Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Attività Produttive
Titolo: La semplificazione degli adempimenti amministrativi per le attività produttive
Serie: Documentazione e ricerche   Numero: 136
Data: 05/02/2021
Organi della Camera: X Attività produttive, Commissione parlamentare per la semplificazione

 

Camera dei deputati

XVIII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

La semplificazione degli adempimenti amministrativi per le attività produttive

 

 

 

 

 

 

n. 136

 

 

 

5 febbraio 2021


Servizio responsabile:

 

 

Servizio Studi – Dipartimento attività produttive

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File: AP0207.docx

 


I N D I C E

 

 

 

 

§  Premessa. 3

§  1. Lo snellimento dei regimi autorizzatori. L’input europeo. 4

§  2. Semplificazione delle procedure amministrative e del SUAP a seguito del recepimento della “Direttiva servizi. 14

§  3. La legge cd. “Madia” e i relativi decreti attuativi 29

§  4 I recenti interventi per la semplificazione dei procedimenti amministrativi verso le imprese. 39

§  FOCUS : Il regime autorizzatorio dell’attività di commercio su aree pubbliche  41

§  Glossario dei regimi amministrativi per l’avvio di attività private. 48

 

 


Premessa

I regimi autorizzatori amministrativi allo svolgimento di attività economiche private, che il nostro ordinamento prevede “a monte” come libere in base all’articolo 41, comma 1, della Costituzione, trovano una loro motivazione, come evidenziato anche dalla dottrina[1], nella necessità di verificare che le attività in questione non producano esternalità negative tali da arrecare danno agli interessi della collettività e, dunque, nella necessità di verificare la compatibilità delle attività economiche dei privati con altri interessi pubblici giuridicamente tutelati (salute, sicurezza, ambiente ecc.), così come previsto dall’articolo 41, comma 2 e 3, Cost.

Tuttavia, i regimi autorizzatori, per loro natura, incidono sull’esercizio dell’attività economica, generando, soprattutto quando sorretti da una disciplina eccessivamente complessa, oneri di varia natura e impedimenti più o meno sostanziali per gli operatori privati che intendono intraprendere l’attività, con “effetti dissuasivi particolarmente rilevanti”[2].

La questione, in un contesto quale quello del mercato unico europeo, ha assunto un particolare rilievo, in quanto la presenza di oneri eccessivi burocratico amministrativi all’interno degli Stati membri costituisce – secondo il legislatore europeo - un ostacolo da rimuovere ai fini della piena realizzazione della libertà di stabilimento dei cittadini ai sensi dell’articolo 49 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea-TFUE (ex articolo 43 TCE) e del diritto di prestare servizi all’interno dell’Unione ai sensi dell’articolo 56 del medesimo Trattato (ex articolo 49 TCE)[3].


 

1. Lo snellimento dei regimi autorizzatori. L’input europeo

Una delle principali difficoltà riscontrate dagli operatori economici privati, in particolare dalle PMI, nell'accesso alle attività di servizi e nel loro esercizio è rappresentato – secondo le analisi delle Istituzioni comunitarie[4]- dalla complessità, dalla lunghezza e dall'incertezza giuridica delle procedure amministrative.

Per tale motivo, il legislatore europeo ha considerato necessario stabilire principi quadro di semplificazione amministrativa comuni per tutti gli Stati membri, a partire dalla limitazione dell'obbligo di autorizzazione preliminare ai casi in cui essa è indispensabile, alla luce del principio di proporzionalità, di non discriminazione, e di necessità[5], e dall'introduzione del principio della tacita autorizzazione da parte delle autorità competenti allo scadere di un determinato termine[6].

L’azione di semplificazione delle procedure e la riduzione dei regimi autorizzatori - realizzata dal legislatore dell’UE con la direttiva 2006/123/CE Direttiva sui servizi del mercato interno, cd. Direttiva Bolkenstein - è stata esplicitamente finalizzata “ad eliminare ritardi, costi ed effetti dissuasivi che derivano da procedure non necessarie o eccessivamente complesse e onerose e dalla loro duplicazione, complicazioni burocratiche nella presentazione di documenti, abuso di potere da parte delle autorità competenti, termini di risposta non precisati o eccessivamente lunghi, validità limitata dell'autorizzazione rilasciata o costi e sanzioni sproporzionati”[7], pur con la necessità dichiarata di mantenere gli obblighi di trasparenza e di aggiornamento delle informazioni relative agli operatori.

Per agevolare l'accesso alle attività, la Direttiva ha poi considerato essenziale che ogni prestatore abbia un interlocutore unico tramite il quale espletare tutte le procedure e formalità, ha così imposto a tutti gli Stati membri la costituzione, di uno sportello unico di riferimento per le attività dei prestatori di servizi (istituto già previsto nell’ordinamento italiano, cfr. infra).

L’intervento del legislatore europeo nel 2006 ha dunque inciso in modo sostanziale sulla disciplina nazionale inerente il regime amministrativo autorizzativo delle attività produttive, condizionandone il successivo sviluppo.

Al riguardo, appare anche opportuno segnalare che la necessità di una rimozione degli oneri eccessivi di natura amministrativa e normativa per l’esercizio delle attività economiche, è questione rilevante, e rilevata, dalle Istituzioni europee, anche in sede di valutazione degli squilibri macroeconomici degli Stati membri con l’elaborazione di atti di indirizzo nei confronti di questi ultimi (Raccomandazioni specifiche per Paese) per l’avvio di interventi legislativi appropriati. Tali raccomandazioni costituiscono, a tutt’oggi, una linea di indirizzo, anche ai fini dell’adozione delle riforme strutturali da intraprendere nel quadro della convergenza delle politiche economiche dei Paesi membri dell’Unione (governance economica dell’UE) e del Programma di ripresa e resilienza dell’UE adottato per far fronte alla crisi sanitaria ed economica generata dalla pandemia da COVID-19.

Per quanto riguarda, in particolare, il nostro Paese, gli oneri eccessivi di natura amministrativa e normativa all’esercizio dell’attività di impresa costituiscono, secondo le Istituzioni europee, impedimenti strutturali che si frappongono alla crescita della produttività e costituiscono un freno agli investimenti.

Nei confronti dell’Italia, è stato pertanto più volte reiterato l’invito ad intervenire in sede legislativa attraverso riforme volte a migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione (cfr. Consiglio dell’Unione europea Raccomandazione del 9 luglio 2019 sul PNR 2019 dell’Italia, CSR. n. 3) e a rimuovere gli eccessivi ostacoli burocratici amministrativi per le imprese (cfr. Commissione Europea, Relazione per Paese relativa all'Italia 2020 (cd. Country Report 2020) del 26 febbraio 2020, punti sui quali si registrano progressi solo limitati per l’Italia.

Gli indirizzi espressi dalle Istituzioni europee in sede di ciclo di governance economica europea costituiscono, peraltro, parametro e criterio di riferimento ai fini dell’elaborazione, nel contesto dell’attuale crisi pandemica, del Piano nazionale di ripresa e resilienza, volto a definire ambiti e obiettivi di utilizzo delle risorse europee destinate alla ripresa economica dell’Unione.

In considerazione di ciò, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (DOC. XXVII, N. 18) approvato dal Consiglio dei Ministri il 12 gennaio 2021, e trasmesso al Parlamento ai fini del suo esame e dell’espressione degli opportuni atti di indirizzo, mira, tra l’altro, a ridurre i tempi e i costi dei procedimenti amministrativi garantendo servizi di qualità per cittadini e imprese attraverso una revisione della disciplina dei procedimenti inerenti le attività economiche e la vita dei cittadini, per sopprimere gli adempimenti non più necessari e ridurne i tempi e i costi (cfr. Missione 1, Componente 1, Azione 2.3)[8].

Si prevede, in particolare, un censimento dei procedimenti; la velocizzazione delle procedure per il rilancio, la prosecuzione della semplificazione e della digitalizzazione delle procedure per l’edilizia e le attività produttive.

Le azioni in questione trovano, peraltro, una base giuridica in quanto già disposto dall’articolo 15 del decreto-legge n. 76/2020 (cd. decreto-legge semplificazioni, cfr. infra, Cap. 3.).

1.1. La direttiva 2006/123/CE Direttiva sui servizi del mercato interno

La direttiva 2006/123/CE (cd. “Direttiva servizi” anche nota come “Direttiva Bolkenstein”), approvata il 12 dicembre 2006, all’esito di un processo di elaborazione particolarmente complesso, è esplicitamente finalizzata a facilitare l’accesso al mercato per le imprese che forniscono servizi all’interno dell’Unione europea e a garantire contestualmente i consumatori, attraverso una cooperazione amministrativa effettiva tra gli Stati membri, in modo da superare gli ostacoli e le frammentazioni di diversa natura al pieno sviluppo di un mercato unico dei servizi.

 

La “Direttiva servizi” è stata attuata in Italia con il già citato decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, successivamente modificato e integrato, in particolare, dal decreto legislativo 6 agosto 2012, n. 147 (cfr. capitolo successivo)[9].

Campo di applicazione della direttiva servizi

La nozione di “servizio”, così come definita nella stessa Direttiva (articolo 4, par. 1, n. 1)), comprende “qualsiasi attività economica non salariata di cui all’articolo 57 TFUE[10] fornita normalmente dietro retribuzione” da prestatori stabiliti in uno Stato membro (articolo 2, par. 1).

 

La direttiva servizi, nel delineare il suo campo di applicazione procede a contrario, dando esplicita indicazione dei settori esclusi. Essa crea dunque un quadro giuridico generale per qualsiasi servizio fornito dietro corrispettivo economico, ad eccezione dei settori espressamente esclusi dall’articolo 2 della stessa (cfr. infra).

 

La direttiva interessa attività che equivalgono, nel loro complesso, a circa il 40% del PIL e dell’occupazione dell’Unione europea[11].

Tra i settori che rientrano nel campo di applicazione della direttiva si segnalano:

§  la distribuzione e il commercio, compresa la vendita all’ingrosso e al dettaglio di beni e servizi;

§  i servizi nel settore dell’edilizia;

§  i servizi degli artigiani;

§  i servizi collegati al settore dell’industria, come le attività di installazione e manutenzione dei macchinari e i servizi di pulizia;

§  i servizi professionali (avvocati, commercialisti, veterinari, architetti, ecc.);

§  i servizi resi alle imprese (come la pubblicità, i servizi di ricerca del personale e la consulenza in materia di brevetti);

§  i servizi del settore turismo (agenzie di viaggio, guide turistiche);

§  i servizi di ristorazione e alloggio, forniti ad esempio da alberghi e ristoranti;

§  i servizi educativi e di formazione, come università private, scuole di lingua;

§  i servizi domestici, come i servizi di pulizia, baby-sitter, giardinaggio, ecc.;

§  i servizi sociali offerti da operatori privati;

§  i servizi legati ai settori della cultura e dello spettacolo, come l’organizzazione di eventi;

§  i servizi collegati con il settore dei trasporti, come il noleggio di autoveicoli e l’organizzazione di bus turistici.

Settori esclusi dall’applicazione della direttiva servizi

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2 e 3 della direttiva, la stessa non si applica alle seguenti attività:

a) servizi non economici d’interesse generale;

b) servizi finanziari quali l’attività bancaria, il credito, l’assicurazione e la riassicurazione, le pensioni professionali o individuali, i titoli, gli investimenti, i fondi, i servizi di pagamento e quelli di consulenza nel settore degli investimenti, compresi i servizi di cui all’allegato I della direttiva 2006/48/CE;

c) i servizi e le reti di comunicazione elettronica nonché le risorse e i servizi associati in relazione alle materie disciplinate dalle direttive 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE, 2002/22/CE e 2002/58/CE e ss. mod. e integrazioni;

d) i servizi nel settore dei trasporti, ivi compresi i servizi portuali, che rientrano nell’ambito di applicazione del titolo V del trattato CE;

e) i servizi delle agenzie di lavoro interinale;

f) i servizi sanitari, indipendentemente dal fatto che vengano prestati o meno nel quadro di una struttura sanitaria e a prescindere dalle loro modalità di organizzazione e di finanziamento sul piano nazionale e dalla loro natura pubblica o privata;

g) i servizi audiovisivi, ivi compresi i servizi cinematografici, a prescindere dal modo di produzione, distribuzione e trasmissione, e i servizi radiofonici;

h) le attività di azzardo che implicano una posta di valore pecuniario in giochi di fortuna, comprese le lotterie, i giochi d’azzardo nei casinò e le scommesse

i) le attività connesse con l’esercizio di pubblici poteri di cui all’articolo 51 TFUE;

j) i servizi sociali riguardanti gli alloggi popolari, l’assistenza all'infanzia e il sostegno alle famiglie ed alle persone temporaneamente o permanentemente in stato di bisogno, forniti dallo Stato, da prestatori incaricati dallo Stato o da associazioni caritative riconosciute come tali dallo Stato;

k) i servizi privati di sicurezza;

l) i servizi forniti da notai e ufficiali giudiziari nominati con atto ufficiale della pubblica amministrazione. La direttiva non si applica inoltre al settore fiscale.

La direttiva non riguarda la liberalizzazione dei servizi d’interesse economico generale[12] riservati a enti pubblici o privati, né la privatizzazione di enti pubblici che forniscono servizi (articolo 1, paragrafo 2 della direttiva)

Finalità e contenuti della direttiva

La direttiva stabilisce le disposizioni generali che permettono di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi all’interno dell’UE, mirando comunque ad assicurare un livello elevato di qualità dei servizi stessi.

 

La direttiva servizi agevola l’accesso e l’esercizio delle attività di servizi, contenendo norme per:

§  la semplificazione delle procedure autorizzatorie e delle formalità/requisiti relativi all’accesso ad un’attività di servizi ed al suo esercizio. La direttiva impone agli Stati membri di prendere in esame la propria legislazione in materia e di semplificarla. Contestualmente, afferma un principio generale di reciprocità, secondo il quale gli Stati membri che chiedono ad un prestatore o ad un destinatario di fornire un certificato, un attestato o qualsiasi altro documento comprovante il rispetto di un particolare requisito, accettano i documenti rilasciati da un altro Stato membro che abbiano finalità equivalenti o dai quali risulti che il requisito in questione è rispettato (articolo 5)[13].

La semplificazione richiesta agli Stati membri dalla direttiva dunque riguarda sia l’avvio di attività economica in forma stabile, nel proprio Paese o in un altro Stato membro dell’Unione europea, sia lo svolgimento di attività economica in modalità transfrontaliera, in regime di libera prestazione dei servizi[14].

§  l’attivazione di sportelli unici presso i quali il prestatore possa avere le informazioni ed espletare tutte le formalità necessarie per esercitare la propria attività, in particolare le dichiarazioni, notifiche o istanze necessarie ad ottenere l'autorizzazione delle autorità competenti, comprese le domande di inserimento in registri, ruoli, banche dati, o di iscrizione ad organismi o ordini ovvero associazioni professionali, le domande di autorizzazione necessarie all’esercizio delle sue attività di servizi (articoli 6 e 7).

§  l’obbligo di rendere possibile l’espletamento delle procedure e le formalità relative all’accesso ad un'attività di servizio e al suo esercizio per via elettronica (articolo 8).

Facilitare la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi

La direttiva servizi:

§  prevede che gli Stati membri possano subordinare l’accesso ad un’attività di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione soltanto se sono soddisfatte le condizioni seguenti:

a)   il regime di autorizzazione non deve essere discriminatorio nei confronti del prestatore;

b)   la necessità di un regime di autorizzazione deve essere giustificata da un motivo imperativo di interesse generale;

c)   l’obiettivo perseguito non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva, in particolare in quanto un controllo a posteriori interverrebbe troppo tardi per avere reale efficacia (articolo 9);

§  obbliga a rispettare taluni principi quanto alle condizioni e procedure di rilascio dei titoli autorizzatori. I regimi di autorizzazione – secondo la direttiva - devono in particolare basarsi su criteri che inquadrino l’esercizio del potere di valutazione da parte delle autorità competenti affinché tale potere non sia utilizzato in modo arbitrario. Tali criteri devono essere non discriminatori; giustificati da un motivo imperativo di interesse generale; commisurati all’obiettivo di interesse generale; chiari e inequivocabili; oggettivi; resi pubblici preventivamente; trasparenti e accessibili.

