Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Finanze
Titolo: Disposizioni urgenti in materia fiscale
Riferimenti: AC N.2220/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 220
Data: 28/10/2019
Organi della Camera: VI Finanze

Disposizioni urgenti
in materia fiscale

D.L. 124/2019 – A.C. 2220

Schede di lettura

 

Ottobre 2019

 

 

Servizio Studi – Dossier n. 179

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Servizio Studi - Progetti di legge n. 220

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D19124.docx

 


I N D I C E

Articolo 1 (Accollo del debito d’imposta altrui e divieto di compensazione) 5

Articolo 2 (Cessazione partita IVA ed inibizione compensazione) 8

Articolo 3 (Contrasto alle indebite compensazioni) 11

Articolo 4 (Ritenute e compensazioni in appalti e subappalti e reverse charge manodopera) 15

Articolo 5 (Contrasto alle frodi in materia di accisa e norme in materia di confisca) 24

Articolo 6 (Contrasto alle frodi in materia di carburanti) 31

Articolo 7 (Contrasto alle frodi nel settore degli idrocarburi) 35

Articolo 8 (Disposizioni in materia di accisa sul gasolio commerciale) 39

Articolo 9 (Frodi nell’acquisto di veicoli fiscalmente usati) 41

Articolo 10 (Estensione del sistema INFOIL) 44

Articolo 11 (Introduzione Documento Amministrativo Semplificato telematico) 46

Articolo 12 (Trasmissione telematica dei quantitativi di energia elettrica e di gas naturale) 49

Articolo 13 (Trust esteri) 51

Articolo 14 (Utilizzo dei file delle fatture elettroniche) 54

Articolo 15 (Fatturazione elettronica e sistema tessera sanitaria) 57

Articolo 16 (Precompilata IVA) 60

Articolo 17 (Imposta di bollo sulle fatture elettroniche) 62

Articolo 18 (Modifiche al regime dell’utilizzo del contante) 64

Articolo 19 (Esenzione fiscale dei premi della lotteria degli scontrini e istituzione di premi speciali per il cashless) 69

Articolo 20 (Sanzione lotteria degli scontrini) 71

Articolo 21 (Certificazioni fiscali e pagamenti elettronici) 73

Articolo 22 (Credito d'imposta su commissioni pagamenti elettronici) 75

Articolo 23 (Sanzioni per mancata accettazione di pagamenti effettuati con carte di debito e credito) 78

Articolo 24 (Proroga gare scommesse e Bingo) 80

Articolo 25 (Termine per la sostituzione degli apparecchi da gioco) 83

Articolo 26 (Prelievo erariale unico sugli apparecchi da intrattenimento) 85

Articolo 27 (Registro unico degli operatori del gioco pubblico) 86

Articolo 28 (Blocco dei pagamenti a soggetti senza concessione) 90

Articolo 29 (Potenziamento dei controlli in materia di giochi) 92

Articolo 30 (Requisiti titolari concessioni) 95

Articolo 31 (Omesso versamento dell'imposta unica) 97

Articolo 32 (IVA scuole guida) 100

Articolo 33 (Sospensione adempimenti connessi ad eventi sismici) 103

Articolo 34 (Compartecipazione comunale al gettito accertato) 104

Articolo 35 (Deducibilitā interessi passivi) 105

Articolo 36 (Incentivi Conto Energia) 108

Articolo 37 (Riapertura termini prima rata definizione agevolata 2019) 111

Articolo 38 (Imposta municipale propria piattaforme marine) 114

Articolo 39 (Modifiche della disciplina penale e della responsabilitā amministrativa degli enti) 119

Articolo 40 (Eliminazione vincoli di spesa per Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. ed Equitalia Giustizia S.p.A.) 134

Articolo 41, comma 1 (Fondo di garanzia PMI) 137

Articolo 41, comma 2 (Garanzie ISMEA alle imprese agricole per sviluppo di tecnologie innovative) 143

Articolo 42 (Fusioni di comuni) 146

Articolo 43 (Affitti passivi PA) 149

Articolo 44 (Permuta immobili ad uso governativo) 151

Articolo 45 (Proroga al 31 dicembre 2019 del termine per la stipula del nuovo Patto per la Salute) 153

Articolo 46 (Disposizioni in materia di fiscalitā regionale) 154

Articolo 47 (Disposizioni sul trasporto pubblico locale) 159

Articolo 48 (Adeguamento banca dati di riferimento rendiconto di gestione comuni) 166

Articolo 49 (Revisione prioritā investimenti) 170

Articolo 50 (Tempi di pagamento dei debiti commerciali della P.A.) 173

Articolo 51 (Attivitā informatiche in favore di organismi pubblici) 176

Articolo 52 (Incentivi per l'acquisto dei dispositivi antiabbandono) 185

Articolo 53 (Disposizioni in materia di autotrasporto) 188

Articolo 54 (Alitalia) 193

Articolo 55 (Misure a favore della competitivitā delle imprese italiane) 199

Articolo 56 (Compensazione Fondo perequativo IRAP) 202

Articolo 57, comma 1 (Criteri di riparto del Fondo di solidarietā comunale) 204

Articolo 57, comma 2 (Esclusione dai vincoli di contenimento delle spese per la formazione) 210

Articolo 58 (Quota versamenti in acconto) 212

Articolo 59 (Disposizioni finanziarie) 214

Articolo 60 (Entrata in vigore) 223

 

 

 


Articolo 1
(Accollo del debito d’imposta altrui e divieto di compensazione)

 

 

articolo 1 disciplina l’accollo del debito di imposta altrui, previsto dallo Statuto del contribuente. In particolare, le norme vietano esplicitamente il pagamento del debito accollato mediante compensazione. Nel caso di violazione del divieto, il pagamento si considera non avvenuto e sono irrogate sanzioni differenziate per l’accollante e l’accollato.

In deroga alla disciplina generale, le sanzioni per la violazione del divieto di compensazione nell’accollo tributario sono irrogate entro l’ottavo anno successivo alla presentazione della delega di pagamento (in luogo di cinque anni dalla violazione).

L’accollo d’imposta tra normativa vigente e indicazioni di prassi

Il comma 2 del richiamato articolo 8 dello Statuto del contribuente consente l'accollo del debito d'imposta altrui, senza tuttavia che ciō comporti la liberazione del contribuente originario.

Rispetto all’accollo civilistico, le disposizioni sull’accollo tributario non consentono l’adesione del creditore, né la possibilitā di opporre allo stesso le eccezioni fondate sull’accordo sotteso.

L’Agenzia delle entrate, interpellata sulle modalitā corretta di estinzione del debito d’imposta oggetto di accollo, nella Risoluzione n. 140/E del 2017 ha chiarito alcuni punti cardine dell’istituto, che avrebbe dovuto ricevere compiuta attuazione (articolo 8, comma 6 dello Statuto del contribuente) con un decreto ministeriale, non emanato.

Richiamando la giurisprudenza sull’argomento, l’Agenzia ha precisato che l’assunzione volontaria dell’impegno di pagare le imposte dovute dall’iniziale debitore non significa “assumere la posizione di contribuente o di soggetto passivo del rapporto tributario, ma la qualitā di obbligato (o coobbligato) in forza di titolo negoziale”, tanto che l’Amministrazione finanziaria non puō esercitare nei confronti degli accollanti “i propri poteri di accertamento e di esazione, che possono essere esercitati solo nei confronti di chi sia tenuto per legge a soddisfare il credito fiscale” (Cass. S.U. n. 28162 del 2008).

In base a tali presupposti l’Agenzia ha negato la possibilitā di soddisfare il debito tributario mediante compensazione nel caso di accollo. L’istituto della compensazione, fatte salve limitate eccezioni previste specificamente da disposizioni normative ad hoc, a parere dell’Agenzia trova infatti applicazione solo per i debiti (e i contrapposti crediti) in essere tra i medesimi soggetti e non tra soggetti diversi.

Tuttavia, stanti le obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni richiamate, la medesima Agenzia delle entrate ha ritenuto opportuno procedere ad alcune precisazioni.

In particolare, sono stati ritenuti validi e non sanzionabili i pagamenti dei debiti accollati effettuati tramite compensazione prima della pubblicazione della risoluzione, datata 15 novembre 2017, purché in presenza di crediti esistenti ed utilizzabili.

Per i pagamenti successivi alla pubblicazione della risoluzione, ancorché riferiti a contratti di accollo antecedentemente stipulati, l’Agenzia ha ritenuto opportuno distinguere la posizione dell’accollato da quella dell’accollante.

 

Nei confronti dell’accollato, soggetto passivo del rapporto tributario e debitore originario, l’omesso pagamento comporta il recupero dell’imposta non versata e degli interessi, nonché l’applicazione della sanzione pari al trenta per cento di ogni importo non versato (articolo 13 comma 1 d.lgs. n. 471 del 1997) e quelle, inferiori, previste nel caso di ritardo nei versamenti (nel caso di ritardo non superiore a novanta giorni, quindici per cento dell’importo non versato; per ritardi non superiori a quindici giorni, la sanzione giā ridotta, ulteriormente decurtata di un importo pari a un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo).

 

Per l’Agenzia delle entrate, alla predetta sanzione si affiancano quelle in capo all’accollante. Per quest’ultimo, l’utilizzo di un credito d’imposta in violazione delle modalitā dettate dalle norme vigenti si applicano:

§  la sanzione pari al trenta per cento del credito utilizzato, qualora questo sia effettivamente esistente (di cui all’articolo 13, comma 4, del D.Lgs. n. 471 del 1997). Recuperata l’imposta in capo all’accollato, il credito dell’accollante tornerā utilizzabile secondo le regole ordinarie;

§  la sanzione dal cento al duecento per cento della misura dei crediti utilizzati, laddove inesistenti (di cui all’articolo 13, comma 5, del D.Lgs. n. 471 del 1997).

La disciplina prevista dall’articolo in esame

Il comma 1 dell’articolo in esame mantiene la possibilitā di accollo ai sensi delle citate norme dello Statuto del contribuente, disponendo che i relativi pagamenti seguano le modalitā disposte dalla legge.

 

Il comma 2 esplicita il divieto di pagamento del debito accollato mediante compensazione.

 

Nel caso di violazione del divieto di compensazione dell’accollante (comma 3), i pagamenti effettuati in compensazione si considerano come non avvenuti a tutti gli effetti di legge.

 

Inoltre, si applicano le sanzioni per ritardati od omessi versamenti diretti e per le altre violazioni in materia di compensazione, come individuate dall’articolo 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997, illustrate nel paragrafo precedente.

 

Il comma 4 dispone, in deroga alla disciplina generale in materia di sanzioni tributarie, che le sanzioni per la violazione della disciplina sul divieto di compensazione siano irrogate con atti di recupero da notificare, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello in cui č stata presentata la delega di pagamento.

Al riguardo si ricorda che l’articolo 20 del D.Lgs. n. 472 del 1997 prescrive che l'atto di contestazione delle sanzioni o l'atto di irrogazione siano notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui č avvenuta la violazione, o nel diverso termine previsto per l'accertamento dei singoli tributi. 

 

Le sanzioni irrogate sono le seguenti, in coerenza con l’impianto delineato dall’Agenzia delle entrate nella Risoluzione n. 140 del 2017:

a)   all’accollante sono comminate le sanzioni pari al trenta per cento del credito, se il credito indebitamente compensato č esistente, o dal cento al duecento per cento dell’importo, ove il credito sia inesistente (articolo 13, commi 4 o 5, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471);

b)  all’accollato č comminata la sanzione pari al trenta per cento del dovuto (articolo 13, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471), recuperando l’imposta dovuta e gli interessi, importi per i quali l’accollante č coobbligato in solido.

 

Il comma 5 demanda a un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate l’individuazione delle ulteriori disposizioni attuative.


 

Articolo 2
(Cessazione partita IVA ed inibizione compensazione)

 

 

articolo 2 inserisce tre nuovi commi (2-quater, 2-quinquies e 2-sexies) all’articolo17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, in materia di compensazione dei crediti, che stabiliscono l’esclusione dei destinatari di provvedimenti di cessazione della partita IVA, ovvero di esclusione dalla banca dati dei soggetti che effettuano operazioni intracomunitarie, dalla possibilitā di avvalersi della compensazione dei crediti.

 

In particolare l’articolo in esame dispone che, in deroga alla generale previsione che l'obbligazione tributaria puō essere estinta anche per compensazione (articolo 8 dello statuto dei diritti del contribuente), per i contribuenti a cui sia stato notificato provvedimento di cessazione della partita IVA č esclusa la facoltā di avvalersi (a partire dalla data di notifica) della compensazione dei crediti (comma 2-quater).

 

Si ricorda che l'attribuzione del numero di partita IVA determina la esecuzione di riscontri automatizzati per la individuazione di elementi di rischio connessi al rilascio dello stesso nonché l'eventuale effettuazione di accessi nel luogo di esercizio dell'attivitā. Gli uffici fiscali verificano che i dati forniti da soggetti per la loro identificazione ai fini dell'IVA, siano completi ed esatti (articolo 35, comma 15-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di IVA). L’Agenzia delle entrate effettua nei confronti dei titolari di partita Iva riscontri e controlli, formali e sostanziali, sull’esattezza e completezza dei dati forniti da tali soggetti per la loro identificazione ai fini Iva, applicando criteri di valutazione del rischio mirati, prevalentemente, ad individuare soggetti privi dei requisiti soggettivi e/o oggettivi Iva previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 633/1972. A tal fine l’Agenzia valuta prioritariamente:

§  gli elementi di rischio riconducibili al titolare della ditta individuale o al rappresentante legale, agli amministratori e ai soci della persona giuridica titolare della partita Iva;

§  gli elementi di rischio relativi alla tipologia e alle modalitā di svolgimento dell’attivitā operativa, finanziaria, gestionale, nonché ausiliaria da parte del soggetto titolare della partita Iva;

§  gli elementi di rischio relativi alla posizione fiscale del soggetto titolare della partita Iva, con particolare riferimento alle omissioni e\o incongruenze nell’adempimento degli obblighi di versamento o dichiarativi;

§  gli elementi di rischio relativi a collegamenti con soggetti direttamente e/o indirettamente coinvolti in fenomeni evasivi o fraudolenti.

Per una panoramica completa sui controlli periodici e l’attivitā di analisi del rischio sui soggetti titolari di partita Iva si rimanda alla lettura del Provvedimento del 12 giugno 2017 del direttore dell’Agenzia delle entrate.

 

A tali contribuenti, pertanto, č inibita la possibilitā di utilizzare i crediti in compensazione nel modello F24 a prescindere dalla loro tipologia e dall’importo e anche qualora non siano maturati con riferimento all’attivitā esercitata con la partita IVA oggetto del provvedimento. Il comma prosegue stabilendo inoltre che tale esclusione rimane in vigore fino a quando la partita IVA risulti cessata ovvero fino a quando permangono le circostanze che hanno determinato l’emissione del provvedimento.

Nella relazione che accompagna il decreto in esame si evidenzia che conseguentemente i predetti crediti potranno essere esclusivamente oggetto di richiesta di rimborso (articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in materia di riscossione, e articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di IVA) ovvero essere riportati quale eccedenza pregressa nella dichiarazione successiva.

 

Il nuovo comma 2-quinquies prevede che anche i soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie a cui sia stato notificato il provvedimento di esclusione della partita IVA dalla banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie (articolo 17 del Regolamento (UE) n.904/2010 del Consiglio del 7 ottobre 2010) non possono avvalersi, a partire dalla data di notifica, della compensazione dei crediti IVA.

 

Si segnala che in base al citato Provvedimento del 12 giugno 2017 del direttore dell’Agenzia delle entrate che fissa i criteri e le modalitā di cessazione della partita IVA e dell’esclusione della stessa dalla banca dati dei soggetti che effettuano operazioni intracomunitarie, nel caso in cui, dai controlli venga constatato che il soggetto, sebbene in possesso dei requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633, abbia comunque consapevolmente effettuato operazioni intracomunitarie in un contesto di frode IVA, l’ufficio, valutata la gravitā del comportamento, puō notificare un provvedimento di esclusione dell’operatore dalla banca dati dei soggetti che effettuano operazioni intracomunitarie, rendendo invalida la partita IVA nel sistema elettronico di cui all’articolo 17 del Regolamento (UE) n. 904/2010.

Si ricorda inoltre che il Regolamento (UE) n. 904/2010, relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro le frodi in materia d'imposta sul valore aggiunto stabilisce, all’articolo 17, che ciascuno Stato membro archivia in un sistema elettronico i dati riguardanti l'identitā, l'attivitā, l'organizzazione e l'indirizzo delle persone a cui ha attribuito un numero di identificazione IVA. Il successivo articolo 20 stabilisce che le informazioni sono inserite immediatamente nel sistema elettronico e l’articolo 19 dispone che gli Stati membri provvedono a che tali informazioni siano aggiornate, complete ed esatte.

In caso di esito negativo dei controlli svolti ai sensi del richiamato articolo 35, comma 15-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, l'ufficio fiscale emana provvedimento di cessazione della partiva IVA e provvede all'esclusione della stessa dalla banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie.

 

esclusione rimane in vigore fino a quando non siano rimosse le irregolaritā che hanno generato l’emissione del provvedimento di esclusione.

 

Il comma 2-sexies dispone che nel caso di utilizzo in compensazione di crediti in violazione di quanto previsto dai commi 2-quater e 2-quinquies, il modello F24 č scartato. Lo scarto č comunicato tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate al soggetto che ha trasmesso il modello F24, mediante apposita ricevuta.

 

Si ricorda a tale proposito che secondo quanto previsto dal provvedimento del 28 agosto 2018 del direttore dell’Agenzia delle entrate se in esito alle verifiche effettuate l’Agenzia delle entrate rileva che il credito non č stato correttamente utilizzato, comunica lo scarto del modello F24 al soggetto che ha inviato il file telematico, tramite apposita ricevuta, indicandone anche la relativa motivazione. Tutti i pagamenti e le compensazioni contenuti nel modello F24 scartato si considerano non eseguiti.


 

Articolo 3
(Contrasto alle indebite compensazioni)

 

 

articolo 3, al fine di rafforzare gli strumenti per il contrasto delle indebite compensazioni di crediti effettuate tramite modello F24, consente di compensare per importi superiori a 5.000 euro annui solo a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui emerge il credito; estende l’obbligo di utilizzare modalitā di pagamento telematiche a tutti i soggetti che intendono effettuare la compensazione; introduce una specifica disciplina sanzionatoria.

 

Si ricorda che l’articolo 17 del D.Lgs. 241 del 1997 disciplina la compensazione dei crediti. Al fine di compensare i crediti con i propri debiti, i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

La compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all'anno dell'imposta sul valore aggiunto, per importi superiori a 5.000 euro annui, puō essere effettuata a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell'istanza da cui il credito emerge.

 

I commi da 1 a 3 modificano i presupposti per l’utilizzo in compensazione dei crediti d’imposta emergenti dalle dichiarazioni relative alle imposte dirette, allineandoli ai presupposti vigenti per i crediti d’imposta emergenti dalle dichiarazioni IVA.

 

In particolare, il comma 1 sostituisce l’ultimo periodo dell'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, al fine di limitare la possibilitā di compensare per importi superiori a 5.000 euro annui solo a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui emerge il credito, giā prevista per i crediti IVA, anche per i crediti relativi alle imposte sui redditi e alle relative addizionali, alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e all'imposta regionale sulle attivitā produttive.

 

Il comma 2 estende a tutti i soggetti che intendono effettuare la compensazione, e non solo ai soggetti titolari di partita IVA, l’obbligo di utilizzare modalitā di pagamento telematiche, tramite F24.

A tal fine č modificato l'articolo 37, comma 49-bis, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, eliminando il riferimento ai soggetti titolari di partita IVA di cui al comma 49 del medesimo articolo (lettera a)). Per effetto della modifica, la norma si applica quindi a tutti coloro che intendono avvalersi della compensazione.

Si ricorda che il comma 49-bis qui modificato stabilisce che i soggetti titolari di partita IVA (di cui al precedente comma 49) che intendono effettuare la compensazione dei crediti sono tenuti ad utilizzare esclusivamente i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate.

Il successivo comma 49-ter autorizza l'Agenzia delle entrate a sospendere, fino a trenta giorni, l'esecuzione delle deleghe di pagamento contenenti compensazioni che presentano profili di rischio, al fine del controllo dell'utilizzo del credito. Se all'esito del controllo il credito risulta correttamente utilizzato, ovvero decorsi i trenta giorni, la delega č eseguita e le compensazioni e i versamenti sono considerati effettuati alla data stessa della loro effettuazione; diversamente la delega di pagamento non č eseguita e i versamenti e le compensazioni si considerano non effettuati. In tal caso la struttura di gestione dei versamenti unificati non contabilizza i versamenti e le compensazioni indicate nella delega di pagamento e non effettua le relative regolazioni contabili.

 

Tale obbligo č esteso anche ai crediti maturati in qualitā di sostituto d’imposta per il recupero delle eccedenze di versamento delle ritenute e dei rimborsi/bonus erogati ai dipendenti (ad esempio, i rimborsi da modello 730 e bonus 80 euro) (lettera b)).

 

Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, queste misure consentirebbero di effettuare un riscontro preventivo dei dati attestanti l’esistenza del credito prima che questo venga utilizzato in compensazione per il pagamento di altri tributi o contributi e, eventualmente, di scartare le deleghe di pagamento nel caso in cui contengano compensazioni di crediti, salvi quelli maturati in qualitā di sostituto d’imposta, che non risultano dalle dichiarazioni presentate oppure che risultano da dichiarazioni non dotate del visto di conformitā.

 

Il comma 3 chiarisce che le nuove disposizioni si applicano con riferimento ai crediti maturati a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019.

 

Si segnala che nel primo anno di applicazione delle nuove disposizioni (il 2020), a differenza del 2019, i crediti d’imposta relativi al periodo d’imposta chiuso al 31 dicembre dell’anno precedente, salvi i crediti maturati in qualitā di sostituto d’imposta, potranno essere utilizzati in compensazione solo dieci giorni dopo la presentazione della relativa dichiarazione e dunque a partire dal mese di maggio (e non quindi a partire dal 1° gennaio, come stabilito dalle norme vigenti).

Al riguardo, la relazione tecnica stima che in tale anno, a causa del differimento del termine a decorrere dal quale potranno essere utilizzati i crediti in compensazione, una parte di questi non potrā essere compensata entro la fine dello stesso anno 2020 (per incapienza rispetto ai debiti da pagare tramite compensazione) e slitterā ai primi mesi del 2021. Pertanto, solo per il 2020, si avrā un ulteriore effetto positivo che riduce la spesa per il bilancio dello Stato (c.d. slittamento). Negli esercizi successivi, lo slittamento in avanti per ciascuna annualitā sarā annullato dal recupero dei crediti residui dell’anno precedente e quindi, in sostanza, l’effetto slittamento non sarā significativo.

 

Il comma 4 prevede che l’Agenzia delle entrate, l’INPS e l’INAIL possano definire procedure di cooperazione rafforzata, finalizzate al contrasto delle indebite compensazioni di crediti tramite modello F24. Nell’ambito di tali procedure, gli istituti possono inviare all’Agenzia delle entrate segnalazioni qualificate circa operazioni che presentano profili di rischio, ai fini del recupero del credito indebitamente compensato.

Le procedure illustrate e ogni altra disposizione di attuazione sono definite con provvedimenti adottati d’intesa dal Direttore dell’Agenzia delle entrate e dai Presidenti dei suddetti Istituti.

 

I commi 5 e 6, infine, introducono una specifica disciplina sanzionatoria da applicare nei casi in cui venga individuato il tentativo di compensare crediti non utilizzabili.

 

A tal fine, il comma 5 introduce un nuovo comma 49-quater al citato articolo 37 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223.

Ai sensi del nuovo comma, qualora in esito all’attivitā di controllo sopra richiamata (comma 49-ter) i crediti indicati nelle deleghe di pagamento si rivelino in tutto o in parte non utilizzabili in compensazione, l’Agenzia delle entrate comunica telematicamente la mancata esecuzione della delega di pagamento al soggetto che ha trasmesso la delega stessa entro il termine di trenta giorni e applica la sanzione di euro 1000 per ciascuna delega non eseguita (di cui all’articolo 15, comma 2-ter del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, introdotto dal successivo comma 6).

Qualora a seguito della comunicazione il contribuente, entro i trenta successivi al ricevimento della stessa, rilevi eventuali elementi non considerati o valutati erroneamente, puō fornire i chiarimenti necessari all'Agenzia delle entrate. L'iscrizione a ruolo a titolo definitivo della sanzione non č eseguita se il contribuente provvede a pagare la somma dovuta entro trenta giorni. L’agente della riscossione notifica la cartella di pagamento al debitore iscritto a ruolo entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della delega di pagamento. Con provvedimento adottato dal Direttore dell’Agenzia delle entrate sono definite le disposizioni attuative.

 

Il successivo comma 6 introduce un nuovo comma 2-ter all’articolo 15 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, in materia di sanzioni tributarie non penali, ai sensi del quale, nel caso di mancata esecuzione delle deleghe di pagamento per effetto dell’attivitā di controllo illustrate, si applica la sanzione di euro 1000 per ciascuna delega non eseguita. E’ esplicitamente esclusa l’applicazione della sanzione pių grave, aumentata da un quarto al doppio, in caso di concorso di violazioni e continuazione prevista dall'articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie.

 

Il comma 7 reca la norma di invarianza finanziaria, mentre il comma 8 prevede la decorrenza delle sanzioni a partire dalle deleghe di pagamento presentate dal mese di marzo 2020.


 

Articolo 4
(Ritenute e compensazioni in appalti e
subappalti e
reverse charge manodopera)

 

 

articolo 4 reca una serie di misure in materia di contrasto all’omesso versamento delle ritenute, in particolare disponendo l’obbligo per il committente al versamento delle ritenute (senza possibilitā di utilizzare in compensazione proprie posizioni creditorie) in tutti i casi di affidamento di un’opera o un servizio. L'articolo estende inoltre l‘inversione contabile in materia di Iva (reverse charge) alle prestazioni effettuate mediante contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati, che vengono svolti con il prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attivitā del committente e con l’utilizzo di beni strumentali di proprietā del committente.

 

Il comma 1 della disposizione in esame introduce un nuovo articolo 17-bis al decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, in materia di versamento unitario e compensazione.

In primo luogo, il comma 1 dell’articolo 17-bis stabilisce che il committente (sostituto di imposta residente nel territorio dello Stato ai fini delle imposte sui redditi) che affida il compimento di un’opera o di un servizio ad un’impresa č tenuto al versamento delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente, su quelli assimilati a quelli di lavoro dipendente, sulle addizionali regionali e comunali, ai lavoratori direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera o del servizio. La norma, inoltre, dispone che per tali versamenti non č possibile operare compensazioni nel modello F24 con crediti propri.

 

La disposizione non modifica la disciplina prevista dall’articolo 29 del d.lgs. 276 del 2003 in materia di appalto (in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro č obbligato in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi), ma ha un ambito applicativo, sia oggettivo che soggettivo, pių esteso. Essa infatti non si riferisce esclusivamente al contratto di appalto, ma pių in generale all’affidamento del compimento di un’opera o di un servizio ad un’impresa e il soggetto obbligato al versamento non č solo il committente imprenditore ma un qualsiasi committente sostituto di imposta residente nel territorio dello Stato (ad esempio anche gli enti pubblici).

Si ricorda inoltre che l’articolo 35, comma 28, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, recante misure di contrasto dell'evasione e dell'elusione fiscale,  disponeva che in caso di appalto di opere o di servizi, l'appaltatore risponde in solido con il subappaltatore, nei limiti dell'ammontare del corrispettivo dovuto, del versamento all'erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente dovute dal subappaltatore all'erario in relazione alle prestazioni effettuate nell'ambito del rapporto di subappalto. Tale articolo č stato abrogato dall'art. 28, comma 1, del decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, che dava seguito alle condizioni richieste dalle Commissioni finanze di Camera e Senato. Nel parere approvato dalla VI Commissione finanze della Camera sullo schema di decreto legislativo si segnalava in proposito che risultavano di particolare gravositā per le imprese gli adempimenti relativi alla responsabilitā solidale dell'appaltatore con il subappaltatore del versamento all'erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente dovute dal subappaltatore in relazione alle prestazioni effettuate nell'ambito del rapporto di subappalto. Si rilevava che tale disciplina, pur perseguendo l'obiettivo di contrastare l'evasione fiscale, ha previsto oneri amministrativi sulle imprese che si sono rivelati non proporzionati rispetto all'esigenza di contrastare i fenomeni di frode e di evasione fiscale riscontrati nell'esperienza operativa da parte di coloro che utilizzano lavoratori in nero.

 

Il comma 2 del nuovo articolo 17-bis specifica che l’obbligo di versamento riguarda tutte le ritenute fiscali operate dall’impresa appaltatrice o affidataria e dalle imprese subappaltatrici (nel corso di durata del contratto) sulle retribuzioni erogate al personale direttamente impiegato nell’esecuzione delle opere o dei servizi affidati.

 

Il comma 3 dispone che l’importo corrispondente all’ammontare complessivo del versamento dovuto č versato dall’impresa appaltatrice o affidataria e dalle imprese subappaltatrici al committente con almeno 5 giorni lavorativi di anticipo rispetto alla scadenza del versamento stesso su specifico conto corrente bancario o postale comunicato dal committente all’impresa affidataria o appaltatrice e da quest’ultima alle imprese subappaltatrici.

 

Il comma 4 prevede che il committente che ha ricevuto le somme necessarie all’effettuazione del versamento lo esegue, senza possibilitā di utilizzare in compensazione proprie posizioni creditorie, entro il termine previsto, ovvero entro il giorno sedici del mese di scadenza (articolo 18 decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241), e con le modalitā previste (mediante delega irrevocabile ad una banca convenzionata), in luogo del soggetto che ha effettuato le ritenute e indicando nella delega di pagamento il codice fiscale dello stesso quale soggetto per conto del quale il versamento č eseguito.

 

Il comma 5 introduce l’obbligo per le imprese appaltatrice o affidataria e dalle imprese subappaltatrici di trasmettere al committente con almeno 5 giorni lavorativi di anticipo rispetto alla scadenza del versamento i dati necessari per il riscontro dell’ammontare complessivo degli importi ricevuti con le trattenute effettuate. In particolare le imprese devono trasmettere tramite posta elettronica certificata al committente e, per le imprese subappaltatrici, anche all’impresa appaltatrice:

§  un elenco nominativo di tutti i lavoratori, identificati mediante codice fiscale, impiegati nel mese precedente direttamente nell’esecuzione di opere e servizi affidati dal committente, con il dettaglio delle ore di lavoro prestate da ciascun percipiente in esecuzione dell’opera o del servizio affidato, l’ammontare della retribuzione corrisposta al dipendente collegata a tale prestazione ed il dettaglio delle ritenute fiscali eseguite nel mese precedente nei confronti di detto lavoratore, con separata indicazione di quelle relative alla prestazione affidata dal committente;

§  tutti i dati utili alla compilazione delle deleghe di pagamento necessarie per l’effettuazione dei versamenti;

§  i dati identificativi del bonifico effettuato.

 

Il comma 6 prevede che se entro la data prevista per il bonifico l'impresa appaltatrice o affidataria vanta crediti per corrispettivi verso l'impresa committente, alla comunicazione puō allegare la richiesta di compensazione totale o parziale delle somme dovute (anche dalle subappaltatrici) con tali corrispettivi. La disposizione chiarisce, inoltre, che, il committente deve procedere comunque al versamento con le modalitā previste al comma 4, ovvero senza compensazione con proprie posizioni creditorie.

 

Il comma 7 specifica i casi in cui le imprese appaltatrici e subappaltatrici sono responsabili per la corretta determinazione delle ritenute e per la corretta esecuzione delle stesse, nonché per il versamento, senza possibilitā di compensazione. La responsabilitā č delle imprese appaltatrici/subappaltatrici quando:

§  non hanno provveduto all’esecuzione del versamento al committente entro il termine di 5 giorni lavorativi di anticipo rispetto alla scadenza del versamento;

§  non hanno trasmesso la richiesta di compensazione totale o parziale delle somme dovute;

§  non hanno trasmesso i dati previsti al richiamato comma 5.

 

Il comma 8 specifica invece i casi di responsabilitā del committente. Il committente č responsabile se non versa quanto ricevuto nei termini ovvero se non versa le ritenute effettuate dalle imprese appaltatrici e subappaltatrici. La responsabilitā č quantificata entro il limite della somma dell’ammontare dei bonifici ricevuti nel termine previsto e dei corrispettivi maturati a favore delle imprese appaltatrici o affidatarie e non corrisposti alla stessa data.

La responsabilitā č integrale nel caso in cui i committenti non abbiano tempestivamente comunicato all’impresa appaltatrice o affidataria gli estremi del conto corrente bancario o postale su cui effettuare i versamenti o abbiano eseguito pagamenti alle imprese affidatarie, appaltatrici o subappaltatrici, inadempienti.

 

Il comma 9 dispone che nel caso in cui le imprese appaltatrici o affidatarie e le imprese subappaltatrici non trasmettano entro il termine previsto e con le modalitā indicate i dati richiesti ovvero non effettuino i bonifici entro il termine o non inviino la richiesta di compensazione, ovvero inviino una richiesta di compensazione con crediti inesistenti o non esigibili, il committente deve sospendere il pagamento dei corrispettivi maturati dall’impresa appaltatrice o affidataria vincolando le somme ad essa dovute al pagamento delle ritenute eseguite dalle imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera o del servizio, dandone comunicazione entro 90 giorni all’ufficio dell’Agenzia delle entrate territorialmente competente nei suoi confronti.

 

Il termine di 90 giorni consente di avvalersi dell’istituto del ravvedimento. Si ricorda che l’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 prevede che la sanzione č ridotta, sempreché la violazione non sia stata giā constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attivitā amministrative di accertamento delle quali l'autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza: ad un decimo del minimo nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data della sua commissione; ad un nono del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro novanta giorni dalla data dell'omissione o dell'errore, ovvero se la regolarizzazione delle omissioni e degli errori commessi in dichiarazione avviene entro novanta giorni dal termine per la presentazione della dichiarazione in cui l'omissione o l'errore č stato commesso.

 

In tali casi č preclusa comunque all’impresa appaltatrice o affidataria ogni azione esecutiva finalizzata al soddisfacimento del credito il cui pagamento č stato sospeso fino a quando non sia stato eseguito il versamento delle ritenute.

 

Il comma 10 del nuovo articolo 17-bis stabilisce che laddove entro 90 giorni dal termine di previsto al comma 3, le imprese appaltatrici o affidatarie e le imprese subappaltatrici effettuino il versamento al committente o richiedano la compensazione e trasmettano i dati richiesti, il committente procede al versamento delle somme, perfezionando, su richiesta del soggetto che ha effettuato le ritenute, il ravvedimento operoso e addebitando allo stesso gli interessi e le sanzioni versati.

 

Il comma 11 del nuovo articolo 17-bis prevede l’obbligo per il committente che ha effettuato il pagamento per conto delle imprese appaltatrici o affidatarie e subappaltatrici di comunicare entro 5 giorni mediante posta elettronica certificata a queste ultime l’effettuazione del pagamento. Qualora le imprese che hanno provveduto al versamento delle ritenute al committente o a richiesta di compensazione con i corrispettivi maturati nei confronti dello stesso, non hanno ricevuto comunicazione dell’effettuazione del versamento delle ritenute da parte di quest’ultimo, esse comunicano inadempimento all’ufficio dell’Agenzia delle entrate territorialmente competente nei loro confronti.

 

Il comma 12 del nuovo articolo 17-bis disciplina i requisiti necessari affinché le imprese appaltatrici, affidatarie e subappaltatrici possono eseguire direttamente il versamento delle ritenute. Tali imprese possono eseguire direttamente il versamento delle ritenute secondo le procedure previste, comunicando al committente tale opzione entro 5 giorni lavorativi di anticipo rispetto alla scadenza del versamento ed allegando una certificazione dei requisiti richiesti, qualora nell’ultimo giorno del mese precedente a quello della scadenza prevista:

§  risultino in attivitā da almeno 5 anni ovvero abbiano eseguito nel corso dei due anni precedenti complessivi versamenti registrati nel conto fiscale per un importo superiore a 2 milioni di euro;

§  non abbiano iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi affidati agli agenti della riscossione relativi a tributi e contributi previdenziali per importi superiori a 50.000,00 euro per i quali siano ancora dovuti pagamenti o per i quali non siano stati accordati provvedimenti di sospensione.

 

Il comma 13 del nuovo articolo 17-bis stabilisce che entro 90 giorni dall’entrata in vigore della disposizione in esame la certificazione č messa a disposizione delle singole imprese dall’Agenzia delle entrate mediante canali telematici e l’autenticitā della stessa č riscontrabile dal committente mediante un apposito servizio telematico messo a disposizione sempre dall’Agenzia delle entrate.

 

Il comma 14 del nuovo articolo 17-bis rinvia a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanarsi entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto, le modalitā per il rilascio ed il riscontro della certificazione. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate possono essere disciplinate ulteriori modalitā di trasmissione telematica delle informazioni previste dai commi 5 e 6, alternative alla posta elettronica certificata, che consentano anche il tempestivo riscontro degli stessi da parte dell’Agenzia delle entrate.

 

Il comma 15 del nuovo articolo 17-bis esclude per le imprese appaltatrici o affidatarie e le imprese subappaltatrici la possibilitā di avvalersi dell’istituto della compensazione quale modalitā di estinzione delle obbligazioni relative a contributi previdenziali e assistenziali e premi assicurativi obbligatori, maturati in relazione ai dipendenti direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera o del servizio. Detta esclusione opera con riguardo a tutti i contributi previdenziali, assistenziali e premi assicurativi maturati nel corso di durata del contratto, sulle retribuzioni erogate al personale direttamente impiegato nell’esecuzione delle opere o dei servizi affidati.

 

Il comma 16 del nuovo articolo 17-bis dispone che il soggetto obbligato al versamento in base alle disposizioni di cui all’ articolo in esame che non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, il versamento delle ritenute č soggetto alla sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato.

 

Il comma 17 del nuovo articolo 17-bis stabilisce inoltre che chiunque non esegua, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, il versamento delle ritenute, č punito con la reclusione da sei mesi a due anni, come previsto dell’articolo 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, in materia di omesso versamento di ritenute dovute o certificate.

 

Il comma 2 dell’articolo 4 in commento prevede che le disposizioni introdotte dal nuovo articolo 17-bis si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2020.

 

Il comma 3 dell’articolo 4 inserisce una nuova lettera (a-quinquies)) all’articolo 17, comma sesto, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in cui sono riportate le categorie di beni e servizi per le quali l'Italia applica il meccanismo dell'inversione contabile detto reverse charge.

 

Si ricorda che il reverse charge, ai sensi dell'articolo 17, quinto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, comporta che gli obblighi relativi all'applicazione dell'IVA debbano essere adempiuti dal soggetto passivo cessionario o committente, in luogo del cedente o del prestatore. Tale meccanismo, adottato dagli Stati membri – ai sensi della Direttiva 2006/69/CE – in deroga alla procedura normale di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto secondo il sistema della rivalsa, mira a contrastare le frodi in particolari settori a rischio, evitando che il cessionario porti in detrazione l'imposta che il cedente non provvede a versare all'erario.

Per una ricognizione dettagliata dell’istituto si consiglia la lettura del paragrafo reverse charge all’interno del temaweb IVA e fatturazione elettronica presente sul portale della documentazione della Camera dei deputati.

 

La lettera a-quinquies) estende l’inversione contabile in materia di IVA alle prestazioni effettuate mediante contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati, che vengano svolti con il prevalente utilizzo di manodopera (c.d. labour intensive ovvero tutti i settori caratterizzati dal consistente utilizzo di manodopera) presso le sedi di attivitā del committente con l’utilizzo di beni strumentali di proprietā del committente o ad esso riconducibili.

La norma pertanto aggiunge le prestazioni d' opera alle operazioni a cui č giā prevista l’applicazione dell’inversione contabile quali le prestazioni di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento degli edifici, i subappalti in edilizia. Ne consegue che le prestazioni d' opera soggette a IVA verranno fatturate dalle imprese senza l’applicazione dell’IVA e di conseguenza il committente integrerā la fattura dell’imposta secondo l’aliquota prevista per la prestazione, imputandola a debito e quindi portandola in detrazione se spettante.

Il Governo nel Documento programmatico di bilancio 2020 rappresenta che la disposizione intende contrastare l’illecita somministrazione di manodopera in quanto attraverso la costituzione di false cooperative e false imprese, i soggetti coinvolti nelle frodi evitano di assumere manodopera interna delegando il reperimento delle risorse a finte societā affidatarie che aggirano le norme contrattuali, evadono l’IVA e non procedono al versamento delle ritenute operate sui redditi dei lavoratori. Le finte cooperative e le finte imprese interposte non versano le ritenute sui redditi dei lavoratori e l’IVA e conseguentemente possono realizzare l’attivitā economica a un costo inferiore a quello che verrebbe sostenuto dal committente. La circostanza che i soggetti interposti non siano patrimonializzati e dunque non aggredibili con la riscossione coattiva comporta l’impossibilitā dell’Amministrazione finanziaria di recuperare le risorse finanziarie sottratte illecitamente.

 

Si segnala che nella relazione tecnica il Governo ipotizza un impatto sul gettito a regime delle norme in esame (commi 1 e 3), in termini di maggiori entrate, pari a € 713 milioni di competenza annua.

 

La norma prevede, infine, che l’inversione contabile non si applica per le operazioni effettuate nei confronti delle pubbliche amministrazioni e degli altri enti e societā soggette al regime dello split payment, nonché alle agenzie per il lavoro disciplinate dal decreto legislativo n.276 del 2003.

 

Si ricorda che l'articolo 1, comma 629, lettera b), della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilitā 2015), ha introdotto l'articolo 17-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA) che ha stabilito, per le pubbliche amministrazioni acquirenti di beni e servizi, un meccanismo di scissione dei pagamenti, cd. split payment, da applicarsi alle operazioni per le quali dette amministrazioni non siano debitori d'imposta. In base a questo meccanismo, in relazione agli acquisti di beni e servizi effettuati dalle pubbliche amministrazioni, per i quali queste non siano debitori d'imposta (ossia per le operazioni non assoggettate al regime di inversione contabile), esse devono versare direttamente all'erario l'IVA che č stata addebitata loro dai fornitori, anziché allo stesso fornitore, scindendo quindi il pagamento del corrispettivo dal pagamento della relativa imposta.

Tale disposizione era stata inizialmente resa applicabile alle amministrazioni e dagli enti pubblici destinatari delle norme in materia di IVA a esigibilitā differita di cui all'articolo 6, quinto comma, secondo periodo, del citato DPR n. 633 del 1972: lo Stato, gli organi dello Stato ancorché dotati di personalitā giuridica, gli enti pubblici territoriali ed i consorzi tra essi costituiti, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, gli istituti universitari, le aziende sanitarie locali, gli enti ospedalieri, gli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, gli enti pubblici di assistenza e beneficenza e quelli di previdenza. Successivamente, con l'articolo 1 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, il meccanismo dello split payment č stato esteso a tutte le amministrazioni, gli enti ed i soggetti inclusi nel conto consolidato della pubblica amministrazione.

Per una ricognizione dettagliata dell’istituto si consiglia la lettura del paragrafo split payment all’interno del temaweb IVA e fatturazione elettronica presente sul portale della documentazione della Camera dei deputati.

 

Il comma 4 dell’articolo in esame specifica che l'efficacia della disposizione di cui al comma 3 č subordinata al rilascio, da parte del Consiglio dell'Unione europea, dell'autorizzazione di una misura di deroga ai sensi dell'articolo 395 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, che prevede, tra l’altro, che il Consiglio deliberando all'unanimitā su proposta della Commissione puō autorizzare ogni Stato membro ad introdurre misure speciali di deroga al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto allo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta o di evitare talune evasioni o elusioni fiscali.


 

Articolo 5
(Contrasto alle frodi in materia di accisa
e norme in materia di confisca)

 

 

articolo 5 introduce alcune disposizioni di modifica al Testo Unico Accise – TUAG di cui al D.Lgs. n. 504 del 1995, volte nel complesso a prevenire e reprimere le frodi nel settore delle accise.

Pių in dettaglio:

§  sono chiariti i termini per la trasmissione della nota di ricevimento, ai fini di chiusura del regime sospensivo dei prodotti sottoposti ad accisa (ventiquattro ore dal momento in cui i prodotti sono presi in consegna dal destinatario) e sono chiarite le modalitā di presa in consegna del bene, qualora il trasporto sia effettuato con automezzi;

§  sono disciplinati compiutamente i requisiti soggettivi di onorabilitā per il rilascio della qualifica di destinatario registrato a fini doganali;

§  sono ampliate le ipotesi in cui il gestore di un deposito fiscale privato di prodotti sottoposti ad accisa č tenuto ad ottenere la licenza fiscale, mediante l’abbassamento dei requisiti dimensionali del deposito rilevanti ai fini della loro tracciabilitā; sono disciplinate le fattispecie per le quali č negato il rilascio della licenza di esercizio di deposito fiscale di prodotti energetici, nonché le ipotesi di sospensione dell’istruttoria;

§  sono disciplinati i requisiti soggettivi di onorabilitā dell’esercente il deposito fiscale di alcol e bevande alcoliche;

§  si prevede l’obbligatorietā della confisca (anche per equivalente) del profitto del reato, nel caso di reati doganali previsti dal TUA.

 

Circolazione dei prodotti in regime sospensivo

La lettera a) del comma 1 modifica in pių punti l’articolo 6 del TUA che disciplina la circolazione in regime sospensivo dei prodotti sottoposti ad accisa.

 

In estrema sintesi, il regime fiscale sospensivo si applica ad alcune operazioni sui prodotti sottoposti ad accisa e consente la sospensione temporanea dal pagamento del tributo, fino al momento in cui l’accisa diviene esigibile o l’obbligazione si estingue. Ai sensi dell’articolo 6 del TUA, la circolazione di prodotti sottoposti ad accisa, in regime sospensivo, nello Stato e nel territorio della Comunitā, compreso il caso in cui tali prodotti transitino per un paese o un territorio terzo, puō avvenire:

a)   per i prodotti provenienti da un deposito fiscale, verso un altro deposito fiscale o verso un operatore qualificato, detto destinatario registrato, verso un luogo dal quale i prodotti lasciano il territorio UE;

b)   per i prodotti spediti da uno speditore registrato, dal luogo di importazione verso qualsiasi destinazione di cui alla lettera a).

La circolazione di prodotti sottoposti ad accisa in regime sospensivo inizia, nelle ipotesi di cui alla lettera a), nel momento in cui essi lasciano il deposito fiscale di spedizione e, nel caso di cui alla lettera b), all'atto della loro immissione in libera pratica. Essa si conclude, per i prodotti destinati ad essere esportati, nel momento in cui gli stessi hanno lasciato il territorio della Comunitā, negli altri casi, nel momento in cui i medesimi sono presi in consegna dal destinatario: tale circostanza č attestata generalmente da una nota di ricevimento, trasmessa dal destinatario nazionale all'Amministrazione finanziaria mediante il sistema informatizzato e da quest'ultimo validata (articolo 6, comma 6 TUA).

 

Le modifiche in esame, aggiungendo un periodo alla fine del comma 6, chiariscono (punto 1) che il termine per la trasmissione della nota di ricevimento ai fini di chiusura del regime sospensivo č pari a ventiquattro ore dal momento in cui i prodotti sono presi in consegna dal destinatario.

La Relazione illustrativa al riguardo chiarisce che attualmente la disciplina nazionale opera un implicito rinvio a quanto stabilito dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 2008, n. 2008/118/CE, relativa al regime generale delle accise e, in particolare, dall’articolo 24, paragrafo 1, che stabilisce l’obbligo del destinatario di presentare “senza indugio e non oltre 5 giorni lavorativi dopo la conclusione della circolazione” una nota attestante il ricevimento dei prodotti sopra menzionati.

Il successivo punto 2 introduce un nuovo comma 6-bis nel predetto articolo 6 del TUA per precisare che, qualora il trasporto degli anzidetti prodotti in sospensione di accisa sia effettuato con automezzi, il destinatario prende in consegna i prodotti attraverso lo scarico effettivo degli stessi dal mezzo di trasporto e l’annotazione nella contabilitā, entro lo stesso giorno, dei dati relativi alla qualitā e quantitā degli stessi prodotti scaricati.

Destinatario registrato

La lettera b) del comma 1 modifica (punto 1) l’articolo 8 del TUA che disciplina i requisiti e le caratteristiche del destinatario registrato.

Si tratta dell’operatore che intende qualificarsi presso l’Amministrazione finanziaria come destinatario di prodotti spediti in regime sospensivo, per entrare nella disponibilitā materiale di prodotti in sospensione da accisa con riferimento alla sola ricezione dei medesimi: in forza della facoltā accordata, viene identificato quale soggetto obbligato.

Il rilascio dell'autorizzazione č subordinato alla presentazione di apposita istanza presso l'ufficio doganale competente, contenente tutte le informazioni comprovanti l'esistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi del richiedente (si veda, per informazioni la circolare 8/D del 2017 dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli).

Il destinatario registrato č tenuto inoltre al rilascio di una garanzia pari all'intera accisa gravante sui prodotti movimentati in regime sospensivo ed č tenuto a contabilizzare separatamente i prodotti sottoposti al regime sospensivo rispetto a quelli assoggettati ad accisa.

 

Con le modifiche in esame viene inserito un nuovo comma 1-bis nell’articolo 8 per prevedere, anche per il destinatario registrato, requisiti soggettivi ai fini del rilascio dell’autorizzazione ad operare con tale qualifica, nonché i casi di sospensione e revoca. Tali requisiti oggi non sono previsti ex lege, ma sono stati individuati dalla predetta circolare 8/D delle Dogane.

In particolare l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto applicabili al destinatario registrato i parametri tipizzati dal comma 6 dell’articolo 23 del D.Lgs. n.504/95, considerata norma a valenza generale nel settore delle accise e ricognitiva dei requisiti ordinariamente richiesti per il riconoscimento di posizioni preferenziali.

In coerenza con l’orientamento dell’Amministrazione, la norma in esame esplicita i requisiti richiesti al destinatario registrato mutuandoli dalla disciplina contenuta nell’articolo 23 del TUA in materia di autorizzazione all’esercizio di un deposito fiscale.

Di conseguenza, salva la speciale disciplina in materia di tabacchi lavorati, l’autorizzazione alla qualifica di destinatario registrato č negata e l’istruttoria per il relativo rilascio č sospesa allorché ricorrano, nei confronti del soggetto che intende operare come destinatario registrato, rispettivamente le condizioni di cui ai commi 6 e 7 dell’articolo 23 (v. supra).

Non č possibile rilasciare l’autorizzazione (comma 6 dell’articolo 23) al soggetto che:

a) ha riportato condanna definitiva per reati di natura tributaria, finanziaria e fallimentare nel quinquennio antecedente la richiesta; la causa ostativa opera anche nel caso in cui la sentenza definitiva disponga l’applicazione della pena su richiesta;

b) ha in corso procedure concorsuali o č stato sottoposto a tali procedure nel quinquennio antecedente l’istanza;

c) ha commesso violazioni gravi e ripetute, per loro natura od entitā, delle disposizioni che disciplinano l’accisa, l’imposta sul valore aggiunto e i tributi doganali, in relazione alle quali siano state contestate sanzioni amministrative nell’ultimo quinquennio.

L'istruttoria per il rilascio dell'autorizzazione č sospesa fino al passaggio in giudicato della sentenza conclusiva del procedimento penale, qualora nei confronti del soggetto istante sia stato emesso un decreto che dispone il giudizio per uno dei reati indicati nel suesposto comma 6 dell’articolo 23 (ai sensi del successivo comma 7).

Si estendono alla sospensione e alla revoca dell’autorizzazione le norme di cui ai commi 8 e 9 del medesimo articolo 23: l'Autoritā giudiziaria, anche su richiesta dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, puō sospendere l’autorizzazione nei confronti del depositario autorizzato per il quale sia stato emesso decreto che dispone il giudizio per reati di natura tributaria, finanziaria e fallimentare. Essa č in ogni caso sospesa dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli se viene pronunciata nei confronti del depositario autorizzato sentenza di condanna non definitiva, con applicazione della pena della reclusione, per reati di natura tributaria, finanziaria e fallimentare. Il provvedimento di sospensione ha effetto fino alla emissione della sentenza irrevocabile. Ai sensi del comma 9 l'autorizzazione č revocata in caso di sentenza irrevocabile di condanna o sentenza definitiva di applicazione della pena su richiesta per reati di natura tributaria, finanziaria e fallimentare per i quali sia prevista la pena della reclusione.

Nel caso di persone giuridiche e di societā, l'autorizzazione č negata, revocata o sospesa, ovvero il procedimento per il rilascio della stessa č sospeso, allorché le situazioni di cui ai commi da 6 a 9 del citato articolo 23 ricorrano, alle condizioni ivi previste, con riferimento a persone che ne rivestono funzioni apicali (funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione; gestione e controllo).

Il punto 2 della lettera b) modifica il comma 3 del citato articolo 8, al fine di apportare modifiche di coordinamento con la lettera a) e chiarire esplicitamente l’obbligo per i destinatari registrati, qualora ricevano prodotti sfusi in regime sospensivo, di trasferirli fisicamente nei propri specifici serbatoi riservati a tale tipologia di prodotto.

Depositi di prodotti energetici

Con la lettera c) del comma 1 viene modificato l’articolo 25 del TUA, che disciplina i depositi dei prodotti energetici assoggettati ad accisa.

 

L’esigenza degli operatori economici di disporre di strutture dove custodire le merci senza che le stesse siano sottoposte alla relativa imposizione tributaria, in attesa di procedere all’attribuzione della destinazione finale, č assicurata dalle vigenti disposizioni nazionali e comunitarie attraverso gli istituti del:

a) deposito doganale, per le merci non comunitarie in sospensione di diritti doganali e per le merci comunitarie;

b) deposito fiscale, per i prodotti nazionali e comunitari in sospensione da accisa;

c) deposito IVA, per i beni nazionali e comunitari in sospensione dall’imposta sul valore aggiunto.

La disciplina del deposito fiscale č contenuta nel TUA, in coerenza con le disposizioni comunitarie in materia di accisa. Esso č l’impianto in cui vengono fabbricate, trasformate, detenute, ricevute o spedite merci sottoposte ad accisa, in regime di sospensione dei diritti di accisa, alle condizioni stabilite dall’amministrazione finanziaria. Depositario autorizzato č invece il soggetto titolare e responsabile della gestione del deposito fiscale. Tale regime (articolo 5 TUA) č autorizzato dall’Amministrazione finanziaria e il relativo esercizio č subordinato al rilascio di una licenza; a ciascun deposito č inoltre attribuito un codice di accisa (comma 2); il depositario č obbligato, fatte salve le disposizioni stabilite per i singoli prodotti, a prestare cauzione nella misura del 10% dell’imposta che grava sulla quantitā massima di prodotti che possono essere detenuti nel deposito fiscale, in relazione alla capacitā di stoccaggio dei serbatoi utilizzabili. L’Amministrazione finanziaria ha facoltā di esonerare dal predetto obbligo le ditte affidabili e di notoria solvibilitā. Il depositario č altresė obbligato a conformarsi alle prescrizioni stabilite per l’esercizio della vigilanza sul deposito fiscale, a tenere una contabilitā dei prodotti detenuti e movimentati nel deposito fiscale e a presentare i prodotti ad ogni richiesta sottoponendosi a controlli o accertamenti.

I depositi fiscali si intendono compresi nel circuito doganale e sono assoggettati a vigilanza finanziaria; la vigilanza finanziaria deve assicurare, tenendo conto dell’operativitā dell’impianto, la tutela fiscale anche attraverso controlli successivi (comma 4). Salve le disposizioni stabilite per i depositi fiscali dei singoli prodotti, l’inosservanza degli obblighi stabiliti dalle norme del TUA, indipendentemente dall’esercizio dell’azione penale, comporta la revoca della licenza fiscale di esercizio.

 

In particolare, gli esercenti di depositi commerciali di prodotti energetici assoggettati ad accisa devono denunciarne l'esercizio all'Ufficio dell'Agenzia delle dogane, competente per territorio, qualunque sia la capacitā del deposito (comma 1), ai fini del rilascio della relativa licenza.

Il comma 2 dell’articolo 25 stabilisce gli obblighi di denuncia in capo ad altre tipologie di deposito.

 

Con le modifiche in esame (punto 1 della lettera c)) si abbassa il limite di capacitā previsto per i depositi per uso privato, agricolo e industriale (da 25 a 10 metri cubi) nonché di quello previsto per i serbatoi cui sono collegati gli apparecchi di distribuzione automatica di carburanti per usi privati, agricoli ed industriali (da 10 a 5 metri cubi), ai fini dell’obbligo di denuncia e di acquisizione della relativa licenza.

Di conseguenza gli operatori che gestiscono tali depositi, a seguito della predetta modifica, sono tenuti a munirsi di licenza fiscale e a tenere la contabilitā prescritta dal TUA.

Si stabilisce (punto 2 della lettera c)) che con determinazione del Direttore dell’Agenzia dogane e monopoli siano previste modalitā semplificate per la tenuta della medesima contabilitā, attraverso una specifica integrazione del comma 4.

 

Si ricorda che il comma 2 dell’articolo 5 del provvedimento in esame stabilisce che la predetta determinazione sia adottata entro il 27 dicembre 2020 (sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente provvedimento, calcolando la festivitā). Al fine di consentire che questi operatori si adeguino ai nuovi obblighi, si stabilisce che l’obbligo di licenza operi dal primo giorno del quarto mese successivo alla data di pubblicazione della predetta determinazione nel sito internet dell’Agenzia.

 

Il comma 1, lettera c), punto 3 dell’articolo in esame dispone l’inserimento del nuovo comma 6-bis all’articolo 25, col quale sono disciplinate le fattispecie in cui viene negato il rilascio della licenza di esercizio di deposito fiscale di prodotti energetici, nonché le ipotesi di sospensione dell’istruttoria. In particolare, con una norma simmetrica a quella introdotta per il destinatario registrato, la licenza č negata se nel quinquennio antecedente la richiesta č stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna ovvero sentenza definitiva di applicazione della pena su richiesta, per violazioni costituenti delitti, in materia di accisa, punibili con la reclusione non inferiore nel minimo ad un anno; l'istruttoria per il rilascio della predetta licenza č sospesa fino al passaggio in giudicato della sentenza conclusiva del procedimento penale, qualora nei confronti del soggetto istante sia stato emesso un decreto che dispone il giudizio per una delle violazioni predette.

Il punto 4 modifica il comma 7 dell’articolo 25, al fine di disporre che la sentenza di condanna comporta la revoca della licenza nonché l'esclusione dal rilascio di altra licenza non in via temporanea, ma definitivamente.

Il punto 5 modifica il comma 9 per sostituire la facoltā di avvalersi di comunicazione a mezzo fax, per il trasferimento di prodotti energetici assoggettati ad accisa tra depositi commerciali, con l’obbligo di effettuare detta comunicazione solo con modalitā telematiche.

Depositari fiscali di alcol e bevande alcoliche

La lettera d) del comma 1 modifica l’articolo 28 del TUA relativo ai depositi fiscali di alcol e bevande alcoliche. Viene introdotto un nuovo comma 7- bis, volto a disciplinare i requisiti soggettivi di onorabilitā dell’esercente il deposito fiscale, rinviando a quanto previsto dal giā illustrato articolo 23.

Decorrenze

Il comma 3 dell’articolo in esame stabilisce la decorrenza di alcune disposizioni cosė introdotte. In particolare:

§  le disposizioni di cui al comma 1, lettera a), punto 1, ossia quelle relative al termine per la trasmissione della nota di ricevimento, hanno efficacia a decorrere dal 1° novembre 2019;

§  le disposizioni di cui al comma 1, lettera b), punto 1 (sulla sospensione e sulla revoca della licenza al destinatario registrato), al comma 1, lettera c), punto 5 (sulle comunicazioni telematiche) e al comma 1, lettera d) (sulla sospensione e revoca delle licenze di deposito fiscale di alcolici) hanno efficacia a decorrere dal 1° gennaio 2020.

Confisca

Le disposizioni del comma 4 modificano l’articolo 44 TUA in materia di confisca, introducendovi i due nuovi commi 1-bis e 1-ter.

Il comma 1-bis prevede che nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta, per uno dei delitti in materia doganale, previsti dal TUA, sia sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato.

Quando la confisca del profitto non sia possibile, č obbligatoria la confisca per equivalente, ovvero dei beni di cui il reo ha la disponibilitā, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.

 

Il comma 1-ter chiarisce che la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro. Nel caso di mancato versamento la confisca č sempre disposta.

 

Si ricorda che l’articolo 240, comma primo del codice penale dispone che la confisca del prezzo del reato sia solo facoltativa.

Le norme in esame si pongono in deroga a tale disposto, allineando cosė le norme in materia confisca per i reati doganali a quelle, di contenuto pressoché analogo, previste per i reati tributari dall’articolo 12-bis del D.Lgs. n. 74 del 2000 (come modificato dall’articolo 10 del D.Lgs. n. 158 del 2015, col quale č stato riformato il sistema sanzionatorio fiscale a seguito della delega del 2014).


 

Articolo 6
(Contrasto alle frodi in materia di carburanti)

 

 

articolo 6 modifica le norme della legge di bilancio 2018 volte alla prevenzione e al contrasto delle frodi IVA nel settore della vendita di carburanti.

In particolare, l’articolo prevede che, nei casi di deposito fiscale utilizzato anche come deposito IVA, le cessioni di carburante intervenute durante la custodia in deposito siano effettuate con pagamento dell’IVA. Nel caso di depositi a utilizzo misto, inoltre, č escluso il pagamento anticipato dell’IVA al momento dell’estrazione dal deposito solo in presenza di due condizioni concomitanti: ovvero la riconosciuta affidabilitā dell’operatore e la prestazione di idonea garanzia.

