Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Agricoltura
Titolo: D.L. 34/2020 - Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 (c.d. "Rilancio")
Riferimenti: AC N.2500/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 295/0/XIII
Data: 03/06/2020
Organi della Camera: XIII Agricoltura

XVIII Legislatura

 

Misure urgenti in materia di salute e di sostegno al lavoro e all'economia
(cd. “Decreto Rilancio”)

 

Profili di interesse della XIII Commissione Agricoltura

 

 

3 giugno 2020

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Dossier n. 256/0/13

 

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 295/0/XIII

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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AG0055

 


INDICE

 

Profili di competenza della XIII Commissione Agricoltura   3

Articolo 31 (Rifinanziamento fondi). 3

Articolo 222 (Fondo emergenziale a tutela delle filiere in crisi). 9

Articolo 223 (Contenimento produzione e miglioramento della qualità). 18

Articolo 224 (Misure in favore della filiera agroalimentare). 19

Articolo 225 (Mutui consorzi di bonifica). 26

Articolo 226 (Fondo emergenza alimentare). 28

Profili di interesse della XIII Commissione Agricoltura   31

Articolo 25 (Contributo a fondo perduto). 31

Articolo 26 (Rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni). 41

Articolo 28 (Credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo)  52

Articolo 30 (Riduzione degli oneri delle bollette elettriche). 55

Articolo 38 (Rafforzamento dell’ecosistema delle start up innovative) 58

Articolo 39 (Misure di rafforzamento dell’azione di recupero di aziende in crisi e potenziamento delle strutture di supporto per le crisi di impresa e per la politica industriale) 71

Articolo 42 (Fondo per il trasferimento tecnologico e altre misure urgenti per la difesa ed il sostegno dell’innovazione). 78

Articolo 48 (Misure per le esportazioni e l’internazionalizzazione). 87

Articolo 50 (Proroga del termine di consegna dei beni strumentali nuovi ai fini della maggiorazione dell'ammortamento). 95

Articolo 53 (Deroga al divieto di concessione di aiuti di Stato a imprese beneficiarie di aiuti illegali non rimborsati). 96

Articolo 54 (Aiuti sotto forma di sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali). 98

Articolo 70 (Trattamenti di integrazione salariale in deroga). 102

Articolo 84 (Nuove indennità per i lavoratori in relazione all’emergenza epidemiologica da COVID-19). 107

Articolo 95 (Misure di sostegno alle imprese per la riduzione del rischio da contagio nei luoghi di lavoro). 114

Articolo 103 (Emersione di rapporti di lavoro). 117

Regolarizzazione del lavoro (comma 1). 119

Regolarizzazione del soggiorno (comma 2). 121

Settori di attività interessati (comma 3). 121

Modalità di presentazione delle istanze (commi 4, 5, 6, 7, 15, 16 e 19). 122

Inammissibilità e rigetto delle domande (commi 8, 9 e 10). 125

Sospensione ed estinzione dei procedimenti penali e amministrativi (commi 11, 12, 13 e 17)  128

Sanzioni (commi 14, 18 e 22). 129

Misure in materia di sicurezza delle condizioni alloggiative e di contrasto del lavoro irregolare (commi 20 e 21). 133

Contratti a termine del Ministero dell’interno (comma 23). 134

Disposizioni finanziarie (commi 24, 25 e 26). 135

 


Profili di competenza della XIII Commissione Agricoltura

Articolo 31
(Rifinanziamento fondi)

 

 

L'articolo 31 dispone l'incremento di alcuni fondi pubblici.

Il comma 1 incrementa il Fondo per le garanzie rilasciate da SACE ai sensi dell’articolo 1, comma 14, del D.L. n. 23/2020, di 30.000 milioni di euro per l’anno 2020, di cui 1.700 milioni di euro destinati alla sezione speciale istituita dall’articolo 35, comma 5, per le garanzie rilasciate dalla stessa SACE a favore delle imprese di assicurazione del ramo credito.

Il comma 2 incrementa di 3.950 milioni di euro per il 2020 il Fondo di garanzia per le PMI, istituito presso il Mediocredito Centrale S.p.A., per le già previste finalità di potenziamento ed estensione del relativo ambito di operatività.

Il comma 3 assegna all'ISMEA ulteriori 250 milioni di euro per il 2020 in relazione all'operatività delle garanzie che essa può prestare, in base alla legislazione vigente, a fronte di finanziamenti a breve, a medio ed a lungo termine concessi da banche, intermediari finanziari nonché dagli altri soggetti autorizzati all'esercizio del credito agrario e destinati alle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca.

Il comma 4 assegna 100 milioni di euro nell'anno 2020 al Fondo di garanzia per la prima casa.

Il comma 5 dispone in relazione agli oneri derivanti dall'articolo in esame.

 

Il comma 1 incrementa il Fondo per le garanzie rilasciate da SACE di cui all’articolo 1, comma 14, del D.L. n. 23/2020, di 30.000 milioni di euro per l’anno 2020, di cui 1.700 milioni di euro destinati alla sezione speciale istituita dall’articolo 35, comma 5, per le garanzie rilasciate dalla stessa SACE a favore delle imprese di assicurazione del ramo credito.

 

Il comma 2 incrementa di 3.950 milioni di euro per il 2020 il Fondo di garanzia per le PMI, istituito presso il Mediocredito Centrale S.p.A., in base all'art. 2, co. 100, lett. a), della legge n. 662 del 1996, per le finalità di cui all’articolo 13 del D.L. 23/2020.

 

L’articolo 13 sopra richiamato ha introdotto, fino al 31 dicembre 2020, un potenziamento e un’estensione dell’intervento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, in deroga alla disciplina ordinaria. L’articolo rafforza ulteriormente - anche alla luce della intervenuta nuova disciplina sugli aiuti di Stato (State Aid Temporary Framework della Commissione europea) - la disciplina già introdotta dall’articolo 49 del D.L. n. 18/2020, riproducendone l’impianto e parte dei contenuti, che viene, per coordinamento, abrogato (comma 12). In particolare, sono confermate le seguenti misure (comma 1):

-       l’intervento in garanzia del Fondo a titolo gratuito (lett. a));

-       l’elevazione a 5 milioni di euro dell’importo massimo garantito per singola impresa. Sono ora ammesse a garanzia non solo le PMI ma anche le imprese Mid-cap (fino a 499 dipendenti) (lett. b));

-       l’ammissione all’intervento in garanzia di finanziamenti a fronte di operazioni di rinegoziazione del debito purché il nuovo finanziamento preveda l'erogazione di credito aggiuntivo in misura pari ad almeno il 10 per cento del debito residuo (lett. e));

-       il prolungamento automatico della garanzia nell'ipotesi di sospensione del pagamento delle rate di ammortamento o della sola quota capitale correlata all'emergenza COVID-19 (lett. f));

-       l’eliminazione della commissione per il mancato perfezionamento delle operazioni di finanziamento garantite (lett. h));

-       la possibilità di cumulare la garanzia del Fondo con altre forme di garanzia, acquisite dal soggetto finanziatore per operazioni di importo superiore a 500 mila euro e durata minima di 10 anni nel settore turistico alberghiero e delle attività immobiliari (lett. i));

-       l’elevazione al 50 per cento della quota della tranche junior garantita dal Fondo a fronte di portafogli di finanziamenti destinati ad imprese appartenenti a settori/filiere colpiti dall'epidemia (lett. l));

-       l’accesso gratuito e automatico al Fondo per i nuovi finanziamenti di importo limitato concessi in favore di PMI e persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni la cui attività d’impresa è stata danneggiata dall’emergenza COVID-19. Per tali soggetti, l’intervento del Fondo è comunque potenziato: la copertura è del 100 percento sia in garanzia diretta che in riassicurazione. L’importo di tali finanziamenti è fino a 25 mila euro (lett. m));

-       la proroga di tre mesi di tutti i termini riferiti agli adempimenti amministrativi relativi alle operazioni assistite dalla garanzia del Fondo (lett. o)).

Si prevedono poi le seguenti ulteriori misure tese ad un maggior rafforzamento degli interventi di garanzia del Fondo:

-       l’incremento della percentuale di copertura della garanzia diretta dall’80 al 90 per cento dell’ammontare di ciascun finanziamento con durata fino a 72 mesi. L’ammontare del finanziamento è entro i limiti di importo previsti dalla nuova disciplina UE sugli aiuti di Stato (lett. c));

-       l’elevazione della copertura del Fondo in riassicurazione dal 90 al 100 per cento dell’importo garantito dai Confidi o da altro fondo di garanzia (lett. d));

-       l’accesso alla garanzia del Fondo senza l’applicazione del modello di valutazione del merito creditizio. La probabilità di inadempimento delle imprese è calcolata - ai fini della definizione delle misure di accantonamento - a titolo di coefficiente di rischio. Sono in ogni caso escluse dalla garanzia le imprese che presentano esposizioni classificate come sofferenze ai sensi della disciplina bancaria (lett. g));

-       il cumulo tra la garanzia del Fondo con un’ulteriore garanzia sino alla copertura del 100 per cento del finanziamento concesso per i beneficiari con ammontare di ricavi non superiore a 3,2 milioni di euro (lett. n));

-       la possibilità di concedere la garanzia anche su operazioni finanziarie già perfezionate ed erogate dal soggetto finanziatore da non oltre 3 mesi dalla data di presentazione della richiesta e, comunque, in data successiva al 31 gennaio 2020 (lett. p)).

 

Inoltre, il comma 2 riconosce fino al 31 dicembre 2020, una operatività rafforzata del Fondo per le garanzie su portafogli di finanziamenti, anche senza piano d’ammortamento, dedicati a imprese danneggiate dall’emergenza COVID-19, costituiti per almeno il 20 per cento da imprese aventi, alla data di inclusione dell’operazione nel portafoglio, un rating, non superiore alla classe BB (Standard’s and Poor’s). Vengono introdotte percentuali di copertura più elevate, che passano da una garanzia all’80% ad una garanzia al 90% della tranche junior e da un innalzamento del cap alle prime perdite a carico del Fondo, fino al 18% dell’ammontare dei portafogli.

I successivi commi da 3 a 9 contengono interventi di carattere strutturale e non straordinario sul Fondo di garanzia PMI, vari dei quali (commi da 6 a 9 e 11) riproducono quanto già previsto dall’articolo 49 del D.L. n. 18/2020.

Il comma 3 anticipa dal 31 dicembre 2020 al 10 aprile 2020 la data in cui cessa, in taluni territori regionali, la limitazione dell’intervento del Fondo alle sole operazioni di controgaranzia.

Ai sensi del comma 4, previa autorizzazione della Commissione UE, la garanzia dei confidi, a valere sulle risorse dei fondi rischi di natura comunitaria, nazionale, regionale e camerale, può essere concessa sui finanziamenti erogati alle PMI per la quota non coperta dalla garanzia del Fondo di garanzia PMI, ovvero di altri fondi di garanzia di natura pubblica.

Il comma 5 prevede che, per le imprese che accedono al Fondo di garanzia - qualora il rilascio della documentazione antimafia non sia immediatamente conseguente alla consultazione della relativa banca dati nazionale unica - l’aiuto è concesso all’impresa sotto condizione risolutiva.

Il comma 6 ammette che la dotazione del Fondo stesso possa essere incrementata mediante versamento di contributi – oltre che da parte di banche, Regioni e altri enti e organismi pubblici, ovvero con l'intervento della SACE e della Cassa depositi e prestiti – anche da soggetti privati.

Il comma 7 prevede che le garanzie su portafogli di finanziamenti e quelle su portafogli di minibond, siano concesse a valere sulla dotazione disponibile del Fondo, assicurandosi comunque un ammontare di risorse libere, destinate alle garanzie su singole operazioni finanziarie, pari ad almeno l’85 per cento della dotazione disponibile del Fondo.

Il comma 8 prevede la garanzia gratuita all’80 per cento del Fondo anche per gli operatori di microcredito (che siano MPMI), affinché gli stessi possano acquisire dal sistema bancario la provvista necessaria ad operare attraverso operazioni di micro credito (a loro volta garantibili dal Fondo all'80 per cento e senza valutazione).

Il comma 9 eleva da 25 mila euro a 40 mila euro l’importo massimo delle operazioni di micro credito.

Il comma 10 rifinanzia il Fondo di garanzia PMI di 1.729 milioni di euro per l’anno 2020, per le finalità previste dall’articolo in esame.

Il comma 11 prevede che le disposizioni transitorie di cui al comma 1 trovino applicazione, in quanto compatibili, anche alle garanzie rilasciate da ISMEA, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, del D.Lgs. n. 102/2004, in favore delle imprese agricole e della pesca. Per tali finalità sono assegnati a ISMEA 100 milioni di euro per l’anno 2020.

Il comma 13 provvede alla copertura finanziaria degli oneri di cui all’articolo in esame.

Per una analisi completa dell'articolo 13 del D.L. 23/2020 si rinvia al dossier n. 239 del 15 aprile 2020, predisposto in occasione dell'esame dell'A.C. 2461.

 

Il comma 3 assegna all'ISMEA ulteriori 250 milioni di euro per il 2020. Le predette risorse sono versate sul conto corrente di tesoreria centrale di cui all’articolo 13 del D.L. 23/2020, per essere utilizzate in base al fabbisogno finanziario derivante dalla gestione delle garanzie.

 

Il comma 11 dell'articolo 13 del D.L. 23/2020 prevede che le disposizioni transitorie e straordinarie previste dal comma 1 del medesimo articolo (su cui si veda sopra) trovino applicazione, in quanto compatibili, anche alle garanzie rilasciate da ISMEA, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, del d.lgs. n. 102/2004, in favore delle imprese agricole e della pesca.

Per tali finalità sono assegnati all’ISMEA 100 milioni di euro per l’anno 2020.

Il comma conferma quanto già previsto dal comma 8 dell’abrogato articolo 49 del D.L. n. 18, incrementando, da 80 a 100 milioni di euro per il 2020 lo stanziamento a favore di ISMEA.

L’articolo 17, comma 2, del d.lgs. n. 102 del 2004 prevede che l'ISMEA possa concedere la propria garanzia a fronte di finanziamenti a breve, a medio ed a lungo termine concessi da banche, intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale, nonché dagli altri soggetti autorizzati all'esercizio del credito agrario e destinati alle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca. La garanzia può altresì essere concessa anche a fronte di transazioni commerciali effettuate per le medesime destinazioni.

 

Il comma 4 assegna 100 milioni di euro per il 2020 al Fondo di garanzia per la prima casa, di cui all'articolo 1, comma 48, lettera c), della L. 147/2013.

 

Il comma 48 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), nell'ambito di un riordino generale del sistema delle garanzie per l'accesso al credito delle famiglie e delle imprese, ha previsto (alla lettera c)) la sostituzione del Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa, con un nuovo Fondo di garanzia per la prima casa, per la concessione di garanzie, a prima richiesta, su mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari.

Al nuovo fondo, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, sono state attribuite risorse pari complessivamente a 600 milioni di euro nel triennio 2014-2016 (200 milioni annui), nonché le attività e le passività del precedente Fondo (istituito dall’articolo 13, comma 3-bis, del D.L. 112/2008), che ha continuato ad operare fino all'emanazione dei decreti attuativi necessari a rendere operativo il nuovo Fondo di garanzia.

Il Fondo concede garanzie, a prima richiesta, su mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari, nella misura massima del 50 per cento della quota capitale, tempo per tempo in essere sui finanziamenti connessi all'acquisto e ad interventi di ristrutturazione e accrescimento dell'efficienza energetica di unità immobiliari, site sul territorio nazionale, da adibire ad abitazione principale del mutuatario, con priorità per l'accesso al credito da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, da parte dei conduttori di alloggi di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, nonché dei giovani di età inferiore ai trentacinque anni titolari di un rapporto di lavoro atipico. Gli interventi del Fondo di garanzia per la prima casa sono assistiti dalla garanzia dello Stato, quale garanzia di ultima istanza. In tale Fondo è confluito il Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, disciplinato dall'articolo 13, comma 3-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112.

Con il Protocollo d’intesa tra il Ministero dell’economia e delle finanze e l’ABI, siglato l’8 settembre 2014, sono state disciplinate le modalità di adesione all’iniziativa da parte delle banche e degli intermediari finanziari.

Si ricorda che l'art. 1, comma 658, della legge di bilancio per il 2019 (l. n. 145/2018), dispone che detto Fondo possa essere alimentato, oltre che mediante il versamento di contributi da parte delle regioni e di altri enti e organismi pubblici, con l’intervento della Cassa depositi e prestiti S.p.A., anche a valere su risorse di soggetti terzi e al fine di incrementare la misura massima della garanzia del Fondo. Si prevede inoltre che le norme di rango secondario di attuazione del Fondo stabiliscano le condizioni alle quali è subordinato il mantenimento dell’efficacia della garanzia del Fondo, in caso di cessione del mutuo.

Per lo stato del fondo e le modalità di finanziamento, si veda anche la relativa pagina esplicativa sul sito del MEF.

Si ricorda infine che l'articolo 1, comma 233 della legge di bilancio per il 2020 (L. 160/2019) ha assegnato 10 milioni di euro per il 2020 al Fondo di garanzia per la prima casa, riducendo altresì - dall'8 per cento al 6,5 per cento - la percentuale minima del finanziamento da accantonare a copertura del rischio.

L'art. 19 del decreto-legge n. 34 del 2019, novellato dal comma 233, oltre a disporre un rifinanziamento del Fondo pari a 100 milioni per l'anno 2019, aveva già ridotta, dal 10 per cento all’8 per cento, la percentuale minima del finanziamento da accantonare a copertura del rischio.

Con riferimento alla riduzione della percentuale minima relativa all’accantonamento “di rischio”, si ricorda che l’art. 5 del decreto ministeriale 31 luglio 2014 (decreto di attuazione delle disposizioni in esame) disponeva che “per ogni operazione di finanziamento ammessa all'intervento della garanzia il Gestore accantona a coefficiente di rischio, un importo non inferiore al 10 per cento dell'importo garantito del finanziamento stesso”.

 

Il comma 5 dispone in relazione agli oneri derivanti dall'articolo in esame, rinviando a quanto disposto nell'articolo 265.


 

Articolo 222
(Fondo emergenziale a tutela delle filiere in crisi)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 222 istituisce nello stato di previsione del MIPAAF il Fondo emergenziale a tutela delle filiere in crisi, con una dotazione di 500 milioni di euro per il 2020, finalizzato all’attuazione di interventi di ristoro per i danni subiti dal settore agricolo, della pesca e dell’acquacoltura.

Il comma 2 demanda a uno o più decreti del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, da adottare entro venti giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, la definizione dei criteri e delle modalità di attuazione del Fondo. Gli aiuti concessi a valere su tale fondo possono essere stabiliti anche nel rispetto di quanto previsto dal Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19, adottato dalla Commissione europea.

Il comma 3 rinvia all’articolo 265 per la copertura degli oneri derivanti dall'articolo in esame, pari a 500 milioni di euro per il 2020.

 

Il comma 1 istituisce nello stato di previsione del MIPAAF il Fondo emergenziale a tutela delle filiere in crisi, con una dotazione di 500 milioni di euro per il 2020, finalizzato all’attuazione di interventi di ristoro per i danni subiti dal settore agricolo, della pesca e dell’acquacoltura.

Il comma 2 demanda a uno o più decreti del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, da adottare entro venti giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, la definizione dei criteri e delle modalità di attuazione del Fondo. Gli aiuti concessi a valere su tale fondo possono essere stabiliti anche nel rispetto di quanto previsto dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020, C(2020) 1863 final, recante Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19.


 

Il Quadro temporaneo in materia di aiuti di Stato nell'emergenza del COVID-19

 

Per rispondere alla crisi economica e sanitaria legata alla diffusione del COVID-19, la Commissione europea ha deciso di concedere agli Stati membri la piena flessibilità nell'applicazione della disciplina sugli aiuti di Stato.

A tal fine il 19 marzo scorso ha adottato il Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19, con il quale ha autorizzato, sino al 31 dicembre 2020, alcune tipologie di aiuti di Stato. Il Quadro temporaneo è stato oggetto di una prima modifica il 3 aprile scorso e di una seconda modifica l'8 maggio scorso, attraverso le quali è stato ampliato il ventaglio di misure da esso consentite [1] .

In particolare, il 19 marzo scorso sono state autorizzate 5 tipologie di aiuti: sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali e pagamenti anticipati fino a 800.000 euro per impresa; garanzie di stato; prestiti pubblici agevolati alle imprese; garanzie per le banche; assicurazioni al credito all'esportazione a breve termine [2] .

Alle suddette misure il 3 aprile scorso la Commissione europea, attraverso una sua Comunicazione, ne ha aggiunte ulteriori 5: aiuti per la ricerca e lo sviluppo in materia di Covid-19; aiuti agli investimenti per le infrastrutture di prova e upscaling; aiuto agli investimenti per la produzione di prodotti connessi al COVID-19; aiuti sotto forma di differimento delle imposte e/o dei contributi previdenziali; aiuti sotto forma di sovvenzioni per il pagamento dei salari dei dipendenti per evitare i licenziamenti durante la pandemia di COVID-19.

Più nel dettaglio gli Stati membri possono concedere aiuti sotto forma di sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali per attività di ricerca e sviluppo in materia di coronavirus e di terapie antivirali. Un sostegno supplementare può essere concesso a progetti transfrontalieri di cooperazione tra Stati membri;

gli Stati membri possono concedere aiuti sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali o anticipi rimborsabili e garanzie a copertura di perdite per sostenere investimenti che consentano di costruire o ammodernare le infrastrutture necessarie per elaborare e testare prodotti utili a fronteggiare la pandemia di coronavirus fino alla prima applicazione industriale. Tali prodotti comprendono: medicinali (compresi i vaccini) e trattamenti; dispositivi e attrezzature mediche (compresi i ventilatori meccanici, gli indumenti e i dispositivi di protezione e gli strumenti diagnostici); disinfettanti; strumenti per la raccolta e il trattamento dei dati utili per combattere la diffusione del virus. Al fine di incoraggiare la cooperazione e sostenere la rapidità d'azione, le imprese possono beneficiare di un sostegno supplementare se in esse investe più di uno Stato membro e se l'investimento è concluso entro due mesi dalla concessione dell'aiuto;

gli Stati membri possono concedere “aiuti sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali, anticipi rimborsabili e garanzie a copertura di perdite per sostenere investimenti che consentano di produrre rapidamente prodotti connessi al coronavirus.”. Anche in questo caso le imprese possono beneficiare di un sostegno supplementare se in esse investe più di uno Stato membro e se l'investimento è concluso entro due mesi dalla concessione dell'aiuto;

gli Stati membri possono concedere differimenti del pagamento delle imposte e dei contributi previdenziali per i settori, le Regioni o i tipi di imprese particolarmente colpiti dalla pandemia;

gli Stati membri possono “contribuire ai costi salariali di imprese in settori o Regioni che hanno maggiormente sofferto a causa della pandemia di coronavirus e che altrimenti avrebbero dovuto licenziare del personale”.

La Commissione europea l'8 maggio scorso ha poi  pubblicato la Comunicazione con la quale ha esteso le misure previste dal Quadro temporaneo. Con la suddetta Comunicazione la Commissione europea ha fissato i criteri in base ai quali gli Stati membri possono erogare un sostegno pubblico sotto forma di strumenti di capitale e/o strumenti ibridi di capitale a favore di imprese che si trovino in difficoltà finanziarie a causa della pandemia di Covid-19, ed ha previsto la possibilità di concedere debiti subordinati alle imprese in difficoltà.

La Commissione europea ha posto un accento particolare sulla necessità di evitare indebite distorsioni della concorrenza nel Mercato unico.