Inoltre, opera un sostanziale divieto del bis in idem, o principio del once only, in quanto, secondo la direttiva, le condizioni di rilascio dell’autorizzazione relativa ad un nuovo stabilimento non devono rappresentare un doppione di requisiti e controlli equivalenti o sostanzialmente comparabili, quanto a finalità, a quelli ai quali il prestatore è già assoggettato in un altro Stato membro o nello stesso Stato membro (articolo 10).

Anche quanto alla durata dell’autorizzazione, essa non deve avere durata limitata, ad eccezione dei casi seguenti:

a)   l’autorizzazione prevede il rinnovo automatico o è esclusivamente soggetta al costante rispetto dei requisiti;

b)  il numero di autorizzazioni disponibili è limitato da un motivo imperativo di interesse generale; oppure,

c)   una durata limitata è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale (articolo 11).

Inoltre, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali, imparziale e trasparente, con un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento. In tali casi, l’autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami (articoli 12,13 e 16):

§  impone il divieto di introdurre o mantenere all’interno della legislazione nazionale taluni requisiti giuridici cui subordinare l’accesso ad un’attività di servizi o il suo esercizio sul loro territorio, ad esempio i requisiti di nazionalità (articolo 14)[15];

§  impone l’obbligo di valutare la compatibilità con la direttiva di uno specifico numero di altri requisiti giuridici cui subordinare l’accesso ad un’attività di servizi o il suo esercizio, alla luce dei principi di non discriminazione, necessità, e proporzionalità.

 

Gli Stati membri hanno l’obbligo di notificare alla Commissione, in fase di progetto, le nuove disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che prevedono requisiti giuridici nuovi rispetto a quelli elencati dalla direttiva, specificandone le motivazioni[16]. La Commissione comunica tali disposizioni agli altri Stati membri. La notifica non osta a che gli Stati membri adottino le disposizioni in questione (articolo 15).

 

Per facilitare la prestazione temporanea e occasionale di servizi in uno Stato diverso da quello di appartenenza, la direttiva dispone che:

§  lo Stato membro nel quale si reca il prestatore di servizi può imporre il rispetto dei propri requisiti solo a condizione che siano non discriminatori, che siano proporzionati e giustificati per ragioni relative all’ordine pubblico, alla pubblica sicurezza, alla salute pubblica o alla tutela dell’ambiente (articolo 16)[17];

§  deroghe al predetto principio sono ammesse solo per casi limitati, ad esempio in materia di qualifiche professionali, di distacco dei lavoratori e per i servizi di interesse economico generale (articoli 17-18).

Diritti dei destinatari dei servizi

La direttiva servizi intende rafforzare i diritti dei destinatari dei servizi e promuovere la qualità dei servizi. In particolare, essa:

§  dispone che gli Stati membri non possono imporre al destinatario requisiti, tra questi quelli basati sulla nazionalità, che limitano l’utilizzazione di un servizio fornito da un prestatore stabilito in un altro Stato membro (articolo 19 e 20);

§  rafforza i diritti degli utenti di servizi, garantendo il diritto ad ottenere informazioni sui servizi offerti e sulle regole applicabili ai prestatori qualunque sia il loro luogo di stabilimento (articolo 26);

§  tutela la qualità dei servizi, incoraggiando ad esempio la certificazione volontaria delle attività o l’elaborazione di carte di qualità e sostenendo l’elaborazione di codici di condotta europei da parte di organismi o associazioni professionali (articolo 22).

Cooperazione amministrativa effettiva tra gli Stati membri

La direttiva introduce importanti strumenti di cooperazione amministrativa tra gli Stati membri. Più precisamente, essa prevede:

§  l’obbligo per gli Stati membri di collaborare con le autorità di altri Stati membri (articolo 29-30) per garantire un controllo efficace delle attività di servizi nell’Unione europea, istituendo a tal fine un meccanismo di allerta ed evitando la moltiplicazione dei controlli sui prestatori (articoli 31 e 32);

§  lo sviluppo di un sistema elettronico di scambio di informazioni tra Stati membri, indispensabile alla realizzazione di una cooperazione amministrativa effettiva (articolo 28).


 

2. Semplificazione delle procedure amministrative e del SUAP a seguito del recepimento della “Direttiva servizi

La Direttiva 2006/123/CE è stata recepita nel nostro ordinamento interno con il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 e dal decreto legislativo 6 agosto 2012, n. 147 che ha modificato il primo decreto introducendovi disposizioni integrative e correttive[18].

Il decreto legislativo n. 59/2010 si compone di due parti:

§  la prima, contenente le disposizioni generali sull’accesso e sull’esercizio delle attività di servizi e sui regimi autorizzatori, nonché sulla qualità dei servizi e sulla semplificazione amministrativa;

§  la seconda, relativa a singoli procedimenti di competenza del Ministero della Giustizia e del Ministero dello Sviluppo economico e di altre amministrazioni.

 

La direttiva servizi ha ricevuto altresì attuazione (la formulazione testuale della norma reca “adempimento”) con l’articolo 38 del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133/2008, il quale, sotto la rubrica “impresa in un giorno” ha attribuito al Governo il potere di procedere, per via regolamentare, anche attraverso interventi di delegificazione[19], alla semplificazione e al riordino della disciplina dello sportello unico per le attività produttive (SUAP), già istituito e normato dal D.P.R. n. 447/1998.

Il criterio principale per la semplificazione e il riordino del SUAP (per i restanti, vedi il Paragrafo 2.2) é quello di rendere il SUAP l'unico punto di accesso per il richiedente in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti la sua attività produttiva, al fine di fornire una risposta unica e tempestiva in luogo di tutte le PP.AA. comunque coinvolte nel procedimento, non solo con riferimento alle procedure e alle formalità per i prestatori di servizi di cui alla “Direttiva servizi”, ma anche con riferimento alla realizzazione e alla modifica di impianti produttivi di beni e servizi.

In questi termini, dunque, la portata dell’intervento è stata più ampia di quella prescritta dal legislatore europeo.

2..1 Il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59

Il decreto legislativo n. 59/2010 si compone, come sopra accennato, di due parti: la prima contiene le disposizioni generali sull’accesso e sull’esercizio delle attività di servizi (Titolo I, Capo I) e sui regimi autorizzatori (Titolo I, Capo II e Capo III, relativamente ai criteri per i servizi in libera prestazione), nonché sulla qualità dei servizi, sulla semplificazione amministrativa, la tutela dei destinatari e la collaborazione amministrativa (Titoli da III a VII).

La seconda parte del decreto è relativa a singoli procedimenti di competenza del Ministero della Giustizia (Titolo I), del Ministero dello Sviluppo economico (Titolo II) e di altre amministrazioni, con la previsione di una clausola generale di cedevolezza relativamente ai procedimenti di competenza regionale, esclusiva e/o concorrente (Titolo III).

Ambito di applicazione: i settori esclusi

Quanto alla prima parte, le Disposizioni generali, e specificamente l’ambito di applicazione e l’accesso alle attività dei Servizi (Titolo I e Titolo II, capo I), il decreto legislativo utilizza la formula espositiva della direttiva servizi, indicando “a contrario”, gli ambiti esclusi.

Così, dispone che le norme in esso contenute si applicano a “qualunque attività economica, di carattere imprenditoriale o professionale, svolta senza vincolo di subordinazione, diretta allo scambio di beni o alla fornitura di altra prestazione anche a carattere intellettuale” (articolo 1).

 

Viene poi esplicitata un'articolata serie di attività di servizi sottratte all'applicazione del decreto stesso:

§  le attività connesse con l'esercizio di pubblici poteri, quando le stesse implichino una partecipazione diretta e specifica all'esercizio del potere pubblico e alle funzioni che hanno per oggetto la salvaguardia degli interessi generali dello Stato e delle altre collettività pubbliche;

§  la disciplina fiscale delle attività di servizi;

§  i servizi d'interesse economico generale assicurati alla collettività in regime di esclusiva da soggetti pubblici o da soggetti privati, ancorché scelti con procedura ad evidenza pubblica, che operino in luogo e sotto il controllo di un soggetto pubblico (art. 2, co.1);

§  i servizi sociali (art. 3);

§  i servizi finanziari (art. 4);

§  i servizi di comunicazione (ad essi si applicano però le norme del decreto in materia di disposizioni semplificazione amministrativa e qualità dei servizi) (art. 5);

§  i servizi di trasporto (art. 6).

 

Sono poi indicati ulteriori servizi esclusi dall'applicazione del decreto:

a)   i servizi di somministrazione di lavoratori forniti dalle agenzie per il lavoro, autorizzate ai sensi del decreto legislativo n. 276/2003;

b)  i servizi sanitari e quelli farmaceutici forniti direttamente a scopo terapeutico nell'esercizio delle professioni sanitarie, indipendentemente dal fatto che vengano prestati in una struttura sanitaria e a prescindere dalle loro modalità di organizzazione, di finanziamento e dalla loro natura pubblica o privata;

c)   i servizi audiovisivi, ivi compresi i servizi cinematografici, a prescindere dal modo di produzione, distribuzione e trasmissione, e i servizi radiofonici;

d)  il gioco d'azzardo e di fortuna, comprese le lotterie, le scommesse e le attività delle case da gioco, nonché le reti di acquisizione del gettito;

e)   i servizi privati di sicurezza;

f)    i servizi forniti da notai (art. 7).

 

Una successiva norma di interpretazione autentica ha escluso dall’ambito di applicazione del decreto il rilascio e al rinnovo delle concessioni per l'utilizzazione delle acque minerali e termali destinate all'esercizio dell'azienda termale in possesso delle autorizzazioni sanitarie di cui alla legge quadro per settore termale (l. n. 323/200), se il fatturato riferibile alle prestazioni termali sia stato prevalente, nei due anni precedenti l'istanza di rilascio o di rinnovo (articolo 1, co. 1094, legge di bilancio 2018, legge n. 205/2017).

 

Un successivo ulteriore intervento legislativo ha escluso dall’ambito di applicazione del decreto il commercio al dettaglio su aree pubbliche (legge di bilancio 2019, l. n. 145/2018, articolo 1, comma 686), abrogando la disciplina inerente il relativo procedimento autorizzativo, contenuta nel decreto all’articolo 70. Come si vedrà più avanti, la disciplina del settore sembra necessitare di un intervento di ridefinizione, in quanto non sono chiari gli effetti dell’abrogazione disposta, né sotto il profilo della procedura autorizzatoria, né sotto il profilo della compatibilità con la disciplina comunitaria (cfr. infra, Focus di approfondimento in calce al presente dossier).

 

Il decreto comunque conferisce al Ministro per le politiche europee ed ai Ministri interessati il potere di adottare uno o più decreti interministeriali ricognitivi delle attività di servizi che, in applicazione delle disposizioni del decreto stesso, sono comunque escluse dall'ambito di applicazione dello stesso (articolo 2, co. 3).

 

Vale inoltre il principio di specialità, per cui, in caso di contrasto con le disposizioni del decreto, si applicano le disposizioni di attuazione di altre norme europee che disciplinano aspetti specifici dell'accesso ad un'attività di servizi o del suo esercizio per professioni o in settori specifici (ivi incluse quelle per l’esercizio della professione di avvocato, quelle per l’esercizio dei servizi media e radiofonici, e sul riconoscimento delle qualifiche professionali) (articolo 9 e 44).

 

Opera poi la clausola di cedevolezza, in base alla quale, le disposizioni contenute nel decreto, nella misura in cui incidono su materie di competenza esclusiva regionale e su materie di competenza concorrente, si applicano fino alla data di entrata in vigore della normativa di attuazione della direttiva servizi, adottata da ciascuna regione e provincia autonoma nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento europeo e dei principi fondamentali desumibili dal decreto stesso (articolo 84).

Regimi autorizzatori e specifici procedimenti di competenza del MISE

La disciplina dei regimi autorizzatori - contenuta nel Titolo II, Capo II – segue il principio generale per cui l’accesso e l'esercizio delle attività di servizi costituiscono espressione della libertà di iniziativa economica e non possono essere sottoposti a limitazioni non giustificate o discriminatorie (articolo 10 e 11).

 

Ai sensi del decreto, è regime di autorizzazione qualsiasi procedura, non inerente la disciplina sul riconoscimento delle qualifiche professionali[20], che obbliga a rivolgersi ad un'Autorità competente allo scopo di ottenere un provvedimento formale o un provvedimento implicito per l'accesso ad un'attività di servizio o al suo esercizio.

 

Merita una particolare segnalazione il fatto che per il nostro ordinamento non costituisce regime autorizzatorio, ai sensi del decreto, la segnalazione certificata di inizio di attività (S.C.I.A.) (articolo 8, co. 1, lett. f)).

 

Dunque, i regimi autorizzatori possono essere istituiti o mantenuti, solo se giustificati da motivi di interesse generale[21], nel rispetto dei principi di non discriminazione, di proporzionalità, nonché nel rispetto delle disposizioni di cui allo stesso Decreto (articolo 14, co. 1)[22].

 

Quale corollario, il numero dei titoli autorizzatori per l'accesso e l'esercizio di un'attività di servizi può essere limitato solo se sussiste un motivo imperativo di interesse generale o per ragioni correlate alla scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche disponibili (articolo 14, co. 3).

In tale ipotesi (numero di autorizzazioni limitato correlato alla scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche disponibili) è necessaria una procedura di selezione tra i potenziali candidati, garantendo la predeterminazione e la pubblicazione dei criteri e delle modalità atti ad assicurarne l'imparzialità.

La finalità è quella di garantire la parità di trattamento tra i richiedenti, impedendo qualsiasi forma di discriminazione: il titolo deve, infatti, essere rilasciato per una durata limitata e non può essere rinnovato automaticamente, né possono essere accordati vantaggi al prestatore uscente o ad altre persone, ancorché giustificati da particolari legami con il primo (articolo 16).

Nei casi in cui sia previsto un regime autorizzatorio, le condizioni alle quali è subordinato l'accesso e l'esercizio devono dunque essere commisurate all'obiettivo di interesse generale; essere chiare, inequivocabili e oggettive; rese pubbliche preventivamente, nonché, trasparenti e accessibili (articolo 15).

 

Sulla base dei principi generali ora commentati, i procedimenti di rilascio dei titoli autorizzatori all’esercizio delle attività di servizi contemplate dal decreto seguono il presente schema:

§  ove non diversamente previsto, si applica il procedimento del silenzio-assenso, di cui all'articolo 20 della legge n. 241/1990;

§  qualora sussista un motivo imperativo di interesse generale, può essere imposto che il procedimento si concluda con l'adozione di un provvedimento espresso[23];

§  in tutti gli altri casi, per i quali le norme vigenti alla data di entrata in vigore del decreto prevedevano regimi autorizzatori o di comunicazione/dichiarazione di inizio attività, ha trovato applicazione, la disciplina della segnalazione certificata di inizio attività di cui all'articolo 19 della legge n. 241/1990 (articolo 17).