Le modifiche rendono pių restrittive le deroghe al pagamento anticipato dell’IVA al memento dell’estrazione dal deposito: l’anticipato versamento non č effettuato se i carburanti sono di proprietā del gestore del deposito, solo a condizione che il deposito sia di capacitā non inferiore a 3000 metri cubi.

Con finalitā di prevenzione di fenomeni di frode, si vieta l’utilizzo della dichiarazione d’intento per tutte le cessioni e le importazioni definitive che riguardano i carburanti e gli altri prodotti energetici interessati dalla disciplina antifrode, salve specifiche eccezioni (acquisto di gasolio commerciale per trasporto).

 

Si ricorda che i commi da 937 a 944 dell’articolo 1 della legge n. 205 del 2017 hanno introdotto misure di contrasto all'evasione IVA perpetrata in relazione all'introduzione, nel mercato nazionale, di carburanti (gasolio e benzina) acquistati a livello intracomunitario e stoccati presso depositi fiscalmente riconosciuti.

Č innanzitutto disposto (comma 937) che l'immissione in consumo di oli minerali dal deposito fiscale o l’estrazione dal deposito di un destinatario registrato (per le cui nozioni si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 5) č subordinata al versamento dell’IVA con modello F24 - dunque al pagamento anticipato dell’imposta - senza possibilitā di compensazione. La ricevuta di versamento (comma 938) va consegnata dall’estrattore al gestore del deposito al fine di poter immettere in consumo il bene. Č prevista inoltre la responsabilitā solidale tra colui che estrae ed il gestore del deposito per il mancato versamento dell’IVA. Il comma 939 prevede che alle cessioni dei prodotti, intervenute durante la giacenza nel deposito fiscale, non si applichi l’IVA. Fatti salvi i casi di riconosciuta affidabilitā del soggetto che procede all’estrazione dei prodotti oppure di prestazione di idonea garanzia, le disposizioni si applicano anche nell’ipotesi in cui il deposito fiscale č utilizzato come deposito IVA; sono esclusi da tali disposizioni i prodotti di proprietā del gestore del deposito dal quale sono immessi in consumo o estratti, nonché i prodotti immessi in consumo per conto di un soggetto titolare di un diverso deposito fiscale avente capacitā non inferiore a specifici valori e in possesso di specifici requisiti o che presti idonea garanzia.

Il comma 1, lettera a), modifica il descritto comma 940. Per effetto delle modifiche, nei casi di deposito fiscale utilizzato anche come deposito IVA trovano applicazione:

§  il comma 937, che prevede il pagamento dell’IVA anticipato, ovvero al momento di immissione in consumo di oli minerali dal deposito fiscale di estrazione o dal deposito di un destinatario registrato;

§  il comma 938, che dispone la consegna in originale della ricevuta di versamento al gestore del deposito e, in mancanza di tale ricevuta, stabilisce che il gestore del deposito sia solidalmente responsabile dell'imposta sul valore aggiunto non versata.

Con le modifiche in esame, ai depositi fiscali utilizzati anche come depositi IVA non si applica pių la norma (comma 939) che prevede siano effettuate senza pagamento dell’imposta sul valore aggiunto le cessioni di carburante intervenute durante la custodia in deposito.

La disciplina dei depositi IVA di cui all'articolo 50?bis del decreto-legge n. 331 del 1993 č stata modificata dall'articolo 4, commi 7, del decreto-legge n. 193 del 2016: dal 1° aprile 2017 tutte le cessioni di beni eseguite mediante introduzione in un deposito, a prescindere dalla provenienza dei beni stessi, sono effettuate senza pagamento dell’Iva (art. 50?bis, c. 4, lett. c), a eccezione dei beni introdotti in forza di un acquisto intracomunitario e dei beni immessi in libera pratica. Per le altre operazioni l’imposta č dovuta dal soggetto che procede all’estrazione ed č versata in suo nome e per suo conto dal gestore del deposito. In pratica l’introduzione delle merci nel deposito IVA comporta che l’assolvimento dell’imposta č differito al momento della loro estrazione dal deposito per l’immissione in consumo nello Stato.

 

Con una seconda modifica al comma 940, si chiarisce che, nel caso di depositi a utilizzo misto, le norme sul pagamento anticipato dell’IVA (commi 937 e 938 sopra richiamati) non si applicano in presenza di due condizioni concomitanti, in luogo di prevedere l’alternativitā delle condizioni: la riconosciuta affidabilitā dell’operatore insieme alla prestazione di idonea garanzia.

 

Con le modifiche di cui al comma 1, lettera b) si novella anche il comma 941, per restringere il campo di applicazione delle deroghe ivi attualmente previste.

Per effetto delle norme in esame, le norme sul pagamento anticipato dell’IVA all’estrazione dal deposito e quelle sulla relativa documentazione non si applicano ai carburanti di proprietā del gestore del deposito, a condizione che tale deposito sia di capacitā non inferiore a 3.000 metri cubi, dal quale sono immessi in consumo o estratti.

Viene dunque introdotta una soglia di capacitā di stoccaggio (fissata in 3.000 metri cubi), sia per i depositi fiscali che per i depositi dei destinatari registrati, per poter accedere alla deroga.

Ove il deposito dal quale sono estratti o immessi in consumo i carburanti in parola abbia una capacitā inferiore a quella prevista, scatta comunque l’obbligo del versamento anticipato dell’IVA previsto dal comma 937.

La relazione illustrativa chiarisce che la ratio di tale disposizione č rappresentata dalla necessitā che il deposito in questione possa, in relazione alla sua capacitā, costituire effettivamente un’adeguata garanzia per il pagamento dell’IVA.

Si affida a un decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze la possibilitā di modificare la predetta soglia di capacitā.

 

La lettera c) inserisce due nuovi commi (941-bis e 941-ter) nell’articolo 1 della menzionata legge di bilancio 2018. n. 205/2017.

La relazione illustrativa chiarisce quali sono i meccanismi fraudolenti alla base della scelta normativa: il comma 941 consente al proprietario dei beni, nel caso in cui sia anche titolare del deposito di stoccaggio, di poter estrarre gli stessi prodotti senza effettuare il versamento anticipato dell’imposta (previsto dal comma 937). Successivamente o contestualmente a tale immissione in consumo/estrazione, il Governo rileva che talvolta il titolare del deposito abbia ceduto il prodotto a una societā “cartiera”, fatturando lo stesso senza l’applicazione dell’IVA a fronte dell’esibizione, da parte della medesima societā, di una dichiarazione d’intento “non autentica”. In tal modo non viene effettuato il versamento dell’IVA sui prodotti in questione, che possono essere cosė venduti sottocosto sul mercato.

Il comma 941-bis impedisce l’utilizzo della dichiarazione d’intento per tutte le cessioni e le importazioni definitive che riguardano i carburanti e gli altri prodotti previsti dal comma 937, con le eccezioni di cui al successivo comma 941-ter.

Con riferimento alle dichiarazioni di intento, si ricorda in questa sede che essa č un documento proprio degli esportatori abituali: si tratta di contribuenti qualificati, con uno specifico volume di operazioni effettuate nell’anno precedente, che - previo il rispetto di adempimenti formali - possono effettuare operazioni di acquisto senza IVA nel limite di un plafond il cui ammontare č determinato dalla legge. Ove intendano acquistare o importare senza applicazione dell’IVA, essi debbono trasmettere telematicamente all’Agenzia delle entrate la dichiarazione d’intento. La dichiarazione, unitamente alla ricevuta di presentazione rilasciata dall’Agenzia delle entrate, va poi consegnata al fornitore o prestatore, oppure in dogana.

 

Il comma 941-ter consente di utilizzare la citata dichiarazione d’intento per alcune cessioni aventi ad oggetto il c.d. gasolio commerciale usato come carburante (di cui all’art. 24-ter del TUA, e cioč quello impiegato dai soggetti esercenti talune categorie di trasporto merci e passeggeri), ai fini dello svolgimento dell’attivitā di trasporto. L’acquisto deve avvenire presso un deposito commerciale, da soggetti diversi dai destinatari registrati ovvero da soggetti diversi da quelli per conto dei quali i gestori di un deposito fiscale o destinatari registrati abbiano immesso in consumo o estratto il medesimo gasolio.

La norma affida poi a un decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze, di natura non regolamentare, il compito di stabilire ulteriori limitazioni all’utilizzo della dichiarazione di intento.

 

Il comma 1, lettera d) introduce un nuovo comma 943-bis, il quale dispone che le societā, gli enti e i consorzi concessionari di autostrade e trafori sono tenuti a mettere a disposizione dell’Agenzia delle dogane e della Guardia di finanza, su richiesta e senza oneri per l’erario, i dati rilevati sui transiti degli automezzi che possono essere utilizzati per la movimentazione dei prodotti energetici in possesso di tali societā.

La relazione illustrativa chiarisce che si tratterebbe di dati prelevati in modo automatico dai sistemi di controllo installati sulle tratte autostradali di competenza.

Andrebbe valutata l’opportunitā di specificare tale modalitā di prelievo dei dati anche nella norma, al fine di definire il perimetro dei dati da rendere disponibili.

 

Il comma 2 posticipa al 1° gennaio 2020 l’efficacia delle disposizioni di cui al comma 1, lettere a) e b), ovvero delle modifiche alla disciplina sul trattamento fiscale dei carburanti estratti dal deposito fiscale e dal deposito a utilizzo misto.


 

Articolo 7
(Contrasto alle frodi nel settore degli idrocarburi)

 

 

articolo 7 introduce disposizioni volte a contrastare l’uso fraudolento di taluni prodotti, classificabili come oli lubrificanti, illecitamente venduti e utilizzati come carburanti per autotrazione o combustibili per riscaldamento, allo scopo di evadere il pagamento dell’accisa.

A tal fine viene previsto un sistema di tracciabilitā di alcune tipologie di oli lubrificanti, mediante l’attribuzione di un codice amministrativo di riscontro necessario per la loro circolazione nel territorio nazionale. Il Codice č emesso dal sistema informatizzato dell’Agenzia dogane e monopoli su richiesta del soggetto che effettua l’immissione in consumo di tali prodotti, ovvero del mittente, secondo la destinazione finale degli oli lubrificanti.

Tale sistema di tracciabilitā viene esteso anche alle preparazioni lubrificanti e ad altri prodotti individuati con decreto ministeriale che, in relazione alle loro caratteristiche, possono essere destinati all’impiego come carburanti per motori, combustibili per riscaldamento ovvero come lubrificanti.

Ove i prodotti lubrificanti in transito non siano stati presentati all’Ufficio delle dogane di uscita oppure i dati inseriti ai fini del rilascio del codice amministrativo di riscontro risultino non veritieri, si configura il tentativo di sottrazione del prodotto all’accertamento dell’accisa, con l’applicazione delle conseguenti sanzioni penali.

L’operativitā delle norme in esame č subordinata all’emanazione delle disposizioni secondarie di attuazione.

 

articolo 7 introduce a tal fine nel Testo Unico Accise – TUA (D.Lgs. n. 504 del 1995) un nuovo articolo 7-bis.

Come anticipato, le norme intendono contrastare l’uso fraudolento di taluni prodotti classificabili come oli lubrificanti, che sono invece illecitamente venduti e utilizzati come carburanti per autotrazione o combustibili per riscaldamento, allo scopo di evadere il pagamento dell’accisa.

Nella relazione governativa viene chiarito che tali miscelazioni e impiego irregolare consentono di eludere le disposizioni UE che impongono vincoli specifici per la movimentazione tra gli Stati membri dei prodotti da impiegare nella carburazione o nella combustione per riscaldamento (la cui circolazione puō avvenire solo tra soggetti abilitati, a seguito dell’emissione di uno specifico documento fornito dal sistema telematico doganale).

 

Al riguardo si ricorda che gli oli lubrificanti non destinati a usi di combustione e carburazione (impieghi per i quali sono invece assoggettati ad accisa armonizzata) sono assoggettati ad imposta di consumo non armonizzata. Le disposizioni di riferimento per i soggetti che detengono o commercializzano oli lubrificanti sono contenute negli articoli 61 e 62 del TUA e, in particolare:

§  l'articolo 61, comma 1, lettera b) – punto 2 del TUA dispone che l'imposta č dovuta dal soggetto che effettua la prima immissione in consumo, in territorio nazionale, di oli lubrificanti di provenienza comunitaria;

§  l'articolo 62, comma 1 del TUA dispone che sono sottoposti ad imposta di consumo gli oli lubrificanti quando sono destinati, messi in vendita o impiegati per usi diversi dalla combustione o dalla carburazione;

§  l'articolo 62, comma 7 rinvia, per la circolazione e per il deposito degli oli lubrificanti assoggettati ad imposta, alle disposizioni di cui agli articoli 12 e 25. In forza di tale ultimo rinvio, non sono soggetti all'obbligo della denuncia gli esercenti depositi commerciali che detengono una quantitā non superiore a 500kg di olio lubrificante destinato alla vendita al minuto.

 

Il comma 1 dell’articolo 7-bis stabilisce che alcuni oli lubrificanti, individuati coi codici di nomenclatura combinata doganale NC da 2710 19 81 a 2710 19 99, prima della loro immissione in consumo devono circolare nel territorio nazionale muniti di un codice amministrativo di riscontro, relativo a ciascun trasferimento dei suddetti prodotti, emesso dal sistema informatizzato dell’Agenzia dogane e monopoli e annotato sulla prescritta documentazione di trasporto.

 

Come chiarito anche dal Governo nella relazione illustrativa, ove tali prodotti siano circolanti tra pių Stati membri UE, via terra, essi viaggiano scortati dalla lettera di vettura CMR, dal momento che l’imposta di consumo non rientra in un regime armonizzato in UE e non vi č dunque uniformitā della documentazione richiesta. Si ricorda che la CMR attesta l’avvenuta presa in consegna della spedizione relativamente al trasporto delle merci su strada, quando il luogo di carico ed il luogo di consegna sono situati in due Stati diversi. Č un contratto di trasporto che costituisce prova dell’accordo tra le parti coinvolte in merito ai beni da trasportare, le modalitā e le condizioni della spedizione, che devono essere conformi alla Convenzione Internazionale CMR.

Viene fatta salva la normativa doganale e, in particolare, l’obbligo di emissione di un documento amministrativo elettronico – (e-AD) per la circolazione in regime sospensivo di tali prodotti.

 

Ai sensi del comma 2 del nuovo articolo 7-bis, il codice č richiesto telematicamente all’Agenzia delle dogane e monopoli non prima delle 48 ore precedenti all’introduzione dei prodotti nel territorio nazionale e, comunque, almeno 12 ore prima dell’introduzione.

L’obbligo di richiesta del codice č posto in capo:

a)   al soggetto che ne effettua la prima immissione in consumo, se gli oli lubrificanti provengono da un altro Stato membro dell’Unione europea e sono destinati ad essere immessi in consumo nel territorio nazionale;

b)  al mittente dei prodotti stessi, se provengono da un altro Stato membro dell’Unione europea e non sono destinati ad essere immessi in consumo nel territorio nazionale.

 

Il comma 3 disciplina il contenuto della richiesta del codice, nella quale si devono riportare i dati identificativi del mittente e del destinatario, i quantitativi e i codici di nomenclatura combinata, il luogo in cui i prodotti saranno introdotti nel territorio nazionale, la targa del veicolo e degli eventuali rimorchi utilizzati per il loro trasferimento, l’itinerario che il veicolo seguirā nel territorio nazionale, nonché, per i prodotti non destinati ad essere immessi in consumo nel territorio nazionale, il luogo in cui i prodotti lasceranno l’Italia e l’Ufficio delle dogane di uscita.

Tale Codice, emesso dal sistema informatizzato dell’Agenzia dogane e monopoli, č annotato, prima che la circolazione dei prodotti nel territorio nazionale abbia inizio, sulla documentazione di trasporto che scorta i prodotti. A tal fine il soggetto nazionale che immette il prodotto in consumo č tenuto a comunicare il codice al mittente (comma 4).

 

Il comma 5 chiarisce che la circolazione nel territorio nazionale degli oli minerali in esame č regolarmente conclusa con la comunicazione telematica, all’Agenzia dogane e monopoli, dell’avvenuta presa in carico dei prodotti, che il soggetto chiamato a immettere in consumo in Italia invia entro le ventiquattro ore successive alla medesima presa in carico presso il proprio deposito. Nel caso di prodotti non immessi in consumo in Italia, la circolazione nel territorio nazionale dei prodotti di cui al presente articolo si intende regolarmente conclusa con la validazione del codice da parte dell’Ufficio delle dogane di uscita.

 

Si affida (comma 6) a un decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze, di natura non regolamentare, il compito di stabilire le norme attuative, avendo particolare riguardo alla disciplina dei casi di indisponibilitā o malfunzionamento del sistema.

 

Infine il comma 7 dell’articolo 7-bis estende le norme in esame anche alle preparazioni lubrificanti rientranti nel codice NC 3403, se trasportate sfuse o in contenitori di capacitā superiore a 20 litri.

 

articolo 7, comma 1, lettera b) del provvedimento in esame integra l’articolo 40 del TUA, che disciplina le fattispecie penali di sottrazione all'accertamento o al pagamento dell'accisa sui prodotti energetici, inserendo un periodo alla fine del comma 3.

Per effetto delle modifiche si configura il tentativo di sottrazione del prodotto all’accertamento dell’accisa anche nelle seguenti ipotesi:

§  i prodotti lubrificanti in transito non sono stati presentati all’Ufficio delle dogane di uscita;

§  i dati inseriti ai fini del rilascio del codice amministrativo di riscontro risultano non veritieri.

Si ricorda che l’articolo 40 TUA punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa dal doppio al decuplo dell'imposta evasa, non inferiore in ogni caso a 7.746 euro, chiunque sottrae con qualsiasi mezzo i prodotti energetici, compreso il gas naturale, all'accertamento o al pagamento dell'accisa. Il tentativo č punito con la stessa pena prevista per il reato consumato.

 

Ai sensi dell’articolo 7, comma 2 del provvedimento in esame, i dati relativi alla circolazione degli oli lubrificanti e di altri specifici prodotti di cui al nuovo articolo 7-bis TUA sono resi accessibili, con modalitā da indicare nel decreto attuativo, anche alla Guardia di finanza al fine dello svolgimento dei controlli di competenza.

Il successivo comma 3 consente di estendere le commentate norme sulla tracciabilitā degli oli lubrificanti anche ai prodotti, da individuare con decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze di natura non regolamentare, che, in relazione alle loro caratteristiche, possono essere destinati all’impiego come carburanti per motori, combustibili per riscaldamento ovvero come lubrificanti.

Il comma 4 dispone che le norme attuative del nuovo articolo 7-bis siano emanate entro il 25 gennaio 2020 (90 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge in esame). Infine, le norme introdotte con l’articolo in esame hanno efficacia a decorrere dal 1° giorno del secondo mese successivo alla data di pubblicazione del decreto attuativo.


 

Articolo 8
(Disposizioni in materia di accisa sul gasolio commerciale)

 

 

articolo 8 prevede, dal 2020, che sia individuato un importo massimo agevolabile dell’accisa sul gasolio utilizzato come carburante, in favore di alcuni esercenti attivitā di trasporto merci e passeggeri.

 

Al riguardo si ricorda che il punto 4-bis della Tabella A allegata al Testo Unico delle Accise – TUA (D.Lgs. n. 504 del 1995) sottopone ad aliquota agevolata, pari a 403,22 euro per mille litri, in luogo dell’ordinaria misura di 617,40 euro per mille litri, il gasolio utilizzato da alcune categorie di soggetti esercenti talune attivitā di trasporto merci e passeggeri.

La disposizione, introdotta dal decreto-legge n. 193 del 2016, si applica secondo le modalitā individuate dall’articolo 24-ter del citato TUA. Esso in sintesi prevede che per gasolio commerciale usato come carburante si intenda il gasolio impiegato da veicoli, ad eccezione di quelli di categoria euro 2 o inferiore, utilizzati dal proprietario o in virtų di altro titolo che ne garantisca l'esclusiva disponibilitā, per i seguenti scopi:

1.   attivitā di trasporto di merci con veicoli di massa massima complessiva pari o superiore a 7,5 tonnellate esercitata da:

a.   persone fisiche o giuridiche iscritte nell'albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi;

b.   persone fisiche o giuridiche munite della licenza di esercizio dell'autotrasporto di cose in conto proprio e iscritte nell'elenco appositamente istituito;

c.   imprese stabilite in altri Stati membri dell'Unione europea, in possesso dei requisiti previsti dalla disciplina dell'Unione europea per l'esercizio della professione di trasportatore di merci su strada;

2.   attivitā di trasporto di persone svolta da:

a.   enti pubblici o imprese pubbliche locali esercenti l'attivitā di trasporto;

b.  imprese esercenti autoservizi interregionali di competenza statale;

c.   imprese esercenti autoservizi di competenza regionale e locale;

d.   imprese esercenti autoservizi regolari in ambito comunitario.

Viene considerato altresė gasolio commerciale il gasolio impiegato per attivitā di trasporto di persone svolta da enti pubblici o imprese esercenti trasporti a fune in servizio pubblico.

 

Il comma 4 dell’articolo 24-ter prevede che il rimborso dell'onere conseguente alla maggiore accisa applicata al gasolio commerciale sia determinato in misura pari alla differenza tra l'aliquota ordinaria di accisa sul gasolio usato come carburante e quella agevolata di cui al punto 4-bis della Tabella A allegata al TUA. Per ricevere il rimborso, i beneficiari sono tenuti a presentare apposita dichiarazione al competente ufficio dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli entro il mese successivo alla scadenza di ciascun trimestre solare in cui č avvenuto il consumo del gasolio commerciale. Il relativo credito č compensato o puō essere riconosciuto in denaro (commi 5 e 6).

Con le modifiche in esame (comma 1) si interviene sul richiamato comma 4, introducendo un limite massimo all’importo rimborsabile. Esso č parametrato in un litro di gasolio, consumato da ciascuno dei veicoli che possono beneficiare dell’agevolazione di accisa, per ogni chilometro percorso. L’importo cui si riferisce il parametro č relativo a ciascun trimestre di richiesta dell’agevolazione.

La norma dunque introduce una percorrenza specifica minima di 1 km per litro di carburante; qualora siano registrate percorrenze specifiche al di sotto di tale soglia, l’agevolazione č riconosciuta fino a tale limite.

 

Ai sensi del comma 2, le nuove disposizioni si applicano ai consumi di gasolio commerciale effettuati a decorrere dal 1° gennaio 2020.

 


 

Articolo 9
(Frodi nell’acquisto di veicoli fiscalmente usati)

 

 

articolo 9 affida all’Agenzia delle entrate il compito di effettuare un controllo preventivo sulla sussistenza delle condizioni di esclusione dal versamento mediante modello F24 ai fini dell'immatricolazione o della successiva voltura di autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi oggetto di acquisto intracomunitario a titolo oneroso.

 

In particolare l’articolo in esame introduce un nuovo comma (9-bis) all’articolo 1 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, in materia di immatricolazione di autoveicoli e motoveicoli di provenienza comunitaria.

La norma dispone che la sussistenza delle condizioni di esclusione dal versamento IVA mediante modello F24-elementi identificativi (c.d. ELIDE) deve essere verificata dall’Agenzia delle entrate. Č stabilito pertanto l’obbligo di una preventiva verifica dell’Agenzia delle entrate in tutti i casi in cui non č previsto il versamento dell’IVA, equiparando conseguentemente ai fini di tale controllo tutte le operazioni effettuate da soggetti titolari di partita IVA a quelle effettuate da soggetti consumatori finali.

 

La disposizione in esame recepisce le segnalazioni dell’Agenzia delle entrate nonché della Guardia di finanza che hanno evidenziato come esista un diffuso fenomeno di frode IVA nel settore della compravendita di autoveicoli e motoveicoli di provenienza comunitaria.

In particolare l’Agenzia delle entrate nel provvedimento sulla competenza territoriale e la documentazione da esibire per la presentazione delle istanze connesse all'immatricolazione di autoveicoli e motoveicoli di provenienza comunitaria (19 aprile 2018) aveva rilevato che esistono forti criticitā nel settore dei veicoli di provenienza comunitaria connesse soprattutto all’utilizzo improprio delle deroghe al sistema di versamento anticipato, previste per i veicoli acquistati in regime IVA del margine e per quelli utilizzati come beni strumentali all’attivitā d’impresa.

La Guardia di finanza, a sua volta, ha reso noti i dati di una recente indagine, denominata Cars lifting (3 settembre 2019), condotta dal comando provinciale di Pordenone, dove č stata ricostruita una evasione fiscale milionaria per centinaia di fraudolente immatricolazioni di autoveicoli di provenienza comunitaria (35 milioni di euro evasi, 1.329 persone truffate in 97 province).

In materia di lotta alle frodi negli acquisti di veicoli di provenienza comunitaria il legislatore negli anni č pių volte intervenuto disponendo alcuni adempimenti fiscali. In particolare:

§  l’articolo 1, comma 378, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, prevede l’obbligo di trasmissione dei dati identificativi della transazione e del veicolo acquistato in Paesi dell’Unione europea. Sono obbligati i soggetti esercenti imprese, arti e professioni che devono provvedere alla comunicazione al Dipartimento per i trasporti prima dell’immatricolazione del veicolo;

§  l’articolo 1, comma 9, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, dispone che ai fini dell'immatricolazione o della successiva voltura di autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi, anche nuovi, oggetto di acquisto intracomunitario a titolo oneroso, la relativa richiesta deve essere corredata di copia del modello F24 per il versamento unitario di imposte, contributi e altre somme, recante, per ciascun mezzo di trasporto, il numero di telaio e l'ammontare dell'IVA assolta in occasione della prima cessione interna;

§  il decreto del 26 marzo 2018 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti estende l’obbligo di comunicazione al Dipartimento per i trasporti dei dati riepilogativi dell’operazione di acquisto, a qualsiasi titolo effettuata, di autoveicoli, di motoveicoli e di rimorchi, nuovi o usati, provenienti da altri Paesi dell’Unione Europea; inoltre lo stesso decreto ha specificato l’obbligo di versamento dell’IVA mediante F24 ELIDE per i veicoli fiscalmente nuovi.

 

Si ricorda che a legislazione vigente, sono escluse dall’obbligo del versamento IVA per l’immatricolazione tutte le operazioni di acquisto di autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi assoggettate al regime IVA c.d. del margine (articoli 36-40 del D.L. 23/02/1995, n. 41), ovvero allo speciale regime IVA che permette di evitare fenomeni di doppia o ripetuta imposizione nel commercio di beni usati ceduti ad un soggetto passivo di imposta per la successiva alienazione all’interno dell’U.E.

L’articolo 36, comma 10, del citato decreto legge n. 41, specifica che negli scambi intracomunitari i mezzi di trasporto costituiscono beni usati se hanno percorso oltre seimila chilometri e la cessione sia effettuata decorso il termine di sei mesi dalla data del provvedimento di prima immatricolazione o di iscrizione in pubblici registri o di altri provvedimenti equipollenti. Il successivo articolo 37 dispone quindi espressamente che tali acquisti assoggettati al regime IVA del margine non sono considerati acquisti intracomunitari. Ne consegue che per tali veicoli le disposizioni previste dall’articolo 1, comma 9, del citato decreto legge n. 262 del 2006, non trovano applicazione.

Tale interpretazione č stata ripetutamente confermata anche dall’Agenzia delle entrate (ad esempio: Risoluzione n. 172/E del 24 aprile 2008).

 

Sono esclusi altresė dal versamento preventivo dell’IVA tramite modello F24 con elementi identificativi i soggetti passivi nazionali che effettuano un acquisto intracomunitario di un veicolo non destinato alla rivendita ma al fine di utilizzarlo quale bene strumentale nella propria attivitā.

 

In questi termini la circolare dell’Agenzia delle entrate Adempimenti necessari per l’immatricolazione di veicoli di provenienza comunitaria 30 luglio 2008.

 

Infine, con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabiliti i termini e le modalitā della predetta verifica.

Successivamente gli esiti del controllo sono trasmessi al Dipartimento per i trasporti che, in base all’articolo 4, comma 1 (lettere b) e c)) del decreto 26 marzo 2018, puō immatricolare autoveicoli, motoveicoli e rimorchi provenienti da Stati dell'Unione europea solo se risultino trasmesse in via telematica dall'Agenzia delle entrate le informazioni disponibili relative all'assolvimento degli obblighi IVA da parte dei soggetti istanti nei confronti dei quali tali obblighi sussistano e se non risultino, al momento dell'istanza di immatricolazione, eventuali cause ostative derivanti da istruttoria su fenomeni di frode IVA connesse all'introduzione sul territorio nazionale dell'autoveicolo.

 

 


 

Articolo 10
(Estensione del sistema INFOIL)

 

 

articolo 10 obbliga gli esercenti dei depositi fiscali di stoccaggio (con capacitā non inferiore a 3.000 metri cubi) a dotarsi del cd. sistema INFOIL, ovvero di un sistema informatizzato per la gestione della detenzione e della movimentazione della benzina e del gasolio usato come carburante, entro il 30 giugno 2020.

 

La norma in commento ha l’esplicito scopo di uniformare le procedure di controllo sui depositi fiscali di stoccaggio a quelle giā instaurate presso le raffinerie e gli stabilimenti di produzione di prodotti energetici, ai sensi dell’articolo 23, comma 14 del Testo Unico Accise - D.Lgs. n. 504 del 1995 (TUA).

Per tali impianti, per l’appunto dotati di un sistema informatizzato di controllo in tempo reale del processo di gestione della produzione, detenzione e movimentazione dei prodotti, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli procede all'accertamento della liquidazione dell'imposta avvalendosi dei dati necessari alla determinazione della quantitā e della qualitā dei prodotti energetici rilevati dal sistema medesimo con accesso in modo autonomo e diretto, come chiarito dalla relazione illustrativa al decreto. Si tratta del cosiddetto sistema INFOIL, che con le norme in esame viene applicato ai depositi fiscali di prodotti energetici di mero stoccaggio.

 

Pių in dettaglio, entro il 30 giugno 2020 gli esercenti dei depositi fiscali di stoccaggio (cui ai commi 3 e 4 dell’articolo 23 TUA), di capacitā non inferiore a 3.000 metri cubi, devono dotarsi - secondo le caratteristiche e le funzionalitā fissate dalle disposizioni di attuazione - di un sistema informatizzato per la gestione della detenzione e della movimentazione della benzina e del gasolio usato come carburante.

 

Con determinazione del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli sono fissati tempi e modalitā di esecuzione.

La relazione illustrativa chiarisce che tale dispositivo per la gestione dell’impianto comporta la necessitā di dotare i relativi serbatoi di sistemi di telemisure storicizzate nonché, laddove non ancora presenti, l’installazione di misuratori all’estrazione, in modo tale che sia permesso l’accesso autonomo e diretto da parte dell’Amministrazione finanziaria alle relative letture.

 

I soggetti interessati all’adeguamento sono quelli con capacitā non inferiore a 3.000 metri cubi di cui ai commi 3 e 4 dell’articolo 23 TUA.

 

In particolare, ai sensi del comma 3, la gestione in regime di deposito fiscale puō essere autorizzata se vi sono effettive necessitā operative e di approvvigionamento dell'impianto e riguarda i depositi commerciali di gas di petrolio liquefatti di capacitā non inferiore a 400 metri cubi e i depositi commerciali di altri prodotti energetici di capacitā non inferiore a 10.000 metri cubi.

Ai sensi del comma 4, la gestione in regime di deposito fiscale puō essere autorizzata per i depositi commerciali di gas di petrolio liquefatti di capacitā inferiore alle suindicate ove ricorra almeno una delle seguenti condizioni:

§  il deposito effettui forniture di prodotto in esenzione da accisa o ad accisa agevolata, ovvero trasferimenti di prodotti energetici in regime sospensivo verso Paesi dell'Unione europea, o anche esportazioni verso Paesi non appartenenti all'Unione europea, in misura complessiva pari ad almeno il 30 per cento del totale delle estrazioni di un biennio;

§  il deposito sia propaggine di un deposito fiscale ubicato nelle immediate vicinanze appartenente allo stesso gruppo societario o, se di diversa titolaritā, sia stabilmente destinato ad operare al servizio del predetto deposito.


 

Articolo 11
(
Introduzione Documento Amministrativo Semplificato telematico)

 

 

articolo 11 affida a una determinazione del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli il compito di fissare tempi e modalitā per introdurre l’obbligo, entro il 30 giugno 2020, di presentare esclusivamente in forma telematica del documento di accompagnamento doganale (ivi compreso il DAS – documento amministrativo semplificato) per la benzina e il gasolio usato come carburante sottoposti ad accisa.

 

Occorre sinteticamente ricordare che per i prodotti sottoposti ad accisa l’obbligazione sorge al momento della fabbricazione o dell’importazione, mentre l’accisa č esigibile all’atto dell’immissione in consumo nel territorio nazionale. La fabbricazione si effettua in regime di deposito fiscale che sospende il pagamento dell’imposta. In taluni casi previsti ex lege, puō essere effettuata in regime di deposito fiscale anche la detenzione dei prodotti soggetti ad accisa, ossia che non hanno ancora assolto l’imposta. Gli impianti che godono del regime di sospensione di accisa (depositi fiscali) sono gestiti dal cosiddetto depositario autorizzato; per destinatario registrato si intende invece l’operatore che puō ricevere prodotti soggetti ad accisa, ossia in regime sospensivo, ma non detenerli o spedirli in tale regime, essendo tenuto ad assolvere l’accisa entro il giorno lavorativo successivo a quello del loro arrivo. La detenzione dei prodotti assoggettati ad accisa (sui cui č stata assolta l’accisa) č effettuata nei depositi e negli impianti liberi da accisa, che possono avere natura commerciale, privata, agricola ed industriale. Anche i prodotti detenuti negli impianti di distribuzione carburanti stradali, ad uso privato, agricolo o industriale sono assoggettati ad accisa.

I depositari autorizzati e i destinatari registrati, secondo il Testo Unico Accise (D.Lgs. n. 504 del 1995) devono tenere una specifica contabilitā dei prodotti detenuti e movimentati. Anche i titolari dei depositi liberi da accisa di tipo commerciale e degli impianti di distribuzione stradale di qualunque capacitā, nonché dei depositi per uso privato, agricolo ed industriale con specifiche capacitā e caratteristiche, devono contabilizzare le movimentazioni in ingresso e uscita dei prodotti energetici in un apposito registro di carico e scarico.

La circolazione dei prodotti sottoposti ad accisa deve essere effettuata con la scorta dei seguenti documenti di accompagnamento:

§  documento di accompagnamento accise (e-AD, elettronico) per il trasferimento di prodotti soggetti ad imposta da un deposito fiscale ad un altro deposito fiscale; da un deposito fiscale al deposito di un destinatario registrato; dal luogo di importazione ad un deposito fiscale o di un destinatario registrato, da un deposito fiscale al luogo di esportazione;

§  documento di accisa semplificato (DAS, cartaceo) per il trasferimento di prodotti assoggettati ad imposta da un deposito fiscale o di un destinatario registrato ad un deposito libero da accisa o ad un impianto di distribuzione di carburanti; da un deposito libero da accisa o dal luogo di importazione, nel caso di corresponsione dell’accisa all’atto della importazione, ad un altro deposito libero da accisa o ad un impianto di distribuzione di carburanti; da un deposito libero o dal deposito di un destinatario registrato al luogo di esportazione, nel caso di richiesta di rimborso dell’accisa versata.

Si ricorda al riguardo che dal 1° gennaio 2011 č diventato operativo l’e-AD, ovvero dal documento amministrativo elettronico (articolo 6 del Testo Unico Accise -TUA, D.Lgs. n. 504 del 1995). La nuova disciplina č stata introdotta dalla Direttiva 2008/118/CE, relativa al regime generale delle accise, e dal Reg. n. 684/2009, sulle procedure informatizzate relative alla circolazione di prodotti sottoposti ad accisa in sospensione dall'accisa, e recepita in Italia dal d.lgs. n. 48/2010, che ha apportato le relative novelle al TUA.

La richiamata direttiva n. 118 del 2008 ha obbligato tutti gli Stati membri e gli operatori economici ad aderire all’EMCS - Excise Movement and Control System, sistema informatizzato comunitario per il controllo dei movimenti tra gli Stati membri dei prodotti in sospensione d’accisa (alcol e bevande alcoliche, vino, tabacchi e prodotti energetici) in regime sospensivo, che rappresenta la base per la costruzione di un sistema di analisi dei rischi nel settore delle accise. Il sistema prevede, per questi movimenti, la sostituzione del documento amministrativo di accompagnamento (DAA) in formato cartaceo con un messaggio elettronico, consentendone cosė il controllo in tempo reale.

 

 

Come anticipato, la norma in esame affida a una determinazione del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, da adottare entro il 27 dicembre 2019 (sessanta giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in commento, tenuto conto della festivitā) il compito di fissare tempi e modalitā per introdurre l’obbligo, entro il 30 giugno 2020, di presentare esclusivamente in forma telematica del documento di accompagnamento doganale (ivi compreso il DAS – documento amministrativo semplificato) per la benzina e il gasolio usato come carburante, sottoposti ad accisa.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, lettera b) ha affidato a determinazioni del direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli il compito di stabilire tempi e modalitā per la presentazione esclusivamente in forma telematica del documento di accompagnamento previsto per la circolazione dei prodotti assoggettati ad accisa. Tuttavia la decorrenza dell’obbligo č stata pių volte differita da successive determinazioni: da ultimo, per effetto dell’articolo 1 della Determinazione del 18 dicembre 2017, n. 139996, tale data č stata posticipata al 1° gennaio 2020.

Il Rapporto sull’economia non osservata, allegato alla Nota di Aggiornamento al DEF 2019 stima la sottrazione all’accertamento fiscale di un quantitativo di 2.810 milioni di litri di gasolio, con un tax gap pari a 1,7 miliardi, nell’anno 2017.

Al riguardo, la relazione tecnica ricorda che la Guardia di Finanza ha riscontrato numerosi documenti di trasporto nazionali (DAS – documento amministrativo semplificato) artatamente falsificati; chiarisce che sono al vaglio della Commissione UE misure di contrasto dell’illecito traffico intraeuropeo di carburanti. Il Governo rileva dunque che la norma in commento, introducendo l’obbligo di utilizzo del sistema telematico dell’Agenzia anche per l’emissione del DAS (posto in capo agli esercenti i depositi gestiti in regime sospensivo o liberi che spediscono il gasolio per uso carburazione e la benzina nell’intera filiera logistica nazionale), mira a rendere pių difficoltosa la falsificazione di tali documenti e, quindi, l’illecita immissione in consumo dei carburanti che essi scortano nel territorio dello Stato. Al contempo si intende consentire agli operatori di tenere la relativa contabilitā sulle merci in forma dematerializzata, per semplificare il sistematico controllo da parte dell’Amministrazione fiscale dei DAS ricevuti ed emessi dai predetti operatori.

 

 


 

Articolo 12
(
Trasmissione telematica dei quantitativi
di energia elettrica e di gas naturale
)

 

 

articolo 12 introduce l’obbligo, per le imprese distributrici di energia elettrica e gas naturale ai consumatori finali (operatori di vettoriamento), di presentare esclusivamente in forma telematica i dati relativi ai prodotti trasportati, secondo modalitā fissate con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

Essi devono inoltre trasmettere i dati relativi ai quantitativi di gas naturale ed energia elettrica fatturati, suddivisi per destinazione d’uso.

 

Pių in dettaglio, l’articolo 12 affida a una determinazione del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, da emanare entro il 27 dicembre 2019 (sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente provvedimento, tenuto conto della festivitā del 26 dicembre), il compito di:

§  fissare i tempi e le modalitā di esecuzione per disporre la presentazione, esclusivamente in forma telematica, dei dati relativi al prodotto trasportato, distintamente per ciascuno dei soggetti obbligati, da parte dei soggetti che effettuano l’attivitā di vettoriamento nel settore del gas naturale e dell’energia elettrica, e cioč le imprese che si occupano della consegna ai clienti finali attraverso reti di gasdotti locali integrati funzionalmente (comma 1, lettera a));

§  fissare i tempi e le modalitā con cui i soggetti obbligati trasmettono i predetti quantitativi di gas naturale ed energia elettrica fatturati, suddivisi per destinazione d’uso (comma 1, lettera b)).

 

I soggetti obbligati al pagamento dell’imposta sono quelli individuati dal Testo Unico Accise - TUA, articolo 26, comma 7, lettera a), e articolo 53, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504.

L’articolo 26, comma 7, lettera a) obbliga al pagamento dell'imposta, con diritto di rivalsa sui consumatori finali, i soggetti che procedono alla fatturazione del gas naturale ai consumatori finali, comprese le societā aventi sede legale nel territorio nazionale e registrate presso la competente Direzione regionale dell'Agenzia delle dogane, designate da soggetti comunitari non aventi sede nel medesimo territorio che forniscono il prodotto direttamente a consumatori finali nazionali.

L’articolo 53, comma 1, lettera a) obbliga al pagamento dell'accisa sull'energia elettrica i soggetti che procedono alla fatturazione dell'energia elettrica ai consumatori finali.

 

Finalitā esplicita della norma č il potenziamento degli strumenti per l'identificazione dei fenomeni evasivi nel settore dell'accisa sul gas naturale e sull'energia elettrica.


 

Articolo 13
(Trust esteri)

 

 

L'articolo 13 modifica il trattamento fiscale dei redditi di capitale corrisposti da trust esteri a residenti italiani. In particolare, con le norme in esame, i redditi corrisposti a residenti italiani da trust stabiliti in Stati o territori a fiscalitā privilegiata sono considerati redditi di capitale a fini IRPEF anche nel caso in cui coloro che li abbiano percepiti non risultino fra i soggetti beneficiari identificati dall'atto costitutivo del trust. Ove non sia possibile distinguere tra redditi e patrimonio, l’intero ammontare percepito č incluso nella determinazione del reddito.

 

In termini generali, per trust si intende un rapporto fiduciario in virtų del quale un dato soggetto (amministratore o "trustee") gestisce un patrimonio che gli viene trasmesso da un disponente ("settlor") per uno scopo prestabilito, nell'interesse di uno o pių beneficiari. Al trust viene attribuita la proprietā dei beni, che vengono in tal modo separati dal patrimonio del disponente. Il negozio di trasferimento č normalmente accompagnato da un atto che contiene le regole da rispettare nella gestione dei beni trasferiti. Nella pratica, puō accadere che il disponente designi sé stesso come beneficiario o come amministratore (cd. trust autodichiarato). Puō inoltre verificarsi il caso in cui il trust venga destinato al perseguimento di uno specifico scopo senza nominare espressamente un beneficiario, la cui identificazione puō essere rimessa all'amministratore.

Si tratta di uno strumento giuridico conosciuto e utilizzato da secoli nei Paesi anglosassoni, mentre in Italia tale istituto č stato riconosciuto a partire dal 1° gennaio 1992, a seguito dell'approvazione della legge n. 364 del 1989 che ha ratificato la Convenzione dell'Aja. Nonostante tale ratifica costituisca i presupposti per il riconoscimento degli effetti di segregazione patrimoniale connessi al trust, l'ordinamento nazionale non č dotato di una legge che ne regoli il funzionamento.

La disciplina fiscale applicabile all'istituto in argomento č stata disposta dapprima dal decreto legge n. 262 del 2006, che ha incluso i trust fra i soggetti interessati dall'imposta di donazione e successione, e dalla legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) che, mediante i commi 74, 75 e 76 dell'articolo 1, ha disciplinato i seguenti aspetti:

§  ha attribuito ai trust la soggettivitā passiva ai fini dell'imposta sul reddito delle societā (IRES);

§  ha sancito l'imputazione dei redditi direttamente in capo ai beneficiari, nel caso in cui essi siano "individuati", qualificando i redditi derivanti dai beni in trust quali redditi di capitale;

§  ha stabilito la presunzione semplice di residenza fiscale nel territorio dello Stato di un trust istituito in un Paese non rientrante tra quelli con cui l'Italia ha un adeguato scambio di informazioni, secondo determinate assunzioni preventive.

L'articolo 73, comma 1, del TUIR identifica fra i soggetti passivi IRES i trust residenti nel territorio dello Stato, sia nel caso in cui esercitino attivitā commerciali (lettera b) del comma 1) che nel caso in cui non abbiano per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attivitā commerciale (lettera c) del comma 1); nonché i trust con o senza personalitā giuridica, non residenti nel territorio dello Stato (lettera d) del comma 1). Il comma 2 specifica che, nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell'atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali. Il comma 3 stabilisce delle ipotesi per cui la residenza del trust č attratta in Italia nel presupposto che il negozio sia “istituito” in un Paese con il quale non č attuabile lo scambio di informazioni. La norma č tesa a disincentivare disegni elusivi perseguiti attraverso la collocazione fittizia di trust caratterizzati da disponente o beneficiari residenti in Italia, nonché beni siti nel territorio dello Stato, in Paesi che non consentono lo scambio di informazioni. Come conseguenza della presunzione di residenza fiscale nel territorio dello Stato, i redditi del trust sono imponibili in Italia mentre per i trust non residenti, l’imponibilitā in Italia riguarda solo i redditi prodotti nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 23 del TUIR.

 

In dettaglio, il comma 1, lettera a) integra l'articolo 44 del D.P.R. n. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR), norma che elenca i redditi di capitale ai fini della determinazione dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF).

In tale ambito, il comma 1, lettera g-sexies) specifica che sono redditi di capitale quelli imputati al beneficiario di trust, ai sensi dell'articolo 73, comma 2, del TUIR, anche nel caso in cui il trust non risulti residente in Italia. Il richiamato articolo 73 chiarisce che, ove i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso ai beneficiari in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell'atto di costituzione del trust o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali.

Con la novella apportata dal comma 1 dell'articolo in esame viene specificato che costituiscono redditi di capitale i redditi corrisposti a residenti italiani da trust e istituti aventi analogo contenuto, stabiliti in Stati e territori che, con riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust, si considerano a fiscalitā privilegiata, anche nel caso in cui i percipienti residenti non possono essere considerati beneficiari e cioč non ricorrano i requisiti individuati ai sensi del giā menzionato articolo 73.

Sono considerati Stati o territori a fiscalitā privilegiata quelli non aderenti alla Spazio economico europeo che abbiano stipulato con l'Italia un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni in ambito fiscale.

Di conseguenza, i redditi prodotti in tali Paesi e corrisposti da trust a residenti italiani sono considerati redditi di capitale ai fini dell'IRPEF, anche nel caso in cui coloro che li abbiano percepiti non risultino fra i soggetti beneficiari identificati dall'atto costitutivo del trust o da altro documento.

 

Il comma 1, lettera b) interviene sull'articolo 45 del TUIR, che disciplina le modalitā di determinazione dei redditi di capitale.

In sintesi, il comma 1 dell’articolo 45 chiarisce che il reddito di capitale č costituito dall'ammontare degli interessi, utili o altri proventi percepiti nel periodo di imposta, senza alcuna deduzione. 

Viene inserito il nuovo comma 4-quater nell’articolo 45, che disciplina il caso in cui i trust esteri e gli istituti analoghi attribuiscano somme a beneficiari residenti in Italia: ove non sia possibile distinguere tra redditi e patrimonio, per effetto delle modifiche in esame l’intero ammontare percepito č incluso nella determinazione del reddito.  

 

Il comma 2 dell’articolo 13 interviene sull’articolo 25, comma 1, del decreto legge n. 83 del 2012.

Detto provvedimento ha introdotto un complesso di misure per la crescita economica, tra cui misure in tema di finanza privata, infrastrutture, edilizia, trasporti e incentivi per le imprese. In seno a tali interventi, l’articolo 25 disciplina i monitoraggi, i controlli e le attivitā ispettive volte a garantire il corretto utilizzo delle agevolazioni introdotte dal decreto-legge.  A tal fine, si consente al Ministero dello sviluppo economico di avvalersi del Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressione Frodi Comunitarie della Guardia di Finanza, sulla base di un protocollo d'intesa sottoscritto con il Comandante della Guardia di Finanza.

In particolare, ai sensi della disciplina vigente il citato Nucleo Speciale puō utilizzare taluni poteri previsti dalla disciplina antiriciclaggio contenuta nel D.lgs. n. 231 del 2007, anche, in via generale, per lo svolgimento di analisi, ispezioni e controlli nel settore della spesa pubblica.

Le norme in commento sostituiscono il comma 1, lettera a) dell’articolo 25, sia allo scopo di aggiornare i riferimenti normativi ivi contenuti alla nuova numerazione del decreto legislativo n. 231 del 2007 (operata dal decreto legislativo n. 90 del 2017), sia per attribuire alla Guardia di Finanza la facoltā, agli scopi predetti, di accedere alle informazioni sul titolare effettivo di persone giuridiche e trust contenute in apposita sezione del registro delle imprese (mediante rinvio all’articolo 9, comma 6, lettera b) del decreto legislativo n. 231 del 2007).


 

Articolo 14
(Utilizzo dei file delle fatture elettroniche)

 

 

articolo 14 consente alla Guardia di Finanza e all’Agenzia delle entrate, per le attivitā analisi del rischio e controllo ai fini fiscali ovvero nell’assolvimento delle funzioni di polizia economica e finanziaria (per la sola Guardia di finanza), e con idonee misure di garanzia a tutela dei diritti degli interessati, l’utilizzo dei dati contenuti nei file delle fatture elettroniche.

 

In particolare, l’articolo in esame inserisce due nuovi commi (5-bis e 5-ter) all’articolo 1 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, in materia di fatturazione elettronica e trasmissione telematica delle fatture o dei relativi dati.

Il comma 5-bis prevede che i file delle fatture elettroniche acquisiti sono memorizzati fino al 31 dicembre dell'ottavo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione di riferimento ovvero fino alla definizione di eventuali giudizi, superando gli ordinari termini di accertamento pari a 5 o 7 anni.

 

I commi 130 e 131 dell’articolo 1, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilitā 2016) fissano i termini per gli accertamenti al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione ovvero al 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione (omessa) avrebbe dovuto essere presentata.

 

Per una panoramica completa in materia di fatturazione elettronica si rinvia al tema web IVA e fatturazione elettronica presente sul portale della documentazione della Camera dei deputati, in particolare del paragrafo Fatturazione elettronica e trasmissione telematica delle operazioni IVA.

In questa sede si ricorda che con il provvedimento 30aprile 2018 del direttore dell’Agenzia delle entrate sono state stabilite le regole tecniche per l’emissione e la ricezione delle fatture elettroniche per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti, stabiliti o identificati nel territorio dello Stato e per le relative variazioni, utilizzando il Sistema di Interscambio. In particolare č stato stabilito che la fattura elettronica č un file in formato XML (eXtensible Markup Language), non contenente macroistruzioni o codici eseguibili tali da attivare funzionalitā che possano modificare gli atti, i fatti o i dati nello stesso rappresentati.

 

Il comma esplicita quali sono i soggetti che possono utilizzare i file conservati e per quali finalitā. I file XML delle fatture elettroniche con tutti i dati in essi contenuti sono utilizzati:

§  dalla Guardia di finanza nell’assolvimento delle funzioni di polizia economica e finanziaria;

Si ricorda che al Corpo della Guardia di finanza sono demandati (articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68) compiti di prevenzione, ricerca e repressione delle violazioni in materia di:

a) imposte dirette e indirette, tasse, contributi, monopoli fiscali e ogni altro tributo, di tipo erariale o locale;

b) diritti doganali, di confine e altre risorse proprie nonché uscite del bilancio dell'Unione europea;

c) ogni altra entrata tributaria, anche a carattere sanzionatorio o di diversa natura, di spettanza erariale o locale;

d) attivitā di gestione svolte da soggetti privati in regime concessorio, ad espletamento di funzioni pubbliche inerenti la potestā amministrativa d'imposizione;

e) risorse e mezzi finanziari pubblici impiegati a fronte di uscite del bilancio pubblico nonché di programmi pubblici di spesa;

f) entrate ed uscite relative alle gestioni separate nel comparto della previdenza, assistenza e altre forme obbligatorie di sicurezza sociale pubblica;

g) demanio e patrimonio dello Stato, ivi compreso il valore aziendale netto di unitā produttive in via di privatizzazione o di dismissione;

h) valute, titoli, valori e mezzi di pagamento nazionali, europei ed esteri, nonché movimentazioni finanziarie e di capitali;

i) mercati finanziari e mobiliari, ivi compreso l'esercizio del credito e la sollecitazione del pubblico risparmio;

l) diritti d'autoreknow-how, brevetti, marchi ed altri diritti di privativa industriale, relativamente al loro esercizio e sfruttamento economico;

m) ogni altro interesse economico-finanziario nazionale o dell'Unione europea;

 

§  dall’Agenzia delle entrate e dalla Guardia di finanza per le attivitā analisi del rischio e controllo ai fini fiscali.

A legislazione vigente č previsto che l’attivitā di controllo del corretto adempimento degli obblighi fiscali dei contribuenti rientra tra i compiti istituzionali  dell'Agenzia delle entrate che utilizza i dati delle fatture, emesse e ricevute, e delle relative variazioni, acquisiti anche mediante il Sistema di Interscambio per effettuare controlli incrociati con i dati contenuti in altre banche dati conservate dalla stessa Agenzia o da altre amministrazioni pubbliche, al fine di favorire l'emersione spontanea delle basi imponibili (articolo 1, comma 1, decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 4 agosto 2016).

 

Secondo la relazione illustrativa, la modifica prospettata consentirebbe di potenziare l’attivitā di contrasto di molteplici forme di illegalitā, anche in settori diversi da quello strettamente tributario (ad esempio il mercato dei capitali e la tutela della proprietā intellettuale). 

Il comma 5-ter introdotto dall’articolo in esame dispone che la Guardia di finanza e l’Agenzia delle entrate, nell’utilizzazione dei file acquisiti delle fatture elettroniche, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, adottano idonee misure di garanzia a tutela dei diritti e delle libertā degli interessati attraverso la previsione di apposite misure di sicurezza, anche di carattere organizzativo, in conformitā con le disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali nonché alla libera circolazione di tali dati, e del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante il codice in materia di protezione dei dati personali.


 

Articolo 15
(Fatturazione elettronica e sistema tessera sanitaria)

 

 

articolo 15 estende al periodo d’imposta 2020 l’esonero dall’obbligo di fatturazione elettronica, giā previsto dalla normativa vigente per il periodo d’imposta 2019 nel rispetto delle disposizioni sulla protezione dei dati personali, in relazione a prestazioni sanitarie effettuate nei confronti delle persone fisiche. Si stabilisce inoltre che, a decorrere dal 1° luglio 2020, i soggetti tenuti all'invio dei dati al Sistema TS adempiono all’obbligo di memorizzazione e trasmissione dei corrispettivi esclusivamente mediante memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati relativi a tutti i corrispettivi giornalieri al Sistema TS.

 

Pių in dettaglio, il comma 1 estende al 2020 la disciplina transitoria che esonera dall’obbligo di fatturazione elettronica i soggetti che inviano i dati al Sistema TS (ai fini dell’elaborazione della dichiarazione precompilata) nonché i soggetti che pur non tenuti all’invio dei dati al Sistema TS  emettono fatture comunque relative a prestazioni sanitarie effettuate nei confronti delle persone fisiche.

 

Con riferimento all’esonero per il periodo d’imposta 2019 dall’obbligo di fatturazione elettronica per gli operatori sanitari, si ricorda che l’articolo 10-bis del decreto legge n.119 del 2018, cosė come modificato dalla legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 53, legge n. 145 del 2018), prevede che i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema TS (vale a dire le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico - IRCCS, i policlinici universitari, le farmacie pubbliche e private, i presidi di specialistica ambulatoriale, le strutture per l'erogazione delle prestazioni di assistenza protesica e di assistenza integrativa, gli altri presidi e strutture accreditati per l'erogazione dei servizi sanitari, nonché gli iscritti all'Albo dei medici chirurghi e degli odontoiatri) non possono emettere fatture elettroniche, per l’erogazione delle loro prestazioni, in quanto, in base al disposto del comma 3, articolo 2, del D.Lgs. n. 127 del 2015, per le stesse giā avviene, nel rispetto delle disposizioni sulla protezione dei dati personali, la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica mediante strumenti tecnologici che garantiscano l’inalterabilitā e la sicurezza dei dati (compresi quelli relativi ai pagamenti con carta di debito e di credito).

Il citato comma 53 della legge di bilancio stabilisce inoltre che i dati trasmessi al Sistema TS possono essere utilizzati solo dalle pubbliche amministrazioni ed esclusivamente per garantire l’applicazione delle norme in materia tributaria e doganale ovvero, in forma aggregata, per il monitoraggio della spesa pubblica e privata complessiva.

Si ricorda inoltre che l’articolo 9-bis,  del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, al comma 2, amplia l’esonero dall'obbligo di fatturazione elettronica - per il periodo d'imposta 2019 - previsto dal richiamato decreto legge 119 del 2018 per i soggetti tenuti all'invio dei dati al Sistema TS, estendendolo, con riferimento alle fatture relative alle prestazioni sanitarie effettuate nei confronti delle persone fisiche, anche ai soggetti che non sono tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata (sono esclusi da tale obbligo, a titolo esemplificativo, podologi, fisioterapisti, logopedisti).

 

L’Agenzia delle entrate nella Circolare 14/E-Chiarimenti in tema di documentazione di operazioni rilevanti ai fini IVA, alla luce dei recenti interventi normativi in tema di fatturazione elettronica (17 giugno 2019) ha chiarito che i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema TS devono continuare a certificare le prestazioni sanitarie rese nei confronti delle persone fisiche/consumatori finali mediante fatture in formato cartaceo – ovvero in formato elettronico senza utilizzare lo SdI come canale di invio – e a trasmettere i relativi dati al sistema TS secondo le tipologie evidenziate negli allegati ai decreti ministeriali che disciplinano le modalitā di trasmissione dei dati al suddetto sistema. Anche i soggetti che erogano prestazioni sanitarie nei confronti delle persone fisiche che non sono tenuti all’invio dei dati al Sistema TS ai fini dell’elaborazione della dichiarazione precompilata devono continuare ad emettere le fatture per prestazioni sanitarie nei confronti dei consumatori finali in formato cartaceo ovvero in formato elettronico con trasmissione attraverso canali diversi dallo SdI.

Inoltre nel caso di fatture miste contenenti sia spese sanitarie sia voci di spesa non sanitarie, occorre distinguere due ipotesi: 1) se non č possibile distinguere la quota di spesa sanitaria da quella non sanitaria, l’intera spesa va trasmessa al Sistema TS con la tipologia “altre spese” (codice AA); 2) se, invece, dal documento di spesa č possibile distinguere la quota di spesa sanitaria da quella non sanitaria, entrambe le spese vanno comunicate distintamente al Sistema TS con le seguenti modalitā: - i dati relativi alla spesa sanitaria vanno inviati e classificati secondo le tipologie evidenziate negli allegati ai decreti ministeriali che disciplinano le modalitā di trasmissione dei dati al Sistema TS; - i dati relativi alle spese non sanitarie vanno comunicati con il codice AA “altre spese”.

 

Il comma 2 dell’articolo in commento, inoltre, aggiunge una disposizione al comma 6-quater, articolo 2, del D.Lgs. n. 127 del 2015, giā modificato dal comma 54, articolo 1, della citata legge di bilancio per il 2019. Mediante la novella in esame, a decorrere dal 1° luglio 2020, viene tramutato in obbligo in via esclusiva l’attuale facoltā data ai soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema TS di poter assolvere all’obbligo di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate dei dati relativi a tutti i corrispettivi giornalieri ai fini IVA (obblighi di registrazione di cui all’articolo 24, primo comma, del DPR n. 633 del 1972) mediante l’invio dei corrispettivi giornalieri al Sistema TS.

La norma specifica inoltre che la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati sono effettuate mediante strumenti tecnologici che garantiscono l'inalterabilitā e la sicurezza dei dati.


 

Articolo 16
(
Precompilata IVA)

 

 

articolo 16 sposta alla data del 1° luglio 2020 l’avvio della predisposizione da parte dell'Agenzia delle entrate, per i soggetti passivi dell'IVA residenti e stabiliti in Italia, delle bozze precompilate dei registri IVA nonché delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche. La bozza della dichiarazione annuale dell’IVA č invece messa a disposizione a partire dalle operazioni IVA 2021.

 

In particolare l’articolo 16 sostituisce integralmente il comma 1 dell’articolo 4 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, inserendo due nuovi commi 1 e 1-bis relativi a semplificazioni amministrative e contabili connesse alla introduzione della fatturazione elettronica.

 

Il nuovo comma 1, come sostituito dalla disposizione in esame, prevede che a partire dalle operazioni IVA effettuate dal 1° luglio 2020, in via sperimentale, nell’ambito di un programma di assistenza on line basato sui dati delle operazioni acquisiti con le fatture elettroniche e con le comunicazioni delle operazioni transfrontaliere nonché sui dati dei corrispettivi acquisiti telematicamente, l'Agenzia delle entrate mette a disposizione dei soggetti passivi dell'IVA residenti e stabiliti in Italia, in apposita area riservata del sito internet dell'Agenzia stessa, le bozze dei seguenti documenti:

§  registri delle fatture e degli acquisti (articoli 23 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633);

§  comunicazioni delle liquidazioni periodiche dell’IVA.

 

Si ricorda che il vigente articolo 4, comma 1, prevede che a partire dalle operazioni IVA 2020, nell'ambito di un programma di assistenza on line basato sui dati delle operazioni acquisiti con le fatture elettroniche e con le comunicazioni delle operazioni transfrontaliere nonché sui dati dei corrispettivi acquisiti telematicamente, l'Agenzia delle entrate mette a disposizione di tutti i soggetti passivi dell'IVA residenti e stabiliti in Italia, in apposita area riservata del sito internet dell'Agenzia stessa, le bozze dei seguenti documenti:

a) registri di cui agli articoli 23 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;

b) liquidazione periodica dell'IVA;

c) dichiarazione annuale dell'IVA.