Al punto 2 della Comunicazione la Commissione europea chiarisce preliminarmente l’importanza di evitare distorsioni del Mercato interno affermando che: “Un’applicazione mirata e proporzionata del controllo degli aiuti di Stato dell’UE garantisce che le misure di sostegno nazionali aiutino efficacemente le imprese colpite durante la pandemia di Covid-19, limitando nel contempo indebite distorsioni del Mercato unico, preservando l’integrità di quest’ultimo e garantendo condizioni di parità. Ciò contribuirà alla continuità dell’attività economica durante la pandemia di Covid-19 e offrirà all’economia una solida piattaforma per superare la crisi, tenendo conto di quanto sia importante conseguire la duplice transizione verde e digitale conformemente agli obiettivi dell’UE.”.

La Commissione europea ha introdotto quindi dei criteri anti-distorsivi che devono essere seguiti dagli Stati membri nel porre in essere operazioni di sostegno pubblico alle imprese.

Il primo criterio riguarda la verifica delle condizioni di necessità, dell’adeguatezza e dell'entità dell'intervento: “L’operazione dovrebbe essere presa in considerazione solo se non è possibile trovare nessun’altra soluzione adeguata e dovrebbe essere soggetta a condizioni rigorose. Ciò si deve al fatto che tali strumenti hanno effetti altamente distorsivi per la concorrenza tra le imprese.

Se il sostegno dovesse essere concesso a livello dell’UE, tenendo conto dell’interesse comune dell’Unione, il rischio di distorsione del mercato interno potrebbe essere inferiore e potrebbero essere imposte condizioni meno rigorose.”

Il secondo criterio impone che lo Stato sia adeguatamente retribuito per i rischi che assume attraverso l'aiuto alla ricapitalizzazione. Inoltre, per garantire la natura temporanea dell'intervento dello Stato, il meccanismo di remunerazione deve incentivare i beneficiari e/o i loro proprietari a riacquistare le azioni acquisite dallo Stato con la misura di aiuto”.

Il terzo criterio riguarda necessità che lo Stato esca il prima possibile dal capitale delle società: “Se, sei anni dopo l'aiuto alla ricapitalizzazione nel caso delle società quotate in borsa o sette anni nel caso delle altre imprese, l'uscita dello Stato è in dubbio, dovrà essere notificato alla Commissione un piano di ristrutturazione per il beneficiario.”

Il quarto criterio fa riferimento alla questione della governance. La Commissione europea prevede che fintanto che lo Stato non sia uscito dal capitale “i beneficiari siano soggetti al divieto di versare dividendi e riacquistare azioni” e “fino al momento in cui sarà rimborsato almeno il 75 % della ricapitalizzazione, si applica una rigorosa limitazione della remunerazione della dirigenza”.

L’ultimo criterio fissato dalla Commissione europea è volto ad evitare il rischio che i beneficiari utilizzino indebitamente l'aiuto alla ricapitalizzazione da parte dello Stato, a detrimento della leale concorrenza nel Mercato unico.  La Commissione europea quindi prevede che “essi non possano utilizzare l'aiuto per sostenere le attività economiche di imprese integrate che si trovavano in difficoltà economiche prima del 31 dicembre 2019. Inoltre, fino al momento in cui sarà rimborsato almeno il 75 % della ricapitalizzazione, ai beneficiari, diversi dalle piccole e medie imprese (PMI), è impedito in linea di massima di acquisire una partecipazione superiore al 10 % in concorrenti o altri operatori della stessa linea di attività, comprese le operazioni a monte e a valle.”.

Per quanto attiene alla possibilità della concessione di debito subordinato, la Commissione ritiene che esso “possa essere uno strumento adeguato a sostenere le imprese in difficoltà finanziarie a causa della pandemia di Covid-19. Si tratta, nello specifico, di uno strumento meno distorsivo del capitale o del capitale ibrido, dato che non può essere convertito in capitale quando l’impresa è in attività”.

La Comunicazione della Commissione europea ha infine fatto specifico riferimento alla necessità di rispettare le regole della trasparenza prevedendo che gli “Stati membri devono pubblicare informazioni sull'identità delle imprese che hanno ricevuto un aiuto e sull'importo, entro tre mesi dalla ricapitalizzazione. Inoltre, i beneficiari diversi dalle PMI devono pubblicare informazioni sull'uso degli aiuti ricevuti, compreso il modo in cui l'utilizzo degli aiuti ricevuti sostiene le attività dell'impresa in linea con gli obblighi dell'UE e nazionali legati alla trasformazione verde e digitale.”.

Sulla base del predetto Quadro temporaneo e dei suoi aggiornamenti, la Commissione europea ha già provveduto ad autorizzare diversi progetti di aiuti di Stato notificati da numerosi Stati membri tra cui l’Italia.

Per una panoramica aggiornata sugli aiuti di Stato concessi agli Stati membri si veda la pagina a cura della Commissione europea.

 

1.1 Gli aiuti di Stato autorizzati all'Italia a norma del Quadro temporaneo

Il 22 marzo scorso la Commissione europea ha autorizzato un regime di aiuti che destina 50 milioni di euro a sostegno della produzione di dispositivi medici, come  ventilatori, e di dispositivi di protezione individuale, quali mascherine, occhiali, camici e tute di sicurezza. Il regime è diretto alle imprese di qualsiasi dimensione che: i) istituiscano nuovi impianti per la produzione di dispositivi medici e di protezione individuale; ii) amplino le strutture esistenti che producono questi dispositivi; o iii) convertano la loro linea di produzione in tal senso. Gli aiuti saranno erogati sotto forma di sovvenzioni dirette o di anticipi rimborsabili, che potranno essere convertiti in sovvenzioni dirette se i beneficiari forniranno alle autorità i dispositivi richiesti in tempi stretti. Il sostegno non sarà superiore a 800.000 euro per impresa, come previsto dal Quadro temporaneo.

Tale misura di sostegno è prevista dall'articolo 5 del decreto legge 17 marzo 2020, n.18, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 [3] . Il suddetto articolo autorizza il Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica, di cui all’articolo 122 del decreto, a erogare finanziamenti in favore delle imprese produttrici di dispositivi medici e dispositivi di protezione individuale da destinare in via prioritaria ai medici e agli operatori sanitari e sociosanitari. A tal fine è autorizzata una spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2020.

Il  25 marzo scorso è stato autorizzato un regime di aiuti che consiste in una misura di garanzia dello Stato a sostegno di una moratoria sui debiti delle PMI. Tale misura interessa il rinvio dei rimborsi dei prestiti sotto forma di scoperti di conto, anticipi bancari, prestiti con rimborso integrale alla scadenza, mutui ipotecari e leasing. La copertura della garanzia riguarda in particolare una serie ben definita di esposizioni finanziarie ed e? limitata nel tempo: il regime resta in vigore fino al 30 settembre 2020 e la garanzia si protrae per 18 mesi dopo la fine della moratoria. La garanzia copre gli obblighi di pagamento rientranti nella moratoria e il rischio assunto dallo Stato e? limitato al 33 %; in ogni caso, gli intermediari finanziari sono tenuti a tentare il recupero del credito in prima persona prima di ricorrere alla garanzia dello Stato. I beneficiari ammissibili non devono aver avuto esposizioni deteriorate prima del 17 marzo 2020. Essi devono altresì? certificare che le loro attività? d'impresa abbiano risentito degli effetti economici dell'emergenza del coronavirus.

Anche il suddetto regime di aiuti rientra tra le misure previste dal Decreto-legge 17 marzo 2020 che all'articolo 56 istituisce un sostegno finanziario alle micro, piccole e medie imprese colpite dall’epidemia di COVID-19 [4] .

Il 14 aprile è stata autorizzata una misura di garanzia per i nuovi prestiti per gli investimenti e per il capitale di esercizio concessi dalle banche a sostegno delle imprese colpite dall'emergenza del coronavirus. La garanzia sarà erogata attraverso l'ente statale SACE. L'obiettivo del regime è limitare i rischi associati alla concessione di prestiti alle imprese maggiormente colpite dall'impatto economico del coronavirus, aiutando le imprese a coprire il fabbisogno immediato di capitale di esercizio e per gli investimenti al fine di garantire il proseguimento della loro attività. Le autorità italiane hanno comunicato per questo regime un bilancio totale di 200 miliardi di euro.

La Commissione ha constatato che la misura è in linea con le condizioni stabilite nel Quadro temporaneo in quanto le garanzie saranno concesse soltanto fino alla fine del 2020, esse hanno una durata non superiore a sei anni e i premi relativi alle commissioni delle garanzie sono in linea con i livelli stabiliti nel quadro temporaneo.

Tale misura di sostegno è prevista dall'articolo 1 del Decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 (Decreto Liquidità).  L'articolo, che reca misure temporanee per il sostegno alla liquidità alle imprese, prevede, fino al 31 dicembre 2020, l'erogazione da parte di SACE di garanzie alle banche e a tutti gli istituti adibiti all'esercizio del credito. Le garanzie saranno rilasciate sulla base di una serie dettagliata di condizioni. Gli impegni assunti da SACE non superano i 200 miliardi di euro, di cui almeno 30 miliardi sono destinati alle PMI.

Il 14 aprile inoltre è stato autorizzato un altro regime di aiuti che prevede una garanzia  a sostegno dei lavoratori autonomi, delle PMI e delle imprese a media capitalizzazione che risentono dell'emergenza del coronavirus.

In base a questo regime di aiuti, il Fondo centrale di garanzia PMI erogherà un sostegno finanziario sotto forma di:

garanzie di Stato sui prestiti per gli investimenti e per il capitale di esercizio;

sovvenzioni dirette sotto forma di rinuncia alla commissione applicabile alle garanzie concesse.

Potranno usufruirne i lavoratori autonomi e le imprese con un massimo di 499 dipendenti.

Tale misura è prevista dall'articolo 13 del menzionato Decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, che stabilisce nuove regole per il Fondo centrale di garanzia PMI (istituito con legge 23 dicembre 1996, n. 662). Le regole, valevoli fino al 31 dicembre 2020, prevedono, tra l'altro: la gratuità della garanzia; un importo massimo garantito per singola impresa elevato da 2,5 a 5 milioni di euro; l'estensione della garanzia su singole operazioni alle grandi imprese con numero di dipendenti non superiore a 499.

Il 21 aprile è stato autorizzato un regime di aiuti con un bilancio previsionale di 50 milioni di euro che prevede prestiti agevolati per sostenere le imprese di tutte le dimensioni operanti nei settori dell'agricoltura, della silvicoltura e della pesca nell'emergenza Covid-19 in Friuli-Venezia Giulia. Il sostegno sarà concesso sotto forma sia di prestiti a tassi d'interesse agevolati erogati tramite enti finanziari sia di sovvenzioni dirette. L'obiettivo della misura è aiutare le imprese di questi settori ad affrontare i problemi di liquidità dovuti all'emergenza del coronavirus, consentendo loro di accedere ai mezzi finanziari necessari per sopperire al fabbisogno immediato di capitale di esercizio e d'investimenti, permettendo loro di continuare a portare avanti le loro attività.

Tale regime proposto dalla Regione Friuli prevede che essa potrà erogare  attraverso il proprio Bilancio  regionale contributi per un valore di 50 milioni di euro a favore delle imprese che operano nel campo dell'agricoltura, della silvicoltura e della pesca (si veda al riguardo il Comunicato della Giunta regionale del Friuli).

Si ricorda che il Quadro temporaneo autorizza l'erogazione di sovvenzioni dirette fino a 100.000 euro a un'impresa operante nel settore agricolo primario, 120.000 euro a un'impresa operante nel settore della pesca e dell'acquacoltura e 800.000 euro a un'impresa operante in qualsiasi altro settore che deve far fronte a urgenti esigenze in materia di liquidità. Esso inoltre autorizza prestiti agevolati o garanzie su prestiti che coprono il 100 % del rischio fino al valore nominale di 800.000 euro per impresa, ad eccezione del settore agricolo primario e del settore della pesca e dell'acquacoltura, per cui si applicano i limiti rispettivamente di 100.000 euro e 120.000 euro per impresa.

Il 21 aprile è stato autorizzato inoltre un regime che prevede garanzie da 100 milioni di euro a sostegno delle PMI nei settori dell'agricoltura, della silvicoltura, della pesca e dell'acquacoltura che risentono dell'emergenza del coronavirus.

Il sostegno alle PMI sarà fornito dall'ente pubblico ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) sotto forma di:

garanzie di Stato sui prestiti per gli investimenti e per il capitale di esercizio;

sovvenzioni dirette sotto forma di rinuncia alla commissione applicabile alle garanzie concesse.

Per quanto riguarda queste ultime l'aiuto non può superare 100 000 euro per impresa operante nel settore agricolo primario, 120 000 euro per impresa operante nel settore della pesca e 800 000 euro per impresa operante nel settore della silvicoltura o della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli. Per quanto riguarda le garanzie di Stato sui prestiti, esse possono essere concesse sui prestiti che coprono il 100 per cento del rischio fino al valore nominale di 100 000 euro per impresa operante nel settore agricolo primario, di 120 000 euro per impresa operante nel settore della pesca, di 800 000 euro per impresa operante nel settore della silvicoltura o della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.

In tutti gli altri casi le garanzie coprono fino al 90 per cento del rischio legato ai prestiti. Esse saranno concesse soltanto fino a dicembre 2020 e non avranno una durata superiore a sei anni. Le PMI operanti nei suddetti settori potranno quindi accedere ai mezzi finanziari necessari per sopperire al fabbisogno immediato di capitale di esercizio e d'investimenti e continuare a portare avanti le loro attività.

Tale regime è previsto dall'articolo 13, comma 11, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 (Decreto Liquidità), che dispone che le prescrizioni dell'articolo 13, relativo alla concessioni di prestiti alle imprese, in quanto compatibili, si applicano anche alle garanzie in favore delle imprese agricole e della pesca previste dal decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102 (articolo 17, comma 2) e assegna all'ISMEA una dotazione di 100 milioni di euro per concedere le suddette garanzie. 

Il 4 maggio la Commissione europea ha approvato un regime di aiuti per 30 milioni di euro concessi dallo Stato italiano a sostegno delle piccole e medie imprese  attive nei settori dell'agricoltura, della silvicoltura e della pesca nel contesto dell'emergenza Covid-19. Il regime mira a che tali imprese abbiano accesso agli strumenti finanziari necessari per coprire il fabbisogno immediato di capitale circolante, aiutandole così a proseguire le loro attività.

Nell'ambito del suddetto regime, il sostegno sarà concesso sotto forma di prestiti a tasso zero da parte dell'Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (ISMEA). La Commissione ha constatato che il regime italiano è in linea con le condizioni stabilite nel quadro temporaneo. In particolare, l'importo del prestito a tasso zero per impresa non supererà 30 000 euro e i contratti di prestito saranno firmati entro il 31 dicembre 2020.

Tale regime è previsto dall'articolo 13, comma 11, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 (Decreto Liquidità).

 

1.2 Contesto

Il Quadro temporaneo integra la Comunicazione  "Risposta economica coordinata all'emergenza COVID-19" del 13 marzo scorso, con la quale la  Commissione ha fornito chiarimenti in materia di aiuti di Stato, specificando che gli Stati membri possono adottare le seguenti misure di sostegno senza violare la normativa dell'Unione.

misure applicabili a tutte le imprese, ad esempio integrazioni salariali o la sospensione dei pagamenti delle imposte sulle società, dell'imposta sul valore aggiunto o dei contributi sociali;

sostegno finanziario diretto ai consumatori, ad esempio per i servizi o i biglietti annullati non rimborsati dagli operatori coinvolti;

soddisfare un eventuale grave fabbisogno di liquidità e sostenere le imprese a rischio di fallimento a causa dell'epidemia (articolo 107, par. 3, lett. c) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, TFUE);

compensare le imprese per i danni subiti in circostanze eccezionali, come quelle dovute all'epidemia. A titolo di esempio, rientrerebbero in questa fattispecie eventuali compensazioni a settori colpiti in modo particolarmente grave (trasporti, turismo e comparto alberghiero) o misure volte a compensare gli organizzatori di manifestazioni annullate che hanno subito danni (articolo 107, par. 2, lett. b), TFUE);

aiuti che, per la loro minima entità, sono sottratti al regime autorizzatorio della Commissione (aiuti fino a 200.000 euro nell'arco di tre anni, ovvero 100.000 euro nell'arco di tre anni per il settore del trasporto di merci su strada, ovvero 25.000 e 30.000 euro rispettivamente nei settori dell'agricoltura e della pesca) [5] .

Le prime due misure possono essere adottate senza il coinvolgimento della Commissione europea.

Nella Comunicazione, con specifico riferimento all'Italia, la Commissione ha valutato che la necessità di porre rimedio al grave turbamento dell'economia determinato dall'epidemia giustificasse l'esenzione dalla normativa in materia di aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 107, par. 3, lett. b) del TFUE.

 

Il comma 3 rinvia all’articolo 265 per la copertura degli oneri derivanti dall'articolo in esame, pari a 500 milioni di euro per il 2020.


 

Articolo 223
(Contenimento produzione e miglioramento della qualità)

 

 

L’articolo 223 stanzia 100 milioni di euro, per l’anno 2020, da destinare alle imprese viticole - obbligate alla tenuta del Registro telematico - che si impegnano alla riduzione volontaria della produzione di uve destinate a vini a denominazione di origine ed a indicazione geografica.

 

Nello specifico, ai sensi del comma 1, ciò avviene attraverso la pratica della cosiddetta vendemmia verde parziale (la vendemmia verde, in genere, a mente dell’art. 47 del regolamento (UE) 1308/2013, consiste nella distruzione totale o l'eliminazione dei grappoli non ancora giunti a maturazione, riducendo a zero la resa della relativa superficie), da realizzare nella corrente campagna.

La riduzione di produzione di uve destinate alla vinificazione non può essere inferiore al 15% rispetto al valore medio delle quantità prodotte negli ultimi 5 anni.

Sono escluse le campagne con produzione massima e minima, come risultanti dalle dichiarazioni di raccolta e di produzione presentate ai sensi del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 18 luglio 2019, n. 7701, da riscontrare con i dati relativi alla campagna vendemmiale 2020/21 presenti nel Registro telematico, istituito con decreto ministeriale n. 293 del 20 marzo 2015.

Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi d’intesa con la Conferenza Stato-regioni entro 30 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, sono stabilite le procedure attuative, le priorità di intervento e i criteri per l’erogazione del contributo da corrispondere alle imprese agricole.

 

Agli oneri derivanti dall’articolo in commento, pari a 100 milioni di euro per l’anno 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 265 (comma 2).


 

Articolo 224
(Misure in favore della filiera agroalimentare)

 

 

L’articolo 224:

§  aumenta dal 50% al 70% la percentuale di anticipo dei contributi PAC che può essere richiesta con la procedura ordinaria, specificando che, in alternativa, può essere richiesta quella semplificata, introdotta con il decreto-legge n.18/2020, per la quale era stato già disposto l’innalzamento in pari percentuale per il 2020 (comma 1);

§  modifica la normativa introdotta con l’art. 78 del decreto-legge n.18/2020 (comma 2) specificando:

§  al comma 3-ter, nel caso di utilizzo agronomico di alcune materie derivanti dal latte, compreso il siero, che la normativa di riferimento sia quella prevista per gli effluenti di allevamento;

aggiungendo un comma 3-decies con il quale l’ISTAT è delegato ad introdurre una specifica classificazione merceologica, ai fini dell’attribuzione del codice ATECO, alle attività di coltivazione di idroponica e acquaponica;

sostituendo il comma 4-sexies, che ha previsto la possibilità per le imprese agricole di rinegoziare i mutui, in modo da specificare che la misura, da intendersi come facoltà, non riguarda i mutui concessi dallo Stato, ma solo mutui e altri finanziamenti concessi dal sistema finanziario e non trova copertura – non ulteriormente necessaria – sul Fondo garanzia PMI, come originariamente disposto;

§  prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2021, la resa massima di uva a ettaro delle unità vitate iscritte nello schedario viticolo debba essere pari o inferiore a 30 tonnellate. Sono fatte salve quelle rivendicate per produrre vini a DOP e a IGP ed è previsto che un decreto stabilirà le aree vitate dove è ammessa una resa fino a 40 tonnellate (comma 3);

§  modifica, da tre mesi a sei mesi il termine per l’esercizio del diritto di prelazione riconosciuto agli affittuari o a coloro che detengono il fondo nei confronti del proprietario che intende alienarlo (comma 4);

§  prevede, in relazione all’obbligo di monitoraggio della produzione di latte vaccino e ovino, che le modalità di applicazione siano stabilite con decreti separati, uno riguardante la produzione latte bovino, l’altro la produzione di latte ovino (comma 5).

 

Nello specifico, il comma 1 modifica l’articolo 10-ter del decreto-legge n. 27 (c.d. decreto-legge emergenze agricole) prevedendo:

§  al comma 2, che la percentuale di contributi PAC che le imprese agricole hanno diritto di avere a titolo di anticipo secondo la procedura ordinaria sale al 70% rispetto al 50% originariamente previsto (secondo quanto specificato nella relazione, l’impatto finanziario della misura è di 400 milioni di euro in termini di cassa);

§  al comma 4-bis, che la procedura semplificata ivi prevista, introdotta con l’articolo 78 del DL Cura Italia, si applichi in alternativa al procedimento ordinario previsto al comma 2.

Si ricorda, al riguardo, che la procedura semplificata è stata introdotta dai commi 1 e 1-bis dell’articolo 78 del decreto-legge n. 18 del 2020, che hanno, in particolare, aggiunto un comma 4-bis all’articolo 10-ter del decreto-legge n.27/2019. Le disposizioni richiamate hanno previsto che le imprese agricole che non hanno potuto presentare la domanda ordinaria a causa dell’emergenza COVID-19 possano richiedere, per il solo 2020 e a determinate condizioni, l’anticipo del 70 per cento dell'importo richiesto per i pagamenti diretti dovuti a titolo di politica agricola comune (PAC).  Il calcolo è rapportato al valore del portafoglio titoli 2019 di cui si trovano in possesso gli agricoltori che conducono superfici agricole alla data del 15 giugno 2020; l’elargizione è condizionata all’impegno di presentare una domanda unica per la campagna 2020 per il regime di base. La richiesta dell’anticipazione non consente di cedere titoli sino a quando non sia stata compensata l’anticipazione. Gli aiuti connessi all’anticipazione sono erogati sotto forma di aiuti di Stato, autorizzati dalla Commissione europea nel “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del Covid 19”.

Il comma 2 dell’articolo 10-ter del decreto-legge n. 27/2019 prevedeva, invece, prima della modifica in esame, che le imprese agricole potessero ricevere con procedimento ordinario, entro il 31 luglio di ciascun anno, un anticipo del 50% dei contributi per i pagamenti diretti dovuti in base alla politica agricola comune -PAC. Tale percentuale viene ora elevata al 70 per cento.

 

La possibilità di chiedere in via ordinaria l’anticipo del 50% è stata definita - in attuazione dell’articolo 10-ter del DL n.27/2019 - dal DM  3 giugno 2019 che, oltre a richiedere che vengano effettuati i controlli di ammissibilità prima dell’elargizione dell’anticipo, esclude la concessione del beneficio nei confronti dei soggetti:

§  con una situazione debitoria con importi esigibili nel Registro nazionale debiti o nel Registro debitori dell'organismo pagatore e non esigibili ma comunque conosciuti dall'organismo pagatore;

§  con provvedimenti di sospensione dei pagamenti attivati dall'organismo pagatore;

§  con trasferimenti dei titoli in qualità di cedente non perfezionati al momento della concessione del finanziamento.

