego degli stessi al di fuori della sperimentazione. Cfr., in materia, il D.M. 7 settembre 2017.

[24]  Per "protocollo" deve intendersi "il documento in cui vengono descritti l'obiettivo o gli obiettivi, la progettazione, la metodologia, gli aspetti statistici e l'organizzazione della sperimentazione" (art. 2, comma 1, lett. h), del D.Lgs. n. 211 del 2003, recante attuazione della direttiva 2001/20/CE relativa all'applicazione della buona pratica clinica nell'esecuzione delle sperimentazioni cliniche di medicinali per uso clinico).

[25]   Si ricorda che il Comitato è composto dal Segretario Generale del Ministero della Salute, dal Direttore generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute, dal Direttore dell’Ufficio di coordinamento degli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera del Ministero della salute, dal Direttore scientifico dell’Istituto nazionale per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani”, dal Presidente dell'Istituto superiore di sanità, da un rappresentante della Commissione salute designato dal Presidente della Conferenza delle Regioni e Province autonome e dal Coordinatore dell’Ufficio Promozione e integrazione del Servizio nazionale della protezione civile del Dipartimento della protezione civile, con funzioni di coordinatore del Comitato. Il Comitato può essere integrato in relazione a specifiche esigenze.

[26]  Per la distinzione delle fasi nella sperimentazione clinica si fa rinvio al sito AIFA.

[27]  Entrambe le suddette misure rappresentano strumenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto di lavoro, che intervengono in caso di sospensione, riduzione o cessazione dell’attività lavorativa.
Il trattamento ordinario di integrazione salariale - disciplinato dal D.Lgs. 148/2015) e pari all’80% della retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate - integra o sostituisce la retribuzione dei lavoratori a cui è stata sospesa o ridotta l'attività lavorativa per situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all'impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali e per situazioni temporanee di mercato. Si ricorda che il contributo addizionale previsto a carico delle imprese che presentano domanda di integrazione salariale ordinaria non è dovuto per gli interventi concessi per eventi oggettivamente non evitabili.

      L’assegno ordinario, di importo almeno pari all'integrazione salariale, è la prestazione principale erogata dai Fondi di solidarietà (di cui agli artt. 26 e seguenti del medesimo D.Lgs. 148/2015) la cui istituzione è obbligatoria per tutti i settori non coperti dalla normativa in materia d’integrazione salariale, in relazione ai datori di lavoro che occupano mediamente più di cinque dipendenti. In base all’art. 30 del D.Lgs. 148/2015, le causali per la concessione dell’assegno da parte dei Fondi di solidarietà bilaterali sono quelle già menzionate per la concessione della CIGO, nonché quelle richieste per la concessione della CIGS, ossia riorganizzazione aziendale, crisi aziendale (ad esclusione dei casi di cessazione dell’attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa) e contratto di solidarietà.
L’assegno ordinario viene erogato anche dai Fondi di integrazione salariale – costituiti dai datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 dipendenti che non hanno costituito fondi di solidarietà bilaterali o fondi di solidarietà bilaterali alternativi - nel caso i datori di lavoro occupino mediamente più di 15 dipendenti per le stesse causali previste per la CIGO, ad esclusione delle intemperie stagionali, e per la CIGS, limitatamente alle causali per riorganizzazione e crisi aziendale.

[28]   Si ricorda che, ai fini del calcolo della durata massima complessiva per i trattamenti concessi per la causale contratto di solidarietà, la durata dei trattamenti viene computata nella misura della metà per la parte non eccedente i 24 mesi e per intero per la parte eccedente.

[29]   In base al richiamato art. 5 del D.Lgs. 148/2015, le imprese che presentano domanda di integrazione salariale versano un contributo addizionale, in misura pari al 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, relativamente ai periodi di integrazione salariale ordinaria o straordinaria fruiti all'interno di uno o più interventi concessi sino a un limite complessivo di 52 settimane in un quinquennio mobile; 12% da 53 a 104 settimane in un quinquennio mobile;15% oltre il limite di 104 settimane in un quinquennio mobile.

      Per quanto concerne l’assegno ordinario, l’art. 29, c. 8, del medesimo decreto dispone che i datori di lavoro che usufruiscono delle prestazioni erogate dal Fondo di integrazione salariale per i casi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa sono tenuti a versare al Fondo un contributo addizionale pari al 4% della retribuzione persa. Fermo restando tale contributo, nei medesimi casi i datori di lavoro sono altresì tenuti al versamento di un contributo stabilito dai decreti istitutivi dei fondi di solidarietà (comunque non inferiore all’1,5% della retribuzione persa).