 

La norma pertanto sposta al secondo semestre del 2020 l’avvio del processo della predisposizione delle bozze dei registri IVA e delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche IVA da parte dell’Agenzia delle entrate che a tal fine utilizzerā i dati acquisiti mediante le fatture elettroniche, le comunicazioni delle operazioni transfrontaliere e la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi.

 

Il nuovo comma 1-bis dispone che a partire dalle operazioni IVA 2021 (e non pių dalle operazioni IVA 2020) l’Agenzia delle entrate mette a disposizione dei soggetti passivi IVA residenti e stabiliti in Italia, nell'area riservata del proprio sito internet, la bozza della dichiarazione annuale IVA.

 

Tale processo di semplificazione e riduzione degli adempimenti amministrativi e contabili a carico dei contribuenti č stato recentemente (martedė 11 giugno 2019) illustrato dal direttore dell’Agenzia delle entrate durante un’audizione al Senato della Repubblica (Indagine conoscitiva sul processo di semplificazione del sistema tributario e del rapporto tra contribuenti e fisco). Il direttore ha rappresentato che avendo tutti i dati IVA disponibili, sia quelli legati alla fatturazione elettronica sia quelli legati alla trasmissione dei corrispettivi, l’amministrazione finanziaria puō mettere i contribuenti nelle condizioni di ricevere i registri IVA disponibili in linea sulla base dei dati acquisiti; inoltre, sono messe a disposizione anche le bozze delle liquidazioni periodiche precompilate, cosė come la bozza della dichiarazione IVA precompilata. Il contribuente puō apportare modifiche alla bozza dal momento che l’Agenzia č in possesso del dato numerico ma non possiede tutte quelle ulteriori informazioni connesse al profilo soggettivo e, quindi, alla percentuale di detraibilitā di alcune spese nota solo all’interessato.

 

Per una ricostruzione generale dell’istituto della fatturazione elettronica si consiglia la consultazione del temaweb IVA e fatturazione elettronica presente sul portale della documentazione della Camera dei deputati, in particolare del paragrafo Fatturazione elettronica e trasmissione telematica delle operazioni IVA.

 


 

Articolo 17
(Imposta di bollo sulle fatture elettroniche)

 

 

articolo 17 introduce una specifica procedura di comunicazione tra Amministrazione e contribuente per individuare il quantum dovuto nel caso di ritardato, omesso o insufficiente versamento dell’imposta di bollo dovuta sulle fatture elettroniche. L’amministrazione finanziaria deve comunicare con modalitā telematiche al contribuente l’ammontare dell’imposta da versare nonché delle sanzioni per tardivo versamento e degli interessi. Viene altresė ridotta la misura delle sanzioni dovute.

 

Il richiamato articolo 12-novies del decreto-legge n. 34 del 2019 consente all’Agenzia delle entrate, giā in fase di ricezione delle fatture elettroniche, di verificare con procedure automatizzate la corretta annotazione dell’assolvimento dell’imposta di bollo, avendo riguardo alla natura e all’importo delle operazioni indicate nelle fatture stesse.

L’Agenzia delle entrate, ove rilevi che sulle fatture elettroniche non sia stata apposta la specifica annotazione di assolvimento dell’imposta di bollo, puō integrare le fatture stesse con procedure automatizzate, giā in fase di ricezione sul Sistema di interscambio (disciplinato dall’articolo 1, commi 211 e 212, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, legge finanziaria 2008).

L’Agenzia include nel calcolo dell’imposta dovuta, da rendere noto a ciascun soggetto passivo IVA (ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del D.M. del 16 giugno 2014), sia l’imposta dovuta in base a quanto correttamente dichiarato nella fattura, sia il maggior tributo calcolato sulle fatture nelle quali non č stato correttamente indicato l’assolvimento dell’imposta.

Nei casi residuali in cui non sia possibile effettuare tale verifica con procedure automatizzate, restano comunque applicabili le ordinarie procedure di regolarizzazione dell’assolvimento dell’imposta di bollo e di recupero del tributo, ai sensi del D.P.R. n. 642 del 1972 che reca il Testo Unico sull’imposta di bollo.

Nella formulazione previgente, il terzo periodo prevedeva che nel caso di mancato, insufficiente o tardivo pagamento dell'imposta - resa nota dall'Agenzia delle entrate secondo le ordinarie procedure - si applicasse la sanzione per ritardati od omessi versamenti, di cui all'articolo 13, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (trenta per cento dell’importo non versato, ridotto alla metā nel caso di ritardo non superiore alla metā, ulteriormente ridotta nel caso di ritardo non superiore a quindici giorni).

 

Con le modifiche in esame si introduce una specifica procedura di comunicazione tra Amministrazione e contribuente per individuare il quantum dovuto nel caso di ritardato, omesso o insufficiente versamento dell’imposta (in luogo di riferirsi al mancato, insufficiente o tardivo pagamento della stessa). L’Agenzia delle entrate deve comunicare al contribuente, con modalitā telematiche, l’ammontare dell’imposta, della sanzione amministrativa e degli interessi.

Per quanto riguarda la sanzione, rispetto alla vigente misura essa č ridotta di un terzo rispetto all’importo indicato dall’articolo 13, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 per ritardato od omesso versamento.

Con riferimento agli interessi, si chiarisce che vengono comunicati quelli dovuti fino all'ultimo giorno del mese antecedente a quello dell'elaborazione della comunicazione.

Si prevede inoltre che, se il contribuente non provvede al pagamento in tutto o in parte delle somme dovute entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione, il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate procede all’iscrizione a ruolo a titolo definitivo.

 

Con le modifiche al quarto periodo dell’articolo 12-novies si chiarisce che alle fatture inviate dal 1° gennaio 2020 si applicano tutte le norme del medesimo articolo 12-novies, in luogo di prevedere l’applicazione da tale termine del solo primo periodo (e cioč della disciplina relativa all’integrazione automatica delle fatture). Viene invece fatto salvo quanto previsto dal terzo periodo in materia di sanzioni.

 


 

Articolo 18
(Modifiche al regime dell’utilizzo del contante)

 

 

L'articolo 18 detta disposizioni volte a modificare il regime di utilizzo del contante, stabilendo che il valore soglia, pari a 3.000 euro nella legislazione previgente, oltre il quale si applica il divieto al trasferimento del contante fra soggetti diversi, venga ridotto a 2.000 euro a decorrere dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021, per ridursi ulteriormente a 1.000 euro a decorrere dal 1° gennaio 2022

 

In particolare, il comma 1 dell'articolo in esame modifica l’articolo 49, del decreto legislativo n. 231 del 2007, che definisce i limiti all'uso del contante e dei titoli al portatore, ridefinendo:

§  la soglia oltre la quale si applica il divieto al trasferimento di denaro contante e di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, siano esse persone fisiche o giuridiche; e

§  la soglia per la negoziazione a pronti di mezzi di pagamento in valuta, svolta dai soggetti iscritti nella sezione prevista dall'articolo 17-bis del decreto legislativo n. 141 del 2010, i quali esercitano professionalmente nei confronti del pubblico dell'attivitā di cambiavalute.

In entrambi i casi viene previsto che il valore soglia, pari a 3.000 euro nella legislazione previgente, venga ridotto a 2.000 euro a decorrere dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021, per ridursi ulteriormente a 1.000 euro a decorrere dal 1° gennaio 2022.

 

L'analisi sull'utilizzo del contante nel nostro Paese č stata oggetto di un occasional paper pubblicato dalla Banca d'Italia a gennaio 2019, nel quale viene rilevata l'importanza del contante nelle transazioni giornaliere di piccolo importo. Tale rilevanza si riduce significativamente sia in relazione all'aumento del valore dell'operazione. Nelle spese caratterizzate da minor frequenza gli strumenti alternativi al contante costituiscono la modalitā di pagamento prevalente.

 

Il lavoro analizza l'uso del contante in Italia e degli altri strumenti di pagamento presso i punti di vendita (POS) utilizzando i dati del campione italiano dell’indagine Study on the Use of Cash by Households (SUCH) condotta dalla BCE nel 2016.

L’Italia č risultato il Paese dell’area euro in cui č stato rilevato il maggior numero di transazioni giornaliere per persona, in media circa 2 transazioni di cui 1,7 in contanti. La media europea si attesta a 1,6 transazioni giornaliere, di cui 1,2 in contanti. Sia in Italia che negli altri Paesi europei il contante č stato ampiamente utilizzato negli acquisti giornalieri. Il 45 per cento degli intervistati italiani, rispetto al 43 per cento della media europea, ha dichiarato di preferire carte e altri strumenti rispetto al contante. L’88,9 per cento degli intervistati italiani ha affermato di possedere almeno una carta (di credito o debito) rispetto alla media europea del 93 per cento.

I risultati del diario di pagamento, mostrano che in Italia nel 2016 il contante č stato lo strumento pių utilizzato nei punti vendita: l’85,9 per cento delle transazioni č stato regolato in contanti, per un valore pari al 68,4 per cento del totale. Gli strumenti alternativi al contante pių utilizzati sono state le carte di pagamento (di debito, di credito e prepagate) con le quali č stato regolato il 12,9 per cento delle transazioni. Tale percentuale risulta pių che raddoppiata se si prende in considerazione il valore delle operazioni (28,6 per cento) in quanto l'utilizzo degli strumenti alternativi al contante cresce sensibilmente quando l'importo della transazione supera le 100 euro.

Per il contante il valore medio di una transazione č stato di 13,57 euro, per le carte di 37,70 euro (per le carte contactless di 8,92 euro). Gli altri strumenti sono stati utilizzati per importi superiori, con un valore medio di 44,02 euro, maggiore per i bonifici (60,82 euro) e gli assegni (96,11 euro). In generale, l’importo medio delle transazioni č stato di 17,05 euro.

Complessivamente, gli importi delle transazioni regolate presso i punti vendita sono risultati piuttosto ridotti: il 90 per cento č stato inferiore a 40 euro.  Considerando le distribuzioni di frequenza del valore delle transazioni in rapporto al tipo di strumento si osserva che la gran parte delle transazioni effettuate in contanti ha presentato importi inferiori a 25 euro (85 per cento delle transazioni). L’utilizzo delle carte č invece distribuito pių equamente tra i diversi importi, mentre assegni e bonifici sono stati utilizzati prevalentemente per pagamenti di valore superiore ai 200 euro. Ciō che emerge chiaramente č che, con riferimento alle operazioni quotidiane, all’aumentare dell’importo della transazione decresce la quota di pagamenti effettuata in contanti. Per i pagamenti quotidiani di importo superiore a 100 euro sono stati utilizzati in maggioranza gli strumenti alternativi al contante. I precedenti risultati sono limitati alle transazioni quotidiane presso i punti vendita.  Il questionario sulle abitudini di pagamento, che contiene dati su tutte le spese, non solo su quelle quotidiane, permette invece di rilevare come importi pių elevati caratterizzino tipi di spese con frequenza pių bassa rispetto agli acquisti quotidiani (spese mediche, utenze, rate del mutuo, premi assicurativi e pagamento delle imposte). Questi pagamenti, anche se meno frequenti (una volta al mese o anche poche volte in un anno), hanno un impatto maggiore sul consumo delle famiglie. Da una domanda ad hoc, presente nel suddetto questionario, risulta che, per le spese meno frequenti, gli strumenti alternativi sono utilizzati in misura maggiore rispetto al contante: essi sono ampiamente utilizzati per i pagamenti di affitto o mutuo (94 per cento), delle tasse (84 per cento), delle assicurazioni (82 per cento), di gas e riscaldamento (80 per cento), delle utenze elettriche (77 per cento) e telefoniche (65 per cento). Il contante č invece ancora abbastanza utilizzato per le spese mediche (41 per cento, contro il 59 degli strumenti alternativi).

 

Il divieto all'utilizzo del contante per operazioni che superano un dato importo viene considerato, nell'impianto normativo volto alla prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attivitā criminose e di finanziamento del terrorismo, una delle misure di contrasto ulteriori rispetto agli obblighi di adeguata verifica della clientela che devono essere eseguiti da intermediari bancari e finanziari e altri operatori finanziari e non, individuati dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 231 del 2007, ai fini della segnalazione delle operazioni sospette.  

 

La tematica del riciclaggio del danaro di illecita provenienza (in inglese: money laundering) muove dall'assunto, consolidato nell'esperienza e negli studi criminologici, che l'attivitā criminosa in molti casi č motivata dal desiderio di arricchirsi. Il profitto del reato č dunque di norma bisognoso di essere reinserito nel circuito economico, senza lasciare la traccia del crimine.

 

Nell'ordinamento italiano il riciclaggio integra un'autonoma ipotesi di reato identificata da almeno quattro fattispecie incriminatrici:

 

§  l'articolo 648-bis del codice penale, che incrimina il riciclaggio di danaro, da parte di chi non ha concorso a commettere il reato da cui il danaro proviene. Per riciclaggio s'intende qui essenzialmente la sostituzione o il trasferimento di danaro con altro danaro, in modo da cancellare le tracce della provenienza illecita;

§  l'articolo 648-ter del codice penale, che incrimina il reimpiego del danaro di illecita provenienza. Con il reimpiego s'intende l'uso per investimenti del danaro illecito;

§  l'articolo 648-ter.1 del codice penale, che incrimina l'autoriciclaggio, vale a dire la condotta di riciclo da parte di chi ha commesso il reato sottostante;

§  l'art. 512-bis del codice penale, che incrimina l'intestazione fittizia di beni e danaro.

 

Accanto alle condotte penalmente rilevanti, la legge italiana reca un'articolata normativa volta a prevenire e contrastare le pratiche illecite. L'atto che ne contiene le principali disposizioni č decreto legislativo n. 231 del 2007, che ha dato attuazione nell'ordinamento nazionale alla direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attivitā criminose e di finanziamento del terrorismo, e ai successivi interventi a livello europeo, il pių recente dei quali č la direttiva 2018/843/UE (cosiddetta "quinta direttiva antiriciclaggio"). Tali atti sono stati di volta in volta attuati nell'ordinamento nazionale conducendo alla costante modifica e integrazione del decreto legislativo n. 231 del 2007.

Il principale presupposto dell'attivitā preventiva e di contrasto del riciclaggio risiede nella tracciabilitā dei flussi finanziari. Su tale base, la legislazione incide sugli obblighi di adeguata verifica della clientela a carico dei soggetti che sono coinvolti a titolo professionale nel percorso di tali flussi (banche, intermediari finanziari, commercialisti, notai, revisori legali dei conti, prestatori di servizi di gioco, e altri individuati dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 231 del 2007).

Tali obblighi di analisi delle operazioni sono principalmente volti a segnalare le operazioni sospette, per le quali i soggetti obbligati sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso o che siano state compiute o tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo o che comunque i fondi, indipendentemente dalla loro entitā, provengano da attivitā criminosa.

Il sospetto č desunto, ai sensi dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 231 del 2007, dalle caratteristiche, dall'entitā, dalla natura delle operazioni, dal loro collegamento o frazionamento o da qualsivoglia altra circostanza conosciuta, in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacitā economica e dell'attivitā svolta dal soggetto cui č riferita, in base agli elementi acquisiti nel corso delle verifiche effettuate ai sensi delle disposizioni di cui al Titolo II del decreto legislativo n. 231 del 2007. Fra gli "elementi di sospetto", viene data autonoma e significativa rilevanza al ricorso frequente o ingiustificato ad operazioni in contante, anche se non eccedenti la soglia di cui all'articolo 49 oggetto delle modifiche in esame e, in particolare, al prelievo o il versamento in contante di importi non coerenti con il profilo di rischio del cliente.

Le segnalazioni vengono inviate all'Unitā di informazione finanziaria per l'Italia (UIF), che emana e aggiorna periodicamente indicatori di anomalia, al fine di agevolare l'individuazione delle operazioni sospette. Oltre all'UIF, il decreto legislativo n. 231 del 2007 identifica (articoli 4-11) un complesso sistema di autoritā di vigilanza di settore, regolandone le attribuzioni e disponendo che le stesse operino in costante collaborazione, interna e internazionale.   

 

Come misura ulteriore, rispetto alla segnalazione delle operazioni sospette, l'articolo 49 del decreto legislativo in materia di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo prevede il divieto di trasferire denaro contante o titoli al portatore per somme maggiori o uguali a una certa soglia. Tale soglia, prevista anche per le attivitā svolte dai cambiavalute con i clienti, č stata portata a 3.000 euro dalla legge n. 208 del 2015 (legge di stabilitā 2016) mentre, in precedenza, il decreto legge n. 201 del 2011 aveva ridotto il limite a 1.000 euro (il precedente limite per i cambia valute, previsto dal decreto legislativo n. 169 del 2012, era di 2.500 euro).

 

Il generale divieto di utilizzo del contante oltre un certo valore soglia č accompagnato da specifiche deroghe applicabili agli operatori del settore del commercio al minuto e del turismo, i cui operatori possono vendere beni e servizi a cittadini stranieri non residenti in Italia, entro il limite di 10.000 euro in contanti, utilizzando un'apposita procedura. Un'ulteriore deroga riguarda il servizio di money transfer (rimessa di denaro), per il quale la soglia č invece fissata a 1.000 euro dall'articolo 49, comma 2, del decreto legislativo n. 231 del 2007. Alla luce delle modifiche in esame, tale valore č destinato essere ricompreso nella norma generale, non potendosi pių configurare, a partire dal 2022, una fattispecie derogatoria rispetto alla soglia di 1.000 euro che sarā applicabile a tutte le operazioni.

 

La tracciabilitā dei flussi finanziari e, di conseguenza, la limitazione all'utilizzo del contante, rappresenta anche un possibile strumento di contrasto dell'evasione fiscale. In tal senso, l'articolo 7-quater del decreto legge n. 193 del 2016, modificando il testo unico sull'accertamento delle imposte (D.P.R. n. 600 del 1973, articolo 32), ha previsto, con riferimento ai titolari di reddito di impresa, un parametro quantitativo oltre il quale scatta la presunzione di evasione per i prelievi o i versamenti di importo superiore a 1.000 euro giornalieri e a 5.000 euro mensili (da tale presunzione sono esclusi i compensi dei professionisti).

 

Per ulteriori approfondimenti sulla normativa antiriciclaggio, sulla normativa che regola i pagamenti, le commissioni sui pagamenti con carte, gli obblighi di pagamenti tracciabili, la fatturazione elettronica e la trasmissione telematica delle operazioni IVA, si fa rinvio alla relativa area tematica del sito della Camera dei deputati.

 


 

Articolo 19
(Esenzione fiscale dei premi della lotteria degli scontrini e istituzione di premi speciali per il
cashless)

 

 

L'articolo 19 esclude dall’imponibile le vincite della lotteria degli scontrini. Ove siano utilizzati strumenti di pagamento elettronici da parte dei consumatori, sono previsti premi aggiuntivi associati alla lotteria medesima, in luogo di aumentarne le probabilitā di vincita (come previsto dalla previgente disciplina).

 

Si ricorda al riguardo che i commi da 540 a 544 della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) hanno previsto l’istituzione – inizialmente dal 2018, poi dal 2020 per effetto del decreto-legge n. 119 del 2018 - di una lotteria nazionale, cui partecipano i contribuenti che effettuano acquisti di beni o servizi presso esercenti che trasmettono telematicamente i corrispettivi. Per partecipare all'estrazione č necessario che i contribuenti, al momento dell'acquisto, comunichino il proprio codice fiscale all'esercente e che quest'ultimo trasmetta all'Agenzia delle entrate i dati della singola cessione o prestazione.

Il comma 543, che prevedeva l’istituzione di una lotteria sperimentale da istituire nelle more dell'attuazione delle misure di cui al comma 540, č stato abrogato dall'art. 18 del decreto-legge n. 119 del 2018.

 

Il comma 1, lettera a), modifica il comma 540 - istitutivo della lotteria degli scontrini – chiarendo che i premi della lotteria, per l'intero ammontare, non concorrono alla formazione del reddito del vincitore percepito nel periodo di imposta di riferimento.

Inoltre, le somme non sono assoggettate ad alcun prelievo erariale.

 

Si rammenta che dal 2012 il decreto del direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato del 12 ottobre 2011 ha introdotto un  prelievo sulla parte della vincita eccedente euro 500 per alcuni giochi, che č stato fissato - da ultimo – nel 12 per cento dall’articolo 6 decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 per alcuni giochi, tra cui le lotterie nazionali ad estrazione istantanea, Enalotto e Superstar e all’8 per cento per le vincite al lotto.

 

Il comma 1, lettera b) sostituisce il comma 542. Nel testo previgente la norma innalzava del 100 per cento la probabilitā di vincita dei premi alla lotteria scontrini, in caso di transazioni effettuate con strumenti di pagamento elettronici, rispetto al caso di transazioni effettuate mediante denaro contante.

Con la novella in esame, in luogo di elevare le probabilitā di vincita, sono istituiti premi speciali aggiuntivi per i consumatori che utilizzano strumenti di pagamento elettronici. La lotteria č rivolta, secondo il comma 540, ai contribuenti, persone fisiche maggiorenni residenti nel territorio dello Stato, che effettuano acquisti di beni o servizi, fuori dall'esercizio di attivitā di impresa, arte o professione.

Sono inoltre previsti premi aggiuntivi per gli esercenti che, ai fini della certificazione delle operazioni di vendita o di cessione, utilizzano gli strumenti telematici per la memorizzazione e l'invio dei corrispettivi giornalieri (disciplinati dall'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 127 del 2015).

 

L'istituzione dei premi e le modalitā di attuazione delle disposizioni in esame sono demandati al provvedimento di cui al comma 544. Quest'ultimo, come modificato dall'articolo 18 del decreto-legge n. 119 del 2018, rinvia a un provvedimento (non ancora emanato) del direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, d’intesa con l’Agenzia delle entrate, la disciplina delle modalitā tecniche relative alle operazioni di estrazione, l'entitā e il numero dei premi messi a disposizione, nonché ogni altra disposizione necessaria per l'attuazione della lotteria.

 

Il tetto di spesa per i nuovi premi č determinato in 45 milioni di euro annui. Al fine di garantire le risorse per l'istituzione dei premi aggiuntivi e per le connesse spese di gestione amministrativa, la norma stabilisce un incremento, di 50 milioni annui a decorrere del 2020, del Fondo per la gestione della lotteria, istituito dall'articolo 18, comma 2, del decreto-legge n. 119 del 2018. Tale stanziamento č destinato anche alla copertura delle spese di gestione amministrativa della lotteria. Le risorse per le spese amministrative e di comunicazione sono attribuite alle amministrazioni che ne sostengono i costi.

 

Per la copertura degli oneri si veda la scheda sull'art. 59, comma 3, concernente le disposizioni finanziarie.

 


 

Articolo 20
(Sanzione lotteria degli scontrini)

 

 

L'articolo 20 introduce una sanzione amministrativa da 100 a 500 euro per gli esercenti che, ai fini della partecipazione del contribuente alla lotteria degli scontrini, rifiutino il codice fiscale del contribuente o non trasmettano i dati della prestazione o cessione, escludendo in tal caso le disposizioni di favore previste per il concorso di violazioni tributarie. Si dispone una moratoria di sei mesi per l’applicazione delle predette sanzioni, in ipotesi specificamente indicate dalla legge.

 

I commi da 540 a 544 della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017, successivamente modificata) hanno previsto l’istituzione dal 2020 di una lotteria nazionale, cui partecipano i contribuenti che effettuano acquisti di beni o servizi presso esercenti che trasmettono telematicamente i corrispettivi. Per partecipare all'estrazione č necessario che i contribuenti, al momento dell'acquisto, comunichino il proprio codice fiscale all'esercente e che quest'ultimo trasmetta all'Agenzia delle entrate i dati della singola cessione o prestazione. L'articolo 19 del provvedimento in esame esclude dall’imponibile le vincite della lotteria degli scontrini. Ove siano utilizzati strumenti di pagamento elettronici da parte dei consumatori sono previsti premi aggiuntivi associati alla lotteria medesima, in luogo di aumentarne le probabilitā di vincita.  Per ulteriori informazioni si rinvia alla scheda relativa all'articolo 18 del decreto-legge in esame.

 

Pių in dettaglio, il comma 1 prevede che sia punito con una sanzione amministrativa da 100 a 500 euro l’esercente che, al momento dell'acquisto, rifiuti il codice fiscale del contribuente o non trasmetta all'Agenzia delle entrate i dati della singola cessione o prestazione, per consentire al contribuente di partecipare alla lotteria scontrini.

Non si applica l'articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, che prevede uno sconto sulla sanzione amministrativa nel caso di concorso e continuazione di violazioni di norme tributarie.  

Tale articolo 12 consente l’applicazione della sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione pių grave, aumentata da un quarto al doppio, nei confronti:

§  di chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni anche relative a tributi diversi ovvero commette, anche con pių azioni od omissioni, diverse violazioni formali della medesima disposizione;

§  di chi, anche in tempi diversi, commette pių violazioni che, nella loro progressione, pregiudicano o tendono a pregiudicare la determinazione dell'imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo.

 

Il comma 2 prevede una moratoria alle predette sanzioni, nei primi sei mesi di applicazione della lotteria dei corrispettivi. Esse non sono applicabili nei confronti degli esercenti che assolvono temporaneamente l'obbligo di memorizzazione dei corrispettivi attraverso strumenti inidonei alla trasmissione telematica o mediante ricevuta, scontrino fiscale, anche manuale o prestampato a tagli fissi (articolo 12, comma 1, della legge n. 413 del 1991 e D.P.R. n. 696 del 1996).

 

Si rammenta che dal 1° luglio 2019 č iniziata la graduale sostituzione degli scontrini e delle ricevute fiscali con i corrispettivi elettronici, per effetto delle norme contenute nell’articolo 2 del decreto legislativo n. 127 del 2015, come modificato nel tempo.

Dal 2020 scontrini e ricevute sono sostituiti da un documento commerciale, da emettere esclusivamente utilizzando un registratore telematico (RT) o una procedura web messa a disposizione gratuitamente dall’Agenzia delle entrate. Chi effettua operazioni di commercio al minuto e attivitā assimilate, per le quali non č obbligatoria l’emissione della fattura (se non richiesta dal cliente), deve certificare i corrispettivi tramite memorizzazione e trasmissione telematica degli stessi all’Agenzia delle entrate. Tale obbligo č giā scattato per chi nel 2018 ha realizzato un volume d’affari superiore a 400.000 euro, mentre per gli altri operatori economici esso decorre dal 1° gennaio 2020.

La legge ha previsto una moratoria delle sanzioni che al massimo č destinata a durare sei mesi. L’articolo 2, comma 6-ter del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, modificato dall'articolo 12-quinquies del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, ha stabilito infatti che nel primo semestre di vigenza dell'obbligo - decorrente dal 1° luglio 2019 per i soggetti con volume di affari superiore a euro 400.000 e dal 1° gennaio 2020 per gli altri soggetti - le sanzioni non si applicano in caso di trasmissione telematica dei dati relativi ai corrispettivi giornalieri entro il mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione, fermi restando i termini di liquidazione dell'imposta sul valore aggiunto. Di conseguenza gli operatori con volume d’affari superiore a 400.000 euro sono tenuti a dotarsi del dispositivo registratore telematico (o usare la procedura web dell’Agenzia delle entrate) entro il 1° gennaio 2020, mentre per tutti gli altri operatori tale obbligo č da adempiere, al massimo, entro il 1° luglio 2020.

 

Al riguardo si segnala la Guida dell'Agenzia delle entrate su memorizzazione e trasmissione dei corrispettivi dell'Agenzia delle entrate (23 ottobre 2019).

 


 

Articolo 21
(Certificazioni fiscali e pagamenti elettronici)

 

 

L'articolo 21 prevede la possibilitā di utilizzare la piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilitā tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati anche per la certificazione fiscale tra soggetti privati, tra cui la fatturazione elettronica e gli adempimenti connessi ai corrispettivi giornalieri (cd. scontrini elettronici).

 

La norma in esame introduce due nuovi commi all’articolo 5 del Codice dell'amministrazione digitale (CAD), di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005, dedicato all'effettuazione di pagamenti con modalitā informatiche.

L'articolo 5 del CAD sancisce l'obbligo per le pubbliche amministrazioni, le societā a controllo pubblico (con alcune esclusioni riguardanti le societā quotate) e i gestori di servizi pubblici, in relazione ai servizi di pubblico interesse, di accettare i pagamenti spettanti a qualsiasi titolo attraverso i servizi di pagamento elettronici (incluso l’utilizzo, per i micro pagamenti, del credito telefonico).

L’Agenzia per l’Italia Digitale - AGID č chiamata a mettere a disposizione, attraverso il Sistema pubblico di connettivitā, una piattaforma tecnologica per l’interconnessione e l’interoperabilitā tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati, per assicurare, attraverso strumenti condivisi di riconoscimento unificati, l'autenticazione certa dei soggetti interessati all'operazione in tutta la gestione del processo di pagamento. Se effettuate tramite la piattaforma tecnologica, resta ferma, per i soggetti pubblici sopra ricordati, la possibilitā di accettare anche altre forme di pagamento elettronico.

Per approfondimenti sulla piattaforma pagoPA si veda la relativa pagina sul sito dell'AGID.

 

Secondo il nuovo comma 2-sexies dell’articolo 5, la piattaforma puō essere utilizzata per processi di certificazione fiscale tra soggetti privati, in particolare:

§  la fatturazione elettronica;

§  la trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate dei dati dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi, in sostituzione degli obblighi di registrazione.

 

Per approfondimenti, si rinvia al tema web su Fatturazione elettronica e trasmissione telematica delle operazioni IVA.

 

Ai sensi del nuovo comma 2-septies, le regole tecniche di funzionamento sono fissate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri - o con decreto del Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione - di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Agenzia delle entrate.

 

Per la copertura degli oneri, connessi all'integrazione delle funzionalitā della piattaforma finalizzate alla produzione automatica della fattura elettronica, si veda la scheda sull'articolo 59, comma 3.

 


 

Articolo 22
(Credito d'imposta su commissioni pagamenti elettronici)

 

 

L'articolo 22 introduce un credito d'imposta pari al 30 per cento delle commissioni addebitate per transazioni effettuate con carte di pagamento a decorrere dal 1° luglio 2020. Esso č riconosciuto a esercenti i cui ricavi e compensi riferiti all'anno d'imposta precedente non eccedano l'importo di 400.000 euro. L'agevolazione si applica nel rispetto della normativa europea sugli aiuti de minimis. Sono quindi dettate le disposizioni relative alle modalitā di utilizzo del credito in compensazione. Ai fini del riconoscimento del credito d'imposta, gli operatori che mettono a disposizioni i sistemi di pagamento elettronico sono tenuti a comunicare le informazioni necessarie all'Agenzia delle entrate, secondo le modalitā che saranno definite con provvedimento del Direttore della medesima Agenzia.

 

Il comma 1 istituisce il credito d'imposta nella misura del 30 per cento delle commissioni richieste per pagamenti, effettuati a decorrere dal 1° luglio 2020, con carte di credito, debito o prepagate emesse da soggetti tenuti a rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi (ivi compreso il codice fiscale) di ogni soggetto che intrattenga con gli stessi qualsiasi rapporto o effettui qualsiasi operazione di natura finanziaria, con talune esclusioni. Si tratta degli obblighi di comunicazione previsti dal D.P.R. 605 del 1973, all'articolo 7, sesto comma, concernente le comunicazione dovute all'Anagrafe tributaria. Tra questi soggetti sono da annoverare le banche, la Societā Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli OICR, le societā di gestione del risparmio.

 

Il comma 2 stabilisce che tale credito di imposta relativo alle commissioni sia fruibile in relazione a pagamenti effettuati a fronte di operazioni di cessione di beni o prestazioni di servizi nei confronti di consumatori finali effettuate a decorrere dal 1° luglio 2020. Č utilizzabile da esercenti attivitā di impresa, arte o professioni i cui ricavi o compensi abbiano valore inferiore a 400.000 euro nell'anno d'imposta precedente.

 

Il comma 3 specifica che all'agevolazione qui prevista sia applicata nel rispetto dei limiti e delle condizioni posti dalle norme europee in materia di aiuti de minimis (v. oltre).

 

Il credito d’imposta (comma 4) č utilizzabile esclusivamente in compensazione mediante modello F24 (ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997) a decorrere dal mese successivo a quello in cui sono state effettuate le spese agevolabili. Deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di maturazione del credito e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d’imposta successivi fino a quello nel quale se ne conclude l’utilizzo.

A tale proposito si ricorda che l'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, in materia di compensazione (espressamente richiamato dal comma in esame) prevede che i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

 

Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi né del valore alla produzione ai fini IRAP. Esso, inoltre, non contribuisce alla formazione della misura che dā diritto alla corrispondente deducibilitā di interessi passivi o altri componenti negativi di reddito, ai sensi della normativa IRES (di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, D.P.R. n. 917 del 1986).

 

I soggetti che emettono le carte di pagamento (vedi sopra comma 1) sono tenuti ad inviare telematicamente all'Agenzia delle entrate le comunicazioni necessarie alla verifica della spettanza del credito d'imposta (comma 5). Si fa quindi rinvio (comma 6) ad un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate per la definizione delle modalitā attuative della disposizione in esame, riguardo alle modalitā di trasmissione delle comunicazioni e ai contenuti delle stesse.

 

Per la copertura degli oneri si veda la scheda sull'art. 59, comma 3, concernente le disposizioni finanziarie.

 

Per ciō che concerne la disciplina sugli aiuti di Stato, l'articolo 108, paragrafo 3 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) contempla l'obbligo di notificare alla Commissione europea i progetti diretti ad istituire o modificare aiuti al fine di stabilirne la compatibilitā con il mercato comune sulla base dei criteri dell'articolo 107, par. 1, TFUE. Alcune categorie di aiuti possono tuttavia essere dispensate dall'obbligo di notifica.

Fanno eccezione all'obbligo di notifica alla Commissione UE, oltre alle specifiche categorie di aiuti esentati dalla stessa sulla base dei regolamenti di esenzione, gli aiuti di piccola entitā, definiti dalla UE de minimis, che si presume non incidano sulla concorrenza in modo significativo. Per gli aiuti cd. de minimis, si richiama il regolamento (UE) n. 1407/2013 che č applicabile alle imprese operanti in tutti i settori, salvo specifiche eccezioni. Il massimale previsto da tale regolamento non ha subito variazioni rispetto al precedente regolamento n. 1698/2006, ed č stato confermato entro il limite di 200.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari.

Gli aiuti de minimis per le imprese che producono prodotti agricoli sono disciplinati dal regolamento (UE) n. 1408/2013. Si tratta di quegli aiuti di importo complessivo non superiore a 15.000 euro - concessi da uno Stato membro a un'impresa unica - nell'arco di tre esercizi finanziari, che, per la loro esiguitā e nel rispetto di date condizioni soggettive e oggettive non devono essere notificati alla Commissione, in quanto non ritenuti tali da incidere sugli scambi tra gli Stati membri e, dunque, non suscettibili di provocare un'alterazione dalla concorrenza tra gli operatori economici.

Per quanto concerne gli aiuti cosiddetti de minimis nel settore della pesca e dell'acquacoltura, questi sono disciplinati dal regolamento (UE) n. 717/2014. Vi si prevede, poi, che l'importo complessivo degli aiuti de minimis concessi da uno Stato membro a un'impresa unica nel settore della pesca e dell'acquacoltura non possa superare 30.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari. Si dispone, inoltre, che l'importo cumulativo degli aiuti de minimis concessi da uno Stato membro alle imprese che operano in tali settori, nell'arco di tre esercizi finanziari, non possa superare il limite nazionale stabilito nell'allegato al regolamento (che, per l'Italia, č fissato in 96.310.00 euro). Il regolamento 717/2014 si applica fino al 31 dicembre 2020.

 

 


 

Articolo 23
(Sanzioni per mancata accettazione di pagamenti effettuati
con carte di debito e credito)

 

 

L'articolo 23 disciplina in norma primaria le sanzioni amministrative per la violazione dell’obbligo, da parte di commercianti e professionisti, di accettare pagamenti con carte di debito o di credito. L'importo della sanzione č fissato in 30 euro, aumentato del 4 per cento del valore della transazione. Non trova applicazione il pagamento in misura ridotta, previsto dalle disposizioni vigenti in materia di sanzioni amministrative.

 

L’articolo in commento modifica l'articolo 15 del decreto-legge n. 179 del 2012, novellando il comma 4 e inserendo un nuovo comma 4-bis.

L'articolo 15, comma 4, ha introdotto dal 1° luglio 2014 (termine cosė modificato dall'articolo 9, comma 15-bis del decreto-legge n. 150 del 2013) l’obbligo, gravante sui soggetti che effettuano l'attivitā di vendita di prodotti e di prestazione di servizi anche professionali, di accettare pagamenti effettuati con carte di debito (c.d. obbligo di POS). Successivamente, la legge n. 204 del 2015 (legge di stabilitā per il 2016) ha esteso l'obbligo per i commercianti e i professionisti di accettare pagamenti anche mediante carte di credito, oltre che di debito, tranne nei casi di oggettiva impossibilitā tecnica.

Con la modifica recata dal comma 1, lettera a), dell'articolo in esame si specifica che l'esercente ha l'obbligo di accettare le carte di pagamento e che tale obbligo č assolto con l'accettazione di almeno una tipologia di carta di debito e di una tipologia di carta di credito.

 

Il decreto 24 gennaio 2014 del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, in attuazione dell’articolo 15, comma 5, del decreto-legge n. 179 del 2012, ha definito un importo minimo per l’operativitā della norma: l'obbligo di accettare pagamenti con carte di debito si applica per gli acquisiti superiori a 30 euro.

Successivamente all'introduzione degli obblighi di accettazione con carta di credito di cui si č detto sopra, č stato emanato uno schema di decreto di attuazione della medesima norma, come novellata. Su tale schema di decreto il Consiglio di Stato ha espresso parere non favorevole (parere n. 1446/2018). La Sezione consultiva sugli atti normativi ha ritenuto infatti che "l’articolo 15, comma 5, del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179 non sia rispettoso del principio costituzionale della riserva di legge, in quanto carente di qualsiasi criterio direttivo, sostanziale e procedurale".

Di conseguenza il nuovo comma aggiuntivo 4-quater dell’articolo 15 (introdotto dalla lettera b) del comma 1) mira, come anche chiarito dalla relazione illustrativa, a colmare tali carenze, prevedendo espressamente:

§  la misura della sanzione, pari a 30 euro, aumentata del 4 per cento del valore della transazione;

§  l'applicabilitā a tale sanzione delle norme generali sulle sanzioni amministrative (di cui alla legge n. 689 del 1981), con riferimento alle procedure e ai termini, ad eccezione dell'articolo 16 che disciplina il pagamento in forma ridotta.

 

Viene dunque esclusa la possibilitā, prevista in generale dalla legge n. 689/81 come alternativa alla contestazione della sanzione, di procedere al pagamento in misura ridotta (c.d. oblazione amministrativa). Tale istituto consente al contravventore, entro 60 giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi č stata, dalla notificazione degli estremi della violazione, di pagare una somma pari alla terza parte del massimo della sanzione o, se pių favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo, oltre alle spese del procedimento.

 

La disposizione innova quindi la disciplina dettata dal citato D.M. 24 gennaio 2014 non prevedendo alcun importo minimo dell'operazione per l'applicabilitā della sanzione.

 

In particolare, la disposizione individua nel Prefetto competente per territorio l'autoritā che riceve il rapporto redatto dal funzionario o dall'agente che ha accertato la violazione (articolo 17 della legge n. 689 del 1981, recante "Modifiche al sistema penale").

La norma in esame prevede quindi l'applicabilitā della disciplina sugli atti di accertamento di cui all'articolo 13, comma 1, della legge n. 689 del 1981. Tale norma stabilisce che gli organi addetti al controllo sull'osservanza delle disposizioni per la cui violazione č prevista una sanzione amministrativa pecuniaria, per l'accertamento delle violazioni di rispettiva competenza, possano assumere informazioni e procedere a ispezioni di cose e di luoghi diversi dalla privata dimora, a rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ad ogni altra operazione tecnica.

Inoltre, sempre il comma aggiuntivo 4-quater prevede (mediante il richiamo all'articolo 13, comma 4 della medesima legge n. 689 del 1981) che gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possano provvedere all'accertamento della violazione.  Questi ultimi possono procedere, previa autorizzazione motivata e quando non sia possibile acquisire altrimenti gli elementi di prova, a perquisizioni in luoghi diversi dalla privata dimora.


 

Articolo 24
(Proroga gare scommesse e Bingo)

 

 

L'articolo 24 proroga al 30 giugno 2020 e al 30 settembre 2020 i termini per indire le gare relative, rispettivamente, all'attribuzione delle concessioni di raccolta delle scommesse e del Bingo. In entrambi i casi vengono prorogate, a titolo oneroso, le concessioni in essere, prevedendo un aumento delle somme da versare annualmente in caso di proroga delle concessioni di raccolta delle scommesse.  

 

Al riguardo la relazione illustrativa chiarisce che le disposizioni in esame sono conseguenti alla sospensione, da parte del Consiglio di Stato, del parere obbligatorio da rendere sugli atti di gara. Il Consiglio di Stato ha infatti reso due pareri interlocutori (n. 257 e 258 del 2019) con i quali ha sospeso la pronuncia dei pareri sugli atti di gara relativi alle scommesse e al Bingo, nelle more degli adempimenti dell’amministrazione richiedente.

 

Ciō premesso, il comma 1 dell'articolo 24 modifica la legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018), che prevede l’attribuzione (articolo 1, comma 1048) con gara, da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, delle concessioni di raccolta delle scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi, ivi compresi gli eventi simulati, per un introito previsto almeno pari a 410 milioni di euro.

Con la modifica in esame, il termine per indire tale gara viene prorogato dal 30 settembre 2018 al 30 giugno 2020.

 

L'Agenzia delle dogane e dei monopoli, nel rispetto dei princėpi e delle regole europee e nazionali, attribuisce le concessioni mediante procedura aperta, competitiva e non discriminatoria, nel rispetto delle condizioni giā previste all'articolo 1, comma 932, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilitā 2016):

a)   durata della concessione di nove anni, non rinnovabile, per la raccolta, esclusivamente in rete fisica, di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi, ivi inclusi le scommesse su eventi simulati ed i concorsi pronostici su base sportiva ed ippica, presso punti di vendita aventi come attivitā prevalente la commercializzazione di prodotti di gioco pubblici, fino a un numero massimo di 10.000 diritti, e presso punti di vendita aventi come attivitā accessoria la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici, fino ad un massimo di 5.000 diritti, di cui fino a un massimo di 1.000 diritti negli esercizi in cui si effettua quale attivitā principale la somministrazione di alimenti e bevande;

b)  base d'asta non inferiore ad euro 32.000 per ogni punto di vendita avente come attivitā principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici e ad euro 18.000 per ogni punto di vendita avente come attivitā accessoria la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici;

c)   in caso di aggiudicazione, versamento della somma offerta entro la data di sottoscrizione della concessione;

d)  possibilitā di partecipazione per i soggetti che giā esercitano attivitā di raccolta di gioco in uno degli Stati dello Spazio economico europeo, avendovi la sede legale ovvero operativa, sulla base di valido ed efficace titolo abilitativo rilasciato secondo le disposizioni vigenti nell'ordinamento di tale Stato.

 

La legge di bilancio 2018, inoltre, ha previsto la proroga delle concessioni di raccolta delle scommesse in essere, nonché della titolaritā dei punti di raccolta regolarizzati dalle leggi di stabilitā 2015 (legge n. 190 del 2014) e 2016, a fronte del versamento della somma annuale di 6.000 euro per diritto afferente ai punti vendita aventi come attivitā principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici, compresi i punti di raccolta regolarizzati, e di 3.500 euro per ogni diritto afferente ai punti vendita aventi come attivitā accessoria la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici.

Con la modifica in esame viene prorogato dal 31 dicembre 2019 al 31 dicembre 2020 il termine per le concessioni in essere e la titolaritā dei punti di raccolta regolarizzati. Vengono inoltre aumentate le somme da versare annualmente in relazione alla proroga delle concessioni: da 6.000 a 7.500 euro, per i punti vendita in cui il gioco pubblico costituisce l'attivitā principale, e da 3.500 a 4.500 euro per i punti vendita in cui costituisce attivitā accessoria.

 

Il comma 2 modifica l’articolo 1, comma 636 della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilitā 2014), ai sensi del quale l'Agenzia delle dogane e dei monopoli attribuisce le concessioni di gioco per la raccolta del Bingo dopo la loro scadenza secondo procedure di selezione concorrenziale, per perseguire il tendenziale allineamento temporale di tali concessioni, con riferimento alle concessioni in scadenza negli anni dal 2013 al 2019 e per un introito almeno pari a 73 milioni di euro.  La medesima legge di stabilitā 2014 ha previsto, con riferimento al Bingo, una gara per l'attribuzione di 210 concessioni.

Con la modifica in esame:

§  viene prorogato dal 30 settembre 2018 al 30 settembre 2020 il termine per indire tale gara;

§  le concessioni in scadenza nel 2020 sono incluse nel novero di quelle oggetto di attribuzione, secondo le richiamate norme.

 

La relazione illustrativa del Governo chiarisce che in entrambi i casi (e cioč la proroga delle scommesse di cui al comma 1 e del Bingo di cui al comma 2) la proroga č prevista a titolo oneroso per i concessionari. Con riferimento al Bingo, l'onerositā della proroga deriva dai criteri direttivi dettati dal comma 636 della legge di stabilitā 2014 in relazione alla gara da indire.

In particolare, i principi dettati dal comma 636 sono i seguenti:

a) introduzione del principio dell'onerositā delle concessioni per la raccolta del gioco del Bingo e fissazione nella somma di 350.000 euro della soglia minima corrispettiva per l'attribuzione di ciascuna concessione;

b) durata delle concessioni pari a nove anni, non rinnovabile;

c) versamento della somma di 7.500 euro, per ogni mese ovvero frazione di mese superiore ai quindici giorni, oppure di euro 3.500 per ogni frazione di mese inferiore ai quindici giorni, da parte del concessionario in scadenza che intenda altresė partecipare al bando di gara per l'attribuzione della concessione, per ogni mese ovvero frazione di mese di proroga del rapporto di concessione scaduto e comunque fino alla data di sottoscrizione della nuova concessione, anche successivamente alla scadenza dei termini ivi previsti, e il divieto di trasferimento dei locali per tutto il periodo della proroga fatta eccezione per i concessionari che, successivamente al termine del 31 dicembre 2016, si trovino nell'impossibilitā di mantenere la disponibilitā dei locali per cause di forza maggiore e, comunque, non a loro imputabili o per scadenza del contratto di locazione oppure di altro titolo e che abbiano la disponibilitā di un altro immobile, situato nello stesso comune, nel quale trasferirsi, ferma, comunque, la valutazione dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli;

d) all'atto dell'aggiudicazione, versamento della somma offerta ai sensi della lettera a) entro la data di sottoscrizione della concessione;

d-bis) possibilitā di partecipazione per i soggetti che giā esercitano attivitā di raccolta di gioco in uno degli Stati dello Spazio economico europeo, avendovi la sede legale ovvero operativa, sulla base di valido ed efficace titolo abilitativo rilasciato secondo le disposizioni vigenti nell'ordinamento di tale Stato;

e) determinazione nella somma complessiva annua di 300.000 euro dell'entitā della garanzia bancaria ovvero assicurativa dovuta dal concessionario, per tutta la durata della concessione, a tutela dell'Amministrazione statale, durante l'intero arco di durata della concessione, per il mantenimento dei requisiti soggettivi ed oggettivi, dei livelli di servizio e di adempimento delle obbligazioni convenzionali pattuite.

 


 

Articolo 25
(Termine per la sostituzione degli apparecchi da gioco)

 

 

L'articolo 25 proroga il termine a partire dal quale non č pių possibile rilasciare nulla osta per gli apparecchi amusement with prizes - AWP di “vecchia generazione”, fissandolo al nono mese successivo alla data di pubblicazione del decreto ministeriale recante le regole tecniche di produzione dei nuovi apparecchi, che consentono il gioco pubblico da ambiente remoto (cd. AWPR). Il termine ultimo per la dismissione degli apparecchi AWP č invece prorogato al dodicesimo mese successivo alla data di pubblicazione del medesimo decreto.  

 

Si ricorda preliminarmente che l’articolo 1, comma 943, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilitā 2016) ha stabilito che, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, venga disciplinato il processo di evoluzione tecnologica degli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (regio decreto n. 773 del 1931).

Si tratta di apparecchi da divertimento e intrattenimento idonei per il gioco lecito cosiddetti amusement with prizes (AWP o new slot).

La medesima norma stabiliva inoltre che i nulla osta per gli AWP non potessero pių essere rilasciati dopo il 31 dicembre 2017, identificando l'ulteriore termine del 31 dicembre 2019 per la dismissione degli APW.

A partire dal 1š gennaio 2017, infatti, possono essere rilasciati solo nulla osta per apparecchi di nuova generazione, che consentono il gioco pubblico da ambiente remoto (cd. AWPR).

Tale modalitā presuppone l’utilizzo della connessione in rete come strumento di controllo che puō, tra l’altro, inibire l’utilizzo delle macchine da gioco in particolari fasce orarie, prevedere l'attivazione di specifici alert contenenti avvertenze sui rischi connessi alla ludopatia, ridurre i rischi di manomissione dei contenuti di gioco e consentire una maggiore tracciabilitā, grazie all’archiviazione digitale di ogni attivitā di manutenzione.

L’articolo 1, comma 943, della legge di stabilitā 2016 collegava la riduzione degli AWP all’introduzione graduale nel mercato degli apparecchi di nuova generazione AWPR, stabilendo che tra il 2017 e il 2019 si realizzasse una riduzione del numero dei nulla osta.

Tale riduzione č stata accelerata con il successivo intervento, recato dall'articolo 6-bis del decreto legge n. 50 del 2017, che ha delegato le modalitā di riduzione a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro il 31 luglio 2017, fissando il numero massimo dei nulla osta rilasciabili. In attuazione di tale disposizione, č stato adottato il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 25 luglio 2017 (Gazzetta Ufficiale n. 204 del 1 settembre 2017), che ha anticipato la riduzione nei tempi di conclusione e ne ha aumentato la portata pari al 34,9 per cento degli apparecchi, rispetto al 30 per cento previsto dalla legge di stabilitā 2016.

La delega relativa all'introduzione graduale nel mercato di nuovi modelli di apparecchi AWPR č tuttavia rimasta inattuata e, di conseguenza, l'articolo 1, comma 1098, della legge n. 148 del 2018 (legge di bilancio 2019) ha prorogato al 31 dicembre 2019 la data a partire dalla quale non sarebbe stato pių possibile rilasciare nulla osta per gli apparecchi di “vecchia generazione” (AWP) e al 31 dicembre 2020 il termine ultimo per la dismissione dei medesimi apparecchi.

Secondo quanto rappresentato nella relazione illustrativa del Governo, l'iter per l'adozione del un decreto ministeriale delegato dalla legge di stabilitā 2016, contenente le regole tecniche di produzione degli APWR, non si č ancora concluso.

 

Di conseguenza, l'articolo in esame proroga il termine a partire dal quale non č pių possibile rilasciare nulla osta per gli apparecchi AWP di “vecchia generazione”, fissandolo al nono mese successivo rispetto alla data di pubblicazione del decreto ministeriale contenete le regole tecniche di produzione dei nuovi apparecchi che consentono il gioco pubblico da ambiente remoto (cd. AWPR).

Il termine ultimo per la dismissione degli apparecchi AWP č invece prorogato al dodicesimo mese successivo alla data di pubblicazione del medesimo decreto.

 

 


 

Articolo 26
(Prelievo erariale unico sugli apparecchi da intrattenimento)

 

 

L'articolo 26 incrementa, dal 10 febbraio 2020, la misura del prelievo erariale unico (PREU) sugli apparecchi da intrattenimento, fissate rispettivamente al 23 per cento per le new slot e al 9 per cento per le videolottery.

 

Gli apparecchi da divertimento e intrattenimento idonei per il gioco lecito identificati dall'articolo 110, comma 6, lettera a), i cosiddetti amusement with prizes (AWP o new slot) e lettera b), le cosiddette videolottery (VLT), del regio decreto n. 773 del 1931 (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) sono soggetti all'applicazione del prelievo erariale unico (PREU) sull'ammontare delle somme giocate.

 

Le aliquote del PREU sono state oggetto di recenti interventi normativi con i quali sono state incrementate le misure del prelievo (articolo 9, comma 6, del decreto legge n. 87 del 2018; articolo 1, comma 1051, della legge n. 145 del 2018; articolo 27, comma 2, del decreto legge n. 4 del 2019).

Prima dell'entrata in vigore del decreto legge in esame, l’aliquota PREU per le AWP era pari al 21,6 per cento della raccolta e quella delle VLT era pari al 7,9 per cento della raccolta, con ulteriori aumenti giā definiti a decorrere dal 1° gennaio 2020 (21,68 per cento e 7,93 per cento) e 1° gennaio 2021 (21,75 per cento e 8 per cento).

 

L'articolo in esame stabilisce, a decorrere dal 10 febbraio 2020 una nuova misura per le due aliquote del PREU, che vengono fissate, rispettivamente, al 23 per cento per gli AWP e al 9 per cento per le VLT.

Le aliquote vigenti, rispettivamente, del 21,6 per cento e del 7,9 per cento si applicano fino al 9 febbraio 2020

 

A decorrere dal 10 febbraio 2020, pertanto, l'aliquota prevista viene aumentata dell’1,32% per le AWP e dell’1,07% per le VLT.

Con riferimento al 2021, invece, l’aumento č pari all’1,25% per le AWP e all’1% per le VLT.


 

Articolo 27
(Registro unico degli operatori del gioco pubblico)

 

 

L'articolo 27 istituisce il Registro unico degli operatori del gioco pubblico presso l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, a decorrere dall’esercizio 2020. L'iscrizione al Registro costituisce titolo abilitativo all'esercizio di attivitā legate al gioco pubblico ed č disposta (e rinnovata annualmente) dall'Agenzia, previa verifica del possesso da parte dei richiedenti di specifici requisiti e condizioni, anche finanziari. L’esercizio di qualsiasi attivitā funzionale alla raccolta di gioco in assenza di iscrizione al Registro, determina l'applicazione di una sanzione amministrativa di 10.000 euro e l’impossibilitā di iscriversi al Registro per i successivi 5 anni. Sono previste sanzioni anche per i concessionari di gioco pubblico che intrattengano rapporti contrattuali funzionali all'esercizio delle attivitā di gioco con soggetti diversi da quelli iscritti nel Registro.

 

L'articolo 27, comma 1, del decreto legge in esame istituisce il Registro unico degli operatori del gioco pubblico presso l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, a decorrere dall’esercizio 2020. Il Registro č istituito all’esplicito scopo di contrastare le infiltrazioni della criminalitā organizzata nel settore dei giochi e la diffusione del gioco illegale, nonché di perseguire un razionale assetto sul territorio dell’offerta di gioco pubblico.

 

L'iscrizione al Registro costituisce titolo abilitativo per i soggetti che svolgono attivitā legate al gioco pubblico ed č obbligatoria anche per i soggetti che giā esercitano tali attivitā (comma 2).

 

Il comma 3 specifica le diverse categorie di operatori tenuti all'iscrizione:

§  produttori, proprietari e possessori (o detentori a qualsiasi titolo) di apparecchi da divertimento e intrattenimento idonei per il gioco lecito identificati dall'articolo 110, comma 6, lettera a), i cosiddetti amusement with prizes (AWP o new slot) e lettera b), le cosiddette videolottery (VLT), del regio decreto n. 773 del 1931 (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), per i quali l'Agenzia delle dogane e dei monopoli rilascia il nulla osta e il codice identificativo univoco (lettera a) del comma 3). Ai fini dell'iscrizione, il successivo comma 4 prevede il versamento di una somma pari a 2.500 euro per i produttori, 500 euro per i proprietari e 200 euro per i possessori o detentori a qualsiasi titolo;

§  concessionari per la gestione della rete telematica degli apparecchi e terminali da intrattenimento che siano altresė proprietari degli apparecchi e terminali AWP e VLT (lettera b) del comma 3). Ai fini dell'iscrizione, il successivo comma 4 prevede il versamento di una somma pari a 10.000 euro da parte di tali soggetti;

§  produttori, proprietari e possessori (o detentori a qualsiasi titolo) degli apparecchi meccanici ed elettromeccanici di cui all’articolo 110, comma 7, lettere a), c), c-bis) e c-ter) del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (lettera c) del comma 3). Ai fini dell'iscrizione, il successivo comma 4 prevede il versamento di una somma pari a 2.500 euro per i produttori, 500 euro per i proprietari e 200 euro per i possessori o detentori a qualsiasi titolo;

§  concessionari del gioco del Bingo (lettera d) del comma 3). Ai fini dell'iscrizione, il successivo comma 4 prevede il versamento di una somma pari a 10.000 euro da parte di tali soggetti;

§  concessionari di scommesse su eventi ippici, sportivi e non sportivi e su eventi simulati (lettera e) del comma 3). Ai fini dell'iscrizione, il successivo comma 4 prevede il versamento di una somma pari a 3.000 euro da parte di tali soggetti;

§  titolari di punti vendita dove si accettano scommesse su eventi ippici, sportivi e non sportivi, su eventi simulati e concorsi pronostici sportivi, nonché i titolari dei punti per la raccolta scommesse regolarizzati da specifici atti normativi e i titolari dei punti di raccolta ad essi collegati (lettera f) del comma 3). Ai fini dell'iscrizione, il successivo comma 4 prevede il versamento di una somma pari a 200 euro da parte di tali soggetti;

§  concessionari dei giochi numerici a quota fissa e a totalizzatore (lettera g) del comma 3). Ai fini dell'iscrizione, il successivo comma 4 prevede il versamento di una somma pari a 10.000 euro da parte di tali soggetti;

§  titolari dei punti di vendita delle lotterie istantanee e dei giochi numerici a quota fissa e a totalizzatore (lettera h) del comma 3). Ai fini dell'iscrizione, il successivo comma 4 prevede il versamento di una somma pari a 200 euro da parte di tali soggetti;

§  concessionari del gioco a distanza (lettera i) del comma 3). Ai fini dell'iscrizione, il successivo comma 4 prevede il versamento di una somma pari a 10.000 euro da parte di tali soggetti;

§  titolari dei punti di ricarica dei conti di gioco a distanza (lettera l) del comma 3). Ai fini dell'iscrizione, il successivo comma 4 prevede il versamento di una somma pari a 200 euro da parte di tali soggetti;

§  produttori delle piattaforme dei giochi a distanza e di piattaforme per eventi simulati (lettera m) del comma 3). Ai fini dell'iscrizione, il successivo comma 4 prevede il versamento di una somma pari a 2.500 euro da parte di tali soggetti;

§  societā di corse che gestiscono gli ippodromi (lettera n) del comma 3). Ai fini dell'iscrizione, il successivo comma 4 prevede il versamento di una somma pari a 3.000 euro da parte di tali soggetti;

§  allibratori (lettera o) del comma 3). Ai fini dell'iscrizione, il successivo comma 4 prevede il versamento di una somma pari a 500 euro da parte di tali soggetti;

§  ogni altro soggetto non ricompreso fra quelli appena citati che svolge, sulla base di rapporti contrattuali continuativi con i medesimi, qualsiasi altra attivitā funzionale o collegata alla raccolta del gioco, individuato con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, che fissa anche l’importo della somma da versare ai fini dell'iscrizione (lettera p) del comma 3).

 

L’iscrizione al Registro č disposta dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli (comma 4) e deve essere rinnovata annualmente (comma 5). Ai fini dell'iscrizione, l'Agenzia svolge previa verifica del possesso da parte dei richiedenti di:

§  licenze previste testo unico delle leggi di pubblica sicurezza per l'esercizio di attivitā alberghiera e di ristoro verso il pubblico (articolo 86) e per l'esercizio delle scommesse (articolo 88);

§  autorizzazioni e concessioni necessarie ai sensi delle specifiche normative di settore;

§  certificazione antimafia prevista dalla disciplina vigente.

 

L'Agenzia verifica inoltre l'avvenuto versamento della somma annuale che gli operatori, a seconda della categoria di appartenenza, sono tenuti a corrispondere. I soggetti che operano in pių ambiti di gioco sono tenuti al versamento di una sola somma d’iscrizione. I soggetti che svolgono pių ruoli nell’ambito della filiera del gioco essendo, ad esempio, concessionari del gioco e, al contempo, titolari di punti di vendita o raccolta, sono tenuti al versamento della somma pių alta fra quelle previste per le categorie in cui operano. Il comma 6 dell'articolo in esame specifica che l’omesso versamento della somma d'iscrizione puō essere regolarizzato, prima che la violazione sia accertata, con il versamento di un importo pari alla somma dovuta maggiorata di un importo pari al 2 per cento per ogni mese o frazione di mese di ritardo.

 

Il comma 7 delega a un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la definizione delle disposizioni applicative relative alla tenuta del Registro, all'iscrizione e alla cancellazione dallo stesso, nonché ai tempi e alle modalitā di effettuazione del versamento della somma d'iscrizione.

 

Il comma 8 stabilisce le sanzioni per l’esercizio di qualsiasi attivitā funzionale alla raccolta di gioco in assenza di iscrizione al Registro, disponendo in tale caso l'applicazione di una sanzione amministrativa di 10.000 euro e l’impossibilitā di iscriversi al Registro per i successivi 5 anni.

 

Il comma 9 dispone il divieto per i concessionari di gioco pubblico di intrattenere rapporti contrattuali funzionali all'esercizio delle attivitā di gioco con soggetti diversi da quelli iscritti nel Registro. In caso di violazione di tale divieto č stabilita una sanzione amministrativa pecuniaria di 10.000 euro e la risoluzione di diritto del rapporto contrattuale. Qualora la medesima violazione venga reiterata per tre volte nell'arco di un biennio č stabilita la revoca della concessione.