 

Nel dettaglio, relativamente ai procedimenti di competenza del Ministero dello sviluppo economico, il decreto prevede espressamente il regime semplificato della SCIA, da presentare allo sportello unico per le attività produttive (SUAP) competente per territorio, per:

§  il trasferimento di sede e di gestione o della titolarità degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, nonché di somministrazione di alimenti e bevande riservata a particolari situazioni e soggetti di cui all’articolo 3, co. 6, legge n. 287/1991, lett. da a) ad h) (alberghi, pensioni, mense aziendali, scuole, esercizi nelle aree di servizio autostradale) (articolo 64). L’autorizzazione da parte del comune competente per territorio è stata invece mantenuta per l'apertura o il trasferimento di sede degli esercizi di somministrazione nelle “zone tutelate” (si tratta delle zone del territorio comunale soggette ai criteri di programmazione articolo 64, co. 3);

§  l’apertura, trasferimento di sede e ampliamento della superficie di un esercizio di vicinato, come definito dall’articolo 4, co. 1, lett. d) e già disciplinato dall’articolo 7 del decreto legislativo n. 114/1998 (articolo 65);

§  la vendita di prodotti a favore di dipendenti da enti o imprese, pubblici o privati, di militari, di soci di cooperative di consumo, di aderenti a circoli privati, nonché la vendita nelle scuole e negli ospedali esclusivamente a favore di coloro che hanno titolo ad accedervi (cd. spacci interni, di cui all’articolo 16 del decreto legislativo n. 114/1998) (articolo 66);

§  la vendita di prodotti al dettaglio per mezzo di apparecchi automatici di cui all’articolo 17 del decreto legislativo n. 114/1998 (articolo 67);

§  la vendita per corrispondenza, televisione o altri sistemi di comunicazione di cui all’articolo 18 del decreto legislativo n. 114/1998 (articolo 68);

§  la vendita al dettaglio e raccolta di ordinativi di acquisto a domicilio dei consumatori di cui all’articolo 19 del decreto legislativo n. 114/1998 (articolo 69);

§  l’attività di facchinaggio (articolo 72). Sono stati anche rimossi taluni vincoli per gli addetti al facchinaggio, previsti dalla normativa di riferimento (D.P.R. 342/1974 e legge 57/2001, articolo 17);

§  l’attività di intermediazione commerciale e di affari, con soppressione del relativo ruolo, di cui alla legge n. 39/1989 (articolo73);

§  attività di agente e rappresentante di commercio, di cui alla legge n. 204/1985, con soppressione del relativo ruolo (articolo74);

§  attività di mediatore marittimo di cui alla legge n. 468/1978, con soppressione del relativo ruolo (articolo 75);

§  attività di spedizioniere, di cui alla legge n. 1442/1941, con soppressione del relativo elenco (articolo 76);

§  attività di acconciatore, barbiere e parrucchiere di cui alla legge n. 161/1963 e alla legge n. 174/2005 (articolo 77);

§  attività di estetista di cui alla legge n. 1/1990 (articolo 78);

§  attività di tinto lavanderia di cui alla legge n.84/2006 (articolo 79);

§  l'attività di apertura, modificazione, ampliamento ed esercizio di un magazzino generale, da presentare con comunicazione unica di cui all’articolo 9 del decreto-legge n. 7/2007 (articolo 80-quiquies);

§  l’impianto di un nuovo molino, trasferimento o trasformazione di molini esistenti, da presentare con comunicazione unica di cui all’articolo 9 del decreto-legge n. 7/2007 (articolo 80-sexies).

 

Sono stati inoltre soppressi l'albo dei commissionari, mandatari e astatori dei prodotti ortofrutticoli, carnei ed ittici (articolo 71-ter), il ruolo degli stimatori e pesatori pubblici (articolo 80-bis), nonché il ruolo per il mediatore delle unità da diporto.

 

Il decreto prevede espressamente l’autorizzazione, rilasciata dal comune competente per territorio, per l’apertura o il trasferimento di sede degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande nelle zone soggette a tutela (di cui al comma 3 dell’articolo 64 del decreto), esplicitando i casi in cui l’autorizzazione ed il titolo abilitativo decadono.

 

Nell’impianto complessivo della disciplina attuativa della direttiva servizi, per ciò che attiene ai procedimenti di competenza del MISE inerenti l’esercizio delle attività economico produttive, emerge dunque la centralità della segnalazione certificata di inizio attività (già dichiarazione di inizio attività D.I.A.), quale misura di liberalizzazione dell’attività del privato, in quanto sostituisce al potere autorizzatorio della pubblica amministrazione, finalizzato all’emanazione di un atto di consenso all’esercizio dell’attività, il diritto ex lege del privato di svolgere un’attività, avviandone l’esercizio previa dichiarazione (ora segnalazione).

Con essa, resta in capo all’Amministrazione un potere di controllo, privo di discrezionalità, della corrispondenza di quanto dichiarato dal privato con i presupposti e i requisiti previsti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale[24].

L’attività di impresa può essere avviata infatti immediatamente nei casi in cui è sufficiente la presentazione della SCIA allo sportello unico (cfr., infra, articolo 38, comma 3, lett. e) del decreto-legge n. 112/2008, sui principi di riforma del SUAP).

 

Sull’istituto della S.C.I.A, nell’ottica di una ulteriore semplificazione circa la sua applicazione, sono intervenuti i decreti legislativi attuativi della legge delega di riforma della pubblica amministrazione (legge n. 124/2015 – c.d. “Legge Madia”), in particolare il decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 126 e il decreto legislativo 26 novembre 2016, n. 222 (c.d. Decreto SCIA 2).

Tale ultimo decreto ha avuto l’intento di procedere ad una sorta di «mappatura»[25] delle attività assoggettate a SCIA, di quelle assoggettate ad autorizzazione e di quelle per cui è prevista la comunicazione.

2.2. La riforma della disciplina del SUAP

L’articolo 6 della direttiva servizi ha obbligato gli Stati membri a provvedere affinché i prestatori di servizi possano espletare tutte le procedure e le formalità necessarie per l’accesso alle attività e per l’esercizio delle stesse attraverso gli «sportelli unici», concepiti come interlocutori istituzionali unici dal punto di vista del prestatore di servizi, cosicché questi non abbia bisogno di contattare più autorità o enti competenti per raccogliere tutte le informazioni necessarie e per espletare tutte le procedure relative alla sua attività[26].

La direttiva servizi ha ricevuto, in primis, adempimento con l’articolo 38 del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133/2008, il quale, sotto la rubrica “impresa in un giorno” ha attribuito al Governo il potere di procedere, con regolamento di delegificazione, alla semplificazione e al riordino della disciplina dello sportello unico per le attività produttive (SUAP), già istituito e normato dal D.P.R. n. 447/1998, ma non ancora operativo su tutto il territorio nazionale [27].

I criteri per la semplificazione e il riordino del SUAP sono stati i seguenti (articolo 38, co. 3) [28]:

§  rendere il SUAP l'unico punto di accesso per il richiedente in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti la sua attività produttiva al fine di fornire una risposta unica e tempestiva in luogo di tutte le PP.AA. comunque coinvolte nel procedimento, non solo con riferimento alle procedure e alle formalità per i prestatori di servizi di cui alla “Direttiva servizi”, ma anche con riferimento alla realizzazione e alla modifica di impianti produttivi di beni e servizi. In questi termini, dunque, la portata dell’intervento è stata più ampia di quella prescritta dal legislatore europeo (lett. a) e b), comma 3);

§  assicurare, anche attraverso apposite misure telematiche, il collegamento tra le attività relative alla costituzione dell'impresa e alla attività produttiva della stessa (lett. c), comma 3);

§  la possibilità di affidare a soggetti privati accreditati, le «Agenzie per le imprese», l’attestazione della sussistenza dei requisiti previsti per la realizzazione, la trasformazione, il trasferimento e la cessazione dell'esercizio dell'attività di impresa. Se si tratta di procedimenti che comportano attività discrezionale dell'Amministrazione, le Agenzie svolgono unicamente attività istruttorie in luogo e a supporto dello sportello unico; negli altri casi, la loro dichiarazione di conformità costituisce titolo autorizzatorio per l'esercizio dell'attività;

§  l'attività di impresa può essere avviata immediatamente nei casi in cui sia sufficiente la presentazione della SCIA[29] allo sportello unico;

§  lo sportello unico, al momento della presentazione della dichiarazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti per la realizzazione dell'intervento, rilascia una ricevuta che, in caso di SCIA, costituisce titolo autorizzatorio;

§  per i progetti di impianto produttivo eventualmente contrastanti con gli strumenti urbanistici, sono previsti trenta giorni per il rigetto o la formulazione di osservazioni ostative, ovvero per l'attivazione della conferenza di servizi per la conclusione certa del procedimento;

§  in caso di mancato ricorso alla conferenza di servizi, scaduto il termine previsto per le altre amministrazioni per pronunciarsi sulle questioni di loro competenza, l'amministrazione procedente conclude in ogni caso il procedimento prescindendo dal loro avviso.

 

Ulteriori criteri direttivi ai fini dell’adozione del regolamento governativo di semplificazione del SUAP sono stati poi dettati dal successivo decreto legislativo n. 59/2010 (articolo 25) di attuazione della direttiva servizi, il quale ha disposto:

§  l’espletamento in via telematica di tutte le procedure necessarie per poter svolgere le attività di servizi attraverso lo sportello unico per le attività produttive;

§  la presentazione delle domande necessarie per l'accesso alle attività di servizi e per il loro esercizio presso lo sportello unico (ovvero presso le Agenzie di servizi);

§  l’obbligo per le Autorità competenti di garantire che presso il SUAP il prestatore possa espletare tutte le ulteriori formalità richieste (dichiarazioni, notifiche o istanze necessarie a ottenere il titolo per l'accesso o per l'esercizio dell’attività, nonché le domande di inserimento in registri, ruoli, banche dati, o di iscrizione a ordini, albi e collegi e a altri organismi).

 

L’obbligo per il SUAP di erogare i propri servizi verso l'utenza in via telematica, è stato generalizzato con il (di poco) successivo decreto legislativo 30 dicembre 2010, n. 235 ([30]).

 

In attuazione dell’articolo 38 del decreto-legge n. 112/2008, nonché dell’articolo 25 del citato decreto legislativo n. 59/2010 e del citato decreto legislativo n. 235/2010, è stato emanato il D.P.R. 7 settembre 2010 n. 160, recante il “Regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive”.

La disciplina in questione è stata poi oggetto di modifiche ed integrazioni, sempre nell’ottica di introdurre ulteriori semplificazioni per le imprese, con i decreti legislativi attuativi della Legge cd. “Madia” (legge n. 124/2015).

 

Il Regolamento individua il SUAP quale unico soggetto pubblico di riferimento territoriale per tutti i procedimenti che abbiano ad oggetto l'esercizio di attività produttive e di prestazione di servizi, e quelli relativi alle azioni di localizzazione, realizzazione, trasformazione, ristrutturazione o riconversione, ampliamento o trasferimento, nonché cessazione o riattivazione delle suddette attività (articolo 2, co. 1).

 

Per "attività produttive" si intendono le " le attività di produzione di beni e servizi, incluse le attività agricole, commerciali e artigianali, le attività turistiche e alberghiere, i servizi resi dalle banche e dagli intermediari finanziari e i servizi di telecomunicazioni" (articolo 1, co. 1, lett. i)).

Per “impianti produttivi” si intendono i fabbricati, gli impianti e altri luoghi in cui si svolgono tutte o parte delle fasi di produzione di beni e servizi (articolo 1, co. 1, lett. j)).

 

Le domande le dichiarazioni, le segnalazioni e le comunicazioni concernenti le attività ed i relativi allegati anche tecnici sono presentati esclusivamente in modalità telematica al SUAP competente per territorio in cui si svolge l'attività o è situato l'impianto e il SUAP provvede all'inoltro telematico della documentazione alle altre amministrazioni che intervengono nel procedimento, e anch’esse adottano modalità telematiche di ricevimento e di trasmissione (cfr. articolo 12, co. 5 e 6) (articolo 2, co. 2 e 3)

Il SUAP – che è dunque il tramite tra il soggetto richiedente e le amministrazioni coinvolte (articolo 4, co. 2), comprese quelle preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità - deve assicurare a quest’ultimo una risposta telematica unica e tempestiva (articolo 4, co. 1).

 

I comuni possono esercitare le funzioni inerenti al SUAP in forma singola o associata tra loro, o in convenzione con le camere di commercio e salva diversa disposizione dei comuni interessati e ferma restando l'unicità del canale di comunicazione telematico con le imprese da parte del SUAP, sono attribuite al SUAP le competenze dello sportello unico per l'edilizia produttiva (articolo 4, co. 5 e 6).

 

Sono esclusi dall'ambito di applicazione:

§  gli impianti e le infrastrutture energetiche[31],

§  le attività connesse all'impiego di sorgenti di radiazioni ionizzanti e di materie radioattive,

§  gli impianti nucleari e di smaltimento di rifiuti radioattivi, le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, nonché

§  le infrastrutture strategiche e gli insediamenti produttivi di cui alla disciplina sugli appalti pubblici (articolo 2, co. 4).

 

Il Regolamento istituisce il Portale nazionale “Impresainungiorno.gov (articolo 3) che costituisce lo strumento unico su scala nazionale per l'accesso ai front-end dei SUAP.

Il Portale:

§  fornisce servizi informativi e operativi ai SUAP per l'espletamento delle loro attività;

§  assicura la divulgazione delle tipologie di autorizzazione per le quali è sufficiente l'attestazione dei soggetti privati accreditati (le «Agenzie per le imprese», la cui disciplina attuativa è contenuta nel D.P.R. n. 159/2010[32]) secondo criteri omogenei sul territorio nazionale e tenendo conto delle diverse discipline regionali;

§  prevede l'utilizzo della procura speciale con le stesse modalità previste per la comunicazione unica;

§  contiene un sistema di pagamento per i diritti, le imposte e gli oneri comunque denominati relativi ai procedimenti gestiti dai SUAP (che devono avvenire anch’essi per via telematica).

§  costituisce punto unico di contatto a livello nazionale per le attività di servizi previste dal decreto legislativo n. 59/2010 di recepimento della direttiva servizi, assicurando il collegamento con le autorità competenti.

 

In sostanza, il Portale consente all'impresa di trovare informazioni sul SUAP competente per territorio a cui inoltrare la propria richiesta: sul tipo di pratica da attivare, sulla documentazione da fornire, sulla modulistica da utilizzare, sullo stato di avanzamento della propria pratica. Esso è dunque il Punto Unico di Contatto nazionale (PSC) previsto dalla direttiva servizi, con la quale gli Stati membri si impegnano a semplificare le procedure e le formalità imposte ai prestatori di servizi quando intendono operare in un altro paese europeo.

 

Nei casi in cui le attività siano assoggettate al regime amministrativo della SCIA, il procedimento è automatizzato (artt. 5 e 6). La segnalazione è presentata al SUAP.

Nei casi in cui sia contestuale alla comunicazione unica, essa è presentata presso il registro imprese, che la trasmette immediatamente al SUAP, il quale rilascia la ricevuta.

La comunicazione unica è prevista dall’articolo 9 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7. L'interessato presenta all'ufficio del registro delle imprese, per via telematica o su supporto informatico, la comunicazione unica per gli adempimenti amministrativi previsti per l'iscrizione al registro delle imprese ed ha effetto ai fini previdenziali, assistenziali, fiscali, nonché per l'ottenimento del codice fiscale e della partita IVA

 

La SCIA deve essere corredata da tutte le dichiarazioni, le attestazioni, le asseverazioni, nonché dagli elaborati tecnici prescritti (di cui all'articolo 19 della legge, n. 241/1990).

Al momento della presentazione della SCIA, il SUAP verifica, con modalità informatica, la completezza formale della segnalazione e dei relativi allegati. In caso di verifica positiva, rilascia automaticamente la ricevuta e trasmette immediatamente in via telematica la segnalazione e i relativi allegati alle amministrazioni e agli uffici competenti (le modalità tecnico-operative del SUAP sono dettagliate in apposito allegato al Regolamento).

A seguito del rilascio della ricevuta, il richiedente può avviare immediatamente l'intervento o l'attività.

La ricevuta costituisce titolo autorizzatorio ai fini del ricorso agli ordinari rimedi di tutela dei terzi e di autotutela dell'amministrazione.

In caso di silenzio assenso, decorsi i termini previsti dalla legge n. 241/1990 dalla presentazione dell'istanza, ovvero i diversi termini previsti dalle specifiche discipline regionali o speciali, il silenzio maturato a seguito del rilascio della ricevuta equivale a provvedimento di accoglimento (articolo 5).

 

Il Regolamento ammette che nelle attività il cui avvio sia sottoposto a SCIA o a silenzio assenso, il soggetto interessato possa avvalersi delle Agenzia per le imprese (articolo 6)[33].

 

Al di fuori dai regimi autorizzatori sopra indicati, opera la procedura ordinaria (articolo 7), per cui le istanze per l'esercizio delle attività, sono presentate al SUAP che, entro trenta giorni dal ricevimento, salvi i termini più brevi previsti dalla disciplina regionale, può richiedere all'interessato la documentazione integrativa; decorso tale termine l'istanza si intende correttamente presentata. Verificata la completezza della documentazione, il SUAP adotta il provvedimento conclusivo entro trenta giorni, salvi i termini più brevi previsti dalla normativa regionale.

Il riordino della disciplina della Conferenza dei Servizi, operato dal decreto legislativo n. 127/2016 in attuazione della Legge delega di riforma della pubblica amministrazione (legge n. 124/2015 – “Legge Madia”), finalizzato a renderne più celeri i tempi, ha inciso sulla procedura qui in esame.