[30]   In base a quanto disposto dal richiamato art. 40, sono stati adottati i decreti ministeriali  1º giugno 2016, n. 96077 e 9 agosto 2019 (istitutivi del Fondo territoriale intersettoriale della Provincia autonoma di Trento) e il D.M. 20 dicembre 2016, n. 98187 (istitutivo del  Fondo di solidarietà bilaterale della Provincia autonoma di Bolzano-Alto Adige).

[31]   Si ricorda che, ai fini del calcolo della durata massima complessiva per i trattamenti concessi per la causale contratto di solidarietà, la durata dei trattamenti viene computata nella misura della metà per la parte non eccedente i 24 mesi e per intero per la parte eccedente.

[32]   In base al richiamato art. 5 del D.Lgs. 148/2015, le imprese che presentano domanda di integrazione salariale versano un contributo addizionale, in misura pari al 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, relativamente ai periodi di integrazione salariale ordinaria o straordinaria fruiti all'interno di uno o più interventi concessi sino a un limite complessivo di 52 settimane in un quinquennio mobile; 12% da 53 a 104 settimane in un quinquennio mobile;15% oltre il limite di 104 settimane in un quinquennio mobile.

[33]   In base ai richiamati artt. 24 e 25, l’impresa che intende richiedere il trattamento di CIGS deve preventivamente informare le rappresentanze sindacali con le quali si avvia, entro tre giorni dalla predetta comunicazione, l’esame congiunto da cui prende le mosse la consultazione sindacale, che si esaurisce entro i 25 giorni successivi alla richiesta di esame congiunto (10 per le imprese che occupano fino a 50 dipendenti). a domanda di concessione di trattamento straordinario di integrazione salariale è presentata entro sette giorni dalla data di conclusione della procedura di consultazione sindacale o dalla data di stipula dell'accordo collettivo aziendale relativo al ricorso all'intervento.

[34]   Si ricorda che, ai fini del calcolo della durata massima complessiva per i trattamenti concessi per la causale contratto di solidarietà, la durata dei trattamenti viene computata nella misura della metà per la parte non eccedente i 24 mesi e per intero per la parte eccedente.

[35]   Il richiamato art.  29, c. 8, dispone che i datori di lavoro che usufruiscono delle prestazioni erogate dal Fondo di integrazione salariale per i casi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa sono tenuti a versare al Fondo un contributo addizionale pari al 4% della retribuzione persa. Fermo restando tale contributo, nei medesimi casi i datori di lavoro sono altresì tenuti al versamento di un contributo stabilito dai decreti istitutivi dei fondi di solidarietà (comunque non inferiore all’1,5% della retribuzione persa).

[36] I datori di lavoro sono tenuti ad inviare all'INPS tutti i dati necessari per il pagamento diretto dell'integrazione salariale, secondo la disciplina richiamata dal presente comma 6. Trascorso inutilmente il termine posto per tale invio, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.

[37]   Si ricorda che in tale gestione sono iscritti i lavoratori autonomi e i soggetti titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che non sono iscritti ad altri regimi pensionistici obbligatori (gestiti dall’INPS o da altri enti pubblici o privati).

[38]   Ai sensi del richiamato art. 32 del Testo unico a sostegno della maternità e della paternità, per ogni figlio fino a 12 anni, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro per un periodo che, complessivamente, non può eccedere il limite di 10 mesi. In generale, il diritto di astenersi dal lavoro compete: alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi; al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, elevabile a sette nel caso lo stesso eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi; qualora vi sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a dieci mesi. In base al successivo art. 33, per ogni minore con handicap fino a 12 anni, il predetto congedo parentale può essere prolungato, ricorrendo determinate condizioni, per un periodo non superiore a tre anni. Per i periodi di congedo parentale è riconosciuta, fino al sesto anno di vita del bambino, un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi.

[39]   Ai sensi del richiamato art. 54-bis, le persone fisiche (non nell'esercizio dell'attività professionale o d'impresa) possono ricorrere a prestazioni di lavoro occasionale utilizzando il Libretto di Famiglia, cioè un apposito libretto nominativo prefinanziato, acquistabile presso l'INPS o gli uffici postali, e utilizzabile per il pagamento delle prestazioni occasionali rese nell'ambito di:     piccoli lavori domestici (inclusi lavori di giardinaggio, di pulizia o di manutenzione);     assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con disabilità;     insegnamento privato supplementare; attività degli assistenti di stadio. Ogni Libretto Famiglia contiene titoli di pagamento con valore nominale di 10 euro per prestazioni non superiori ad un'ora; di tale somma 1,65 euro e 0,25 euro sono a carico dell'utilizzatore, rispettivamente per la contribuzione alla Gestione separata e per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro; 0,10 euro sono invece destinati al finanziamento degli oneri gestionali; gli utilizzatori, devono comunicare con specifiche modalità entro il terzo giorno del mese successivo alla prestazione tutti i dati relativi al prestatore e alla prestazione.