 

Il comma 10, infine, abroga, a decorrere dall’effettiva entrata in vigore del Registro unico degli operatori del gioco pubblico, l’elenco di cui all’articolo 1, comma 533, della legge n. 266 del 2005, al quale sono iscritti gli operatori del settore degli apparecchi da gioco con vincita in denaro (c.d. “Albo R.I.E.S.”).

Tali soggetti (circa 60.000 secondo la relazione tecnica del Governo) sono destinati a confluire, insieme agli altri operatori del gioco pubblico (stimati in 115.000 soggetti complessivi dalla medesima Relazione tecnica), nel Registro unico.

 


 

Articolo 28
(Blocco dei pagamenti a soggetti senza concessione)

 

 

L'articolo 28 vieta alle societā emittenti carte di credito e agli operatori bancari, finanziari e postali di trasferire somme di denaro ad operatori di gioco illegali che operano sul territorio nazionale. La violazione del divieto comporta l'irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria. Sono di conseguenza abrogate le norme che ponevano, in capo ai medesimi soggetti, l’obbligo di segnalazione degli operatori irregolari all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

 

Le disposizioni in esame sono finalizzate esplicitamente a favorire la tracciabilitā dei pagamenti e a contrastare l'evasione fiscale e le infiltrazioni della criminalitā organizzata.

I soggetti destinatari della norma sono, come accennato, le societā emittenti carte di credito, gli operatori bancari, finanziari e postali. Essi hanno l'obbligo di non effettuare trasferimenti di somme in denaro a soggetti che offrono illegalmente giochi, scommesse o concorsi pronostici, con vincite in denaro, per via di reti telematiche o di telecomunicazione, sul territorio nazionale. Si tratta dei soggetti privi di concessione, autorizzazione, licenza o altro titolo autorizzatorio o abilitativo non sospeso.

 

La sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione di tale obbligo č compresa da trecentomila a un milione e trecentomila euro per ciascuna violazione accertata ed č irrogata dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli competente per il territorio ove il trasgressore ha il suo domicilio fiscale.

Le modalitā di attuazione e la decorrenza delle disposizioni sono fissate con uno o pių provvedimenti interdirigenziali del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro e dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli.

La nuova disciplina abroga e sostituisce quanto stabilito in materia dall'articolo 24, commi da 29 a 31, del decreto-legge n. 98 del 2011. 

 

Tali commi disponevano l'obbligo - nei confronti dei medesimi soggetti destinatari della norma in esame - di segnalare il trasferimento di somme verso operatori di gioco illegali. In particolare il comma 29 - in conformitā con quanto stabilito dalle norme sui giochi contenute (commi da 11 a 26) nell'articolo 24 della legge 7 luglio 2009, n. 88 (legge comunitaria 2008) - imponeva alle societā emittenti carte di credito, agli operatori bancari, finanziari e postali di segnalare telematicamente all’AAMS i dati identificativi di coloro che dispongono trasferimenti di denaro a favore di operatori di gioco illegali. Di conseguenza il comma 30 dettava misure sanzionatorie (di tipo pecuniario, variabili da trecentomila a un milione e trecentomila euro) per le emittenti inadempienti, mentre il comma 31 affidava ad uno pių provvedimenti interdirigenziali successivi del Ministero dell'economia e delle finanze e dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato la definizione delle modalitā attuative di tali disposizioni.

 

Su tale materia si veda il dossier "La disciplina dei giochi" ed il temaweb dedicato ai giochi.

 


 

Articolo 29
(Potenziamento dei controlli in materia di giochi)

 

 

L'articolo 29 autorizza la costituzione di un Fondo, di importo non superiore a 100.000 euro annui, da destinare alle operazioni di gioco a fini di controllo da parte di agenti sotto copertura, per prevenire il gioco da parte di minori, impedire l'esercizio abusivo del gioco con vincita in denaro e contrastare l'evasione fiscale e l'uso di pratiche illegali.

 

In particolare, l'unico comma dell'articolo in esame autorizza in primo luogo l'Agenzia delle dogane e dei monopoli a costituire, con risorse proprie, un fondo di importo non superiore a 100.000 euro annui da destinare a operazioni di gioco a fini di controllo. La finalitā della misura consiste nel prevenire il gioco da parte dei minori, impedire l'esercizio abusivo del gioco con vincita in denaro, contrastare l'evasione fiscale e l'uso di pratiche illegali in elusione del monopolio pubblico del gioco. La costituzione del fondo e il suo utilizzo sono disciplinati con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli.

Il personale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli č quindi autorizzato a effettuare operazioni di gioco a distanza o presso locali in cui si effettuano scommesse o sono installati apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettere a) e b) del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza di cui al regio decreto n. 773 del 1931, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine alle eventuali violazioni in materia di gioco pubblico (cd. agente sotto copertura).

La relazione illustrativa chiarisce infatti che, in base ai risultati delle indagini svolte dalla magistratura e dalle forze di polizia, č stato appurato che molte violazioni avvengono usando procedure e accorgimenti tecnici molto difficili da accertare. L'impiego di agenti sotto copertura potrebbe pertanto facilitare l'accertamento degli illeciti.

 

Tale facoltā č estesa anche alla Polizia di Stato, all’Arma dei carabinieri e al Corpo della Guardia di finanza, ciascuno dei quali puō attingere al medesimo fondo, previo concerto con le competenti strutture dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli.

Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli sono previste le disposizioni attuative e contabili per l’utilizzo del fondo, stabilendo che le eventuali vincite conseguite dal predetto personale nell'esercizio delle attivitā di cui al presente articolo siano riversate al fondo medesimo.

 

Gli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettere a) e b) del regio decreto n. 773 del 1931 sono quelli che, dotati di attestato di conformitā alle disposizioni vigenti rilasciato dal MEF - Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e obbligatoriamente collegati alla rete telematica, si attivano con l'introduzione di moneta metallica ovvero con appositi strumenti di pagamento elettronico definiti con provvedimenti del MEF - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, nei quali insieme con l'elemento aleatorio sono presenti anche elementi di abilitā, che consentono al giocatore la possibilitā di scegliere, all'avvio o nel corso della partita, la propria strategia, selezionando appositamente le opzioni di gara ritenute pių favorevoli tra quelle proposte dal gioco, il costo della partita non supera 1 euro, la durata minima della partita č di quattro secondi e che distribuiscono vincite in denaro, ciascuna comunque di valore non superiore a 100 euro, erogate dalla macchina. Le vincite, computate dall'apparecchio in modo non predeterminabile su un ciclo complessivo di non pių di 140.000 partite, devono risultare non inferiori al 75 per cento delle somme giocate. In ogni caso tali apparecchi non possono riprodurre il gioco del poker o comunque le sue regole fondamentali (articolo 110, comma 6, lettera a)).

Si tratta inoltre (articolo 110, comma 6, lettera b)) degli apparecchi facenti parte della rete telematica che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa. Per tali apparecchi, con regolamento del MEF di concerto con il Ministro dell'interno sono definiti, tenendo conto delle specifiche condizioni di mercato:

1) il costo e le modalitā di pagamento di ciascuna partita;

2) la percentuale minima della raccolta da destinare a vincite;

3) l'importo massimo e le modalitā di riscossione delle vincite;

4) le specifiche di immodificabilitā e di sicurezza, riferite anche al sistema di elaborazione a cui tali apparecchi sono connessi;

5) le soluzioni di responsabilizzazione del giocatore da adottare sugli apparecchi;

6) le tipologie e le caratteristiche degli esercizi pubblici e degli altri punti autorizzati alla raccolta di giochi nei quali possono essere installati gli apparecchi di cui alla presente lettera.

 

La disposizione in esame riprende quasi interamente quella contenuta nell'articolo 10, comma 1, del decreto-legge n. 16 del 2012, recante "Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento", che viene tuttavia riformulata in quanto antecedente all'accorpamento dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato con l'Agenzia delle dogane avuto luogo dal 1° dicembre 2012.

Si segnala in proposito che la disposizione abrogata demandava a un regolamento emanato dal MEF, di concerto con i Ministri dell'interno, della giustizia e della difesa, la disciplina, nel rispetto di quanto disposto dagli articoli 51 del codice penale e 9 della legge n. 146 del 2006 (si veda infra), in quanto compatibili, delle modalitā dispositive sulla base delle quali il predetto personale impegnato nelle attivitā sotto copertura poteva effettuare le operazioni di gioco.

 

L'articolo 51 del codice penale dispone che l'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autoritā esclude la punibilitā.

Se un fatto costituente reato č commesso per ordine dell'autoritā, del reato risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine.

Risponde del reato altresė chi ha eseguito l'ordine, salvo che, per errore di fatto, abbia ritenuto di obbedire a un ordine legittimo.

Non č punibile chi esegue l'ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimitā dell'ordine.

L'articolo 9 della legge 146 del 2006 disciplina compiutamente le cause che conducono alla non punibilitā degli agenti delle Forze dell’ordine che commettono reati in quanto agenti sotto copertura, nel caso di specifiche operazioni di polizia e al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine a una serie di delitti.


 

Articolo 30
(Requisiti titolari concessioni)

 

 

L'articolo 30 vieta agli operatori economici che hanno commesso violazioni definitivamente accertate degli obblighi di pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali di essere titolari o condurre esercizi commerciali, locali o altri spazi all'interno dei quali sia offerto gioco pubblico.

Le norme inoltre estendono il divieto di partecipazione a gare o di rilascio o rinnovo o mantenimento di concessioni in materia di giochi pubblici anche al caso in cui, per le societā partecipate da fondi di investimento o assimilati, l’imputazione riguardi il titolare o il rappresentante legale o negoziale ovvero il direttore generale della societā di gestione del fondo per uno dei reati tributari contro la pubblica amministrazione o contro il patrimonio specificamente individuati ex lege.

 

In particolare, il comma 1 dell'articolo in esame dispone che non possono essere titolari o condurre esercizi commerciali, locali o altri spazi all'interno dei quali sia offerto gioco pubblico gli operatori economici che hanno commesso violazioni definitivamente accertate agli obblighi di pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali secondo quanto previsto dall’articolo 80, comma 4, del decreto legislativo n. 50 del 2016 (Codice dei contratti pubblici).

Quest'ultimo dispone l'esclusione dalla partecipazione a una procedura d'appalto di un operatore economico che abbia commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti. Si considerano gravi violazioni quelle che comportano un omesso pagamento di imposte e tasse superiore all'importo di 5.000 euro (di cui all'articolo 48-bis, commi 1 e 2-bis del d.P.R. n. 602 del 1973). Si considerano inoltre violazioni definitivamente accertate quelle contenute in sentenze o atti amministrativi non pių soggetti ad impugnazione. Costituiscono gravi violazioni in materia contributiva e previdenziale quelle ostative al rilascio del documento unico di regolaritā contributiva (DURC), di cui al decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 30 gennaio 2015, ovvero delle certificazioni rilasciate dagli enti previdenziali di riferimento non aderenti al sistema dello sportello unico previdenziale. L'esclusione non si applica quando l'operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe, purché il pagamento o l'impegno siano stati formalizzati prima della scadenza del termine per la presentazione delle domande.

 

L'articolo in esame fa riferimento a violazioni senza specificare che debbano essere di grave entitā, come invece č richiesto dall'articolo 80, comma 4, del decreto legislativo n. 50 del 2016 richiamato.

 

Rimane fermo quanto previsto dall’articolo 24, comma 28, del decreto-legge n. 98 del 2011, ai sensi del quale non possono essere titolari o condurre esercizi commerciali, locali o altri spazi all'interno dei quali sia offerto gioco pubblico, persone fisiche nei cui confronti sia stata applicata con provvedimento definitivo una delle misure di prevenzione previste dal codice antimafia (libro I, titolo I, capo II del D.Lgs. n. 159 del 2011).

 

Il comma 2 dell'articolo in esame novella l’articolo 24, comma 25, del decreto-legge n. 98 del 2011, il quale prevede che non possa partecipare a gare o a procedure ad evidenza pubblica né ottenere il rilascio o rinnovo o mantenimento di concessioni in materia di giochi pubblici il soggetto il cui titolare o il rappresentante legale o negoziale, ovvero il direttore generale o il soggetto responsabile di sede secondaria o di stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti, risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, ovvero imputato per uno dei delitti previsti nel medesimo comma 25. Si tratta di alcuni reati tributari (dichiarazione fraudolenta), di delitti contro la pubblica amministrazione (tra cui peculato, concussione e corruzione, abuso d'ufficio) e contro il patrimonio (tra cui usura, ricettazione, riciclaggio). Il medesimo divieto si applica anche al soggetto partecipato, anche indirettamente, in misura superiore al 2 per cento del capitale o patrimonio da persone fisiche che risultino condannate, anche con sentenza non definitiva, ovvero imputate, per uno dei predetti delitti, nonché nel caso in cui la condanna, ovvero l'imputazione o la condizione di indagato sia riferita al coniuge non separato.

 

Con le modifiche in esame il divieto viene esteso al caso in cui, per le societā partecipate da fondi di investimento o assimilati, l'imputazione o la condizione di indagato riguardi il titolare o il rappresentante legale o negoziale ovvero il direttore generale della societā di gestione del fondo.


 

Articolo 31
(Omesso versamento dell'imposta unica)

 

 

L'articolo 31 affida a un provvedimento dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli la chiusura dei punti vendita in cui sono offerti al pubblico scommesse e concorsi pronostici, se il relativo concessionario č debitore d'imposta unica in base a sentenza anche non definitiva.

L’Agenzia delle dogane e dei monopoli diffida coloro che risultino inadempienti, in tutto o in parte, al versamento di quanto dovuto a titolo di imposta unica e, in caso di mancato versamento nei termini di cui al primo periodo, procede all’escussione delle garanzie prestate.

 

Il comma 1 individua la finalitā della disposizione nella necessitā di contrastare la diffusione del gioco irregolare ed illegale, l'evasione, l'elusione fiscale e il riciclaggio nel settore del gioco, nonché di assicurare l'ordine pubblico e la tutela del giocatore ed evitare fenomeni di alterazione della concorrenza.

Fermi restando i poteri e le competenze del Questore, nonché i divieti e le sanzioni vigenti in materia di offerta al pubblico di gioco, con provvedimento dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli si dispone la chiusura dei punti vendita nei quali si offrono al pubblico scommesse e concorsi pronostici qualora il soggetto che gestisce il punto di vendita risulti debitore d’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse (di cui al decreto legislativo n. 504 del 1998) in base a una sentenza, anche non definitiva, la cui esecutivitā non sia sospesa. La chiusura diventa definitiva con il passaggio in giudicato della sentenza di condanna.

La disposizione si applica altresė ai punti vendita dei soggetti per conto dei quali l'attivitā č esercitata, che risultino debitori d’imposta unica anche in via solidale con il soggetto gestore del punto vendita.

 

L'imposta unica, istituita dal decreto legislativo del 23 dicembre 1998, n. 504, si applica ai concorsi pronostici e alle scommesse di qualunque tipo, relativi a qualunque evento, anche se svolto all'estero. Le aliquote sono variabili fra i vari tipi di gioco; la base imponibile per i concorsi pronostici č costituita dall'ammontare della somma corrisposta dal concorrente per il gioco al netto di diritti fissi e compensi ai ricevitori, mentre per le scommesse č costituita dall'ammontare della somma giocata per ciascuna scommessa.

I soggetti passivi dell'imposta sono coloro i quali gestiscono, anche in concessione, i concorsi pronostici e le scommesse.

L'articolo 4 del decreto legislativo n. 504 stabilisce le aliquote, differenziate per i concorsi pronostici (26,80 per cento) e per diverse categorie di scommesse a totalizzazione (20 per cento) e a quota fissa (con aliquote che variano fra il 2 e l'8 per cento su eventi diversi dalle corse dei cavalli e per le scommesse con modalitā di interazione diretta tra i singoli giocatori).

Per ogni tipo di scommessa ippica a totalizzatore e a quota fissa (salvo la scommessa a totalizzatore sulle corse dei cavalli denominate Vincente nazionale e Accoppiata nazionale) l'aliquota č pari al 15,70 per cento della quota di prelievo stabilita per ciascuna scommessa.

Da ultimo, la legge di bilancio 2019 ha disposto che a decorrere dal l° gennaio 2019, l'imposta unica sia stabilita:

a) per i giochi di abilitā a distanza con vincita in denaro e per il gioco del bingo a distanza, nella misura del 25 per cento delle somme che, in base al regolamento di gioco, non risultano restituite al giocatore;

b) per le scommesse a quota fissa, escluse le scommesse ippiche, nelle misure del 20 per cento, se la raccolta avviene su rete fisica, e del 24 per cento, se la raccolta avviene a distanza, applicata sulla differenza tra le somme giocate e le vincite corrisposte;

c) per le scommesse a quota fissa su eventi simulati di cui all'articolo 1, comma 88, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nella misura del 22 per cento della raccolta al netto delle somme che, in base al regolamento di gioco, sono restituite in vincite al giocatore.

La stessa legge di bilancio 2019 ha inoltre disposto la soppressione, a decorrere dal 1° luglio 2019, dell'imposta unica sui concorsi pronostici sportivi (gli attuali Totocalcio, IL9 e Totogol, in via di soppressione) e sulle scommesse a totalizzatore sportive e non sportive. In attesa della riforma dei concorsi pronostici sportivi prevista dalla stessa legge di bilancio 2019, da attuarsi con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, viene altresė stabilito che a partire dal 1š luglio 2019, e sino all'entrata in vigore del provvedimento richiamato, la ripartizione della posta di gioco per i concorsi pronostici sportivi e per le scommesse a totalizzatore sportive e non sportive č cosė stabilita:

a)   montepremi: 75 per cento;

b)   compenso del concessionario: 5 per cento;

c)   punto vendita a titolo di aggio: 8 per cento;

d)   societā Sport e Salute Spa per le attivitā citate: 12 per cento.

 

Il provvedimento dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli contiene l’invito al pagamento, entro trenta giorni dalla notifica, di quanto dovuto per effetto della sentenza di condanna e l’intimazione alla chiusura se, decorso il periodo previsto, non sia fornita prova dell’avvenuto pagamento. L’Agenzia delle dogane e dei monopoli avvisa senza ritardo il competente Comando della Guardia di Finanza per procedere all’esecuzione della chiusura. In caso di violazione della chiusura dell’esercizio, il soggetto sanzionato č punito con la sanzione amministrativa da diecimila a trentamila euro, oltre alla chiusura dell’esercizio in forma coattiva. In caso di sentenza favorevole al contribuente successiva al versamento del tributo, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli dispone il rimborso delle somme dovute, come risultanti dalla sentenza, entro novanta giorni dal deposito.

 

La relazione illustrativa motiva la disposizione considerando che il mancato pagamento dell'imposta unica, oltre a far venire meno il rapporto fiduciario con il concessionario, č suscettibile di produrre situazioni di "concorrenza sleale" da parte dei concessionari inadempienti rispetto agli operatori regolari.

 

Il comma 2 dell'articolo in esame mira ad attribuire all'Agenzia delle dogane e dei monopoli ulteriori mezzi per il recupero dell'imposta unica. Si dispone infatti che l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, nell’ambito dell’attivitā ordinaria di controllo dei pagamenti da parte dei soggetti obbligati, procede a diffidare coloro che risultino inadempienti, in tutto o in parte, al versamento di quanto dovuto a titolo di imposta unica oltre a sanzioni ed interessi entro trenta giorni. In caso di mancato versamento nei termini di cui al primo periodo, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli procede all’escussione delle garanzie prestate in base ai regimi convenzionali previsti. Il soggetto obbligato č tenuto a reintegrare la garanzia entro novanta giorni dall’escussione, a pena di decadenza della concessione.

In base alla legislazione previgente (articolo 24, commi 4 e 6, del decreto-legge n. 98 del 2011), l'Amministrazione procedeva all'escussione delle garanzie presentate dal concessionario ai sensi della convenzione di concessione soltanto a seguito di iscrizione nei ruoli delle somme dovute in base ai controlli automatizzati effettuati dall'Amministrazione medesima.


 

Articolo 32
(IVA scuole guida)

 

 

L'articolo 32 interviene a limitare il perimetro delle prestazioni didattiche esenti dall'imposta sul valore aggiunto (IVA) specificando che in tale perimetro non ricade l'insegnamento finalizzato a conseguire le patenti di guida delle categorie B e C1. Sono fatti salvi i comportamenti difformi adottati dal contribuente anteriormente alla data di entrata in vigore della presente disposizione. La disposizione consente tuttavia alle autoscuole di posticipare al 30 giugno 2020 l'adempimento degli obblighi di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri.

 

La modifica in esame mira ad adeguare l’ordinamento interno a quello comunitario a seguito della recente sentenza della Corte di giustizia UE 14 marzo 2019, C-449/17 che ha chiarito la corretta interpretazione dell'articolo 132 paragrafo 1, lettere i) e j), della direttiva 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE relativa alle esenzioni IVA. La sentenza precisa che l'esenzione riguarda soltanto l'educazione dell'infanzia o della gioventų, l'insegnamento scolastico o universitario, la formazione o la riqualificazione professionale, nonché le prestazioni di servizi e le cessioni di beni con essi strettamente connesse, effettuate da enti di diritto pubblico aventi lo stesso scopo o da altri organismi riconosciuti dallo Stato membro interessato come aventi finalitā simili, nonché le lezioni impartite da insegnanti a titolo personale e relative all'insegnamento scolastico o universitario. Secondo la Corte, in particolare, l'esenzione IVA non si applica all’insegnamento della guida automobilistica impartito da una autoscuola, ai fini dell’ottenimento delle patenti di guida per i veicoli delle categorie B e C1, di cui all’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 2006/126. Secondo la Corte di Giustizia tale insegnamento, pur avendo ad oggetto varie conoscenze di ordine pratico e teorico, resta comunque un insegnamento specialistico che non equivale, di per sé stesso, alla trasmissione di conoscenze e di competenze aventi ad oggetto un insieme ampio e diversificato di materie, nonché al loro approfondimento e al loro sviluppo, caratterizzanti l’insegnamento scolastico o universitario.

 

Con risoluzione n. 79/E, l'Agenzia delle entrate ha fornito indicazioni volte a tener conto del pronunciamento della Corte, ritenendo quindi superate precedenti indicazioni di segno contrario fornite dall'Agenzia stessa nel 1998 e nel 2005. Si chiederebbe in particolare alle singole autoscuole, stante l'efficacia ex tunc delle sentenze interpretative della Corte di giustizia UE e la diretta applicabilitā delle stesse negli Stati membri:

i)    di emettere una nota di variazione in aumento con indicazione dell'IVA originariamente non esposta;

ii)  di redigere una dichiarazione annuale IVA integrativa relativa a ciascuna delle annualitā precedenti ancora accertabili, in cui indicare il debito IVA derivante dall'applicazione dell'imposta a tutte le operazioni sin qui considerate esenti, e avendo cura di recuperare in detrazione tutta l'IVA sugli acquisti originariamente non detratta per effetto dell'applicazione del c.d. "pro-rata di indeducibilitā";

iii) di determinare il conguaglio (a debito o credito) per ciascuna annualitā e disporre il relativo versamento senza tuttavia l'applicazione delle sanzioni e degli interessi, per effetto del "principio di affidamento".

 

Intervenuti in audizione il 24 ottobre alla Camera dei deputati, i rappresentanti della Confederazione autoscuole riunite e consulenti automobilistici (Confarca) e dell'Unione nazionale autoscuole studi consulenza automobilistica (Unasca) hanno chiesto che la risoluzione dell'Agenzia delle entrate venga rettificata ? in quanto ne deriverebbero effetti ritenuti ingiusti per i contribuenti rientranti nella categoria rappresentata e per i clienti degli stessi ? ovvero, in alternativa, che si intervenga con un provvedimento legislativo.

 

Il comma 1 dell'articolo in esame novella l'articolo 10, comma 1, lettera 20) del d.P.R. n. 633 del 1972 che stabilisce l'esenzione dall'imposta sul valore aggiunto delle prestazioni educative. Per effetto di tale novella, l'esenzione non riguarda pių le "prestazioni didattiche di ogni genere" ma viene limitata alle prestazioni d'insegnamento scolastico o universitario. Rimane quindi impregiudicata l'esenzione delle prestazioni educative dell'infanzia e della gioventų, le prestazioni per la formazione, l'aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, comprese le prestazioni relative all'alloggio, al vitto e alla fornitura di libri e materiali didattici, nonché le lezioni relative a materie scolastiche e universitarie impartite da insegnanti a titolo personale.

 

Il comma 2 stabilisce che le prestazioni d’insegnamento scolastico o universitario esenti dall'IVA, cioč quelle di cui all’articolo 10, comma 1, n. 20) del d.P.R. n. 633 del 1972, cosė come modificato dal comma 1, non comprendono l’insegnamento della guida automobilistica ai fini dell’ottenimento delle patenti di guida per i veicoli delle categorie B e C1.

La relazione illustrativa chiarisce che il comma 2 recepisce in modo espresso il dispositivo della citata sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea. La formazione per l'ottenimento delle altre categorie di patenti di guida puō essere esente da IVA in quanto queste patenti sono ordinariamente preordinate all’esercizio di una attivitā professionale.

 

Il comma 3 stabilisce che sono fatti salvi i comportamenti difformi adottati dai contribuenti anteriormente alla data di entrata in vigore della presente disposizione, per effetto della sentenza Corte di Giustizia dell'Unione europea.

 

Si valuti l’opportunitā di chiarire la disposizione in esame in quanto non chiarisce se siano fatti salvi i comportamenti dei contribuenti che hanno assoggettato a IVA le prestazioni delle scuole guida, ovvero, al contrario, se siano fatti salvi i comportamenti dei contribuenti che non hanno assoggettato le prestazioni.

 

Il comma 4 dispone la soppressione dell'articolo 2, lettera q), del d.P.R. n. 696 del 1996, lettera che esonera le prestazioni didattiche, finalizzate al conseguimento della patente, rese dalle autoscuole, dall'obbligo di certificazione fiscale dei corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi. Il comma in esame stabilisce quindi che per tali prestazioni didattiche le autoscuole, tenute alla memorizzazione elettronica e trasmissione  telematica  dei  dati  dei corrispettivi giornalieri ai sensi dell'articolo 2,  comma  1,  del  decreto legislativo n. 127 del  2015, possono, fino al 30 giugno 2020, documentare i corrispettivi mediante il rilascio della  ricevuta  fiscale  di  cui all'articolo 8 della legge n. 249 del 1976, ovvero dello scontrino fiscale di cui alla legge n. 18 del 1983, con l'osservanza delle relative discipline.

Come chiarito dalla relazione illustrativa, la disposizione in esame riconduce le autoscuole nell'ambito dei soggetti obbligati alla trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri, prevedendo tuttavia che l'obbligo di trasmissione telematica decorra dal 30 giugno 2020 per tener conto del tempo necessario all'adeguamento dei sistemi tecnici e informatici.

 

Il comma 5, infine, fissa l'entrata in vigore al 1° gennaio 2020.


 

Articolo 33
(Sospensione adempimenti connessi ad eventi sismici)

 

 

articolo 33 differisce al 16 gennaio 2020 la ripresa dei versamenti sospesi fino al 30 settembre 2019 per i contribuenti (persone fisiche non titolari di partita IVA e soggetti titolari di partita IVA) interessati dal sisma del 26 dicembre 2018 che ha colpito alcuni comuni della provincia di Catania.

 

In particolare il comma 1 prevede che i contribuenti aventi alla data del 26 dicembre 2018, la residenza, ovvero, la sede legale o la sede operativa, nel territorio dei comuni di Aci Bonaccorsi, Aci Catena, Aci Sant’Antonio, Acireale, Milo, Santa Venerina, Trecastagni, Viagrande e Zafferana  Etnea, che hanno usufruito della sospensione dei termini dei versamenti tributari scadenti nel periodo  dal 26 dicembre 2018 al 30 settembre 2019 (disposta del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 25 gennaio 2019) eseguono i predetti versamenti, senza applicazione di sanzioni e interessi, in unica soluzione entro il 16 gennaio 2020, ovvero a decorrere dalla stessa data mediante rateizzazione fino a un massimo di diciotto rate mensili di pari importo da versare entro il 16 di ogni mese.

 

Il citato decreto del 5 febbraio 2019 ha disposto per i cittadini che avevano la residenza alla data del 26 dicembre 2018 nel territorio dei comuni di Aci Bonaccorsi, Aci Catena, Aci Sant'Antonio, Acireale, Milo, Santa Venerina, Trecastagni, Viagrande e Zafferana Etnea, nonché per i soggetti titolari di partita IVA aventi la sede legale o sede operativa nei territori dei comuni richiamati, la sospensione dei termini dei versamenti e degli adempimenti tributari, inclusi quelli derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione scadenti nel periodo compreso tra il 26 dicembre 2018 e il 30 settembre 2019. Il decreto stabiliva che gli adempimenti e i versamenti oggetto di sospensione devono essere effettuati in unica soluzione entro il 31 ottobre 2019 e che la sospensione non si applica alle ritenute che devono essere operate e versate dai sostituti d'imposta.

 

La norma specifica che gli adempimenti tributari, diversi dai versamenti, non eseguiti per effetto della sospensione, sono effettuati entro il mese di gennaio 2020.

 

Il comma 2 dispone la copertura finanziaria del costo del differimento della sospensione dei versamenti (valutato in 9,2 milioni di euro per l’anno 2019).


 

Articolo 34
(Compartecipazione comunale al gettito accertato)

 

 

articolo 34 proroga all’anno 2021 l’attribuzione ai comuni dell'incentivo previsto per la partecipazione all'attivitā di accertamento tributario, pari al 100 per cento del riscosso a titolo di accertamento nell’anno precedente, a seguito delle segnalazioni qualificate trasmesse da tali enti.

 

Tale incentivo č stato da ultimo esteso al 2019 dall’articolo 4, comma 8-bis del decreto-legge n. 193 del 2016 (che ha modificato il decreto-legge n. 138 del 2011; articolo 1, comma 12- bis)

 

Si ricorda che, in applicazione del principio di sussidiarietā e al fine di rafforzare gli strumenti della lotta all’evasione fiscale, il legislatore ha complessivamente previsto un maggior coinvolgimento degli Enti territoriali nell’attivitā di accertamento e riscossione.

Per quanto concerne i comuni, l’articolo 1, comma 1 del decreto-legge n. 203/2005 disponeva in origine l’attribuzione a tali enti di una quota pari al 30 per cento delle maggiori somme riscosse con il concorso dei medesimi. Tale ammontare č stato poi elevato al 50 per cento dall'articolo 2, comma 10, lettera b), del d.lgs. n. 23 del 2011 (cd. federalismo municipale) e, successivamente, dall’articolo 1, comma 12-bis, del decreto-legge 138 del 2011, che ha assegnato ai comuni, per gli anni 2012, 2013 e 2014, l’intero maggior gettito ottenuto a seguito dell’intervento svolto dall’ente stesso nell’attivitā di accertamento, anche se si tratta di somme riscosse a titolo non definitivo e fermo restando il successivo recupero delle stesse ove rimborsate ai contribuenti a qualunque titolo.

Con la legge di stabilitā 2015 (comma 702 della legge n. 190 del 2014) per il triennio 2015-2017 la predetta quota era stata fissata nella misura del 55 per cento; secondo tale assetto normativo, ai Comini sarebbe spettato un ammontare inferiore a quello temporaneamente attribuito nel triennio precedente (2012-2014), ancorché in misura pių elevata (55 per cento anziché 50 per cento) di quanto stabilito, in via ordinaria, dalla legge (D.Lgs. n. 23 del 2011).

L’articolo 10, comma 12-duodecies, del decreto-legge n. 192 del 2014, modificando il decreto-legge n. 138 del 2011, ha disposto il riconoscimento (in origine fino al 2017) ai comuni il 100 per cento delle maggiori somme riscosse per effetto della partecipazione dei comuni stessi all'azione di contrasto all'evasione.


 

Articolo 35
(Deducibilitā interessi passivi)

 

 

articolo 35 modifica, ampliandolo, l’ambito operativo delle norme che consentono la deducibilitā IRES senza i limiti di legge (articolo 96 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi - TUIR) degli interessi passivi sui prestiti utilizzati per finanziare progetti infrastrutturali pubblici a lungo termine.

 

L’articolo 96 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi - TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986) detta disposizioni che limitano la deducibilitā degli interessi passivi per i soggetti IRES. In estrema sintesi, si prevede che gli interessi passivi e gli oneri assimilati siano deducibili sino a concorrenza degli interessi attivi e proventi assimilati e, per l’eccedenza, nel limite del 30% del risultato operativo lordo – ROL della gestione caratteristica.

L’eventuale eccedenza degli interessi passivi rispetto al predetto limite č indeducibile, ma puō essere portata in diminuzione dal reddito dei periodi successivi fino a concorrenza del ROL, a specifiche condizioni. In sostanza gli interessi passivi e gli oneri indeducibili in un determinato periodo di imposta concorrono a formare il reddito negli esercizi successivi, a patto che il ROL del relativo periodo sia capiente.

Il Decreto Legislativo n. 142 del 2018, che ha recepito nell’ordinamento italiano la direttiva 2016/1164/UE (cd. direttiva ATAD 1 – Anti Tax Avoidance), adottata dalla Commissione UE per introdurre nei Paesi membri misure uniformi volte a contrastare l’elusione fiscale, ha modificato la predetta disciplina della deducibilitā degli interessi passivi. Per effetto delle nuove norme, i limiti di legge si applicano anche agli interessi capitalizzati, introducendo una nuova definizione degli interessi passivi e degli oneri assimilati rilevanti a fini fiscali. E’ stata resa riportabile in avanti anche l’eccedenza di interessi attivi rispetto a quelli passivi ed č stato adottato un concetto di ROL basato sulla normativa fiscale, in luogo di quella contabile.

 

Il comma 8 dell’articolo 96 prevede che siano esclusi dai limiti di deducibilitā gli interessi passivi e gli oneri finanziari che presentino tutte le seguenti caratteristiche:

§  sono relativi a prestiti, utilizzati per finanziare un progetto infrastrutturale pubblico a lungo termine, che non sono garantiti né da beni appartenenti al gestore del progetto infrastrutturale pubblico diversi da quelli afferenti al progetto infrastrutturale stesso, né da soggetti diversi dal gestore del progetto infrastrutturale pubblico;

§  il soggetto gestore del progetto infrastrutturale pubblico a lungo termine č residente, ai fini fiscali, in uno Stato dell'Unione europea;

§  i beni utilizzati per la realizzazione del progetto infrastrutturale pubblico a lungo termine e quelli la cui realizzazione, miglioramento, mantenimento costituiscono oggetto del progetto si trovano in uno Stato dell'Unione europea.

Le norme (comma 9 dell’articolo 96) recano specifiche modalitā di individuazione degli interessi passivi riguardanti i predetti progetti. Se il progetto infrastrutturale pubblico a lungo termine č caratterizzato da un regime di segregazione patrimoniale rispetto alle altre attivitā e passivitā del gestore, o il prestito utilizzato per finanziare tale progetto č rimborsato esclusivamente con i flussi finanziari attivi generati dal progetto stesso, gli interessi passivi e oneri finanziari assimilati esclusi dai limiti di deducibilitā sono quelli che maturano sui prestiti oggetto di segregazione patrimoniale o su quelli destinati esclusivamente al finanziamento del progetto e rimborsati solo con i flussi generati da esso. Sono altresė indicate le modalitā di calcolo del ROL: esso viene determinato senza tenere conto del valore e dei costi della produzione afferenti al progetto infrastrutturale pubblico a lungo termine (comma 10).

 

Ai sensi del previgente comma 11, ai fini dell’esclusione dai limiti agli interessi passivi posti dall’articolo 96 TUIR, per progetto infrastrutturale pubblico a lungo termine si intende il progetto rientrante tra quelli cui si applicano le disposizioni della Parte V del Codice Appalti (decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50), che si occupa di infrastrutture e insediamenti prioritari.

Le modifiche in esame (nuovo comma 11, lettera a)) mantengono ferma la definizione rilevante di progetto infrastrutturale pubblico a lungo termine, tramite rinvio alla Parte V del Codice degli Appalti.

 

Il Governo, nella relazione illustrativa, ricorda che il finanziamento dei progetti infrastrutturali pubblici di interesse generale č solitamente attuato attraverso gli schemi operativi tipici della finanza di progetto, che prevedono la costituzione, da parte dell’aggiudicatario della gara pubblica, di una societā di progetto, per effettuare la segregazione patrimoniale del progetto rispetto alle altre attivitā e passivitā. Le societā di progetto possono essere costituite anche al fine di realizzare gli interventi inseriti nel Piano triennale dei lavori pubblici, di cui all’articolo 21, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016 (Codice degli appalti). I finanziamenti alla societā di progetto, nella prassi di mercato, sono garantiti da varie forme che confluiscono nel c.d. security package e sono, comunque, richieste a fronte di prestiti destinati a finanziare esclusivamente il progetto infrastrutturale pubblico.

 

Con le modifiche in esame viene tuttavia chiarito (novellato comma 11, lettera b) che, nel caso di costituzione di una societā di progetto strumentale alla segregazione patrimoniale rispetto ad attivitā e passivitā non afferenti al progetto infrastrutturale, sono integralmente deducibili gli interessi passivi e gli oneri finanziari relativi ai prestiti stipulati dalla societā di progetto, anche se assistiti da garanzie diverse dai beni appartenenti al gestore del progetto e afferenti al progetto stesso – diverse da quelle individuate all’articolo 96, comma 8, lettera a) TUIR - utilizzati per finanziare progetti infrastrutturali pubblici mediante contratti di concessione e di partenariato pubblico privato, di cui alle Parti III, IV e V, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

Si ricorda che, ai sensi della richiamata lettera a) del comma 8, affinché gli interessi passivi siano deducibili senza limiti, essi devono riguardare prestiti non garantiti da beni appartenenti al gestore del progetto infrastrutturale pubblico diversi da quelli afferenti al progetto infrastrutturale stesso, né da soggetti diversi dal gestore del progetto infrastrutturale pubblico.

Le modifiche in esame, ai fini della libera deducibilitā degli interessi passivi, individuano tra i finanziamenti rilevanti quelli utilizzati per finanziare progetti infrastrutturali pubblici rientranti (oltre che nella parte V del Codice degli appalti) anche nelle Parti III e IV dello stesso Codice, relative ai contratti di concessione e di partenariato pubblico privato.

 


 

Articolo 36
(Incentivi Conto Energia)

 

 

articolo 36 interviene sul divieto di cumulo degli incentivi alla produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici - riconosciuti dal III, IV e V “Conto energia” - con la detassazione fiscale per investimenti ambientali prevista dalla Legge finanziaria 2001. Si prevede, in particolare, che i soggetti interessati dalle misure possano mantenere il diritto a beneficiare delle tariffe incentivanti riconosciute dal Gestore dei Servizi Energetici, subordinatamente alla restituzione di una somma relativa ai benefici fiscali goduti ai sensi della Legge finanziaria 2001. I soggetti che intendono avvalersi della definizione di cui sopra devono presentare apposita comunicazione all'Agenzia delle entrate, indicando l'eventuale pendenza di giudizi aventi ad oggetto il recupero delle agevolazioni non spettanti in virtų del divieto di cumulo e l'impegno a rinunciare agli stessi giudizi. La definizione si perfeziona con il pagamento degli importi dovuti entro il 30 giugno 2020.

Resta ferma la facoltā di agire in giudizio per coloro che non ritengono di avvalersi della facoltā di cui alla norma in esame.

 

Appare opportuno sottolineare che le agevolazioni tariffarie e fiscali in questione sono state giā riconosciute ai beneficiari e ad esse, attualmente, non č pių possibile accedere. La norma in esame intende dunque definire posizioni giuridiche soggettive giā sorte. Infatti, dal 6 luglio 2013, gli impianti fotovoltaici non possono pių accedere alle incentivazioni del “Conto energia” e, dunque, esse allo stato continuano ad essere riconosciute solo a quegli impianti che vi hanno giā avuto accesso.

Lo stesso dicasi per la detassazione fiscale per investimenti ambientali, cd. “Tremonti ambiente”, le cui norme - articolo 6, commi da 13 a 19 della legge n. 388/2000 sono state abrogate dall’articolo 23, comma 7 del D.L. n. 83/2012. Le norme in questione avevano previsto che, a decorrere dall'esercizio 2001, la quota di reddito delle piccole e medie imprese destinata a investimenti ambientali non concorresse a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi. Conseguentemente, č stato possibile beneficiare di tale agevolazione, con riferimento agli investimenti ambientali realizzati entro la data del 25 giugno 2012 (giorno precedente all’entrata in vigore del D.L. n. 83/2012 che ha abrogato le citate norme).

Si č cosė posto, nel corso del tempo, il problema della cumulabilitā delle due forme agevolative, dato il silenzio in tal senso della normativa contenuta nella legge finanziaria 2001.

L'Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n. 58/E del 20 luglio 2016, aveva infatti ritenuto necessario chiarire che la cd. “Tremonti ambiente” dovesse ritenersi fruibile anche in presenza di altre misure di favore, salvo che le norme disciplinanti le altre misure non disponessero diversamente.

Sulla questione č cosė intervenuto il GSE, titolare del procedimento amministrativo di concessione e revoca delle tariffe incentivanti per la produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici, con un comunicato del 22 novembre 2017. In tale comunicato, il GSE ha precisato che:

§  rispetto ai primi decreti di incentivazione della produzione di energia da fonti fotovoltaiche: D.M. 28 luglio 2005 (I Conto Energia) e 19 febbraio 2007 (II Conto Energia) č possibile, alla luce delle relative disposizioni in tema di cumulabilitā, beneficiare sia dell’agevolazione fiscale di cui alla cd. “Tremonti ambiente” sia delle tariffe incentivanti riconosciute dal GSE alla produzione di energia elettrica, nei limiti del 20% del costo dell’investimento;

§  mentre, relativamente ai successivi decreti di incentivazione della produzione di energia da fonti fotovoltaiche, l’articolo 5 del D.M. 6 agosto 2010 (III Conto Energia) e gli articoli 5 e 12, rispettivamente, del D.M. 5 maggio 2011 (IV Conto Energia) e 5 luglio 2012 (V Conto Energia) stabiliscono le condizioni di cumulabilitā, elencando in modo tassativo i contributi e benefici pubblici esclusi dal divieto di cumulo, non includendo la detassazione per investimenti ambientali.

Da tali considerazioni, il GSE ha fatto derivare che la detassazione di cui alla cd. “Tremonti ambiente” non č cumulabile in alcuna misura con le tariffe incentivanti spettanti ai sensi del III, IV e V Conto Energia. Pertanto, ha specificato che, nell’ipotesi di voler continuare a godere delle tariffe incentivanti del III, IV e V Conto Energia, era necessario che il Soggetto Responsabile rinunciasse al beneficio fiscale goduto, manifestandone la volontā all’Agenzia delle Entrate secondo le modalitā e le prassi giā rese disponibili dalla stessa, entro dodici mesi successivi alla pubblicazione del comunicato (dunque, 22 novembre 2018), dando evidenza al GSE dell’avvenuta richiesta e quindi dell’effettiva rinuncia ai benefici fiscali.

 

La relazione illustrativa al decreto legge afferma che l’articolo qui in esame č dunque finalizzato a superare le problematiche applicative derivanti dal divieto di cumulo delle agevolazioni – anche al fine di superare i numerosi contenziosi che si sono instaurati sia in ambito amministrativo sia in ambito tributario – definendo, a livello normativo primario, la procedura diretta a consentire al contribuente di mantenere il diritto a beneficiare delle tariffe incentivanti versando una somma parametrata alla variazione in diminuzione effettuata in dichiarazione dei redditi.

 

Nel dettaglio, il comma 1 dell’articolo dispone che, in caso di cumulo degli incentivi alla produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici di cui ai D.M.6 agosto 2010 (III Conto energia), 5 maggio 2011 (IV Conto energia)e 5 luglio 2012 (V Conto energia) con il sistema di detassazione per investimenti ambientali realizzati da piccole e medie imprese previsto dalla legge finanziaria 2001 (articolo 6, commi da 13 a 19, L. n. 388/2000), il contribuente ha facoltā di avvalersi di quanto previsto dal successivo comma 2.

Tale disposizione prevede che il mantenimento del diritto a beneficiare delle tariffe incentivanti riconosciute dal Gestore dei Servizi Energetici alla produzione di energia elettrica č subordinato al pagamento di una somma determinata applicando alla variazione in diminuzione effettuata in dichiarazione relativa alla detassazione per investimenti ambientali l’aliquota d’imposta pro tempore vigente.

Ai sensi del comma 3, i soggetti che intendono avvalersi della definizione di cui sopra, devono presentare apposita comunicazione all'Agenzia delle entrate. Le modalitā di presentazione e il contenuto della comunicazione sono stabiliti con provvedimento del Direttore dell'Agenzia medesima, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame.

Ai sensi del comma 4, nella comunicazione il contribuente deve indicare l'eventuale pendenza di giudizi aventi ad oggetto il recupero delle agevolazioni non spettanti in virtų del divieto di cumulo e assume l'impegno a rinunciare agli stessi giudizi, i quali, dietro presentazione di copia della comunicazione e nelle more del pagamento delle somme dovute, sono sospesi dal giudice.

L'estinzione del giudizio č subordinata all'effettivo perfezionamento della definizione e alla produzione, nello stesso giudizio, della documentazione attestante i pagamenti effettuati; in caso contrario, il giudice revoca la sospensione su istanza di una delle parti.

Ai sensi del comma 5, la definizione si perfeziona con la presentazione della comunicazione e con il pagamento degli importi dovuti entro il 30 giugno 2020.

Il comma 6 lascia impregiudicata la facoltā di agire in giudizio a tutela dei propri diritti per coloro che non ritengono di avvalersi della facoltā di cui ai commi precedenti.


 

Articolo 37
(Riapertura termini prima rata definizione agevolata 2019)

 

 

articolo 37 posticipa dal 31 luglio al 30 novembre 2019 il termine per il versamento di somme dovute a titolo di definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione (cd. rottamazione-ter delle cartelle esattoriali), disciplinata dal decreto-legge n. 119 del 2018.

 

Il decreto-legge n. 119 del 2018 e la legge di bilancio 2019, legge n. 145 del 2018 (nel solco degli interventi degli anni precedenti) hanno introdotto misure complessivamente volte a consentire la chiusura delle pendenze col fisco attraverso una molteplicitā di strumenti.

In particolare, l’articolo 3 del decreto-legge n. 119 del 2018 ha disciplinato la definizione agevolata (cd. rottamazione ter), che consente di definire con modalitā agevolate, e cioč beneficiando dell'abbattimento delle sanzioni, degli interessi di mora e delle sanzioni e somme aggiuntive, i debiti risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017. Tali norme hanno inoltre consentito l’accesso alla definizione agevolata anche a chi avesse aderito alle precedenti “rottamazioni” (disposte nel 2016 e nel 2017), per la restante parte del debito.

I termini per usufruire della cd. rottamazione-ter, dunque per presentare o integrare la relativa dichiarazione di adesione, sono stati prorogati al 31 luglio 2019 dall'originario termine del 30 aprile, per effetto delle norme contenute nel decreto-legge n. 34 del 2019 (articolo 16-bis).

Per ulteriori approfondimenti su tali istituti si rinvia al sito della documentazione parlamentare e a quello dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione.

 

Pių in dettaglio, le norme in esame prorogano al 30 novembre 2019 le seguenti scadenze:

§  il termine per il pagamento in un’unica soluzione, ovvero della prima rata, delle somme dovute per l’adesione alla cd. rottamazione-ter, ovvero la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 ed il 31 dicembre 2017 (articolo 3, comma 2, lettera a) del decreto-legge n. 119 del 2018), originariamente fissato al 31 luglio 2019;

§  il termine per il pagamento in unica soluzione, ovvero della prima rata, delle somme residue dovute per la cd. rottamazione-bis (disciplinata dal decreto-legge n. 148 del 2017 e relativa ai carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio al 30 settembre 2017), previsto in origine per il 31 luglio 2019 dall’articolo 3, commi 21 e 22 del decreto-legge n. 119 del 2018.

Il richiamato comma 21 ha consentito ai debitori aderenti alla rottamazione-bis, ove avessero effettuano tempestivamente il pagamento delle rate in scadenza nel 2018, di fruire del differimento automatico del versamento delle restanti somme dovute ai medesimi fini. In sostanza, i soggetti aderenti definizione agevolata 2017, con regolari adempimenti per l’anno 2018, ha potuto usufruire della “nuova” definizione agevolata 2019 per la restante parte del debito giā “rottamato”. Il comma 22 consente il pagamento in un’unica soluzione.

Si rinvia al sito della documentazione parlamentare per ulteriori informazioni sulla rottamazione-bis;

§  il termine per il pagamento in unica soluzione, ovvero della prima rata, del quantum residuo dovuto dai soggetti aderenti alla rottamazione-bis, originariamente esclusi dalla rottamazione ter e successivamente riammessi all’agevolazione per effetto del decreto-legge n. 135 del 2018 (articolo 3, comma 23 del decreto-legge n. 119 del 2018), con criteri pių stringenti.

Il comma 23, nella sua formulazione originaria, aveva escluso dalla rottamazione-ter coloro i quali, pur avendo aderito alla rottamazione-bis (di cui al decreto-legge n. 148 del 2017), non avessero provveduto a versare integralmente le somme dovute nel 2018. Successivamente tali soggetti - con il citato decreto-legge n. 135 del 2018 - sono stati riammessi all’ultima rottamazione per il debito residuo, ma a condizioni pių severe, e cioč versando le somme dovute per la nuova definizione agevolata in un'unica soluzione entro il 31 luglio 2019, ovvero nel numero massimo di dieci rate consecutive (in luogo delle diciotto ordinariamente previste), ciascuna di pari importo, di cui la prima scadente sempre il 31 luglio 2019. Dunque per effetto delle modifiche in esame, i soggetti “riammessi” alla rottamazione beneficiano anch’essi dello slittamento del primo pagamento al 30 novembre 2019;

§  i termini di pagamento delle somme dovute, a titolo di definizione agevolata, dai soggetti residenti in zone colpite dalle calamitā naturali nel centro Italia nel corso del 2016 e del 2017 (comma 24 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 119 del 2018).

A tali soggetti č stato consentito di effettuare il pagamento delle somme dovute a titolo di definizione agevolata 2016 (ex articolo 6 del decreto-legge n. 193 del 2016) e 2017 (ex articolo 1 del decreto-legge n. 148 del 2017) in dieci rate, con scadenza originariamente prevista i1 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2019, ovvero in un’unica soluzione entro il 31 luglio 2019. La definizione agevolata opera per tutti i debiti risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 settembre 2017, indipendentemente dalle scadenze originariamente fissate dalle relative norme di riferimento. Per effetto delle modifiche operate dalle norme in commento, la scadenza della prima rata semestrale č posticipata al 30 novembre 2019, cosė come la scadenza del pagamento in unica soluzione.

Il Governo, nella relazione illustrativa, chiarisce che la norma in esame intende ristabilire paritā di trattamento tra i debitori che hanno tempestivamente presentato la dichiarazione di adesione alla c.d. rottamazione-ter entro il 30 aprile 2019 (termine cosė fissato, in origine, dal decreto-legge n. 119 del 2018), ovvero che provengono dalla c.d. rottamazione-bis, o siano stati colpiti dagli eventi sismici verificatisi nel 2016 nell’Italia Centrale, e quelli che hanno fruito della riapertura del termine di presentazione dell’istanza alla data al 31 luglio 2019 (disposta, come si č visto, dal decreto-legge n. 34 del 2019).

Il primo gruppo di soggetti avrebbero dovuto versare il quantum dovuto in unica soluzione, entro il 31 luglio 2019, ovvero nel numero massimo di rate consecutive prescelte, la prima delle quali con scadenza alla medesima data del 31 luglio (articolo 3 del decreto-legge n. 118 del 2019, commi 2, lettere a) e b), 21, 22, 23 e 24); dall’altro lato, i contribuenti che hanno usufruito della proroga al 31 luglio 2019, pur avendo aderito successivamente alla rottamazione, possono pagare la prima o unica rata entro il 30 novembre 2019 (articolo 16-bis, comma 1, lettera b) del decreto-legge n. 34 del 2019).

La disposizione in sostanza fissa per entrambi i gruppi di debitori il termine unico del al 30 novembre 2019. 


 

Articolo 38
(Imposta municipale propria piattaforme marine)

 

 

articolo 38 istituisce l’imposta municipale propria sulle piattaforme marine (IMPi) site entro i limiti del mare territoriale a partire dall’anno di imposta 2020. La tassazione č effettuata sulla base dei valori contabili. Si applica un’aliquota fissa al 10,6 per mille ripartita tra lo Stato, cui č riservato il gettito relativo alla quota ad aliquota di base del 7,6 per mille e i comuni interessati, cui viene attribuita la differenza tra il gettito complessivo e quello ad aliquota di base.

 

In particolare, il comma 1 istituisce, a decorrere dall’anno 2020, l’imposta municipale propria sulle piattaforme marine(IMPi).

 

A tal fine, il medesimo comma introduce la definizione di piattaforma marina: si tratta di una piattaforma con struttura emersa destinata alla coltivazione di idrocarburi e sita entro i limiti del mare territoriale come individuato dall’articolo 2 del Codice della Navigazione.

 

L'assoggettamento ai tributi immobiliari delle costruzioni ubicate nel mare territoriale e, in particolare, delle piattaforme petrolifere ha generato un lungo dibattito di giurisprudenza e prassi.

In estrema sintesi, si ricorda che una prima sentenza della sezione tributaria della Corte di Cassazione (sentenza del 21 febbraio 2005 n. 13794) aveva accolto le istanze degli enti locali in ordine al potere impositivo del comune sulle acque territoriali. Con una pronuncia pių specifica, la sentenza della Corte n. 3618 del 25 febbraio 2016 ha sancito l'assoggettamento delle piattaforme petrolifere alle imposte immobiliari comunali. Nella fattispecie, trattandosi di competenze fiscali relative all'anno 1999, la Corte ne ha disposto l'assoggettamento a ICI.

In particolare, la Corte ha chiarito che le piattaforme petrolifere sono e classificabili nella categoria D/7 (Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un'attivitā industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni), stante la riconducibilitā delle stesse al concetto di immobile ai fini civili e fiscali, l'idoneitā all'accatastamento e la capacitā di produrre un reddito proprio. Con riferimento a quest'ultimo punto, in particolare, la Cassazione ha ritenuto che detti manufatti hanno una propria attivitā produttiva, suscettibile di valutazione economica ed idonea a produrre un reddito funzionale allo stoccaggio e al trattamento dei prodotti estratti da immettere nelle condutture, dopo la lavorazione del materiale. A tali beni, pertanto, risulta applicabile l'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo n. 504 del 1992, il quale prevede che, per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, il valore č determinato secondo i criteri contabili.

La Corte ha ribadito inoltre la potestā degli enti locali nell'ambito del mare territoriale fino ad una distanza di 12 miglia marine; ha inoltre affermato che - anche se il mare non č ricompreso tra i beni del demanio marittimo - i beni infissi nel fondo del mare territoriale sono equiparabili a quelli del demanio marittimo, in base all'articolo 29 del codice della navigazione.

Il Governo, rispondendo all'interrogazione parlamentare 5-08070 in data 10 marzo 2016, ha rilevato che - previo approfondimento agli Uffici tecnici dell'Amministrazione finanziaria del compito di approfondire la problematica – la questione richiedeva una soluzione normativa.

Successivamente, con la risoluzione n. 3/DF del 1° giugno 2016, il Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze - sollecitato dalle associazioni di categoria – ha espresso considerazioni diverse rispetto a quanto affermato dalla Cassazione. Preliminarmente il DF ha rilevato che le piattaforme petrolifere situate nel mare territoriale presentano le caratteristiche di un immobile a destinazione speciale e particolare, che le farebbero rientrare, quali impianti, in una delle categorie catastali dei gruppi D ed E.

Il Dipartimento ha comunque ricordato che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, per effetto della legge di stabilitā 2016, la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D e E, č effettuata tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualitā e l'utilitā, nei limiti dell'ordinario apprezzamento. Ai sensi della suddetta norma, sono esclusi dalla stessa stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo. Detti nuovi criteri di determinazione della rendita catastale incidono sul calcolo della base imponibile dell'IMU e della TASI in virtų del rinvio operato alle norme in tema di IMU dall'articolo 1, comma 675, della legge di stabilitā 2014 (legge 27 dicembre 2013, n. 147) che disciplina la TASI.

Tuttavia, tali cespiti non sono oggetto di inventariazione negli atti del catasto, poiché č l'Istituto idrografico della Marina – e non l'Amministrazione del catasto e dei servizi tecnici erariali – l'Organo Cartografico dello Stato designato al rilievo sistematico dei mari italiani (di cui alla legge 2 febbraio 1960, n. 68). Il DF ha chiarito che l'IMU, ai sensi dell'articolo 13, comma 2, del decreto-legge n. 201 del 2011, ha per presupposto il possesso di immobili e che a tali fini vengono espressamente richiamate le definizioni di cui all'articolo 2 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, il quale stabilisce che per fabbricato si intende l'unitā immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano.

Il Ministero ha concluso dunque che, dal momento che tale ultima norma fa riferimento esplicito al catasto edilizio urbano, per applicare i criteri di calcolo del valore contabile di cui al menzionato articolo 5, comma 3, del D. Lgs. n. 504 del 1992 occorre uno specifico intervento normativo, atto a consentire non solo il censimento delle costruzioni (dotate di autonomia funzionale e reddituale) site nel mare territoriale, anche con riferimento alla relativa delimitazione, georeferenziazione e riferibilitā ad uno specifico Comune censuario, ma anche l'ampliamento del presupposto impositivo dell'IMU e della TASI.

Sul punto si ricorda infine che, in data 12 luglio 2016 la VI Commissione Finanze della Camera ha approvato, con distinte votazioni, tre risoluzioni dal testo analogo (7-01017 Alberti, 7-01023 Petrini e 7-01041 Paglia) intese a consentire la tassabilitā delle piattaforme petrolifere ai fini delle imposte locali sugli immobili.

 

Il comma 2, dando seguito al dibattito sopra richiamato, delinea il criterio di determinazione dell’imposta per i manufatti in questione stabilendo che si applica il richiamato articolo 5, comma 3, del d.lgs. n. 504 del 1992, il quale - come anticipato - per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, prevede il ricorso ai valori contabili. A tale norma rinvia anche la disciplina dell’IMU (articolo 13, comma 3, del decreto-legge n. 201 del 2011).

 

Ai sensi del comma 3, l’imposta č calcolata applicando l’aliquota pari al 10,6 per mille, di cui la quota di imposta risultante dall’applicazione dell’aliquota del 7,6 per mille č riservata allo Stato mentre il restante 3 per mille č destinato ai comuni interessati. Conseguentemente, č esclusa la manovrabilitā dell’imposta da parte dei comuni per la quota loro spettante.

 

Si ricorda che per quanto riguarda gli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D – ai sensi della lett. g) dell’art. 1, comma 380, della legge n. 228 del 2012 - i comuni possono aumentare sino a 0,3 punti percentuali l'aliquota IMU standard dello 0,76 per cento.

 

I comuni cui spetta il gettito dell’imposta nonché i criteri, le modalitā di attribuzione e di versamento e la quota del gettito spettante sono individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro dell’interno, il Ministro della difesa, da cui dipende l’Istituto idrografico della Marina, e con il Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi d’intesa con la Conferenza Stato-Cittā ed autonomie locali entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

Qualora l'intesa non sia raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza Stato-regioni, il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione motivata, ai sensi dell’articolo 3, comma 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (comma 4).

 

Il successivo comma 5 reca un’eccezione alla modalitā di versamento dell’IMU limitatamente all’anno 2020, poiché prevede che l’imposta venga versata in un’unica soluzione, entro il 16 dicembre, direttamente allo Stato il quale poi provvede alla redistribuzione del gettito di spettanza comunale sulla base delle risultanze del predetto decreto. A tal fine il Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento delle Finanze, comunica al Ministero dell’interno l’importo del gettito acquisito nell’esercizio finanziario 2020 di spettanza dei comuni. Per gli anni successivi i soggetti passivi devono effettuare il pagamento del tributo sia allo Stato sia al comune competente.

Il comma 6 attribuisce la potestā di accertamento e di riscossione del tributo ai comuni anche per la parte erariale, in analogia con quanto avviene per gli immobili appartenenti al gruppo catastale D, ai quali i manufatti in questione sono assimilabili.

 

Il comma 7 rinvia, per quanto non espressamente previsto alle detrazioni stabilite dall'articolo 13 del D. L. 201 del 2011 in materia di IMU, e alle altre disposizioni sulla medesima imposta in quanto compatibili.

 

L’imposta municipale (IMU), istituita e disciplinata dal d.lgs. sul federalismo municipale (d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23), č stata anticipata al 2012 dall'articolo 13 del D. L. 201 del 2011. Successivamente, la legge di stabilitā 2014 (L. 147/2013, commi 639 e seguenti) ha istituito l'Imposta Unica Comunale (IUC), che si basa su due presupposti impositivi:

§  uno costituito dal possesso di immobili e collegato alla loro natura e valore: si tratta dell'imposta municipale propria (IMU), di natura patrimoniale, dovuta dal possessore di immobili, escluse le abitazioni principali;

§  l'altro collegato all'erogazione e alla fruizione di servizi comunali: la componente riferita ai servizi, a sua volta si articola in un tributo per i servizi indivisibili (TASI), a carico sia del possessore che dell'utilizzatore dell'immobile; la tassa sui rifiuti (TARI), destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, a carico dell'utilizzatore.

Base imponibile dell'imposta municipale propria č costituita dal valore dell'immobile. In relazione alla base imponibile dei fabbricati di gruppo D non iscritti in catasto e delle aree fabbricabili viene richiamata la disciplina ICI (articolo 5, commi 1, 3, 5 e 6 del D.Lgs. 504/1992). In particolare, per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D (opifici, alberghi, teatri, ecc.) non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, fino all'anno nel quale i medesimi sono iscritti in catasto con attribuzione di rendita, il valore č determinato alla data di inizio di ciascun anno solare (ovvero, se successiva, alla data di acquisizione) dal costo risultante dalle scritture contabili al lordo delle quote di ammortamento maggiorato con l'applicazione di appositi coefficienti.