Sono poi esclusi i soggetti che già beneficiano dell’anticipazione bancaria dei contributi PAC attivata sulla base delle convenzioni sottoscritte dall’Organismo pagatore con gli istituti bancari, i soggetti che non soddisfano il requisito di agricoltore attivo e coloro per il quali l’importo dell’aiuto non trovi piena capienza dalle risultanze della consultazione del Registro nazionale degli aiuti di stato (RNA).

Il DM 8 aprile 2020 (pubblicato nella GU del 14 maggio 2020) ha prorogato al 2020 le disposizioni contenute nel suddetto DM 3 giugno 2019.

Si ricorda, inoltre, che l’articolo 78, commi 1-quater e 1-quinquies del decreto-legge Cura Italia ha, inoltre, previsto, limitatamente al periodo dell’emergenza sanitaria in atto, che le amministrazioni pubbliche possano posticipare al momento del saldo le verifiche richieste, per la conformità dei provvedimenti di elargizione dei sussidi, alla regolarità europea in materia di aiuti di Stato, alla regolarità contributiva e fiscale e alla conformità alla certificazione antimafia

 

Si ricorda, infine, che il Reg. 2020/531 del 16 aprile 2020, consente, per l’anno 2020, di erogare gli anticipi dei pagamenti diretti nella misura del 70% e non più del 50%, aumentando, altresì, la percentuale erogabile dei pagamenti relativi allo sviluppo rurale, che passa dal 75% all’85%. Agea e gli Organismi pagatori possono, pertanto, pagare un anticipo del 70% dei pagamenti, a partire dal 16 ottobre 2020. I pagamenti che possono essere oggetto di anticipo sono quattro: pagamento di base, pagamento del regime dei piccoli agricoltori, pagamento greening, qualora siano stati effettuati gli specifici controlli amministrativi; pagamenti giovani agricoltori. Dal pagamento anticipato sarà, con ogni probabilità, escluso il pagamento accoppiato, in quanto – alla data del 16 ottobre – non saranno ancora disponibili i dati nazionali per il conteggio degli importi.

 

Il comma 2 apporta talune modifiche all’articolo 78 del decreto-legge n.18/2020.

 

In particolare:

 

§  specifica, al comma 3-ter, che nel caso di utilizzo agronomico di alcune materie derivanti dal latte, compreso il siero, la normativa di riferimento sia quella prevista per gli effluenti di allevamento.

 

Si ricorda, al riguardo, che il comma 3-ter ha autorizzato le Regioni e le Province autonome ad agevolare l’utilizzo del latte, dei prodotti e derivati del latte negli impianti di digestione anaerobica siti nel proprio territorio regionale, derogando, limitatamente al periodo di crisi, alle procedure di autorizzazione previste per l’uso e la trasformazione delle biomasse.

In tal senso, le Regioni e le province autonome sono state chiamate a definire specifiche disposizioni transitorie cui dovranno attenersi i titolari di impianti di biogas.

Il gestore dell’impianto, nel caso in cui non sia in possesso delle autorizzazioni prescritte ai sensi del Reg. 1069/2009, è tenuto a formulare richiesta preventiva all’autorità sanitaria competente che, svolte le verifiche necessarie, è tenuta ad accogliere o respingere la richiesta entro tre giorni dalla data della richiesta.

Agli imprenditori agricoli è stato consentito, previa autorizzazione dell’Autorità sanitaria competente, l’utilizzo agronomico delle acque reflue addizionate con siero, scotta, latticello e acque di processo delle paste filate nonché l’utilizzo di siero puro o in miscela con gli effluenti di allevamento su tutti i tipi di terreno in deroga alle disposizioni vigenti. Proprio in relazione a tale disposizione interviene la specifica in esame, prevedendo che tale utilizzo debba avvenire ai sensi della normativa prevista per gli effluenti di allevamento.

 

§  aggiunge un comma 3-decies, al medesimo art. 78, con il quale l’ISTAT viene delegato ad introdurre una specifica classificazione merceologica, ai fini dell’attribuzione del codice ATECO, alle attività di coltivazione di coltivazione idroponica e acquaponica;

 

La coltivazione idroponica fa parte della categoria più ampia della coltivazione senza suolo, che può essere:

a) con substrato (in particolare, con l'uso di vasi contenenti varie tipologie di substrati, come la torba, dove - ad esempio - possono essere coltivati pomodori o altri ortaggi)

b) senza substrato, dove l'acqua e i nutrienti vengono dati al prodotto agricolo direttamente, ad esempio per immersione delle radici delle piante in contenitori privi di terra e di concime. In quest'ultimo caso, si parla di coltivazione idroponica che, di regola, avviene in serra, in particolare per ortaggi e fiori.

Per coltivazione acquaponica si intende la coltivazione fuori suolo di specie vegetali realizzata in un ambiente controllato derivante dall'integrazione tra coltivazione idroponica e acquacoltura.

La XIII Commissione Agricoltura ha iniziato l’esame della proposta di legge C. 1258, recante delega al Governo per la disciplina, la valorizzazione e la promozione delle pratiche colturali fuori suolo applicate alle coltivazioni idroponica e acquaponica. Nell’ambito dell’istruttoria del provvedimento la Commissione ha deliberato lo svolgimento di un ciclo di audizioni.

 

§  sostituisce il comma 4-sexies, che ha previsto la possibilità per le imprese agricole di rinegoziare i mutui, in modo da specificare che la misura, da intendersi come facoltà, non riguarda i mutui concessi dallo Stato, ma solo mutui e altri finanziamenti concessi dal sistema finanziario, sopprimendo il riferimento alle disponibilità finanziarie contenute nel Fondo di garanzia per la PMI, di cui all’art. 56 del decreto-legge n.18/2020.

 

Il comma 4-sexies ha previsto che sono rinegoziati i mutui e gli altri finanziamenti in essere al 1° marzo 2020 richiesti dalle imprese agricole per soddisfare le esigenze di conduzione e/o miglioramento delle strutture produttive. La rinegoziazione deve portare ad un miglioramento delle condizioni applicabili, incidendo sul piano di ammortamento e sulla misura del tasso di interesse. Le operazioni di rinegoziazione sono esenti da ogni imposta e da ogni onere, anche amministrativo a carico dell’imprese, comprese le spese istruttorie.

Le modifiche apportate, come è dato leggere nella relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del decreto-legge 34/2020, sono finalizzate ad evitare effetti negativi per la finanza pubblica, escludendo mutui concessi dallo Stato, riformulando in termini di facoltà e non di diritto la procedura di rinegoziazione configurata e sopprimendo, infine, il riferimento, ai fini della copertura, alle risorse finanziarie del Fondo di garanzia PMI di cui all’articolo 56 del DL 18/2020.

 

Il comma 3 dell’articolo in commento modifica l’articolo 8 della legge 12 dicembre 2016 n. 238 (Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino), che ha dettato specifiche disposizioni in merito allo schedario vitivinicolo e l’inventario del potenziale produttivo.

Il comma in esame prevede nello specifico che:

§  a decorrere dal 1° gennaio 2021, e comunque non prima dell’entrata in vigore del decreto di cui al nuovo comma 10-bis, la resa massima di uva a ettaro delle unità vitate iscritte nello schedario viticolo è pari o inferiore a 30 tonnellate, salvo per quelle rivendicate per produrre vini a DOP e a IGP (periodo aggiunto al comma 10 dal comma in esame);

§  con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono definite le aree vitate nelle quali è ammessa, in deroga, una resa massima di uva ad ettaro fino a 40 tonnellate in base alle risultanze degli ultimi cinque anni di produzione (nuovo comma 10-bis introdotto dal comma in esame).

 

Si ricorda che l’articolo 8 della legge n. 238 del 2016 ha istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali uno schedario viticolo contenente le informazioni aggiornate sul potenziale produttivo viticolo, ai sensi del regolamento (UE) n. 1308/2013.  Ogni unità vitata idonea alla produzione di uva da vino deve essere iscritta nello schedario. L’amministrazione competente, proprio sulla base dello schedario, presenta, entro il 1º marzo di ogni anno, alla Commissione europea l’inventario aggiornato del potenziale produttivo. Sulla base degli elementi tecnici delle unità vitate, è attribuita l’idoneità ai vigneti alla produzione id uve atte a dare vini a DOCG, DOC e IGT. Il comma 10, in particolare, oggetto della modifica in esame, prevede che la resa massima di uva per ettaro delle unità vitate iscritte nello schedario viticolo diverse da quelle rivendicate per produrre vini a DOP e IGP è pari o inferiore a 50 tonnellate.

 

Il comma 4 interviene sull’articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, recante disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice.

L’articolo 8 prevede che l'affittuario, il mezzadro, il colono o il compartecipante di fondi, qualora il proprietario decida di trasferire la proprietà a terzi, hanno diritto, a parità di condizioni, di esercitare, la prelazione purché:

§  coltivi il fondo stesso da almeno due anni;

§  non abbia venduto, nel biennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a lire mille, salvo in caso di ricomposizione fondiaria;

§  il fondo sul quale si intende esercitare la prelazione non superi, insieme ad altri eventualmente posseduti in proprietà od enfiteusi, il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della sua famiglia.

La prelazione non è esercitabile nei casi di permuta, vendita forzata, liquidazione coatta, fallimento, espropriazione per pubblica utilità e quando i terreni siano destinati, in base a piani regolatori, anche se non ancora approvati, ad utilizzazione edilizia, industriale o turistica.

Qualora il trasferimento a titolo oneroso sia proposto, per quota di fondo, da un componente della famiglia coltivatrice, sia in costanza di comunione ereditaria che in ogni altro caso di comunione familiare, gli altri componenti hanno diritto alla prelazione purché siano coltivatori manuali o continuino l'esercizio dell'impresa familiare in comune.

 

Il comma in esame interviene sul sesto comma del suddetto art. 8, dove si prevede che nel caso il diritto di prelazione venga esercitato, il versamento del prezzo di acquisto deve essere effettuato entro il termine di tre mesi, decorrenti dal trentesimo giorno dall'avvenuta notifica da parte del proprietario, salvo che non sia diversamente pattuito tra le parti.

La modifica porta da tre mesi a sei mesi il termine per l’esercizio del diritto di prelazione.

 

Il comma 5 interviene sull’articolo 3 del decreto-legge n.27/2019 (c.d decreto emergenze agricole) che ha recato norme sul monitoraggio della produzione di latte vaccino, ovino e caprino e dell'acquisto di latte e prodotti lattiero-caseari a base di latte importati da Paesi dell'Unione europea e da Paesi terzi..

In particolare, è stato previsto che i primi acquirenti devono registrare mensilmente, nella banca dati del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) i quantitativi di:

§  latte ovino, caprino e il relativo tenore di materia grassa che vengono a loro consegnati loro dai singoli produttori nazionali;

§  latte di qualunque specie acquistati direttamente dai produttori;

§  latte acquistato da altri soggetti non produttori, situati in Paesi dell'Unione europea o in Paesi terzi;

§  prodotti lattiero-caseari semilavorati provenienti da Paesi dell'Unione europea o da Paesi terzi, con indicazione del Paese di provenienza.

Si prevede, poi, che le aziende che producono prodotti lattiero-caseari con latte vaccino, ovino o caprino sono tenute a registrare trimestralmente, nella banca dati del SIAN, i quantitativi di ciascun prodotto fabbricato, i quantitativi di ciascun prodotto ceduto e le relative giacenze di magazzino.

Le modalità di applicazione delle disposizioni introdotte sono state rinviate ad un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali da adottarsi, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 dicembre 2020. 

Il comma in esame interviene sul comma 3 dell’articolo 3, prevedendo che, al posto di un unico decreto, siano previsti distinti decreti del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, differenziando il settore del latte vaccino e il settore del latte ovi-caprino.

Si ricorda, al riguardo, che al comma 2 del medesimo art. 3 è inoltre previsto che, con il decreto previsto al comma 3, si debba prevedere un eventuale diverso periodo di assolvimento dell'obbligo di registrazione per i piccoli produttori.


 

Articolo 225
(Mutui consorzi di bonifica)

 

 

L’articolo 225 permette a Cassa depositi e prestiti o altri istituti finanziari abilitati di erogare mutui ai consorzi di bonifica, di importo complessivo non superiore a 500 milioni di euro, per lo svolgimento dei compiti istituzionali loro attribuiti. Gli interessi sono a carico del bilancio dello Stato, nel limite complessivo di 10 milioni di euro annui, corrisposti nel periodo 2021-2025, durante il quale viene restituito il capitale in rate annuali di pari importo.

 

Nel dettaglio, il comma 1, nel prevedere la possibilità da parte di Cassa depositi e prestiti e di altri istituti finanziari di erogare mutui ai consorzi di bonifica, esclude la possibilità che essi siano utilizzati per assunzioni di personale, anche in caso di carenza di organico. La disposizione in commento fa riferimento alla “situazione di crisi di liquidità derivante dalla sospensione dei pagamenti dei contributi di bonifica disposta” dall’articolo 62 del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020 - il quale ha sospeso i termini di taluni adempimenti tributari e contributivi (senza che si faccia esplicito riferimento, nei sette commi del citato art. 62, ai contributi di bonifica) - “aggravata dalla difficoltà di riscossione del contributo dovuto dalle aziende agricole per il servizio di irrigazione”. 

 

Al riguardo, si fa presente che l’art. 62 del decreto-legge n. 18 del 2020 – richiamato come titolo giustificativo della sospensione del tributo - non fa espresso riferimento alla “sospensione dei pagamenti dei contributi di bonifica”.

 

Il suddetto art. 62 - in particolare - al comma 1, sospende ai soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato gli adempimenti tributari diversi dai versamenti e diversi dall’effettuazione delle ritenute alla fonte e delle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale, che scadono nel periodo compreso tra l’8 marzo 2020 e il 31 maggio 2020.

 

Si ricorda, in generale, che i consorzi di bonifica ed i relativi contributi a carico dei proprietari dei terreni che si trovano nei relativi perimetri, aventi, questi ultimi, natura di oneri reali sulla proprietà ed essendo considerati tributi, trovano la loro disciplina di base nel regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215 e nel codice civile (agli articoli 857-865) e sono inoltre disciplinati da leggi regionali.

In particolare, l’art. 860 del codice civile prevede che i “proprietari dei beni situati entro il perimetro del comprensorio sono obbligati a contribuire nella spesa necessaria per l'esecuzione, la manutenzione e l'esercizio delle opere in ragione del beneficio che traggono dalla bonifica”, mentre l’art. 864 c.c. prevede che i “contributi dei proprietari nella spesa di esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica e di miglioramento fondiario sono esigibili con le norme e i privilegi stabiliti per l'imposta fondiaria. La Corte costituzionale, da ultimo, con la sentenza n. 188 del 2018, dopo aver ricostruito la citata normativa statale che prevede il contributo di bonifica, e la ripartizione di competenze tra Stato e regioni in materia, ha dichiarato incostituzionale l’art. 23, comma 1, lettera a) della legge della regione Calabria n. 11 del 2003, nella parte in cui prevede che il contributo consortile di bonifica, quanto alle spese afferenti il conseguimento dei fini istituzionali dei Consorzi, sia dovuto indipendentemente dal beneficio fondiario, invece che «in presenza del beneficio».

 

Ai sensi del comma 2, i suddetti mutui sono concessi nell’importo massimo complessivo di 500 milioni di euro, con capitale da restituire in rate annuali di pari importo per cinque anni, a decorrere dal 2021 e fino al 2025.

 

Il comma 3 prevede che gli interessi, a carico del bilancio dello Stato, che maturano nel corso del periodo di utilizzo del finanziamento, con decorrenza dal giorno successivo alla erogazione, saranno determinati nel limite massimo complessivo di 10 milioni di euro annui.

 

Per tale finalità, è quindi autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2025 (comma 4).

 

Il comma 5 prevede che con decreto del  Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottare entro quindici giorni dall’entrata in vigore del decreto in esame, siano stabiliti i termini e la modalità di presentazione delle domande, nonché i  criteri per la rimodulazione dell’importo del mutuo concedibile nel caso in cui gli importi complessivamente richiesti superino la disponibilità - sopra indicata - di 500 milioni di euro.

 

Il comma 6 dispone in merito alla relativa copertura finanziaria, prevedendo che agli oneri derivanti dal comma 4 (pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2025) si provveda ai sensi dell’articolo 265.


 

Articolo 226
(Fondo emergenza alimentare)

 

 

L’articolo 226 incrementa di 250 milioni di euro le risorse destinate alla distribuzione di derrate di alimentari agli indigenti.

 

Nello specifico, il comma 1 – così come risultante da un avviso di rettifica del testo del provvedimento in esame, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  del 20 maggio 2020 – prevede che, a valere sulle disponibilità del Fondo di rotazione di cui alla legge 16 aprile 1987, n. 183 – indicato senza che venga specificato il riferimento all’articolo 5 - sia destinato l’importo di 250 milioni di euro, ad integrazione delle iniziative di distribuzione delle derrate alimentari per l'emergenza derivante dalla diffusione del virus Covid-19, e con le procedure previste dal Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti, di cui all'articolo 58, comma 1, del decreto-legge n. 83 del 2012 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012), cui concorre il Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD) 2014/2020, istituito dal  regolamento (UE) n. 223/2014.

 

Il comma 2 prevede che alle erogazioni delle risorse di cui sopra provveda l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA).

 

Si ricorda che il Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti (Fondo nazionale indigenti) è stato istituito presso l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura – AGEA, ed ha le proprie risorse allocate nello stato di previsione del MIPAAF (cap. 1526).

Ai sensi dell’art. 58, comma 2, del citato decreto-legge n. 83 del 2012, si prevede che con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione, venga adottato, entro il 30 giugno di ciascun anno, il relativo programma annuale di distribuzione, che identifica le tipologie di prodotto, le organizzazioni caritatevoli beneficiarie nonché le modalità di attuazione, anche in relazione alle erogazioni liberali e donazioni fornite da parte di soggetti privati e tese ad incrementare le dotazioni del Fondo.

Si precisa inoltre che, ai sensi del medesimo art. 58, comma 4, del decreto-legge n. 83 del 2012, l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura è il soggetto responsabile dell'attuazione del suddetto programma.

 

La legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) ha incrementato, da ultimo, di 1 milione di euro per ciascuna delle annualità 2019, 2020 e 2021 lo stanziamento del Fondo nazionale indigenti, il quale già presentava stanziamenti per 5 milioni di euro annui (art. 1, comma 668).

È stato quindi emanato il decreto ministeriale 15 luglio 2019, che ha adottato il programma annuale di distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti per l'anno 2019, destinando 6 milioni di euro all'acquisto di polpa di pomodoro in scatola.

L'articolo 5 del decreto-legge n. 27 del 2019 (legge n. 44 del 2019) ha ulteriormente incrementato le risorse del suddetto Fondo, al fine di favorire la distribuzione gratuita di alimenti ad alto valore nutrizionale. Sono stati quindi stanziati 14 milioni di euro, per il 2019, per l'acquisto di formaggi DOP, fabbricati esclusivamente con latte di pecora, con stagionatura minima di 5 mesi e massima 10 mesi, con contenuto in proteine non inferiore al 24,5 per cento, con umidità superiore al 30 per cento e con cloruro di sodio inferiore al 5 per cento. In attuazione di quest'ultima disposizione, è stato quindi emanato il decreto ministeriale 25 luglio 2019, recante il "Programma nazionale 2019 per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti - Formaggio pecorino DOP".

Inoltre, la legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) ha ulteriormente rifinanziato di 1 milione di euro annui, per il triennio 2020-2022, il suddetto Fondo (art. 1, comma 511), dopo che il disegno di legge iniziale aveva previsto un definanziamento - per il medesimo triennio - di 100 mila euro annui.

È stato quindi emanato il decreto ministeriale 17 marzo 2020, che ha adottato il "Programma nazionale 2020 per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti", destinando 6 milioni di euro all'acquisto di latte crudo da destinare alla trasformazione in latte UHT.

Infine, il decreto-legge n. 18 del 2020 (convertito dalla legge n. 27 del 2020) ha incrementato di ulteriori 50 milioni di euro per il 2020 il suddetto Fondo, al fine di assicurare la distribuzione delle derrate alimentari per l'emergenza derivante dalla diffusione del virus Covid-19 (art. 78, comma 3). In attuazione di tale ultima disposizione, è stato emanato il decreto ministeriale 8 aprile 2020, recante "Integrazione al decreto di ripartizione del «Fondo per il finanziamento dei programmi nazionali di distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti» per l'anno 2020". Il predetto decreto ha destinato:

- 14,5 milioni di euro per l'acquisto di formaggi DOP;

- 4 milioni di euro per conserve di verdure appertizzate ottenute da prodotto fresco;

- 2 milioni di euro per zuppe di legumi da verdura fresca;

- 2 milioni di euro per minestrone da verdura fresca;

- 2,5 milioni di euro per succhi di frutta;

- 2 milioni di euro per omogeneizzato d'agnello;

- 9 milioni di euro per prosciutto DOP;

- 4 milioni di euro per salumi IGP e/o DOP;

- 10 milioni di euro per carne bovina in scatola.

 

Il regolamento (UE) n. 223/2014 ha poi istituito il citato Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD) che è andato a sostituire il Programma europeo per la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti (PEAD), concluso a fine 2013. Con l'istituzione del Fondo di aiuti europei agli indigenti è proseguito il sistema di donazioni di prodotti alimentari e di base a chi si trova in condizioni di povertà estrema.

 

Le risorse disponibili del FEAD, per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2014 e il 31 dicembre 2020, sono state pari a complessivi 3,395 miliardi di euro per tutti gli Stati membri (in prezzi del 2011). Ai sensi del medesimo Regolamento la dotazione contemplata per l'Italia è stata di 595 milioni (riferita sempre al 2011), pari a circa 670 milioni di euro a prezzi correnti. È stato, inoltre, previsto un cofinanziamento da parte dell'Italia pari a 118,3 milioni di euro.

L'attuazione del Programma Operativo per il periodo 2014-2020 ha previsto un coordinamento fra il Fondo nazionale, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Mipaaf e l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura - AGEA, che opera in qualità di Organismo intermedio, cui è delegata la gestione degli interventi per la distribuzione degli aiuti alimentari.

Da ultimo, è stato adottato il regolamento (UE) 2020/559 che ha modificato il citato regolamento (UE) n. 223/2014 per quanto riguarda l'introduzione di misure specifiche volte ad affrontare l'epidemia di COVID-19.

 

Si ricorda infine che l’art. 5 della citata legge n. 183 del 1987 ha istituito, nell'ambito del Ministero dell’economia e delle finanze, un fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche europee, con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio. A mente del successivo art. 6, tale fondo, su richiesta delle competenti amministrazioni e nei limiti delle quote indicate dal CIPE, eroga alle amministrazioni pubbliche ed agli operatori pubblici e privati interessati la quota di finanziamento a carico del bilancio dello Stato per l'attuazione dei programmi di politica europea e può, altresì, concedere ai soggetti titolari dei progetti compresi nei programmi medesimi, che ne facciano richiesta, anticipazioni a fronte dei contributi spettanti a carico del bilancio delle Comunità europee.

 

 

 

 

 


Profili di interesse della XIII Commissione Agricoltura

 

Articolo 25
(Contributo a fondo perduto)

 

 

L’articolo 25 dispone il riconoscimento di un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti esercenti attività d’impresa e di lavoro autonomo e di reddito agrario, titolari di partita IVA con ricavi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto e il cui ammontare di fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 sia inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019. La misura del contributo è ottenuta applicando percentuali variabili in relazione al fatturato. Il contributo spetta in ogni caso per un valore minimo di 1.000 euro per le persone fisiche e di 2.000 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche.

 

I commi 1, 2 e 3 introducono un contributo a fondo perduto e delimitano il perimetro dei beneficiari.