[40]   Cfr., in particolare, il comma 2, lettere h) ed i), del suddetto articolo 1 del D.L. n. 6, nonché l'articolo 7 del D.L. 9 marzo 2020, n. 14, attualmente in fase di conversione alle Camere.

[41]  Il comma 1 dell’articolo 19 prevede che per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni (di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni) il periodo trascorso, in relazione al virus COVID-19, in malattia o in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva sia equiparato al periodo di ricovero ospedaliero.

     Il successivo comma 2 esclude, per i dipendenti delle suddette pubbliche amministrazioni, i periodi di assenza dal servizio per ricovero ospedaliero in strutture del Servizio sanitario nazionale per l'erogazione delle prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza (LEA) dall'applicazione della norma - relativa ai medesimi dipendenti pubblici - di limitazione della misura del trattamento economico per i primi dieci giorni di assenza per malattia. Si ricorda che quest'ultima disposizione riconosce il solo trattamento economico fondamentale, con esclusione di ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento accessorio.

      Il comma 3 dell’articolo 19 prevede che, per i dipendenti delle medesime pubbliche amministrazioni, i periodi di assenza dal servizio - diversi da quelli di cui al precedente comma 1 - imposti dai provvedimenti di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 - adottati ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del citato D.L. n. 6 del 2020 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 13 del 2020) - costituiscano a tutti gli effetti di legge periodo di servizio prestato. È escluso il riconoscimento dell'indennità sostitutiva di mensa (ove prevista).

     Il comma 4 dello stesso articolo 19 specifica che per il personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, agli accertamenti diagnostici funzionali all’applicazione delle disposizioni del precedente comma 1 provvedono gli specifici servizi sanitari competenti.

[42]   Riguardo al richiamo, contenuto nella presente norma, al citato articolo 19 del D.L. n. 9 del 2020, cfr. supra, anche in nota.

[43]  Secondo quest’ultimo comma, è "persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione".

[44]  Si ricorda che in tale Gestione (di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335) sono iscritti (tra gli altri) i lavoratori autonomi ed i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che non rientrino in altri regimi pensionistici obbligatori di base (facenti capo ad altre gestioni dell’INPS o ad altri enti, pubblici o privati).     

[45]   Per la disciplina del Reddito di cittadinanza, cfr. il Capo I del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26, e successive modificazioni.

[46]   Cfr., in merito, anche la quantificazione operata dalla relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto (A.S. n. 1766).

[47]   Fondo gestito dall’INPS.

[48]   Si ricorda che, per i trattamenti in oggetto, il termine del 31 marzo è previsto dall’articolo 7, comma 4, del D.L. 9 ottobre 1989 n. 338, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 dicembre 1989, n. 389, con riferimento agli eventi di disoccupazione verificati nell’anno precedente.

[49]   Cfr. l'articolo 8 della L. 12 marzo 1968, n. 334.

[50]   La NASpI è una indennità mensile di disoccupazione, corrisposta per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni, destinata ai lavoratori dipendenti che hanno perduto involontariamente la propria occupazione (con esclusione dei dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni e degli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato) e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti: siano in stato di disoccupazione; possano far valere, nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione; possano far valere trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l'inizio del periodo di disoccupazione.

[51]   La DIS-COLL è l’indennità mensile di disoccupazione, corrisposta per un numero di mesi pari alla metà dei mesi di contribuzione accreditati nel periodo che va dal primo gennaio dell'anno solare precedente l'evento di cessazione del lavoro al predetto evento, per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, non pensionati e privi di partita IVA, che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti: siano in stato di disoccupazione; possano far valere almeno un mese di contribuzione nel periodo che va dal primo gennaio dell'anno solare precedente l'evento di cessazione dal lavoro al predetto evento; possano far valere, nell'anno solare in cui si verifica l'evento di cessazione dal lavoro, un mese di contribuzione oppure un rapporto di collaborazione di cui al comma 1 di durata pari almeno ad un mese e che abbia dato luogo a un reddito almeno pari alla metà dell'importo che dà diritto all'accredito di un mese di contribuzione.

[52]   Si ricorda che, ai sensi dell’art. 3, c. 3, della L. 104/1992, la disabilità assume il carattere di gravità qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione.

[53]  Riguardo alla suddetta revisione, cfr. l’articolo 83 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124.

[54]  D.M. concernente le nuove tariffe dei premi delle "gestioni Industria, Artigianato, Terziario e Altre Attività".