In particolare, quando è necessario acquisire intese, nulla osta, concerti o assensi di diverse amministrazioni pubbliche, il responsabile del SUAP indice una conferenza di servizi ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dalla disciplina riformata contenuta negli artt. 14 a 14-quinquies della legge n. 241/1990[34], ovvero dalle altre normative di settore. Il provvedimento conclusivo del procedimento, assunto nei termini di cui alla citata disciplina, è, ad ogni effetto, titolo unico per la realizzazione dell'intervento e per lo svolgimento delle attività richieste.

In caso di mancato ricorso alla Conferenza di servizi, ovvero nel caso in cui sia scaduto il termine di trenta giorni sopra indicato, il responsabile conclude in ogni caso il procedimento.

 

Nel procedimento ordinario qui in esame, l’Agenzia per le imprese può compiere esclusivamente attività istruttoria.


 

3. La legge cd. “Madia” e i relativi decreti attuativi

La legge delega di riforma delle pubbliche amministrazioni – c.d. “Legge Madia” (legge n. 124/2015, articolo 5) - ha delegato il Governo all’adozione di uno o più decreti legislativi per la precisa individuazione dei procedimenti soggetti a segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), a silenzio assenso, ad autorizzazione espressa e a comunicazione preventiva[35].

 

La delega ha previsto anche l’introduzione della disciplina generale delle attività non soggette ad autorizzazione preventiva espressa, compresa la definizione delle modalità di presentazione e dei contenuti standard degli atti degli interessati (istanze, segnalazioni etc.) e di svolgimento della procedura, anche telematica, nonché degli strumenti per documentare o attestare gli effetti prodotti dai predetti atti.

 

La delega ha previsto, infine, l'obbligo di comunicare ai soggetti interessati, all'atto della presentazione di un'istanza, i termini entro i quali l'amministrazione è tenuta a rispondere ovvero entro i quali il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento della domanda.

 

La delega è stata attuata con due decreti legislativi:

§  il decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 126 Attuazione della delega in materia di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), a norma dell'articolo 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124

§  il decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222, Individuazione di procedimenti oggetto di autorizzazione, segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA), silenzio assenso e comunicazione e di definizione dei regimi amministrativi applicabili a determinate attività e procedimenti, ai sensi dell'articolo 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124.

 

Per esplicita affermazione del legislatore delegato, gli interventi di semplificazione del regime amministrativo delle attività economiche private contenuti nel citato impianto normativo ha trovato motivazione in una serie di persistenti problemi, di carattere giuridico e socioeconomico, quali:

§  le difficoltà, da parte degli operatori economici, a comprendere le modalità di svolgimento del procedimento amministrativo per l'inizio di un'attività (adempimenti a carico del richiedente e della PA);

§  la scarsa certezza del diritto dovuta alla mancanza di un quadro di regole chiare, tassative e comprensibili per gli operatori chiamati ad applicarle;

§  gli sdoppiamenti procedurali e oneri non previsti;

§  l’esistenza di regimi differenziati da Regione a Regione;

§  la mancata attuazione delle direttive e dei principi comunitari enunciati nella direttiva servizi (2006/123/CE), cd "principio once only", per cui la PA può chiedere una sola volta dati e informazioni;

§  la criticità rappresentata dalla numerosità di atti presupposti, tali da vanificare di fatto la SCIA;

§  le ambiguità ancora esistenti nel regime della SCIA, principale strumento di regolazione delle attività private nei settori nevralgici per lo sviluppo economico[36].

 

Per una ricostruzione degli istituti di semplificazione e liberalizzazione delle attività economiche, si rinvia al Dossier “Segnalazione certificata di inizio attività” - A.G. 291 cd. Scia 1, di aprile 2016.

3.1 Il decreto legislativo n. 126/2016, cd. SCIA 1

Il primo dei due decreti richiamati (decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 126) (c.d. SCIA 1) ha riguardato la disciplina generale applicabile alle attività private non soggette ad autorizzazione espressa e soggette a segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA), nonché la disciplina delle modalità di presentazione delle segnalazioni o istanze alle pubbliche amministrazioni.

Il legislatore delegato ha in sostanza prescelto di risolvere dapprima le svariate “criticità applicative” della predetta disciplina e rimandare ad un momento successivo l’esercizio della delega relativa alla “precisa individuazione” dei procedimenti soggetti a SCIA, a silenzio assenso, ad autorizzazione espressa e a comunicazione preventiva[37].

L’articolo 1, comma 2 del decreto rinvia infatti tale individuazione a successivi decreti legislativi attuativi e dispone - allo scopo di garantire certezza sui regimi applicabili alle attività private e di salvaguardare la libertà di iniziativa economica - che le attività private non espressamente individuate ai sensi dei medesimi decreti o specificamente oggetto di disciplina da parte della normativa europea, statale e regionale, sono libere.

 

Le novità principali del decreto “SCIA 1” sono tre.

 

In primo luogo, viene rafforzato l'obbligo per le amministrazioni pubbliche di predisporre moduli unificati e standardizzati che definiscono, per tipologia di procedimento, i contenuti tipici delle istanze, delle segnalazioni e delle comunicazioni alle stesse amministrazioni, nonché i contenuti della documentazione da allegare.

Inoltre, per la presentazione di istanze, segnalazioni o comunicazioni alle amministrazioni regionali o locali, si rimette l’adozione della relativa modulistica per le attività produttive e l’edilizia ad Accordi o intese in sede di Conferenza unificata, tenendo conto delle specificità regionali (articolo 2, co. 1). In attuazione di quanto disposto dal decreto, in sede di Conferenza Unificata, è stato adottato un Accordo tra il Governo, le Regioni e gli Enti locali (Acc. 4 maggio 2017, n. 46/CU) concernente l'adozione di moduli unificati e standardizzati per la presentazione delle segnalazioni, comunicazioni e istanze delle attività commerciali e assimilate[38] e in materia di attività edilizia. L’Accordo è stato successivamente integrato ai fini dell'adozione dei moduli unificati per ulteriori attività (elencate nella tabella A del decreto legislativo n.222/2016 (cd. Scia 2),cfr. infra), nonché per alcuni aggiornamenti alla modulistica già adottata[39].

Le amministrazioni comunali, alle quali sono rivolte domande, segnalazioni e comunicazioni per le attività in questione, hanno dunque l’obbligo di pubblicare sul loro sito istituzionale i moduli unificati e standardizzati, adottati con gli accordi e adattati, ove necessario, dalle Regioni in relazione alle specifiche normative regionali (articolo 2, co. 2 e 3)[40]. Sul sito istituzionale italiasemplice.gov sono disponibili gli Accordi adottati ed i relativi testi.

Il decreto sancisce il principio per cui l'amministrazione può chiedere all'interessato informazioni o documenti solo in caso di mancata corrispondenza del contenuto dell'istanza, segnalazione o comunicazione e dei relativi allegati prescritti e viene vietata ogni richiesta di informazioni o documenti ulteriori rispetto a quelli indicati dalla normativa, nonché di documenti (già) in possesso di una pubblica amministrazione.

Inoltre, la mancata pubblicazione delle informazioni e dei documenti e la richiesta di integrazioni documentali non corrispondenti alle informazioni e ai documenti pubblicati costituiscono illecito disciplinare punibile con la sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da tre giorni a sei mesi[41] (articolo 2, co.4-6).

La previsione in esame è riconducibile alla necessità di dare cogenza al principio comunitario “once only previsto nella direttiva servizi (2006/123/CE).

 

In secondo luogo, il decreto introduce norme generali sulle modalità di presentazione delle segnalazioni o istanze alle pubbliche amministrazioni: in particolare, l'obbligo per le amministrazioni di rilasciare una ricevuta dell'avvenuta presentazione dell'istanza, comunicazione o segnalazione, anche in via telematica (articolo 3, co. 1, lett. a), che introduce un nuovo articolo 18-bis della legge n. 241/1990).

 

La terza novità è rappresentata dalle modifiche e integrazioni alla disciplina della SCIA.

In particolare, la sospensione dell’attività intrapresa è prevista, con atto motivato dall’amministrazione, solo nei seguenti casi: attestazioni non veritiere e pericolo per la tutela dell'interesse pubblico in materia di ambiente, paesaggio, beni culturali, salute, sicurezza pubblica o difesa nazionale.

L'atto motivato di sospensione interrompe il termine di 60 giorni (dal ricevimento della segnalazione) per l’eventuale divieto di prosecuzione delle attività (30 per l’edilizia), che ricomincia a decorrere dalla data in cui il privato comunica l'adozione delle misure prescritte.

In assenza di ulteriori provvedimenti, decorso il termine di 60 giorni (30 per l’edilizia), cessano gli effetti della sospensione eventualmente adottata.

In difetto di adozione delle misure da parte del privato, decorso il suddetto termine, l'attività si intende vietata (articolo 3, co. 1, lett. a), che modifica l’articolo 19, co. 2 e 3).

 

Il decreto introduce poi il principio della concentrazione dei regimi amministrativi per le ipotesi in cui, per lo svolgimento di un'attività soggetta a SCIA, siano necessarie altre SCIA, comunicazioni, attestazioni, asseverazioni e notifiche, ovvero atti di assenso o pareri da parte di altre amministrazioni.

La finalità è quella di evitare che il procedimento diventi più complicato a causa dei numerosi atti presupposti (articolo 3, co. 1, lett. c) che inserisce un nuovo articolo 19-bis nella legge n. 241/1990).

In particolare, il decreto prevede:

1.   nei casi in cui per lo svolgimento di un'attività soggetta a SCIA siano necessarie altre SCIA, comunicazioni, attestazioni, asseverazioni e notifiche, l'interessato presenta un'unica SCIA e l'attività può essere iniziata dalla data di presentazione della segnalazione (c.d. SCIA unica). Spetta all'amministrazione che riceve la SCIA di trasmetterla alle altre amministrazioni interessate, al fine di consentire il controllo sulla sussistenza dei presupposti e requisiti di loro competenza;

2.   nei casi in cui per lo svolgimento di un'attività soggetta a SCIA sia necessaria l'acquisizione di atti di assenso, comunque denominati, o pareri di altri uffici e amministrazioni, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive (c.d. SCIA condizionata), è prevista, dopo la presentazione della SCIA, la convocazione della conferenza di servizi. In tali casi, il termine per la convocazione della conferenza decorre dalla data di presentazione dell'istanza e l'inizio dell'attività resta subordinato al rilascio degli atti medesimi, di cui lo sportello dà comunicazione all'interessato.

3.2. Il decreto legislativo n. 222/2016, cd. SCIA 2

L'attuazione della delega è proseguita con il decreto legislativo 5 novembre 2016, n. 222 (cd. SCIA 2), che provvede alla “mappatura” e alla individuazione delle attività oggetto di procedimento di mera comunicazione o segnalazione certificata di inizio attività o di silenzio assenso, nonché quelle per le quali è necessario il titolo espresso (articolo 1) e introduce le conseguenti disposizioni normative di coordinamento.

In particolare, il decreto riporta nella tabella A allegata la ricognizione delle attività e dei procedimenti nei settori del commercio e delle attività assimilabili, dell'edilizia e dell'ambiente (per un totale di 246 attività). Per ciascun procedimento o attività, la tabella indica il regime amministrativo applicabile (autorizzazione, silenzio assenso, SCIA, SCIA unica, SCIA condizionata, comunicazione) l'eventuale concentrazione dei regimi e i riferimenti normativi (articolo 2)[42].

La tabella A è suddivisa in tre sezioni:

1)   Sezione I, denominata “Attività commerciali e assimilabili”, che ricomprende attività di commercio su area privata (esercizi di vicinato, medie e grandi strutture di vendita, sia di carattere alimentare che non, commercio all’ingrosso, sia alimentare che non, vendita di prodotti agricoli, etc.), commercio su area pubblica (itinerante e non, alimentare e non), l’esercizio di somministrazione di alimenti e bevande, strutture ricettive e stabilimenti balneari, attività di spettacolo o intrattenimento, sale giochi, autorimesse, distributori di carburante, officine di autoriparazione, acconciatori ed estetisti, panifici, tintolavanderie, arti tipografiche, litografiche, fotografiche e di stampa. Si tratta di 14 aree, per un totale di 107 attività;

2)   Sezione II, denominata “Edilizia”, che ricomprende gli interventi edilizi e i relativi regimi amministrativi, altri adempimenti successivi all’intervento edilizio e alcuni interventi relativi a impianti alimentati da fonti rinnovabili[43], per un totale di 105 attività;

3)   Sezione III, denominata “Ambiente”, che ricomprende le autorizzazioni integrate ambientali (AIA), le valutazioni di impatto ambientale (VIA), le autorizzazioni uniche ambientali (AUA), nonché le attività relative alle emissioni in atmosfera, alla gestione rifiuti, all’inquinamento acustico, agli scarichi idrici, alle dighe, alle bonifiche e altri procedimenti in materia di tutela dei corpi idrici, per un totale di 34 attività.

 

Come rilevato dal Consiglio di Stato[44], il legislatore delegato ha dunque attuato uno degli oggetti principali della delega di cui all’articolo 5 della legge n. 124/2015, utilizzando lo strumento tabellare per una “codificazione soft concepita come tecnica di semplificazione, a carattere anche innovativo, in quanto, laddove - secondo il regime vigente - per una singola attività sono necessarie più SCIA per soddisfare interessi pubblici diversi - è il caso emblematico delle attività commerciali nel settore alimentare - si esplicita in tabella che la SCIA deve essere una sola (la cd. “SCIA unica”) e lo “sdoppiamento” attiene solo alla condivisione di parte del contenuto della SCIA unica con la diversa Autorità preposta ai controlli (nel caso di specie, le ASL), per quanto di suo specifico interesse.

Sempre il Consiglio di Stato ha però rilevato come lo strumento legislativo in esame postuli “un’azione di costante monitoraggio del funzionamento delle norme”.

In particolare, il Consiglio ha rilevato alcuni profili della riforma che, nella sua successiva fase di attuazione, potrebbero far emergere possibili criticità di funzionamento, tra le quali, per quanto qui maggiormente rileva, l’aggiornamento della Tabella A in relazione alle disposizioni legislative successivamente intervenute o alla necessità di completare la ricognizione delle attività; la regolazione di nuove attività, in particolare nella materia del commercio, che, altrimenti, sarebbero libere, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo “SCIA 1”.

L’elenco contenuto nella Tabella A, infatti, non ha carattere esaustivo di tutte le attività che vengono svolte nella realtà dei rapporti economico-commerciali[45] (cfr. anche infra).

Su tale punto, il decreto legislativo “SCIA 2” in esame prevede che:

§  le amministrazioni, nell'ambito delle rispettive competenze, possano ricondurre le attività non espressamente elencate nella tabella, anche in ragione delle loro specificità territoriali, a quelle corrispondenti, pubblicandole sul proprio sito istituzionale (articolo 2, co. 6)[46];

§  la ricognizione possa essere integrata e completata con decreti successivi, previsti dalla legge delega. Inoltre, si prevede che la tabella sia aggiornata periodicamente, con decreto del Ministro delegato per la pubblica amministrazione, previa intesa in Conferenza unificata, al fine di tener conto delle disposizioni di legge intervenute successivamente (articolo 2, co. 7).

Il Consiglio di Stato, nel parere espresso sul provvedimento, ha dunque rilevato come necessario “considerare l’individuazione e l’inquadramento giuridico delle attività private come un work in progress, sensibile, oltre che alle novità normative, ai mutamenti reali, pertanto destinato ad essere rivisto ed implementato continuativamente, con decreti correttivi e integrativi. Il decreto legislativo “SCIA 2” – ancorché incompleto nei settori censiti – costituisce, purtuttavia, un primo, imprescindibile punto fermo”.

 

Procedendo ad una analisi più di dettaglio della Sezione I della Tabella, “Attività commerciali ed assimilabili”, questa è articolata in 14 aree che talvolta contengono al loro interno più sezioni. Ad esempio, per il commercio su area privata, si distingue tra esercizio di vicinato nel settore non alimentare o alimentare.

Il criterio seguito è dunque quello della tipologia delle diverse attività e dello spazio in cui le stesse si svolgono.

Per ciascuna è indicato il regime amministrativo con riferimento a distinte necessità (apertura, trasferimento, ampliamento, chiusura, subingresso).

L’articolazione utilizzata trae origine dall’inquadramento delle attività contenuto nella disciplina del settore del commercio di cui al decreto legislativo n. 114 del 1998, come rivista alla luce della direttiva servizi dal decreto legislativo n. 59/2010 e non si riferisce alla natura dell’impresa (di beni o di servizi) e alla sua evoluzione.