 

In particolare, il comma 1 dispone il riconoscimento di un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti esercenti attività d’impresa e di lavoro autonomo e di reddito agrario, titolari di partita IVA, di cui al testo unico delle imposte sui redditi (TUIR - D.P.R. n. 917 del 1986).

 

Il contributo non spetta (comma 2):

§  ai soggetti la cui attività risulti cessata alla data di presentazione dell'istanza di cui al comma 8 (60 giorni dalla data di avvio della procedura telematica da parte dell'Agenzia delle entrate)

§  agli enti pubblici di cui all’articolo 74 del TUIR (gli organi e le amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica, i comuni, le unioni di comuni, i consorzi tra enti locali, le associazioni e gli enti gestori di demanio collettivo, le comunità montane, le province e le regioni non sono soggetti all'imposta)

§  ai soggetti di cui all’articolo 162-bis del medesimo testo unico (intermediari finanziari, società di partecipazione finanziaria, non finanziaria e assimilati)

§  ai contribuenti che hanno diritto alla percezione delle indennità di 600 euro previste per il mese di marzo 2020 dagli articoli 27 (liberi professionisti - titolari di partita IVA - e titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla Gestione separata INPS), 38 (lavoratori dello spettacolo) del decreto-legge n. 18 del 2020, nonché ai lavoratori dipendenti e ai professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui ai decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996.

 

Il contributo spetta esclusivamente (comma 3):

§  ai titolari di reddito agrario, definito come la parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d'esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell'esercizio di attività agricole su di esso (articolo 32 del TUIR)

§  ai soggetti con ricavi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta 2019:

-     corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa (articolo 85, comma 1, lettera a) del TUIR);

-     corrispettivi delle cessioni di materie prime e sussidiarie, di semilavorati e di altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione (articolo 85, comma 1, lettera b) del TUIR);

-     compensi derivanti dall'esercizio di arti e professioni (articolo 54, comma 1, del TUIR).

 

Il comma 4 definisce la condizione cui è subordinata la spettanza del contributo: l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 deve essere inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019.

Al fine di determinare correttamente i predetti importi, si fa riferimento alla data di effettuazione dell’operazione di cessione di beni o di prestazione dei servizi.

La condizione stabilita dal presente comma non deve invece essere rispettata dai soggetti che hanno iniziato l’attività a partire dal 1° gennaio 2019 nonché dai soggetti che, a far data dall’insorgenza dell’evento calamitoso, hanno il domicilio fiscale o la sede operativa nel territorio di comuni colpiti dai predetti eventi i cui stati di emergenza erano ancora in atto alla data di dichiarazione dello stato di emergenza Covid-19.

 

La disposizione non specifica a quale "evento calamitoso" si faccia riferimento nel testo del comma 4. La relazione illustrativa chiarisce che si intende salvaguardare la posizione dei soggetti che già versavano in stato di emergenza a causa di altri eventi calamitosi alla data dell'insorgere dello stato di emergenza COVID-19 e per i quali, date le pregresse difficoltà economiche, non è necessaria la verifica della condizione del calo di fatturato (come ad esempio nel caso dei comuni colpiti dagli eventi sismici, alluvionali o di crolli di infrastrutture che hanno comportato le delibere dello stato di emergenza). Si valuti l'opportunità di chiarire tale intendimento anche nel testo della disposizione.

 

I commi 5 e 6 definiscono l'ammontare del contributo, ottenuto applicando le seguenti percentuali alla differenza tra l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 e l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019 (comma 5):

a)   20% per i soggetti con ricavi o compensi indicati al comma 3 non superiori a 400.000 euro nel periodo d’imposta 2019;

b)   15% per i soggetti con ricavi o compensi indicati al comma 3 superiori a 400.000 e fino a 1 milione di euro nel periodo d’imposta 2019;

c)   10% per i soggetti con ricavi o compensi indicati al comma 3 superiori a 1 milione e fino a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta 2019.

 

Il contributo è in ogni caso riconosciuto (comma 6) per un importo non inferiore a 1.000 euro per le persone fisiche e a 2.000 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche.

 

Ai sensi del comma 7, il contributo di cui al presente articolo non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi, non rileva altresì ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del TUIR e non concorre alla formazione del valore della produzione netta, base imponibile dell'IRAP ai sensi del decreto legislativo n. 446 del 1997.

 

L'articolo 61 del TUIR stabilisce che gli interessi passivi inerenti all'esercizio d'impresa sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.

 

L'articolo 109, comma 5, del TUIR stabilisce che le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.

 

I commi 8, 9 e 10 indicano le modalità per ottenere il contributo a fondo perduto.

I soggetti interessati presentano, esclusivamente in via telematica, una istanza all’Agenzia delle entrate con l’indicazione della sussistenza dei requisiti definiti dai precedenti commi (comma 8).

L’istanza può essere presentata, per conto del soggetto interessato, anche da un intermediario di cui all’articolo 3, comma 3, del D.P.R. n. 322 del 1998 delegato al servizio del cassetto fiscale dell’Agenzia delle entrate o ai servizi per la fatturazione elettronica.

L'articolo 3, comma 3, del D.P.R. n. 322 del 1998 (Regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto) stabilisce che, ai soli fini della presentazione delle dichiarazioni in via telematica mediante il servizio telematico Entratel, si considerano soggetti incaricati della trasmissione delle stesse:

a)    gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro;

b)   i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria;

c)    le associazioni sindacali di categoria tra imprenditori indicate nell'articolo 32, comma 1, lettere a), b) e c), del decreto legislativo n. 241 del 1997, nonché quelle che associano soggetti appartenenti a minoranze etnico-linguistiche;

d)   i centri di assistenza fiscale per le imprese e per i lavoratori dipendenti e pensionati;

e)    gli altri incaricati individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

 

L’istanza deve essere presentata entro sessanta giorni dalla data di avvio della procedura telematica per la presentazione della stessa, come definita con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, di cui al comma 10.

 

Ai sensi del comma 9, l’istanza contiene anche l’autocertificazione che i soggetti richiedenti, nonché i soggetti di cui all’articolo 85, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 159 del 2011 (Codice antimafia), non si trovano nelle condizioni ostative di cui all’articolo 67 del medesimo decreto legislativo n. 159 del 2011.

Per la prevenzione dei tentativi di infiltrazioni criminali, con protocollo d’intesa sottoscritto tra il Ministero dell’interno, il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate sono disciplinati i controlli di cui al libro II del decreto legislativo n. 159 del 2011 (Nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia) anche attraverso procedure semplificate fermo restando, ai fini dell’erogazione del contributo di cui al presente articolo, l’applicabilità dell’art. 92 commi 3 e seguenti del citato decreto legislativo n. 159 del 2011, in considerazione dell’urgenza connessa alla situazione emergenziale.

Qualora dai riscontri di cui al periodo precedente emerga la sussistenza di cause ostative, l’Agenzia delle entrate procede alle attività di recupero del contributo ai sensi del successivo comma 12.

Colui che ha rilasciato l’autocertificazione di regolarità antimafia è punito con la reclusione da due anni a sei anni.

In caso di avvenuta erogazione del contributo, si applica l’articolo 322-ter del codice penale (Confisca).

L'Agenzia delle entrate e il Corpo della Guardia di finanza stipulano apposito protocollo volto a regolare la trasmissione, con procedure informatizzate, dei dati e delle informazioni di cui al comma 8, nonché quelle relative ai contributi erogati, per le autonome attività di polizia economico-finanziaria di cui al decreto legislativo n. 68 del 2001.

 

Le modalità di effettuazione dell’istanza, il suo contenuto informativo, i termini di presentazione della stessa e ogni altro elemento necessario all’attuazione delle disposizioni del presente articolo sono definiti con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate (articolo 10).

 

Il decreto legislativo n. 159 del 2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia) prevede all'articolo 67, comma 1, che le persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una delle misure di prevenzione previste dal libro I, titolo I, capo II non possono ottenere:

a)    licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio;

b)   concessioni di acque pubbliche e diritti ad esse inerenti nonché concessioni di beni demaniali allorché siano richieste per l'esercizio di attività imprenditoriali;

c)    concessioni di costruzione e gestione di opere riguardanti la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici;

d)   iscrizioni negli elenchi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la pubblica amministrazione, nei registri della camera di commercio per l'esercizio del commercio all'ingrosso e nei registri di commissionari astatori presso i mercati annonari all'ingrosso;

e)    attestazioni di qualificazione per eseguire lavori pubblici;

f)    altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati;

g)   contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali;

h)   licenze per detenzione e porto d'armi, fabbricazione, deposito, vendita e trasporto di materie esplodenti.

L'articolo 85 del medesimo decreto elenca i soggetti sottoposti a verifica antimafia:

1.    La documentazione antimafia, se si tratta di imprese individuali, deve riferirsi al titolare ed al direttore tecnico, ove previsto.

2.    La documentazione antimafia, se si tratta di associazioni, imprese, società, consorzi e raggruppamenti temporanei di imprese, deve riferirsi, oltre che al direttore tecnico, ove previsto:

a)    per le associazioni, a chi ne ha la legale rappresentanza;

b)   per le società di capitali, anche consortili ai sensi dell'articolo 2615-ter del codice civile, per le società cooperative, per i consorzi di cooperative, per i consorzi di cui al libro quinto, titolo X, capo II, sezione II, del codice civile, al legale rappresentante e agli eventuali altri componenti l'organo di amministrazione nonché a ciascuno dei consorziati che nei consorzi e nelle società consortili detenga, anche indirettamente, una partecipazione pari almeno al 5 per cento;

c)    per le società di capitali, anche al socio di maggioranza in caso di società con un numero di soci pari o inferiore a quattro, ovvero al socio in caso di società con socio unico;

d)   per i consorzi di cui all'articolo 2602 del codice civile e per i gruppi europei di interesse economico, a chi ne ha la rappresentanza e agli imprenditori o società consorziate;

e)    per le società semplice e in nome collettivo, a tutti i soci;

f)    per le società in accomandita semplice, ai soci accomandatari;

g)   per le società di cui all'articolo 2508 del codice civile, a coloro che le rappresentano stabilmente nel territorio dello Stato;

h)   per i raggruppamenti temporanei di imprese, alle imprese costituenti il raggruppamento anche se aventi sede all'estero, secondo le modalità indicate nelle lettere precedenti;

i)     per le società personali ai soci persone fisiche delle società personali o di capitali che ne siano socie.

2-bis. Oltre a quanto previsto dal precedente comma 2, per le associazioni e società di qualunque tipo, anche prive di personalità giuridica, la documentazione antimafia è riferita anche ai soggetti membri del collegio sindacale o, nei casi contemplati dall'articolo 2477 del codice civile, al sindaco, nonché ai soggetti che svolgono i compiti di vigilanza di cui all'articolo 6, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.

2-ter. Per le società costituite all'estero, prive di una sede secondaria con rappresentanza stabile nel territorio dello Stato, la documentazione antimafia deve riferirsi a coloro che esercitano poteri di amministrazione, di rappresentanza o di direzione dell'impresa.

2-quater. Per le società di capitali di cui alle lettere b) e c) del comma 2, concessionarie nel settore dei giochi pubblici, oltre a quanto previsto nelle medesime lettere, la documentazione antimafia deve riferirsi anche ai soci persone fisiche che detengono, anche indirettamente, una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 2 per cento, nonché ai direttori generali e ai soggetti responsabili delle sedi secondarie o delle stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti. Nell'ipotesi in cui i soci persone fisiche detengano la partecipazione superiore alla predetta soglia mediante altre società di capitali, la documentazione deve riferirsi anche al legale rappresentante e agli eventuali componenti dell'organo di amministrazione della società socia, alle persone fisiche che, direttamente o indirettamente, controllano tale società, nonché ai direttori generali e ai soggetti responsabili delle sedi secondarie o delle stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti. La documentazione di cui al periodo precedente deve riferirsi anche al coniuge non separato.

3. L'informazione antimafia deve riferirsi anche ai familiari conviventi di maggiore età dei soggetti di cui ai commi 1, 2, 2-bis, 2-ter e 2-quater.

 

L'articolo 91, comma 7-bis del medesimo decreto, stabilisce che, ai fini dell'adozione degli ulteriori provvedimenti di competenza di altre amministrazioni, l'informazione antimafia interdittiva, anche emessa in esito all'esercizio dei poteri di accesso, è tempestivamente comunicata anche in via telematica:

a) alla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e ai soggetti di cui agli articoli 5, comma 1, e 17, comma 1; (243)

b) al soggetto di cui all'articolo 83, commi 1 e 2, che ha richiesto il rilascio dell'informazione antimafia;

c) alla camera di commercio del luogo dove ha sede legale l'impresa oggetto di accertamento;

d) al prefetto che ha disposto l'accesso, ove sia diverso da quello che ha adottato l'informativa antimafia interdittiva;

e) all'osservatorio centrale appalti pubblici, presso la direzione investigativa antimafia;

f) all'osservatorio dei contratti pubblici relativi ai lavori, servizi e forniture istituito presso l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, ai fini dell'inserimento nel casellario informatico di cui all'articolo 7, comma 10, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e nella Banca dati nazionale dei contratti pubblici di cui all'articolo 62-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82;

g) all'Autorità garante della concorrenza e del mercato per le finalità previste dall'articolo 5-ter del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27;

h) al Ministero delle infrastrutture e trasporti;

i) al Ministero dello sviluppo economico;

l) agli uffici delle Agenzie delle entrate, competenti per il luogo dove ha sede legale l'impresa nei cui confronti è stato richiesto il rilascio dell'informazione antimafia.

L'articolo 92, commi 3 e seguenti, del decreto legislativo n. 159 del 2011, dispone che, decorso il termine di 30 giorni cui al comma 2, primo periodo, ovvero, nei casi di urgenza, immediatamente, i soggetti di cui all'articolo 83, commi 1 e 2, procedono anche in assenza dell'informazione antimafia. I contributi, i finanziamenti, le agevolazioni e le altre erogazioni di cui all'articolo 67 sono corrisposti sotto condizione risolutiva e i soggetti di cui all'articolo 83, commi 1 e 2, revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite. La revoca e il recesso di cui al comma 3 si applicano anche quando gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa siano accertati successivamente alla stipula del contratto, alla concessione dei lavori o all'autorizzazione del subcontratto. Il versamento delle erogazioni di cui all'articolo 67, comma 1, lettera g), può essere in ogni caso sospeso fino alla ricezione da parte dei soggetti richiedenti di cui all'articolo 83, commi 1 e 2, dell'informazione antimafia liberatoria.

 

L'articolo 96 del medesimo decreto dispone l'istituzione della banca dati nazionale unica della documentazione antimafia presso il Ministero dell'interno, Dipartimento per le politiche del personale dell'amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie.

 

Ai sensi del comma 11, il contributo a fondo perduto è corrisposto dall’Agenzia delle entrate mediante accreditamento diretto in conto corrente bancario o postale intestato al soggetto beneficiario.

I fondi con cui elargire i contributi sono accreditati sulla contabilità speciale intestata all’Agenzia delle entrate n. 1778 “Fondi di Bilancio”.

L'Agenzia delle entrate provvede al monitoraggio delle domande presentate ai sensi del comma 8 e dell'ammontare complessivo dei contributi a fondo perduto richiesti e ne dà comunicazione con cadenza settimanale al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.

 

Il comma 12 disciplina l'attività di controllo dei dati, recupero dei contributi non spettanti e relativa sanzione,

 

In particolare, l'attività di controllo dei dati dichiarati dal richiedente viene attribuita agli uffici delle imposte ai sensi degli articoli 31 e seguenti del D.P.R. n. 600 del 1973 riguardanti le funzioni, nonché i poteri di accesso, ispezione e verifica degli uffici medesimi.

Qualora il contributo sia in tutto o in parte non spettante, anche a seguito del mancato superamento della verifica antimafia, l’Agenzia delle entrate recupera il contributo non spettante, irrogando le sanzioni in misura corrispondente a quelle previste dall’articolo 13, comma 5, del decreto legislativo n. 471 del 1997 (dal 100 al 200% della misura del contributo) e gli interessi dovuti ai sensi dell’articolo 20 del D.P.R. n. 602 del 1973 (4% annuo), in base alle disposizioni di cui all’articolo 1, da commi da 421 a 423, della legge finanziaria 2005 (legge n. 311 del 2004).

 

L’articolo 1, commi da 421 a 423, della legge finanziaria 2005 (legge n. 311 del 2004) disciplina le modalità di recupero dei crediti indebitamente utilizzati e delle relative sanzioni e interessi.

In particolare, il comma 421 stabilisce che per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati in tutto o in parte, anche in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, nonché per il recupero delle relative sanzioni e interessi l'Agenzia delle entrate può emanare apposito atto di recupero motivato da notificare al contribuente con le modalità previste dall'articolo 60 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973.

Ai sensi del comma 422, in caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, delle somme dovute entro il termine assegnato dall'ufficio, comunque non inferiore a sessanta giorni, si procede alla riscossione coattiva con le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni. Per il pagamento delle somme dovute, di cui al periodo precedente, non è possibile avvalersi della compensazione prevista dall'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. In caso di iscrizione a ruolo delle somme dovute, per il relativo pagamento non è ammessa la compensazione.

Il comma 423 stabilisce che la competenza all'emanazione degli atti di cui al comma 421, emessi prima del termine per la presentazione della dichiarazione, spetta all'ufficio nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto per il precedente periodo di imposta.

 

Si rendono applicabili le disposizioni di cui all’articolo 27, comma 16, del decreto-legge n. 185 del 2008, nonché, per quanto compatibili, anche quelle di cui all’articolo 28 del decreto-legge n. 78 del 2010. Per le controversie relative all’atto di recupero si applicano le disposizioni previste dal decreto legislativo n. 546 del 1992 (recante disposizioni sul processo tributario).

 

L’articolo 27, comma 16, del decreto-legge n. 185 del 2008 stabilisce che, salvi i più ampi termini previsti dalla legge in caso di violazione che comporta l'obbligo di denuncia ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale per il reato previsto dall'articolo 10-quater, del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, l'atto di cui all'articolo 1, comma 421, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, emesso a seguito del controllo degli importi a credito indicati nei modelli di pagamento unificato per la riscossione di crediti inesistenti utilizzati in compensazione ai sensi dell'articolo 17, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell'ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo.

 

L'articolo 28 del decreto-legge n. 78 del 2010 prevede che, al fine di contrastare l'inadempimento dell'obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi, l'Agenzia delle Entrate esegue specifici controlli sulle posizioni dei soggetti che risultano aver percepito e non dichiarato redditi di lavoro dipendente ed assimilati sui quali, in base ai flussi informativi dell'INPS, risultano versati i contributi previdenziali e non risultano effettuate le previste ritenute. Anche a tal fine, le attività di controllo e di accertamento realizzabili con modalità automatizzate sono incrementate e rese più efficaci attribuendone la effettuazione ad apposite articolazioni dell'Agenzia delle Entrate, con competenza su tutto o parte del territorio nazionale, individuate con il regolamento di amministrazione dell'Agenzia delle Entrate di cui all'articolo 71, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

Il comma 13 stabilisce che, qualora successivamente all’erogazione del contributo, l’attività d’impresa o di lavoro autonomo cessi o le società e gli altri enti percettori cessino l’attività, il soggetto firmatario dell’istanza inviata in via telematica all’Agenzia delle entrate ai sensi del comma 8 è tenuto a conservare tutti gli elementi giustificativi del contributo spettante e a esibirli a richiesta agli organi istruttori dell’amministrazione finanziaria. In questi casi, l’eventuale atto di recupero di cui al comma 12 è emanato nei confronti del soggetto firmatario dell’istanza.

 

Il comma 14, infine, dispone che, nei casi di percezione del contributo in tutto o in parte non spettante si applica l’articolo 316-ter del codice penale.

 

L'articolo 316-ter del codice penale (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato) stabilisce che, salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall'articolo 640-bis, chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è della reclusione da uno a quattro anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi poter.

Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a euro 3.999,96 si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da euro 5.164 a euro 25.822. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito.

 

Il comma 15 reca la quantificazione degli oneri, valutati in 6.192 milioni di euro per l'anno 2020, e indica la copertura finanziaria facendo rinvio all'articolo 265.


 

Articolo 26
(Rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni)

 

 

L’articolo 26 istituisce tre misure di sostegno al rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni. Il comma 1 e il comma 2 definiscono le condizioni che regolano l'accesso alle misure di sostegno. Le imprese devono essere regolarmente costituite e iscritte nel registro delle imprese nella forma di società di capitali o società cooperative aventi sede legale in Italia. Dalle misure sono esclusi gli intermediari, le società di partecipazione e le imprese di assicurazione. I ricavi devono essere compresi fra 5 (10 per l'accesso al Fondo Patrimonio PMI) e 10 milioni di euro, e devono aver subito nei mesi di marzo e aprile 2020, a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 nei, una riduzione complessiva rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente in misura non inferiore al 33 per cento. Le società devono aver deliberato ed eseguito, dopo l’entrata in vigore del decreto in esame ed entro il 31 dicembre 2020, un aumento di capitale a pagamento e integralmente versato, di ammontare non inferiore a 250.000 euro per l’accesso al Fondo Patrimonio PMI). Le ulteriori condizioni fanno riferimento alla circostanza che, al 31 dicembre 2019, le società non rientrassero nella categoria delle imprese in difficoltà ai sensi della disciplina europea sugli aiuti di Stato, non abbiano ricevuto e, successivamente, non rimborsato aiuti ritenuti illegali o incompatibili dalla Commissione europea, si trovino in regola con le disposizioni vigenti in materia contributiva, fiscale, di edilizia ed urbanistica, del lavoro, della prevenzione degli infortuni e della salvaguardia dell'ambiente, non si trovano nelle condizioni ostative all'ottenimento di contributi e finanziamenti da parte dello Stato di cui all’articolo 67 del Codice delle leggi antimafia, non abbiano registrato una condanna definitiva nei confronti degli esponenti aziendali, negli ultimi cinque anni, per reati connessi all'evasione fiscale e, solo nel caso di accesso al Fondo Patrimonio PMI, presentano un numero di occupati inferiore a 250 persone. Il comma 3 chiarisce che l'efficacia delle misure in esame è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea. Il comma 4 definisce la prima misura di sostegno: ai soggetti che effettuano conferimenti in denaro partecipando, dopo l’entrata in vigore del decreto in esame ed entro il 31 dicembre 2020, all'aumento del capitale sociale di una o più società che soddisfano le condizioni dettate dai commi 1 e 2, spetta un credito d’imposta pari al 20 per cento dell'investimento. L’importo massimo del conferimento in denaro sul quale calcolare il credito d’imposta è pari a 2 milioni di euro (comma 5). Il credito d'imposta si applica anche agli investimenti effettuati in stabili organizzazioni in Italia di imprese con sede in Stati membri dell’Unione europea o in Paesi appartenenti allo Spazio economico europeo, nel rispetto delle condizioni di ammissibilità stabilite dal comma 1, nonché quando l’investimento avviene attraverso quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) che investono in misura superiore al 50 per cento nel capitale sociale delle imprese che rispettano le condizioni di ammissibilità (comma 6). La seconda misura di sostegno è rappresentata dal credito d'imposta sulle perdite registrate nel 2020, riconosciuto alle società ammissibili ai sensi dei commi 1 e 2, a seguito dell’approvazione del bilancio per l’esercizio 2020 (comma 8). Il credito d’imposta è pari al 50 per cento delle perdite eccedenti il 10 per cento del patrimonio netto, al lordo delle perdite stesse, fino a concorrenza del 30 per cento dell’aumento di capitale. Per la fruizione dei crediti di imposta sui conferimenti in denaro e sulle perdite registrate nel 2020 è autorizzata la spesa nel limite complessivo massimo di 2 miliardi di euro per l'anno 2021 (comma 10). La terza misura per il rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni è rappresentata dall'istituzione di un fondo per il sostegno e rilancio del sistema economico-produttivo italiano, denominato Fondo Patrimonio PMI (comma 12) con una dotazione iniziale pari a 4 miliardi di euro per l'anno 2020 (comma 19). Il fondo è finalizzato a sottoscrivere entro il 31 dicembre 2020 obbligazioni o titoli di debito di nuova emissione, con le caratteristiche indicate ai commi 14 e 16, emessi dalle società che soddisfano le condizioni di ammissione.