 

Si segnala che la norma richiama le “detrazioni” previste per l’IMU, sebbene la disciplina di tale imposta preveda detrazioni solo per l’abitazione principale. La relazione tecnica, tuttavia, fa pių correttamente riferimento alla deducibilitā in materia di IMU dei fabbricati strumentali prevista dal d.lgs. 23 del 2011 e recentemente rimodulata dal decreto legge n. 34 del 2019, che ne prevede la piena deducibilitā dal reddito d’impresa e dal reddito professionale a decorrere dal 2023, ferma restando l’indeducibilitā ai fini IRAP.

Occorrerebbe chiarire se il testo si riferisce a tale ultima agevolazione e, in tal caso, farvi espresso riferimento.

 

Infine, il comma 8 fa salve le disposizioni in materia di rigassificatori introdotte dal comma 728 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018) le quali stabiliscono, per tale fattispecie, che ai fini dell’individuazione della base imponibile rientra nella nozione di fabbricato, assoggettabile ad imposizione, la sola porzione del manufatto destinata ad uso abitativo e di servizi civili. Non essendo possibile l’accatastamento, anche per questi immobili si applicano i valori contabili. Il comma 7 prevede che a questa fattispecie si applichino i commi concernenti l’aliquota cui assoggettare gli immobili in questione e la relativa ripartizione (comma 3), l’individuazione del comune cui spetta il gettito (comma 4), il versamento relativo all’annualitā 2020 (comma 5) nonché il riconoscimento al comune dei poteri di accertamento e di riscossione (comma 6). 


 

Articolo 39
(Modifiche della disciplina penale
e della responsabilitā amministrativa degli enti)

 

 

articolo 39 inasprisce le pene per i reati tributari e abbassa alcune soglie di punibilitā; introduce inoltre, in caso di condanna, la confisca dei beni di cui il condannato abbia disponibilitā per un valore sproporzionato al proprio reddito (c.d. confisca allargata). La disposizione modifica, inoltre, la disciplina della responsabilitā amministrativa degli enti per prevedere specifiche sanzioni amministrative quando il reato di dichiarazione fraudolenta č commesso a vantaggio dell’ente. Le disposizioni dell’art. 39 sono destinate ad avere efficacia solo dopo la conversione in legge del decreto in commento.

 

In particolare, il comma 1 dell’articolo 39, modifica molte delle fattispecie penali previste dal decreto legislativo n. 74 del 2000, recante “Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205” e vi introduce una nuova disciplina della confisca penale.

Si ricorda che la disciplina del d.lgs. n. 74 del 2000 č stata recentemente modificata dal decreto legislativo n. 158 del 2015 (Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell'articolo 8, comma 1, della legge 11 marzo 2014, n. 23).

 

Analiticamente, le lettere a) e b) intervengono sul delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, novellando l’articolo 2, comma 1 del decreto legislativo.

 

Si tratta della disposizione che qualifica come delitto – attualmente punito con la reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni - la condotta di chiunque, per evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto (IVA), indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte, elementi passivi fittizi attraverso fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

La fattispecie penale non richiede alcuna specifica soglia di punibilitā e dunque trova applicazione qualunque sia l’ammontare di imposta evaso (sul punto v. infra)

Il comma 2 della disposizione precisa che, affinché si integri la fattispecie penale, tali fatture o documenti devono essere registrati nelle scritture contabili obbligatorie o detenuti a fine di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria.

Per effetto delle modifiche in commento la pena č elevata (lett. a): la reclusione viene infatti portata da un minimo di 4 anni a un massimo di 8 anni. Inoltre, la lett. b) inserisce un comma 2-bis in base al quale la pena č pių bassa (ovvero si mantiene la pena attuale, della reclusione da un anno e sei mesi a 6 anni) quando l’ammontare del passivo fittizio č inferiore a 100 mila euro.

Il decreto-legge prevede inoltre l’applicazione della confisca allargata (v. infra, lett. q), ma solo quando i passivi fittizi sono superiori a 100 mila euro, e la responsabilitā amministrativa dell’ente (v. infra, comma 2), a prescindere dall’ammontare dei passivi fittizi. Dunque, mentre per l’applicazione della pena pių grave č sufficiente che i passivi fittizi ammontino a 100 mila euro, per l’applicazione della confisca allargata tale cifra deve essere superata.

 

Normativa vigente

D.L. n. 124 del 2019

Dichiarazione fraudolenta
mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti
(art. 2, d.lgs. n. 74/2000)

Reclusione
da 1 anno e 6 mesi a 6 anni

Pena invariata per passivi fittizi inferiori a €100.000

 

Responsabilitā amministrativa enti: sanzione pecuniaria fino a 500 quote

Reclusione
da 4 a 8 anni per passivi fittizi uguali o superiori a €100.000

Confisca allargata per passivi fittizi superiori a €100.000

 

Il legislatore introduce dunque una soglia – 100 mila euro di false fatturazioni – superata la quale l’illecito č ritenuto di maggiore gravitā. Al di sotto di tale soglia opera la disciplina attuale.

 

Il tema della applicabilitā della fattispecie penale di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74/2000, a prescindere da una soglia di evasione fiscale, e dunque qualunque sia l’ammontare di imposta evaso č stato recentemente affrontato dalla Corte costituzionale che, con la sentenza n. 95 del 2019, ha dichiarato la norma costituzionalmente legittima.

In particolare, il giudice a quo aveva rilevato che l’articolo 2 non prevede alcuna soglia di punibilitā in relazione al delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, a differenza di quanto avviene per il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (articolo 3 del d.lgs. n. 74 del 2000) che invece prevede due distinte soglie: una riferita all’ammontare dell’imposta evasa, l’altra all’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, ovvero dei crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione dell’imposta.

La Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimitā costituzionale svolgendo le seguenti argomentazioni: anzitutto, ha premesso che la configurazione delle fattispecie criminose e la determinazione della pena costituiscono materia affidata alla discrezionalitā del legislatore, le cui scelte sono censurabili, in sede di sindacato di legittimitā costituzionale, solo ove sconfinino nella manifesta irragionevolezza o nell’arbitrio. Quindi, in relazione al caso specifico, la Corte ha rilevato che l’articolo 2 intende “isolare”, tra i mezzi fraudolenti utilizzabili a supporto di una dichiarazione mendace, uno specifico artificio ritenuto, sulla base dell’esperienza, particolarmente insidioso per gli interessi dell’erario: si tratta appunto della falsa fatturazione intesa a comprovare operazioni in tutto o in parte non eseguite – in assoluto, o dai soggetti ai quali esse vengono riferite – ovvero con corrispettivi o IVA “gonfiati”, in funzione di una indebita deduzione di costi o detrazione di imposta da parte del contribuente. L’intento del legislatore di contrastare con rigore il fenomeno si manifesta, a parere della Corte, nella mancata previsione di soglie di punibilitā per il delitto. Ciō riguarda anche le imposte dirette, peraltro, in quanto la fattura (o il documento equiparato) assolve un ruolo di rilievo, costituendo lo strumento tipico attraverso il quale il contribuente attesta il proprio diritto a dedurre voci di spesa dalla propria base imponibile o a effettuare detrazioni dall’imposta, in conformitā a quanto previsto dalla legislazione tributaria.

La Consulta non ha dunque considerato arbitraria la scelta legislativa di riservare alla fattispecie un trattamento distinto e pių severo di quello prefigurato in rapporto alla generalitā degli altri artifici dei quali si occupa l’articolo 3 del d.lgs. n. 74 del 2000, che tra l’altro costituisce una norma sussidiaria - a parere della Corte – in quanto fa esplicitamente salve le disposizioni di cui al precedente articolo 2.

 

La lettera c) innalza la pena per il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici.

 

La fattispecie si applica fuori dai casi previsti dall’art. 2 a chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente ovvero avvalendosi di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi, quando, congiuntamente:

a) l'imposta evasa č superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a 30mila euro;

b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione č superiore al 5% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque, č superiore a 1,5 milioni di euro, ovvero qualora l'ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione dell'imposta, č superiore al 5% dell'ammontare dell'imposta medesima o comunque a 30mila euro.

Il delitto č attualmente punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni e dunque con la stessa pena prevista per il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

 

Normativa vigente

D.L. n. 124 del 2019

Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici
(art. 3, d.lgs. n. 74/2000)

Reclusione
da 1 anno e 6 mesi a 6 anni

Reclusione
da 3 a 8 anni

Confisca allargata
per imposta evasa superiore a €100.000

 

Nell’innalzare la pena, il decreto-legge diversifica la gravitā tra questa fattispecie e quella di cui all’art. 2, che viene ritenuta pių grave individuando il minimo in 4 anni, in luogo dei 3 anni previsti per la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici. La lett. q) della disposizione in commento prevede poi la confisca allargata, ma solo quando l’imposta evasa č superiore a 100 mila euro (v. infra).

 

 

Le lettere d), e), f) e g) modificano l’articolo 4 del decreto legislativo n. 74 del 2000, relativo al delitto di dichiarazione infedele.

 

Questa fattispecie č stata ampiamente modificata anche dalla riforma del 2015, rispetto alla quale il decreto-legge opera una sorta di controriforma.

A legislazione vigente l’art. 4 si applica in via residuale rispetto ai delitti di dichiarazione fraudolenta di cui agli articoli 2 e 3 del d.lgs. 74/2000 e punisce con la reclusione da 1 a 3 anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti, quando, congiuntamente:

a) l'imposta evasa č superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a 150.000 euro (fino al 2015 la soglia era fissata a 50.000 euro);

b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, č superiore al 10% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, č superiore a 3 milioni di euro (fino al 2015 la soglia del valore degli elementi attivi sottratti all'imposizione era di 2 milioni).


 

La riforma del 2015 ha aggiunto due ulteriori commi in base ai quali per applicare la fattispecie non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell'esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilitā di elementi passivi reali (comma 1-bis). Inoltre, non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che, singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10% da quelle corrette e degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilitā (comma 1-ter).

 

Normativa vigente

D.L. n. 124 del 2019

Dichiarazione infedele
(art. 4, d.lgs. n. 74/2000)

1. Fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 3, č punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti, quando, congiuntamente:

1. Fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 3, č punito con la reclusione da due a cinque anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti, quando, congiuntamente:

a) l'imposta evasa č superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro centocinquantamila;

a) l'imposta evasa č superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro centomila;

b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, č superiore al dieci per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, č superiore a euro tre milioni.

b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, č superiore al dieci per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, č superiore a euro due milioni.

1-bis. Ai fini dell'applicazione della disposizione del comma 1, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell'esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilitā di elementi passivi reali.

1-bis. Identico.

1-ter. Fuori dei casi di cui al comma 1-bis, non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10 per cento da quelle corrette. Degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilitā previste dal comma 1, lettere a) e b).

Abrogato

 

Il decreto-legge, in sintesi:

§  innalza la pena della reclusione, portando il minimo da 1 a 2 anni e il massimo da 3 a 5 anni. In particolare, il massimo portato a cinque anni comporta l’astratta applicabilitā della misura della custodia cautelare in carcere (art. 280, comma 2, c.p.p.);

§  abbassa le soglie di punibilitā del reato intervenendo tanto sul valore dell’imposta evasa (da 150 mila a 100 mila euro) quanto su quello degli elementi attivi sottratti a imposizione (da 3 a 2 milioni di euro; la soglia dei 2 milioni di euro era giā prevista dall’originaria formulazione del d.lgs. n. 74/2000, in vigore fino alla riforma del 2015);

§  abroga la disposizione che esclude la punibilitā quando le valutazioni, singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10% da quelle corrette e che prevede che degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilitā (comma 1-ter);

§  consente la confisca allargata (v. infra, lett. q).

 

Le lettere h) ed i) intervengono sul delitto di omessa dichiarazione, di cui all’articolo 5 del d.lgs. n. 74/2000.

 

Si tratta della fattispecie – anch’essa modificata nel 2015 - che punisce con la reclusione da un anno e 6 mesi a 4 anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l'imposta evasa č superiore a 50.000 euro (comma 1). Stessa pena č prevista per il sostituto d’imposta che omette la dichiarazione quando l'ammontare delle ritenute non versate č superiore a 50.000 euro (comma 1-bis). Non si considera omessa la dichiarazione presentata entro 90 giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto (comma 2).

 

Il decreto-legge innalza le pene tanto per l’omessa dichiarazione del contribuente quanto per l’omissione del sostituto d’imposta: la reclusione viene portata nel minimo da 1 a 2 anni e nel massimo da 2 a 6 anni.

Si ricorda che la reclusione superiore nel massimo a 5 anni comporta la possibilitā di applicare all’indagato la misura della custodia cautelare in carcere (art. 280, co. 2, c.p.p.) ed impedisce invece l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. che esclude la punibilitā per particolare tenuitā del fatto. Inoltre, nelle indagini per tali delitti sarā possibile utilizzare le intercettazioni (art. 266, che le consente nei procedimenti per delitti non colposi puniti con la reclusione superiore nel massimo a 5 anni).

Inoltre, il decreto-legge consente in caso di condanna per questi delitti la confisca allargata (v. infra, lett. q), purché l’imposta evasa (comma 1) o le ritenute non versate (comma 1-bis) a seguito delle omesse dichiarazioni siano di importo superiore a 100 mila euro.

 

Normativa vigente

D.L. n. 124 del 2019

Omessa dichiarazione
(art. 5, co. 1 e 1-bis, d.lgs. n. 74/2000)

Reclusione
da 1 anno e 6 mesi a 4 anni

Reclusione
da 2 a 6 anni

Confisca allargata
per imposta evasa, o ritenute non versate, superiori a €100.000

 

 

Le lettere l) e m) modificano il delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 74/2000, che attualmente punisce con la reclusione da un anno e 6 mesi a 6 anni chiunque, al fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

Il decreto-legge aumenta la pena, analogamente a quanto fatto per il parallelo delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (v. sopra, modifica all’art. 2 del d.lgs. 74/2000). Inoltre, la lett. m) inserisce un comma 2-bis in base al quale la pena č pių bassa (ovvero si mantiene la pena attuale, della reclusione da un anno e sei mesi a 6 anni) quando l’importo indicato nelle fatture o nei documenti e relativo ad operazioni inesistente č inferiore, per il periodo d’imposta considerato, a 100 mila euro.

Normativa vigente

D.L. n. 124 del 2019

Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti
(art. 8, d.lgs. n. 74/2000)

Reclusione
da 1 anno e 6 mesi a 6 anni

Pena invariata per importi non veritieri inferiori a €100.000

 

Reclusione
da 4 a 8 anni
per importi non veritieri uguali o superiori a €100.000

Confisca allargata per importi non veritieri superiori a €100.000

 

Il decreto-legge prevede inoltre l’applicazione della confisca allargata (v. infra, lett. q), ma solo quando l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti č superiore a 100 mila euro. Dunque, mentre per l’applicazione della pena pių grave č sufficiente che i passivi fittizi ammontino a 100 mila euro, per l’applicazione della confisca allargata tale importo deve essere superato.

 

 

La lettera n) innalza la pena detentiva per il delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili, di cui all’art. 10 del decreto legislativo n. 74 del 2000.

 

Si tratta della fattispecie, che si applica in via residuale, ove non ricorra un pių grave reato, che punisce attualmente con la reclusione da un anno e 6 mesi a 6 anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l'evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui č obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.

 

Il decreto-legge innalza il minimo edittale da un anno e sei mesi a 3 anni e il massimo edittale da 6 a 7 anni. Per effetto della nuova disciplina introdotta dalla lettera q), cui si rinvia, anche in caso di condanna o patteggiamento per questo delitto č applicabile l’istituto della confisca allargata.

 

 

 

 

 

 

Normativa vigente

D.L. n. 124 del 2019

Occultamento o distruzione di documenti contabili
(art. 10, d.lgs. n. 74/2000)

Reclusione
da 1 anno e 6 mesi a 6 anni

Reclusione
da 3 a 7 anni

Confisca allargata

 

 

La lettera o) modifica l’art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, relativo all’omesso versamento di ritenute dovute o certificate. Senza innalzare la pena, stabilita nella reclusione da 6 mesi a 2 anni, il decreto-legge abbassa la soglia di punibilitā dell’omesso versamento dagli attuali 150.000 euro a 100.000 euro. A questo delitto non si applica la confisca allargata (v. infra).

 

Si ricorda che l’art. 10-bis punisce chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti.

 

Analogamente dispone la lettera p) in relazione all’art. 10-ter del d.lgs. n. 74/2000 per l’omesso versamento di IVA. Ferma restando la reclusione da 6 mesi a 2 anni, la fattispecie ricorre in caso di mancato versamento, entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo d'imposta successivo, dell’IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a 150.000 euro, in luogo degli attuali 250.000. Anche a questo delitto non si applica la confisca allargata (v. infra).

 

 

La lettera q) inserisce nel decreto legislativo n. 74 del 2000 l’articolo 12-ter, in forza del quale č consentita la confisca allargata.

 

Si ricorda che il d.lgs. n. 74/2000 giā prevede, all’art. 12-bis, la confisca penale obbligatoria anche per equivalente: in caso di condanna (o patteggiamento della pena) per un delitto in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto č sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non č possibile, la confisca per equivalente, cioč di beni di cui il reo ha la disponibilitā, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto. La confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario, anche in presenza di sequestro. Nel caso di mancato versamento la confisca č sempre disposta.

 

Il nuovo articolo 12-ter prevede, in caso di condanna (o patteggiamento della pena) per alcuni delitti in materia di imposte sui redditi e IVA, l’applicazione della c.d. confisca allargata di cui all’art. 240-bis del codice penale e dunque la possibilitā di confiscare denaro, beni o altre utilitā di cui il condannato non puō giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilitā a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito.

 

art. 240-bis č stato inserito nel codice penale dal d.lgs. n. 21 del 2018, in attuazione della delega sulla riserva tendenziale di codice nella materia penale (legge n. 103 del 2017) e disciplina la confisca c.d. allargata, diretta e per equivalente, giā prevista all'art. 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992.

Nella confisca allargata, che trova la sua origine nella lotta alla criminalitā organizzata, viene meno il nesso di pertinenzialitā o di continenza tra res sequestrata e reato, per aggredire invece l'intera ricchezza non giustificata ritenuta frutto dell'accumulazione illecita ai sensi di una presunzione legale. L’art. 240-bis c.p. prevede infatti che – in relazione a specifici gravi reati, tra i quali quelli attribuiti alla competenza della procura distrettuale, i delitti contro la pubblica amministrazione e alcune ipotesi di associazione a delinquere – sia sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilitā di cui il condannato non puō giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilitā a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attivitā economica. In ogni caso il condannato non puō giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale, salvo che l'obbligazione tributaria sia stata estinta mediante adempimento nelle forme di legge. La confisca allargata puō essere effettuata anche per equivalente, attraverso l’apprensione di altre somme di denaro, di beni e altre utilitā di legittima provenienza per un valore equivalente, delle quali il reo ha la disponibilitā, anche per interposta persona.

Attualmente, la confisca allargata si puō applicare in caso di condanna per uno dei seguenti reati: associazione per delinquere finalizzata alla tratta di persone (art. 416, 6° co.), riduzione o mantenimento in schiavitų o servitų, tratta di persone, acquisto e alienazione di schiavi (artt. 600, 601, 602), associazione di tipo mafioso (art. 416 bis), estorsione (art. 629), sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630), usura (art. 644), ricettazione (art. 648, 1° co.), riciclaggio (art. 648 bis), trasferimento fraudolento di valori (art. 12 quinques, 1° co., L. 7.8.1992, n. 356); ovvero per taluno dei reati relativi al traffico di sostanze stupefacenti previsti dall'art. 73 (escluse le fattispecie di lieve entitā) e dall'art. 74 t.u stupefacenti; ed inoltre per uno dei delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416 bis c.p., ovvero al fine di agevolare l'attivitā delle associazioni previste dallo stesso articolo; nonché per il delitto in materia di contrabbando nei casi di cui all'art. 295, 2° co., D.P.R. 23.1.1973, n. 43, e per delitti in materia di terrorismo anche internazionale. Inoltre, con la legge finanziaria 2007 sono stati inseriti fra i delitti sopra elencati anche quelli dei pubblici ufficiali contro la P.A. (artt. 314, 316, 316 bis, 316 ter, 317, 318, 319, 319 ter, 320, 322, 322 bis, 325); con la legge n. 99 del 2009 č stato aggiunto il delitto di cui all'art. 416, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli artt. 473, 474, 517 ter e 517 quater; con la legge n. 172 del 2012 sono stati aggiunti i delitti di cui agli artt. 600-bis, 1° co., 600-ter, 1° e 2° co., 600-quater.1, relativamente alla condotta di produzione o commercio di materiale pornografico, 600-quinquies; con la legge n. 190 del 2012 č stato aggiunto il delitto di cui all'art. 319 quater; con la legge n. 68 del 2015 sono stati aggiunti i delitti di cui agli artt. 452 quater, 452 octies, 1° co. e 260 del Codice dell’ambiente (ora art. 452-quaterdecies c.p.). Da ultimo, con la legge n. 199 del 2016 č stato inserito il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (art. 603-bis c.p.); con il d.lgs. n. 202 del 2016 sono stati inseriti il delitto di associazione per delinquere (art. 416), realizzato allo scopo di commettere i delitti previsti dagli artt. 453, 454, 455, 460, 461; il delitto di autoriciclaggio (art. 648 ter.1); il delitto di corruzione tra privati (art. 2635 c.c.); il delitto di uso indebito di carta di credito (art. 55, 9° co., D.Lgs. 21.11.2007, n. 231); i delitti di cui agli artt. 617-quinquies, 617-sexies, 635-bis, 635-ter, 635-quater, 635-quinquies quando le condotte ivi descritte riguardano tre o pių sistemi.

 

Per la giurisprudenza, la confisca allargata si basa su di Ŧun'insindacabile scelta politico criminale, una presunzione iuris tantum d'illecita accumulazione, nel senso che il provvedimento ablatorio incide su tutti i beni di valore economico non proporzionato al reddito o all'attivitā economica del condannato e dei quali questi non possa giustificare la provenienza, trasferendo sul soggetto, che ha la titolaritā o la disponibilitā dei beni, l'onere di dare un'esauriente spiegazione in termini economici (e non semplicemente giuridico-formali) della positiva liceitā della loro provenienza, con l'allegazione di elementi che, pur senza avere la valenza probatoria civilistica in tema di diritti reali, possessori e obbligazionari, siano idonei a vincere tale presunzioneŧ (cfr. Cass., Sez. I, 13.5.2008; Cass., S.U., 17.12.2003 e, pių di recente Cass., Sez. I, 6.6-30.7.2018, n. 36499).

 

La disciplina concernente il procedimento applicativo della confisca allargata e l'amministrazione dei beni č ora contenuta nelle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale (artt. 104-bis e 183-ter). Tali disposizioni consentono il sequestro preventivo dei beni confiscabili e rimandano per l’amministrazione dei beni e la tutela dei terzi al Codice antimafia (d.lgs. n. 159 del 2011, artt. 52 e ss).

 

La Cassazione ha affermato che, ai fini del sequestro preventivo di beni confiscabili, č necessario accertare, quanto al fumus commissi delicti, l'astratta configurabilitā, nel fatto attribuito all'indagato, di uno dei reati in esso indicati e, quanto al periculum in mora, la presenza di seri indizi di esistenza delle medesime condizioni che legittimano la confisca, sia per ciō che riguarda la sproporzione del valore dei beni rispetto al reddito o alle attivitā economiche del soggetto, sia per ciō che attiene alla mancata giustificazione della lecita provenienza dei beni stessi (Cass., Sez. VI, 24.3.2015, n. 26832).

 

Il decreto-legge, dunque, integra l’elenco dei delitti per i quali il legislatore consente la confisca allargata con i reati tributari di cui al d.lgs. n. 74 del 2000, che presentino specifiche caratteristiche di offensivitā.

La confisca allargata, infatti, non potrā essere applicata ai delitti di omesso versamento di ritenute (art. 10-bis) o di IVA (art. 10-ter); di contro, potrā sempre essere applicata, ai delitti di dichiarazione infedele (art. 4, d.lgs. n. 74/2000) e di occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10, d.lgs. n. 74/2000).

Per i restanti delitti disciplinati dal decreto legislativo n. 74/2000 il decreto-legge consente la confisca allargata al superamento di alcuni importi che ritiene sintomatici di una particolare offensivitā della condotta.

L’art. 12-ter, infatti, precisa che si applica l’art. 240-bis c.p. solo in caso di condanna (o patteggiamento di pena) per i seguenti delitti:

§  dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, d.lgs. n. 74/2000), quando l’ammontare degli elementi passivi fittizi č superiore a 100.000 euro. Nella stessa ipotesi si applica infatti anche la pena pių severa (reclusione da 4 a 8 anni);

§  dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3, d.lgs. n. 74/2000) e omessa dichiarazione del contribuente (art. 5, co. 1, d.lgs. n. 74/2000), quando l’imposta evasa č superiore a 100.000 euro;

§  omessa dichiarazione del sostituto d’imposta (art. 5, co. 1-bis, d.lgs. n. 74/2000) quando le ritenute non versate sono superiori a 100.000 euro;

§  emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8, d.lgs. n. 74/2000) quando l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture č superiore a 100.000 euro;

§  indebita compensazione (art. 10-quater, d.lgs. n. 74/2000) quando ha ad oggetto crediti non spettanti o inesistenti superiori a 100.000 euro.

 

Si ricorda che l’art. 10-quater punisce con la reclusione da 6 mesi a 2 anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti non spettanti, per un importo annuo superiore a 50.000 euro. Se invece i crediti sono inesistenti e superano l’importo annuo di 50.000 euro, si applica la reclusione da un anno e 6 mesi a 6 anni.

 

§  sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11, d.lgs. n. 74 del 2000) quando l’ammontare delle imposte ovvero gli elementi attivi o passivi sono diversi dagli effettivi per un importo superiore a 100.000 euro.

 

Si ricorda che l’art. 11, comma 1, punisce con la reclusione da 6 mesi a 4 anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore a 50.000 euro, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l'ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi č superiore a 200.000 euro si applica la reclusione da 1 a 6 anni. Il comma 2 punisce con la reclusione da 6 mesi a 4 anni chiunque, al fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore a 50.000 euro. Se l'ammontare č superiore a 200.000 euro si applica la reclusione da 1 a 6 anni.

 

Il comma 2 dell’articolo 39 introduce nel decreto-legislativo n. 231 del 2001 D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, sulla responsabilitā amministrativa delle persone giuridiche, la responsabilitā amministrativa delle persone giuridiche per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000 (v. sopra, lett. a) e b).

 

La disciplina della responsabilitā amministrativa delle persone giuridiche si fonda sui seguenti principi:

§  le disposizioni contenute nel d.lgs. n. 231/2001 trovano applicazione nei confronti degli Ŧenti forniti di personalitā giuridica e alle societā e associazioni anche prive di personalitā giuridicaŧ, mentre non rientrano nella sfera di apprensione della riforma lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli enti pubblici non economici nonché gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale (art. 1);

§  la responsabilitā della persona giuridica sorge per connessione con la realizzazione di un reato, compreso tra quelli espressamente indicati dal legislatore (art. 24 e ss.), da parte di una persona fisica che sia legata all'ente da un rapporto funzionale, che potrā essere di rappresentanza o di subordinazione;

§  il criterio di collegamento fra l'illecito e l'ente collettivo ha natura, per cosė dire, oggettiva, e consiste nella circostanza che il reato sia stato realizzato nell'interesse od a vantaggio dell'ente;

§  il tipo di rapporto funzionale che lega l'autore (persona fisica) del reato all'ente č determinante per individuare il criterio di imputazione soggettiva della responsabilitā dell'ente. Al riguardo, sono individuati dal legislatore due tipi di rapporto (art. 5): il rapporto di rappresentanza ed il rapporto di subordinazione. Con riferimento alla prima ipotesi, nel caso in cui cioč il reato sia stato commesso da soggetti in posizione apicale, la persona giuridica risponde dell'illecito nella misura in cui essa non sia stata in grado di provare di aver comunque adottato, prima della realizzazione del reato, misure organizzative idonee a prevenire la commissione di illeciti da parte dei suoi organi di vertice. Nell'ipotesi invece in cui l'illecito penale sia stato posto in essere da soggetto sottoposto all'altrui direzione, l'ente risponde in caso vi sia stato un deficit di sorveglianza o di organizzazione con conseguente mancato controllo del responsabile dell'illecito che ha potuto cosė commettere il reato;

§  all'ente sono applicabili sanzioni interdittive, sanzioni pecuniarie, confisca e pubblicazione della sentenza.

 

In particolare, il decreto-legge inserisce l’articolo 25-quinquiesdecies nel catalogo dei reati che in base al decreto legislativo n. 231/2001 costituiscono presupposto della responsabilitā amministrativa degli enti, prevedendo la sanzione pecuniaria fino a 500 quote per la commissione del suddetto reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Non sono previste sanzioni interdittive.

 

La sanzione pecuniaria, ai sensi dell'art. 10 del d.lgs. n. 231/2001, č applicata per quote, in un numero non inferiore a 100 né superiore a 1.000. L'importo di una quota varia da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1.549 euro. Nella commisurazione della sanzione pecuniaria (art. 11) il giudice determina il numero delle quote tenendo conto della gravitā del fatto, del grado della responsabilitā dell'ente, nonché dell'attivitā svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti. L'importo della quota č fissato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali dell'ente allo scopo di assicurare l'efficacia della sanzione.

 

La Relazione illustrativa ricollega questa disposizione anche Ŧall’esigenza di rispondere a una precisa indicazione del legislatore eurocomunitarioŧ contenuta nella c.d. Direttiva PIF.

 

Si ricorda, infatti, che la Direttiva UE 2017/1371 relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale - la cui attuazione nell’ordinamento č prevista dall’art. 3 della recente legge di delegazione europea 2018 (L. 4 ottobre 2019, n. 117) - demanda agli Stati membri di prevedere la responsabilitā delle persone giuridiche che abbiano tratto beneficio dalla consumazione di reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, qualora tali reati siano stati commessi da parte dei membri apicali delle stesse, ovvero a seguito dell’omissione di controlli da parte dei vertici societari (art. 6).

 

Infine, il comma 3 individua per le disposizioni dettate dall’art. 39 una efficacia temporale diversa da quella prevista per l’intero decreto-legge dall’art. 60 (in base al quale il D.L. entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, v. infra).

Le disposizioni dell’art. 39 relative a modifica delle norme penali (comma 1) e previsione della responsabilitā amministrative degli enti (comma 2) si applicheranno infatti solo dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del decreto-legge.

 

 


 

Articolo 40
(Eliminazione vincoli di spesa per Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. ed Equitalia
Giustizia S.p.A.)

 

 

articolo 40 č volto ad escludere la Societā Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. (RFI) e la Societā Equitalia Giustizia S.p.A. dall’applicazione di determinati vincoli ed obblighi in materia di contenimento della spesa pubblica, vigenti per le pubbliche amministrazioni.

 

In particolare, il comma 1 riguarda la Societā Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. (RFI), che viene esclusa dall’applicazione dei vincoli o obblighi di contenimento della spesa pubblica attualmente previsti a carico delle pubbliche amministrazioni, di cui all’elenco ISTAT redatto ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge di contabilitā pubblica (legge n. 196/2009)[1].

L’esclusione dai vincoli avrebbe la finalitā, indicata dalla norma, di assicurare il pieno ed efficace svolgimento delle attivitā funzionali al raggiungimento degli obiettivi istituzionali e societari attribuiti alla societā Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. (RFI).

 

Per quanto concerne le misure di contenimento delle spese attualmente gravanti sulle pubbliche amministrazioni, si ricorda che nel corso degli ultimi anni si sono stratificati numerosi interventi normativi volti sia al contenimento della spesa pubblica che ad una sua progressiva riqualificazione. Gli interventi pių numerosi riguardano il contenimento della spesa per consumi intermedi delle PA, attuato sia incidendo sulle modalitā di determinazione dei prezzi di acquisto, sia attraverso l’introduzione di limiti alla capacitā di spesa annua delle Amministrazioni (riduzione della spesa per beni e servizi, per autovetture, per incarichi di consulenza, studio e ricerca, relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicitā, missioni e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, ecc.). Ulteriori misure di contenimento sono state introdotte con riferimento alle spese per immobili (controllo delle spese annue di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili, riduzione delle spese per i canoni di locazione passiva aventi ad oggetto immobili a uso istituzionale stipulati dalle Amministrazioni centrali, ecc.), alle spese per organi collegiali ed altri organismi, nonché per i costi di personale.

Una disamina delle vigenti norme di contenimento della spesa pubblica, applicabili alle Amministrazioni statali e agli enti ed organismi pubblici, č contenuto nel quadro sinottico allegato alla Circolare del 29 aprile 2019, n. 14, con la quale si forniscono agli enti ed organismi pubblici istruzioni ai fini di un puntuale adeguamento e per una corretta gestione del bilancio di previsione per il 2019 (Allegato 1).

 

Il comma precisa inoltre che la Societā conserva autonomia finanziaria e operativa, fermo restando l’obbligo di preventiva informativa ai competenti Ministeri e autoritā, in relazione alle operazioni finanziarie che comportano una variazione dell’esposizione debitoria della societā.

 

Il comma 2 esclude la Societā Equitalia Giustizia S.p.A. dall’applicazione di alcuni vincoli di contenimento della spesa pubblica sostenuta in determinati settori dalle pubbliche amministrazioni.

La disapplicazione č limitata ad alcune misure di contenimento introdotte a decorrere dall’anno 2011 dal D.L. n. 78/2010, gravanti sulle seguenti specifiche tipologie di spesa:

§  di personale,

§  per studi ed incarichi di consulenza, inclusa quella relativa a studi ed incarichi di consulenza conferiti a pubblici dipendenti,

§  per relazioni pubbliche, convegni, mostre e pubblicitā, nonché per sponsorizzazioni,

§  per attivitā esclusivamente di formazione.

 

Nello specifico, la disapplicazione riguarda le seguenti disposizioni previste dall’articolo 6, commi 7, 11 e 13, e dall’articolo 9, commi 28 e 29, del D.L. 78/2010, che, rispettivamente, prevedono:

§  la riduzione della spesa annua delle pubbliche amministrazioni per studi ed incarichi di consulenza nel limite del 20% di quella sostenuta nel 2009 (art. 6, comma 7);

§  l’obbligo per le societā inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, rientranti nell’elenco ISTAT di cui all’art. 1, co. 3, della legge n. 196/2009, di conformarsi al principio di riduzione di spesa per studi e consulenze, per relazioni pubbliche, convegni, mostre e pubblicitā, nonché per sponsorizzazioni, come rispettivamente previste dai commi 7, 8 e 9 dell’art. 6 del D.L. n. 78/2010 (art. 6, comma 11).

§  La riduzione della spesa annua sostenuta per attivitā esclusivamente di formazione nel limite del 50% di quella sostenuta nel 2009 (art. 6, comma 13);

§  il contenimento delle spese per personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nonché per i contratti di formazione lavoro, per altri rapporti formativi, per la somministrazione di lavoro, e per il lavoro accessorio, nel limite del 50% della spesa sostenuta per le stesse finalitā nell'anno 2009 (art. 9, comma 28). Per le societā non quotate, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, controllate direttamente o indirettamente dalle P.A., č previsto l’obbligo di adeguare le loro politiche assunzionali alle disposizioni per il contenimento delle spese in materia di pubblico impiego previste dall’articolo 9 del D.L. n. 78/2010 (art. 9, comma 29).

 

Secondo quanto indicato dalla disposizione stessa, l’esclusione dai vincoli avrebbe la finalitā di agevolare e di potenziare l’attivitā svolta da Equitalia per la riscossione dei crediti di giustizia, nonché di incrementare il gettito per l’Erario derivante da tali attivitā.

 

Il comma ribadisce peraltro il principio del concorso della Societā Equitalia Giustizia S.p.A. al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica e l’obbligo di versamento all’entrata del bilancio dello Stato di un importo corrispondente ai risparmi conseguiti dall’applicazione delle suddette norme.

Per il versamento all'entrata del bilancio dello Stato dei risparmi conseguiti a seguito dell'applicazione delle indicate norme, la disposizione rinvia alla disciplina del comma 506 della legge n. 208/2015, che, con riferimento alle societā, prevede il versamento da effettuare in sede di distribuzione del dividendo, ove nel corso dell'esercizio di riferimento la societā abbia conseguito un utile e nei limiti dell'utile distribuibile ai sensi di legge. A tali fini, in sede di approvazione del bilancio di esercizio, i soggetti che esercitano i poteri dell'azionista deliberano, in presenza di utili di esercizio, la distribuzione di un dividendo almeno corrispondente al risparmio di spesa evidenziato nella relazione sulla gestione ovvero per un importo inferiore qualora l'utile distribuibile non risulti capiente.

 


 

Articolo 41, comma 1
(Fondo di garanzia PMI)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 41 dispone un rifinanziamento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di 670 milioni di euro per l'anno 2019.

 

Il Fondo di garanzia per le PMI – istituito in base all’art. 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662 del 1996 e alimentato con risorse pubbliche – garantisce o contro-garantisce operazioni, aventi natura di finanziamento ovvero partecipativa, a favore di piccole e medie imprese, nonché alle imprese cd. small mid-cap (imprese con un numero di dipendenti fino a 499), ad eccezione di quelle rientranti in determinati settori economici secondo la classificazione ATECO (ad esempio, attivitā finanziarie e assicurative).

Il Fondo, costituito presso il Mediocredito centrale, soggetto gestore, č amministrato da un Consiglio di gestione, i cui componenti sono stati rinnovati il 12 aprile 2018. Il Consiglio č costituito da un raggruppamento temporaneo di imprese formato da cinque istituti bancari: Banca del Mezzogiorno - MedioCredito Centrale S.p.A., in qualitā di soggetto mandatario capofila, Artigiancassa S.p.A., MPS Capital Services Banca per le Imprese S.p.A., Mediocredito Italiano S.p.A. e Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane S.p.A., in qualitā di mandanti.

Il Consiglio di gestione approva la situazione contabile del Fondo, la rendicontazione delle disponibilitā, gli impegni e le insolvenze alla data del 31/12 precedente e segnala al Ministero dello Sviluppo Economico la necessitā di integrazione delle risorse del Fondo

 

Il Fondo di garanzia per le PMI costituisce uno dei principali strumenti di sostegno pubblico finalizzati a facilitare l'accesso al credito delle piccole e medie imprese. Con l’intervento del Fondo, l’impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la concreta possibilitā di ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive - e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative - sugli importi garantiti dal Fondo stesso. Dal punto di vista operativo, il Fondo, infatti:

§  rilascia ai soggetti finanziatori, in primis le banche, garanzie dirette irrevocabili, incondizionate ed escutibili “a prima richiesta”, nonché

§  rilascia controgaranzie a consorzi di garanzia collettiva fidi - Confidi o altro fondo di garanzia ovvero

§  sulla base di apposita convenzione, effettua operazioni in cogaranzia con i Confidi e con gli altri Fondi di garanzia istituiti nell’ambito dell’Unione Europea o da essa cofinanziati.

Il meccanismo di funzionamento del Fondo genera – come rilevato dal MISE - un importante effetto leva, in grado di agire da moltiplicatore delle risorse pubbliche, configurandosi come un efficace strumento di politica industriale con un rapporto costi/benefici migliore di qualsiasi altra agevolazione.

In base a quanto previsto dall’art. 11, comma 4, del decreto-legge n. 185 del 2008 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009) gli interventi di garanzia del Fondo sono assistiti dalla garanzia dello Stato, quale garanzia di ultima istanza, secondo criteri, condizioni e modalitā stabilite con D.M. 25 marzo 2009.

Il Fondo, per effetto del graduale rimborso dei finanziamenti, č in grado di reimpiegare pių volte le risorse assegnate.

Quanto alla disciplina relativa alle modalitā operative del Fondo, questa č stata oggetto nel tempo di varie modifiche, finalizzate in sostanza a ad estendere i volumi di finanziamenti garantiti attraverso di esso, dunque a potenziarne l’operativitā, pur con il fine di mantenerla su livelli compatibili con gli equilibri della finanza pubblica.

In particolare, nel D.L. n. 69/2013, oltre alla previsione - contenuta nell’ articolo 1 del Decreto - di un aggiornamento dei criteri di valutazione delle imprese ai fini dell'accesso alla garanzia del Fondo e di una semplificazione delle procedure e delle modalitā di presentazione delle richieste, all’articolo 2, comma 6, come sostituito dall’articolo 18, comma 9-bis, del D.L. n. 91/2014, ha posto la base giuridica per una riforma complessiva del modello di valutazione del merito creditizio delle imprese simile ai modelli di rating utilizzati dalle banche, in sostituzione del precedente sistema di credit scoring e, dunque, per una rimodulazione delle percentuali di garanzia del Fondo in funzione della rischiositā del prenditore e della durata e tipologia di operazione finanziaria. La riforma, giā avviata nella precedente legislatura, č divenuta in questa pienamente operativa.

Le nuove disposizioni operative del Fondo, che intervengono a completamento della riforma, sono state approvate con D.M. 13 febbraio 2019 e sono entrate in vigore il 15 marzo 2019. Esse si applicano alle richieste di ammissione alla garanzia del Fondo presentate a partire da quella data. Tra le principali novitā della riforma si segnala:

§  la ridefinizione delle modalitā d’intervento che vengono articolate in garanzia diretta, riassicurazione e controgaranzia.

-      La controgaranzia in senso proprio č la garanzia concessa dal Fondo a un soggetto garante ed escutibile dal soggetto finanziatore nel caso in cui né il soggetto beneficiario né il soggetto garante siano in grado di adempiere alle proprie obbligazioni nei confronti del medesimo soggetto finanziatore (cd. doppio default). La controgaranzia č rilasciata esclusivamente su garanzie dirette, esplicite, incondizionate, irrevocabili ed escutibili a prima richiesta del soggetto;

-      La riassicurazione č invece la garanzia concessa dal Fondo a un soggetto garante e dallo stesso escutibile esclusivamente a seguito della avvenuta liquidazione al soggetto finanziatore della perdita sull’operazione finanziaria garantita. Il reintegro da parte del Fondo avviene dunque nei limiti della misura di copertura, di quanto giā liquidato dai soggetti garanti ai soggetti finanziatori

§  l’applicazione all’intera operativitā del Fondo del modello di valutazione basato sulla probabilitā di inadempimento delle imprese beneficiarie (in una prima fase, il modello č stato applicato solo alla cd. “Nuova Sabatini”,

§  la riorganizzazione delle misure di copertura e di importo massimo garantito, l’introduzione delle operazioni a rischio tripartito.

 

In merito all’operativitā del Fondo, appare opportuno segnalare che il recente D.L. n. 34/2019 ha abrogato la previsione che consentiva di limitare, con delibera della Conferenza unificata Stato, regioni, cittā e autonomie locali, l'intervento del Fondo alle sole operazioni di controgaranzia nel territorio delle regioni in cui fossero coesistenti altri Fondi regionali di garanzia.

 

Quanto alle modalitā di finanziamento del Fondo, esso č alimentato prevalentemente attraverso risorse statali. La sua dotazione viene incrementata anche attraverso le risorse del Programma operativo nazionale PON “Imprese e competitivitā” (a sua volta alimentato da risorse del Fondo europeo per lo sviluppo regionale FESR 2014-2020 e da risorse nazionali a titolo di cofinanziamento). Inoltre, ai sensi dell’articolo 11, comma 5 del D.L. n. 185/2008, la dotazione del Fondo di garanzia puō essere incrementata mediante versamento di contributi da parte delle banche, delle Regioni e di altri enti e organismi pubblici, ovvero con l'intervento della Cassa depositi e prestiti S.p.A. e della SACE S.p.A., secondo modalitā stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro dello sviluppo economico.

Il Fondo, come detto istituito presso il Mediocredito centrale MCC, opera “fuori bilancio”: le relative risorse sono iscritte sul conto corrente di tesoreria centrale n. 22034 il cui gestore č il Mediocredito centrale.

 

Il Fondo opera attraverso pių sezioni, normativamente previste (la disciplina, istitutiva delle sezioni, č sia di rango primario che secondario), destinate ciascuna ad operazioni in garanzia per dati settori economici, es. autotrasporto, micro imprenditorialitā, imprenditoria femminile, ovvero dedicate a garantire misure di sostegno finanziario ad hoc, quali ad es. la Sezione speciale “Resto al Sud”.

 

L’ambito di operativitā del Fondo č stato poi via via esteso a garantire interventi specifici: si rinvia, in merito, alle garanzie rilasciate dal Fondo su portafogli di finanziamenti erogati alle imprese cd. MID CAP (con numero di dipendenti non superiore a 499) ai sensi dell’art. 39, comma 4 del D.L. n. 201/2011 e su portafogli di mini bond, ai sensi dell'art. 12, comma 6-bis, del D.L. n. 145/2013.

Quanto alle garanzie concesse dal Fondo nell'ambito di portafogli di finanziamenti, il recente D.L. n. 34/2019 ha innalzato, da 2,5 a 3,5 milioni di euro, l'importo massimo garantito per singola impresa.

Lo stesso D.L. ha innalzato fino a 5 milioni di euro l'importo massimo garantibile dal Fondo per singolo beneficiario finale sulle operazioni di sottoscrizione dei cd. "mini bond" abrogando la previsione secondo la quale la garanzia del Fondo poteva essere attivata solo dal sottoscrittore l'emissione dei mini bond.

Il Fondo, nel corso degli anni, č stato pių volte rifinanziato.

articolo 1, comma 53 della legge di stabilitā 2014 (Legge n. 147/2013), come modificato dall’articolo 8-bis, comma 2, del D.L. n. 3/2015, ha previsto l’assegnazione al Fondo di 200 milioni per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016, mediante riduzione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, e in coerenza con le relative finalitā. Ha altresė previsto che con apposita delibera del CIPE siano assegnati al Fondo, a valere sul medesimo Fondo per lo sviluppo e la coesione, ulteriori 600 milioni di euro.

In attuazione di tale previsione, la Delibera CIPE n. 94 del 22 dicembre 2017 ha disposto l’assegnazione al Fondo di quota parte dell’importo autorizzato dalla testé citata norma, pari a 300 milioni di euro a valere sulle risorse del Fondo sviluppo e coesione FSC 2014-2020. L’assegnazione č stata imputata per 28 milioni di euro all’annualitā 2014, per 85,5 milioni di euro all’annualitā 2015, per 186,5 milioni di euro all’annualitā 2016. L’utilizzo delle risorse č nel rispetto del criterio di riparto percentuale dell’80 per cento al Mezzogiorno e del 20 per cento al Centro-Nord. Dunque, con la norma qui in esame, le residue risorse del FSC destinate ai sensi del comma 53 al Fondo di garanzia PMI, pari a 300 milioni di euro, vengono interamente imputate ope legis all’annualitā 2018.

Inoltre, il Fondo, nell’ultimo triennio, č stato anche rifinanziato:

§  dal D.L. n. 193/2016 (articolo 13, comma 1), collegato alla manovra finanziaria 2017, nella misura di 895 milioni di euro per l’anno 2016, e per ulteriori 100 milioni a valere sugli stanziamenti del Programma Operativo Nazionale (PON) "Imprese e competitivitā 2014-2010", a titolaritā del Ministero dello Sviluppo economico (cfr. delibera CIPE del 1 dicembre 2016 e D.M. 13 marzo 2017)

§  dalla legge di stabilitā 2016 (L. n. 208/2015) la quale, all’articolo 1, comma 192, ha autorizzato la spesa di 10 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2016-2018 per il sostegno alle imprese sequestrate e confiscate alla criminalitā organizzata, disponendo che quota parte di tali risorse – pari a 3 milioni di euro - confluisca direttamente in un'apposita sezione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (cfr. D.M. attuativo 4 novembre 2016); la legge di bilancio per il 2017 (L. n. 232/2016), all’articolo 1, commi 612, ha poi autorizzato per le medesime finalitā sopra indicate l'ulteriore somma di 3 milioni per l'anno 2019;

§  dalla legge di stabilitā 2016 (L. n. 208/2015) la quale, all’articolo 1, comma 650, della ha stanziato 10 milioni per l’anno 2016 in favore della Sezione speciale per l'autotrasporto istituita nell'ambito del Fondo con Decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 27 luglio 2009;

§  ai sensi dell’articolo 7-quinquies, comma 5, del D.L. n. 5/2009, sono stati assegnato al Fondo 100 milioni per l’anno 2016;

§  ai sensi del comma 5 ter, articolo 1 del D.L. 21giugno2013, n. 69 č stato riassegnato al cap. 7345/MISE un importo pari a 5,7 milioni di euro nel 2016, a 3,6 milioni nel 2017 e a 2,6 milioni nel 2018: si tratta di somme provenienti dalle somme versate all’entrata a titolo di contributi su base volontaria per interventi destinati alla Sezione del Fondo per la micro-imprenditorialitā. I versamenti volontari sono proseguiti anche nell’anno 2018 e 2019, secondo la tabella costantemente aggiornata dal MISE, disponibile qui.

§  dalla legge n. 220/2016, di disciplina del cinema e dell’audiovisivo, che, all’articolo 30, ha stanziato 5 milioni di euro nell'anno 2017 per la Sezione per il cinema e l'audiovisivo istituita nell'ambito del Fondo dalla stessa legge;

§  dal D.L. n. 148/2017 , il quale all’articolo 9, ha incrementato la dotazione del Fondo di 300 milioni per l'anno 2017 e di 200 milioni di euro per l'anno 2018 e ha disposto la riassegnazione al Fondo stesso per l'anno 2017 delle entrate incassate nell'ultimo bimestre 2016 relative alle sanzioni Antitrust al Fondo di garanzia, nel limite di 23 milioni di euro.

§  con D.M. del 13 marzo 2017 č stata poi istituita la Sezione speciale del Fondo denominata “Riserva PON IC” alimentata con risorse del Programma operativo nazionale ŦImprese e competitivitāŧ FESR 2014-2020 e destinata a interventi di garanzia nelle regioni del Mezzogiorno. A tale Sezione sono stati destinati 200 milioni rivenienti dal suddetto PON, in attuazione dell’Azione 3.6.1 (al 31 dicembre 2017, rileva la Relazione sulle spese di investimento e relative leggi pluriennali, allegata alla Nota di aggiornamento al DEF 2018, sono stati giā trasferiti materialmente al Fondo 51,3 milioni).

§  dal D.L. n. 119/2018, il quale, all’articolo 22, assegna al Fondo 735 milioni di euro per l'anno 2018, di cui 300 milioni sono a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione - programmazione 2014-2020 giā destinate al Fondo di garanzia ai sensi dell'art. 1, comma 53, secondo periodo, della legge di stabilitā 2014. Pertanto, la rimanente quota di 435 milioni ha costituito rifinanziamento;

I rifinanziamenti statali vengono iscritti a bilancio dello Stato nello stato di previsione del MISE (capitolo 7345/MISE) per essere successivamente riassegnati alla contabilitā speciale (conto corrente di Tesoreria n. 223034) intestata al Gestore del Fondo (Mediocredito Centrale Spa).

 

Infine, il D.L. n. 135/2018, all’articolo 1, ha istituito una Sezione speciale dedicata a interventi di garanzia in favore delle PMI in difficoltā nella restituzione delle rate di finanziamenti giā contratti con banche e intermediari finanziari e titolari di crediti certificati nei confronti delle pubbliche Amministrazioni. La Sezione č stata dotata di 50 milioni di euro a valere sulle disponibilitā del Fondo.

Il recente D.L. n. 34/2019 ha poi consentito l'accesso alla Sezione anche alle PMI edili che hanno contratto finanziamenti assistiti da garanzia ipotecaria di primo grado su beni immobili civili, commerciali ed industriali, le cui posizioni creditizie, non coperte da altra garanzia pubblica, siano state certificate come inadempienze probabili entro l'11 febbraio 2019 (a prescindere che siano creditrici della PA).

 

Il D.L. n. 34/2019 ha inoltre istituito una nuova sezione speciale destinata alla concessione, a titolo oneroso, di garanzie a copertura di singoli finanziamenti e portafogli di finanziamenti - di importo massimo garantito di 5 milioni e di durata ultradecennale fino a 30 anni - erogati da banche e intermediari finanziari alle imprese con un numero di dipendenti non superiore a 499 e finalizzati per al meno il 60 percento a investimenti in beni materiali. A tal fine, la dotazione del Fondo č stata incrementata di 150 milioni di euro per l'anno 2019.


 

Articolo 41, comma 2
(Garanzie ISMEA alle imprese agricole per
sviluppo di tecnologie innovative)

 

 

Il comma 2 dell’articolo 41 prevede la concessione di garanzie a titolo gratuito da parte di ISMEA a favore delle imprese agricole che intendano chiedere finanziamenti per iniziative di sviluppo delle tecnologie innovative, tra le quali, quelle collegate all’agricoltura di precisione o alla tracciabilitā dei prodotti attraverso l’utilizzo della Blockchain. La garanzia č concessa nel limite di 20.000 euro di costo per una spesa complessiva di 30 milioni di euro per l’anno 2019.

 

Il comma 2 prevede che le garanzie di cui all’articolo 17, comma 2, del D.Lgs. n.102/2004 siano concesse a titolo gratuito da parte di ISMEA per le imprese agricole che intendono chiedere finanziamenti per iniziative di sviluppo delle tecnologie innovative, tra le quali quelle collegate all’agricoltura di precisione o alla tracciabilitā dei prodotti attraverso l’utilizzo della Blockchain.

 

L’articolo 17, comma 2, del D.L.gs n.102 del 2004 prevede, infatti, che l'ISMEA possa concedere la propria garanzia a fronte di finanziamenti a breve, a medio ed a lungo termine concessi da banche, intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale, nonché dagli altri soggetti autorizzati all'esercizio del credito agrario e destinati alle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca. La garanzia puō altresė essere concessa anche a fronte di transazioni commerciali effettuate per le medesime destinazioni.

 

Il medesimo comma 2 precisa che la concessione a titolo gratuito delle garanzie sarā disposta nei limiti previsti dai regolamenti (UE) n.1407/2013 e 1408/2013, relativi all’applicazione degli articoli 107-109 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).

 

L'articolo 107 del TFUE, in particolare, definisce ciō che costituisce un aiuto di Stato e ne dichiara in via di principio l'incompatibilitā con il mercato interno. Per quanto concerne il settore agricolo e forestale, č prevista, all'articolo 107, paragrafo 2, lettera b) del TFUE, la compatibilitā con il mercato interno di quegli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati da calamitā naturali o da altri eventi eccezionali. Inoltre, conformemente all'articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del medesimo TFUE, la Commissione europea puō considerare compatibili con il mercato interno gli aiuti di Stato destinati ad agevolare lo sviluppo economico dei settori agricolo e forestale e quello delle zone rurali, sempreché gli stessi non alterino le condizioni degli scambi.

 

A partire dal 14 marzo 2019, l’articolo 3 del regolamento (UE) n. 1408 del 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti Ŧde minimisŧ nel settore agricolo, come da ultimo modificato, ha portato il massimale di aiuto concedibile per singola impresa nell’arco di tre esercizi finanziari dai precedenti 15.000 euro a 20.000 euro (a 25.000 euro a determinate condizioni). Si prevede, inoltre, che l'importo complessivo degli aiuti Ŧde minimisŧ concessi da uno Stato membro alle imprese che operano nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli - nell'arco di tre esercizi finanziari - non possa superare il limite nazionale stabilito in appositi allegati al regolamento.

 

Per l’attuazione delle disposizioni in esame č autorizzata la spesa di 30 milioni di euro per l’anno 2019, da destinare all’Istituto di servizi per il mercato agricolo e alimentare (ISMEA).

 

In materia di agevolazioni nazionali per gli investimenti (anche nel settore agricolo), si ricorda che l’art. 1, comma 9, della  legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016) , al fine di favorire processi di trasformazione tecnologica e digitale secondo il modello “Industria 4.0”, ha istituito una nuova misura di maggiorazione del 150% del costo di acquisizione per gli ammortamenti di investimenti su beni materiali strumentali nuovi ad alto contenuto tecnologico (inclusi nell'allegato A della legge). Le operazioni dovevano essere effettuate sino al 30 giugno 2018 e consentivano di ammortizzare un valore pari al 250% del costo di acquisto.

Quest’ultima agevolazione – rimodulata in base all’importo degli investimenti - č stata estesa, da ultimo, agli investimenti in beni strumentali nuovi, destinati a strutture produttive situate nel territorio dello Stato, effettuati entro il 31 dicembre 2019, ovvero entro il 31 dicembre 2020 a condizione che entro la data del 31 dicembre 2019 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione (art. 1, commi 60 e 61, della legge n. 145 del 2018).

In sintesi, l'espressione Industria 4.0, o Piano nazionale impresa 4.0, indica un processo generato da trasformazioni tecnologiche nella progettazione, nella produzione e nella distribuzione di sistemi e prodotti manifatturieri, finalizzato alla produzione industriale automatizzata e interconnessa.

Si ricorda, infine, lo strumento agevolativo della cd. "Nuova Sabatini" – istituito dall'articolo 2 del decreto-legge n. 69 del 2013 (legge n. 98/2013) e successivamente rifinanziato ed esteso – finalizzato a migliorare l'accesso al credito per investimenti produttivi e tecnologici delle micro, piccole e medie imprese operanti in tutti i settori, inclusi agricoltura e pesca, e consente: l'accesso a finanziamenti agevolati per investimenti in beni strumentali (anche mediante operazioni di leasing finanziario) e l’accesso a contributi statali in conto impianti per gli investimenti in beni strumentali in questione.

La legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017) oltre a rifinanziare, all’articolo 1, comma 40, la suddetta misura, ha prorogato – all’art. 1, comma 42 - il termine per la concessione dei finanziamenti agevolati a valere sulla misura in questione, dal 31 dicembre 2018 fino alla data dell'avvenuto esaurimento delle risorse disponibili, da comunicarsi con avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.

La cosiddetta “Nuova Sabatini” č stata pių volte rifinanziata, da ultimo, dall’art. 1, comma 200, della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018), il quale ha disposto un rifinanziamento di 48 milioni di euro per il 2019, di 96 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2023 e di 48 milioni di euro per il 2024.

 

Per un approfondimento su Impresa 4.0 e sulla cosiddetta “Nuova Sabatini”, si rimanda all’apposito tema web del Servizio studi della Camera.

 


 

Articolo 42
(Fusioni di comuni)

 

 

articolo 42 incrementa le risorse finanziarie per la concessione dei contributi straordinari previsti per la fusione di comuni dall’articolo 15, comma 3, dal decreto legislativo n. 267 del 2000 (testo unico ordinamento enti locali), nell’importo di 30 milioni di euro per l’anno 2019.

 

Si ricorda che, per favorire la fusione dei comuni, l’articolo 15, comma 3 del D.Lgs. n. 267/2000 prevede che lo Stato eroghi appositi contributi straordinari per i dieci anni decorrenti dalla fusione stessa, commisurati ad una quota dei trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si fondono[2].

A decorrere dal 2018 - a seguito di successivi interventi legislativi[3] - il contributo spettante ai comuni risultanti da fusione o da fusione per incorporazione č commisurato al 60% dei trasferimenti erariali attribuiti per l'anno 2010 - ultimo anno di assegnazione dei contributi erariali ordinari, poi soppressi dalla normativa sul federalismo fiscale - nel limite massimo di 2 milioni di contributo per ciascun beneficiario, stabilito dal comma 17, lettera b), legge n. 208/2015.

Per quel che concerne le risorse finanziarie stanziate per la concessione del contributo, oltre all’apposito accantonamento di 30 milioni di euro annui costituito nell’ambito del Fondo di solidarietā comunale a partire dal 2014 (con l’articolo 1, comma 730, della legge n. 147/2013 (legge di stabilitā 2014)), le risorse sono quelle autorizzate dalle seguenti autorizzazioni legislative, ed iscritte sul capitolo 1316 (Fondo ordinario) dello stato di previsione del Ministero dell'interno:

-      1,5 milioni di euro annui, destinati ad incentivare sia le fusioni che le unioni di comuni, autorizzati ai sensi dell’art. 1, comma 164, della legge n. 662/1996;

-      1 milione di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018 ai sensi dell'art. 14 del D.L. n. 50/2017. La disposizione prevede inoltre la costituzione, nell'ambito del Fondo di solidarietā comunale, di un ulteriore accantonamento di 25 milioni di euro a decorrere dal 2022, che sarā destinato all'erogazione del contributo per i comuni che danno luogo alla fusione o alla fusione per incorporazione;

-      5 milioni annui, assegnati con il DPCM 10 marzo 2017 di ripartizione del ŦFondo da ripartire per il finanziamento di interventi a favore degli Enti territoriali solo in termini di saldo netto da finanziareŧ, istituito dall'art. 1, comma 433, della legge n. 232/2016 (legge di bilancio 2017);

-      10 milioni annui a decorrere dal 2018 autorizzati dalla legge di bilancio per il 2018 (art. 1, comma 869, legge n. 205/2017);

-      la legge di bilancio 2018 (comma 885) ha inoltre disposto che siano destinate ad incremento dei contributi a favore delle fusioni dei comuni le somme accantonate sul Fondo di solidarietā comunale, ai sensi del comma 452 della legge n. 232/2016, e non utilizzate per gli eventuali conguagli ai comuni. Tale disposizione č stata confermata dalla legge di bilancio per il 2019 (art. 1, co. 921.L. n. 145/2018). Si tratta di un accantonamento, si ricorda, costituito nell'importo massimo di 15 milioni di euro annui.