Il Consiglio di Stato ha rilevato in proposito che si tratta di una impostazione che non tiene conto dell’evoluzione dei settori merceologici. Le significative novità nel frattempo intervenute in conseguenza dell’innovazione tecnologica non sono considerate, mancando per esempio un richiamo alla normativa sul commercio elettronico di cui al decreto legislativo n. 70 del 2003 per la parte di interesse (commercializzazione beni o servizi, diretta o indiretta)[47].

Appare opportuno rilevare che la Tabella in esame non ha, ad oggi, ricevuto modifiche o integrazioni sul piano legislativo.

 

Infine, si rammenta che il decreto impone alle regioni e gli enti locali, nel disciplinare i regimi amministrativi di loro competenza, di adeguarsi ai livelli di semplificazione e alle garanzie assicurate ai privati dal decreto stesso, consentendo contemporaneamente loro di prevedere livelli ulteriori di semplificazione (articolo 5), nonché il potere, a date condizioni, di inibire l’applicazione dei regimi semplificati per ragioni di tutela ambientale o paesaggistica (articolo 1, co. 4) [48].


 

4 I recenti interventi per la semplificazione dei procedimenti amministrativi verso le imprese

Il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, reca una serie di interventi semplificatori con l’obiettivo di incentivare e accelerare i tempi degli investimenti pubblici per far ripartire l’attività delle imprese e rilanciare l’economia gravemente depressa dalla crisi epidemica.

Alcune delle semplificazioni introdotte attengono specificamente ai procedimenti autorizzativi all’esercizio di infrastrutture per la produzione di energia da fonti rinnovabili (articolo 56), ai procedimenti autorizzativi delle infrastrutture delle reti energetiche nazionali (articolo 60) e ai procedimenti autorizzativi delle infrastrutture della rete di distribuzione elettrica (articolo 61).

 

In questa sede appare opportuno soffermarci sull’articolo 15 del decreto legge, il quale dispone l’adozione, entro il 30 ottobre 2020, dell’Agenda per la semplificazione, volta a delineare un quadro programmatico degli interventi semplificatori in diversi ambiti.

Inoltre, l’articolo prevede che entro 150 giorni dall’entrata in vigore della disposizione, e dunque entro il 14 dicembre 2020, “lo Stato, le Regioni e le autonomie locali, sentite le associazioni imprenditoriali, gli ordini e le professionali, completino la ricognizione dei procedimenti amministrativi al fine di individuare:

a)   le attività soggette ad autorizzazione, giustificate da motivi imperativi di interesse generale e le attività soggette ai regimi giuridici della SCIA, della SCIA Unica, e del silenzio assenso, ovvero al mero obbligo di comunicazione;

b)   i provvedimenti autorizzatori, gli adempimenti e le misure incidenti sulla libertà di iniziativa economica ritenuti non indispensabili, fatti salvi quelli imposti dalla normativa dell'Unione europea e quelli posti a tutela di principi e interessi costituzionalmente rilevanti;

c)   i procedimenti da semplificare;

d)   le discipline e i tempi uniformi per tipologie omogenee di procedimenti;

e)   i procedimenti per i quali l'Autorità competente può adottare un'autorizzazione generale;

f)    i livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti per l'adeguamento alla normativa dell'Unione europea.

Relativamente all’attuazione delle norme in questione, si segnala che la Ministra per la Pubblica amministrazione, Fabiana Dadone, audita il 13 gennaio scorso, presso la Commissione parlamentare per la semplificazione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla semplificazione delle procedure amministrative connesse all'avvio e all'esercizio delle attività di impresa, ha dichiarato che il programma di innovazione strategica per la P.A., parte integrante del Piano nazionale di ripresa e resilienza, prevede uno specifico progetto di investimento denominato “P.A. semplice e connessa, semplificazione delle procedure amministrative, digitalizzazione dei processi”, (cfr. Missione 1, Componente 1, Investimento 2.3, pag. 57 del Piano), che costituisce un’occasione per “un radicale ripensamento dei procedimenti, spesso ancora legati a normative obsolete e prive anche di un’analisi di impatto, e che però sono determinanti per la realizzazione stessa degli obiettivi di sviluppo del Piano”.

L’azione in questione è dotata di 480 milioni di risorse NGEU (Next generation EU).

Ci si prefigge dunque una drastica riduzione dei costi e dei tempi delle procedure, nonché dell’erogazione dei servizi secondo nuovi standard di qualità. A tal fine, l’investimento prevede la mappatura completa di tutte le procedure amministrative che ineriscono alle attività economiche o alla vita dei cittadini, con priorità per quelle necessarie alla rapida attuazione dei progetti del Recovery Plan e con la consultazione ad hoc delle categorie interessate.

La Ministra ha reso noto che l’istruttoria è stata avviata per oltre 400 procedure nell’ambito dell’Agenda di semplificazione 2020-2023, approvata in Consiglio dei Ministri il 2 dicembre 2020, a seguito di un accordo raggiunto in Conferenza Unificata.

Il censimento è propedeutico alla successiva eliminazione degli adempimenti non necessari e frutto di una duplicazione, con una prosecuzione – secondo quanto dichiarato dalla Ministra - della mappatura delle attività e dei relativi regimi amministrativi, già avviata nel 2016 (già a febbraio 2021 dovrebbe essere pronta tale revisione).

Al censimento è collegato una standardizzazione delle procedure, con la predisposizione di forme digitali con una effettiva implementazione del principio once only.

L’investimento prevede, altresì:

§  la velocizzazione delle procedure per il rilancio supportando le amministrazioni statali, regionali e locali nella gestione dei procedimenti complessi (infrastrutture, opere pubbliche, impianti produttivi, valutazioni ambientali, transizione energetica, edilizie urbanistiche e paesaggistiche etc.) attraverso la messa a disposizione di pool di esperti multidisciplinari;

§  la semplificazione, reingegnerizzazione e integrale digitalizzazione delle procedure per edilizia ed attività produttive attraverso la digitalizzazione del front office e del back office e l'interoperabilità dei flussi documentali tra amministrazioni (SUAP, SUE, Conferenze di servizi telematiche e altre procedure rilevanti per le attività produttive).

La Ministra ha evidenziato poi che gli interventi autorizzativi dovranno comunque essere mirati agli specifici progetti.

FOCUS : Il regime autorizzatorio dell’attività di commercio
su aree pubbliche

La legge di bilancio 2019 (l. n. 145/2018, articolo 1, co. 686) ha escluso dal campo di applicazione del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, di recepimento della direttiva cd. Servizi, le attività di commercio al dettaglio sulle aree pubbliche. A tal fine, ha novellato l’articolo 7 del decreto legislativo n. 59 del 2010 (inserendo nell’elenco dei settori esclusi una nuova lett. f-bis).

Conseguentemente ha abrogato l’articolo 70 del decreto legislativo n. 59/2010 il quale, interveniva sul regime autorizzatorio previsto per l’esercizio dell’attività di commercio su aree pubbliche di cui agli articoli 27 e 28 del decreto legislativo n. 112/1998 e recava i criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l'esercizio dell’attività in questione.

La stessa legge di bilancio ha poi precisato che al commercio su aree pubbliche non si applica l’articolo 16 del decreto legislativo n. 59/2010, il quale, in attuazione di quanto disposto dalla direttiva servizi, reca specifiche prescrizioni per i settori economici caratterizzati da un numero limitato di autorizzazioni disponibili. L’articolo prevede, in tali casi, che si tenga una procedura di selezione dei candidati in modo trasparente e secondo criteri di imparzialità ai fini del rilascio del titolo autorizzatorio, il quale deve essere concesso per una durata limitata e non può essere rinnovato automaticamente, né possono essere accordati vantaggi al prestatore uscente o ad altre persone, ancorché giustificati da particolari legami con il primo.

L’attività del commercio su aree pubbliche è stata oggetto di regolamentazione all’interno della disciplina attuativa della direttiva servizi (decreto legislativo n. 59/2010), in quanto la direttiva non esclude espressamente tale specifica attività dal suo ambito di applicazione[49].

Il commercio ambulante, o commercio su area pubblica, è una attività di vendita di merci al dettaglio, effettuata su aree di proprietà pubblica, ovvero su piazzole (o posteggi) assegnati, oppure in forma itinerante.

Per commercio ambulante, si intende, segnatamente, l’"attività di vendita di merci al dettaglio (anche somministrazione alimenti e bevande) effettuate su aree pubbliche, attrezzate o meno, coperte o scoperte" (articolo 27 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114).

Il commercio sulle aree pubbliche può essere svolto:

a) su posteggi dati in concessione per dieci anni;

b) su qualsiasi area purché in forma itinerante (articolo 28, co. 1).

L'esercizio di tale attività è soggetta – secondo quanto dispone l’articolo 28, co. 2 del decreto legislativo n. 114 e Tabella A del decreto legislativo n. 222/2016 - ad apposita autorizzazione.

 

L’autorizzazione è rilasciata a persone fisiche e a società di persone, nonché a società di capitali regolarmente costituite o cooperative.

Il riferimento alle società di capitali e cooperative è stato introdotto nell’articolo 28 del decreto legislativo n. 114/1998 dall’articolo 70 del decreto legislativo n. 59/2010. La legge di bilancio 2019 ha abrogato - come detto – quest’ultimo articolo, senza disporre in ordine alla reviviscenza della normativa pregressa. In sostanza, manca una disposizione che chiarisca se le modifiche introdotte sono fatte salve o meno[50]. Nella pratica amministrativa, si segnala che nei documenti interpretativi si fa ancora riferimento alle società di capitali e cooperative (vedi, in questo senso, l’illustrazione della normativa applicabile nel sito impresainungiorno.gov.it), ma non risulta un intervento che abbia affrontato la questione in modo esplicito.

 

Le regioni, nell’esercizio della potestà normativa in materia di disciplina delle attività economiche, possono stabilire che l’autorizzazione all’esercizio dell’attività sia subordinata alla presentazione da parte del richiedente del documento unico di regolarità contributiva (DURC) (articolo 28, co. 2-bis).

L'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vendita sulle aree pubbliche mediante l'utilizzo di un posteggio è rilasciata, in base alla normativa emanata dalla regione, dal sindaco del comune sede del posteggio ed abilita anche all'esercizio in forma itinerante nell'ambito del territorio regionale (articolo 28, co. 3).

L'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vendita sulle aree pubbliche esclusivamente in forma itinerante è rilasciata, in base alla normativa emanata dalla regione, dal comune nel quale il richiedente, persona fisica o giuridica, intende avviare l'attività. L'autorizzazione abilita anche alla vendita al domicilio del consumatore, nonché nei locali ove questi si trovi per motivi di lavoro, di studio, di cura, di intrattenimento o svago.

Il principio per cui l’autorizzazione è rilasciata dal comune nel quale il richiedente intende avviare l’attività è stato introdotto dall’articolo 70 del decreto legislativo n. 59/2010 in luogo del precedente richiamo al comune luogo di residenza del richiedente. Anche in questo caso, l’abrogazione dell’articolo 70 senza alcuna previsione circa la reviviscenza delle disposizioni ad esso pregresse pone problemi interpretativi circa la normativa vigente. Si segnala che nella pratica sembra prevalere il criterio per cui nel caso di autorizzazione su posteggio fisso (di cui subito appresso) è competente al rilascio il comune ove ha sede il posteggio; nel caso invece di autorizzazione in forma itinerante il comune competente al rilascio è quello dove l’operatore ha scelto di avviare l’attività. In questo senso, vedi ad esempio l’illustrazione della normativa applicabile presente nel sito della regione Lazio, nonché l’articolo 49 della recente legge regionale del Lazio 6 novembre 2019, n. 22 (“Testo Unico del Commercio”).

 

La disciplina delle concessioni di posteggio per l’esercizio del commercio precedente alla legge di bilancio 2019.

L’articolo 70, comma 5, del decreto legislativo n. 59/2010 ha demandato ad una intesa in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, anche in deroga al disposto di cui all’articolo 16 del decreto legislativo n. 59/2010, l’individuazione, senza discriminazioni basate sulla forma giuridica dell'impresa, dei criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l'esercizio del commercio su aree pubbliche, nonché l’adozione delle disposizioni transitorie (da applicare alle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 59/2010 ed alle concessioni prorogate sino all'applicazione delle disposizioni transitorie).

L'Intesa Stato-Regioni del 5 luglio 2012 ha determinato i criteri da applicare nelle procedure di selezione per l'assegnazione di posteggi su aree pubbliche, stabilendo:

-     che la durata della concessione sia fissata dal Comune entro un periodo tra nove e dodici anni (nei mercati a carattere turistico non inferiore a sette anni).

-     come criterio prioritario di assegnazione quello della "maggiore professionalità acquisita", in base all'anzianità di esercizio dell'impresa, anche nello specifico posteggio oggetto di selezione (valutazione nel limite del 40% del punteggio complessivo).

Il successivo Documento delle Regioni e Province Autonome del 24 gennaio 2013, adottato per "assicurare omogeneità territoriale" all’attuazione dell’Intesa, ha proposto di adottare

-     un limite unico a livello nazionale di durata delle concessioni, pari a 12 anni;

-     che la "maggiore professionalità acquisita nell'esercizio del commercio su area pubblica", derivasse dalla data di iscrizione nel Registro delle imprese (40 punti per iscrizione fino a 5 anni; 50 punti fino a 10 anni e 60 punti per più di 10 anni); per il titolare di concessioni in scadenza nel 2017-2020, che concorre all'assegnazione dello specifico posteggio in cui operava, altri 40 punti; infine, 7 punti per l'impegno a eseguire specifiche opere/adattamenti in particolari contesti e altri 3 punti per la prova della regolarità contributiva (punto 2).

Il Documento del 2013 ha poi detta, infine, "disposizioni transitorie", per compensare le disparità di trattamento tra gli operatori che, essendo titolari di concessioni scadute prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 59/2010 hanno usufruito di una proroga e quelli che, diversamente, non se ne sono potuti avvantaggiare.

Il regime transitorio fissato è consistito nel prorogare fino al 7 maggio 2017 le concessioni scadute e rinnovate, o rilasciate, dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 59 del 2010 (08 maggio 2010) e fino al 4 luglio 2017 le concessioni in scadenza dopo il 5 luglio 2012 (data dell'Intesa) e nei successivi cinque anni, rinviando l'applicazione dei nuovi criteri di selezione soltanto dopo lo spirare del regime transitorio.

Successivamente, il decreto-legge 244/2016 (cd. decreto-legge milleproroghe, articolo 6, co. 8) ha prorogato al 31 dicembre 2018 la scadenza delle concessioni per il commercio su aree pubbliche in essere alla data di entrata in vigore del decreto-legge medesimo, al fine di allineare le scadenze delle concessioni stesse.

La Legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017, articolo 1, co. 1180) ha ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2020 il termine delle concessioni per commercio su aree pubbliche con scadenza anteriore alla predetta data e in essere alla data di entrata in vigore della legge di bilancio (cfr. anche, Risoluzione MISE n. 87935 del 7 marzo 2018).

Il medesimo articolo 1, al comma 1181, ha poi previsto che le amministrazioni interessate prevedessero specifiche modalità di assegnazione per coloro che nel biennio precedente l’entrata in vigore della norma avessero direttamente utilizzato le concessioni quale unica o prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare, anche in deroga alle norme sui criteri di selezione dei candidati di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 59/2010.

è stato poi demandato alla Conferenza Unificata il compito di provvedere all’integrazione dei criteri previsti dall’Intesa del 2012, stabilendo altresì, ai fini della garanzia della concorrenza nel settore, il numero massimo di posteggi complessivamente assegnabili ad un medesimo soggetto giuridico, sia nella medesima area sia in diverse aree, mercatali e non mercatali.

 

Recenti interventi sulle concessioni di posteggio

All’indomani dell’esclusione dell’attività di commercio al dettaglio sulle aree pubbliche dal campo di applicazione del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, operata dalla Legge di bilancio 2019 (legge n. 145/2018, articolo 1, co. 686), il legislatore è nuovamente intervenuto.