 

Il comma 1 definisce le condizioni per l'accesso alle misure per il rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni, regolarmente costituite e iscritte nel registro delle imprese nella forma di società di capitali (società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, anche semplificata, società per azioni europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001) o società cooperative (comprese le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003) aventi sede legale e amministrativa in Italia. Dalle misure sono esclusi gli intermediari finanziari e le società di partecipazione finanziaria e non finanziaria elencati all’articolo 162-bis del D.P.R. n. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR), nonché le imprese di assicurazione. 

Rispetto a tale insieme di soggetti, hanno acceso alle misure previste dal presente articolo le società che:

a)   presentino un ammontare di ricavi superiore a cinque milioni di euro (dieci milioni nel caso del Fondo Patrimonio PMI di cui al comma 12) e fino a cinquanta milioni di euro, non tenendo conto dei ricavi conseguiti all'interno del gruppo.

I ricavi considerati, con riferimento al periodo d'imposta 2019, sono quelli relativi ai corrispettivi delle cessioni di beni e prestazioni di servizi alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa (articolo 85, comma 1, lettera a) del TUIR) e delle cessioni di materie prime e sussidiarie, di semilavorati e di altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione (articolo 85, comma 1, lettera b) del TUIR). Nel caso in cui la società appartenga ad un gruppo, si fa riferimento al valore dei citati ricavi su base consolidata, al più elevato grado di consolidamento, non tenendo conto dei ricavi conseguiti all’interno del gruppo;

b)   abbiano subito, a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 nei mesi di marzo e aprile 2020, una riduzione complessiva dell’ammontare dei medesimi ricavi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente in misura non inferiore al 33 per cento.

Anche in questo caso, per le società che appartengono a un gruppo, si fa riferimento al valore dei citati ricavi su base consolidata, al più elevato grado di consolidamento, non tenendo conto dei ricavi conseguiti all’interno del gruppo;

c)   abbiano deliberato ed eseguito, dopo l’entrata in vigore del decreto in esame ed entro il 31 dicembre 2020, un aumento di capitale a pagamento e integralmente versato, di ammontare non inferiore a 250.000 euro per l’accesso al Fondo Patrimonio PMI di cui al comma 12.

 

Il comma 2 stabilisce ulteriori condizioni per l'accesso da parte delle società al credito d'imposta su perdite registrate nel 2020 di cui al comma 8 e al Fondo Patrimonio PMI di cui al comma 12. In particolare, vi hanno accesso le società che:

a)   al 31 dicembre 2019 non rientravano nella categoria delle imprese in difficoltà ai sensi del regolamento (UE) n. 651/2014, del regolamento (UE) n. 702/2014 e del regolamento (UE) n. 1388/2014.

Tali regolamenti, che dichiarano alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), escludono dal relativo campo di applicazione gli aiuti concessi alle imprese in difficoltà, poiché tali aiuti devono essere valutati alla luce degli orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà o degli orientamenti successivi al fine di evitarne l'elusione;

b)   si trovano in situazione di regolarità contributiva e fiscale;

c)   si trovano in regola con le disposizioni vigenti in materia di normativa edilizia ed urbanistica, del lavoro, della prevenzione degli infortuni e della salvaguardia dell'ambiente;

d)   non hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato gli aiuti ritenuti illegali o incompatibili dalla Commissione europea;

e)   non si trovano nelle condizioni ostative all'ottenimento di contributi e finanziamenti da parte dello Stato di cui all’articolo 67 decreto legislativo n. 159 del 2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia).

L'articolo 67, comma 1, lettera g) del Codice delle leggi antimafia prevede che le persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una delle misure di prevenzione personali applicate dall'autorità giudiziaria previste dal libro I, titolo I, capo II del medesimo Codice, non possono ottenere contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali;

f)    non abbiano registrato una condanna definitiva nei confronti degli amministratori, dei soci e del titolare effettivo, negli ultimi cinque anni, per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto nei casi in cui sia stata applicata la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici prevista dall’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo n. 74 del 2000;

g)   solo nel caso di accesso al Fondo Patrimonio PMI di cui al comma 12, presentano un numero di occupati inferiore a 250 persone.

 

Il comma 3 dell'articolo 29 chiarisce che l'efficacia delle misure in esame è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del TFUE.

Credito d’imposta sui conferimenti in denaro per aumenti di capitale

Il comma 4 definisce la prima misura per il rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni: ai soggetti che effettuano conferimenti in denaro partecipando, dopo l’entrata in vigore del decreto in esame ed entro il 31 dicembre 2020, all'aumento del capitale sociale (lettera c) del comma 1) di una o più società che soddisfano le condizioni dettate dai commi 1 e 2, spetta un credito d’imposta pari al 20 per cento dell'investimento. L’importo massimo del conferimento in denaro sul quale calcolare il credito d’imposta è pari a 2 milioni di euro (comma 5). Per usufruire dell’agevolazione è necessaria una certificazione della società conferitaria che attesti di non aver superato il limite dell’importo complessivo agevolabile di cui al comma 20 ovvero, se superato, l'importo per il quale spetta il credito d’imposta.

Il beneficio decade, con obbligo del contribuente di restituire l'ammontare detratto, unitamente agli interessi legali, se la società oggetto del conferimento in denaro distribuisce riserve, di qualsiasi tipo, prima del 1° gennaio 2024.

Dal beneficio sono escluse le società che hanno rapporti di collegamento o controllo con la società che riceve il conferimento in denaro.

 

Ai sensi del comma 6, il credito d'imposta si applica anche agli investimenti effettuati in stabili organizzazioni in Italia di imprese con sede in Stati membri dell’Unione europea o in Paesi appartenenti allo Spazio economico europeo, nel rispetto delle condizioni di ammissibilità stabilite dal comma 1 (forma societaria, tipologia di attività, limiti dimensionali relativi ai ricavi minimi e massimi, riduzione significativa dei ricavi nei mesi di marzo e aprile 2020, esecuzione dell'aumento di capitale). Si valuti l'opportunità di specificare il richiamo anche alle ulteriori condizioni disposte dal comma 2.

Il credito d'imposta si applica altresì quando l’investimento avviene attraverso quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) residenti nel territorio dello Stato (articolo 73 del TUIR), o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo, che investono in misura superiore al 50 per cento nel capitale sociale delle imprese che rispettano le condizioni di ammissibilità.

 

Il credito d’imposta è utilizzabile nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di effettuazione dell’investimento e in quelle successive fino a quando non se ne conclude l’utilizzo nonché, a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di effettuazione dell’investimento, anche in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997. Non si applicano i limiti all'utilizzo in compensazione (elevati a un milione di euro dall'articolo 147 del decreto legge in esame) di cui alla legge n. 388 del 2000, e quello annuale di 250 mila euro, di cui alla legge n. 244 del 2007. Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e non rileva ai fini della deducibilità degli interessi passivi e degli altri componenti negativi di reddito.  

In particolare, l'articolo 61 del TUIR stabilisce che gli interessi passivi inerenti all'esercizio d'impresa sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.

L'articolo 109, comma 5, del TUIR dispone che le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.

Credito d'imposta sulle perdite registrate nel 2020

La seconda misura per il rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni, è rappresentata dal credito d'imposta sulle perdite registrate nel 2020, riconosciuto alle società ammissibili ai sensi dei commi 1 e 2 dell'articolo in esame, a seguito dell’approvazione del bilancio per l’esercizio 2020 (comma 8). Il credito d’imposta è pari al 50 per cento delle perdite eccedenti il 10 per cento del patrimonio netto, al lordo delle perdite stesse, fino a concorrenza del 30 per cento dell’aumento di capitale effettuato (lettera c) del comma 1) e comunque nei limiti previsti dal comma 20. Le perdite fiscali riportabili nei periodi d’imposta successivi sono ridotte dell’importo dell’ammontare del credito d’imposta riconosciuto. Il beneficio decade, con obbligo di restituzione dell'ammontare detratto, unitamente agli interessi legali, se la società distribuisce riserve, di qualsiasi tipo, prima del 1° gennaio 2024.

Il credito d’imposta sulle perdite registrate nel 2020 è utilizzabile in compensazione (comma 9), ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di effettuazione dell’investimento. Non si applicano i limiti all'utilizzo in compensazione (elevati a un milione di euro dall'articolo 147 del decreto legge in esame) di cui alla legge n. 388 del 2000, e quello annuale di 250 mila euro, di cui alla legge n. 244 del 2007. Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e non rileva ai fini della deducibilità degli interessi passivi e degli altri componenti negativi di reddito.

 

Per la fruizione dei crediti di imposta sui conferimenti in denaro (commi 4 e 5) e sulle perdite registrate nel 2020 (comma 8), è autorizzata la spesa nel limite complessivo massimo di 2 miliardi di euro per l'anno 2021 (comma 10). Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in sono stabiliti i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d'imposta anche al fine di assicurare il rispetto del limite di spesa.

Fondo Patrimonio PMI

La terza misura per il rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni è rappresentata dall'istituzione di un fondo per il sostegno e rilancio del sistema economico-produttivo italiano, denominato Fondo Patrimonio PMI (comma 12). Il fondo è finalizzato a sottoscrivere entro il 31 dicembre 2020 obbligazioni o titoli di debito di nuova emissione, con le caratteristiche indicate dai commi 14 e 16, emessi dalle società che soddisfano le condizioni di ammissione, per un ammontare massimo pari al minore importo tra:

§  tre volte l’ammontare dell’aumento di capitale (lettera c) del comma 1), e

§  il 12,5 per cento dell’ammontare dei ricavi (lettera a) del comma 1).

Diversi criteri per la determinazione dell'ammontare massimo si applicano qualora la società sia beneficiaria di finanziamenti assistiti da garanzia pubblica in attuazione di un regime di aiuto ai sensi del paragrafo 3.2 della Comunicazione della Commissione europea recante un “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, ovvero di aiuti sotto forma di tassi d’interesse agevolati in attuazione di un regime di aiuto ai sensi del paragrafo 3.3 della stessa Comunicazione. In tale caso, la somma degli importi garantiti, dei prestiti agevolati e dell’ammontare degli strumenti finanziari sottoscritti dal Fondo Patrimonio PMI non può superare il maggiore tra il 25 per cento dell’ammontare dei ricavi (lettera a) del comma 1); il doppio dei costi del personale della società relativi al 2019, come risultanti dal bilancio ovvero da dati certificati se l'impresa non ha approvato il bilancio; il fabbisogno di liquidità della società per i diciotto mesi successivi alla concessione della misura di aiuto, come risultante da una autocertificazione del rappresentante legale. 

Gli strumenti finanziari possono essere emessi in deroga ai limiti di cui all’articolo 2412, primo comma, del codice civile, ai sensi del quale la società può emettere obbligazioni al portatore o nominative per somme complessivamente non eccedenti il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato.

 

La Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, e successive modifiche

 

Per rispondere alla crisi economica e sanitaria legata alla diffusione del COVID-19, la Commissione europea ha deciso di concedere agli Stati membri la piena flessibilità nell'applicazione della disciplina sugli aiuti di Stato.

A tal fine, il 19 marzo 2020 la Commissione ha adottato un "Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’emergenza del COVID-19", che consente a tutti gli Stati membri di intervenire per sostenere il sistema economico a fronte dalla situazione di grave turbamento generata dall'emergenza sanitaria in atto. Di conseguenza, la Commissione ha autorizzato una serie di progetti relativi ad aiuti di Stato, notificati da diversi Stati membri.

Il Quadro temporaneo, come modificato il 3 aprile scorso, legittima, fino al 31 dicembre 2020, 10 tipologie di aiuti di stato al fine di consentire agli Stati membri di sostenere l'economia nel contesto dell'emergenza del coronavirus.  Si tratta di: sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali, pagamenti anticipati, prestiti, garanzie e partecipazioni; garanzie di stato; prestiti pubblici agevolati alle imprese; garanzie per le banche; assicurazioni al credito all'esportazione a breve termine; sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali per ricerca e sviluppo; sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali per investimenti in infrastrutture di prova e upscaling; sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali per la produzione di prodotti connessi al Covid-19; differimento di imposte e contributi previdenziali; sovvenzioni per il pagamento dei salari dei dipendenti che altrimenti dovrebbero essere licenziati. 

L'8 maggio sono state approvate delle modifiche che estendono ulteriormente il Quadro temporaneo inserendo la possibilità per gli Stati di varare misure per la ricapitalizzazione e la concessione di debiti subordinati a favore delle imprese in difficoltà. Le nuove disposizioni inoltre fissano una serie di condizioni per evitare distorsioni della concorrenza. 

Dalla pubblicazione del Quadro temporaneo, il 19 marzo scorso, la Commissione europea sta approvando una serie di progetti di aiuti di stato notificati da numerosi Stati membri, tra cui l'Italia.

Per ulteriori dettagli sulla disciplina introdotta dalla Commissione europea in materia di aiuti di Stato e sulle richieste avanzate dall'Italia e dagli altri paesi membri dell'Unione europea, cfr. Servizio studi del Senato, "L'epidemia COVID-19 e l'Unione europea (Aggiornata all'11 maggio 2020)", Nota sugli atti dell'Unione europea n. 44/7, 12 maggio 2020.

 

La gestione del fondo è affidata all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. - Invitalia, o a società da questa interamente controllate (comma 13).

 

Il comma 14 prevede che gli strumenti emessi ai fini della sottoscrizione del fondo abbiano una scadenza di sei anni, con una opzione di rimborso anticipato a favore dell'emittente decorsi tre anni dalla sottoscrizione. Gli strumenti finanziari sono immediatamente rimborsati in caso di informazione interdittiva antimafia. Nel caso in cui la società emittente sia assoggettata a fallimento o altra procedura concorsuale, i crediti del fondo per il rimborso del capitale e il pagamento degli interessi sono soddisfatti dopo ogni altro credito e prima dei finanziamenti dei soci a favore della società (articolo 2467 del codice civile).

La società emittente, ai sensi del comma 15, assume l’impegno di:

a)   non deliberare o effettuare, dalla data dell’istanza e fino all’integrale rimborso degli strumenti finanziari, distribuzioni di riserve e acquisti di azioni proprie o quote e di non procedere al rimborso di finanziamenti dei soci;

b)   destinare il finanziamento a sostenere costi di personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia;

c)    fornire al soggetto gestore un rendiconto periodico, con i contenuti, la cadenza e le modalità da quest’ultimo indicati, al fine di consentire la verifica degli impegni assunti e di quanto previsto al successivo comma 16, il quale stabilisce che gli interessi maturano con periodicità annuale e sono corrisposti in unica soluzione alla data di rimborso e demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, la definizione di:

-         caratteristiche, condizioni e modalità del finanziamento;

-         obiettivi al cui conseguimento può essere accordata una riduzione del valore di rimborso degli strumenti finanziari.

 

Il comma 16 prevede che il fondo operi su richiesta delle società ammissibili e che il gestore proceda secondo l'ordine cronologico di presentazione delle istanze. L’istanza è trasmessa al gestore secondo il modello uniforme da questo reso disponibile sul proprio sito Internet. Il gestore può prevedere, ai fini della verifica della sussistenza dei requisiti, la presentazione di dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà ai sensi dell’articolo 47 del D.P.R. n. 445 del 2000.

In particolare, qualora il rilascio dell’informativa antimafia non sia immediatamente conseguente alla consultazione della banca dati unica prevista dall’articolo 96 del Codice delle leggi antimafia, ferma restando la richiesta di informativa antimafia da parte del gestore, le istanze di accesso agli interventi del fondo sono integrate da una dichiarazione sostitutiva con cui il legale rappresentante attesta di non trovarsi nelle condizioni ostative all'ottenimento di contributi e finanziamenti da parte dello Stato di cui all’articolo 67 Codice delle leggi antimafia. In caso di informativa interdittiva antimafia gli strumenti finanziari sottoscritti dal fondo sono immediatamente rimborsati.

 

Il gestore procede alla sottoscrizione degli strumenti (comma 18) previa verifica:

§  della sussistenza dei requisiti di cui ai commi 1 e 2;

§  dell’esecuzione dell’aumento di capitale (lettera c) del comma 1);

§  della conformità degli strumenti a quanto previsto dalla disciplina in esame;

§  dell’assunzione da parte della società degli impegni di cui al comma 15 (di non distribuire riserve, acquistare azioni proprie, né rimborsare finanziamenti ai soci, di utilizzare il finanziamento per sostenere il costo del personale o investimenti localizzati in Italia, di fornire un rendiconto periodico al gestore).

 

Il Fondo Patrimonio PMI ha una dotazione iniziale pari a 4 miliardi di euro per l'anno 2020 (comma 19). Per la gestione del fondo è autorizzata l’apertura di apposita contabilità speciale. Il gestore è autorizzato a trattenere dalle disponibilità del fondo le risorse necessarie per le proprie spese di gestione nel limite massimo per operazione dell’1 per cento del valore nominale degli strumenti finanziari sottoscritti, e comunque per un importo complessivo non superiore a 5 milioni di euro per l’anno 2020.

 

Il comma 20, infine, stabilisce che il credito d'imposta per i conferimenti di cui al comma 4, il credito d'imposta per le perdite 2020 di cui al comma 8, si cumulano fra di loro e con eventuali altre misure di aiuto, da qualunque soggetto erogate, di cui l’emittente ha beneficiato ai sensi del paragrafo 3.1 della citata Comunicazione della Commissione europea recante un Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19.

In particolare, l’importo complessivo lordo delle suddette misure di aiuto per ciascuna società di cui al comma 1 non eccede l’ammontare di 800.000 euro (120.000 euro per le imprese operanti nel settore della pesca e dell’acquacoltura, 100.000 euro per le imprese operanti nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli).

Il comma 20 specifica che, ai fini della quantificazione, non si tiene conto di eventuali misure di cui la società abbia beneficiato fra quelle già dichiarate compatibili ai sensi del regolamento della Commissione n. 1407/2013 sugli aiuti "de minimis", del regolamento della Commissione n. 702/2014 che dichiara compatibili alcune categorie di aiuti nei settori agricolo e forestale e nelle zone rurali, del regolamento della Commissione n. 717/2013 sui prodotti di origine animale, ovvero ai sensi del regolamento (UE) n. 651/2014 in materia di aiuti per finalità regionale e alle PMI e del regolamento (UE) n. 1388/2014 che dichiara compatibili alcune categorie di aiuti nei settori della produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura.

Ai fini della verifica del rispetto dei suddetti limiti la società ottiene dai soggetti indicati ai commi 4 e 6 secondo periodo, l’attestazione della misura dell’incentivo di cui si è usufruito. La società presenta una dichiarazione sostitutiva, con la quale il legale rappresentante attesta, sotto la propria responsabilità, che le misure previste ai commi 4 e 8 sommate con le misure di aiuto, da qualunque soggetto erogate, di cui la società ha beneficiato, ai sensi del paragrafo 3.1 della Comunicazione della Commissione europea recante un Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19 non superano i limiti suddetti. Con il medesimo atto il legale rappresentante dichiara, altresì, di essere consapevole che l’aiuto eccedente detti limiti è da ritenersi percepito indebitamente e oggetto di recupero ai sensi della disciplina dell’Unione europea.

 

Il comma 21, infine, stabilisce che agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede ai sensi dell’articolo 265, alla cui scheda di lettura si fa rinvio.


 

Articolo 28
(Credito d’imposta per i canoni di locazione
degli immobili a uso non abitativo)

 

 

L’articolo 28 introduce un credito d’imposta per l'ammontare mensile del canone di locazione di immobili a uso non abitativo a favore di alcuni soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro, che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi. Per le strutture alberghiere e agrituristiche il credito d’imposta spetta indipendentemente dal volume di affari registrato nel periodo d’imposta precedente.

 

Più in dettaglio, il comma 1 stabilisce che al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto in esame, spetta un credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell'ammontare mensile del canone di locazione, di leasing o di concessione di immobili ad uso non abitativo destinati allo svolgimento dell’attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, di interesse turistico o all'esercizio abituale e professionale dell’attività di lavoro autonomo.

 

Il comma 2 stabilisce che il credito d’imposta spetta nella misura del 30 per cento dei relativi canoni in caso di contratti di servizi a prestazioni complesse (nei quali oltre alla messa a disposizione di vani ad uso ufficio viene fornita una ulteriore serie di servizi aggiuntivi) o di affitto d’azienda, comprensivi di almeno un immobile a uso non abitativo destinato allo svolgimento dell’attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, di interesse turistico o all'esercizio abituale e professionale dell’attività di lavoro autonomo.

 

Il comma 3 specifica che il credito di imposta spetta alle strutture alberghiere e agrituristiche indipendentemente dal volume di affari registrato nel periodo d’imposta precedente.

 

Il comma 4 chiarisce che il beneficio spetta anche agli enti non commerciali, compresi gli enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, in relazione al canone di locazione, di leasing o di concessione di immobili ad uso non abitativo destinati allo svolgimento dell’attività istituzionale.

 

Il comma 5 definisce le condizioni necessarie per fruire del credito d’imposta. La norma specifica che l’agevolazione è commisurata all’importo versato nel periodo d’imposta 2020 con riferimento a ciascuno dei mesi di marzo, aprile e maggio e per le strutture turistico ricettive con attività solo stagionale con riferimento a ciascuno dei mesi di aprile, maggio e giugno

Ai soggetti locatari esercenti attività economica, il credito d’imposta spetta a condizione che abbiano subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi nel mese di riferimento di almeno il 50 per cento rispetto allo stesso mese del periodo d’imposta precedente.

 

Il comma 6 dispone che il credito d'imposta è utilizzabile nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di sostenimento della spesa ovvero in compensazione (articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241) successivamente all'avvenuto pagamento dei canoni.

Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi (articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917).

 

Il comma 7 stabilisce che al credito d’imposta non si applicano i limiti di compensabilità, ovvero il limite generale di compensabilità di crediti di imposta e contributi (elevato per l'anno 2020, a un milione di euro dall’articolo 147 del decreto legge in esame), di cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, né il limite di 250.000 euro applicabile ai crediti di imposta agevolativi da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi (articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244).

 

Il comma 8, al fine di evitare una duplicazione del beneficio in capo ad alcuni soggetti, dispone la non cumulabilità in relazione ai medesimi canoni per il mese di marzo del credito d’imposta di cui al presente articolo con il credito d’imposta pari al 60 per cento del canone di locazione, relativo al mese di marzo, di negozi e botteghe (immobili rientranti nella categoria catastale C/1) previsto dall’articolo 65 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18.

 

Il comma 9 precisa che le disposizioni dell’articolo in commento si applicano nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”.

 

Per una panoramica completa sulle misure adottate in sede europea a sostegno dell'economia dell'UE e dei diversi Stati membri colpiti dalla crisi si consiglia la lettura della pagina web Gli aiuti di Stato nell’attuale epidemia da COVID: il nuovo quadro UE realizzata dal Servizio Studi della Camera dei deputati.

 

Il comma 10 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla disposizione (valutati in 1.424,1 milioni di euro).