Per quel che concerne i criteri di riparto dei contributi, l’articolo 20, comma 1-bis, del D.L. n. 95/2012 prevede un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-cittā ed autonomie locali, che disciplini le modalitā e i termini per il riparto e l’attribuzione dei contributi, prevedendo, in caso di fabbisogno eccedente le disponibilitā, che sia data prioritā alle fusioni o incorporazioni aventi maggiori anzianitā; nel caso di eventuali disponibilitā eccedenti rispetto al fabbisogno, queste sono ripartite a favore dei medesimi enti in base alla popolazione e al numero dei comuni originari. Il pių recente D.M. Interno 25 giugno 2019, che definisce le modalitā di riparto del contributo a decorrere dell’anno 2019, prevede, nel caso di richieste superiori al fondo stanziato, la prioritā per le fusioni o incorporazioni aventi maggiori anzianitā, assegnando un coefficiente di maggiorazione del 4% per le fusioni con anzianitā di contributo di un anno, incrementato del 4% per ogni ulteriore anno di anzianitā.

Per quel che concerne la ripartizione del contributo straordinario:

-      per l’anno 2018, sono stati assegnati ai 67 enti istituiti a seguito della fusione e/o fusione per incorporazione entro il 31 gennaio 2018[4] contributi per 47,5 milioni, cui si sono successivamente aggiunti 5,3 milioni derivanti dalla quota disponibile sull’accantonamento del Fondo di solidarietā comunale, ai sensi del comma 885 della legge di bilancio 2018. Per il riparto dei contributi, si rinvia al comunicato del Ministero dell’interno del 26 giugno 2019:
https://dait.interno.gov.it/documenti/com260619-all.pdf

-      per l’anno 2019, sono al momento stati assegnati, ai 92 enti costituiti a seguito di fusioni e incorporazioni entro il 31 gennaio 2019[5], contributi per 46,5 milioni (cui si aggiungeranno gli importi derivanti dall’accantonamento del Fondo di solidarietā comunale, ai sensi del comma 885 della legge di bilancio 2018); per il riparto, si rinvia al comunicato del Ministero dell’interno del 27 giugno 2019: https://dait.interno.gov.it/documenti/com270619-2all.pdf.


 

Articolo 43
(Affitti passivi PA)

 

 

articolo 43 stabilisce che ai contratti di locazione stipulati dagli enti previdenziali con le Amministrazioni dello Stato si applica un canone commisurato ai valori di mercato (ridotto del 15 per cento). Inoltre la norma prevede che i predetti enti possono usare proprie risorse anche per l’acquisto di immobili adibiti o da adibire ad uffici in locazione passiva alle societā in house delle amministrazioni centrali dello Stato.

 

La disposizione in esame modifica l’articolo 8, comma 4, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, che prevede che gli enti previdenziali possono destinare una parte delle loro risorse all'acquisto di immobili, anche di proprietā di amministrazioni pubbliche, adibiti o da adibire ad ufficio in locazione passiva alle amministrazioni pubbliche.

In particolare la lettera a) dell’articolo 43 stabilisce che ai contratti stipulati con le amministrazioni dello Stato per la locazione degli immobili acquistati si applica un canone commisurato ai valori di mercato seppur ridotto del 15 per cento.

 

Si ricorda che a legislazione vigente (articolo 8 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78) č previsto che ai contratti di locazione degli immobili acquistati dagli enti previdenziali non si applicano le riduzioni del canone del 15 per cento e che č attraverso un decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, che vengono stabiliti i criteri e le modalitā di attuazione dell’acquisto da parte degli enti stessi. Da ultimo č intervenuto il decreto interministeriale 20 giugno 2017 che ha disposto che č l’Agenzia del demanio che provvede a determinare la congruitā del valore di acquisto del bene nonché del canone di locazione, da quantificarsi in misura pari al valore minimo locativo fissato dall'Osservatorio del mercato immobiliare, sulla base della perizia estimativa inviata dall’ente previdenziale.

Si ricorda altresė che il citato articolo 3, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2012, n.  95, in tema di spending review, stabilisce che per i contratti di locazione passiva, aventi ad oggetto immobili ad uso istituzionale di proprietā di terzi, di nuova stipulazione a cura delle amministrazioni, si applica la riduzione del 15 per cento sul canone congruito dall'Agenzia del demanio.

 

La lettera b) introduce inoltre un nuovo comma 4-bis all’articolo 8 che prevede che le risorse degli enti previdenziali possono essere utilizzate anche per l’acquisto di immobili adibiti o da adibire ad uffici in locazione passiva alle societā in house delle amministrazioni centrali dello Stato, incluse nell’elenco pubblicato annualmente dall’Istat, su indicazione dell’amministrazione che esercita il controllo analogo, sentiti il Ministero dell’Economia e delle finanze e l’Agenzia del demanio per le rispettive competenze.

 

Si ricorda che sulla base del Sistema europeo dei conti (SEC 2010, definito dal Regolamento (Ue) n. 549/2013) e delle interpretazioni del SEC fornite nel “Manual on Government Deficit and Debt” pubblicato da Eurostat (edizione 2019), l’Istat predispone l’elenco delle unitā istituzionali che fanno parte del settore delle Amministrazioni pubbliche (Settore S13 nel SEC). Nell’ambito delle statistiche di contabilitā nazionale, per tale settore si compila il conto economico consolidato che costituisce il riferimento per gli aggregati trasmessi alla Commissione europea in applicazione del Protocollo sulla procedura per i deficit eccessivi annesso al Trattato di Maastricht. Ai sensi dell’articolo 1, comma 3 della legge 31 dicembre 2009, n.196  l’Istat č tenuto, con proprio provvedimento, a pubblicare annualmente tale lista sulla Gazzetta ufficiale.

Da ultimo č consultabile l’elenco pubblicato il 30 settembre 2019.

 

Il Ministero dell’economia e delle finanze puō trasferire alle predette societā in house le risorse a legislazione vigente iscritte nei pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze trasferite o da trasferire all'Agenzia del demanio per consentire alle medesime societā, che ne facciano richiesta, di procedere alla predisposizione della progettazione necessaria agli enti previdenziali pubblici per la valutazione degli investimenti immobiliari.

Con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sono stabilite le modalitā di attuazione della norma nel rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica.

 


 

Articolo 44
(Permuta immobili ad uso governativo)

 

 

articolo 44 dispone l’abrogazione della norma (comma 6-ter, dell’articolo 6, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138) che disciplina le operazioni di permuta di beni del demanio e del patrimonio dello Stato con immobili adeguati all'uso governativo. La disposizione abrogativa sopprime, tra l’altro, la possibilitā di realizzare nuove locazioni passive ovvero che l’operazione di permuta possa avere ad oggetto immobili giā in uso governativo.

 

La norma abrogata (articolo 6, comma 6-ter, del decreto-legge n. 138 del 2011) consente all'Agenzia del demanio di procedere, ai fini di razionalizzazione della spesa delle amministrazioni pubbliche e con prioritā in aree a pių elevato disagio occupazionale e produttivo, ad operazioni di permuta, senza oneri a carico del bilancio dello Stato, di beni appartenenti allo Stato con immobili adeguati all'uso governativo, al fine di rilasciare immobili ritenuti inadeguati.

A tal fine, le amministrazioni dello Stato comunicano all'Agenzia del demanio l'ammontare dei fondi statali giā stanziati e non impegnati al fine della realizzazione di nuovi immobili per valutare la possibilitā di recupero di spesa per effetto di operazioni di permuta, ovvero gli immobili di nuova realizzazione da destinare ad uso governativo. Nel caso di permuta con immobili da realizzare in aree di particolare disagio e con significativo apporto occupazionale, si possono cedere anche immobili giā in uso governativo, da utilizzare in regime di locazione fino alla percentuale massima del 75 per cento della permuta, mentre il restante 25 per cento dovrebbe concernere immobili liberi. In altri termini l'operazione potrebbe avere ad oggetto immobili non liberi che continuerebbero ad essere utilizzati dallo Stato in regime di locazione anche dopo la cessione.

 

Come rilevato nella relazione tecnica che accompagna il testo in esame, la disposizione abrogativa dovrebbe consentire il raggiungimento dell’obiettivo di riduzione della spesa pubblica in quanto eviterebbe il sorgere di nuove locazioni passive (riconducibili ad operazioni di sale and leaseback) proprio conseguenti alla disposizione normativa che consente oltre alla permuta diretta di immobili esistenti, anche la trasformazione di usi governativi, e dunque gratuiti, in affitti passivi, ovvero onerosi, con conseguente incremento della spesa pubblica.

Si ricorda che la legge di bilancio 2018 (comma 696) aveva giā soppresso la disposizione che prevedeva come assolutamente prioritarie le permute riguardanti la realizzazione di nuovi immobili per carceri o uffici giudiziari delle sedi centrali di Corte d'Appello.

Si segnala che la Corte dei Conti nell’ultima relazione sul rendiconto generale dello stato (Per l'esercizio finanziario 2018) aveva sottolineato la centralitā della riduzione delle locazioni passive e della riorganizzazione degli spazi, in quanto tale azione genera una stabile contrazione del fabbisogno finanziario e implica anche una diminuzione delle spese di funzionamento.


 

Articolo 45
(Proroga al 31 dicembre 2019 del termine
per la stipula del nuovo Patto per la Salute)

 

 

articolo 45 dispone la proroga (dal 31 marzo) al 31 dicembre 2019 del termine per la sottoscrizione del nuovo Patto per la Salute 2019-2021.

 

Il Patto per la Salute 2019-2021, in base al comma 515, art. 1, della legge di bilancio 2019 (Legge n. 145/2018) avrebbe dovuto essere stipulato, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, regioni province autonome, mediante il raggiungimento di un’intesa entro il 31 marzo 2019, pena il mancato accesso delle regioni agli incrementi stabiliti per il livello di finanziamento del SSN per gli anni 2020 e 2021, rispettivamente pari a 2.000 ed a 1.500 milioni di euro. Tale livello di finanziamento per il 2019 ammonta a 114.439 milioni di euro.

 

Si ricorda che le misure di programmazione di cui al comma 515, volte a migliorare la qualitā dei servizi sanitari erogati mantenendo l’efficienza del sistema, devono riguardare, in particolare:

a) la revisione del sistema di compartecipazione alla spesa sanitaria a carico degli assistiti al fine di promuovere maggiore equitā nell'accesso alle cure;

b) il rispetto degli obblighi di programmazione a livello nazionale e regionale in coerenza con il processo di riorganizzazione delle reti strutturali dell'offerta ospedaliera e dell'assistenza territoriale, con particolare riferimento alla cronicitā e alle liste d'attesa;

c) la valutazione dei fabbisogni del personale del Servizio sanitario nazionale e dei riflessi sulla programmazione della formazione di base e specialistica e sulle necessitā assunzionali, ivi comprendendo l'aggiornamento del parametro di riferimento relativo al personale;

d) l'implementazione di infrastrutture e modelli organizzativi finalizzati alla realizzazione del sistema di interconnessione dei sistemi informativi del Servizio sanitario nazionale che consentano di tracciare il percorso seguito dal paziente attraverso le strutture sanitarie e i diversi livelli assistenziali del territorio nazionale tenendo conto delle infrastrutture giā disponibili nell'ambito del Sistema tessera sanitaria e del fascicolo sanitario elettronico;

e) la promozione della ricerca in ambito sanitario;

f) il miglioramento dell'efficienza e dell'appropriatezza nell'uso dei fattori produttivi e l'ordinata programmazione del ricorso agli erogatori privati accreditati che siano preventivamente sottoposti a controlli di esiti e di valutazione con sistema di indicatori oggettivi e misurabili; g) la valutazione del fabbisogno di interventi infrastrutturali di ammodernamento tecnologico.

 


 

Articolo 46
(Disposizioni in materia di fiscalitā regionale)

 

 

L'articolo 46 rinvia di un anno, dal 2020 al 2021, l’entrata in vigore dei meccanismi di finanziamento delle funzioni regionali diretti ad assicurare autonomia di entrata alle regioni a statuto ordinario e, conseguentemente, a sopprimere i trasferimenti statali.

 

A tal fine l'articolo interviene su alcune disposizioni del D.lgs. n. 68/2011 con cui il Governo ha dato attuazione della delega sul federalismo fiscale di cui alla legge n. 42/2009.

La finalitā del decreto legislativo n. 68/2011[6], si rammenta, č quella di assicurare l'autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario (RSO) attraverso la cosiddetta fiscalizzazione dei trasferimenti statali, con contestuale soppressione di questi ultimi.

Il decreto individua le nuove fonti di finanziamento con le quali le RSO possono far fronte alle spese di propria competenza, accresciute nell'ambito del processo di decentramento in atto sin dalla fine degli anni '90, anche nell'ottica di una maggiore responsabilizzazione delle decisioni di spesa e di efficienza delle stesse. Si tratta, oltre che di alcuni tributi propri[7], del gettito derivante dalla rideterminazione dell'addizionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche[8] (IRPEF), della compartecipazione regionale all'imposta sul valore aggiunto (IVA), nonché dei trasferimenti per finalitā perequative[9].

 

L'articolo in esame posticipa di un anno la decorrenza dell'entrata a regime del sistema finanziario delle RSO delineato dal D.lgs. n.68/2011. Il nuovo sistema, che avrebbe dovuto essere effettivo, nelle intenzioni del legislatore delegato, sin dal 2013, č stato oggetto di rinvio attraverso plurimi interventi legislativi adottati negli anni scorsi (l'ultimo dei quali č stato l'articolo 1, comma 778, della legge n. 205/2017 - legge di bilancio 2018).

Si segnala che con la legge di bilancio per il 2019 (art.1, commi 958 e 959) č stata disposta l'istituzione, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di un tavolo tecnico composto da rappresentanti del Governo e delle regioni, finalizzato alla completa attuazione dei principi in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario contenuti nel citato decreto legislativo 68/2011

L'attivitā del tavolo č rivolta in particolare a specifici ambiti, quali la definizione delle procedure e delle modalitā di applicazione delle norme in materia di fiscalizzazione dei trasferimenti di cui agli articoli 2 e 7 del citato D.lgs. e di attribuzione alle regioni a statuto ordinario di una quota del gettito riferibile al concorso di ciascuna regione nell'attivitā di recupero fiscale in materia di imposta sul valore aggiunto (ai sensi dell'articolo 9 del medesimo decreto legislativo), nonché la valutazione di eventuali adeguamenti della normativa vigente.

L'istituzione del tavolo č motivata, come si legge nella relazione illustrativa al disegno di legge di bilancio per il 2019, dalle complessitā tecniche relative alla rideterminazione dell'addizionale regionale IRPEF, a invarianza di pressione fiscale complessiva, per assicurare la fiscalizzazione dei trasferimenti oggetto di soppressione e all'individuazione delle modalitā di attribuzione di una quota del gettito dell'IVA riferito alle attivitā di recupero fiscale. L'esito dell'attivitā del tavolo era mirata ad evitare ulteriori rinvii dell'attuazione delle citate disposizioni recate nel D.Lgs. 68/2011.

 

Sebbene la relazione illustrativa non faccia cenno alla finalitā della norma, il nuovo rinvio parrebbe connesso alla mancata conclusione dell'attivitā del tavolo e, verosimilmente, al mancato superamento di criticitā riguardanti, fra l'altro, la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e dei costi standard (negli ambiti diversi da quello sanitario), nonché dei criteri di attuazione della richiamata disposizione relativa al principio di territorialitā dell'IVA.

 

Si segnala che il rinvio contenuto nell'articolo in commento dā attuazione ad un'intesa in tal senso fra il Governo e le regioni. La Conferenza Stato-Regioni, nella riunione dello scorso 10 ottobre, ha infatti sancito un accordo in materia di interventi strategici, che al punto n.2 del dispositivo reca l'intesa fra le parti in ordine al rinvio dell'entrata in vigore dei meccanismi di finanziamento delle funzioni regionali di cui al D.lgs. n.68/2011 al 2021.

 

L'articolo in esame, nello specifico, interviene sugli articoli 2, 4, 7 e 15 del suddetto D.lgs., relativi rispettivamente alle modalitā di determinazione dell’addizionale regionale Irpef, alla compartecipazione IVA, alla soppressione dei trasferimenti statali e, infine, all’istituzione di un fondo perequativo.

 

L'impianto delineato dal D.lgs. n.68/2011, con riferimento alle fonti finanziarie delle RSO, č basato principalmente:

a)  su una rideterminazione dell’addizionale regionale[10] Irpef tale da garantire al complesso delle RSO un gettito corrispondente i) ai trasferimenti statali da sopprimere (in base all'art. 7 del D.lgs.); ii) all'applicazione dall'aliquota di base vigente al momento dell'entrata in vigore del medesimo D.lgs..

All'aliquota cosė definita andranno sommate le eventuali maggiorazioni che le regioni hanno eventualmente deliberato dal 2012 (rispetto all'aliquota di base, pari all'1,23 per cento, come definita dall'art. 6, comma 1, del D.lgs.)

La rideterminazione dell'addizionale č demandata ad un DPCM, su proposta del Ministro dell'economia, di concerto "con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale", sentita la Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili di carattere finanziario.

É altresė previsto che detto decreto sia adotto entro sessanta giorni dall'emanazione del DPCM di individuazione dei trasferimenti da sopprimere.

Prima dell'entrata in vigore dell'articolo in commento: i) il termine previsto per l'emanazione di quest'ultimo  DPCM, era fissato per il 31 luglio 2019[11] (ed era pertanto giā trascorso infruttuosamente); ii) il termine per l'adozione del DPCM diretto alla rideterminazione dell'addizionale, era stato fissato per il 2020[12]. Con il comma 1, dell'articolo in esame detti termini sono posticipati, rispettivamente, al 31 luglio 2010 (lettera c), punto n.2) e al 2021 (lettera a))

b)  su una rideterminazione della compartecipazione regionale all’IVA[13] diretta a finanziare il sistema perequativo, che rappresenta uno dei pilastri dell'autonomia finanziaria delle RSO (v. infra).

L'aliquota di compartecipazione č stabilita con DPCM al livello minimo sufficiente a garantire il pieno finanziamento del fabbisogno corrispondente ai LEP in una sola regione.

Le modalitā di attribuzione del gettito della compartecipazione IVA alle RSO "sono stabilite in conformitā con il principio di territorialitā"[14].

Prima dell'entrata in vigore dell'articolo in esame, il termine di decorrenza del nuovo regime di compartecipazione era fissato al 2020. Ora esso č posticipato al 2021 (comma 1, lettera b)).   

c)  sui trasferimenti dall'istituendo fondo perequativo regionale[15]. Si tratta di un fondo diretto a garantire, in ogni regione:

i) il finanziamento integrale delle spese che riguardano specifici ambiti[16] che incidono sui livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio[17]. La perequazione č di tipo verticale ed č finanziata da una compartecipazione al gettito dell'IVA che viene determinata in modo da assicurare la copertura del finanziamento delle richiamate spese. Al termine di una fase transitoria (in cui si ha riguardo alla spesa storica), il finanziamento sarā calibrato sui costi standard;

ii) una riduzione delle differenze in termini di capacitā fiscale[18] fra le RSO che metterā a disposizione delle regioni con minore capacitā fiscale ulteriori risorse da destinare alle spese diverse da quelle a cui lo Stato riconosce l'esigenza di assicurare un livello essenziale della prestazione. La perequazione č di tipo orizzontale, essendo alimentata con risorse provenienti dalle regioni con maggiore capacitā fiscale.

La data di istituzione del fondo perequativo ai sensi dell'articolo in commento (comma 1, lettera d)) č posticipata dal 2020 al 2021.

d)  sulla contestuale soppressione (c.d. fiscalizzazione) di tutti i trasferimenti statali di parte corrente e (ove non finanziati tramite il ricorso all'indebitamento) in conto capitale alle RSO, aventi carattere di generalitā e permanenza, destinati all'esercizio delle competenze regionali e di funzioni da parte di province e comuni[19].

Detta soppressione, che prima dell'entrata in vigore del decreto-legge in esame era prevista a partire dal 2020, č ora posticipata al 2021 (comma 1, lettera c), punto n.1).


 

Articolo 47
(Disposizioni sul trasporto pubblico locale)

 

 

articolo 47 dispone il rinvio al 2020 della riforma del sistema di ripartizione del Fondo per il trasporto pubblico locale, nonché l’applicazione dal 2021 della ripartizione della quota residua del Fondo sulla base di livelli adeguati di servizio.

I criteri di ripartizione del Fondo TPL (comma 1, lett. a))

In dettaglio, con il comma 1, lett. a), n. 1 viene innanzitutto differita dal 2018 al 2020 l’applicazione dei nuovi criteri di riparto del Fondo TPL, introdotti dall’art. 27, comma 2 del D.L. n. 50/2017.

 

I nuovi criteri per la ripartizione del Fondo TPL (Fondo per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario, istituito a decorrere dal 2013 dalla legge n. 228/2012), stabiliti dall'articolo 27 del decreto legge n. 50/2017, intendono consentire il definitivo abbandono del criterio della spesa storica finora utilizzato nel TPL per ripartire tra le Regioni gli stanziamenti del Fondo Nazionale TPL e far sė che i servizi di trasporto pubblico locale e regionale vengano sempre pių affidati con procedure ad evidenza pubblica. Si ricorda che il DL n. 50/2017 ha rideterminato la consistenza del Fondo fissandola per legge. Tale stanziamento, come modificato dalla legge di Bilancio 2018, ammonta a 4.876,554 milioni di euro per il 2019 ed a 4.875,554 milioni di euro per il 2020 e si trova, nel Bilancio dello Stato, sul cap. 1315 dello Stato di previsione della spesa del Ministero delle infrastrutture e trasporti (Tab. 10). Quanto alle modalitā di assegnazione delle risorse, l'articolo 27, comma 2, ha previsto che il riparto del Fondo dovrā essere effettuato, con i nuovi criteri, entro il 30 giugno di ogni anno, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza unificata. Qualora l'intesa non sia raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta in cui l'oggetto č posto all'ordine del giorno, il Consiglio dei Ministri puō provvedere (in via sostitutiva) con deliberazione motivata.

I nuovi criteri di ripartizione del Fondo che qui vengono differiti al 2020, indicati al comma 2 dell'art. 27, sono i seguenti:

-       il dieci per cento dell'importo del Fondo sarā assegnato alle regioni sulla base dei proventi complessivi da traffico e dell'incremento dei medesimi (registrato tra il 2014, preso come anno base, e l'anno di riferimento, con rilevazione effettuata dall'Osservatorio per il trasporto pubblico locale); tale percentuale sarā incrementata, negli anni successivi al primo, di un ulteriore cinque per cento annuo fino a raggiungere il venti per cento dell'importo del predetto Fondo;

-       il dieci per cento dell'importo del Fondo sarā assegnato per il primo anno alle regioni in base al criterio dei costi standard. La percentuale sarā incrementata, negli anni successivi al primo, di un ulteriore cinque per cento annuo fino a raggiungere il venti per cento dell'importo del Fondo;

Si ricorda che il Decreto ministeriale n. 157 del 28 marzo 2018, ha definito i costi standard dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale e i criteri di aggiornamento e applicazione. Il decreto prevede che il Costo standard unitario di un servizio pubblico di trasporto di linea per passeggeri, locali e regionale, sia espresso in corsa-km. Esso andrā utilizzato nei rapporti interistituzionali tra Stato, Regioni, ai fini del riparto delle risorse statali per il trasporto pubblico locale e si prevede che nel primo triennio di applicazione non possa determinare una riduzione annua, per ciascuna Regione, superiore al 5 per cento per la quota di riparto erogata nell'anno precedente.

-       la quota residua del Fondo, pari all’80% al netto di una quota dello 0,025 per cento per i costi di funzionamento dell'Osservatorio TPL, in base alla modifica qui operata dal n. 2 della lett. a) del comma 1, verrā ripartita a partire dal 2021 (anziché dal secondo anno della riforma) sulla base dei livelli adeguati di servizio, da definire con il decreto previsto dal comma 6, del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in Conferenza Unificata, nonché previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, in coerenza con il raggiungimento di obiettivi di soddisfazione della domanda di mobilitā, nonché assicurando l'eliminazione di duplicazioni di servizi sulle stesse direttrici.

Attualmente la disposizione prevede che, ad eccezione di una percentuale dello 0,025 per cento destinata alla copertura dei costi di funzionamento dell'Osservatorio nazionale sulle politiche del trasporto pubblico locale, la quota residua sia ripartita sulla base della Tabella di ripartizione tra le Regioni (Tabella di cui all'articolo 1 del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 11 novembre 2014 e riportata nel DPCM 26 maggio 2017, che ha sostituito la precedente Tabella del 2013 a seguito dell’Intesa raggiunta con le Regioni in Conferenza Unificata il 19 gennaio 2017). Tale Tabella č stata utilizzata per il riparto del Fondo nel 2018 e 2019.

 

L’articolo 27 prevede anche penalizzazioni nella ripartizione del fondo, pari al quindici per cento del valore dei corrispettivi dei contratti di servizio - in sede di ripartizione delle risorse fra le regioni, applicabili dal 2021 per le regioni e gli enti locali che non procedano all'espletamento delle gare, nonché parametri volti a incentivare il perseguimento degli obiettivi di efficienza e di centralitā dell'utenza nell'erogazione del servizio.

Il meccanismo dell’acconto e delle percentuali di ripartizione del FondoTPL (comma 1, lett. c), lett. d), lett. e))

Con il comma 1, lett. c) si specifica che il meccanismo di anticipazione in acconto dell’80% del Fondo TPL, previsto nel comma 4 dell’art. 27, si applica non solo nelle more dell’operativitā della riforma, ma anche a partire dal 2018.

In dettaglio, con la modifica si specifica espressamente, nel comma 4 dell’art. 27, che a partire dal mese di gennaio 2018, oltre che “nelle more dell’emanazione del decreto” di riforma, come giā previsto attualmente, la ripartizione del Fondo Tpl sia effettuata in base al criterio dell’acconto dell’80% alle Regioni, a titolo di anticipazione, secondo la Tabella di ripartizione regionale giā citata, allegata al DPCM 26 maggio 2017. Tale modifica adegua quindi la normativa a quanto giā avvenuto a partire dal 2018, data dalla quale era prevista la decorrenza della riforma, atteso che fino al 2017 la percentuale di anticipazione del Fondo applicata č stata quella prevista dal DPCM 11 marzo 2013, pari al 60 %.

Si ricorda infatti che per il 2018, anno a partire dal quale era prevista l’emanazione del decreto di riforma, la ripartizione del Fondo TPL č avvenuta, nelle more dell’emanazione del decreto (come previsto dal comma 4), con il meccanismo dell’acconto dell’80%, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze n.19 del 29/1/2018. Inoltre, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha comunicato, che per il 2018: "per la definizione delle quote di riparto sono stati applicati i criteri giā adottati anche negli anni passati, soluzione necessaria ad evitare che il residuo 20% dello stanziamento del Fondo non fosse ripartito ed erogato entro l'anno, con gravi criticitā per i servizi di trasporto pubblico locale e regionale". Il saldo 2018 č stato poi erogato interamente alle regioni con decreto interministeriale MIT/MEF n. 537 del 7 dicembre 2018. Qui la tabella di ripartizione tra le regioni del saldo del 2018, che tiene anche conto dell'aumento o della diminuzione degli oneri sostenuti, nel 2018, dalle Regioni a statuto ordinario per le variazioni dei canoni di accesso all'infrastruttura ferroviaria introdotte da RFI, nonché delle penalizzazioni (rateizzate in 8 anni) applicate alle regioni Lazio, Basilicata e Umbria.

Anche per il 2019 la ripartizione del Fondo č stata effettuata, in attesa della riforma, con decreto MIT-MEF n. 82 del 5 marzo 2019 che ha attributo risorse complessive per 3.898.668.289,2 euro (pari ad un acconto dell’80%, poi erogato mensilmente). Qui la tabella di ripartizione tra le Regioni dell'anticipazione del Fondo per il 2019.

 

Con la lett. e) del comma 1 si consente invece che il DPCM 11 marzo 2013, che definisce i criteri di ripartizione del Fondo TPL in attesa della riforma, conservi efficacia fino al 31 dicembre dell'anno precedente alla data di entrata in vigore del decreto di riforma (il decreto MIT/MEF di riparto del Fondo secondo i nuovi criteri), previsto dal comma 2, quindi fino al 31 dicembre 2019, atteso che la riforma č prevista ora dal 2020.

Si sopprime infatti, modificando in tal senso il comma 8 dell’art. 27, la parte della disposizione che prevedeva la cessazione comunque dell’efficacia al 31 dicembre 2018 del DPCM.

Il DPCM 11 marzo 2013 č il decreto che a partire dall’istituzione del Fondo, nel 2013, ha definito i criteri e le modalitā di ripartizione del Fondo tra le regioni e le relative quote. Esso prevede la ripartizione delle risorse per il 90 per cento sulla base delle percentuali riportate nella Tabella 1 allegata e per il residuo 10 per cento sulla base del pieno raggiungimento degli obiettivi di efficientamento definiti all’articolo 3 del DPCM. In caso di non raggiungimento di tali obiettivi č previsto un meccanismo di decurtazione. Per quanto riguarda l’acconto a titolo di anticipazione, come detto la percentuale era fissata nel 60% delle risorse stanziate sul Fondo, come previsto dall’art. 16-bis, comma 6 del D.L. n. 95/2012, comma poi abrogato dal D.L. n. 50/2017. Il DPCM č stato quindi novellato da successivi DPCM: con DPCM 7 dicembre 2015 sono stati modificati alcuni dei criteri di riparto del Fondo, in particolare il meccanismo di decurtazione in caso di non raggiungimento dei criteri di efficientamento dei servizi. Con DPCM 26 maggio 2017 sono state novellate le norme relative agli obiettivi di efficientamento e razionalizzazione della programmazione e gestione del complesso dei servizi TPL nonché la Tabella delle percentuali di ripartizione tra le regioni delle risorse, in seguito all’Intesa raggiunta in Conferenza unificata a gennaio 2017. Si ricorda anche che fino al 2017, il Fondo veniva alimentato con una quota di compartecipazione al gettito delle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina, e nel Fondo confluivano anche le risorse stanziate dall'articolo 21, comma 3, del decreto-legge n. 98/2011.

 

Con la lett. d) del comma 1, si fissa all’anno 2020 il termine, previsto al comma 6 dell’art. 27, entro il quale dovranno essere definiti con decreto ministeriale, per il riparto del Fondo, i criteri con cui le regioni ordinarie dovranno determinare i livelli adeguati dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale con tutte le modalitā, in coerenza con il raggiungimento di obiettivi di soddisfazione della domanda di mobilitā, nonché assicurando l'eliminazione di duplicazioni di servizi sulle stesse direttrici e l'applicazione delle disposizioni sul riordino dei servizi automobilistici sostitutivi o integrativi dei servizi ferroviari di interesse regionale e locale, secondo bacini territoriali ottimali e affidati con procedure competitive ad evidenza pubblica (previste dall’articolo 34-octies del decreto-legge n. 179/2012), privilegiando soluzioni innovative e di minor costo per fornire servizi di mobilitā nelle aree a domanda debole, quali scelte di sostituzione modale.

Si tratta del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in Conferenza Unificata, nonché previo parere delle competenti Commissioni parlamentari per il quale era prevista l’emanazione entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto n. 50/2017.

 

Le regioni inoltre dovranno provvedere alla determinazione degli adeguati livelli di servizio entro l’anno 2021 (anziché entro centoventi giorni) e contestualmente ad una riprogrammazione dei servizi anche modificando il piano di riprogrammazione dei servizi di trasporto pubblico locale e di trasporto ferroviario regionale (previsto dall'articolo 16-bis, comma 4, del decreto-legge n. 95/2012).

In caso di inadempienza della regione entro il 2021 (anziché entro i centoventi giorni), si applica la norma vigente in base alla quale si procede ai sensi dell'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, che disciplina l’esercizio del potere sostitutivo in attuazione dell’articolo 120 della Costituzione.

In proposito andrebbe valutata la congruitā del termine del 2021, considerato che la ripartizione della quota residua del fondo, ai sensi della lett. c) dell’art. 27, comma 2, come modificata dalla norma in esame, prevede l’anno 2021 stesso come termine per la definizione da parte delle regioni dei livelli di servizio sulla base dei quali il ministero, entro il 30 giugno del medesimo anno, dovrebbe procedere all’emanazione del decreto di ripartizione del Fondo.

Il criterio dei canoni di accesso all’infrastruttura ferroviaria (comma 1, lett. b)

Il comma 1, lett. b), sostituisce il comma 2-bis dell’art. 27, relativamente alle modalitā per tenere conto, in sede di riparto del Fondo TPL, dei costi del canone di accesso all'infrastruttura ferroviaria di RFI.

La disposizione conferma, come giā previsto dal vigente comma 2-bis, che si dovrā tenere annualmente conto delle variazioni per ciascuna Regione, in incremento o decremento rispetto al 2017, dei costi del canone di accesso all'infrastruttura ferroviaria introdotte dalla societā Rete ferroviaria italiana Spa, con decorrenza dal 1° gennaio 2018, in ottemperanza ai criteri stabiliti dall'Autoritā di Regolazione dei Trasporti. Si introduce quindi, novellando la disposizione attuale, un periodo in base al quale tali variazioni, anziché comportare una modifica delle percentuali di attribuzione del Fondo tra le regioni, siano determinate a preventivo e consuntivo rispetto al riparto di ciascun anno, a partire dal saldo del 2019. Si ricorda infatti che le percentuali di ripartizione sono frutto dell’Intesa raggiunta in Conferenza Unificata a dicembre 2017.

Viene poi specificato in dettaglio il funzionamento di questo nuovo meccanismo di determinazione a preventivo e consuntivo:

-       per le variazioni fissate a preventivo si prevede la verifica consuntiva e l’eventuale conseguente revisione in sede di saldo a partire dall’anno 2020, a seguito di apposita certificazione da rendere entro il mese di settembre di ciascun anno, al MIT tramite l’Osservatorio TPL, nonché alle Regioni;

-       ai fini del riparto del saldo 2019, per il quale evidentemente il meccanismo del preventivo non č stato applicato in quanto non era previsto, si dispone che si renda conto dei soli dati a consuntivo relativi alle variazioni 2018, comunicati e certificati dalle imprese esercenti i servizi di trasporto pubblico ferroviario con le medesime modalitā e tempi previsti a regime dal 2020.

In entrambe le ipotesi, in caso di inadempienza č prevista la sospensione dell’erogazione dei corrispettivi di cui ai relativi contratti di servizio con le Regioni, in analogia a quanto disposto al comma 7 dell’articolo 16-bis del decreto-legge n. 95 del 2012.

Il richiamato art. 16-bis, comma 7 prevede che nel caso di mancata trasmissione da parte delle regioni dei dati economici e trasportistici all’Osservatorio TPL, i contributi pubblici e i corrispettivi dei contratti di servizio non possano essere erogati alle aziende di trasporto pubblico e ferroviario.

Per comprendere la portata del nuovo meccanismo, occorre ricordare che la formulazione attuale del comma 2-bis, introdotta dalla legge di Bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017, comma 74), prevede che per tenere conto delle variazioni del canone d'accesso alle infrastrutture ferroviarie, si provveda alla modifica delle percentuali di riparto del Fondo TPL con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato regioni. In sede di erogazione alle regioni del saldo 2018 del Fondo TPL, avvenuta con decreto interministeriale MIT/MEF n. 537 del 7 dicembre 2018 (qui la tabella di ripartizione), il MIT ha comunicato che in questa sede si č tenuto anche conto dell'aumento o della diminuzione degli oneri sostenuti, nel 2018, dalle Regioni a statuto ordinario per le variazioni dei canoni di accesso all'infrastruttura ferroviaria introdotte da RFI. Pertanto per il 2018 si č applicato tale meccanismo a saldo, mentre per il 2019 si avrā solo la possibilitā di applicare il nuovo meccanismo a consuntivo in sede di saldo 2019, non essendo stata fissata a preventivo nessuna variazione.

 

Si ricorda che l’Autoritā dei Trasporti (ART), che svolge le funzioni di regolazione per l'accesso all'infrastruttura ferroviaria, ha definito i criteri per la determinazione dei canoni di accesso e utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria nazionale con la Delibera n. 96 del 13 novembre 2015. La Delibera č stata modificata e integrata dalle successive delibere n. 28/2016 dell’8 marzo 2016, n. 31/2016 del 23 marzo 2016, n. 72/2016 del 27 giugno 2016, n. 84/2016 del 21 luglio 2016, n. 152/2017 del 21 dicembre 2017. Si tratta di una complessiva definizione dei criteri di determinazione del pedaggio per l'utilizzo delle infrastrutture ferroviarie in modo che lo stesso sia, tra l'altro, correlato ai costi ed agli investimenti sostenuti al netto dei contributi pubblici, opportunamente parametrato, modulato ed orientato ai principi della trasparenza, rendicontazione, separazione contabile e sottoposto ad obblighi rafforzati di applicazione della contabilitā regolatoria e relativa certificazione. I canoni di accesso sono oggetto di pubblicazione nel Prospetto Informativo della Rete, redatto annualmente da RFI per fornire una panoramica di tutte le attivitā offerte da RFI ai propri clienti, tra cui vi sono sia le imprese ferroviarie a cui le Regioni affidano il servizio ferroviario con appositi contratti di servizio, che le regioni stesse. Le misure regolatorie hanno come oggetto la definizione, per un periodo di regolazione quinquennale, del:

a) canone di accesso per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria nazionale di RFI, cioč i servizi del c.d. "Pacchetto Minimo di Accesso" o PMdA (come definito dall'art. 13,comma 1,del D.Lgs. 112/2015, di attuazione della direttiva c.d. Recast), che comprende ad esempio l'utilizzo delle linee e delle stazioni, l'assegnazione della traccia oraria ed il controllo e la regolazione della circolazione e le relative informazioni necessarie;

b) i canoni ed i corrispettivi per gli altri servizi aggiuntivi, non ricompresi nel canone del PMdA, afferenti all'infrastruttura ferroviaria nazionale, alcuni dei quali sono considerati ad accesso garantito (ad esempio l'accesso a scali merci e impianti tecnici) mentre altri sono servizi complementari o ausiliari (ad esempio l'utilizzo degli spazi delle stazioni per biglietterie e assistenza clienti, i servizi di manovra, la corrente di trazione, l'accesso alla rete di telecomunicazione),qualora soggetti a regolamentazione, come previsto dal D.Lgs. 112/2015.

Per approfondimenti si veda l'Allegato alla Delibera, contenente le specifiche Misure di regolazione e la relativa Relazione Istruttoria.

Con la Delibera n. 75/2016 l’ART ha quindi ritenuto conforme ai criteri della Delibera n. 96/2015 il nuovo sistema tariffario 2016-2021 per il Pacchetto Minimo di Accesso all'infrastruttura ferroviaria nazionale, presentato dal gestore della rete Rete Ferroviaria Italiana Spa (RFI) in data 30 giugno 2016.

 


 

Articolo 48
(Adeguamento banca dati di riferimento
rendiconto di gestione comuni)

 

 

articolo 48 modifica alcune disposizioni dell’ordinamento contabile degli enti locali, al fine di eliminarvi i riferimenti ai certificati di bilancio e di rendiconto e sostituirli con quello al rendiconto della gestione ed all’invio dello stesso alla Banca dati delle amministrazioni pubbliche.

Le modifiche normative introdotte dall’articolo in esame sono conseguenti alle novitā introdotte dalla legge di bilancio per il 2019 (ai commi 902-904), che ha eliminato l’obbligo delle certificazioni sui principali dati del bilancio di previsione e del rendiconto della gestione, da inviare al Ministero dell’interno, sostituite dall'invio dei bilanci di previsione e dei rendiconti alla Banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP), secondo la previsione dell’articolo 13 della legge n. 196/2009.

 

Si rammenta che l’articolo 1, comma 902, della legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018) ha disposto che, a decorrere dal bilancio di previsione 2019, l’invio dei bilanci di previsione e dei rendiconti alla Banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP), previsto dall’articolo 13 della legge di contabilitā pubblica n. 196/2009, sostituisce la trasmissione al Ministero dell'interno delle certificazioni sui principali dati del bilancio di previsione e del rendiconto della gestione da parte di comuni, province, cittā metropolitane, unioni di comuni e comunitā montane, prima richieste dall’articolo 161 del TUEL, che č stato conseguentemente sostituito.

La nuova formulazione dell’articolo 161 - che entrerā in vigore dal 1° novembre 2019 - prevede ora la facoltā del Ministero dell’interno di richiedere specifiche certificazioni sui particolari dati finanziari non presenti nella BDAP, secondo modalitā da stabilirsi con decreto del Ministero dell’interno. I dati delle certificazioni, pubblicati nel sito internet istituzionale del Ministero dell'interno, sono resi disponibili per l'inserimento nella BDAP. Entro 30 giorni dal termine previsto per l’approvazione dei bilanci di previsione, dei rendiconti e del bilancio consolidato[20], in caso di mancato invio dei documenti alla BDAP, il comma 4 del nuovo articolo 161 prevede la sanzione (giā prevista in caso di mancata trasmissione delle certificazioni) consistente nella sospensione dei pagamenti delle risorse finanziarie a qualsiasi titolo dovute agli enti locali dal Ministero dell’interno, ivi comprese quelle a titolo di fondo di solidarietā comunale.

Il mancato invio dei documenti contabili alla BDAP entro i 30 giorni dal termine stabilito per la loro approvazione comporta altresė l’attivazione dell’altra sanzione, prevista dall'articolo 9, comma 1-quinquies, del D.L. n. 113/2016, che comporta il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo.

Giova, infine, ricordare che l’obbligo di inviare i bilanci e i conti consuntivi alla BDAP č previsto dall’art. 13 della legge 196/2009, che rinvia ad apposito decreto ministeriale, quest’ultimo adottato il 12 maggio 2016, il quale prevede, all’art. 4, che l’invio del bilancio di previsione o del rendiconto deve avvenire entro trenta giorni dalla sua approvazione.

 

In particolare, il comma 1 interviene sugli adempimenti contabili relativi alla presentazione della tabella dei parametri di riscontro della situazione di deficitarietā strutturale dell’ente locale, che la normativa vigente prevede debba essere allegata sia al bilancio di previsione (art. 172) sia al rendiconto di gestione (art. 227, co. 5), nonché al certificato di rendiconto (art. 228, co. 5).

Stante quanto sopra ricordato, la lettera a) del comma 1 sopprime la disposizione – contenuta al comma 5 dell’articolo 228 del D.Lgs. 267/2000 – che pone a carico degli enti locali l’onere di allegare la tabella dei parametri di riscontro della situazione di deficitarietā strutturale ed il piano degli indicatori e dei risultati di bilancio anche al certificato di rendiconto. La soppressione č conseguente al fatto che l’onere della trasmissione del certificato di rendiconto č ormai venuto meno, ai sensi del citato comma 902 della legge di bilancio 2019, sostituito dall’obbligo, previsto dalla legge di contabilitā, dell’invio del rendiconto alla BDAP.

Resta in ogni caso ferma la disposizione, contenuta nel medesimo comma 5 dell’art. 228 del TUEL, che prevede che tali documenti (tabella dei parametri di deficitarietā strutturale e piano degli indicatori) vengano allegati al rendiconto.

 

Si ricorda che, in base alla disciplina dell’art. 242 del TUEL, sono da considerarsi in condizioni strutturalmente deficitarie gli enti locali che presentano gravi ed incontrovertibili condizioni di squilibrio rilevabili dall’apposita tabella, da allegare al rendiconto della gestione (relativo al penultimo esercizio precedente quello di riferimento), contenente parametri obiettivi dei quali almeno la metā presentino valori deficitari. I parametri obiettivi, e le modalitā per la compilazione della tabella, sono fissati con decreto del Ministro dell'interno di natura non regolamentare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze (per il triennio 2019-2021: D.M. 28 dicembre 2018).

Nella Relazione illustrativa all’articolo in esame si sottolinea che la BDAP, una volta acquisiti rendiconti ed allegati dagli enti locali, provvederā a trasmettere al Ministero dell’Interno, con procedura informatica, sia le tabelle dei parametri di riscontro della situazione di deficitarietā strutturale che il piano degli indicatori e dei risultati di bilancio, ora, per l’appunto, entrambi allegati allo schema di rendiconto che gli enti locali sono tenuti a trasmettere alla citata banca dati con le modalitā previste dal DM 12 maggio 2016.

 

Per le medesime considerazioni, la lettera b) del comma 1 modifica altresė le disposizioni dei commi 5 e 6 dell’articolo 243 del TUEL, che disciplina i controlli cui sono soggetti gli enti locali strutturalmente deficitari, al fine di eliminare, all’interno delle misure sanzionatorie, i riferimenti al soppresso certificato di bilancio e di rendiconto e sostituirli con quello al rendiconto della gestione ed all’invio dello stesso a BDAP, secondo la previsione dell’articolo 13 della legge n. 196/2009.

 

In base all’articolo 243 del TUEL, gli enti locali che risultano strutturalmente deficitari sono soggetti al controllo centrale sulle dotazioni organiche e sulle assunzioni di personale, nonché ai controlli in materia di copertura del costo di alcuni servizi (in particolare, quelli a domanda individuale, di acquedotto e di smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni ed equiparati), tesi a rilevare che il costo complessivo della gestione di tali servizi sia stato coperto in via prioritaria con le relative tariffe, in misura non inferiore ad una determinata percentuale ivi indicata. Agli enti che non rispettano i suddetti livelli minimi di copertura dei costi di gestione č applicata una sanzione pari all'1 per cento delle entrate correnti risultanti dal certificato di bilancio di cui all'articolo 161.

 

In sostanza, con le novelle apportate dalla lettera b) del comma in esame:

§  si modifica il comma 5 dell’art. 243 del TUEL, al fine di precisare che la sanzione da applicare agli enti in condizioni strutturalmente deficitarie che non rispettano i livelli minimi di copertura dei costi di gestione č ora commisurata all’1 per cento delle entrate correnti risultanti dal rendiconto della gestione, anziché di quelle risultanti dal certificato di bilancio, del penultimo esercizio finanziario precedente a quello in cui viene rilevato il mancato rispetto dei predetti limiti minimi di copertura. Laddove non risultasse inviato alla BDAP il rendiconto della gestione del penultimo anno precedente, si fa riferimento all'ultimo rendiconto presente nella stessa banca dati o, in caso di ulteriore indisponibilitā, in quella dei certificati di bilancio del Ministero dell’interno;

§  si riformula il comma 6 dell’art. 243, nel senso di prevedere l’assoggettamento in via provvisoria ai controlli centrali in materia di copertura del costo dei servizi anche degli enti locali: a) che non abbiano provveduto, nei termini di legge, alla deliberazione del rendiconto della gestione (fattispecie peraltro giā prevista dal previgente comma 6), b) che non inviino il rendiconto della gestione alla BDAP entro 30 giorni dal termine previsto per la sua deliberazione (il testo previgente prevedeva l’attivazione dei controlli in caso di mancata presentazione del certificato al rendiconto).

 

Il comma 2 modifica la disposizione – di cui al comma 142 della legge di bilancio 2019 – la quale, in relazione ai contributi assegnati ai comuni per investimenti di messa in sicurezza del territorio[21], indica come requisito essenziale per l’attribuzione dei contributi medesimi, la trasmissione alla banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP) del rendiconto di gestione e del Piano degli indicatori e dei risultati attesi di bilancio. Ciō in quanto le informazioni finanziarie utili ai fini della definizione dell’ammontare da attribuire a ciascun ente, sono desunte, secondo il dettato della norma, dal prospetto dimostrativo del risultato di amministrazione allegato al rendiconto della gestione (e dal quadro generale riassuntivo), trasmessi alla banca dati delle amministrazioni pubbliche (BDAP).

La modifica riguarda, in particolare, la disposizione che si riferisce ai comuni per i quali sono sospesi i termini di approvazione del rendiconto di gestione, precisando che per essi le informazioni finanziarie utili per l’assegnazione del contributo siano desunte dall'ultimo rendiconto della gestione trasmesso alla citata banca anziché dall'ultimo certificato di conto consuntivo trasmesso al Ministero dell'interno.

 


 

Articolo 49
(Revisione prioritā investimenti)

 

 

articolo 49 dispone misure volte ad ampliare l’utilizzo di risorse assegnate alle regioni per interventi territoriali e alla sicurezza della rete ferroviaria nazionale.

 

Nello specifico, il comma 1 reca modifiche all’articolo 1, commi 134 e 135, della legge di bilancio 2019 (legge 30 dicembre 2018, n.145), al fine di estendere l’ambito degli investimenti, ivi previsti per il periodo 2021-2033, a favore delle regioni a statuto ordinario, anche al settore dei trasporti e della viabilitā, con la finalitā di ridurre l’inquinamento ambientale, e di favorire investimenti finalizzati alla rigenerazione urbana, alla riconversione energetica verso fonti rinnovabili, ad infrastrutture sociali e alle bonifiche ambientali.

 

La lettera a) del comma 1, che modifica il comma 134 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2019, prevede l’estensione dei contributi assegnati, per il periodo 2021-2033, alle regioni a statuto ordinario, per investimenti finalizzati alla realizzazione di opere pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio, anche ai seguenti interventi:

§  viabilitā, messa in sicurezza e sviluppo di sistemi di trasporto pubblico, anche con la finalitā di ridurre l’inquinamento ambientale;

§  rigenerazione urbana e riconversione energetica verso fonti rinnovabili,

§  infrastrutture sociali;

§  bonifiche ambientali dei siti inquinati.

 

L’articolo1, comma 134 della legge di bilancio 2019 assegna alle regioni a statuto ordinario, per il periodo 2021-2033, contributi per la realizzazione di opere pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio, pari complessivamente a circa 3,2 miliardi di euro (135 milioni di euro annui dal 2021 al 2025, 270 milioni per il 2026, 315 milioni annui dal 2027 al 2032 e 360 milioni per il 2033).

Il comma 135 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2019 chiarisce che i contributi disposti dal comma 134 sono assegnati ogni anno dalle regioni ai comuni del proprio territorio per almeno il 70%, entro il 30 ottobre dell'anno precedente al periodo di riferimento, a favore di investimenti per la messa in sicurezza:

a)   del territorio a rischio idrogeologico;

b)   di strade, ponti, e viadotti;

c)   nonché degli edifici, con precedenza per gli edifici scolastici, e altre strutture di proprietā dei comuni.

 

La lettera b), che modifica la lettera b) del citato comma 135, estende agli interventi in viabilitā e trasporti i contributi previsti per la messa in sicurezza di strade, ponti e viadotti, anche con la finalitā di ridurre l’inquinamento ambientale.

La medesima lettera b), che aggiunge al comma 135 le lettere c-bis)-c-quinquies), introduce i seguenti ulteriori interventi cui č destinata l’utilizzazione dei previsti contributi:

c-bis) messa in sicurezza e sviluppo di sistemi di trasporto pubblico di massa finalizzati al trasferimento modale verso forme di mobilitā maggiormente sostenibili e alla riduzione delle emissioni climalteranti;

c-ter) progetti di rigenerazione urbana, riconversione energetica e utilizzo fonti rinnovabili;

c-quater) infrastrutture sociali;

c-quinquies) bonifiche ambientali dei siti inquinati.

 

I commi 134-148 dell’art. 1 della legge di bilancio 2019 prevedono due distinti programmi - gestiti rispettivamente dalle singole regioni e dal Ministero dell’interno - aventi perō la medesima finalitā di consentire la realizzazione di opere pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio. Per la realizzazione di tali programmi sono assegnati ai comuni, per il periodo 2021-2033, mediante riparto effettuato dal soggetto gestore, contributi per un importo complessivo di circa 8,1 miliardi di euro.

Oltre alle procedure per la concessione dei contributi ai comuni, sono disciplinati l’utilizzo dei risparmi derivanti da eventuali ribassi d'asta nonché il monitoraggio degli investimenti effettuati.

 

Si ricorda, come indicato nella relazione illustrativa del provvedimento in esame, che nella NADEF 2019 il Governo ha sottolineato che nel quadro della strategia del Green New Deal i piani di investimenti pubblici dovranno porre al centro la protezione dell'ambiente anche attraverso il miglioramento dei parametri e dei livelli di inquinamento ambientali, il progressivo ricorso alle fonti rinnovabili, la protezione della biodiversitā e dei mari, il contrasto ai cambiamenti climatici ed il miglioramento della qualitā dell'aria.

Sul fronte degli investimenti pubblici, nella NADEF 2019 si č annunciata l'introduzione, nella prossima legge di bilancio, di due fondi, assegnati a Stato e Enti territoriali, per un ammontare complessivo di 50 miliardi di euro su un orizzonte di 15 anni, che si affiancheranno e daranno continuitā ai fondi costituiti con le ultime tre leggi di bilancio. I fondi serviranno ad attivare progetti di rigenerazione urbana, riconversione energetica e di incentivo all'utilizzo di fonti rinnovabili. Il Governo ha precisato che tale impegno non pregiudicherā la realizzazione di interventi necessari alla tutela del territorio e alla difesa della biodiversitā, e di quelli relativi alle reti di comunicazione e di connessione. In materia di trasporto pubblico locale, il Governo intende sostenere la mobilitā locale e urbana attraverso adeguati investimenti per il trasporto rapido di massa e per il rinnovo del parco autobus, anche con risorse per contribuire alla sostituzione dei mezzi pubblici allo scopo di incentivare la sicurezza dei trasporti e diminuire le emissioni di CO2.

 


 

Articolo 50
(Tempi di pagamento dei debiti commerciali della P.A.)

 

 

articolo 50 detta disposizioni in materia di tempi di pagamento dei debiti commerciali della P.A.

 

Il comma 1 modifica la disciplina introdotta in materia dalla legge di bilancio per il 2019.

 

articolo 1, commi 849-872 della legge n.145/2018 (legge di bilancio per il 2019), ha introdotto specifiche disposizioni volte ad assicurare la riduzione dei tempi di pagamento dei debiti commerciali da parte della P.A.

I commi da 849 a 856 ampliano le possibilitā per gli enti locali, le regioni e le province autonome di richiedere anticipazioni di liquiditā finalizzate al pagamento di debiti maturati alla data del 31 dicembre 2018, relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali. In particolare, si prevede che le banche, gli intermediari finanziari, la Cassa depositi e prestiti S.p.A. e le istituzioni finanziarie dell'Unione europea possano concedere ai comuni, alle province, alle cittā metropolitane, alle regioni  e alle province autonome, anche per conto dei rispettivi enti del Servizio sanitario nazionale (SSN), anticipazioni di liquiditā da destinare al pagamento di debiti, certi, liquidi ed esigibili, maturati alla data del 31 dicembre 2018, relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali. Le anticipazioni di cassa agli enti locali sono assistite, quale garanzia del pagamento delle rate di ammortamento, da una delegazione di pagamento a valere sulle entrate afferenti ai primi tre titoli del bilancio di previsione. L'anticipazione di liquiditā per il pagamento di debiti fuori bilancio č subordinata al riconoscimento della legittimitā dei debiti stessi ad opera della deliberazione del consiglio dell'ente. Viene fissato al 28 febbraio 2019 il termine entro il quale la richiesta di anticipazione di liquiditā deve essere presentata agli istituti finanziari. Il pagamento dei debiti per i quali č stata ottenuta l'anticipazione deve avvenire entro 15 giorni dalla data di erogazione (30 giorni nel caso di debiti degli enti del SSN). Il rimborso delle anticipazioni deve avvenire entro il momento dell'avvenuto ripristino della normale gestione di liquiditā, e comunque non oltre il 15 dicembre 2019. In caso di mancato rimborso entro i termini stabiliti, gli istituti finanziatori possono chiedere la restituzione dell'anticipazione, anche attivando le garanzie previste.

I commi da 857 a 872 disciplinano una serie di misure di garanzia richieste agli enti pubblici al fine di garantire il rispetto dei tempi di pagamento dei debiti commerciali.

In particolare, si prevede che quando si verifichino determinate condizioni - ossia insufficiente riduzione del debito  commerciale (riduzione inferiore al 10% rispetto a quello del secondo esercizio precedente) o presenza di un indicatore di ritardo annuale dei pagamenti non in linea con i termini di pagamento delle transazioni commerciali[22] - le amministrazioni sono tenute, entro il 31 gennaio[23], a stanziare, nella parte corrente del proprio bilancio, un accantonamento, denominato Fondo di garanzia debiti commerciali, sul quale non č possibile disporre impegni e pagamenti, che a fine esercizio confluisce nella quota libera del risultato di amministrazione. L’accantonamento riguarda una quota (crescente dall’1 al 5 per cento in relazione al crescere del ritardo medio dei pagamenti registrati nell’esercizio precedente) degli stanziamenti relativi alla spesa per acquisto di beni e servizi nell’esercizio in corso (comma 862[24]).

Ai sensi del comma 861 i tempi di pagamento e ritardo sono elaborati mediante la Piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni (PCC) (di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 35 del 2013).

Infine, il comma 857 dispone che nell'anno 2020 le misure di garanzia, ossia gli accantonamenti richiesti alle amministrazioni in presenza di una insufficiente riduzione del debito commerciale o di un indicatore di ritardo annuale dei pagamenti non in linea con la legislazione vigente, sono raddoppiate nei confronti degli enti che non hanno richiesto l'anticipazione rispettando il termine del 28 febbraio 2019 o che (dopo averla richiesta) non hanno effettuato il pagamento entro il termine di 15 giorni dalla data di erogazione.

 

In primo luogo viene abrogato l’articolo 1, comma 857 della legge 145/2018, che prevede il raddoppio nel 2020 delle misure di garanzia richieste agli enti per il mancato rispetto dei termini di pagamento delle transazioni commerciali e di mancata riduzione del debito commerciale residuo, nel caso in cui gli enti medesimi non abbiano richiesto l’anticipazione di liquiditā nei termini previsti o, pur avendola richiesta, non abbiano effettuato i relativi pagamenti nei tempi fissati (lettera a)).

Si prevede, quindi, che, limitatamente all’esercizio 2019, gli indicatori relativi al ritardo annuale dei pagamenti e al debito commerciale residuo, da prendere a riferimento per l’applicazione delle misure di garanzia, possono essere quelli elaborati dall’ente, sulla base delle informazioni presenti nelle proprie registrazioni contabili e non quelli elaborati dalla Piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni (PCC) (come previsto dal comma 861). Qualora l’ente decida di avvalersi di tale facoltā, deve effettuare la comunicazione alla stessa PCC dello stock di debito commerciale residuo al 31 dicembre 2019 anche se utilizza gli strumenti dispositivi dei pagamenti resi disponibili dall’applicativo SIOPE+ (lettere b) e c)).

Infine, viene posticipato (dal 31 gennaio) al 28 febbraio il termine (previsto dal comma 862) entro il quale gli enti che adottano la contabilitā finanziaria e presentano indicatori di ritardo annuale dei pagamenti e di debito commerciale residuo non in linea con quanto richiesto, devono adottare la delibera di costituzione del Fondo garanzia debiti commerciali (lettera d)).

 

Il comma 2 anticipa (dal 30 aprile) al 31 gennaio il termine entro il quale le amministrazioni pubbliche sono tenute[25] ad effettuare la comunicazione annuale PCC (Piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni) dell’elenco completo dei debiti certi, liquidi ed esigibili al 31 dicembre dell’esercizio precedente.

 

Il comma 3 stabilisce che entro il 1° gennaio 2021 le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, della legge n. 196/2009[26], che si avvalgono dell’Ordinativo Informatico di Pagamento (OPI), sono tenute ad inserirvi la data di scadenza della fattura. A decorrere dalla medesima data del 1° gennaio 2021 viene meno per le stesse amministrazioni l’obbligo di comunicare mensilmente sulla PCC i dati relativi ai debiti commerciali non estinti e scaduti[27]

 

Nella relazione illustrativa si afferma che tale adempimento assicurerā una migliore registrazione dei pagamenti delle fatture sulla PCC.

 

 


 

Articolo 51
(Attivitā informatiche in favore di organismi pubblici)

 

 

articolo 51 prevede che la SOGEI possa offrire servizi informatici, da erogare tramite apposite convenzioni, al Consiglio di Stato, Avvocatura dello Stato, Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto, INVIMIT SGR e alla societā per la gestione della piattaforma tecnologica dei pagamenti alle pubbliche amministrazioni (pagoPA).

 

La disposizione, secondo quanto indicato dall’articolo in esame, č finalizzata a:

§  migliorare l’efficacia e l’efficienza dell’azione amministrativa;

§  favorire la sinergia tra processi istituzionali afferenti ambiti affini;

§  favorire la digitalizzazione dei servizi e dei processi attraverso interventi di consolidamento delle infrastrutture, razionalizzazione dei sistemi informativi e interoperabilitā tra le banche dati, in coerenza con le strategie del Piano triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione.

 

Il Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione fissa gli obiettivi e individua i principali interventi di sviluppo e gestione dei sistemi informativi delle p.a. (art. 14-bis CAD). Il Piano č redatto dall'AgID, che ne cura anche la verifica dell'attuazione, e approvato dal Presidente del Consiglio, o dal ministro delegato per l'informatizzazione. Nel marzo 2019 č stato varato il Piano triennale 2019-2021.

 

A tali fini, il comma 1 prevede che la societā di cui all’articolo 83, comma 15, del D.L. 112/2008 (ossia SOGEI), puō offrire servizi informatici strumentali al raggiungimento degli obiettivi propri delle pubbliche amministrazioni e delle societā pubbliche da esse controllate indicate al comma 2). L’oggetto e le condizioni della fornitura dei sevizi saranno definiti con apposite convenzioni.

 

I commi da 8 a 15 del citato art. 83 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 recano un complesso di disposizioni eterogenee riguardanti l’attivitā di controllo e di accertamento, l’organizzazione delle Agenzie fiscali e la SOGEI. Il comma 15, per quanto rileva in questa sede, dispone che i diritti dell’azionista della societā di gestione del sistema informativo dell’amministrazione finanziaria, vale a dire la SOGEI, siano esercitati da parte del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Si ricorda, in breve, che SOGEI - Societā generale d’informatica s.p.a, č stata costituita nel 1976 come societā a prevalente partecipazione pubblica anche in considerazione della necessitā di realizzare l’anagrafe tributaria, necessaria alla luce della riforma fiscale del 1974.