Recentemente, nell’ambito di uno dei decreti legge adottato per far fronte agli effetti economici e sanitari dell’attuale crisi pandemica, il decreto-legge n. 34/2020 (cd. “Decreto Rilancio”, conv., con mod., nella L 17 luglio 2020, n. 77, articolo 181 comma 4-bis), ha previsto “le concessioni di posteggio per l'esercizio del commercio su aree pubbliche aventi scadenza entro il 31 dicembre 2020, se non già riassegnate ai sensi dell'Intesa del 5 luglio 2012, sono rinnovate per la durata di dodici anni, secondo linee guida adottate dal Ministero dello sviluppo economico e con modalità stabilite dalle regioni entro il 30 settembre 2020, con assegnazione al soggetto titolare dell'azienda, sia che la conduca direttamente sia che l'abbia conferita in gestione temporanea, previa verifica della sussistenza dei requisiti di onorabilità e professionalità prescritti, compresa l'iscrizione ai registri camerali quale ditta attiva ove non sussistano gravi e comprovate cause di impedimento temporaneo all'esercizio dell'attività”.

Il comma 4-ter ha poi disposto che “nelle more di un generale riordino della disciplina del commercio su aree pubbliche, al fine di promuovere e garantire gli obiettivi connessi alla tutela dell'occupazione, le regioni hanno facoltà di disporre che i comuni possano assegnare, su richiesta degli aventi titolo, in via prioritaria e in deroga ad ogni altro criterio, concessioni per posteggi liberi, vacanti o di nuova istituzione, ove necessario, agli operatori, in possesso dei requisiti prescritti, che siano rimasti esclusi dai procedimenti di selezione previsti dalla vigente normativa ovvero che, all'esito dei procedimenti stessi, non abbiano conseguito la riassegnazione della concessione”.

 

Il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 25 novembre 2020 ha approvato le “linee guida” per il rinnovo delle concessioni di posteggio per l’esercizio del commercio su aree pubbliche aventi scadenza entro il 31 dicembre 2020” previste dell’articolo 181, comma 4-bis. Le linee guida sono entrate in vigore il 28 novembre 2020.

Si escludono dunque dal rinnovo le concessioni con scadenza entro il 31 dicembre 2020 relative a posteggi o aree già riassegnati ai sensi dell’Intesa del 2012, con atti ad efficacia differita. In tal caso le concessioni in scadenza il 31 dicembre 2020 non sono oggetto di rinnovo, divenendo efficaci, a partire dal 1° gennaio 2021, i nuovi titoli abilitativi rilasciati in esito alle suddette procedure di riassegnazione per la durata prevista dai rispettivi bandi di gara.

Qualora, in esito alle procedure di riassegnazione di cui sopra, non siano state riassegnate tutte le concessioni di posteggio oggetto di selezione, le concessioni non riassegnate sono attribuite secondo le Linee guida: agli operatori che non hanno conseguito la riassegnazione della concessione a causa della mancata presentazione della domanda di partecipazione alla selezione, oppure per averla presentata tardivamente o con modalità non ammesse, a condizione che i predetti soggetti siano comunque in possesso dei requisiti prescritti.

Qualora, ad esito delle procedure di riassegnazione, la concessione di posteggio sia stata assegnata ad un soggetto diverso dal precedente titolare, si applica il citato comma 4-ter dell’articolo 181 del D.l. n. 34/2020. Le linee guida specificano a tal fine che per "operatori, in possesso dei requisiti prescritti, che siano rimasti esclusi dai procedimenti di selezione devono intendersi soltanto quegli operatori che non hanno presentato domanda di partecipazione alla selezione oppure l'hanno presentata tardivamente o con modalità non ammesse. Trattandosi di procedimenti relativi a concessioni già esistenti, non è necessario l'espletamento di procedure selettive purché sia effettuata la verifica della sussistenza dei presupposti e dei requisiti indicati dalle presenti linee guida.

 

Giurisprudenza costituzionale

Si richiama quanto evidenziato dalla giurisprudenza costituzionale, che ha specificamente dichiarato (cfr. sentenza n. 291 del 2012) l'incostituzionalità di disposizioni regionali che prevedevano l'inapplicabilità al commercio su aree pubbliche di quanto previsto dall'articolo 16 del decreto legislativo n. 59 del 2010 (attuativo dell'articolo 12 della direttiva Bolkestein). La Corte ha dichiarato l'incostituzionalità di tali norme per il contrasto con quella comunitaria cui il legislatore nazionale ha dato attuazione e con i vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea in materia di accesso ed esercizio dell'attività dei servizi (in particolare in tema dei residuali regimi autorizzatori), ma anche perché essa non viene neanche a prevedere forme di «bilanciamento tra liberalizzazione e […] i motivi imperativi di interesse generale», come, invece, richiesto dalla normativa comunitaria[51].

Le disposizioni del decreto legislativo n. 59 del 2010 – ha sostenuto la Corte - sono da ascrivere alla tipologia di disposizioni che tendono ad assicurare procedure concorsuali di garanzia mediante la loro strutturazione in modo da consentire «la più ampia apertura del mercato a tutti gli operatori economici» (sentenza n. 401 del 2007) e che sono da ricomprendere, secondo la giurisprudenza costituzionale, nella nozione di concorrenza che «non può che riflettere quella operante in ambito comunitario» (sentenze n. 270 e n. 45 del 2010, n. 401 del 2007), che ha «un contenuto complesso in quanto ricomprende non solo l'insieme delle misure antitrust, ma anche azioni di liberalizzazione, che mirano ad assicurare e a promuovere la concorrenza "nel mercato" e "per il mercato", secondo gli sviluppi ormai consolidati nell'ordinamento europeo e internazionale (sentenza n. 200 del 2012).

Con riferimento alla possibilità di rinnovo automatico, la Corte costituzionale si è espressa in più occasioni sulle disposizioni statali o regionali che recano norme di proroga di concessioni in essere, anche in relazione alle previsioni dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione, che richiama il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario nell'esercizio della potestà legislativa dello Stato e delle regioni (ex multis sentenze n. 340, n. 233 e n. 180 del 2010 e sentenza n. 205 del 2011). La Corte costituzionale ha valutato le disposizioni impugnate richiamando, oltre al rispetto del riparto delle competenze legislative tra lo Stato e le regioni, i principi comunitari in materia di temporaneità delle concessioni e di apertura alla concorrenza, con particolare riguardo alle disposizioni che, seppure per un periodo temporalmente limitato, impediscono «l'accesso di altri potenziali operatori economici al mercato, ponendo barriere all'ingresso tali da alterare la concorrenza tra imprenditori».

In particolare la Corte Costituzionale, con la sentenza del 4 luglio 2013 n. 171, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1 della l. reg. Liguria 30.7.2012, n. 24, che ha tentato di reintrodurre il rinnovo automatico delle concessioni a seguito di eventi naturali atmosferici che causassero danni. La Corte ha affermato che il rinnovo o la proroga automatica delle concessioni, venendo meno agli obblighi che incombono ai sensi degli artt. 49 e 101 del TFUE e dell'articolo 12 della dir. 2006/123/UE (c.d. dir. Bolkestein), viola l'articolo 117, co. 1, cost., per contrasto con i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario in tema di libertà di stabilimento e di tutela della concorrenza, determinando altresì una disparità di trattamento tra operatori economici, in violazione dell'articolo 117, co. 2, lett. e).

Sulla durata delle concessioni e ai criteri di selezione, si è più volte espressa l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (cfr. parere del 15 dicembre 2015 A.S. 1335 e segnalazione a Governo e Parlamento del 20 dicembre 2018 del A.S. 3470, AS1638 parere del 5 dicembre 2019 su T.U del commercio della Regione Lazio, AS1678 parere del 15 giugno 2020 su alcune disposizioni della legge R. Campania n. 7/2020, recante “Testo Unico del Commercio”).


 

Glossario dei regimi amministrativi per l’avvio di attività private

 

Autorizzazione: l’atto con cui la pubblica amministrazione, su istanza dell’interessato, rimuove un limite legale posto all’esercizio di un’attività inerente un diritto soggettivo o una potestà pubblica preesistenti in capo al destinatario. Il tradizionale sistema di autorizzazione è basato sull’emanazione di provvedimenti espressi, salvi i casi in cui è previsto il silenzio assenso (si v. infra). Qualora per lo svolgimento dell’attività siano necessari ulteriori atti di assenso si applicano le disposizioni in materia di conferenza di servizi di cui agli articoli 14 e ss. della L. n. 241 del 1990.

 

Silenzio assenso: è un comportamento omissivo dell’amministrazione di fronte a un dovere di provvedere, di emanare un atto e di concludere il procedimento con l’adozione di un provvedimento entro un termine prestabilito (art. 2, co. 1 e 5, 20, L. 241/1990), che l’ordinamento qualifica, attraverso una norma di legge, in senso positivo. Pertanto, il silenzio assenso non elimina il regime autorizzatorio, ossia il fatto che sia necessario un provvedimento amministrativo di autorizzazione, bensì semplifica il procedimento per ottenere tale autorizzazione.

L’articolo 20 della legge n. 241/1990, con la riforma del 2005, ha generalizzato il ricorso all’istituto, stabilendo che in tutti i procedimenti a istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi, esclusi quelli disciplinati dall’art. 19 (SCIA), «il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda», se la stessa amministrazione non comunica all’interessato, nel termine indicato dalla legge o dai regolamenti, il provvedimento di diniego ovvero se, entro 30 giorni dalla presentazione dall’istanza, non indice una conferenza di servizi. Nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale ad accoglimento della domanda, dopo la scadenza del termine l’amministrazione competente può in ogni caso assumere determinazioni in via di autotutela, ossia annullare o revocare l’atto implicito di assenso (art. 21-quinquies e 21-nonies, L. n. 241/1990).

La legge prevede alcune eccezioni in relazione a determinati interessi pubblici (patrimonio culturale e paesaggistico, tutela del rischio idrogeologico, ambiente, difesa nazionale, pubblica sicurezza, immigrazione, asilo e cittadinanza, salute e pubblica incolumità), nonché a casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, a casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza e ad altre eccezioni singolarmente individuate.

 

SCIA: la segnalazione certifica di inizio attività sostituisce al potere autorizzatorio della pubblica amministrazione, finalizzato all’emanazione di un atto di consenso all’esercizio dell’attività, il diritto ex lege del privato di svolgere un’attività avviandone l’esercizio previa segnalazione. Ai sensi dell’art. 19 della L. n. 241 del 1990, oggetto di numerose modifiche fino all’intervento riformatore del 2016, la segnalazione certificata di inizio attività sostituisce ogni atto di autorizzazione, licenza, permesso, nulla osta il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei requisiti e dei presupposti previsti dalle norme di settore, cioè ogni atto di tipo vincolato (mentre il silenzio assenso opera in procedimenti in cui sono previste autorizzazioni a carattere discrezionale). In secondo luogo, deve trattarsi di attività per le quali non sia previsto alcun limite o contingente complessivo.

In tali casi, la disciplina generale consente l’avvio dell’attività contestualmente alla presentazione della segnalazione allo sportello unico.

Resta in capo all’amministrazione un potere di controllo, privo di discrezionalità, della corrispondenza di quanto dichiarato dal privato con i presupposti e i requisiti previsti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale. I provvedimenti che l'amministrazione può adottare in seguito a SCIA, entro il termine perentorio di 60 giorni (30 giorni per la SCIA edilizia), sono, a seconda delle ipotesi: divieto di prosecuzione dell'attività e rimozione degli effetti dannosi, ovvero invito a conformare l'attività, ovvero sospensione dell'attività in caso di attestazioni non veritiere o di pericolo per la tutela dell'interesse pubblico in materia di ambiente, paesaggio, beni culturali, salute, sicurezza pubblica o difesa nazionale. (art. 19, commi 3 e 4).

 

SCIA unica: riguarda le attività soggette a segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) per le quali siano necessarie altre SCIA, comunicazioni, attestazioni, asseverazioni e notifiche (art. 19-bis, comma 2). Si tratta pertanto di attività "liberalizzate", ossia attività per le quali all'amministrazione spetta solo verificare la sussistenza di requisiti o presupposti fissati dalle norme. Risultano escluse da tale disciplina le ipotesi in cui per lo svolgimento di un'attività soggetta a SCIA siano necessarie anche autorizzazioni, comunque denominate, espresse o perfezionate con il silenzio assenso. La disposizione prevede che in tali casi l'interessato presenta la SCIA allo sportello unico indicato sul sito (c.d. SCIA unica). L'efficacia della SCIA unica è immediata, in quanto l'attività può essere iniziata dalla data di presentazione della segnalazione.

L'amministrazione che riceve la SCIA la trasmette alle altre amministrazioni interessate, al fine di consentire le verifiche sulla sussistenza dei presupposti e requisiti di loro competenza. Le amministrazioni interessate che ricevono la SCIA, fino a cinque giorni prima della scadenza del termine previsto dall'art. 19, L. 241/1990, possono presentare eventuali proposte motivate (all'amministrazione che ha ricevuto la SCIA) per l'adozione di provvedimenti inibitori, conformativi o sospensivi previsti dal medesimo articolo 19 in caso di accertamento della carenza dei requisiti e dei presupposti.

 

SCIA condizionata: riguarda le attività soggette a Scia per le quali sia necessaria anche l'acquisizione di atti di assenso, comunque denominati, o pareri di altri uffici e amministrazioni, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive (art. 19-bis, co. 3). Si parla di SCIA condizionata in quanto, a differenza dei casi di SCIA unica, il presupposto per la presentazione della SCIA è un atto di autorizzazione o una valutazione discrezionale da parte dell'amministrazione. Pertanto, in tali casi un procedimento autorizzatorio si innesta sulla SCIA come fase prodromica. Anche in questo caso è comunque prevista una concentrazione di regimi. Infatti, l'interessato presenta una istanza unica allo sportello unico a seguito del quale viene rilasciata la ricevuta. A decorrere dalla data della presentazione di tale istanza-segnalazione allo sportello unico si procede alla convocazione della conferenza di servizi di cui all'art. 14 della L. 241/1990. Il termine di 5 giorni per la convocazione della conferenza di servizi decorre dalla data di presentazione dell'istanza allo sportello unico.

La differenza principale rispetto alle ipotesi di SCIA unica consiste nel fatto che nei casi di SCIA condizionata non vi è la possibilità di iniziare subito l'attività. Piuttosto, l'inizio dell'attività resta subordinato al rilascio delle autorizzazioni o altri titoli espressi presupposti, di cui lo sportello unico deve dare comunicazione all'interessato.

 

Comunicazione: in questi casi, il privato ha l’obbligo di comunicare preventivamente l’intenzione di svolgere una determinata attività. La comunicazione produce effetto con la presentazione allo Sportello unico o all’amministrazione competente. Quando per l’avvio, lo svolgimento o la cessazione dell’attività sono richieste altre attestazioni, l’interessato può presentare un’unica comunicazione allo sportello unico.



[1]     Cit. “L’efficienza della decisione amministrativa. Semplificazione e accelerazione del procedimento nelle recenti riforme della pubblica amministrazione” di Donato Vese, 26 settembre 2018, su federalismi.it.. Sui provvedimenti autorizzativi si veda G. Corso, Manuale di Diritto amministrativo, Torino, Giappichelli, 2020; V. Lopilato Manuale di Diritto Amministrativo, Torino, Giappichelli, 2020; M. Clarich Manuale di Diritto Amministrativo, Bologna, Il Mulino, 2019; V. Cerulli Irelli, Lineamenti del Diritto Amministrativo, Torino, Giappichelli, 2019.

[2]     Cit. Considerando n.43 della direttiva 2006/123/CE Direttiva sui servizi del mercato interno

[3]     Cfr. Considerando n. 12 della direttiva 2006/123/CE.

[4]     Cit. Considerando n. 43 della direttiva 2006/123/CE.

[5]     Ciò significa, in particolare, che l'imposizione di un'autorizzazione preventiva è ammissibile soltanto nei casi in cui un controllo a posteriori non sarebbe efficace a causa dell'impossibilità di constatare a posteriori le carenze dei servizi interessati, tenuto conto dei rischi e dei pericoli che potrebbero risultare dall'assenza di tale controllo a priori. Cit. Considerando n. 54 della direttiva 2006/123/CE.

[6]     Cit. Considerando n. 43 della direttiva 2006/123/CE.

[7]     Cit. Considerando n. 43 della direttiva 2006/123/CE.

[8]     Si rinvia all’intervento della Ministra per la Pubblica amministrazione, Fabiana Dadone, audita il 13 gennaio scorso, presso la Commissione parlamentare per la semplificazione, e al Capitolo 4 del presente dossier).