 


 

Articolo 30
(Riduzione degli oneri delle bollette elettriche)

 

 

L’articolo 30 prevede che l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente - ARERA, operi, per i mesi di maggio e giugno e luglio 2020, con propri provvedimenti, una riduzione della spesa sostenuta dalle utenze elettriche connesse in bassa tensione diverse dagli usi domestici, con riferimento alle voci della bolletta identificate come "trasporto e gestione del contatore" e "oneri generali di sistema".

Per i soli clienti non domestici alimentati in bassa tensione con potenza disponibile superiore a 3,3 kW, le tariffe di rete e gli oneri generali saranno rideterminate al fine di ridurre la spesa applicando una potenza “virtuale” fissata convenzionalmente pari a 3 kW, senza che a ciò corrisponda alcuna limitazione ai prelievi da parte dei medesimi clienti.

La riduzione opera nell’ambito del limite delle risorse stanziate dall’articolo, pari a 600 milioni di euro per l’anno 2020, che costituiscono limite massimo di spesa.

 

Nel dettaglio, il comma 1 dispone che l’ARERA - per i mesi di maggio, giugno e luglio 2020 – adotti provvedimenti finalizzati alla riduzione della spesa sostenuta in bolletta elettrica dalle utenze connesse in bassa tensione diverse dagli usi domestici.

La riduzione riguarda le voci della bolletta identificate come "trasporto e gestione del contatore" ed "oneri generali di sistema".

La riduzione opera nell’ambito del limite delle risorse stanziate al successivo comma 3, pari a 600 milioni di euro per l’anno 2020, che costituiscono limite massimo di spesa.

Ai sensi del comma 2, l’Autorità ridetermina, senza aggravi tariffari per le utenze interessate e in via transitoria, le tariffe di distribuzione e di misura dell’energia elettrica nonché le componenti a copertura degli oneri generali di sistema, da applicare tra il 1° maggio e il 30 luglio 2020, in modo che:

a)   sia previsto un risparmio delle componenti tariffarie fisse applicate per punto di prelievo, parametrato al valore vigente nel primo trimestre dell’anno;

b)   per le sole utenze con potenza disponibile superiore a 3,3 kW, la spesa effettiva relativa alle due voci - "trasporto e gestione del contatore" ed "oneri generali di sistema" - non deve superare quella che, in vigenza delle tariffe applicate nel primo trimestre dell’anno, si otterrebbe assumendo un volume di energia prelevata pari a quello effettivamente registrato ed un livello di potenza impegnata fissato convenzionalmente pari a 3 kW.

La relazione illustrativa afferma che la norma ha lo scopo di alleviare il peso delle quote fisse delle bollette elettriche in particolare in capo alle piccole attività produttive e commerciali, gravemente colpite su tutto il territorio nazionale dall’emergenza epidemiologica da COVID-19.

Il comma 3 dell’articolo in esame autorizza la spesa di 600 milioni di euro per l’anno 2020 per gli interventi previsti dall’articolo e ai relativi oneri si provvede ai sensi dell’articolo 265 (che reca le disposizioni di copertura finanziaria del provvedimento in esame, si rinvia alla relativa scheda di lettura).

Si demanda al Ministero dell’economia e finanze il versamento di detto importo sul Conto emergenza COVID-19 istituito presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) nella misura del:

§  cinquanta per cento entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto e, del

§  restante cinquanta per cento, entro il 30 novembre 2020.

L’Autorità assicura, con propri provvedimenti, l’utilizzo di tali risorse a compensazione della riduzione delle tariffe di distribuzione e misura di cui ai commi 1 e 2 e degli oneri generali di sistema.

 

La norma qui in esame appare sostanzialmente ricalcare la proposta avanzata dall’ARERA nella Segnalazione trasmessa dalla medesima Autorità al Parlamento e al Governo il 24 aprile 2020 (Delibera ARERA 136/2020/l/com - Doc. Camera NN 13 n. 51).

Nella Segnalazione, l’ARERA ha sottoposto all'attenzione di Parlamento e Governo l'opportunità di valutare ipotesi di intervento normativo, per mitigare la attuale situazione di disagio e le eventuali criticità dei settori elettrico, gas e degli utenti finali del settore idrico e dei rifiuti. L'Autorità indica, nella Segnalazione, i primi provvedimenti urgenti da lei stessa adottati nell’esercizio dei poteri regolatori e normativi ad essa attribuiti per far fronte alla situazione emergenziale, quali la sospensione dell'applicazione delle procedure di inadempimento previste per gli utenti dei servizi di trasporto di energia elettrica e di distribuzione del gas naturale, rispetto agli eventuali mancati pagamenti delle fatture emesse dal distributore, in scadenza nel mese di aprile.

Inoltre, al fine di tenere conto dell'effetto per i distributori derivante dal conseguente minor incasso dagli utenti del trasporto di energia elettrica e della distribuzione di gas naturale, l'Autorità ha individuato specifiche deroghe, per un arco di tempo determinato, a favore dei distributori nella fissazione degli importi da corrispondere alla CSEA e al Gestore dei servizi energetici (GSE), per gli oneri generali di sistema.

Al fine di  garantire la sostenibilità finanziaria degli interventi a sostegno dei clienti finali dei settori elettrico, gas e degli utenti finali del settore idrico, l’Autorità ha disposto la costituzione, presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali - CSEA, di un apposito conto di gestioneConto emergenza COVID-19”- a valere sulle giacenze disponibili [6] - per un valore complessivo di l ,5 miliardi di euro. (Delibera 60/2020/R/COM).

Quanto alle iniziative da adottare, l’ARERA rileva in generale come - vista la limitatezza delle risorse a disposizione -  le misure emergenziali, pur necessarie  - non possano essere mantenute nel tempo in via strutturale; ciò causerebbe, infatti, una perdita di solidità economico-finanziaria per intere filiere settoriali, con ricadute negative, in ultima istanza, sui clienti/utenti dei servizi. Infatti, con riferimento agli oneri generali di sistema afferenti al settore elettrico, la riduzione dei prelievi di energia elettrica da parte delle diverse tipologie di clienti "non domestici" comporta sin d'ora un mancato gettito (solo parzialmente compensato dall'aumento dei consumi domestici che è ragionevole attendersi), che dovrà essere recuperato.

Quanto specificamente alle iniziative proposte da ARERA per il sistema elettrico, va premesso come nelle bollette siano presenti il pagamento dei servizi di vendita (materia prima, commercializzazione e vendita), servizi di rete (trasporto, distribuzione, gestione del contatore), oneri generali di sistema (applicati come maggiorazione della tariffa di distribuzione) e imposte.

La valorizzazione di tali voci segue un complesso meccanismo di determinazione delle singole componenti fisse e variabili legate sia all’ energia prelevata sia alla potenza, nonché ai corrispettivi fissi applicati periodicamente a ciascun punto di prelievo. Parte della bolletta è, dunque, naturalmente commisurata al livello di consumo di ciascun cliente e sostanzialmente si adegua automaticamente in caso di contrazione dell'attività. La rimanente parte della bolletta, pur riflettendo le caratteristiche di prelievo del cliente, non risente del livello di consumo. Questo in coerenza con la complessa struttura dei costi lungo la filiera.

ARERA dunque ha proposto nella Segnalazione interventi normativi che, per contenere il costo dell’energia nella attuale situazione emergenziale, sfruttino questa struttura tariffaria e si focalizzino sulla riduzione o sull’azzeramento delle "quote fisse" relative alle voci della bolletta elettrica "trasporto e gestione del contatore" ed "oneri generali", anche con una modulazione temporale.

ARERA inoltre ha quantificato finanziariamente in 600 milioni di euro, l’applicazione, per il trimestre aprile - giugno 2020, ai clienti finali del settore elettrico non domestici alimentati in bassa tensione con potenza disponibile superiore a 3.3 kW (quindi, tipicamente, piccoli esercizi commerciali, artigiani, professionisti, servizi e piccoli laboratori), di una quota fissa di entità corrispondente a 3 kW di potenza impegnata. Tale intervento si traduce – secondo l’Autorità - in una significativa riduzione della bolletta (rispetto a quella che sarebbe emessa in assenza di intervento), anche superiore al 70% per clienti, ad esempio, con 15 kW di potenza impegnata.

Articolo 38
(Rafforzamento dell’ecosistema delle start up innovative)

 

 

L’articolo 38, al comma 1 – al fine rafforzare, sull’intero territorio nazionale, gli interventi in favore delle startup innovative - rifinanzia di 100 milioni per l’anno 2020 la misura “Smart&Start Italia” di cui al D.M. 24 settembre 2014 e ss. mod. e int., destinando le risorse ai finanziamenti agevolati per le startup.

Il comma 2 stanzia 10 milioni di euro per l’anno 2020 alla concessione in favore delle startup innovative di contributi a fondo perduto finalizzati all’acquisizione di servizi prestati da parte di incubatori, acceleratori, innovation hub, business angels e altri soggetti pubblici o privati operanti per lo sviluppo di imprese innovative.

Per le medesime finalità di rafforzamento, sull’intero territorio nazionale, degli interventi in favore delle startup innovative, il comma 3, rifinanzia di 200 milioni di euro per l’anno 2020 il Fondo di sostegno al venture capital, istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 209, della legge di bilancio 2019 (L. n. 145 del 2018).

Il comma 4 interviene sul credito di imposta in ricerca e sviluppo, istituito riconosciuto per l’anno 2020 dalla Legge di bilancio 2020. Il comma inserisce le spese per contratti di ricerca extra muros stipulati con le startup innovative, tra le spese che concorrono a formare, in modo maggiorato, la base di calcolo del credito d'imposta, per un importo pari al 150 per cento del loro ammontare (novella all’art. 1, comma 200 della legge 160/2019).

Il comma 5 dispone una proroga di 12 mesi del termine di permanenza delle startup innovative nella sezione speciale del registro delle imprese. Eventuali termini - previsti a pena di decadenza - dall’accesso a incentivi pubblici e per la revoca dei medesimi sono prorogati di 12 mesi.

Il comma 6 riserva una quota pari a 200 milioni di euro delle risorse già assegnate al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, al rilascio delle garanzie in favore delle startup innovative e delle PMI innovative. Alla predetta quota le imprese accedono sulla base delle modalità, tempo per tempo vigenti, ivi incluse quelle di cui alle disposizioni transitorie e straordinarie previste dall’articolo 13 del D.L. n. 23/2020.

Il comma 7 integra la disciplina agevolativa delle startup innovative contenuta nel D.L. n. 179/2012, aggiungendovi un nuovo articolo 29-bis, che prevede incentivi fiscali in regime de minimis all’investimento in startup innovative.

Il comma 8 integra la disciplina agevolativa per le PMI innovative, introducendo per esse lo stesso regime agevolativo fiscale in regime “de minimis” introdotto per le startup innovative dal comma 7.

Il comma 9 demanda le disposizioni attuative dei commi 7 e 8 ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico da adottare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore dell’articolo in esame.

Il comma 10 interviene sulla disciplina relativa al cd. Investor Visa for Italy, riducendo della metà gli importi minimi degli investimenti in strumenti rappresentativi del capitale di una società italiana che danno titolo al visto per investitori.

Il comma 11 estende le agevolazioni previste dalla misura “Smart&Start Italia” in favore delle startup innovative localizzate nel territorio del cratere sismico aquilano anche alle startup innovative localizzate nel territorio dei comuni colpiti dagli eventi sismici del 2016 e 2017, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.

I commi da 12 a 18 istituiscono e disciplinano l’istituzione, presso il MISE, di un Fondo, con una dotazione iniziale di 4 milioni di euro nel 2020, per sostenere lo sviluppo dell’industria dell’intrattenimento digitale a livello nazionale, denominato «First Playable Fund».

Il comma 19 reca la copertura finanziaria dell’articolo.

 

 

Nel dettaglio, il comma 1 – al fine di un rafforzamento, sull’intero territorio nazionale, degli interventi in favore delle startup innovative - rifinanzia di 100 milioni per l’anno 2020 la misura “Smart&Start Italia” di cui al D.M. 24 settembre 2014 e ss. mod. e int.. Le risorse vengono destinate al rifinanziamento delle agevolazioni concesse alle startup nella forma del finanziamento agevolato.

La relazione illustrativa evidenzia che la misura “Smart&Start Italia” è il principale strumento agevolativo nazionale rivolto a tale tipologia di imprese.

La misura “Smart&Start Italia” è stata istituita dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 24 settembre 2014 “Riordino degli interventi di sostegno alla nascita e allo sviluppo di start-up innovative in tutto il territorio nazionale”, ed è stata oggetto di recente revisione e semplificazione con decreto dello stesso Ministro del 30 agosto 2019, ai sensi di quanto disposto dal cd. D.L. “Crescita” (articolo 29, comma 3, del D.L.  n. 34 del 2019).

La misura è stata adottata ai sensi di quanto previsto dall'art. 1, comma 845, della L. finanziaria 2007 (L. n. 296/2006) e ss. mod e int., il quale prevede che il Ministro dello sviluppo economico può istituire, con proprio decreto, specifici regimi di aiuto in conformità alla normativa europea.

Smart&Start Italia” è riservata alle startup innovative, localizzate su tutto il territorio nazionale, iscritte nell’apposita sezione speciale del registro delle imprese e in possesso dei requisiti di cui alla disciplina istitutiva delle startup contenuta nell’articolo 25 del D.L. n. 179/2012 [7] . Relativamente a tale disciplina, si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare “Startup innovative, PMI innovative e incubatori certificati”.

Sono ammissibili alle agevolazioni della misura “Smart&Start Italia” i piani di impresa aventi ad oggetto la produzione di beni e l’erogazione di servizi che presentano almeno una delle seguenti caratteristiche: significativo contenuto tecnologico e innovativo, ovvero, sviluppo di prodotti, servizi o soluzioni nel campo dell’economia digitale, dell’intelligenza artificiale, della blockchain e dell’internet of things, ovvero, valorizzazione economica dei risultati del sistema della ricerca pubblica e privata (spin off da ricerca).

I piani d’impresa possono essere realizzati anche in collaborazione con organismi di ricerca, incubatori e acceleratori d’impresa, Digital Innovation Hub. Smart&Start Italia finanzia Piani d’impresa, di importo compreso tra 100 mila euro e 1,5 milioni di euro. I piani devono essere avviati successivamente alla presentazione della domanda e devono essere conclusi entro 24 mesi dalla data di stipula del contratto di finanziamento.

Le startup richiedenti possono beneficiare delle seguenti agevolazioni:

-        finanziamento agevolato, senza interessi, per un importo pari all’80% delle spese ammissibili; l’importo del finanziamento è elevabile al 90% nel caso in cui la startup sia interamente costituita da donne e/o da giovani di età non superiore a 35 anni, oppure preveda la presenza di almeno un esperto con titolo di dottore di ricerca (o equivalente) conseguito da non più di 6 anni e impegnato stabilmente all'estero in attività di ricerca o didattica da almeno un triennio. Il finanziamento ha durata massima di 10 anni. Per le startup innovative con sede in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, il predetto finanziamento è restituito in misura parziale, per un ammontare pari al 70% dell’importo di finanziamento agevolato concesso per le spese del piano di impresa.

-        servizi di tutoraggio tecnico gestionale: per le sole startup innovative costituite da non più di 12 mesi.

Il gestore dell’intervento è Invitalia S.p.A.. Con la circolare della Direzione Generale per gli incentivi alle imprese n. 439196 del 16 dicembre 2019 sono state definite le tempistiche e le modalità di presentazione delle domande secondo la nuova disciplina introdotta dal Decreto del Ministro dello sviluppo economico del 30 agosto 2019.

Si rinvia alla sezione del sito web INVITALIA www.smartstart.invitalia.it, nonché alle pagine dedicate del Ministero dello sviluppo economico.

 

La relazione illustrativa afferma che è necessaria un’evoluzione dello strumento Smart & Start, che conduca ad estenderne l’ambito di intervento, ora incentrato sulle fasi iniziali del ciclo di vita, permettendo alle startup meritevoli di consolidare il proprio sviluppo attraverso apporti in termini di capitale proprio anche da parte di investitori privati e istituzionali. Per soddisfare tali esigenze, il comma 1 della norma in commento rimette ad un decreto ministeriale la disciplina di nuove modalità di intervento che vadano nella predetta direzione. Il nuovo strumento potrà consentire, dunque, la conversione del debito in uno strumento partecipativo, accompagnato dall’ingresso nel capitale sociale di un investitore e/o aumento del capitale stesso, la cui restituzione sarà legata al rendimento aziendale. Grazie a questa operazione potrà essere sostenuta la patrimonializzazione della startup.

 

Il comma 2 stanzia 10 milioni di euro per l’anno 2020 alla concessione alle startup innovative di contributi a fondo perduto finalizzati all’acquisizione di servizi prestati da parte di incubatori, acceleratori, innovation hub, business angels e altri soggetti pubblici o privati operanti per lo sviluppo di imprese innovative.

L’intervento è diretto a sostenere le startup, anche attraverso nuove azioni volte a facilitare l’incontro tra le stesse imprese e gli ecosistemi per l'innovazione.

Le agevolazioni sono concesse - ai sensi della disciplina sugli aiuti di Stato di importanza minore, di cui al Reg. (UE) n. 1407/2013 (cd. de minimis) – secondo condizioni e termini definiti con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.

Relativamente alla disciplina istitutiva delle startup innovative e degli incubatori certificati, di cui agli art. 25 e ss. del D.L. n. 179/2012,  si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare “Startup innovative, PMI innovative e incubatori certificati”.

Quanto agli aiuti di Stato concessi in regime de minimis, si ricorda che questi fanno eccezione all'obbligo di notifica preventiva alla Commissione UE. Si tratta di aiuti di piccola entità, definiti dalla UE "de minimis", che si presume non incidano sulla concorrenza in modo significativo. Per gli aiuti cd. de minimis, il Regolamento (UE) n. 1407/2013 è applicabile alle imprese operanti in tutti i settori, salvo specifiche eccezioni, tra cui la produzione di prodotti agricoli. Il massimale di aiuto previsto da tale regolamento è di 200.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari. Per gli aiuti cd. de minimis nel settore agricolo opera, invece, il Regolamento (UE) n. 1408/2013, come da ultimo modificato dal Regolamento (UE) 2019/316, secondo il quale l'importo complessivo degli aiuti de minimis concessi da uno Stato membro a un'impresa unica non può superare 20. 000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari. Per il settore ittico (della pesca e dell'acquacoltura), la disciplina del regime de minimis è contenuta nel Regolamento (UE) n. 717/2014. L'importo complessivo degli aiuti concessi da uno Stato membro a un'impresa unica nel settore della pesca e dell'acquacoltura non può superare 30.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari.

 

Posto che le startup innovative possono operare anche nel settore agricolo e ittico, si valuti l’opportunità di includere nel comma 2 un richiamo anche alla disciplina sugli aiuti di stato “de minimis” nel settore agricolo, di cui al Regolamento (UE) n. 1408/2013, come da ultimo modificato dal Regolamento (UE) 2019/316 e al settore ittico, di cui al Regolamento (UE) n. 717/2014.

 

Per le medesime finalità di rafforzamento, sull’intero territorio nazionale, degli interventi in favore delle startup innovative, di cui al comma 1, l’articolo in esame, al comma 3, rifinanzia di 200 milioni di euro per l’anno 2020 il «Fondo di sostegno al venture capital», istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 209, della legge di bilancio 2019 (L. n. 145 del 2018).

Le risorse sono finalizzate a sostenere investimenti nel capitale, anche tramite la sottoscrizione di strumenti finanziari partecipativi, nonché tramite l’erogazione di finanziamenti agevolati, la sottoscrizione di obbligazioni convertibili, o altri strumenti finanziari di debito che prevedano la possibilità del rimborso dell’apporto effettuato, a beneficio esclusivo delle startup innovative e delle PMI innovative.

Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge, sono individuate le modalità di attuazione delle agevolazioni previste dal comma, compreso il rapporto di co-investimento tra le risorse statali qui stanziate e le risorse di investitori regolamentati o qualificati.

Il Fondo di sostegno al venture capital è stato istituito nello stato di previsione del MISE dall’articolo 1, comma 209 della legge di bilancio 2019, con una dotazione iniziale di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 e di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2025, per le finalità indicate dal comma 206 della medesima legge di bilancio. Questa prevede che lo Stato, tramite il Ministero dello sviluppo economico, al fine di promuovere gli investimenti in capitale di rischio da parte di operatori professionali, può sottoscrivere quote o azioni di uno o più Fondi per il venture capital o di uno o più fondi che investono in Fondi per il venture capital [8] . Lo Stato può sottoscrivere le quote o azioni anche unitamente ad altri investitori istituzionali, pubblici o privati, privilegiati nella ripartizione dei proventi derivanti dalla gestione dei predetti organismi di investimento (comma 207). Le modalità di investimento dello Stato attraverso il Fondo di sostegno al venture capital sono state definite con D.M. MISE 27 giugno 2019. Il D.M. prevede, in particolare, l’intervento del Fondo a condizioni di mercato, ovvero, l’intervento del Fondo in cd. regime di esenzione (cioè secondo le condizioni fissate dalla disciplina sugli aiuti di Stato per investimenti in capitale di rischio, di cui all’art. 21 del Regolamento generale di esenzione per categoria, Reg. UE n. 651/2014 – GBER). Tale intervento è ammesso solo se i fondi per il venture capital (beneficiari dell’intervento del Fondo statale) investano esclusivamente nel capitale di rischio di PMI non quotate che:  non hanno operato in alcun mercato, ovvero vi operino da meno di sette anni, ovvero necessitano di un investimento iniziale per il finanziamento del rischio che, sulla base di un piano aziendale elaborato per il lancio di un nuovo prodotto o l'ingresso su un nuovo mercato geografico, è superiore al 50 % del loro fatturato medio annuo negli ultimi cinque anni. L'investimento complessivo in ciascuna PMI non può eccedere l'importo di 15 milioni di euro, del limite di investimento previsto dal regime di esenzione. Per ciascun investimento sono fissate le specifiche percentuali di risorse finanziarie da parte di investitori privati indipendenti.

Al fine di perseguire con maggiore efficacia l'obiettivo di promozione degli interventi nel capitale di rischio e garantire una adeguata sinergia con gli strumenti in essere, il D.M. ha previsto che il Fondo di sostegno al venture capital intervenga in Fondi per il venture capital, istituiti e gestiti dalla CDP Venture Capital SGR S.p.A.-– Fondo Nazionale Innovazione (costituita in base alle norme della stessa Legge di bilancio 2019, art. 1, comma 116) o da altre società autorizzate da Banca d'Italia a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio [9] . I Fondi per il venture capital devono investire esclusivamente nel capitale di rischio di PMI con elevato potenziale di sviluppo ed innovative, non quotate in mercati regolamentati, che si trovano nella fase di sperimentazione (seed financing), di costituzione (start-up financing), di avvio dell'attività (early-stage financing) o di sviluppo del prodotto (expansion, scale up financing).

 

Il comma 4 interviene sul credito di imposta in ricerca e sviluppo, istituito riconosciuto per l’anno 2020 - a favore delle imprese residenti nel territorio italiano - dalla Legge di bilancio 2020 (L. n. 160/2019, art. 1, commi 198 e ss.).

Il comma inserisce le spese per contratti di ricerca extra muros stipulati con le start-up innovative, tra le spese che concorrono a formare, in modo maggiorato, la base di calcolo del credito d'imposta, per un importo pari al 150 per cento del loro ammontare (novella all’art. 1, comma 200 della legge 160/2019).