Attualmente, la SOGEI č una societā per azioni a totale partecipazione pubblica le cui azioni appartengono al Ministero dell’economia e finanze.

Ai sensi dell'art. 4 dello statuto del 29 dicembre 2016, la SOGEI ha per oggetto sociale, prevalente, almeno per l’80% di fatturato, la prestazione di servizi strumentali all'esercizio delle funzioni pubbliche attribuite al MEF Ministero e alle Agenzie fiscali, e segnatamente:

§  ogni attivitā, compresa quella industriale, finalizzata alla realizzazione, allo sviluppo, alla manutenzione e alla conduzione tecnica del sistema informativo della fiscalitā per l'amministrazione fiscale;

§  ogni altra attivitā connessa, direttamente o indirettamente, con quella di cui sopra, comprese il supporto, l'assistenza e la consulenza all'amministrazione fiscale per lo svolgimento delle funzioni statali ad essa spettanti;

§  le attivitā informatiche riservate allo Stato, ai sensi del D.Lgs. 414/1997, nonché le attivitā di sviluppo e gestione dei sistemi informatici ivi comprese le attivitā di supporto, assistenza e consulenza collegate con le attivitā di cui sopra;

§  ogni altra attivitā di carattere informatico in aree di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze.

La SOGEI, puō, inoltre, svolgere le ulteriori attivitā conferite in base a disposizioni legislative e regolamentari, per conto di regioni, enti locali, societā a partecipazione pubblica, anche indiretta, di organismi ed enti che svolgono attivitā di interesse pubblico o rilevanti nel settore pubblico, nonché di istituzioni internazionali e sovranazionali e di amministrazioni pubbliche estere, comprese le attivitā verso l’Agenzia per l’Italia digitale.

 

La SOGEI eroga servizi informatici, oltre che per il Ministero dell’economia e delle Agenzie fiscali, anche in favore di altre amministrazioni, in virtų di specifici provvedimenti. Tra queste si ricordano:

§  Ministero dell’interno: l’articolo 1, comma 306, della legge 228/2012 (Legge di stabilitā 2013), prescrive che il Ministero dell’interno si avvale di SOGEI per la progettazione, implementazione e gestione dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR). Il Ministero dell’interno si avvale di SOGEI anche per quanto riguarda anche l'archivio nazionale informatizzato dei registri di stato civile tenuti dai comuni, confluito nell’ANPR (si veda in tal proposito l’articolo 10, comma 2, del D.L. 78/2015);

§  Ministero della giustizia: l’articolo 3, comma 7 del D.L. 59/2016 (come modificato dall’articolo 16-bis del D.L. 119/2018) prevede che “Il Ministero della giustizia, in attuazione degli obiettivi di cui al presente decreto, per la progressiva implementazione e digitalizzazione degli archivi e della piattaforma tecnologica ed informativa dell'Amministrazione della giustizia, in coerenza con le linee del Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione di cui all'articolo 1, comma 513, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, puō avvalersi, per i servizi accessori alla digitalizzazione della giustizia e alla gestione dei sistemi informativi sviluppati dal Ministero della giustizia, della societā di cui all'articolo 83, comma 15, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Ai fini della realizzazione dei predetti servizi di interesse generale, la societā provvede, tramite CONSIP S.p.A., all'acquisizione dei beni e servizi occorrenti”;

§  Dipartimento per le politiche della famiglia: il decreto del Ministro per la famiglia e le disabilitā 27 giugno 2019 (art. 3, comma 6), prevede che il Dipartimento possa avvalersi della SOGEI per le attivitā connesse al rilascio della Carta della famiglia;

§  Ministero per i beni e le attivitā culturali: il D.P.C.M. 15 settembre 2016, n. 187 (Regolamento recante i criteri e le modalitā di attribuzione e di utilizzo della Carta elettronica, prevista dall'articolo 1, comma 979, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 e successive modificazioni) prevede che il Ministero per i beni e le attivitā culturali, si avvale dell'Agenzia dell'Italia digitale, della SOGEI e della CONSAP - Concessionaria servizi assicurativi pubblici S.p.a. per l’implementazione della Carta elettronica prevista dal “Bonus cultura” in favore dei diciottenni.

 

Attualmente, SOGEI ha in corso attivitā con diverse altre amministrazioni, quali ad esempio l’Agenzia per la coesione territoriale e l’Avvocatura di Stato, sulla base di specifiche convenzioni.

Per un aggiornamento sull’attivitā contrattuale di SOGEI si veda Corte dei conti, Sez. controllo sugli enti, Relazione SOGEI per l’esercizio 2017, 24 ottobre 2018, 23 luglio 2019, DOC. XV, n. 192.

 

Inoltre, la SOGEI svolge una attivitā trasversale in favore di tutte le amministrazioni centrali in quanto č incaricata di realizzare “uno dei poli strategici per l'attuazione e la conduzione dei progetti e la gestione dei dati, delle applicazioni e delle infrastrutture delle amministrazioni centrali di interesse nazionale” previsti dal piano triennale di razionalizzazione dei centri di elaborazione dati (CED) delle pubbliche amministrazioni (comma 4-ter dell’art. 33-septies del D.L. 179/2012, introdotto dall’art. 61, comma 5, del D.Lgs. 179/2016).

 

Dal 2012 sono state trasferite a SOGEI le attivitā informatiche riservate allo Stato ed esercitate da CONSIP nonché le attivitā di sviluppo e gestione dei sistemi informatici delle amministrazioni. Contestualmente, č stato stabilito che SOGEI – sulla base di apposita convenzione – si avvale di CONSIP nella sua qualitā di centrale di committenza, per le acquisizioni di beni e servizi (si veda articolo 4, commi 3-bis e 3-ter, D.L. 95/2012).

 

La SOGEI, dunque, č societā per azioni partecipata interamente dal Ministero dell’economia e delle finanze e opera sulla base del modello dell’in house providing.

 

Secondo il modello organizzativo dell’in house providing č necessario che il soggetto affidatario, anche se dotato di autonoma personalitā giuridica, abbia caratteristiche tali da giustificare la sua equiparazione a un ufficio interno dell'amministrazione affidante, in modo che quest’ultima possa esercitare nei suoi confronti un controllo analogo.

In materia di in house, rilevano, in particolare, le disposizioni contenute agli articoli 5 e 192 del codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016) oltre alle previsioni recate dalla normativa dell’Unione europea sulla materia.

L’articolo 5 del codice dei contratti pubblici stabilisce, in particolare, le condizioni per escludere una concessione o un appalto pubblici dall’ambito di applicazione del codice, individuando tre requisiti:

§  controllo analogo, ossia l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi;

§  attivitā prevalente: oltre l'80 per cento delle attivitā della persona giuridica controllata č effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall'amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall'amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore;

§  partecipazione pubblica al capitale sociale del soggetto in house: nella persona giuridica controllata non vi č alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati le quali non comportano controllo o potere di veto previste dalla legislazione nazionale, in conformitā dei trattati, che non esercitano un'influenza determinante sulla persona giuridica controllata.

 

L’articolo 192 del codice detta uno speciale regime per gli affidamenti in house, prevedendo l’istituzione presso l’ANAC di un apposito elenco delle amministrazioni e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti in house (comma 1), stabilendo l’obbligo di una valutazione preventiva di congruitā e di motivazione da parte delle amministrazioni che intendono procedere ad un affidamento in house (comma 2) e individuando obblighi di trasparenza e pubblicazione degli atti connessi all’affidamento medesimo (comma 3). Attualmente, tale elenco č in corso di elaborazione da parte dell’ANAC.

Tali principi sono ribaditi dal testo unico in materia delle societā a partecipazione pubblica (D.Lgs. 175/2016, art. 16). Per le societā in house si richiede che:

§  per ricevere affidamenti diretti di contratti pubblici dalle amministrazioni che esercitano su di esse il controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi non deve esservi partecipazione di capitali privati, ad eccezione di quella prescritta da norme di legge e che avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, né l'esercizio di un'influenza determinante sulla societā controllata;

§  gli statuti devono prevedere che oltre l'ottanta per cento del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall'ente pubblico o dagli enti pubblici soci e che la produzione ulteriore rispetto al suddetto limite di fatturato sia consentita solo a condizione che la stessa permetta di conseguire economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell'attivitā principale della societā.

 

L’ANAC, intervenendo relativamente ad una norma che prevedeva “una specifica disciplina degli accordi tra soggetti pubblici, quale istituto giā previsto in passato e in linea generale dall'art. 15 della l. 241/1990 ai sensi del quale Ŧanche al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 14, le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attivitā di interesse comune" (delibera ANAC n. 567 del 31 maggio 2017). In tale sede l’ANAC ha evidenziato che si tratta di un modello convenzionale di svolgimento delle pubbliche funzioni, finalizzato alla collaborazione tra amministrazioni pubbliche. La conclusione di tali accordi, tuttavia, deve avvenire nel rispetto delle finalitā perseguite dalle direttive europee in tema di contratti pubblici e concessioni, vale dire la libera circolazione dei servizi e la libera concorrenza; pertanto, detti accordi devono avere ad oggetto attivitā non deducibili in contratti d'appalto (in tal senso Cons. Stato n. 3849/2013)".

In particolare l'Autoritā ha specificato che "i movimenti finanziari tra i soggetti che sottoscrivono l'accordo devono configurarsi solo come ristoro delle spese sostenute, essendo escluso il pagamento di un vero e proprio corrispettivo, comprensivo di un margine di guadagno". In conclusione l'Autoritā ha specificato che "qualora un'amministrazione si  ponga rispetto all'accordo come un operatore economico (ai sensi di quanto  stabilito dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 23 dicembre 2009, in C-305/08),  prestatore di servizi e verso un corrispettivo, anche non implicante il  riconoscimento di un utile economico ma solo il rimborso dei costi, non č  possibile parlare di una cooperazione tra enti pubblici per il perseguimento di  funzioni di servizio pubblico comune, ma di uno scambio tra i medesimi. Negli accordi tra amministrazioni pubbliche ex art. 15 l. 241/1990, dunque, assume rilievo la posizione di equiordinazione tra le stesse, al fine di coordinare i rispettivi ambiti di intervento su oggetti di interesse comune e non di comporre un conflitto di interessi di carattere patrimoniale; occorre, in sostanza, una ‘sinergica convergenza’ su attivitā di interesse comune, pur nella diversitā del fine pubblico perseguito da ciascuna amministrazione".

 

In relazione alla possibilitā per un ente che opera con modalitā in house di poter svolgere la propria attivitā anche nei confronti di una amministrazione diversa da quella proprietaria (c.d. in house orizzontale), alcune indicazioni sono inoltre dettate dalle “Linee Guida per l’iscrizione nell’elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie societā in house” adottate dall’ANAC (delibera 15 febbraio 2017, n. 2356).

Le Linee guida stabiliscono l’adozione da parte degli organismi in house nei cui confronti si vogliono operare affidamenti diretti di una clausola statutaria (come si č visto sopra presente nello statuto di SOGEI) che prevede che pių dell’80% del fatturato sia svolto in favore dell’ente pubblico o degli enti pubblici soci e che la produzione ulteriore rispetto a detto limite sia consentita solo se assicura economie di scala o altri recuperi di efficienza sul complesso dell’attivitā principale della societā partecipata.

Proprio in riferimento alla SOGEI, l’ANAC č intervenuta in merito all’affidamento diretto ad essa dei servizi di supporto alle strutture del Ministero dell’ambiente per il monitoraggio del sistema Sistri. In tale occasione l’ANAC ha ritenuto che “l’organismo in house di un ministero non puō essere considerato di per sé, a priori, come soggetto in house di un altro dicastero e addirittura dell’intera pubblica amministrazione centrale. A tal  fine, l’ANAC ha evidenziato come occorra, in ogni caso, un’espressa disposizione normativa che lo consenta – come l’art. 1, comma 306, della legge 228/2012 (Legge di stabilitā 2013), che  ha previsto che il Ministero dell’Interno si avvalga di SOGEI per la  progettazione, implementazione e gestione dell’Anagrafe Nazionale della  Popolazione Residente (ANPR) – oppure č necessario che ricorrano in concreto le condizioni legittimanti la configurazione di un rapporto in house, in senso orizzontale o verticale, tra soggetto affidante e soggetto affidatario.

Nel caso di specie (ANAC, delibera 16 novembre 2016, n. 1192) l’ANAC evidenziō che, in assenza di un rapporto di immedesimazione organica tra Ministero affidante e societā affidataria, non č possibile qualificare SOGEI alla stregua di soggetto in house del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM). “Si ritiene, pertanto, che non sussistono le condizioni per l’affidamento diretto a SOGEI dei servizi di supporto alle strutture del MATTM per il monitoraggio del nuovo sistema SISTRI, in base al modello dell’in house providing”

Si segnala, peraltro, che la stessa ANAC, in precedenza, aveva ritenuto che: “se l’in house providing si applica anche quando un’amministrazione aggiudicatrice aggiudica un appalto allo Stato o ad un altro soggetto giuridico controllato dallo Stato, e tenuto conto che i Ministeri sono organi dello Stato, facenti capo allo stesso e dallo stesso controllati, tra i quali non sussiste rapporto di terzietā, č possibile ritenere che una societā in house di un Ministero, sia organismo in house di tutto l’apparato statale e di tutti i Ministeri. Pertanto, nel caso di specie, l’Agenzia Industrie Difesa, in quanto societā in house del Ministero della Difesa, puō essere affidataria di un contratto pubblico da parte del Ministero dell’Interno, senza ricorrere alla procedura di evidenza pubblica” (ANAC, delibera 28 giugno 2016, n. 712).

 

Nel parere del Consiglio di Stato, Sex. II, 22 aprile 2015 n. 1178, relativo all’esclusione dell’applicabilitā del codice dei contratti pubblici agli accordi di gestione del patrimonio immobiliare pubblico stipulati con l’Agenzia del demanio, viene messa in luce l’esigenza pubblicistica (nel caso di specie, di valorizzare il territorio) a prescindere dalla natura demaniale o patrimoniale dei beni oggetto di convenzione. 

 

Come osserva anche la Corte dei conti nella Relazione su Sogei, dunque, la questione rimane aperta “anche se va considerato che l’art. 19, comma 5, del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, ha consentito l’affidamento, da parte di pių Amministrazioni a societā in house del MEF, come Invitalia e CONSAP. Dette societā operano quindi in un regime di “pluricommittenza pubblica”, (il cosiddetto in house orizzontale) quali soggetti strumentali in house di amministrazioni centrali dello Stato”. (Corte dei conti, Sez. controllo sugli enti, Relazione SOGEI per l’esercizio 2016, 24 ottobre 2018, Doc. XV, n. 73).

 

Il comma 2 individua i soggetti pubblici che possono avvalersi di SOGEI. Si tratta di:

§  il Consiglio di Stato, al fine di assicurare la sicurezza, la continuitā e lo sviluppo del sistema informatico della giustizia amministrativa;

§  Avvocatura dello Stato, con il medesimo fine indicato per il Consiglio di Stato, ed anche in relazione ai processi telematici nei quali č chiamata a patrocinare dinanzi alla giustizia contabile e alla giustizia tributaria;

§  il Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto, a decorrere dal 1° gennaio 2020, al fine di rendere effettive le norme relative all’istituzione di un “sistema comunitario di monitoraggio e di informazione sul traffico navale” ivi incluso il sistema denominato Port Management and Information System (PMIS) inerente la digitalizzazione dei procedimenti amministrativi afferenti le attivitā portuali, da realizzarsi a cura dell’amministrazione marittima, nonché di sviluppare, mediante utilizzo degli ordinari stanziamenti di bilancio, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, i sistemi informativi a supporto delle attivitā della stessa amministrazione marittima;

§  Investimenti Immobiliari Italiani Sgr S.p.A. (Invimit Sgr), al fine di assicurare e implementare le possibili sinergie con i sistemi informativi del Ministero dell’economia e delle finanze e dell’Agenzia del demanio;

§  la societā per la gestione della piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilitā tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati (pagoPA).

 

Per quanto riguarda l’Avvocatura dello Stato, si rileva che essa giā utilizza i servizi di SOGEI, attraverso la convenzione stipulata il 29 novembre 2017 finalizzata all’erogazione di servizi informativi specialistici per l’attuazione del progetto “Avvocatura dello Stato 2020, finanziato nell’ambito del Piano operativo nazionale (PON) Governance e capacitā istituzionale 2014-2020 (Corte dei conti, Sez. controllo sugli enti, Relazione SOGEI per l’esercizio 2017, 24 ottobre 2018, 23 luglio 2019, DOC. XV, n. 192).

 

Per quanto riguarda le Capitanerie di porto, con il D.Lgs 7 gennaio 2016 n. 4 č stata data attuazione della direttiva 2014/100/UE, di modifica della precedente direttiva 2002/59/CE (recepita con D. Lgs. n. 195/2005) che ha istituito un Sistema comunitario di monitoraggio del traffico navale e dell'informazione, che consente di dare accesso ad informazioni relative, ad esempio, alle posizioni delle navi, ai carichi pericolosi o all'inquinamento. Il Comando Generale delle Capitanerie di Porto ha provveduto alla realizzazione di una complessa "rete nazionale" per la ricezione delle informazioni AIS (Automatic Identification System) trasmesse dalle navi. Del Sistema di monitoraggio europeo fa parte il sistema SafeSeaNet avviato nell'ottobre 2004 dall'Agenzia europea per la sicurezza marittima (EMSA): una piattaforma per lo scambio telematico di dati tra le amministrazioni marittime degli stati membri dell’UE, la Norvegia e l’Islanda. Le finalitā del sistema sono la sicurezza marittima e portuale, la protezione dell’ambiente marino e l’efficienza del traffico e del trasporto marittimo; esso č formato da una rete di sistemi nazionali, ciascuno sotto la responsabilitā di un'autoritā nazionale competente (il Comando Generale delle Capitanerie) e da una banca dati centrale di raccordo che collega tutti i sistemi SafeSeaNet nazionali. Lo scambio e la condivisione dei dati avviene tramite l'interazione con sistemi pubblici e privati. Sistema centrale e sistemi nazionali devono essere conformi ai requisiti previsti dalla direttiva per ciō che concerne la riservatezza delle informazioni e i principi in materia di sicurezza descritti dal Documento di controllo dell'interfaccia e delle funzionalitā (IFCD).

Il Sistema PMIS (Port Management Information System) č uno dei sistemi che contribuiscono alla creazione di un unico Sistema nazionale di monitoraggio della logistica (SiNaMoLo) come previsto la legge n. 124 del 2017 (Legge annuale per la concorrenza, art. 1, co. 188). Esso č giā operativo ed č impiegato dal personale delle Capitanerie di Porto sia nello svolgimento delle pratiche amministrative collegate all’arrivo e alla partenza delle navi, sia per la supervisione del traffico all’interno delle acque portuali.

 

La Societā Investimenti Immobiliari Italiani Societā di Gestione del Risparmio societā per azioni (Invimit SGR S.p.A.), interamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, č stata istituita con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 19 marzo 2013 con il compito di istituire fondi che partecipano a quelli immobiliari costituiti da enti territoriali, anche tramite societā interamente partecipate, a cui conferire immobili oggetto di progetti di valorizzazione (fondi di fondi). Al fine di conseguire la riduzione del debito pubblico, la Invimit SGR puō istituire anche fondi a gestione diretta di asset pubblici, di enti territoriali e previdenziali (fondi diretti). Sono previsti, infine, fondi comuni di investimento immobiliare a cui conferire gli immobili di proprietā dello Stato non pių utilizzati dal Ministero della difesa per finalitā istituzionali e suscettibili di valorizzazione (cd. fondi difesa).

La legge di bilancio per il 2019 ha previsto un Piano straordinario di dismissioni di immobili pubblici, definito nel perimetro e nelle modalitā attuative dal decreto MEF del 28 giugno 2019. La Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza 2019 al riguardo rileva che al conseguimento degli obiettivi di proventi da dismissioni fissati per il 2019-2021 sono destinati anche i proventi derivanti dalla dismissione degli immobili pubblici conferiti ai fondi immobiliari gestiti da Invimit Sgr per un importo stimato complessivamente in 610 milioni, di cui 500 milioni attraverso la cessione, entro l’anno, di quote dei fondi e 110 milioni attraverso la vendita diretta di immobili con procedura di asta.

 

La piattaforma pagoPA č la piattaforma per la gestione del sistema dei pagamenti pubblici, che consente a privati e aziende di effettuare pagamenti elettronici alla PA. Il Sistema pagoPA č stato realizzato dall’Agenzia per l’Italia Digitale in attuazione dell’articolo 5 del CAD, il quale precisa che l’Agenzia per l’Italia Digitale mette a disposizione, attraverso il Sistema pubblico di connettivitā, una piattaforma tecnologica per l’interconnessione e l’interoperabilitā tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati, al fine di assicurare, attraverso strumenti condivisi di riconoscimento unificati, l’autenticazione certa dei soggetti interessati all’operazione in tutta la gestione del processo di pagamento.

L’articolo 8 del D.L. 135/2018 ha trasferito, dall'Agenzia per l'Italia Digitale alla Presidenza del Consiglio dei ministri, i compiti relativi alla piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilitā tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento. A tale fine si prevede la costituzione, entro 120 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge, di una societā per azioni interamente partecipata dallo Stato per lo svolgimento delle suddette attivitā. Al Presidente del Consiglio dei ministri sono attribuite le funzioni di indirizzo, coordinamento e supporto tecnico delle pubbliche amministrazioni per assicurare la massima diffusione delle forme di pagamento con strumenti elettronico.


 

Articolo 52
(Incentivi per l'acquisto dei dispositivi antiabbandono)

 

 

L'articolo 52 prevede, al comma 1, che le agevolazioni fiscali previste all’articolo 3 della legge n. 117 del 2018, in materia di introduzione dell'obbligo di installazione di dispositivi per prevenire l'abbandono di bambini nei veicoli chiusi, sono concesse nella forma anche di contributo. Il comma 2, novellando il comma 296 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2019, prevede l’istituzione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di un apposito fondo e stabilisce la concessione di un contributo di 30 euro per ciascun dispositivo di allarme acquistato, fino ad esaurimento delle risorse complessivamente disponibili pari a 15,1 milioni di euro per l’anno 2019 e a 1 milione di euro per l’anno 2020. Si demanda ad un decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l'individuazione delle modalitā attuative della disposizione, anche al fine di garantire il rispetto del limite di spesa.

 

 

Il comma 1 novella l’articolo 3, comma 1, della legge, n. 117 del 2018 - che ha recato norme per l'introduzione dell'obbligo di installazione di dispositivi per prevenire l'abbandono di bambini nei veicoli chiusi - prevedendo che le agevolazioni fiscali ivi previste sono concesse nella forma anche di contributi.  

La legge n. 117 del 2018 reca l'Introduzione dell'obbligo di installazione di dispositivi per prevenire l'abbandono di bambini nei veicoli chiusi.

L'articolo 3 reca Incentivi per l'acquisto dei dispositivi, e, nel testo previgente alla novella in esame, ha previsto che al fine di agevolare l'acquisto di dispositivi di allarme volti a prevenire l'abbandono dei bambini nei veicoli, previsti dall'articolo 172, comma 1-bis, del codice della strada, con appositi provvedimenti legislativi possono essere previste, nel rispetto della normativa europea sugli aiuti di Stato, agevolazioni fiscali limitate nel tempo.

Si tratta dei veicoli delle categorie M1, N1, N2 e N3 immatricolati in Italia, o immatricolati all'estero e condotti da residenti in Italia, quando si trasporta un bambino di etā inferiore a quattro anni assicurato al sedile con il sistema di ritenuta indicato, per i quali il conducente ha l'obbligo di utilizzare apposito dispositivo di allarme volto a prevenire l'abbandono del bambino, rispondente alle specifiche tecnico-costruttive e funzionali stabilite con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (ai sensi dell'articolo 172, comma 1-bis, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, introdotto dall'articolo 1, comma 1, della citata legge n. 117). Il conducente del veicolo č tenuto ad assicurarsi della persistente efficienza dei dispositivi in questione. In base agli obblighi normativi, sui veicoli delle categorie M1, N1, N2 ed N3 sprovvisti di sistemi di ritenuta: a) i bambini di etā fino a tre anni non possono viaggiare; b) i bambini di etā superiore ai tre anni possono occupare un sedile anteriore solo se la loro statura supera 1,50 m.

Si ricorda che per le nuove disposizioni antiabbandono la normativa ha previsto la applicazione decorsi centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale attuativo recante le caratteristiche tecnico-costruttive e funzionali del dispositivo e comunque a decorrere dal 1° luglio 2019 (art. 1, co. 3, l. 117).

 

Il comma 2 interviene sul comma 296 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2019, novellandone completamente il testo.

La nuova norma prevede che:

§  per le finalitā di cui al richiamato articolo 3 della legge n. 117 del 2018, č istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un apposito fondo ed č autorizzata la spesa di:

-     15,1 milioni di euro per l’anno 2019

-     e di 1 milione di euro per l’anno 2020.

Il comma 296 previgente stanziava invece, per la copertura degli oneri connessi all'attuazione dell'articolo 3 della legge 1° ottobre 2018, n. 117, la spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020.

§  Le agevolazioni di cui all’articolo 3 della legge n. 117, per l’anno 2019 e 2020, consistono nel riconoscimento di un contributo, fino ad esaurimento delle risorse previste, contributo pari a 30 euro per ciascun dispositivo di allarme acquistato.

§  Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze sono disciplinate le modalitā attuative della presente disposizione, anche al fine di garantire il rispetto del limite di spesa.

Si segnala che il termine previsto per l'adozione di tale decreto ministeriale č stabilito in quindici giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge qui in esame.

 

Si ricorda in materia che č stato pubblicato, nella G.U. n. 249 del 2019, il Decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 2 ottobre 2019, n. 122, recante il Regolamento di attuazione dell'articolo 172 del Nuovo codice della strada in materia di dispositivi antiabbandono di bambini di etā inferiore a quattro anni. Tale pubblicazione fa seguito all'iter che ha visto la previa trasmissione al Tris, il sistema di informazione sulle regolamentazioni tecniche della Commissione europea, che aveva inizialmente formulato rilievi su profili tecnici, sottolineando in particolare la necessitā di salvaguardare la libera circolazione dei prodotti; in materia, si veda da ultimo la relativa scheda di trasmissione dello schema di D.M.),

Il decreto in commento, costituito da 7 articoli e 2 allegati, definisce le caratteristiche tecnico-costruttive e funzionali dei dispositivi di allarme introdotti dalla L. n. 117 del 1° ottobre 2018, per prevenire l'abbandono di bambini nei veicoli chiusi.

 

Per la copertura dell'articolo in esame, si veda l'articolo 59, comma 3 (su cui si veda la relativa scheda).

 


 

Articolo 53
(Disposizioni in materia di autotrasporto)

 

 

L'articolo 53 stanzia per l’anno 2019 ulteriori risorse, pari a complessivi 12,9 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, per gli investimenti da parte delle imprese di autotrasporto al fine di accrescere la sicurezza del trasporto su strada e di ridurre gli effetti climalteranti derivanti dal trasporto merci su strada. Le risorse sono destinate al rinnovo del parco veicolare delle imprese attive sul territorio italiano che siano iscritte al Registro elettronico nazionale e all’Albo nazionale degli autotrasportatori. I contributi sono destinati agli investimenti avviati a far data dall’entrata in vigore della disposizione in esame, che siano finalizzati alla radiazione, per rottamazione, dei veicoli a motorizzazione termica fino a euro IV, adibiti al trasporto merci e di massa complessiva a pieno carico pari o superiore a 3,5 tonnellate, con la contestuale acquisizione - anche mediante locazione finanziaria - di autoveicoli, nuovi di fabbrica, che abbiano una trazione alternativa a metano, gas naturale liquefatto, ibrida e elettrica ovvero che siano a motorizzazione termica e conformi alla normativa euro VI di cui al Regolamento (CE) n. 595/2009 (commi 1 e 2). I contributi - previsti nei limiti delle risorse stanziate - non possono essere cumulati con altre agevolazioni, relative alle medesime tipologie di investimenti (comma 3). L'entitā del contributo puō variare da un minimo di 2 mila euro ad un massimo di 20 mila per ciascun veicolo, in ragione della massa complessiva a pieno carico del nuovo veicolo e della sua modalitā di alimentazione (comma 4). Si demanda ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro delle infrastrutture dei trasporti di stabilire le modalitā e i termini di presentazione delle domande di contributo, i criteri di valutazione delle domande, l’entitā del contributo massimo riconoscibile nonché le modalitā di erogazione dello stesso, anche al fine di garantire il limite di spesa; si prevede che i criteri di valutazione delle domande devono assicurare la prioritā del finanziamento degli investimenti relativi alla sostituzione dei veicoli a motorizzazione termica maggiormente inquinanti (comma 5).

 

La norma al comma 1 stabilisce che al fine di accrescere la sicurezza del trasporto su strada e di ridurre gli effetti climalteranti derivanti dal trasporto merci su strada, in aggiunta alle risorse previste dalla vigente legislazione per gli investimenti da parte delle imprese di autotrasporto, sono stanziate ulteriori risorse, pari a complessivi 12,9 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020.

Tali risorse sono destinate al rinnovo del parco veicolare delle imprese attive sul territorio italiano che siano iscritte al Registro elettronico nazionale (R.E.N.) e all’Albo nazionale degli autotrasportatori di cose per conto di terzi.

Sul sito del MIT č consultabile la sezione dedicata all'accesso al Registro Elettronico Nazionale e accesso alla professione di autotrasportatore merci. Si ricorda che le imprese che intendono esercitare il trasporto di merci su strada devono iscriversi all’albo provinciale degli autotrasportatori di cose per conto terzi tenuto presso l’Ufficio Motorizzazione Civile competente per territorio, in base a quanto riportato sul sito del MIT.

 

Il comma 2 prevede che i contributi di cui al comma 1 sono destinati a finanziare, anche ai sensi di quanto previsto dall’articolo 10, commi 1 e 2, del Regolamento (CE) n. 595/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009, gli investimenti avviati a far data dall’entrata in vigore della presente disposizione e che siano finalizzati alla radiazione, per rottamazione, dei veicoli con le seguenti caratteristiche: si tratta dei veicoli a motorizzazione termica fino a euro IV, adibiti al trasporto merci e di massa complessiva a pieno carico pari o superiore a 3,5 tonnellate. L'investimento implica la contestuale acquisizione - anche mediante locazione finanziaria - di autoveicoli, nuovi di fabbrica, adibiti al trasporto merci e di massa complessiva a pieno carico pari o superiore a 3,5 tonnellate, che abbiano una trazione alternativa a metano (CNG), gas naturale liquefatto (GNL), ibrida (diesel/elettrico) e elettrica (full electric) ovvero che siano a motorizzazione termica e conformi alla normativa euro VI di cui al predetto Regolamento (CE) n. 595/2009.

 

Il regolamento (CE) n. 595/2009 relativo all’omologazione dei veicoli a motore e dei motori riguardo alle emissioni dei veicoli pesanti (euro VI) e all’accesso alle informazioni relative alla riparazione e alla manutenzione del veicolo fissa prescrizioni comuni per l’omologazione di veicoli a motore, dei loro motori, e delle parti di ricambio dei veicoli pesanti (camion, autobus, corriere) per quanto riguarda le emissioni prodotte.

Il regolamento stabilisce inoltre regole per la conformitā in servizio di veicoli e motori, la durabilitā dei dispositivi di controllo dell’inquinamento, i sistemi di diagnostica di bordo (OBD), l’accessibilitā delle informazioni sulla diagnostica di bordo e sulla riparazione e manutenzione dei veicoli, la misura del consumo di combustibile e di emissioni di CO2.

Il regolamento si applica ai veicoli a motore delle categorie M1, M2, N1 e N2 con una massa di riferimento che supera i 2.610 kg e a tutti i veicoli a motore delle categorie M3 e N3, come definiti nell’allegato II della direttiva 2007/46/CE che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entitā tecniche destinati a tali veicoli.

E' obbligo del costruttore dimostrare che tutti i veicoli e i nuovi dispositivi di ricambio di controllo dell’inquinamento, venduti, immatricolati o messi in servizio nell'Unione europea siano stati oggetto di una procedura di omologazione CE in conformitā al regolamento e delle relative misure di attuazione. I costruttori devono inoltre adottare misure tecniche che garantiscano che le emissioni dallo scarico del veicolo siano effettivamente limitate per tutto il periodo di vita dei veicoli in condizioni normali di impiego.

L'art. 10 stabilisce al par. 1 che gli Stati membri possono introdurre incentivi finanziari per l’acquisto di veicoli a motore prodotti in serie conformi al regolamento. Tali incentivi dovevano tuttavia cessare di essere applicati entro e non oltre il 31 dicembre 2013. Prevede inoltre che gli Stati membri possano concedere incentivi finanziari per l’adeguamento a posteriori di veicoli in servizio al fine di garantire il rispetto dei valori limite d’emissione e per la demolizione di veicoli non conformi al regolamento e alle relative misure di attuazione. Per ogni tipo di autoveicolo, gli incentivi finanziari non devono superare il costo supplementare dei dispositivi tecnici utilizzati per soddisfare i limiti delle emissioni, compresi i costi d’installazione sul veicolo (par. 2).  La Commissione deve essere informata dei progetti per introdurre o modificare gli incentivi finanziari di cui ai paragrafi 1 e 2 (par. 4).

Si valuti di chiarire il riferimento normativo recato dalla disposizione in esame all'articolo 10, commi 1 e 2 del regolamento (CE) n. 595/2009, in relazione alla tempistica ivi indicata.

 

La Commissione ha adottato le seguenti misure di attuazione:

§  il regolamento (UE) n. 582/2011, il quale stabilisce specifici requisiti tecnici per l’omologazione dei veicoli pesanti riguardo alle emissioni e all’accesso alle informazioni relative alla riparazione e alla manutenzione del veicolo;

§  il regolamento (UE) 2017/2400, il quale stabilisce le norme per: la certificazione dei componenti dei veicoli che hanno un impatto sulle emissioni di CO2 e sul consumo di carburante; il rilascio di licenze per eseguire simulazioni al fine di determinare le emissioni di CO2 e il consumo di carburante di veicoli nuovi che vengono messi in vendita, immatricolati o messi in servizio nell’UE; l’utilizzo di strumenti di simulazione e dichiarazione delle emissioni di CO2 e dei valori del consumo di carburante che essi determinano.

Si ricorda che il regolamento (UE) 2018/956 concernente il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni di CO2 e del consumo di carburante dei veicoli pesanti nuovi mira a: consentire alle imprese di trasporto di prendere decisioni di acquisto informate, dando loro accesso a informazioni standardizzate sul consumo di carburante per confrontare i diversi modelli di camion, autocarri e autobus; incoraggiare i costruttori a sviluppare veicoli pesanti pių efficienti sotto il profilo energetico; consentire alle autoritā pubbliche di elaborare e attuare politiche volte a promuovere veicoli pesanti pių efficienti in termini di consumo di carburante, ad esempio attraverso la tassazione e il pedaggio autostradale.

Il regolamento prevede che:

§  a partire dal 1° gennaio 2019, e per ogni anno civile successivo, gli Stati membri procedano al monitoraggio di alcuni dati di registrazione dei nuovi veicoli pesanti immatricolati per la prima volta nell’Unione;

§  dal 2020, gli Stati membri presentino ogni anno tali dati alla Commissione europea secondo una procedura di comunicazione standard;

§  i produttori monitorino e comunichino ogni anno alla Commissione i valori relativi alle emissioni di CO2 e al consumo di carburante, nonché ulteriori dati pertinenti, per ogni nuovo veicolo pesante, come stabilito a norma del regolamento (UE) 2017/2400.

La Commissione monitorerā i risultati delle prove su strada, effettuate a norma del regolamento (CE) n. 595/2009, al fine di verificare che i valori relativi alle emissioni di CO2 e al consumo di carburante riflettano correttamente le prestazioni dei veicoli pesanti.

La Commissione puō infliggere un’ammenda qualora constati che i dati comunicati dal produttore non corrispondono ai dati determinati a norma del regolamento (CE) n. 595/2009 o se i dati non sono presentati entro il termine applicabile. Tale ammenda deve essere efficace, proporzionale e dissuasiva e non superare i 30.000 euro per ogni veicolo pesante coinvolto.

 

Il regolamento (CE) n. 595/2009 e il regolamento (UE) 2018/956 sono stati da ultimo modificati dal regolamento (UE) 2019/1242 che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 dei veicoli pesanti nuovi.

Finalitā del regolamento č contribuire a raggiungere l’obiettivo dell’Unione di ridurre del 30 %, entro il 2030, le sue emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 2005 nei settori contemplati dall’articolo 2 del regolamento (UE) 2018/842 e raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi. Stabilisce quindi i requisiti di prestazione in materia di emissioni di CO2 per i veicoli pesanti nuovi, in virtų dei quali le emissioni specifiche di CO2 del parco dei veicoli pesanti nuovi dell’Unione siano ridotte rispetto ai valori delle emissioni di CO2 di riferimento come segue:

§  del 15 % per i periodi di riferimento a partire dall’anno 2025;

§  del 30 % per i periodi di riferimento a partire dall’anno 2030, salvo altrimenti stabilito sulla base del riesame di cui all’articolo 15.

Le emissioni di CO2 di riferimento si basano sui dati di monitoraggio comunicati ai sensi del regolamento (UE) 2018/956 per il periodo dal 1° luglio 2019 al 30 giugno 2020, esclusi i veicoli professionali.

Si tratta di obiettivi vincolanti e i costruttori di autocarri che li violeranno subiranno una sanzione finanziaria sotto forma di indennitā per emissioni in eccesso.

 

Il comma 3 dispone che i contributi sono erogati fino a concorrenza delle risorse disponibili, escludendo che gli stessi possano essere cumulati con altre agevolazioni, relative alle medesime tipologie di investimenti, incluse quelle concesse a titolo de minimis ai sensi del Regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione del 18 dicembre 2013.

L'Articolo 107 del TFUE stabilisce che, salvo deroghe, sono incompatibili con il mercato interno gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, che falsifichino o minaccino di falsificare la concorrenza (par. 1). Fanno eccezione gli aiuti "de minimis" accordati da uno Stato a un'impresa unica ai sensi del regolamento (UE) n. 1407/2013, il cui importo complessivo non deve superare i 200.000 euro per tre anni consecutivi (con alcune eccezioni spedicate dalla norma). Tali misure di aiuto non costituiscono aiuti di stato ai sensi del trattato e per essi non si applica l'obbligo di notifica di cui all'articolo 108, par. 3.

 

Il comma 4 stabilisce che l’entitā del contributo concesso č compreso tra un minimo di 2 mila euro ed un massimo di 20 mila per ciascun veicolo; essa varia in ragione della massa complessiva a pieno carico del nuovo veicolo e della sua modalitā di alimentazione.

 

Il comma 5 dispone che le modalitā e i termini di presentazione delle domande di contributo, i criteri di valutazione delle domande, l’entitā del contributo massimo riconoscibile nonché le modalitā di erogazione dello stesso, saranno stabilite con decreto di natura non regolamentare del Ministro delle infrastrutture dei trasporti. Inoltre, lo stesso comma stabilisce che i criteri di valutazione delle domande devono assicurare la prioritā del finanziamento degli investimenti relativi alla sostituzione dei veicoli a motorizzazione termica maggiormente inquinanti al fine di ridurre l’impatto ambientale prodotto dai veicoli.

 

Per la copertura, si veda l'articolo 59, comma 3 (su cui si veda la relativa scheda).

 


 

Articolo 54
(Alitalia)

 

 

articolo 54 prevede la concessione per l’anno 2019 di un finanziamento a titolo oneroso di 400 milioni € della durata di sei mesi, in favore di Alitalia S.p.a. e delle altre Societā del gruppo in amministrazione straordinaria, per le loro indilazionabili esigenze gestionali.

 

Il comma 1 dispone in particolare che il finanziamento sia disposto con un decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e sia finalizzato a consentire di pervenire al trasferimento dei complessi aziendali facenti capo ad Alitalia – Societā Aerea Italiana – S.p.A. in amministrazione straordinaria ed alle altre societā del medesimo gruppo anch’esse in amministrazione straordinaria.

 

Per quanto riguarda il tasso di interesse da applicare al finanziamento concesso, il comma 2 dispone l'applicazione di interessi al tasso Euribor a sei mesi pubblicato il giorno lavorativo antecedente la data di erogazione, maggiorato di 1.000 punti base.

Per quanto riguarda la restituzione, questa č prevista in prededuzione, con prioritā rispetto a ogni altro debito della procedura, entro sei mesi dalla erogazione e, in ogni caso, entro 30 giorni dall’intervenuta efficacia della cessione dei complessi aziendali.

La disposizione prevede altresė che il finanziamento possa essere erogato anche mediante anticipazioni di tesoreria da estinguere nel medesimo anno 2019 con l’emissione di ordini di pagamento sul pertinente capitolo di spesa.

Le somme corrisposte in restituzione del finanziamento sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato di cui alla legge 27 ottobre 1993, n. 432.

 

Si ricorda che alla societā Alitalia S.p.A., in amministrazione straordinaria dal 2 maggio 2017, sono stati concessi, oltre ai 400 milioni previsti dalle norme in esame, i seguenti finanziamenti a titolo oneroso:

§  600 milioni di € con il D.L. n. 50/2017;

§  incrementati di 300 milioni di € con il D.L. n. 148/2017.

Il finanziamento prevede l'applicazione di interessi, al tasso Euribor a sei mesi, pubblicato il giorno precedente la data di erogazione, maggiorato di 1.000 punti base (il tasso č di circa il 10%), dalla data di effettiva erogazione alla data del decreto del Ministro dello sviluppo economico di autorizzazione alla cessione dei complessi aziendali oggetto delle procedure e, comunque, fino a data non successiva al 31 maggio 2019.

La restituzione del prestito, in base a quanto stabilito dal D.L. n. 34/2019, č prevista nell’ambito della procedura di ripartizione dell’attivo dell’amministrazione straordinaria a valere e nei limiti dell’attivo disponibile di Alitalia – Societā Aerea Italiana S.p.A. in amministrazione straordinaria.

Il finanziamento concesso ad Alitalia č stato notificato, secondo quanto riportato nella relazione tecnica al decreto-legge n.38 del 2018, a gennaio 2018 alla Commissione europea, in adempimento dell'obbligo di notifica previsto dalle norme dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato. Il 23 aprile 2018 la Commissione ha comunicato di avere aperto "un'indagine approfondita per valutare l'eventuale violazione della normativa sugli aiuti di Stato". Nell'aggiornamento della relazione tecnica al decreto presentata il 14 giugno 2018 si dā conto del fatto che il Governo italiano, il 25 maggio 2018, ha presentato le proprie osservazioni alla decisione della Commissione di aprire un'indagine formale. L'Italia ha argomentato che l'intervento non costituisce un aiuto di Stato e che, in ogni caso, sarebbe da considerare un aiuto al salvataggio dell'impresa compatibile con il regime previsto ai sensi dell'articolo 107, comma 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (per una ricostruzione della disciplina degli aiuti di Stato in materia si veda il box in calce alla presente scheda).

 

Per quanto riguarda la procedura di cessione di Alitalia, si ricorda che una nuova fase della procedura č in corso dal 19 ottobre 2018 con i soggetti che hanno manifestato interesse. I Commissari straordinari hanno infatti presentato al Parlamento il 31 ottobre 2018, come previsto dal D.L. n. 38/2018, la Relazione conclusiva sulla situazione economica e finanziaria di Alitalia Spa nell'ambito della procedura di cessione. Nella Relazione presentata dai Commissari straordinari il 31 ottobre 2018 risulta che i soggetti che hanno presentato una proposta in data 10 aprile 2018 hanno ribadito il loro interesse a valutare l'acquisizione, in tutto o in parte, delle attivitā aziendali delle Societā in AS relative al lotto Aviation, condizionando perō la presentazione di una offerta vincolante ad ulteriori approfondimenti istruttori. In data 31 ottobre 2018 i Commissari Straordinari hanno ricevuto due offerte, una da parte di Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A. ed una da parte di Easy Jet, una manifestazione di interesse (Delta Air Lines) ed una comunicazione (Lufthansa). L'offerta di FS č stata valutata positivamente, sentito il Ministero vigilante, il 19 novembre 2018, chiedendo un'integrazione dell'offerta il cui termine, fissato inizialmente al 31 gennaio 2019 č stato successivamente prorogato al 15 giugno 2019. Il 27 marzo 2019 si č svolta, presso le competenti Commissioni parlamentari della Camera, un’audizione informale dei Commissari Alitalia, nella quale sono stati forniti aggiornamenti sui dati economici e finanziari della gestione commissariale e sulla situazione della procedura. Il Ministro dello sviluppo economico, il 14 giugno 2019, ha quindi autorizzato i Commissari a comunicare a Ferrovie dello Stato l'ulteriore proroga fino al 15 luglio 2019 del termine per la presentazione dell'offerta vincolante e definitiva per Alitalia. Nel frattempo il decreto-legge n. 34 del 2019, convertito dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, ha previsto (articolo 37) l'ingresso del Ministero dell'economia e delle finanze nel capitale sociale di una nuova compagnia aerea ("NewCo Nuova Alitalia"), nel limite dell'importo maturato a titolo di interessi sul prestito dato ad Alitalia Societā aerea italiana Spa, che č stato quantificato nella Relazione tecnica al decreto in 145 milioni di euro.

Alla Nuova Alitalia saranno trasferiti i compendi aziendali oggetto delle procedure di amministrazione straordinaria.

I Commissari straordinari di Alitalia hanno successivamente fatto richiesta al MISE, che l’ha valutata positivamente, di autorizzare la proroga fino al 15 ottobre dei termini di presentazione dell’offerta vincolante da parte di Ferrovie dello Stato. Il 15 ottobre 2019 il Consiglio di Amministrazione di FS Italiane ha deliberato la disponibilitā a proseguire il confronto volto a valutare la formulazione di un’offerta finale per l’acquisto dei complessi aziendali di Alitalia SAI S.p.A. e Alitalia Cityliner S.p.A., con la partecipazione anche di una primaria compagnia aerea che si impegni a condividere e far proprio il Piano industriale oltre a sottoscrivere una quota di capitale nella Newco.

Il Ministro dello sviluppo economico ha quindi autorizzato un'ulteriore proroga per la presentazione dell'offerta vincolante per la nuova Alitalia al 21 novembre 2019, subordinata a due condizioni:

§  intervento diretto dei Commissari e immediato confronto con gli offerenti;

§  una richiesta di aggiornamento quotidiano sullo stato di avanzamento dei lavori.

 

Il comma 3 reca la copertura finanziaria, che č individuata tra le risorse complessivamente poste a copertura degli oneri del presente decreto legge, definite all’articolo 59 (si rinvia alla relativa scheda per il dettaglio delle coperture finanziarie).

 

Per maggiori approfondimenti sulla procedura di Amministrazione straordinaria di Alitalia, sui relativi interventi normativi e sulla disciplina del prestito, si rinvia all’apposita sezione del Portale della Documentazione della Camera dei deputati (Tema: Il sistema aeroportuale e il trasporto aereo).

 

Con riferimento ai termini e alle modalitā di restituzione del prestito concesso ad Alitalia entrano in considerazione i requisiti stabiliti dagli Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese non finanziarie in difficoltā (2014/C 249/01) nonché in relazione alla determinazione dello spread applicabile al prestito concesso alla societā, la Comunicazione della Commissione relativa alla revisione del metodo di fissazione dei tassi di riferimento e di attualizzazione (2008/C 14/02) con i relativi aggiornamenti.

Gli Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese non finanziarie in difficoltā (un'impresa č definita come in difficoltā se, in assenza di un intervento dello Stato, essa č quasi certamente destinata al collasso economico a breve o a medio termine e, tra i diversi casi indicati, si indica quello di una impresa oggetto di procedura concorsuale per insolvenza) distinguono due tipologie di aiuto riferibili alla vicenda di cui si tratta: gli aiuti al salvataggio dell'impresa; gli aiuti alla ristrutturazione dell'impresa.

Il Governo italiano nella propria comunicazione alla Commissione ha argomentato che l’aiuto concesso ad Alitalia in primo luogo non sarebbe un aiuto di Stato e che, qualora dovesse essere qualificato tra gli aiuti di Stato, sarebbe da ricondurre ad un aiuto al salvataggio dell’impresa coerente con le previsioni dell’Unione europea in materia.

Al riguardo, si ricorda che gli Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese non finanziarie in difficoltā (2014/C 249/01), adottati ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del TFUE, rilevano che gli aiuti per il salvataggio e la ristrutturazione figurano tra i tipi di aiuti di Stato che presentano i maggiori effetti distorsivi, e pertanto le imprese possono essere ammesse a ricevere aiuti ai sensi dei presenti orientamenti solo una volta ogni dieci anni (principio dell'aiuto Ŧuna tantumŧ). L'aiuto che viene concesso sotto forma di sostegno alla liquiditā, limitato sia nell'ammontare che nella durata, suscita – secondo gli Orientamenti della Commissione - molte meno preoccupazioni riguardo ai suoi potenziali effetti nocivi e viene quindi approvato a condizioni meno rigide. Per incoraggiare l'uso di forme meno distorsive di aiuto gli orientamenti introducono la nuova nozione di Ŧsostegno temporaneo per la ristrutturazioneŧ, il quale, come gli aiuti per il salvataggio, puō esso concesso solo sotto forma di sostegno alla liquiditā con un importo e una durata limitati. Si deve trattare di un aiuto sotto forma di garanzie su prestiti o di prestiti. Il sostegno temporaneo per la ristrutturazione puō essere concesso per un periodo non superiore a 18 mesi, dal quale va detratto qualsiasi periodo immediatamente precedente di aiuti per il salvataggio. Prima della fine di tale periodo lo Stato membro deve approvare un piano di ristrutturazione, o un piano di liquidazione, o i prestiti devono essere rimborsati o le garanzie revocate.

Occorre ricordare, inoltre, che, la Commissione europea in via generale, ai fini della valutazione della riconducibilitā ad aiuto di Stato di un intervento di finanziamento di un'attivitā produttiva, applica il principio del "normale investitore di mercato" (market economy investor principle) (si vedano ad esempio la decisione della Commissione 2380/81/UE che definisce come aiuti di Stato "le misure...che non rispecchiano la fornitura di capitale di rischio secondo le normali pratiche commerciali in un'economia di mercato"). In estrema sintesi, si esclude che possa essere considerato un aiuto di Stato soltanto un finanziamento (ma il criterio ha anche portata pių generale ed č applicabile anche ad altre forme di aiuto, quali, ad esempio la partecipazione al capitale di rischio) che sarebbe stato reso alle medesime condizioni e con le medesime aspettative di ritorno economico da parte di un operatore di mercato (decisione 2001/621/UE). Al riguardo si rappresenta che gli orientamenti della Commissione, nel valutare le singole fattispecie, sono inevitabilmente articolati considerata la necessitā di valutare in concreto caso per caso le diverse situazioni ad essa di volta in volta sottoposte (decisione 2001/43/UE).

Da ultimo, si segnala che l'articolo 2 del regolamento UE n. 2015/1589, recante modalitā di applicazione dell'articolo 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, dispone che, salvo disposizione contraria dei regolamenti adottati a norma dell'articolo 109 TFUE o di altre disposizioni pertinenti dello stesso, qualsiasi progetto di concessione di un nuovo aiuto deve essere notificato tempestivamente alla Commissione dallo Stato membro interessato. La Commissione informa immediatamente lo Stato membro interessato della ricezione della notifica.

 

Gli aiuti al salvataggio dell'impresa sono secondo la comunicazione 2014/C 249/01 per natura, una forma di assistenza urgente e temporanea, il cui obiettivo principale č consentire di tenere in vita un'impresa in difficoltā per il breve periodo necessario all'elaborazione di un piano di ristrutturazione o di liquidazione. Come principio generale, gli aiuti per il salvataggio consentono di fornire sostegno temporaneo a un'impresa che si trova a dover affrontare un grave deterioramento della sua situazione finanziaria che si manifesta sotto forma di un'acuta crisi di liquiditā o un'insolvenza tecnica. Questo sostegno temporaneo deve consentire di guadagnare tempo per analizzare le circostanze all'origine delle difficoltā ed elaborare un piano idoneo a porvi rimedio" (paragrafo 26).

Secondo la comunicazione invece "Gli aiuti per la ristrutturazione spesso comportano un'assistenza pių permanente e devono ripristinare la redditivitā a lungo termine del beneficiario in base a un piano di ristrutturazione realistico, coerente e di ampia portata, consentendo, al contempo, un sufficiente contributo proprio e una condivisione degli oneri e limitando le potenziali distorsioni della concorrenza" (paragrafo 27).

Affinché gli aiuti siano considerati conformi alla disciplina dall'Unione europea č necessario che lo Stato richiedente dimostri il rispetto di questi requisiti:

§  contributo al raggiungimento di un obiettivo ben definito di interesse comune: una misura di aiuto di Stato deve puntare a un obiettivo di interesse comune ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 3, del trattato;

§  necessitā dell'intervento statale: una misura di aiuto di Stato deve essere destinata a una situazione in cui puō determinare un miglioramento tangibile che il mercato da solo non č in grado di fornire;

§  adeguatezza della misura di aiuto; effetto di incentivazione; proporzionalitā dell'aiuto (aiuto limitato al minimo); prevenzione degli effetti negativi indebiti sulla concorrenza e sugli scambi tra gli Stati membri e trasparenza dell'aiuto.

Peraltro, nel valutare gli aiuti a favore dei fornitori SIEG in difficoltā (come Alitalia), la Commissione deve tenere conto di tutti gli aiuti di Stato ricevuti dal fornitore, compresa l'eventuale compensazione per gli obblighi di servizio pubblico.

Con specifico riferimento agli aiuti destinati al salvataggio, perché essi possano essere autorizzati devono soddisfare le seguenti condizioni:

§  devono consistere in un sostegno temporaneo alla liquiditā sotto forma di garanzie su prestiti o di prestiti;

§  la remunerazione del prestito o, nel caso di garanzie su prestiti, il costo finanziario complessivo del prestito oggetto di garanzia, devono essere fissati a un tasso non inferiore al tasso di riferimento indicato nella comunicazione sul tasso di riferimento pubblicata in G.U. C 14 del 19 gennaio 2008 e successivi aggiornamenti (che con riferimento alla situazione di Alitalia prevede uno spread minimo di 1000 punti base);

§  i prestiti devono essere rimborsati e le garanzie devono cessare entro un termine non superiore a sei mesi dall'erogazione della prima rata al beneficiario;

§  gli Stati membri devono impegnarsi a presentare alla Commissione, entro sei mesi dall'autorizzazione dell'aiuto per il salvataggio, o, in caso di aiuto non notificato, entro sei mesi dall'erogazione della prima rata al beneficiario la prova che il prestito č stato integralmente rimborsato ovvero un piano di ristrutturazione ovvero un piano di liquidazione.

Una volta presentato il piano di ristrutturazione, l'autorizzazione dell'aiuto per il salvataggio viene automaticamente prorogata finché la Commissione non prenda la sua decisione finale sul piano di ristrutturazione, tranne nel caso in cui la Commissione decida che tale proroga non č giustificata o che debba essere limitata in termini di durata e di portata.

Una volta che č stato elaborato e attuato il piano di ristrutturazione, tutti gli aiuti successivi vengono considerati come aiuti per la ristrutturazione. Gli aiuti alla ristrutturazione, che possono eventualmente seguire gli aiuti al salvataggio, sono ammessi dall'Unione europea alle seguenti condizioni: innanzi tutto tali aiuti non possono limitarsi a fornire unicamente un aiuto finanziario volto a colmare le perdite pregresse, senza intervenire sulle cause di tali perdite. Pertanto tali aiuti sono subordinati alla presentazione di un piano di ristrutturazione approvato dalla Commissione, che, alla luce di quanto stabiliscono gli Orientamenti, puō presentare un impatto significativo sull'impresa beneficiaria.

Tra i possibili interventi che possono formare oggetto del piano sono indicati esemplificativamente la riorganizzazione e la razionalizzazione delle attivitā del beneficiario su una base di maggiore efficacia, che implica, in genere, l'abbandono delle attivitā in perdita, la ristrutturazione delle attivitā che possono essere riportate a livelli competitivi e, talvolta, la diversificazione verso nuove attivitā redditizie. La ristrutturazione generalmente comporta anche una ristrutturazione finanziaria sotto forma di conferimenti di capitale effettuati dagli azionisti nuovi o esistenti e di riduzione dei debiti da parte dei creditori esistenti. Le imprese beneficiarie degli aiuti per la ristrutturazione possono vedersi costrette a cedere attivi, ridurre le capacitā o la presenza sul mercato. Tali misure, secondo gli Orientamenti, dovrebbero essere attuate in particolare nel mercato o nei mercati in cui l'impresa si trova a detenere un'importante posizione di mercato dopo la ristrutturazione, in particolare quelli in cui vi č un significativo eccesso di capacitā. Inoltre per l'autorizzazione a tale aiuto si prevede che sia assicurato un contributo significativo ai costi di ristrutturazione (almeno il 50 % dei costi di ristrutturazione) proveniente dalle risorse proprie del beneficiario dell'aiuto, dei suoi azionisti o creditori o del gruppo di cui fa parte, o da nuovi investitori. Solo in circostanze eccezionali e in caso di particolari difficoltā la Commissione puō accettare un contributo inferiore al 50 % dei costi di ristrutturazione.

Articolo 55
(Misure a favore della competitivitā delle imprese italiane)

 

 

L'articolo 55 reca novella all'articolo 537-ter del Codice dell'Ordinamento militare sostituendone il comma 1, al fine di autorizzare il Ministero della difesa - d'intesa con il MAECI e il MEF - a svolgere anche attivitā contrattuale nell'ambito degli "accordi GtoG" volti a soddisfare esigenze di acquisizione di materiali d'armamento prodotti dall'industria nazionale di Stati esteri, con i quali siano in vigore accordi di cooperazione e di assistenza tecnico-militare. Tale attivitā contrattuale viene svolta dal Ministero della Difesa tramite proprie articolazioni e senza assunzione di garanzie di natura finanziaria verso lo Stato richiedente o verso l'industria produttrice.

L'intervento proposto, dunque, integra l'attuale previsione secondo cui il Ministero della Difesa puō svolgere solo attivitā di supporto tecnico-amministrativo nell'ambito dei suddetti accordi, nel rispetto della normativa nazionale sull'esportazione dei sistemi d'arma.

Dalla relazione tecnica si evince che per lo svolgimento delle attivitā di natura contrattuale il Ministero della Difesa agirā attraverso le stazioni appaltanti specializzate in procurement militare facenti capo al Segretariato Generale della Difesa e Direzione Nazionale degli Armamenti e provvederā con risorse disponibili a legislazione vigente.

Secondo la relazione illustrativa, la novella avrebbe l'intento di chiarire che il soddisfacimento delle esigenze dello Stato estero č finanziato con risorse finanziarie tratte dal bilancio di quel Paese.

La relazione illustrativa ricorda altresė che operazioni tipicamente associate alle attivitā di export dell’operatore economico che produce il sistema d'arma sono le eventuali operazioni di credito all'esportazione (a cura di SACE) o di prestito (a cura di CDP). Queste ultime hanno la finalitā di assicurare verso l’industria esportatrice il cd. “rischio Paese” e di adeguare, su richiesta del Paese acquirente, il profilo finanziario dell’operazione di acquisto alle disponibilitā di bilancio di quello Stato: le citate operazioni svolte da SACE e da CDP sono neutre rispetto alla gestione finanziaria che il Ministero della difesa italiano effettua per il soddisfacimento dell’esigenza dell’omologo estero. Quella gestione finanziaria, chiarisce la novella, deve essere effettuata in maniera da non generare assunzione di garanzie di natura finanziaria verso lo Stato richiedente o verso l’industria produttrice. Ciō significa, da un lato, che la disponibilitā delle risorse dello Stato acquirente viene ricondotta a strumenti (del tipo deposito a garanzia) che assicurino la segregazione della provvista finanziaria dello Stato estero per la realizzazione dell’acquisto di cui si tratta e, dall’altro lato, che nelle intese tra Stati e nei contratti con le industrie produttrici vengano inserite, come da prassi consolidata, clausole che assicurino l’assenza di responsabilitā della stazione appaltante nazionale per gli eventuali inadempimenti degli obblighi facenti capo, rispettivamente, all’industria italiana e all’acquirente estero. Per tutte queste considerazioni, la relazione illustrativa evidenzia l'opportunitā del coinvolgimento del MEF fin dall'inizio.

 

Si ricorda che nel 2013 il D.L. per il rilancio dell'economia (D.L. n. 69/2013) ha inserito, nel Codice dell'ordinamento militare (COM), l'art. 537-ter, rubricato "Cooperazione con altri Stati per i materiali di armamento prodotti dall'industria nazionale", in cui per la prima volta č stata introdotta nell'ordinamento italiano la previsione di una forma di attivitā Government to Government svolta dallo Stato italiano nei confronti di altri Stati in materia di fornitura di materiali d'armamento, seppur limitata al supporto tecnico-amministrativo. In dettaglio, l'attuale formulazione dell'art. 537-ter del COM stabilisce che il Ministero della difesa, nel rispetto della legge n. 185/90, d'intesa con il Ministero degli affari esteri, puō svolgere per conto di altri Stati esteri con i quali sussistono accordi di cooperazione o di reciproca assistenza tecnico-militare, e tramite proprie articolazioni, attivitā di supporto tecnico-amministrativo per l'acquisizione di materiali di armamento prodotti dall'industria nazionale e per le correlate esigenze di sostegno logistico e assistenza tecnica, richiesti dai citati Stati[28].