[9]     E’ all'esame delle Istituzioni europee una Proposta di direttiva COM(2016)821, che mira ad ammodernare l'attuale procedura di notifica nel quadro della direttiva 2006/123/CE (art. 15, par. 7), che, come afferma la Commissione, “non sembra quindi avere contribuito in modo adeguato a una corretta e piena attuazione della direttiva stessa” . La proposta, in particolare, stabilisce norme relative alla notifica, da parte degli Stati membri, di progetti di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative che introducono o modificano regimi di autorizzazione e taluni requisiti che rientrano nel campo di applicazione della direttiva 2006/123/CE. Le disposizioni della Proposta di direttiva non modificano l'attuale direttiva servizi al di là della necessaria revisione delle specifiche disposizioni relative alle procedure di notifica.

[10]   L’art. 57 TFUE dispone considera come servizi le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone. I servizi comprendono in particolare:

a) attività di carattere industriale;

b) attività di carattere commerciale;

c) attività artigiane;

d) attività delle libere professioni.

Senza pregiudizio delle disposizioni sul diritto di stabilimento, il prestatore può, per l'esecuzione della sua prestazione, esercitare, a titolo temporaneo, la sua attività nello Stato membro ove la prestazione è fornita, alle stesse condizioni imposte da tale Stato ai propri cittadini.

[11]   Cfr. sul punto “La direttiva servizi - Guida all’Utente” a cura del Dipartimento politiche europeee della Presidenza del Consiglio dei ministri. Pg. 12.

[12]   I servizi d'interesse economico generale (SIEG) designano le attività commerciali che assolvono missioni d'interesse generale e sono soggetti a obblighi di servizio pubblico (servizi pubblici). La direttiva servizi lascia impregiudicata la libertà, per gli Stati membri, di definire, in conformità del diritto comunitario, quali essi ritengano essere servizi d’interesse economico generale, in che modo tali servizi debbano essere organizzati e finanziati, in conformità delle regole sugli aiuti concessi dagli Stati, e a quali obblighi specifici essi debbano essere soggetti (art. 1, paragrafo 3 della direttiva).

[13]   Sono comunque contemplate alcune eccezioni a questo principio. Tali eccezioni sono contenute nell’articolo 5, par. 4 della direttiva.

[14]   Cfr. sul punto “La direttiva servizi- Guida all’Utente” a cura del Dipartimento politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, pag. 13.

[15]   La direttiva pone, in particolare divieto agli Stati membri di subordinare l’accesso ad un’attività di servizi o il suo esercizio sul loro territorio al rispetto dei requisiti seguenti:

§  requisiti discriminatori fondati direttamente o indirettamente sulla cittadinanza o, per quanto riguarda le società, sull’ubicazione della sede legale;

§  il divieto di avere stabilimenti in più di uno Stato membro o di essere iscritti nei registri o ruoli di organismi, ordini o associazioni professionali di diversi Stati membri;

§  restrizioni della libertà, per il prestatore, di scegliere tra essere stabilito a titolo principale o secondario, in particolare l’obbligo per il prestatore, di avere lo stabilimento principale sul loro territorio o restrizioni alla libertà di scegliere tra essere stabilito in forma di rappresentanza, succursale o filiale;

§  condizioni di reciprocità con lo Stato membro nel quale il prestatore ha già uno stabilimento, salvo quelle previste in atti comunitari riguardanti l’energia;

§  l’applicazione caso per caso di una verifica di natura economica che subordina il rilascio dell’autorizzazione alla prova dell’esistenza di un bisogno economico o di una domanda di mercato, o alla valutazione degli effetti economici potenziali o effettivi dell’attività; il divieto non riguarda i requisiti di programmazione dettati da motivi imperativi d’interesse generale;

§  il coinvolgimento diretto o indiretto di operatori concorrenti, anche in seno agli organi consultivi, ai fini del rilascio di autorizzazioni o ai fini dell’adozione di altre decisioni delle autorità competenti, ad eccezione degli organismi o ordini e delle associazioni professionali o di altre organizzazioni che agiscono in qualità di autorità competente; il divieto non riguarda la consultazione di organismi quali le camere di commercio o le parti sociali su questioni diverse dalle singole domande di autorizzazione né la consultazione del grande pubblico;

§  l’obbligo di presentare, individualmente o con altri, una garanzia finanziaria o di sottoscrivere un’assicurazione presso un prestatore o presso un organismo stabilito sul territorio degli Stati membri in questione. Ciò non pregiudica la facoltà, per gli Stati membri, di esigere un'assicurazione o garanzie finanziarie in quanto tali.

[16]   Come sopra accennato (cfr. nota 9), è all'esame delle Istituzioni europee una Proposta di direttiva COM(2016)821, che mira ad ammodernare l'attuale procedura di notifica nel quadro della direttiva 2006/123/CE (art. 15, par. 7), che, come afferma la Commissione, “non sembra quindi avere contribuito in modo adeguato a una corretta e piena attuazione della direttiva stessa”.

[17]   Gli Stati membri non possono restringere la libera circolazione dei servizi forniti da un prestatore stabilito in un altro Stato membro, in particolare, imponendo i requisiti seguenti:

a)     l’obbligo per il prestatore di essere stabilito sul loro territorio;

b)    l’obbligo per il prestatore di ottenere un’autorizzazione dalle autorità competenti, compresa l’iscrizione in un registro o a un ordine professionale sul loro territorio, salvo i casi previsti dalla presente direttiva o da altri strumenti di diritto comunitario;

c)     il divieto imposto al prestatore di dotarsi sul loro territorio di una determinata forma o tipo di infrastruttura, inclusi uffici o uno studio, necessaria all’esecuzione delle prestazioni in questione;

d)    l’applicazione di un regime contrattuale particolare tra il prestatore e il destinatario che impedisca o limiti la prestazione di servizi a titolo indipendente;

e)     l’obbligo per il prestatore di essere in possesso di un documento di identità specifico per l’esercizio di un’attività di servizi rilasciato dalle loro autorità competenti

f)     i requisiti, a eccezione di quelli in materia di salute e di sicurezza sul posto di lavoro, relativi all’uso di attrezzature e di materiali che costituiscono parte integrante della prestazione del servizio;

g)    le restrizioni alla libera circolazione dei servizi di cui all’articolo 19 della direttiva stessa.

[18]   I decreti legislativi sono stati emanati emanato in virtù della delega contenuta nell’articolo 41 della legge comunitaria 2008 (legge 7 luglio 2009, n. 88).

[19]   Sul punto, in dottrina, si rimanda a “La semplificazione delle procedure amministrative a seguito dell’attuazione in Italia della direttiva Bolkestein”, di M.A.Sandulli e G. Terracciano, 2010.

[20]   Di cui al decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania”, e ss. mod. e int.

[21]   L’articolo 8 del Decreto definisce come motivi imperativi d'interesse generale:  ragioni di pubblico interesse, tra i quali l'ordine pubblico, la sicurezza pubblica, l'incolumità pubblica, la sanità pubblica, la sicurezza stradale, la tutela dei lavoratori compresa la protezione sociale dei lavoratori, il mantenimento dell'equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale, la tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori, l'equità delle transazioni commerciali, la lotta alla frode, la tutela dell'ambiente, incluso l'ambiente urbano, la salute degli animali, la proprietà intellettuale, la conservazione del patrimonio nazionale storico e artistico, gli obiettivi di politica sociale e di politica culturale.

[22]   Il decreto fa salve le disposizioni istitutive e relative ad ordini, collegi e albi professionali,

Come osservato in dottrina (M.A.Sandulli e G. Terracciano cit.) le previsioni comunitarie hanno imposto ai singoli Stati un notevole impegno volto a verificare la efficacia e la economicità dei singoli procedimenti autorizzatori (cfr. art. 5 della direttiva servizi). Il legislatore italiano ha ritenuto di assolvere l’obbligo limitando l’imprescindibilità di una autorizzazione espressa ai soli casi in cui sussista un motivo imperativo di interesse generale.

[23]   Il termine per la conclusione del procedimento decorre dal momento in cui il prestatore ha presentato tutta la documentazione necessaria ai fini dell'accesso all'attività e al suo esercizio. L’amministrazione è tenuta a rilasciare ricevuta della domanda presentata (in cartaceo o per via elettronica) e fatti salvi i casi in cui il procedimento si conclude con l'adozione di un provvedimento espresso, in essa vi deve essere la menzione che, in mancanza di risposta entro il termine previsto, l'autorizzazione è considerata come rilasciata.

[24]   Si rinvia sul punto al Dossier predisposto dal Servizio Studi della Camera dei deputati – Dipartimento Istituzioni, sull’A.G. n. 291 Schema di decreto legislativo (cd. SCIA 1) attuativo della “Legge Madia”, legge 7 agosto 2015, n. 124, art. 5.

[25]   La  definizione è utilizzata nel parere reso dal Consiglio di Stato (parere n. 1784/2016 del 04/08/2016) sullo schema di decreto legislativo cd. “Scia 2” (adottato poi con decreto legislativo n. 222/2016).

Cfr. anche “Casetta” Dritto Amministrativo”, Ed. Torino, 2016, p. 527.

[26]   M.A.Sandulli e G. Terracciano, cit.

L’articolo 6 della direttiva servizi dispone testualmente “1. Gli Stati membri provvedono affinché i prestatori possano espletare le procedure e le formalità seguenti, mediante i punti di contatto denominati sportelli unici:

a) tutte le procedure e le formalità necessarie per poter svolgere le sue attività di servizi, in particolare le dichiarazioni, notifiche o istanze necessarie ad ottenere l'autorizzazione delle autorità competenti, ivi comprese le domande di inserimento in registri, ruoli, banche dati, o di iscrizione ad organismi o ordini ovvero associazioni professionali;

b) le domande di autorizzazione necessarie all'esercizio delle sue attività di servizi.

2. L'istituzione degli sportelli unici non pregiudica la ripartizione di funzioni e competenze tra le autorità all'interno dei sistemi nazionali”.

[27]   D.P.R. n. 447/1998 “Regolamento recante norme di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per la realizzazione, l'ampliamento, la ristrutturazione e la riconversione di impianti produttivi, per l'esecuzione di opere interne ai fabbricati, nonché per la determinazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi, a norma dell'articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59”.

Si rammenta come, in origine, il D.Lgs n. 112/1998Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59” nell’attribuire ai comuni le funzioni amministrative concernenti la realizzazione, l'ampliamento, la cessazione, la riattivazione, la localizzazione e la rilocalizzazione di impianti produttivi, incluso il rilascio delle concessioni o autorizzazioni edilizie, abbia disposto l’esercizio di attraverso un'unica struttura responsabile dell'intero procedimento (art. 23 e 24), nonché la costituzione uno sportello unico al fine di garantire a tutti gli interessati l'accesso, anche in via telematica, al proprio archivio informatico contenente i dati concernenti le domande di autorizzazione e il relativo iter procedurale, gli adempimenti necessari per le procedure autorizzatorie, nonché tutte le informazioni disponibili a livello regionale.

I comuni sono stati autorizzati a stipulare convenzioni con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la realizzazione dello sportello unico (art. 24).

Il D.lgs. ha quindi sancito il principio di unicità del procedimento amministrativo in materia di autorizzazione all'insediamento di attività produttive (art.25).

La legge di semplificazione 1999 (articolo 6, legge 24 novembre 2000, n. 340), adottata ai sensi dell’articolo 20 della Legge n. 59/1997 (cd. Legge Bassanini), ha integrato la disciplina contenuta nel D.lgs. n. 112/1998, disponendo che le amministrazioni, gli enti e le autorità competenti a svolgere, ai sensi degli articoli da 23 a 27, attività istruttorie nell'ambito del procedimento per la realizzazione, l'ampliamento, la ristrutturazione, la riconversione di impianti produttivi (..), provvedono all'adozione delle misure organizzative necessarie allo snellimento delle predette attività istruttorie (..).

L’articolo 3 del D.P.R. n. 447/1998 ha dunque dato attuazione alla citata normativa.

Dieci anni dopo, al momento dell’adozione delle misure contenute nel decreto-legge n. 112/2008, non tutti i comuni avevano ancora istituito lo sportello unico.

[28]   La Corte Costituzionale, con sentenza n. 15/2010, pronunciata nel giudizio di legittimità costituzionale sollevato dalla regione Emilia Romagna in ordine a numerosi articoli del decreto-legge n. 112/2008, come convertito in legge n. 133/2008, tra i quali, l’articolo 38, comma 3, del citato decreto, ha espressamente stabilito che la riforma del SUAP rappresenta esercizio della potestà esclusiva statale, di coordinamento informativo statistico ed informatico dei dati delle amministrazioni pubbliche, statali, regionali e locali, riconosciuta dall’art. 117, comma 1, lett. r), ribadendo quanto già affermato nella (sentenza n. 376 del 2002). La Corte in quella sede aveva avuto modo di chiarire che la disciplina dello sportello unico per le attività produttive è fondata «sulla concentrazione in una sola struttura […] della responsabilità dell’unico procedimento attraverso cui i soggetti interessati possono ottenere l’insieme dei provvedimenti abilitativi necessari per la realizzazione di nuovi insediamenti produttivi, nonché sulla concentrazione nello “sportello unico” […] dell’accesso a tutte le informazioni da parte dei medesimi soggetti interessati: ciò al fine di evitare che la pluralità delle competenze e degli interessi pubblici oggetto di cura in questo ambito si traduca per i cittadini in tempi troppo lunghi e in difficoltà di rapporti con le amministrazioni».

Si tratta di un’esigenza che è stata avvertita anche in sede comunitaria, afferma la Corte, con l’art. 6 della direttiva 2006/123/CE.

[29]   La precedente “dichiarazione di inizio attività – DIA” è stata sostituita dalla «segnalazione certificata di inizio attività - SCIA», ai sensi del comma 4-ter dell'art. 49 del decreto-legge n. 78/2010.

[30]   Il decreto legislativo n. 235/2010, a tal fine, ha novellato l’allora vigente articolo 10 del Codice dell’amministrazione digitale, decreto legislativo n. 82/2005. L’articolo 10 del Codice, nella sua formulazione originaria, prevedeva che sportello unico fosse realizzato in modalità informatica ed erogasse i propri servizi verso l'utenza anche in via telematica.

[31]   Relativamente agli impianti a fonti rinnovabili si rinvia al Paragrafo 3.2 relativo ai successivi interventi contenuti nel decreto legislativo n. 222/2016 (cd. SCIA 2).

[32]   D.P.R. 09 luglio 2010, n. 159, “Regolamento recante i requisiti e le modalità di accreditamento delle agenzie per le imprese, a norma dell'articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”.

[33]   L'Agenzia, compiuta l'istruttoria, trasmette, in modalità telematica, al SUAP una dichiarazione di conformità, comprensiva della SCIA o della domanda presentata dal soggetto interessato corredata dalle certificazioni ed attestazioni richieste, che costituisce titolo autorizzatorio per l'esercizio dell'attività e per l'avvio immediato dell'intervento dichiarato. Essa ha anche valore di titolo edilizio con effetti immediati. Il SUAP provvede ad inserire tali informazioni in una sezione del portale, accessibile da parte delle amministrazioni pubbliche. L'Agenzia, in modalità telematica, può presentare la SCIA presso l'Ufficio del registro delle imprese nei casi in cui essa sia presentata contestualmente alla comunicazione unica. L'interessato può, mediante apposita procura, incaricare la stessa Agenzia di accedere, per suo conto, a tutti gli atti e i documenti necessari che siano in possesso di un'amministrazione pubblica.

[34]   La riforma ha sostanzialmente tre tipologie di conferenza dei servizi: istruttoria, decisoria e preliminare. Ai sensi dell’art. 14, co. 1, la conferenza di servizi istruttoria è facoltativa: essa può essere indetta dall'amministrazione procedente, anche su richiesta di altra amministrazione coinvolta nel procedimento o del privato interessato, quando lo ritenga opportuno per effettuare un esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, ovvero in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesime attività o risultati.

Mentre, ai sensi dell’art. 14, co. 1, la conferenza di servizi decisoria deve essere sempre indetta dall'amministrazione procedente quando la conclusione positiva del procedimento è subordinata all'acquisizione di più pareri, intese, concerti, nulla osta o altri atti di assenso, comunque denominati, resi da diverse amministrazioni, inclusi i gestori di beni o servizi pubblici.