La legge di bilancio 2020 (art. 1, co. 198) ha introdotto un credito d'imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative a supporto della competitività delle imprese, alle condizioni e nelle misure di cui ai commi da 199 a 206. Questa nuova disciplina opera per il periodo di imposta successivo al 31 dicembre 2019 e si sostituisce, si rammenta, a quella del credito di imposta per investimenti in ricerca e sviluppo, di cui all’articolo 3 del D.L. n. 145/2015, il cui periodo di operatività è stato anticipatamente cessato all’anno 2019. Possono accedere al credito d'imposta tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, che effettuano investimenti nelle attività di ricerca e sviluppo, indicate quali attività di ricerca fondamentale, di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale in campo scientifico o tecnologico (co. 200); attività di innovazione tecnologica finalizzate alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati (co. 201); attività innovative, intendendo come tali le attività di design e ideazione estetica svolte dalle imprese dei settori tessile e moda, calzaturiero, occhialeria, orafo, mobile e arredo e della ceramica per la concezione e realizzazione dei nuovi prodotti e campionari (co. 202).

Il credito può essere fruito nella seguente misura:

§  12 per cento per le attività di ricerca e sviluppo, nel limite massimo di 3 milioni;

§  6 per cento per le attività di innovazione tecnologica nonché per le attività di design e ideazione estetica, nel limite massimo di 1,5 milioni;

§  10 per cento per le attività di innovazione tecnologica destinate alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati per il raggiungimento di un obiettivo di transizione ecologica o di innovazione digitale 4.0, nel limite massimo di 1,5 milioni.

I costi ammissibili possono rientrare in una o più delle seguenti categorie:

spese del personale (ricercatori, tecnici e altro personale ausiliario impiegati nei progetti); strumentazioni e attrezzature; costi relativi a immobili e terreni; costi per la ricerca contrattuale, conoscenze e brevetti acquisiti o ottenuti in licenza, nonché costi per i servizi di consulenza e servizi equivalenti; spese generali supplementari e altri costi di esercizio (materiali e forniture).

Sul credito di imposta in ricerca e sviluppo si rinvia anche all’articolo 244 del provvedimento in esame.

 

Il comma 5 dispone una proroga di 12 mesi del termine di permanenza delle startup innovative nella sezione speciale del registro delle imprese.

Eventuali termini - previsti a pena di decadenza - dall’accesso a incentivi pubblici e per la revoca dei medesimi sono prorogati di 12 mesi.

Ai fini del comma in esame, la proroga della permanenza nella sezione speciale del registro delle imprese non rileva ai fini della fruizione delle agevolazioni fiscali e contributive previste dalla legislazione vigente.

 

La relazione tecnica evidenzia che l’estensione per un ulteriore anno della permanenza delle startup innovative nel registro delle imprese consentirà a questa platea di soggetti di poter accedere alle misure incentivanti del Ministero dello sviluppo economico ovvero di altre amministrazioni pubbliche, nei limiti delle risorse già stanziate per ciascuna misura agevolativa.

Si ricorda in questa sede che il D.L. n. 179/2012, all’articolo 25, disciplina la costituzione delle startup innovative, contemporaneamente riconoscendo loro molteplici agevolazioni fiscali, anche ai fini dell’iscrizione della costituzione ed iscrizione dell’impresa nel registro delle imprese, nonché deroghe al diritto societario e una disciplina particolare dei rapporti di lavoro nell’impresa (artt. 26-31). Condizione fondamentale per poter beneficiare delle agevolazioni è che tali imprese siano iscritte nella sezione speciale del registro delle imprese. Si ricorda che la startup innovativa che perde i requisiti (es. in seguito al decorso dei sessanta mesi dalla costituzione) viene cancellata dall'apposita sezione speciale. Alla società startup che, pur perdendo uno dei requisiti costitutivi della fattispecie, mantengono invece i requisiti per accedere alla sezione speciale delle PMI innovative, è consentito il mantenimento senza soluzione di continuità delle agevolazioni previste dalle norme.

 

Si rinvia, per ulteriori approfondimenti, all’apposito tema dell’attività parlamentare “Startup innovative, PMI innovative e incubatori certificati”.

 

Il comma 6 riserva una quota pari a 200 milioni di euro delle risorse del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, già previste a legislazione vigente, al rilascio delle garanzie in favore delle startup innovative e delle PMI innovative. A tale quota le imprese in questione accedono sulla base delle modalità, tempo per tempo vigenti, incluse quelle di cui alle disposizioni transitorie e straordinarie previste dall’ articolo 13 del D.L. n. 23/2020.

 

Si segnala che l’articolo 31 del provvedimento in esame rifinanzia ulteriormente il Fondo di garanzia PMI di 3.950 milioni di euro per l'anno 2020.

 

Si ricorda in questa sede, rimettendo più diffusamente al Dossier sul D.L. n. 23/2020 del Servizio Studi n. 288/2020, che l’articolo 13 del cd. D.L. “Liquidità” introduce, fino al 31 dicembre 2020, un potenziamento e un’estensione dell’intervento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, in deroga alla disciplina ordinaria. L’articolo rafforza ulteriormente - anche alla luce della intervenuta nuova disciplina sugli aiuti di Stato (State Aid Temporary Framework della Commissione europea) - la disciplina già introdotta dall’articolo 49 del D.L. n. 18/2020, abrogandolo e contemporaneamente riproducendone l’impianto e parte dei contenuti. L’articolo rifinanzia il Fondo di garanzia PMI di 1.729 milioni di euro per l’anno 2020, per le finalità ivi previste.

 

Il comma 7 integra la disciplina agevolativa delle startup innovative contenuta nel D.L. n. 179/2012, aggiungendovi un nuovo articolo 29-bis, che prevede incentivi in regime «de minimis» all’investimento in start-up innovative.

In particolare, il nuovo articolo dispone che - a decorrere dalla sua data di entrata in vigore - in alternativa a quanto previsto dall’articolo 29, all’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche si detrae il 50 per cento della somma investita dal contribuente nel capitale sociale di una o più startup innovative, direttamente ovvero per il tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio che investano prevalentemente in startup innovative. La detrazione si applica alle sole startup innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle imprese al momento dell’investimento.

La detrazione è concessa, ai sensi della disciplina sugli aiuti di Stato cd. “de minimis”, di cui al Regolamento (UE) n. 1407/2013.

L’investimento massimo detraibile non può eccedere, in ciascun periodo d’imposta, l’importo di 100 mila euro e deve essere mantenuto per almeno tre anni.

L’eventuale cessione, anche parziale, dell’investimento prima del decorso di tale termine, comporta la decadenza dal beneficio e l’obbligo per il contribuente di restituire l’importo detratto, unitamente agli interessi legali.

Quanto alla disciplina degli aiuti di Stato “de minimis” si rinvia al commento normativo relativo al comma 2 del presente articolo.

Posto che le startup innovative possono operare anche nel settore agricolo e ittico, si rileva l’opportunità di includere nel comma un richiamo anche alla disciplina sugli aiuti di stato “de minimis” nel settore agricolo, di cui al Regolamento (UE) n. 1408/2013, come da ultimo modificato dal Regolamento (UE) 2019/316 e al settore ittico, di cui al Regolamento (UE) n. 717/2014.

Si ricorda che il decreto-legge n. 179 del 2012 ha introdotto un quadro organico di disposizioni, riguardanti la nascita e lo sviluppo di imprese startup innovative; in loro favore sono previste una serie di agevolazioni fiscali, che vanno dall'esclusione dalla disciplina delle società di comodo all'esenzione dal versamento dell'imposta di bollo, dai crediti di imposta in favore delle nuove assunzioni alle detrazioni Irpef e deduzioni Ires in favore degli investitori.

In particolare, per gli investimenti in capitale di rischio effettuati a partire dal 1° gennaio 2017 l’articolo 29 prevede quanto segue:

§  per le persone fisiche, una detrazione dall’imposta lorda Irpef pari al 30% dell’ammontare investito, fino a un massimo di 1 milione di euro;

§  per le persone giuridiche, una deduzione dall’imponibile Ires pari al 30% dell’ammontare investito.

Nella sua configurazione originaria, valida per gli investimenti effettuati fino al 31 dicembre 2016, le aliquote dell’incentivo ammontavano al 19% per gli investimenti da parte di persone fisiche e al 20% per le persone giuridiche, salvo le maggiorazioni rispettivamente al 25% e al 27% nel caso di investimenti in startup innovative a vocazione sociale o in ambito energetico. Dal 2017 si applica l’aliquota unica al 30%.

A partire dal 2017, la fruizione dell’incentivo è condizionata al mantenimento della partecipazione nella startup innovativa (holding period) per un minimo di tre anni.

 

Il comma 8 integra la disciplina agevolativa delle PMI innovative di cui all’articolo 4 del D.L. n. 3/2015 (con un nuovo comma 9-ter), introducendo per esse lo stesso regime agevolativo fiscale in regime “de minimis” introdotto per le startup innovative dal comma 7.

 

Il comma 9 demanda le modalità di attuazione delle agevolazioni di cui ai commi 7 e 8 ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore dell’articolo in esame.

 

Il comma 10 interviene sulla disciplina relativa al permesso di ingresso e soggiorno per periodi superiori a tre mesi per gli stranieri che intendono effettuare nel nostro Paese investimenti (cd. Investor Visa for Italy).

Il comma, in particolare, riduce della metà gli importi minimi degli investimenti in strumenti rappresentativi del capitale di una società italiana che danno titolo al “visto per investitori”.

Dunque - in base alla modifica apportata all’articolo 26-bis, co. 1, lett. b) del D.Lgs. n. 286/1998 – il visto viene ora riconosciuto agli investitori stranieri che intendono effettuare un investimento di almeno 500 mila euro (anziché 1 milione di euro) in strumenti rappresentativi del capitale di una società costituita e operante in Italia, mantenuto per almeno due anni ovvero di almeno euro 250 mila euro (anziché 500 mila euro) nel caso tale società sia una startup innovativa iscritta nell’apposita sezione speciale del registro delle imprese.

 

La legge 11 dicembre 2016, n. 232 (“Legge di Bilancio 2017”) ha introdotto, all’art. 1, comma 148, una nuova tipologia di visto dedicata ai cittadini non Ue che intendono effettuare investimenti di importo significativo in aree strategiche per l’economia e per la società italiana.

A tal fine la norma ha aggiunto al D.lgs. 286/1998 (Testo unico sull’immigrazione) l’articolo 26-bis, dal titolo “Ingresso e soggiorno per investitori”, il quale – nella sua formulazione anteriore all’intervento qui in esame – ha previsto che possano candidarsi al visto i cittadini non Ue che effettuano un investimento in una delle seguenti tipologie:

-     due milioni di euro in titoli di Stato a medio-lungo termine (lettera a));

-     almeno 1 milione di euro in società di capitali italiane, ovvero 500 mila euro nel caso di start-up innovative (lettera b));

-     almeno un milione di euro per donazioni in ambito culturale, ambientale e sociale (lettera c)).

La definizione delle modalità e delle procedure di candidatura per il nulla osta al visto è avvenuta con il decreto attuativo, D.M. 21 luglio 2017. La procedura di richiesta è gestita dal MISE e avviene attraverso la piattaforma investorvisa.mise.gov.it.

La relazione illustrativa evidenzia che, dalla prima fase attuativa del programmaInvestor Visa”, la misura ha incontrato un interesse limitato: dalla fine del 2017 ad oggi sono pervenute 15 candidature, di cui 9 hanno portato al rilascio di visti per investitori (4 di esse riguardano operazioni di investimento in società di capitali per 1 milione di euro ciascuno; 3 riguardano investimenti in startup innovative per  500.000 euro ciascuno; 2 riguardano investimenti in titoli di Stato per  2 milioni ciascuno).

La disposizione in esame mira pertanto a incentivare l’utilizzo del programma, con particolare enfasi sulle forme di investimento a carattere produttivo, attraverso un dimezzamento delle soglie finanziarie per le operazioni dirette verso le società di capitali.

 

Il comma 11 estende le agevolazioni previste dalla misura “Smart&Start Italia” in favore delle startup innovative localizzate nel territorio del cratere sismico aquilano anche alle startup innovative localizzate nel territorio dei comuni colpiti dagli eventi sismici del 2016 e 2017 nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.

I comuni colpiti dagli eventi sismici del 2016 e 2017 sono quelli di cui agli allegati 1, 2 e 2-bis del D.L., n. 189/2016 (L. n. 229/2016) [10] .

Sugli incentivi Smart&Start Italia si rinvia al commento del comma 1 del presente articolo.

 

I commi da 12 a 18 istituiscono e disciplinano il Fondo per l’intrattenimento digitale denominato «First Playable Fund» finalizzato a sostenere lo sviluppo dell’industria dell’intrattenimento digitale a livello nazionale.

In particolare, il comma 12 istituisce il Fondo in questione presso il Ministero dello sviluppo economico, con una dotazione iniziale di 4 milioni di euro nel 2020.

Ai sensi del comma 13, il Fondo è finalizzato a sostenere le fasi di concezione e pre-produzione dei videogames, necessarie alla realizzazione di prototipi, tramite l’erogazione di contributi a fondo perduto, riconosciuti nella misura del 50 per cento delle spese ammissibili, e per un importo compreso da 10.000 euro a 200.000 euro per singolo prototipo.

Ai sensi del comma 14, i contributi possono essere utilizzati solo per la realizzazione di prototipi. A tal fine, sono ammissibili le seguenti spese:

a)   prestazioni lavorative svolte dal personale dell’impresa nelle attività di realizzazione di prototipi;

b)   prestazioni professionali commissionate a liberi professionisti e/o altre imprese finalizzate alla realizzazione di prototipi;

c)   attrezzature tecniche (hardware) acquistate per la realizzazione dei prototipi;

d)   licenze di software acquistate per la realizzazione dei prototipi.

 

Ai sensi del comma 15, il videogioco deve essere destinato alla distribuzione commerciale.

 

Ai sensi del comma 16, sono ammesse ai contributi le imprese che:

a)   abbiano sede legale nello Spazio Economico Europeo (SEE);

b)   siano soggette a tassazione in Italia per effetto della loro residenza fiscale, ovvero per la presenza di una sede operativa in Italia, cui sia riconducibile il prototipo;

c)   abbiano capitale sociale minimo interamente versato e un patrimonio netto non inferiori a diecimila euro, sia nel caso di imprese costituite sotto forma di società di capitale, sia nel caso di imprese individuali di produzione, ovvero costituite sotto forma di società di persone;

d)   siano in possesso di codice di classificazione dell’attività economica ATECO 58.2 (edizione di software) o 62 (produzione di software, consulenza informatica e attività connesse).

 

Ai sensi del comma 17, l’impresa beneficiaria è tenuta a realizzare il prototipo di videogames entro il termine di 18 mesi dal riconoscimento dell’ammissibilità della domanda da parte del Ministero dello sviluppo economico.

Il comma 18 demanda ad un decreto del Ministero dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, le modalità di presentazione delle domande; i criteri per la selezione delle stesse; le spese ammissibili; le modalità di erogazione del contributo; le modalità di verifica e rendicontazione delle spese; le cause di decadenza e revoca.

Il comma 19 quantifica gli oneri determinati dall’articolo in esame in 314 milioni di euro per il 2020, 70,8 milioni di euro per il 2021 e 40,5 milioni di euro a decorrere dal 2022, disponendo che ad essi si provveda ai sensi dell’articolo 265 (che reca disposizioni di copertura finanziaria del decreto legge).


 

Articolo 39
(Misure di rafforzamento dell’azione di recupero di aziende in crisi e potenziamento delle strutture di supporto per le crisi di impresa e per la politica industriale)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 39 autorizza il Ministro dello sviluppo economico ad avvalersi, al fine di potenziare e rendere più efficace l’attività di elaborazione delle politiche industriali dei settori maggiormente colpiti dall’emergenza COVID-19 e nel limite di spesa di euro 300.000 per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, di consulenti ed esperti, individuati all’esito di una selezione comparativa mediante avviso pubblico, specializzati in materia di politica industriale, nel numero massimo di dieci unità per ciascun anno del periodo considerato, da destinare al funzionamento del nucleo di esperti di politica industriale.

Il comma 2 elimina la disposizione che prevede l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per quanto concerne l'utilizzazione delle risorse relative al funzionamento del nucleo di esperti di politica industriale.

Il comma 3 destina una quota non superiore al 40 per cento dell'autorizzazione di spesa prevista per il funzionamento della struttura per le crisi di impresa istituita presso il MISE, e pari a 300.000 euro a decorrere dal 2007, allo svolgimento di attività di supporto finalizzate alla trattazione di tematiche concernenti le procedure di amministrazione straordinaria.

Al fine di potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali, il comma 4 autorizza il Ministro dello sviluppo economico ad avvalersi, per gli anni 2020, 2021 e 2022 e nel limite di spesa di 500.000 euro annui, di consulenti ed esperti, individuati all’esito di una selezione comparativa mediante avviso pubblico, specializzati in materia di politica industriale e crisi di imprese, nel numero massimo di dieci unità per ciascun anno del periodo considerato da destinare a supporto della struttura per le crisi di impresa.

Il comma 5 prevede che agli oneri derivanti dai commi 1 e 4, pari ad euro 800.000 per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dello sviluppo economico.

 

Il comma 1 autorizza il Ministro dello sviluppo economico ad avvalersi, al fine di potenziare e rendere più efficace l’attività di elaborazione delle politiche industriali dei settori maggiormente colpiti dall’emergenza COVID-19 e nel limite di spesa di euro 300.000 per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, di consulenti ed esperti [11] , individuati all’esito di una selezione comparativa mediante avviso pubblico, specializzati in materia di politica industriale, nel numero massimo di dieci unità per ciascun anno del periodo considerato, da destinare al funzionamento del nucleo di esperti di politica industriale di cui all’articolo 3 della L. 140/1999.

 

L'articolo 3 della legge 11 maggio 1999, n. 140, recante Norme in materia di attività produttive, autorizza il Ministro dello sviluppo economico, sentite le Commissioni parlamentari competenti, ad avvalersi - per lo svolgimento di funzioni di elaborazione, di analisi e di studio nei settori delle attività produttive - della collaborazione di esperti o società specializzate mediante appositi contratti, nonché ad avvalersi di un Nucleo di esperti per la politica industriale, dotato della necessaria struttura di supporto e disciplinato con apposito decreto.

L'onere per far fronte alla predetta attività, comprensivo di quello relativo all'ulteriore attività consentita dall'articolo 2, comma 3, lettera f) della medesima legge n. 140 (utilizzo di esperti di alta qualificazione per la realizzazione da parte di imprese italiane di progetti e programmi ad elevato contenuto tecnologico nei settori aeronautico e spaziale e nel settore dei prodotti elettronici ad alta tecnologia suscettibili di impiego duale), è stato inizialmente individuato dalla norma in 6 miliardi di lire annue (corrispondenti a 3.098.741,39 euro) a decorrere dal 1999.

Sull'autorizzazione di spesa in questione hanno successivamente inciso le norme sul contenimento della spesa per studi e incarichi di consulenza delle pubbliche amministrazioni e, in particolare, come ricorda anche la relazione

illustrativa del provvedimento in esame, il D.L. n. 78/2010. Le risorse, relative all'autorizzazione di spesa qui oggetto di riparto sono iscritte, a legge di bilancio 2020 (legge n. 160/2019), sul capitolo 2234/MISE, il quale evidenzia disponibilità, in termini di competenza e di cassa, pari a 105.994 euro per il 2020.

Con riferimento al conferimento, da parte di amministrazioni statali, di incarichi per studi e consulenze, operano i limiti previsti dall'articolo 6, comma 7, del D.L. n. 78/2010, recante Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica. Tale norma ha previsto che la spesa annua per studi e incarichi di consulenza delle PP.AA., incluse le autorità indipendenti, escluse le università, gli enti e le fondazioni di ricerca e gli organismi equiparati nonché gli incarichi di studio e consulenza connessi ai processi di privatizzazione e alla regolamentazione del settore finanziario, non possa essere superiore al 20 per cento di quella sostenuta nell'anno 2009.

Al riguardo, è utile rammentare, inoltre, che l'articolo 14, comma 1, del D.L. n. 66/2014 ha disposto che le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della P.A., ad eccezione delle Università, degli istituti di formazione, degli enti di ricerca e degli enti del Servizio sanitario nazionale, non possono conferire incarichi di consulenza, studio e ricerca quando la spesa complessiva sostenuta nell'anno per tali incarichi sia superiore rispetto alla spesa per il personale dell'amministrazione conferente l'incarico, come risultante dal conto annuale del 2012, al 4,2 per cento per le amministrazioni con spesa di personale pari o inferiore a 5 milioni di euro, e all'1,4 per cento per le amministrazioni con spesa di personale superiore a 5 milioni di euro.

Inoltre, per il conferimento degli incarichi di ricerca studio e consulenza rimane ferma la necessità della sussistenza dei numerosi presupposti richiesti dalla vigente normativa (si richiama, ad esempio, l'articolo 7, comma 6 del D.Lgs. n.165/2001, sui criteri per il conferimento di incarichi nella P.A.) e del rispetto dei vari adempimenti previsti (ad esempio gli obblighi della procedura selettiva e di pubblicazione). Si ricorda in proposito che, ai sensi dell'articolo 1, comma 146, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) le amministrazioni pubbliche individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché le autorità indipendenti, inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), possono conferire incarichi di consulenza in materia informatica solo in casi eccezionali, adeguatamente motivati, in cui occorra provvedere alla soluzione di problemi specifici connessi al funzionamento dei sistemi informatici. La violazione della disposizione è valutabile ai fini della responsabilità amministrativa e disciplinare dei dirigenti.

Sulle norme di contenimento della spesa adottate nel corso dei vari anni, si rinvia anche alla Circolare n. 31/2018 della Ragioneria generale dello Stato, volta a fornire indicazioni alle amministrazioni pubbliche al fine dell'adeguamento del bilancio di previsione alle nuove norme introdotte in materia di spending review e a tutte quelle stratificate negli anni in materia di contenimento della finanza pubblica. La circolare contiene un dettagliato quadro sinottico delle norme di revisione della spesa applicabili.

Con riferimento al Nucleo di esperti per la politica industriale, esso è stato istituito con decreto del Ministro dell'industria (ora dello sviluppo economico) 18 settembre 2000 e successivi provvedimenti normativi (D.P.R. 14 maggio 2007, n. 78) ne hanno variato composizione (da 10 a 7 componenti) e disciplinato le funzioni (D.M. 7 maggio 2009). Secondo l'articolo 4, comma 2, lettera e), del D.P.C.M. 93/2019 (Regolamento concernente l'organizzazione del Ministero dello sviluppo economico), modificato dal DPCM 178/2019, il Nucleo degli esperti di politica industriale opera presso la Direzione generale per la politica industriale, l'innovazione e le piccole e medie imprese.

La richiesta di parere parlamentare non ha per oggetto uno schema di provvedimento, bensì una Relazione in cui il Ministro sottopone al parere delle competenti Commissioni parlamentari le linee essenziali di un programma relativo all'utilizzazione delle risorse stanziate dall'articolo 3.

Nell'ultima relazione trasmessa per il parere delle Commissioni parlamentari (A.G. n. 88), per l'anno 2019, l'entità delle risorse riconducibili alle finalità di cui al citato articolo 3 della L. n. 140/1999 è stata stabilita in 105.994 euro, iscritti, in base alla legge di bilancio 2019 (L. n. 145/2018), nello stato di previsione del MISE e assegnati al centro di responsabilità "Direzione generale per la politica industriale e la competitività e le piccole e medie imprese" – Missione 11 "Competitività e sviluppo delle imprese" – Programma 11.5 – "Promozione e attuazione di politiche di sviluppo, competitività e innovazione, di responsabilità sociale e movimento cooperativo" - Azione "Politica industriale e politiche per la competitività del sistema produttivo nazionale" (capitolo 2234).