La disciplina esecutiva e attuativa č stata recata dal D.P.R. n. 104/2015 che, all'art. 4, ha dettagliato le attivitā che la Difesa puō svolgere e ha escluso espressamente le trattative commerciali. In dettaglio, la disciplina vigente prevede che il Segretariato generale, tramite le proprie articolazioni ed eventualmente avvalendosi anche dell'Agenzia Industria Difesa, svolge per conto dello Stato estero richiedente l'attivitā di supporto tecnico-amministrativo curando - se richiesto dallo Stato estero e nei limiti di quanto stabilito nella medesima intesa - anche gli aspetti di gestione finanziaria dell'intera operazione di acquisto. L'attivitā di supporto tecnico-amministrativo puō implicare lo svolgimento delle funzioni connesse con le procedure di selezione del contraente, nonché il coordinamento della contrattualistica per tutte le fasi dei procedimenti, ad esclusione delle trattative commerciali.

Il tema dell'esportazione di sistemi d'arma ha formato l'oggetto di affari assegnati alla Commissione Difesa del Senato nella XVII legislatura (Affare assegnato 912, "Normativa in materia di esportazione di sistemi d'arma") e nella XVIII legislatura, Affare assegnato n. 56 "Prospettive dell'export italiano di materiali per la difesa e la sicurezza"; a conclusione di quest'ultimo la Commissione difesa del Senato ha approvato in data 3 luglio 2019 la Risoluzione DOC XXIV n. 10. Tale Risoluzione, in sintesi, impegna il governo a: 1) predisporre le opportune iniziative al fine di permettere allo Stato italiano di svolgere anche attivitā contrattuale; 2) introdurre, nell'ambito degli accordi di cui all'art. 537-ter COM, anche per i Paesi terzi (e non solo per gli Stati membri dell'UE e della NATO) lo strumento autorizzativo della licenza globale di progetto di cui all'art. 13 della legge n. 185/90; 3) a modificare conseguentemente la normativa di attuazione recata dal D.P.R. n. 104/2015; 4) a prevedere adeguate forme di coordinamento istituzionale a sostegno del comparto dell'industria difesa anche attraverso "cabine di regia" interministeriali; 5) a prevedere un nucleo tecnico-operativo di ausilio alla struttura di coordinamento di cui all'impegno 4 che costituisca l'interfaccia tra i vertici del Governo e il sistema delle imprese.[29]

 


 

Articolo 56
(Compensazione Fondo perequativo IRAP)

 

 

articolo 56 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, a decorrere dal 2019, un fondo destinato a compensare stabilmente le regioni delle eventuali minori entrate destinate al fondo perequativo regionale. Per l’anno 2019 la consistenza del fondo č pari a 16 milioni di euro. Per gli anni successivi gli stanziamenti saranno quantificati annualmente con legge di bilancio.

 

I commi 1-3 prevedono che per il 2019 il fondo ha una consistenza di 16 milioni di euro a compensazione delle minori entrate a titolo di IRAP realizzate negli anni 2017-2018, mentre per la quantificazione degli stanziamenti eventualmente necessari negli anni successivi si procede annualmente con la legge di bilancio.

 

Il Fondo perequativo regionale, istituito dall’articolo 3, comma 2, della legge n. 549/1995 (recante “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”), nello stato di previsione del MEF, č poi stato confermato dall’articolo 7 del D.Lgs. n. 68/2011, attuativo del federalismo fiscale, il quale - nel disporre la soppressione di tutti i trasferimenti statali in conto corrente e in conto capitale alle regioni a statuto ordinario, a decorrere dal 2013, e la loro sostituzione con le entrate derivanti dall'incremento dell'addizionale IRPEF - ha espressamente escluso dalla soppressione i trasferimenti del fondo perequativo istituito per compensare le minori entrate del gettito dell'accisa sulle benzine, poi inglobato nel gettito dell'IRAP [30].

In merito, la relazione illustrativa ricorda che, nel 2016, la riduzione del gettito dell’IRAP aveva comportato la mancata erogazione di quota parte del fondo perequativo a favore di alcune regioni a statuto ordinario. Tale situazione era stata sanata con l’articolo 1, comma 808, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018), che ha attribuito alle regioni un contributo (pari 18 milioni di euro) a titolo di compensazione della quota di fondo perequativo non attribuita nell’anno 2016, a causa del minor gettito derivante dalle agevolazioni in materia di IRAP introdotte dalla legge di stabilitā per il 2015[31].

A tal fine, sono state utilizzate le somme iscritte in conto residui sul capitolo 2862 (“Somme da erogare alle regioni a statuto ordinario a titolo di compartecipazione all'IVA”), per un ammontare pari a 18 milioni di euro, che sono state pertanto versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate su apposito capitolo di spesa del medesimo stato di previsione.

 

Secondo la relazione, analoga carenza di gettito IRAP, per un importo pari a 16 milioni di euro, si č registrata negli anni 2017 e 2018.

 

A tal fine, l’articolo in esame istituisce un apposito fondo, diretto a compensare le regioni delle eventuali minori entrate destinate al finanziamento dell’ex fondo perequativo, che viene iscritto su apposito piano gestionale del capitolo 2862, relativo alle “Somme da erogare alle regioni a statuto ordinario a titolo di compartecipazione all'IVA”, dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Il comma 4 autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze a ricorrere ad anticipazioni di tesoreria per garantire alle Regioni la tempestiva erogazione della quota di fondo perequativo non assicurata dal gettito IRAP, con ordini di pagamento a valere sulle risorse stanziate sul nuovo fondo.

 

Il comma 5 prevede che alla copertura degli oneri per il 2019, pari a 16 milioni di euro, si provvede ai sensi dell’articolo 59 (alla cui scheda si rinvia: v., in particolare, il comma 3).

 


 

Articolo 57, comma 1
(Criteri di riparto del Fondo di solidarietā comunale)

 

 

articolo 57, al comma 1 interviene sulla disciplina di riparto del Fondo di solidarietā comunale (FSC), riducendo dal 60 al 45 per cento la percentuale delle risorse del Fondo da redistribuire nell’anno 2019 tra i comuni delle regioni a statuto ordinario secondo logiche di tipo perequativo, sulla base della differenza tra le capacitā fiscali e i fabbisogni standard, ed allungando fino al 2030 il periodo di transizione per il raggiungimento del 100 per cento della perequazione, da attuarsi mediante un progressivo aumento della suddetta percentuale di riparto nella misura del 5 per cento ogni anno a partire dal 2020.

É inoltre prevista una revisione della metodologia per la determinazione della differenza tra le capacitā fiscali e il fabbisogno - che costituisce il criterio di riparto della quota perequativa del Fondo - da parte della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, ai fini della neutralizzazione della componente rifiuti.

Per quel che concerne, infine, la perequazione della capacitā fiscale, l'ammontare complessivo della capacitā fiscale perequabile dei comuni delle regioni a statuto ordinario resta confermato, fino all'anno 2019, nella misura del 50 per cento dell'ammontare complessivo della capacitā fiscale da perequare, prevedendo che, dall’anno 2020, tale quota sia incrementa del 5 per cento annuo, sino a raggiungere il valore del 100 per cento a decorrere dall'anno 2029.

 

A tal fine, la norma riformula il comma 449 dell’articolo 1 della legge n. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017), che reca i criteri di ripartizione del Fondo di solidarietā comunale a decorrere dal 2017, modificandone la lettera c) che disciplina, in particolare, le modalitā di distribuzione della quota parte delle risorse del Fondo di solidarietā destinata a finalitā perequative.

 

Si rammenta che il Fondo di solidarietā comunale costituisce il fondo per il finanziamento dei comuni anche con finalitā di perequazione, alimentato con una quota del gettito IMU di spettanza dei comuni stessi. Per quel che concerne le modalitā di ripartizione, si ricorda che nella dotazione del Fondo di solidarietā comunale vi sono due componenti: a) una componente “ristorativa”, determinata in 3.767,5 milioni di euro annui, costituita dalle risorse necessarie al ristoro del minor gettito derivante ai comuni delle regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna per le esenzioni e le agevolazioni IMU e TASI previste dalla legge di stabilitā 2016, che viene ripartita tra i comuni sulla base del gettito effettivo IMU e TASI derivante dagli immobili esentati relativo all’anno 2015; b) una componente “tradizionale”, determinata in 464,1 milioni per i comuni delle regioni Siciliana e della Sardegna e in 1.885,6 milioni per i comuni delle regioni a statuto ordinario, destinata al riequilibrio delle risorse storiche, parte della quale viene annualmente accantonata e ripartita tra i comuni delle RSO secondo criteri di tipo perequativi.

Per approfondimenti sul tema della composizione e del riparto del Fondo di solidarietā comunale, si rinvia al Tema, : “Le risorse per i comuni: il Fondo di solidarietā comunale”.

 

Relativamente al riparto secondo criteri di tipo perequativo, si rammenta che la lettera c) del citato comma 449 prevede un aumento progressivo negli anni della percentuale di risorse da distribuire tra i comuni con i criteri perequativi, sulla base della differenza tra le capacitā fiscali e i fabbisogni standard, come approvati dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard entro il 30 settembre dell'anno precedente.

In base alla normativa vigente, dunque, il riparto del Fondo di solidarietā comunale, in coerenza con un principio di gradualitā nella sostituzione del modello vigente, prevede l’attribuzione di una quota delle risorse, inizialmente maggioritaria, in base al metodo storico, mentre l’attribuzione della restante quota - progressivamente crescente - viene demandata al sistema perequativo basato su fabbisogni e capacitā fiscali.

Tale percentuale – che č stata applicata nella misura del 20 per cento nel 2015, del 30 per cento nel 2016 e del 40 per cento per l'anno 2017 - č stata fissata dal citato comma 449, come successivamente modificato dalla legge di bilancio per il 2018 (art. 1, comma 884, legge n. 205/2017), al 45 per cento per l'anno 2018, al 60 per cento per l'anno 2019, all’85 per cento per l'anno 2020, fino al raggiungimento del 100 per cento a decorrere dall'anno 2021, con una configurazione a regime dei meccanismi perequativi di riparto della componente tradizionale del Fondo di solidarietā comunale.

Da ultimo, la legge di bilancio per il 2019 (art. 1, comma 921, legge n. 145/2018) - nel confermare, per l'anno 2019, la ripartizione del Fondo di solidarietā comunale sulla base dei medesimi importi indicati nel D.P.C.M. 7 marzo 2018 (riparto delle risorse spettanti per l'anno 2018), in deroga agli ordinari criteri di riparto - di fatto ha determinato la sospensione dell'incremento della percentuale di risorse oggetto di perequazione, che nel 2019 era prevista crescere al 60% rispetto al 45% del 2018.

 

Con la riformulazione introdotta dal comma in esame, si riduce la percentuale di riparto su base perequativa prevista per l’anno 2019, dal 60 al 45 per cento, ridefinendo, al contempo, un percorso pių graduale, nei prossimi anni, del meccanismo perequativo, la cui applicazione a regime, con il raggiungimento del 100 per cento della perequazione, viene posticipata all’anno 2030, in luogo dell’anno 2021 (prima previsto dalla lettera c) del comma 449 della legge di bilancio del 2017).

A tal fine, la norma prevede un incremento graduale negli anni della quota percentuale del Fondo da distribuire tra i comuni su base perequativa del 5 per cento annuo a partire dall’anno 2020 rispetto alla percentuale del 45 per cento fissata per il 2019 (e quindi, 50% nel 2020), sino a raggiungere il valore del 100 per cento a decorrere dall’anno 2030.

La previsione di accantonamenti percentuali via via crescenti nell’ambito del Fondo di solidarietā comunale da ripartirsi tra i comuni secondo logiche di tipo perequativo, avviata nel 2015[32], č finalizzata a consentire il passaggio graduale dal principio della spesa storica ad una distribuzione delle risorse basata su fabbisogni e capacitā fiscali.

Il progressivo rafforzamento della componente perequativa ha peraltro comportato la necessitā di prevedere, al contempo, meccanismi in grado di contenere il differenziale di risorse, rispetto a quelle storiche di riferimento, che si determina con l’applicazione del meccanismo stesso della perequazione.

Dapprima con l’articolo 1, comma 3, del D.L. 24 giugno 2016, n. 113 e, poi, con il comma 450 della legge di bilancio per il 2017 (legge n. 232/2016) č stato definito un meccanismo correttivo da applicare nel caso in cui i criteri perequativi di riparto determinino una variazione, in aumento e in diminuzione, delle risorse attribuite a ciascun comune rispetto alle risorse di riferimento, tra un anno e l'altro, superiore ad una determinata percentuale, fissata, da ultimo, al 4% con il D.L. n. 50/2017 (art. 14), attenuando dunque gli effetti derivanti dall'applicazione dei fabbisogni standard e della capacitā fiscale nel riparto della quota del Fondo di solidarietā comunale destinata a finalitā perequative, soprattutto per quei comuni che presentano una capacitā fiscale superiore ai propri fabbisogni standard.

Con il D.L. n. 50/2017, il meccanismo per la mitigazione della perequazione č stato ulteriormente stabilizzato con la previsione di un correttivo aggiuntivo, per gli anni dal 2018 al 2021, l’impiego di un ammontare di risorse per massimo 25 milioni di euro derivanti da fondi comunali non utilizzati, per evitare, nel periodo di transizione, eccessive penalizzazioni.

 

La nuova formulazione introdotta dall’articolo 57, comma 1, in esame, mantiene fermo il criterio perequativo di ripartizione del Fondo, che resta indicato nella differenza tra le capacitā fiscali e i fabbisogni standard approvati dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard entro il 30 settembre dell'anno precedente a quello di riferimento. Si dispone, tuttavia, che ai fini della determinazione della predetta differenza, la Commissione tecnica per i fabbisogni standard deve prevedere una metodologia per la neutralizzazione della componente rifiuti, anche attraverso l'esclusione della predetta componente dai fabbisogni e dalle capacitā fiscali standard.

La norma prevede altresė che tale metodologia sia recepita nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di riparto delle risorse del Fondo di solidarietā comunale.

La legge di stabilitā 2016 (legge n. 208 del 2015, articolo 1, commi da 29 a 34) ha semplificato la procedura per l'approvazione delle note metodologiche e dei fabbisogni standard, con l'istituzione della Commissione tecnica per i fabbisogni standard (CTFS) e la soppressione della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale (COPAFF). La Commissione tecnica per i fabbisogni standard, istituita con D.P.C.M. 23 febbraio 2016, agisce come organo tecnico collegiale con l'obiettivo principale di validare la metodologia da utilizzare per l'individuazione dei fabbisogni standard e di validare l'aggiornamento della base dati utilizzata. Le metodologie predisposte ai fini dell'individuazione dei fabbisogni possono essere sottoposte alla CTFS anche separatamente dalle elaborazioni relative ai fabbisogni standard. Conseguentemente la nota metodologica ed il fabbisogno standard per ciascun comune e provincia possono essere adottati con D.P.C.M., anche distintamente tra loro. Il parere parlamentare č richiesto solo per l'adozione della nota metodologica, e non pių per la sola adozione dei fabbisogni standard.

La prima stima delle capacitā fiscali dei comuni delle regioni a statuto ordinario č stata compiuta con il D.M. 11 marzo 2015 (Atto del Governo n. 140). Con il D.M. 13 maggio 2016 (A.G. 284) si č proceduto ad un primo aggiornamento della nota metodologica e della stima delle capacitā fiscali per singolo comune, al fine di tener conto delle variazioni normative intervenute (eliminazione della TASI sulle abitazioni principali non di lusso ed estensione del novero dei terreni agricoli esenti da IMU). Successivamente con il D.M. 2 novembre 2016 č stata adottata la stima delle capacitā fiscali 2017 per singolo comune, rideterminata tenendo conto dei mutamenti normativi intervenuti, del tax gap nonché della variabilitā dei dati assunti a riferimento. Da ultimo, con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 16 novembre 2017  č stata adottata la nota metodologica relativa alla procedura di calcolo e la stima della capacitā fiscale 2018 dei comuni delle regioni a statuto ordinario; la revisione dei criteri metodologici utilizzati per la stima della capacitā fiscale dei comuni ha riguardato in particolare la componente relativa al gettito IMU e TASI: oltre ad aggiornare la base dati del gettito (anno 2015) sono stati adottati criteri finalizzati a depurare la quota di gettito ad aliquota di base dalle variazioni (positive o negative) deliberate da ciascun comune (aliquote, detrazioni, esenzioni, agevolazioni). 

Si rammenta che le componenti della capacitā fiscale si riferiscono a due principali tipologie di entrata. Nella prima categoria (Imposte e tasse) rientrano l'IMU, la Tasi, l'addizionale comunale Irpef e le imposte e tasse minori (imposta di scopo, imposta sulla pubblicitā, Tosap). Nella seconda categoria rientra la Tari.

Per quel che concerne il peso della componente rifiuti nella determinazione della capacitā fiscale, si segnala che la nota metodologica ricorda che il gettito della tariffa per raccolta e smaltimento rifiuti non andrebbe incluso nel calcolo della capacitā fiscale in quanto risulta a totale copertura del costo; tuttavia tale voce č inclusa nel calcolo dei fabbisogni standard e la sua esclusione dalla capacitā fiscale avrebbe condotto ad una errata stima delle risorse perequabili. Pertanto, al fine di sterilizzare la componente dei rifiuti nell'ambito della perequazione delle risorse assegnate attraverso il Fondo di solidarietā comunale, nel calcolo della capacitā fiscale č stato considerato anche tale costo, in misura pari al fabbisogno standard.

Inoltre, ai fini dell’applicazione dei criteri perequativi, viene rideterminato l'ammontare complessivo della capacitā fiscale perequabile dei comuni delle regioni a statuto ordinario, ora stabilito nella misura del 50 per cento dell'ammontare complessivo della capacitā fiscale da perequare (c.d. target perequativo).

La capacitā fiscale di un comune, si rammenta, rappresenta la misura della sua capacitā di prelievo che non risente dello sforzo fiscale. Ai fini del riparto perequativo viene confrontata con le risorse standard, calcolate in base ai fabbisogni standard e alla popolazione.

 

Con la nuova formulazione, il suddetto “target perequativo” viene confermato nella misura del 50 per cento dell'ammontare complessivo della capacitā fiscale da perequare per l’anno 2019, prevedendosi che tale quota percentuale, a decorrere dall’anno 2020, venga via via incrementa del 5 per cento annuo, sino a raggiungere il valore del 100 per cento a decorrere dall’anno 2029.

Con la modifica disposta dal comma in esame, pertanto, a regime, a decorrere dal 2030, la quota del Fondo distribuita in base a fabbisogni e capacitā fiscale sarā pari al 100 per cento delle capacitā fiscali comunali delle RSO.

 

In merito al riparto del Fondo di solidarietā comunale, occorre ricordare che la componente riferita al sistema perequativo si articola in due parti, la prima finalizzata a colmare il divario (positivo o negativo) tra i fabbisogni standard relativi alle funzioni fondamentali e le capacitā fiscali, la seconda idealmente finalizzata alla perequazione in base alle sole capacitā fiscali riferite alle funzioni non fondamentali. Nel modello perequativo, le due parti vengono combinate con pesi diversi, attualmente fissati rispettivamente all’80% e al 20%.

Date le risorse da destinare alla perequazione (il totale delle capacitā fiscali dei comuni RSO) e le percentuali – l’80% per il divario tra i fabbisogni e le capacitā fiscale standard e il 20% per il gap tra la capacitā fiscale media e quella comunale – il cosiddetto “target perequativo” stabilisce la misura con cui entrambi i divari saranno perequati. Questo target, attualmente fissato al 50% del totale delle capacitā fiscali, fa sė che nel 2019, la quota del Fondo distribuita in base a fabbisogni e capacitā fiscali sarā pari al 50% del totale, mentre la restante metā resterā regolata dal criterio di invarianza delle risorse storiche attribuite a ciascun ente.

Con le modifiche disposte dal comma in esame, si avvia un percorso che aumenta progressivamente la quota delle capacitā fiscali comunali da perequare, fino al 100 per cento nel 2029.

Per approfondimenti sul tema della perequazione, si rinvia sito IFEL: https://www.fondazioneifel.it/banche-dati/perequazione.

 

Infine, la nuova formulazione della lettera c) del comma 449 della legge di bilancio 2017, mantiene inalterati i criteri di ripartizione della restante quota percentuale del FSC – quella cioč non ripartita con il sistema perequativo, ma sulla base del criterio della compensazione della spesa storica – stabilendo che, sino all’anno 2029, sia distribuita assicurando a ciascun comune un importo pari all'ammontare algebrico della medesima componente del Fondo di solidarietā comunale dell'anno precedente, eventualmente rettificata, variato in misura corrispondente alla variazione della quota di fondo non ripartita secondo i criteri perequativi.

 

 

 


 

Articolo 57, comma 2
(Esclusione dai vincoli di contenimento
delle spese per la formazione)

 

 

articolo 57, comma 2 esclude, a decorrere dal 2020, l’applicabilitā delle norme vigenti per il contenimento delle spese di formazione a regioni, enti locali e organismi ed enti strumentali.

 

Il comma 2 prevede che le disposizioni legislative vigenti, di cui all’articolo 6, comma 13, del DL n.78/2010, volte al contenimento e alla riduzione delle spese per la formazione del personale cessino di essere applicate, a decorrere dal 2020, alle regioni, alle province autonome e agli enti locali, nonché ai loro organismi ed enti strumentali (anche se costituiti in forma societaria).

 

articolo 6, comma 13, del D.L. n. 78/2010, ha previsto, a decorrere dal 2011, che la spesa annua sostenuta dalle amministrazioni pubbliche per attivitā esclusivamente di formazione non deve essere superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009[33]. Si prevede inoltre che le amministrazioni devono svolgere prioritariamente l'attivitā di formazione tramite la Scuola superiore della pubblica amministrazione ovvero tramite i propri organismi di formazione, e che gli atti e i contratti posti in essere in violazione del limite suddetto costituiscono illecito disciplinare e determinano responsabilitā erariale.

Con riferimento specifico ai comuni si ricorda, peraltro, che il D.L. 50/2017 (art. 21-bis) ha giā stabilito, a decorrere dal 2018[34], la disapplicazione di tale misura per i comuni e le loro forme associative che hanno approvato il bilancio preventivo dell'esercizio di riferimento entro il 31 dicembre dell'anno precedente e che hanno rispettato il saldo di equilibrio del proprio bilancio, secondo la regola del pareggio di cui all'articolo 9 della legge n. 243/2012[35].

 

Quanto alla platea degli enti per i quali trova applicazione la disposizione, si rinvia alla definizione data dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n.118/2011, ove si prevede che per enti strumentali si intendono gli enti sui quali l’ente abbia determinati poteri di indirizzo o controllo[36]; mentre per organismi strumentali delle regioni e degli enti locali si intendono le loro articolazioni organizzative, anche a livello territoriale, dotate di autonomia gestionale e contabile, prive di personalitā giuridica.

 


 

Articolo 58
(Quota versamenti in acconto)

 

 

articolo 58 modifica la misura dei versamenti della prima e seconda rata dell’acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle societā, nonché dell’imposta regionale sulle attivitā produttive, per i soggetti ISA e per i soci di societā con redditi prodotti in forma associata o in regime di trasparenza fiscale, prevedendo due rate di pari importo da versare nei termini ordinari.

 

In particolare la disposizione in esame prevede che (a decorrere dal 27 ottobre 2019) per i soggetti che esercitano attivitā economiche per le quali sono stati approvati gli indici sintetici di affidabilitā fiscale e per quelli che partecipano a societā, associazioni e imprese con redditi prodotti in forma associata (articolo 5 TUIR), nonché in quelle che consentono di optare per il regime di cd. trasparenza fiscale (articoli 115 e 116 TUIR) i versamenti di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle societā e quelli relativi all’imposta regionale sulle attivitā produttive sono effettuati in due rate ciascuna nella misura del 50 per cento.

 

Si ricorda che l’articolo 9-bis del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, ha previsto l’istituzione degli indici sintetici di affidabilitā fiscale (ISA) per gli esercenti attivitā di impresa, arti o professioni. con l’obiettivo di favorire l'emersione spontanea delle basi imponibili e di stimolare l'assolvimento degli obblighi tributari da parte dei contribuenti e il rafforzamento della collaborazione tra questi e l'Amministrazione finanziaria, anche con l'utilizzo di forme di comunicazione preventiva rispetto alle scadenze fiscali. Gli indici, elaborati con una metodologia basata su analisi di dati e informazioni relativi a pių periodi d'imposta, rappresentano la sintesi di indicatori elementari tesi a verificare la normalitā e la coerenza della gestione aziendale o professionale, anche con riferimento a diverse basi imponibili, ed esprimono su una scala da 1 a 10 il grado di affidabilitā fiscale riconosciuto a ciascun contribuente, anche al fine di consentire a quest'ultimo, sulla base dei dati dichiarati entro i termini ordinariamente previsti, l'accesso a uno specifico regime premiale. Gli indici si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018 (comma 931 della legge n. 205 del 2017). Contestualmente all'adozione degli indici cessano di avere effetto, al fine dell'accertamento dei tributi, le disposizioni relative agli studi di settore (articolo 7-bis del decreto legge n. 193 del 2016). Il decreto ministeriale del 28 dicembre 2018 ha stabilito l’esclusione dal regime dei contribuenti che hanno dichiarato ricavi ovvero compensi di  ammontare superiore a 5.164.569 euro.

Per una panoramica completa della disciplina si rinvia alla scheda informativa dell’Agenzia delle entrate, che individua anche gli ISA approvati nonché la circolare n.17 del 2 agosto 2019 dell’Agenzia: Indici sintetici di affidabilitā fiscale – periodo di imposta 2018 – primi chiarimenti.

 

Si ricorda inoltre che il regime di trasparenza fiscale si applica alle societā di capitali che scelgono di tassare il proprio reddito imputandolo direttamente ai soci per trasparenza, adottando, cioč, lo stesso sistema previsto per le societā di persone ovvero societā semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato (art. 5 TUIR). Il regime di trasparenza si applica:

§  alle societā di capitali partecipate da altre societā di capitali (art. 115 TUIR);

§  alle societā a responsabilitā limitata a ristretta base azionaria (art. 116 TUIR).

 

La norma in esame pertanto modifica la misura dei versamenti, rimodulandola in due rate di pari importo, ma non i termini che rimangono quelli ordinari previsti dell’articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 435.

 

Si ricorda che l’articolo 17 del dPR 7 dicembre 2001, n. 435 stabilisce che i versamenti di acconto dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle persone giuridiche, nonché quelli relativi all'imposta regionale sulle attivitā produttive, sono effettuati in due rate salvo che il versamento da effettuare alla scadenza della prima rata non superi 103 euro. Il quaranta per cento dell'acconto dovuto č versato alla scadenza della prima rata e il residuo importo alla scadenza della seconda. Il versamento dell'acconto č effettuato, rispettivamente:

a) per la prima rata, nel termine previsto per il versamento del saldo dovuto in base alla dichiarazione relativa all'anno d'imposta precedente;

b) per la seconda rata, nel mese di novembre, ad eccezione di quella dovuta dai soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche e all'imposta regionale sulle attivitā produttive il cui periodo d'imposta non coincide con l'anno solare, che effettuano il versamento di tale rata entro l'ultimo giorno dell'undicesimo mese dello stesso periodo d'imposta.

 

L’articolo in esame dispone infine che viene fatto salvo quanto eventualmente giā versato per l’esercizio in corso con la prima rata di acconto con corrispondente rideterminazione della misura dell’acconto dovuto in caso di versamento unico.

Pertanto per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019 č fatto salvo l’eventuale versamento della prima rata di acconto ed č dovuta, quindi, la seconda rata, comunque, nella misura del 50 per cento, ovvero l’unica rata nella misura del 90 per cento.

 

Nella relazione tecnica gli effetti della disposizione per il 2019 sono stimati in una perdita di gettito di 1.460 milioni di euro, che vengono recuperati nel 2020.

Articolo 59
(Disposizioni finanziarie)

 

 

articolo 59 incrementa, al comma 1, il Fondo per la riduzione della pressione fiscale e, al comma 2, il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali. Il comma 3 provvede alla quantificazione degli oneri recati dal provvedimento in esame e al reperimento delle risorse da porre a copertura. Il comma 4 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio e, qualora necessario, previa richiesta dell'amministrazione competente, a disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria.

 

Il comma 1 incrementa il Fondo per la riduzione della pressione fiscale di 5.337,946 milioni di euro per l'anno 2020, di 4.381,756 milioni di euro per l'anno 2021, di 4.181,756 milioni di euro per l'anno 2022, di 4.180,756 milioni di euro per l’anno 2023, di 4.166,516 milioni di euro per l'anno 2024 e di 4.168,136 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2025. Tali risorse sono destinate al raggiungimento degli obiettivi programmatici della manovra di finanza pubblica.

Si ricorda che la legge di stabilitā 2014 (legge n. 147 del 2013, commi 431-435) ha istituito il Fondo per la riduzione della pressione fiscale, utilizzando le risorse derivanti dai risparmi di spesa prodotti dalla razionalizzazione della spesa pubblica, nonché le risorse che si stima di incassare, in sede di Documento di economia e finanze, a titolo di maggiori entrate, rispetto alle previsioni di bilancio, dalle attivitā di contrasto all'evasione fiscale. La legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017, commi 1069-1070), intervenendo sulla legge n. 147 del 2013, ha modificato i requisiti di contabilizzazione richiesti per assegnare le maggiori entrate derivanti dal contrasto all'evasione al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, al fine di renderne pių flessibile l'utilizzo. Sono stati inoltre ridotti gli appostamenti su tale Fondo per gli anni 2018-2021.

Nel predetto Fondo č altresė eventualmente iscritta una dotazione corrispondente al maggior gettito prevedibile, per ciascun esercizio finanziario, derivante dall'emersione di base imponibile indotta dalla presentazione della dichiarazione integrativa speciale, sulla base di valutazione effettuata dal Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento delle finanze. Nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza viene data adeguata evidenza del maggior gettito valutato nei predetti termini.

 

Il comma 2 incrementa il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali di 26 milioni di euro per l'anno 2020, 25 milioni di euro per l'anno 2021 e 21 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023.

Si ricorda che il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali č stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, con una dotazione in termini di sola cassa, dall’articolo 6, comma 2, del decreto-legge n. 154/2008.

 

Il comma 3 quantifica gli oneri derivanti dagli articoli 19, 21, 22, 38, 41, 42, 52, 53, 54, 56, 58, dai commi 1, 2 e 3 (lettere a) e d)) dell’articolo 59 in esame, e provvede al reperimento delle relative coperture.

I suddetti oneri vengono valutati in 2.637 milioni di euro per l'anno 2019, a 5.436,296 milioni per l'anno 2020, 4.493,216 milioni per l'anno 2021, a 4.289,976 milioni per l'anno 2022, a 4.290,236 milioni per l'anno 2023, a 4.279,236 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024.

Tali oneri aumentano, ai fini della compensazione degli effetti in termini di indebitamento netto e di fabbisogno a 5.464,296 milioni di euro per l'anno 2020, a 4.526,716 milioni di euro per l'anno 2021, a 4.319,476 milioni di euro per l'anno 2022, a 4.319,736 milioni di euro per l'anno 2023 e a 4.287,736 milioni di euro annui a decorrere dal 2024.

 

Ad essi si provvede:

 

a) quanto a 3.089,310 milioni di euro per l'anno 2019 e, in soli termini di fabbisogno e indebitamento netto, a 14,7 milioni di euro per l'anno 2020, mediante riduzione delle dotazioni di competenza e di cassa relative alle missioni e ai programmi di spesa degli stati di previsione dei Ministeri come indicate nell'elenco 1 allegato al decreto in esame.  Il Ministro dell'economia e delle finanze č autorizzato ad accantonare e a rendere indisponibili tali somme.  Entro venti giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, su proposta dei Ministri competenti, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, gli accantonamenti di spesa possono essere rimodulati nell'ambito dei pertinenti stati di previsione della spesa, fermo restando il conseguimento dei risparmi di spesa realizzati in termini di indebitamento netto della pubblica amministrazione. Il Ministro dell'economia e delle finanze č autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio.

 

La tabella seguente riassume le riduzioni delle dotazioni finanziarie dei Ministeri, che l’Elenco 1 esplicita a livello di missioni e programmi per ciascuno stato di previsione.

 

 

(milioni di euro)

Ministero

Riduzioni spese 2019

di cui predeterminate per legge

economia e finanze

2.896,1

704,0

sviluppo economico

31,0

21,0

lavoro e politiche sociali

15,0

15,0

giustizia

15,4

10,0

affari esteri

7,0

6,0

istruzione

0,6

0,0

interno

32,9

32,2

ambiente

2,5

1,5

infrastrutture e trasporti

36,0

5,0

difesa

12,0

0,0

politiche agricole

26,1

19,0

beni culturali e turismo

0,8

0,0

salute

14,0

10,0

totale

3.089,3

823,7

 

Si segnala inoltre che il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari del provvedimento, allegato alla relazione tecnica, suddivide tale riduzione di spesa in 2.123,2 milioni di euro di parte corrente e 966,1 milioni di euro di conto capitale.

 

La procedura di spending review all’interno del ciclo di bilancio

La riforma della legge di contabilitā operata nel corso del 2016 ha integrato il processo di revisione della spesa nel ciclo di bilancio, nell'ottica di un rafforzamento della programmazione finanziaria e del raggiungimento di un maggior grado di strutturazione e sistematicitā del processo stesso di revisione della spesa.

 In base al nuovo articolo 22-bis, comma 1, della legge n. 196/2009, sulla base degli obiettivi programmatici indicati nel Documento di economia e finanza e di quanto previsto dal cronoprogramma delle riforme indicato nel suddetto documento programmatico, entro il 31 maggio di ciascun anno, con D.P.C.M., su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze (previa deliberazione del Consiglio dei Ministri) sono definiti gli obiettivi di spesa di ciascun Dicastero riferiti al successivo triennio.

In relazione a tali obiettivi, definiti in termini di limiti di spesa e di risparmi da conseguire, i Ministri definiscono la propria programmazione finanziaria, indicando gli interventi da adottare con il successivo disegno di legge di bilancio.

Dopo l'approvazione della legge di bilancio, entro il 1°marzo di ciascun anno, il Ministro dell'economia e ciascun Ministro di spesa stabiliscono in appositi accordi (definiti con decreti interministeriali) le modalitā e i termini per il monitoraggio del conseguimento degli obiettivi di spesa. Negli accordi sono quindi indicati gli interventi che si intende porre in essere per la loro realizzazione e il relativo cronoprogramma.

I medesimi accordi possono essere aggiornati, anche in considerazione di successivi interventi legislativi che possano avere effetti sugli obiettivi oggetto dei medesimi accordi.

Il Ministro dell'economia informa il Consiglio dei ministri sullo stato di attuazione degli accordi, sulla base di apposite schede trasmesse da ciascun Ministro entro il 15 luglio. Entro il 1° marzo dell'anno successivo, ciascun Ministro invia al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro dell'economia una relazione – che verrā allegata al DEF - sul grado di raggiungimento dei risultati in riferimento agli accordi in essere nell'esercizio precedente.

La nuova procedura ha trovato attuazione per la prima (e, al momento, unica) volta nell'anno 2017, con riferimento al triennio di programmazione 2018-2020.

L'obiettivo di risparmio stabilito dal Documento di Economia e Finanza 2017 a carico delle Amministrazioni centrali dello Stato e della Presidenza del Consiglio č stato determinato in 1 miliardo per ciascun anno a decorrere dal 2017, in termini di indebitamento netto. In relazione a tale obiettivo č intervenuto il D.P.C.M. 28 giugno 2017, che ha ripartito il suddetto importo tra i vari Ministeri.

Per l'esercizio finanziario 2019, la procedura di programmazione e revisione della spesa dei Ministeri ai sensi dell'articolo 22-bis della legge n. 196/2009 non ha avuto luogo. Tuttavia, la legge di bilancio per il 2019 ha effettuato, nell'ambito dei definanziamenti operati con la Sezione II, misure di razionalizzazione della spesa (spending review), con riduzioni di spesa di oltre 600 milioni di euro annui a decorrere dal 2019 (di cui circa 400 milioni di spesa corrente e 200 milioni di spesa in conto capitale), come indicato nel prospetto riassuntivo degli effetti della Sezione II riportato nella Relazione tecnica aggiornata - presentata in data 9 gennaio 2019 sul testo del disegno di legge di bilancio 2019 come approvato definitivamente dal Parlamento (A.C. 1334-B) - nella Parte II, relativa alla Sezione II.

Si segnala infine che la NADEF 2019, per quanto riguarda le politiche di revisione della spesa (spending review), annette a “misure di efficientamento della spesa pubblica e di revisione e soppressione di disposizioni normative vigenti” un risparmio per il 2020 di oltre 0,1 punti percentuali di PIL, senza tuttavia fornire elementi in ordine agli interventi che si intendono realizzare. Si ricorda che nel DEF 2019 si prospettava un programma di spending review inteso a definire un primo pacchetto di misure nella legge di bilancio per il 2020, con risparmi di spesa corrente pari a 2 miliardi nel 2020 (ammontare invariato rispetto al 2019) a 5 miliardi nel 2021 e a 8 miliardi nel 2022 (valori cumulati).

 

b) quanto a 130 milioni di euro per l'anno 2019, mediante utilizzo delle entrate derivanti dalle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall'Autoritā garante della concorrenza e del mercato versate all'entrata del bilancio dello Stato e destinate ad iniziative a vantaggio dei consumatori ai sensi dell'articolo 148, comma 1, della legge finanziaria 2001, che, al 27 ottobre 2019, non sono state riassegnate ai pertinenti programmi di spesa e che sono acquisite, nel predetto limite, definitivamente al bilancio dello Stato;

L'articolo 148 della legge n. 388 del 23 dicembre 2000 (legge finanziaria 2001 dispone, al comma 1, che le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall'Autoritā garante della concorrenza e del mercato siano destinate ad iniziative a vantaggio dei consumatori, facendo salvo quanto disposto dal successivo comma 2. Il comma 2, primo periodo, specifica che le predette entrate possono essere riassegnate anche nell'esercizio successivo - per la parte eccedente l'importo di 10 milioni di euro per l'anno 2018 e di 8 milioni di euro a decorrere dall'anno 2019 - con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ad un apposito Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico (cap.1650/MISE), per essere destinate alle iniziative a vantaggio dei consumatori individuate di volta in volta con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentite le Commissioni parlamentari competenti. Il capitolo di entrata sul quale affluiscono le somme derivanti dalle sanzioni irrogate dall'Autoritā č il cap.3592.

Secondo informazioni ricevute per le vie brevi dalla Ragioneria generale dello Stato, alla data del 23 ottobre 2019, sono affluiti al capitolo di entrata complessivi 197 milioni di euro. Decurtati da tale importo i 25 milioni giā destinati – dalla legge di bilancio 2019 (L. n. 145/2018)[37] al capitolo di spesa del MISE 1650, i rimanenti 172 milioni di euro sono stati parzialmente utilizzati per circa 18,2 milioni di euro, a copertura di una serie di misure legislative (art. 1, comma 694 della L. n. 205/2017 (L. di bilancio 2018) e artt. 11 e 12 del D.L. n. 101/2019).

 

c) quanto a 90 milioni di euro per l'anno 2019, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo utilizzando quanto a 60 milioni di euro l'accantonamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze e quanto a 30 milioni di euro l'accantonamento relativo al Ministero dello sviluppo economico;

 

d) quanto a 14,1 milioni di euro per l'anno 2019, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 12, comma 18, del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109 (cosiddetto "decreto Genova").

Si ricorda che il citato l'articolo 12, comma 18 del decreto-legge n.109 del 2018 ("decreto Genova") prevede la copertura delle spese per l'istituzione dell'ANSFISA (Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali), indicando l'attribuzione di risorse pari a complessivi 14.100.000 euro per l'anno 2019, e 22.300.000 euro a decorrere dall'anno 2020. 
Nella risposta all'interrogazione 5-2870 e all'interrogazione 5-02866, resa il 10 ottobre 2019, nella premessa delle quali si dava conto della mancata costituzione dell'Agenzia, il Governo aveva chiarito che "proprio oggi il Consiglio di Stato sta esaminando – ai fini del prescritto parere – sia lo schema di regolamento di amministrazione che lo schema di statuto dell'Agenzia". Ne consegue pertanto che, non essendo ancora operativa la citata Agenzia, le risorse assegnate per il 2019 non sarebbero state utilizzate.

La relazione tecnica al decreto in esame precisa che tale voce di copertura č destinata agli oneri dell’articolo 52, relativo agli incentivi per l'acquisto dei dispositivi antiabbandono;

 

e) quanto a 12 milioni di euro per l'anno 2019, a 5.426,856 milioni di euro per l'anno 2020, a 4.496,666 milioni di euro per l'anno 2021, a 4.293,236 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 e a 4.282,236 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024 - che aumentano in termini di fabbisogno e indebitamento netto a 35 milioni di euro per l'anno 2019, a 5.452,856 milioni di euro per l'anno 2020, a 4.530,166 milioni di euro per l'anno 2021, a 4.322,736 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 e a 4.290,736 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2024 - mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate e delle minori spese derivanti dagli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 20, 24, 26, 27, 28, 29, 31, 32, 33, 36, 37, 38 e 58 del decreto-legge in esame;

 

f) quanto a 30 milioni di euro per l'anno 2019, mediante corrispondente utilizzo l’utilizzo delle risorse costituenti il contributo italiano alle spese dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (di cui alla legge n. 848/1957). Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale č tenuto a provvedere ai necessari adempimenti, anche sul piano internazionale, per la rideterminazione, nella misura 30 milioni di euro per l’anno 2019, di tale contributo.

Si segnala che un’analoga copertura, per un importo di 20 milioni di euro per l’anno 2018, č stata utilizzata nell’art. 26, comma 3, lett. d) del DL 3 ottobre 2018, n. 119 (“Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria”), convertito, con modificazioni, dalla legge 136/2018.

 

g) quanto a 12,9 milioni di euro, per l'anno 2020, mediante corrispondente utilizzo dell'autorizzazione di spesa recata dall'articolo 1 comma 150 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, da imputare alla quota parte del fondo per interventi in favore del settore dell'autotrasporto di cui all'articolo 1, lettera d) del decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti 6 giugno 2019, registrato alla Corte dei Conti il 28 giugno 2019 con n. 1-2304, per il triennio 2019/2021.

L'articolo 1, comma 150 della legge n. 190/2014 aveva autorizzato, a decorrere dal 2015, la spesa di 250 milioni di euro annui per interventi in favore del settore dell'autotrasporto, rendendo strutturale il complesso degli incentivi e dei benefici riconosciuti al settore. Tale importo viene ripartito annualmente con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Una quota non superiore al 20 per cento delle risorse di cui al citato comma 150 č destinata alle imprese che pongono in essere iniziative dirette a realizzare processi di ristrutturazione e aggregazione. Tali risorse sono state ridotte a, far data dal 2019, a 240 milioni di euro per anno. 

Il MIT ha comunicato a luglio 2019 che č stato firmato dal Ministro lo schema di decreto ministeriale contenente le modalitā di erogazione degli incentivi 2019 all'autotrasporto, pari a 25 milioni di euro, per il rinnovo del parco mezzi. Tuttavia il DM non č stato ancora pubblicato.

La ripartizione dello stanziamento complessivo a favore dell'autotrasporto nel triennio 2019-2021 pari a 240 milioni € č stata definita ad aprile 2019, a seguito di una riunione presso il Ministero del tavolo dell'autotrasporto merci con le associazioni rappresentative del settore, nei seguenti termini: 140 milioni per il rimborso di pedaggi autostradali, 70 milioni per le spese di viaggio non documentate, 25 milioni per investimenti sul rinnovo parco mezzi, 5 milioni per la formazione.

I 25 milioni di euro per il rinnovo del parco mezzi sono cosė ripartiti:

§  9,5 milioni sono destinati all'acquisizione di autoveicoli nuovi adibiti al trasporto di merci di massa complessiva a pieno carico pari o superiore a 3,5 tonnellate a trazione alternativa a metano CNG, gas naturale liquefatto LNG, ibrida (diesel/elettrico) ed elettrica, nonché per l'acquisizione di dispositivi idonei per la riconversione di autoveicoli per il trasporto merci a motorizzazione termica in veicoli a trazione elettrica. 

§  9 milioni di euro per la radiazione per rottamazione di veicoli pesanti di massa complessiva a pieno carico pari o superiore a 11,5 tonnellate con contestuale acquisizione di veicoli nuovi conformi alla normativa euro VI di massa complessiva a pieno carico a partire da 7 tonnellate, nonché per l'acquisizione di veicoli commerciali leggeri euro 6 di massa complessiva pari o superiore a 3,5 tonnellate fino a 7 tonnellate, in assenza di rottamazione.

§  6 milioni di euro sono destinati all'acquisizione di rimorchi e semirimorchi nuovi per il trasporto combinato ferroviario e marittimo, nonché per trasporti in regime ATP.

§  500.000 euro per l'acquisto di casse mobili e rimorchi o semirimorchi porta casse per facilitare l'utilizzazione di differenti modalitā di trasporto in combinazione tra loro senza alcuna rottura di carico.

 

La seguente tabella riepiloga gli oneri e le risorse poste a copertura nel quadriennio 2019-2022, solo per quanto concerne il saldo netto da finanziare.

(milioni di euro)

 

2019

2020

2021

2022

19 (premi scontrini e cashless)

 

50,0

50,0

50,0

21 (Certificazioni fiscali e pagamenti elettronici)

4,0

 

 

 

22 (Credito d’imposta su commissioni pagamenti elettronici)

 

27,0

53,9

53,9

38 (Imposta immobiliare sulle piattaforme marine)

 

8,5

7,6

4,3

41 (Fondo di garanzia PMI)

700,0

 

 

 

42 (Fusioni comuni)

30,0

 

 

 

52 (Incentivi per l'acquisto dei dispositivi antiabbandono)

14,1

 

 

 

53 (Disposizioni in materia di autotrasporto)

12,9

12,9

 

 

54 (Alitalia)

400,0

 

 

 

56 (Compensazione fondo perequativo IRAP)

16

 

 

 

58 (Quota versamenti in acconto)

1.460,0

 

 

 

59 co 1 (Incremento Fondo per la riduzione della pressione fiscale)

 

5.337,9

4.381,8

4.181,8

59 co 2 (Incremento Fondo per l'attualizzazione dei contributi pluriennali)

 

 

 

 

TOTALE ONERI (A)

2.637,0

5.436,3

4.493,3

4.290,0

lett a) Spending review Ministeri

3.089,3

 

 

 

lett b) Sanzioni AGCM

130,0

 

 

 

lett c) Fondo speciale conto capitale (di cui 60 mln tab B MEF e 30 mln tab B MISE)

90,0

 

 

 

lett d) DL Genova

14,1

 

 

 

lett e) maggiori entrate e minori spese DL fiscale

12,0

5.426,9

4.496,7

4.293,2

lett f) contributo ONU

30,0

 

 

 

lett g) autotrasporto

 

12,9

 

 

RISORSE A COPERTURA (B)

3.365,4

5.439,8

4.496,7

4.293,2

DIFFERENZA (B)-(A)

728,4

3,5

3,4

3,3

 

La differenza tra le risorse poste a copertura e gli oneri risulta, sul saldo netto da finanziare, di 728,4 milioni di euro per il 2019, di 3,5 milioni nel 2020, di 3,4 milioni nel 2021 e di 3,3 milioni nel 2022.

In particolare, per il 2019, si tratta della differenza tra le minori spese previste dal decreto in esame (per 1.763,7 milioni di euro) e le minori entrate (per 1.035,3 milioni di euro).

 

Per quanto riguarda il fabbisogno e l’indebitamento netto, si segnala che dal prospetto riepilogativo degli effetti finanziari risultano differenze positive tra risorse poste a copertura e oneri, rispettivamente, di:

§  270 milioni per il 2019, 16,2 milioni per il 2020, 3,4 milioni per il 2021 e 3,3 milioni per il 2022;

§  16,2 milioni per il 2020, 3,4 milioni per il 2021 e 3,3 milioni per il 2022.

 

Il comma 4 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze:

§  ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio;

§  qualora necessario, previa richiesta dell'amministrazione competente, a disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione avviene tempestivamente con l'emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa.

 

 


 

Articolo 60
(Entrata in vigore)

 

 

articolo 60 reca le disposizioni sull’entrata in vigore del decreto-legge, che avviene il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (26 ottobre 2019).

 

Il decreto-legge č dunque vigente dal 27 ottobre 2019.

 



[1]    Si ricorda che l'ISTAT redige annualmente, ai sensi del comma 3, dell’articolo 1, della legge n. 196/2009, ai fini dell'elaborazione del conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni, un elenco degli enti pubblici facenti parte del settore istituzionale della PA (c.d. elenco S13). Per l’anno 2019, l’elenco delle amministrazioni pubbliche, inserite nel conto economico, č fornito dall’Istat nel Comunicato del 30 settembre 2019 (G.U. n. 229/2019).

[2]    Il contributo non riguarda, si rammenta, gli enti locali appartenenti ai territori delle regioni autonome Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta nonché gli enti locali appartenenti alle province autonome di Trento e Bolzano, in quanto trattasi di territori in cui vige una speciale disciplina per l'attribuzione dei trasferimenti agli enti locali.

[3]    La misura del contributo spettante, inizialmente fissata al 20 per cento dei trasferimenti erariali attribuiti per l'anno 2010 (art. 20, D.L. n. 95/2012), č stata innalzata al 40 per cento nel 2016 (art. 1, commi 17-18, legge n. 208/2015), al 50 per cento nel 2017 (art. 1, comma 447, legge n. 232/2016) e al 60 per cento dei trasferimenti erariali attribuiti per l'anno 2010 a decorrere dal 2018 (art. 1, comma 868, legge n. 205/2017). Č stato poi previsto un limite massimo al contributo medesimo per ciascun ente beneficiario, che, inizialmente fissato a 1,5 milioni (D.L. n. 90/2014) per le fusioni realizzate dal 2012, č stato rideterminato in misura non superiore a 2 milioni di euro per ciascun beneficiario a partire dal 2016 (art. 1, comma 18, legge n. 208/2015).

[4]    Cfr. ISTAT, Codici statistici delle unitā amministrative territoriali, 30 giugno 2019.

[5]    Cfr. ISTAT, Codici statistici delle unitā amministrative territoriali - Novitā per l'anno 2019, 30 giugno 2019.

[6]    Recante "Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario".

[7]    Ai sensi dell'art.8,  decorrere dal 1° gennaio 2013 sono trasformati in tributi propri regionali la tassa per l'abilitazione all'esercizio professionale, l'imposta regionale sulle concessioni statali dei beni del demanio marittimo, l'imposta regionale sulle concessioni statali per l'occupazione e l'uso dei beni del patrimonio indisponibile, la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche regionali, le tasse sulle concessioni regionali, l'imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili (comma 1). Disciplinano altresė la tassa automobilistica regionale, nel rispetto dei limiti massimi di manovrabilitā previsti dalla legislazione statale (comma 2) e ad esse spettano gli altri tributi ad esse riconosciuti dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del d.lgs. n.68/2011.

[8]    Art.2. D.Lgs. n.68/2011.

[9]    Assicurati dal fondo che č disciplinato all'art.15 del D.lgs. 68/2011.

[10]   Si veda l'art.2 del D.lgs. n.68/2011.

[11]   Detto termine č il risultato di una serie di rinvii rispetto al termine iniziale del 31 luglio 2011, originariamente contemplato all'art.7, comma 2, del D.lgs. n.68/2011.

[12]   Tale termine, originariamente previsto dal D.lgs. 68/2011 nel 2013, č il risultato di successivi rinvii normativi.

[13]   Si veda l'art. 4 del D.lgs. citato.

[14]   Tale principio tiene conto del luogo in cui avviene la cessione, nel caso di beni di consumo, del luogo di ubicazione, nel caso di immobili, e del luogo del domicilio del fruitore, nel caso di prestazione di servizi.

[15]   Si veda l'art. 15, in particolare i commi 5 e 7, del D.lgs. citato.

[16]   Si tratta della sanitā, dell'assistenza, dell'istruzione, del trasporto pubblico locale, con riferimento alla spesa in conto capitale, e alle ulteriori materie che saranno individuate con legge statale (si veda l'art. 14, comma 1, del D.lgs. citato).

[17]   Nello specifico l'art.15, comma 1, del D.lgs. cit., dispone che a decorrere dal 2021 (termine prorogato dal, comma 1, lettera d), dell'articolo in esame) le fonti di finanziamento delle spese delle regioni per i LEP sono le seguenti: a) la compartecipazione all'IVA di cui all'articolo 4 del medesimo D.lgs.; b) le quote dell'addizionale regionale all'IRPEF, come rideterminata secondo le modalitā dell'articolo 2, comma 1; c) l'IRAP, fino alla data della sua sostituzione con altri tributi; d) quote del fondo perequativo di cui al comma 5; e) le entrate proprie, nella misura convenzionalmente stabilita nel riparto delle disponibilitā finanziarie per il servizio sanitario nazionale per l'anno 2010.

[18]   Considerata in termini di gettito per abitante (art.15, comma 7, del D.lgs. cit.). Nella fase transitoria si ha riguardo anche alla spesa storica, mentre a regime l'unico riferimento sarā dato dalla relativa capacitā fiscale della regione (comma 8).

[19]   Si veda l'art. 7 del D.lgs. citato.

[20]   Si ricorda, a tal fine, che l'approvazione del bilancio di previsione č ordinariamente fissato al 31 dicembre di ogni anno (articolo 151, comma 1, del TUEL), o entro i termini previsti in caso di autorizzazione dell’esercizio provvisorio; l'approvazione del rendiconto č fissato al 30 aprile dell’esercizio successivo a quello di riferimento (articolo 227, comma 2, del TUEL); l'approvazione del bilancio consolidato č fissato al 30 settembre di ogni anno (articolo 151, comma 8, del TUEL).

[21]   Autorizzati nel limite complessivo di 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2021 al 2025, di 400 milioni di euro per l'anno 2026, di 450 milioni di euro annui per gli anni dal 2027 al 2031 e di 500 milioni di euro annui per gli anni 2032 e 2033.

[22]   Termini fissati dall’articolo 4 del decreto legislativo n.231/2002.

[23]   31 gennaio dell’esercizio in cui sono state rilevate le suddette condizioni riferite all’esercizio precedente.

[24]   Disposizioni analoghe sono dettate per gli enti che adottano la contabilitā economico-patrimoniale (comma 864) e per gli enti del Servizio sanitario nazionale (comma 865).

[25]   Ai sensi dell’articolo 7, comma 4-bis, del decreto-legge n.35/2013.

[26]   Si ricorda che la ricognizione delle amministrazioni pubbliche di cui al comma 2 č operata annualmente dall'ISTAT, con proprio provvedimento, ai sensi del comma 3, dell’articolo 1, della legge n. 196/2009, ai fini dell'elaborazione del conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni. Per l’anno 2019, l’elenco delle amministrazioni pubbliche č fornito nel Comunicato Istat del 30 settembre 2019 (G.U. n. 229/2019).

[27]   Obbligo sancito dall’articolo 7, comma 4-bis, del decreto-legge n. 35/2013.

[28]  Sulla genesi dell'articolo 537-ter, cfr. IAI (a cura di), I regimi di esportazione GtoG di sistemi d'arma: uno studio comparativo, in Osservatorio di politica internazionale, Approfondimenti, n. 131 (maggio 2017).

[29]   Sul tema, cfr. anche ICSA (a cura di), Esportazione dei sistemi d'arma: G2G, modelli comparati, opzioni per l''Italia, in Osservatorio di Politica internazionale, Approfondimenti, n. 150 (luglio 2019).

[30]   La compartecipazione regionale al gettito dell'accisa sulle benzine č stata attribuita alle regioni dalla legge 549/1995 (art. 3 commi 12-14) per compensare i trasferimenti statali soppressi a decorrere dal 1996. Secondo le stime di gettito relative alla istituzione della compartecipazione regionale, le somme incassate dall’accisa avrebbero compensano solo in parte la soppressione dei trasferimenti erariali. La legge n. 549/1995 (articolo 3 commi 2-3) aveva perciō istituito contestualmente un fondo perequativo che, insieme ai proventi dell’accisa, doveva garantire che ciascuna regione avrebbe ricevuto dalla trasformazione delle proprie entrate risorse pari a quelle che ciascuna di esse riceveva in base alle leggi “definanziate”. Per gli anni successivi quel fondo perequativo sarebbe stato incrementato al tasso programmato di inflazione. Quel fondo č stato dapprima ridotto del 6 per cento dall’articolo 1, comma 150, della legge n. 662/1996, ed č stato successivamente soppresso ed inglobato nel sistema di perequazione stabilito sulla base del gettito dell’IRAP come stabilito dall'art. 41 del decreto legislativo n. 446/1997, istitutivo dell'IRAP. Questa norma (art. 41 comma 1) č stata poi abrogata dal D.Lgs. 56/2000, ma le risorse corrispondenti al fondo sono attualmente corrisposte a valere sul gettito dell'IRAP (come esplicita l'articolo 8, comma 1 lett. h) della legge 42/2009).

[31]   Si ricorda che il comma 20, nonché i commi da 22 a 25 dell’articolo 1 della legge n. 190 del 2014 introducono alcune agevolazioni in materia di Imposta regionale sulle attivitā produttive – IRAP, in particolare disponendo l’integrale deducibilitā dall’IRAP del costo sostenuto per lavoro dipendente a tempo indeterminato, eccedente le vigenti deduzioni – analitiche o forfetarie – riferibili allo stesso costo, nonché la possibilitā a taluni soggetti IRAP di ridurre la base imponibile IRAP di un importo pari alla differenza tra il costo complessivo sostenuto per il personale dipendente con contratto a tempo indeterminato e l’importo di alcune spese giā deducibili ex lege.

[32]   In attuazione della legge di stabilitā 2014, a seguito dell’Accordo del 31 marzo 2015 raggiunto in Conferenza Stato-Cittā.

[33]   Si ricorda che tale misura di contenimento non si applica all'attivitā di formazione effettuata dalle Forze armate, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dalle Forze di polizia tramite i propri organismi di formazione, nonché a decorrere dal 2017, ai sensi dell’art. 1, comma 303, lett. b), della legge n. 232/2016, all’attivitā di formazione delle universitā. Da ultimo, con l’articolo 38, comma 1, del D.L. n. 113/2018 č stata prevista la deroga all’applicazione delle regole sul contenimento delle spese, ivi comprese quelle relative alla formazione, anche nei confronti dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalitā organizzata.

[34]   La disapplicazione era prevista anche per il 2017, in caso di approvazione del rendiconto 2016 entro il 30 aprile 2017 e di rispetto, nell’anno precedente, del saldo tra le entrate e le spese finali.

[35]   Tale norma, si rammenta, prevede che il bilancio delle regioni e degli enti locali si considera in equilibrio quanto, sia nella fase di previsione che di rendiconto, presenta un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali.

[36]   Viene definito ente strumentale l'azienda o l'ente, pubblico o privato, nei cui confronti la regione o l'ente locale ha una delle seguenti condizioni:

a) il possesso, diretto o indiretto, della maggioranza dei voti esercitabili nell'ente o nell'azienda;

b) il potere assegnato da legge, statuto o convenzione di nominare o rimuovere la maggioranza dei componenti degli organi decisionali, competenti a definire le scelte strategiche e le politiche di settore, nonché a decidere in ordine all'indirizzo, alla pianificazione ed alla programmazione dell'attivitā di un ente o di un'azienda;

c) la maggioranza, diretta o indiretta, dei diritti di voto nelle sedute degli organi decisionali, competenti a definire le scelte strategiche e le politiche di settore, nonché a decidere in ordine all'indirizzo, alla pianificazione ed alla programmazione dell'attivitā dell'ente o dell'azienda;

d) l'obbligo di ripianare i disavanzi, nei casi consentiti dalla legge, per percentuali superiori alla propria quota di partecipazione;

e) un'influenza dominante in virtų di contratti o clausole statutarie, nei casi in cui la legge consente tali contratti o clausole. I contratti di servizio pubblico e di concessione, stipulati con enti o aziende che svolgono prevalentemente l'attivitā oggetto di tali contratti, comportano l'esercizio di influenza dominante.

Si definisce invece ente strumentale partecipato da una regione o da un ente locale l'azienda o l'ente, pubblico o privato, nel quale la regione o l'ente locale ha una partecipazione, in assenza delle condizioni sopra indicate.

[37]   La legge di bilancio 2019 (L. n. 145/2018) ha previsto, per il triennio 2019-2021, relativamente a ciascuna annualitā, lo stanziamento di 25 milioni di euro sul capitolo 1650. A tale proposito, si ricorda che l'art. 23-comma 1-bis della legge di contabilitā nazionale (L. n. 196/2009), come inserito dal D.lgs. n. 90/2016, ha introdotto una norma specifica diretta a garantire tempestivitā nell'erogazione delle risorse provenienti da entrate finalizzate per legge al finanziamento di specifici interventi o attivitā. La disposizione citata consente pertanto che, con il provvedimento di legge di bilancio di previsione, possano essere iscritte negli stati di previsione della spesa di ciascuna amministrazione e in quello dell'entrata importi corrispondenti a quote di proventi che si prevede di incassare nel medesimo esercizio. L'ammontare degli stanziamenti da iscrivere in bilancio č commisurato all'andamento dei versamenti registrati nei singoli esercizi del triennio precedente a quello di iscrizione. Dunque, con la legge di bilancio 2019, sul cap. 1650/MISE č stato previsto uno stanziamento di 25 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2019-2021, rimasto invariato con il provvedimento di assestamento. Lo stanziamento di 25 milioni per il 2019 č oggetto di riparto ai sensi dello schema di D.M. AG116. L’8 ottobre scorso, la X Commissione attivitā produttive ha emesso un parere favorevole con osservazioni sullo schema di DM. La Commissione ha in particolare osservato l’opportunitā che il Governo adotti le necessarie iniziative, per gli esercizi a venire, finalizzate ad assicurare la piena attuazione dell'articolo 148 della legge n.388 del 23 dicembre 2000.