Se l'attività del privato sia subordinata a più atti di assenso, comunque denominati, da adottare a conclusione di distinti procedimenti, di competenza di diverse amministrazioni pubbliche, la conferenza di servizi è convocata, anche su richiesta dell'interessato, da una delle amministrazioni procedenti.

Ai sensi dell’articolo 14, co. 3, la conferenza dei servizi istruttoria/preliminare è facoltativa, e può essere indetta per progetti di particolare complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi. L'amministrazione procedente, su motivata richiesta dell'interessato, corredata da uno studio di fattibilità, può indire, entro cinque giorni lavorativi dalla ricezione della richiesta stessa, una conferenza preliminare finalizzata a indicare al richiedente, prima della presentazione di una istanza o di un progetto definitivo, le condizioni per ottenere, alla loro presentazione, i necessari pareri, intese, concerti, nulla osta, autorizzazioni, concessioni o altri atti di assenso, comunque denominati. La conferenza preliminare si svolge secondo le disposizioni dell'articolo 14-bis, con abbreviazione dei termini fino alla metà.

Sulla nuova disciplina della Conferenza dei servizi, si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare.

[35]   Si rinvia alla “Guida alle nuove disposizioni in materia di SCIA e di individuazione dei regimi

Amministrativi” disponibile sul sito istituzionale http://www.italiasemplice.gov.it/scia/guida-operatori/ e al tema dell’attività parlamentare sulla legge di riforma della pubblica amministrazione e la sua attuazione.

[36]   Si cita testualmente il parere reso dal Consiglio di Stato (parere n. 1784/2016 del 04/08/2016) sullo schema di decreto legislativo cd. “Scia 2” (adottato poi con decreto legislativo n. 222/2016), il quale a sua volta richiama i problemi, esplicitati dall’amministrazione, che la normativa di semplificazione si prefigge di risolvere. Si rinvia alle pag. 6 e 7.

[37]   Si rinvia, sul punto, al parere reso dal Consiglio di Stato (parere n. 839/2016 del 30/03/2016) sullo schema di D.lgs. cd. “Scia 1” (adottato con decreto legislativo n. 126/2016) e al parere reso dal Consiglio di Stato (parere n. 1784/2016 del 04/08/2016) sullo schema di decreto legislativo cd. “Scia 2” (adottato poi con decreto legislativo n. 222/2016.

Sul sito istituzionale della giustizia amministrativa, una apposita sezione è dedicata ai pareri espressi dal Consiglio di Stato sulla riforma Madia della Pubblica Amministrazione.

[38]   Con l’accordo del 4 maggio 2017 è stata approvata la scheda anagrafica comune a ciascun modulo standardizzato e i moduli standardizzati delle segnalazioni inerenti le seguenti attività: Esercizio di vicinato, Media e grande struttura di vendita; Vendita in spacci interni; Vendita mediante apparecchi automatici in altri esercizi già abilitati e/o su aree pubbliche; Vendita per corrispondenza, tv, e-commerce; Vendita presso il domicilio dei consumatori; Bar, ristoranti e altri esercizi di somministrazione di alimenti e bevande (in zone tutelate); Bar, ristoranti e altri esercizi di somministrazione di alimenti e bevande (in zone non tutelate); Bar, ristoranti e altri esercizi di somministrazione temporanea di alimenti e bevande; Attività di acconciatore e/o estetista; Subingresso in attività, Cessazione o sospensione temporanea di attività: Notifica sanitaria ai fini della registrazione (Reg. CE n. 852/2004).

[39]   cfr. Accordo 7 luglio 2017 n. 76/CU, Accordo 5 ottobre 2017, n. 119/CU, Accordo 22 febbraio 2018, n. 19/CU e, successivamente, Accordo 25 luglio 2019, n. 73/CU.

Con l’accordo del 7 luglio 2017 sono stati approvati i moduli standardizzati per la segnalazione delle seguenti attività: Panifici; Tinto lavanderie; Somministrazione di alimenti e bevande al domicilio del consumatore; Somministrazione di alimenti e bevande in esercizi posti nelle aree di servizio e/o nelle stazioni; Somministrazione di alimenti e bevande nelle scuole, negli ospedali, nelle comunità religiose, in stabilimenti militari o nei mezzi di trasporto pubblico; Autorimesse; Autoriparatori. Con l’Accordo del 22 febbraio 2018, ad integrazione degli Accordi precedenti, sono stati approvati gli schemi dati XML al fine di consentire l'interoperabilità e lo scambio dei dati tra le amministrazioni, delle predette attività. Con l’Accordo 25 luglio 2019, si recepisce la reintroduzione dell’obbligo di denuncia fiscale per la vendita di alcolici negli esercizi pubblici, negli esercizi di intrattenimento pubblico, negli esercizi ricettivi e nei rifugi alpini, adempimento che era stato eliminato dalla legge sulla concorrenza (legge n. 124 del 2017). La comunicazione equivale a denuncia. Nello stesso accordo, sono stati approvati tre nuovi moduli unificati e standardizzati relativi alla segnalazione dell’attività di Autoscuole, alla Somministrazione di alimenti e bevande all’interno di associazioni e circoli aderenti e non aderenti che hanno natura commerciale (in zone non tutelate) e alla Somministrazione di alimenti e bevande all’interno di associazioni e circoli aderenti e non aderenti che hanno natura commerciale (in zone tutelate).

[40]   Il Decreto introduce, specificamente, l'obbligo di pubblicare sui siti istituzionali di ciascuna amministrazione i moduli standardizzati, e, fino all’adozione di questi, oppure nei casi in cui sono le P.A. a dover indicare la documentazione da presentare, l'elenco degli stati, qualità personali e fatti oggetto di dichiarazione sostitutiva, di certificazione o di atto di notorietà, nonché delle attestazioni e asseverazioni dei tecnici abilitati o delle dichiarazioni di conformità dell'Agenzia delle imprese, necessari a corredo della segnalazione, indicando le norme che ne prevedono la produzione (art. 2, co. 2). è previsto l’intervento sostitutivo della Regione, nel caso di inerzia, da parte degli enti locali nella pubblicazione dei documenti (art. 2, co. 2 e 3).

[41]   Restano comunque fermi gli obblighi di trasparenza già previsti in capo alla P.A. dal D.lgs. n. 33 del 2013.

[42]   Per finalità di tutela dei beni culturali e paesaggistici (di cui all'articolo 52 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, decreto legislativo n. n. 42/2004), il Decreto riconosce la facoltà dei comuni, d'intesa con la regione, sentito il competente soprintendente del MIBACT, di adottare deliberazioni volte a delimitare, sentite le associazioni di categoria, zone o aree aventi particolare valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico in cui è vietato o subordinato ad autorizzazione, l'esercizio di una o più attività, individuate con riferimento al tipo o alla categoria merceologica, in quanto non compatibile con le esigenze di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale. I Comuni devono trasmettere copia delle deliberazioni di cui al periodo precedente alla competente soprintendenza del MIBACT e al MISE, per il tramite della Regione, i quali assicurano congiuntamente il monitoraggio sugli effetti applicativi delle disposizioni (art. 1, co. 4).

Si rammenta che l’art. 52 del Codice dei beni culturali e del paesaggio dispone che i comuni, con le deliberazioni previste dalla normativa in materia di riforma della disciplina relativa al settore del commercio, sentito il soprintendente, individuano le aree pubbliche aventi valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico nelle quali vietare o sottoporre a condizioni particolari l’esercizio del commercio.

[43]   Le procedure autorizzatorie all’esercizio di infrastrutture energetiche – vista la loro peculiarità e connessione con la disciplina edilizia- non vengono esaminate nel presente dossier. Si accenni comunque in questa sede, relativamente agli impianti a fonti rinnovabili, che la relativa disciplina è contenuta nel decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili), il quale disciplina, unitamente all’art. 12 del decreto legislativo n. 387/2003, i procedimenti amministrativi per la realizzazione degli impianti a FER.

Tale disciplina è stata ulteriormente semplificata con il recente art. 56 del decreto-legge n. 76/2020 (decreto-legge cd. Semplificazioni).

Gli iter procedurali previsti per la realizzazione di tali impianti sono: Autorizzazione Unica (AU): di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 387/2003 per gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da FER, al di sopra di prefissate soglie di potenza. L'AU, rilasciata al termine di un procedimento unico svolto nell'ambito della Conferenza dei Servizi alla quale partecipano tutte le amministrazioni interessate, costituisce titolo a costruire e a esercire l'impianto e, ove necessario, diventa variante allo strumento urbanistico. Il procedimento unico ha durata massima pari a 90 giorni al netto dei tempi previsti per la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), laddove necessaria. La competenza per il rilascio dell'Autorizzazione Unica è in capo alle Regioni o alle Province da esse delegate, ovvero, per impianti con potenza termica installata pari o superiore ai 300 MW, dal Ministero dello sviluppo economico.

Procedura Abilitativa Semplificata (PAS): è la procedura introdotta dal decreto legislativo 28/2011, equiparata alla SCIA ai sensi del decreto legislativo n. 222 qui in esame (Tabella A, Sezione II). La PAS è utilizzabile per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da FER al di sotto di prefissate soglie di potenza (oltre le quali si ricorre alla AU) e per alcune tipologie di impianti di produzione di caldo e freddo da FER.

Comunicazione al Comune: è l'adempimento previsto per semplificare l'iter autorizzativo di alcune tipologie di piccoli impianti per la produzione di energia elettrica, calore e freddo da FER, assimilabili ad attività edilizia libera. La comunicazione di inizio lavori deve essere accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato. Non è necessario attendere 30 giorni prima di iniziare i lavori.

Il decreto-legge n. 76/2020 (art. 56) ha, tra l’altro, disposto che gli interventi diversi dalla modifica sostanziale, anche relativi a progetti autorizzati e non ancora realizzati, sono assoggettati alla procedura abilitativa semplificata di cui all’articolo 6 del decreto legislativo n. 28/2011. Non vengono comunque considerati sostanziali e sono sottoposti alla comunicazione al Comune (anziché alla PAS) gli interventi da realizzare sui progetti e sugli impianti fotovoltaici ed idroelettrici che non comportano variazioni delle dimensioni fisiche degli apparecchi, della volumetria delle strutture e dell’area destinata ad ospitare gli impianti stessi, né delle opere connesse.

Lo stesso D.L, n. 76/2020 introduce (nuovo art. 6-bis del decreto legislativo n. 28/2011) una nuova modalità abilitativa, ancor più semplice della procedura abilitativa semplificata: la “dichiarazione di inizio lavori asseverata”, per alcuni interventi su impianti esistenti, a bassissimo o nullo impatto ambientale e senza effetti di natura urbanistica.

[44]   Si cita, sul punto il Consiglio di Stato, parere  n. 1784/2016 del 04/08/2016) reso sullo schema di decreto legislativo cd. “Scia 2” (adottato poi con decreto legislativo n. 222/2016), pag. 7 e 10: “Nel caso di specie- afferma il Consiglio - il censimento effettuato attraverso la tabella e il rapporto tabella/testo, in cui le norme si adattano al contenuto della tabella e ne garantiscono l’inserimento nel sistema, non ha solo l’innegabile merito di contribuire a dare certezza del diritto, ma anche quello di semplificare/liberalizzare, laddove possibile. In pratica, attraverso la “cartina di tornasole” della mappatura sono stati individuati e inseriti i necessari adattamenti e coordinamenti delle norme disciplinanti gli istituti e di quelle correlate, al fine di fornire un definitivo quadro di regole chiare, tassative, comprensibili agli operatori chiamate ad applicarle ma, in primis, a quelli che ne devono beneficiare.

Benché non appartenga letteralmente alla classe dei testi unici e non copra l’intera materia oggetto di delega, il provvedimento in esame realizza in ogni caso un riordino normativo, ancorché parziale: si è di fronte a quella che si potrebbe innovativamente definire una forma di “codificazione soft”, ossia una raccolta organica e semplificata, anche se (per adesso) non esaustiva, di tutte le discipline vigenti dell’attività privata nei settori interessati.

È sempre più forte, tanto a livello scientifico quanto nella pubblica opinione, il convincimento che l’unificazione “orizzontale” della legislazione vigente sia il principale strumento per reagire all’abnorme aumento del carico normativo, imposto da una società sempre più complessa e dall’avvento di cambiamenti strutturali che non possono restare senza regolazione: il provvedimento compie un passo significativo e innovativo in questo senso.

[45]   Non vengono, a titolo esemplificativo, contemplate le attività di emissione di buoni pasto, di agente immobiliare, di agenti rappresentanti di commercio, di installatori di impianti (etc.).

[46]   Il Consiglio di Stato, nel parere cit., ha paventato la possibilità che un eccesso di discrezionalità nell’individuazione di fattispecie equivalenti, poterebbe determinare un aggiramento del sistema delle fonti.

Nella realtà applicativa dei regimi autorizzativi, alcune Regioni hanno peraltro provveduto, con delibere di Giunta, ad introdurre talvolta specifici requisiti, per attività quali, a titolo esemplificativo, quelle di onicotecnico, tatuatore e piercer, anche in ragione del fatto che la legge n. 1/1990, come modificata dal decreto-legge n. 7/2007, dal decreto legislativo n. 59/2010 e dal decreto legislativo n. 147/2012, costituisce la normativa di riferimento per la disciplina dell'attività di estetista. La Tabella A del D.lgs. 222/2016 cita unicamente tale attività.

[47]   Cfr. parere cit., pag. 36.

[48]   Appare infine evidenziale che il Decreto, per finalità di tutela dei beni culturali e paesaggistici (di cui all'articolo 52 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, decreto legislativo n. n. 42/2004), preserva la facoltà dei comuni, d'intesa con la regione, sentito il competente soprintendente del MIBACT, di adottare deliberazioni volte a delimitare, sentite le associazioni di categoria, zone o aree aventi particolare valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico in cui è vietato o subordinato ad autorizzazione, l'esercizio di una o più attività, individuate con riferimento al tipo o alla categoria merceologica, in quanto non compatibile con le esigenze di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale.

I Comuni devono trasmettere copia delle deliberazioni di cui al periodo precedente alla competente soprintendenza del MIBACT e al MISE, per il tramite della Regione, i quali assicurano congiuntamente il monitoraggio sugli effetti applicativi delle disposizioni (art. 1, co. 4). Si rinvia, anche su tale punto alle osservazioni espressa dal Consiglio di Stato, nel citato parere, relativamente alla necessità di circoscrivere circoscriva in modo chiaro e rigoroso il potere degli enti locali.

[49]   La materia del commercio è, come noto, attribuita alla competenza residuale (e quindi esclusiva) delle Regioni (art. 117, comma 3, Cost.), ma presenta altresì profili inerenti alla materia della tutela della concorrenza, che la Costituzione attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato (art. 117, comma 2, lett. e), Cost.. Sul punto, cfr. la recente sentenza della Corte Cost. n. 164/2019. Nella pronuncia la Corte ha richiamato i criteri enunciati dalla sua costante giurisprudenza, secondo i quali, ai fini dell’individuazione della materia a cui deve ascriversi la norma, occorre far riferimento all’oggetto, alla ratio e alla finalità della stessa, tralasciando gli aspetti marginali e riflessi, così da identificare correttamente e compiutamente anche l’interesse tutelato (da ultimo, sentenze n. 137 e n. 116 del 2019).

[50]   Il comune di Bologna ha diramato una comunicazione in cui espressamente rileva che “le disposizioni contenute al comma 686 dell’art. 1 della L. 145/2018 presentano sotto il profilo tecnico-giuridico, problemi di armonizzazione con la vigente normativa e criticità applicative in relazione alle abrogazioni e disapplicazioni ivi contenute, che determinano vuoti normativi da colmare in via interpretativa e/o legislativa. Si rendono perciò necessari opportuni approfondimenti in sede di coordinamento tecnico delle Regioni per condividere modalità attuative uniformi, nonché specifici chiarimenti che, trattandosi di norma statale, si ritiene dovrà fornire il Ministero competente”.

[51]   Cfr. Corte di giustizia dell'Unione europea, sentenza 20 giugno 1996, in cause riunite C-418/93, C-419/93, C-420/93, C-421/93, C-460/93, C-461/93, C-462/93, C-464/93, C-9/94, C-10/94, C-11/94, C-14/94, C-15/94, C-23/94, C-24/94 e C-332/94.