La relazione segnala che si tratta di spesa corrente da sostenere entro l'anno di competenza, in quanto gli interventi da realizzare sono stati limitati ad attività di studio, analisi e ricerche, che non comportano impegni pluriennali.

Per ulteriori approfondimenti si veda il dossier predisposto in occasione dell'esame dell'AG. n. 88.

 

Il comma 2 novella quindi il citato articolo 3 della L. n. 140/1999, espungendo la previsione relativa al parere delle Commissioni parlamentari competenti per quanto concerne l'utilizzazione delle risorse da esso stanziate.

 

Al riguardo, la relazione illustrativa osserva che lo stanziamento originario era piuttosto cospicuo, risultando pari a sei miliardi di lire annui; circostanza quest’ultima, che aveva indotto il legislatore dell’epoca a prevedere la necessità da parte del Ministero di richiedere alle Commissioni Parlamentari competenti l'autorizzazione del programma finanziario per ogni esercizio in corso allo scopo di poter attivare le forme di collaborazione ivi previste. Tuttavia, a causa della progressiva diminuzione dello stanziamento relativo a questa autorizzazione di spesa, ormai da tempo considerevolmente ridotto rispetto a quello originario (da 6 miliardi di lire annui si è passati ai 106.000 euro attuali), non è stato più possibile procedere alla nomina del suddetto nucleo per assenza di risorse finanziarie necessarie a coprirne il costo di funzionamento. Il comma 2 prevede l’eliminazione del prescritto preliminare passaggio presso le Commissioni Parlamentari competenti, attualmente contemplato dall’articolo 3 della legge 11 maggio 1999, n. 140.

 

Il comma 3 destina una quota non superiore al 40 per cento dell'autorizzazione di spesa prevista per il funzionamento della struttura per le crisi di impresa istituita presso il MISE, e pari a 300.000 euro a decorrere dal 2007, allo svolgimento di attività di supporto finalizzate alla trattazione di tematiche concernenti le procedure di amministrazione straordinaria di cui al d.lgs. n. 270/1999 (Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza) e al D.L. n. 347/2003 (L. n. 39/2004) (Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza).

 

L'art. 1 del d.lgs. n. 270/1999 definisce l'amministrazione straordinaria come la procedura concorsuale della grande impresa commerciale insolvente, con finalità conservative del patrimonio produttivo, mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali.

 

A tal fine viene novellato l'articolo 1, comma 852, della L. n. 296/2006 (legge finanziaria 2007).

 

La relazione illustrativa ricorda che la struttura, istituita in base alla norma sopra citata, operando in collaborazione e coordinamento con le altre strutture amministrative ministeriali, ha il compito precipuo di supportare la gestione delle crisi d’impresa per le quali sia richiesto l’intervento del Ministero dello sviluppo economico d’intesa con il Ministero del lavoro, provvedendo alle necessarie analisi e agli approfondimenti tecnico-economici, al confronto con le parti sociali e con le istituzioni interessate, nonché alle interlocuzioni utili anche a livello territoriale, per promuovere e verificare le possibili ipotesi di soluzione delle crisi.

L’art. 1, comma 852, della legge n. 296/2006 - come novellato dall'art. 12, co. 1-bis, del D.L. n. 101/2019 (L. n. 128/2019) - ha previsto l’istituzione, da parte del MISE, d'intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di un'apposita struttura, con forme di cooperazione interorganica fra i due Ministeri, finalizzata a contrastare il declino dell'apparato produttivo, anche mediante salvaguardia e consolidamento di attività e livelli occupazionali delle imprese di rilevanti dimensioni di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), del D.Lgs. n. 270/1999, che versino in crisi economico-finanziaria.

Si tratta delle imprese, anche individuali, soggette alle disposizioni sulla liquidazione giudiziale, che abbiano un numero di lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiore a duecento da almeno un anno. La citata disposizione del D. Lgs. n. 270/1999 ammette tali imprese all'amministrazione straordinaria, qualora esse abbiano anche un ulteriore requisito, ossia debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi, sia del totale dell'attivo dello stato patrimoniale sia dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell'ultimo esercizio.

In base all’art. 1, comma 852, della legge n. 296/2006, tale struttura opera in collaborazione con le competenti Commissioni parlamentari, nonché con le regioni nel cui ambito si verificano le situazioni di crisi d'impresa oggetto d'intervento. I parlamentari eletti nei territori nel cui ambito si verificano le situazioni di crisi d'impresa oggetto d'intervento possono essere invitati a partecipare ai lavori della struttura. La struttura garantisce la pubblicità e la trasparenza dei propri lavori, anche attraverso idonee strumentazioni informatiche. A tal fine è autorizzata la spesa di 300.000 euro a decorrere dall'anno 2007, cui si provvede mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3 della L. n. 140/1999.

Nel decreto del Ministro dello sviluppo economico, adottato d'intesa con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, del 18 dicembre 2007, sono contenute disposizioni concernenti l’articolazione, la composizione e l’organizzazione di tale struttura, tra le quali la previsione di un protocollo d'intesa tra i Ministri dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali, senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato, che stabilisca forme di cooperazione interorganica fra i medesimi Ministeri e di collaborazione con le regioni.

Ai sensi dell’art. 2 del decreto interministeriale citato, la struttura in questione “cura la rilevazione e la gestione di situazioni di crisi di impresa e procede all’attivazione di iniziative e interventi per il relativo superamento, in coerenza agli indirizzi di politica industriale e nel quadro delle politiche di reindustrializzazione e riconversione delle aree e dei settori industriali colpiti da crisi”.

Organo della struttura per le crisi di impresa è l'Unità per la gestione delle vertenze delle imprese in crisi, che svolge funzioni di salvaguardia e di consolidamento dei livelli occupazionali delle imprese, nonché di prevenzione di situazioni di crisi. Secondo l'articolo 4, comma 1, lettera r), del D.P.C.M. 93/2019 (Regolamento concernente l'organizzazione del Ministero dello sviluppo economico), modificato dal DPCM 178/2019, la Direzione generale per la politica industriale, l'innovazione e le piccole e medie imprese svolge le funzioni relative alla Struttura per le crisi di impresa di cui all'articolo 1, comma 852, L. n. 296/2006.

L'art. 12, co. 1, del D.L. n. 101/2019 (L. n. 128/2019), con l’esplicita finalità del potenziamento delle attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali, assegna alla suddetta struttura, fino al 31 dicembre 2021, in deroga alla dotazione organica del Ministero dello sviluppo economico, un contingente di personale fino ad un massimo di dodici funzionari di area III del comparto funzioni centrali, dipendenti dalle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, dotati delle necessarie competenze ed esperienze in materia di politica industriale, analisi e studio in materia di crisi di imprese, in posizione di fuori ruolo o di comando o altro analogo istituto previsto dai rispettivi ordinamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 14, della L. 15 maggio 1997, n. 127, con trattamento economico complessivo a carico dell'amministrazione di destinazione.

A tale riguardo, si ricorda che il citato art. 17 della L. n. 127/1997 prevede, al comma 14, che nel caso in cui disposizioni di legge o regolamentari dispongano l'utilizzazione presso le amministrazioni pubbliche di un contingente di personale in posizione di fuori ruolo o di comando, le amministrazioni di appartenenza sono tenute ad adottare il provvedimento di fuori ruolo o di comando entro quindici giorni dalla richiesta.

 

Al fine di potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali, il comma 4 autorizza il Ministro dello sviluppo economico ad avvalersi, per gli anni 2020, 2021 e 2022 e nel limite di spesa di 500.000 euro annui, di consulenti ed esperti, individuati all’esito di una selezione comparativa mediante avviso pubblico, specializzati in materia di politica industriale e crisi di imprese, nel numero massimo di dieci unità per ciascun anno del periodo considerato da destinare a supporto della struttura per le crisi di impresa istituita dall’articolo 1, comma 852, della L. n. 296/2006.

Il comma 5 prevede che agli oneri derivanti dai commi 1 e 4, pari ad euro 800.000 per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del MEF, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al MISE.

 


 

Articolo 42
(Fondo per il trasferimento tecnologico e altre misure urgenti per la difesa ed il sostegno dell’innovazione)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 42 istituisce nello stato di previsione del MISE un fondo denominato Fondo per il trasferimento tecnologico, con una dotazione di 500 milioni di euro per il 2020.

Il comma 2 precisa quali iniziative il Fondo è destinato a finanziare.

Il comma 3 autorizza il MISE, a valere sulle disponibilità del nuovo Fondo per il trasferimento tecnologico, ad intervenire attraverso la partecipazione indiretta in capitale di rischio e di debito, anche di natura subordinata.

Il comma 4 prevede che, per l’attuazione dei suddetti interventi, il MISE si avvale di ENEA - Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile, nell’ambito delle funzioni ad essa già attribuite in materia di trasferimento tecnologico, previa stipula di apposita convenzione.

Il comma 5 autorizza quindi ENEA alla costituzione della Fondazione Enea Tech, sottoposta alla vigilanza del MISE.

Il comma 6 detta la disciplina relativa al patrimonio e alle funzioni della Fondazione.

Il comma 7 prevede un regime di neutralità fiscale per tutti gli atti connessi alla costituzione della Fondazione.

Il comma 8 esclude espressamente l'applicabilità degli oneri di analitica motivazione prescritti dalla legislazione vigente in relazione a taluni atti concernenti società a partecipazione pubblica.

Il comma 9 reca la disposizione di quantificazione e copertura degli oneri.

 

Il comma 1 istituisce nello stato di previsione del MISE un fondo denominato Fondo per il trasferimento tecnologico, con una dotazione di 500 milioni di euro per il 2020, finalizzato alla promozione di iniziative e investimenti utili alla valorizzazione e all'utilizzo dei risultati della ricerca presso le imprese operanti sul territorio nazionale, con particolare riferimento alle start-up innovative di cui all’articolo 25 del D.L. n. 179/2012 (L. n. 221/2012), e alle PMI innovative di cui all’articolo 4 del D.L. n. 3/2015 (L. n. 33/2015), al fine di sostenere e accelerare i processi di innovazione, crescita e ripartenza duratura del sistema produttivo nazionale, rafforzando i legami e le sinergie con il sistema della tecnologia e della ricerca applicata.

 

Si veda il Doc. CCXIII n. 4, Relazione sullo stato di attuazione delle misure per la nascita e lo sviluppo di imprese start-up innovative (aggiornata al 30 giugno 2017).

La definizione di start-up innovativa è contenuta nell'articolo 25, comma 2, del D.L. n. 179/2012. Ai sensi di tale norma, è startup innovativa la società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione, e che sono in possesso dei seguenti requisiti:

-     è di nuova costituzione o comunque è stata costituita da non più di 5 anni (comma 2, lett. b);

-     ha sede principale in Italia, o in altro Paese membro dell'Unione europea, o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio Economico Europeo (SEE), purché abbiano una sede produttiva o una filiale in Italia (lett. c);

-     presenta (a partire dal secondo anno di attività) un valore annuo della produzione (risultante dall'ultimo bilancio approvato da non più di sei mesi) non superiore a 5 milioni di euro (lett. d);

-     non distribuisce e non ha distribuito utili (lett. e);

-     non è costituita da fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda (lett. g);

-     ha come oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico (lett. f);

-     a tal fine, la società deve possedere almeno uno dei tre seguenti indicatori (lett. h):

 

1)   le spese in ricerca e sviluppo devono essere pari o superiori al 15% del valore maggiore tra fatturato (valore totale della produzione) e costo (il n. 1, lett. h), comma 2 dell'art. 25 descrive talune le spese da annoverarsi a quelle in ricerca e sviluppo in aggiunta ai criteri dettati dai principi contabili aziendali);

2)   la forza lavoro complessiva è costituita per almeno 1/3 da dottorandi, dottori di ricerca o ricercatori in Italia e all'estero presso istituti pubblici o privati (in qualità di collaboratori o dipendenti), oppure per almeno 2/3 da soci o collaboratori a qualsiasi titolo in possesso di laurea magistrale;

3)   l'impresa è titolare, depositaria o licenziataria di un brevetto registrato (diritto di privativa industriale relativa a una invenzione industriale, biotecnologica, a topografia di prodotto a semiconduttori o nuova varietà vegetale) oppure titolare di programma per elaboratore originario registrato, purché tali privative siano riconducibili all'oggetto sociale e all'attività d'impresa.

 

L'articolo 4, comma 1 del D.L. n. 3/2015 ha introdotto la definizione di "piccole e medie imprese innovative", disponendo che esse beneficino della gran parte delle misure agevolative previste per le startup innovative. La finalità è quella di far rientrare nel campo di intervento tutte le imprese innovative, a prescindere dal loro livello di maturità. Nel dettaglio, l'articolo 4 comma 1 del D.L. n. 3/2015 definisce PMI innovative, le società di capitali, costituite anche in forma cooperativa, che possiedono i seguenti requisiti:

1.      la residenza in Italia ai sensi del TUIR (art. 73 D.P.R. 917/1986), o in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo, purché abbiano una sede produttiva o una filiale in Italia;

2.      la certificazione dell'ultimo bilancio e dell'eventuale bilancio consolidato redatto da un revisore contabile o da una società di revisione iscritti nel registro dei revisori contabili;

3.      le loro azioni non sono quotate in un mercato regolamentato;

4.      l'assenza di iscrizione al registro speciale delle startup e incubatori certificati;

5.      il possesso di almeno due dei seguenti requisiti indicativi della rilevanza dell'attività di innovazione e ricerca svolta:

1.      volume di spesa in ricerca, sviluppo e innovazione in misura uguale o superiore al 3 % del maggior valore fra costo e fatturato (valore totale della produzione) della PMI innovativa; vengono dettagliate modalità specifiche di computo delle spese;

2.      impiego come dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo, in percentuale uguale o superiore a 1/5 della forza lavoro complessiva, di dottori di ricerca o dottorandi presso un'università italiana o straniera, oppure di laureati, che, da almeno tre anni, hanno svolto attività di ricerca certificata presso istituti di ricerca pubblici o privati, in Italia o all'estero, ovvero, per almeno 1/3 della forza lavoro complessiva, di personale con laurea magistrale;

3.      titolarità, anche quali depositarie o licenziatarie, di almeno una privativa industriale (relativa a una invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale), o titolarità dei diritti relativi ad un programma per elaboratore originario registrato presso il relativo Registro pubblico speciale, purché tale privativa sia direttamente afferente all'oggetto sociale e all'attività di impresa.

Si veda l'apposito Tema dell'attività parlamentare sul sito della Camera.

 

Il comma 2 precisa che le iniziative sopra indicate sono volte a favorire la collaborazione di soggetti pubblici e privati nella realizzazione di progetti di innovazione e spin-off e possono prevedere lo svolgimento, da parte di ENEA quale soggetto attuatore individuato dal comma 4 e nei limiti delle risorse ivi stanziate, di attività di progettazione, coordinamento, promozione, stimolo alla ricerca e allo sviluppo attraverso l'offerta di soluzioni tecnologicamente avanzate, processi o prodotti innovativi, attività di rafforzamento delle strutture e diffusione dei risultati della ricerca, di consulenza tecnico-scientifica e formazione, nonché attività di supporto alla crescita delle start-up e delle PMI ad alto potenziale innovativo.

Al fine di sostenere le predette iniziative, il comma 3 autorizza il MISE, a valere sulle disponibilità del nuovo Fondo per il trasferimento tecnologico, ad intervenire attraverso la partecipazione indiretta in capitale di rischio e di debito, anche di natura subordinata, nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato ovvero delle vigenti disposizioni in materia di affidamento dei contratti pubblici o in materia di collaborazione tra amministrazioni pubbliche eventualmente applicabili.

 

In base all'articolo 2, comma 1, lett. g), del d.lgs. n. 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica - TUSP), per «partecipazione indiretta» s'intende la partecipazione in una società detenuta da un'amministrazione pubblica per il tramite di società o altri organismi soggetti a controllo da parte della medesima amministrazione pubblica. Le «amministrazioni pubbliche» sono le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, i loro consorzi o associazioni per qualsiasi fine istituiti, gli enti pubblici economici e le autorità di sistema portuale (lett. a)). Il «controllo» è la situazione descritta nell'articolo 2359 del codice civile e può altresì sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all'attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo (lett. b)).

Per l'articolo 2359 del codice civile sono considerate società controllate:

1.    le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;

2.    le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;

3.    le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

Sono considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati.

 

Il secondo periodo del comma in esame demanda a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, l'individuazione dei possibili interventi, dei criteri, delle modalità e delle condizioni per la partecipazione indiretta in capitale di rischio e di debito.

Il comma 4 prevede che, per l’attuazione dei suddetti interventi, il MISE si avvale di ENEA - Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile, nell’ambito delle funzioni ad essa già attribuite in materia di trasferimento tecnologico, previa stipula di apposita convenzione.

A tal fine, esso autorizza la spesa di 5 milioni di euro per il 2020.

 

L’articolo 37 della legge n. 99/2009 - integralmente sostituito dall'art. 4, co. 1, della L., n. 221/2015- ha istituito al comma 1, sotto la vigilanza del MISE, l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA). Al comma 2 si precisa che l'ENEA è un ente di diritto pubblico finalizzato alla ricerca e all'innovazione tecnologica, nonché alla prestazione di servizi avanzati alle imprese, alla pubblica amministrazione e ai cittadini nei settori dell'energia, dell'ambiente e dello sviluppo economico sostenibile. Assolve alle specifiche funzioni di agenzia per l'efficienza energetica previste dal d.lgs. n. 115/2008, e ad ogni altra funzione ad essa attribuita dalla legislazione vigente o delegata dal Ministero vigilante, al quale fornisce supporto per gli ambiti di competenza e altresì nella partecipazione a specifici gruppi di lavoro o ad organismi nazionali, europei ed internazionali. In base al comma 3, l'ENEA opera in piena autonomia per lo svolgimento delle funzioni istituzionali assegnate dal presente articolo e dallo statuto e dai regolamenti di amministrazione, finanza e contabilità e del personale, nel limite delle risorse finanziarie, strumentali e di personale del soppresso Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente.

 

Nella Determinazione del 4 febbraio 2020, n. 10 (Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di “Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile - ENEA” - 2018; Doc. XV, n. 258), la Corte dei conti ricorda che l’articolo 37 della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese nonché, in materia di energia”, a seguito della novella introdotta dalla legge 28 dicembre 2015, n. 221, prevede l’istituzione, sotto la vigilanza del Ministero dello sviluppo economico, dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), cui sono assegnate funzioni e risorse finanziarie, strumentali e di personale del soppresso Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente.

Il citato articolo 37 della legge n. 99 del 2009, individua la natura dell’Agenzia (ente di diritto pubblico), le funzioni attribuite (ricerca e innovazione tecnologica, nonché prestazione di servizi avanzati alle imprese, alla pubblica amministrazione e ai cittadini nei settori dell'energia, dell'ambiente e dello sviluppo economico sostenibile) e gli organi (Presidente, Consiglio di amministrazione e Collegio dei revisori dei conti) e attribuisce al Consiglio di amministrazione il compito di proporre al Ministro dello sviluppo economico lo schema di statuto e i regolamenti di amministrazione, finanza e contabilità e del personale. Prevede, altresì, che il Ministro dello sviluppo economico eserciti, entro sessanta giorni dalla ricezione dei predetti atti, il controllo di legittimità e di merito sullo statuto e sui regolamenti (p. 2).

Con specifico riguardo all'attività istituzionale dell'ENEA (si vedano le pp. 15-16), la Determinazione rinvia alle relazioni della Corte relative agli esercizi precedenti per quel che attiene alle attività istituzionali svolte nei settori della ricerca e dell’innovazione tecnologica, nonché alle prestazioni di servizi avanzati resi nei settori dell’energia, con particolare riguardo al settore nucleare e dello sviluppo economico sostenibile. Si ricorda, altresì, il ruolo svolto da ENEA, anche nel 2018, a supporto del decisore pubblico e delle imprese operanti nel settore al fine di rafforzare la strategia energetica del Paese in ambito europeo, attraverso un monitoraggio della ricerca e degli sviluppi in materia di utilizzo della tecnologia nucleare, in un’ottica di modernizzazione e aumento della competitività dell’apparato industriale (reattori IV generazione). Nell’anno di riferimento è proseguito il supporto alle istituzioni ed in particolare al MISE per il trattato di non proliferazione in collaborazione con l’IAEA e la Nuclear Energy Agency dell’OCSE e sono proseguite le attività di adeguamento del Reattore sperimentale TRIGA, ubicato in Casaccia, per la produzione di radiofarmaci. In merito alle ricerche tecnologiche sulla fusione nucleare è proseguita la partecipazione a grandi programmi internazionali svolti in collaborazione con l’industria nazionale al fine di consentire alle imprese di consolidare la loro competitività tecnologica. In riferimento al binomio energia-ambiente ENEA ha proseguito la sua attività nei settori dell’efficienza energetica e della diversificazione dell’approvvigionamento energetico al fine di ridurre la dipendenza dal combustibile fossile e la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra e rivolto attenzione ad attività riguardanti i carburanti alternativi, i veicoli ibridi ed elettrici e le tecnologie di cattura della CO2. Per quanto riguarda, invece, lo sviluppo economico sostenibile l’Agenzia ha continuato a svolgere l’attività di messa a punto di una molteplicità di tecnologie sviluppate per finalità energetiche, che hanno trovato applicazione anche in altri settori economici e sociali quali l’agroindustria, la fruibilità e la conservazione del patrimonio artistico, la diagnosi e cura medica con l’utilizzo di radiazioni ionizzanti al fine di favorire una società decarbonizzata e basata su modelli di economia circolare in grado di promuovere un uso efficiente delle risorse e di ridurre gli impatti dei cambiamenti climatici. Con riferimento a tali tematiche si evidenzia la collaborazione con il MATTM e la stipula di accordi di cooperazione e trasferimento tecnologico. Nel 2018 sono state portate avanti iniziative di consolidamento del cosiddetto “ecosistema regionale dell’innovazione” volto a migliorare la competitività e la qualità dello sviluppo, il rafforzamento strutturale, l’incremento dell’occupazione, l’avvio di percorsi di cambiamento nel sistema socioeconomico. In tale contesto, l’Ente ha potenziato la propria presenza in altre regioni, in particolare nella Lombardia, creando ulteriori nodi ai quali connettere la rete dei Centri di ricerca e dei laboratori dell’Agenzia esistente sul territorio nazionale. Quale soggetto attuatore, insieme al CNR, del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide, l’ENEA ha, inoltre, portato a termine, nel 2018 la XXXIII Campagna antartica svolta nell’estate australe 2017/2018 ed organizzata ed avviata la XXXIV Campagna relativa all’estate australe 2018/2019. L’ENEA infine, quale punto di riferimento nazionale per il condizionamento e stoccaggio dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività, ha proseguito nel 2018 le attività con il contributo operativo della partecipata Nucleco S.p.A.

Con riferimento alle partecipazioni detenute da ENEA, la Corte osserva che l’ENEA detiene, al 31 dicembre 2018, partecipazioni in numerosi organismi: 4 società per azioni: Nucleco, Polo Tecnologico Romano, Siet e Sotacarbo; 1 società consortile per azioni: Aster; 14 società consortili a responsabilità limitata: Biosistema (in liquidazione), Campec (in liquidazione), Certa (in liquidazione) Atena,Certimac, Dintec, Ditne, Dltm, Dta, Icas, Imast, Isnova (in liquidazione), Dac, Smart Power System S.C.r.l.; 1 società a responsabilità limitata: FN; 8 Consorzi: Calef, Cetma, In Bio, Procomp, RFX, Train, Tre, TeRN; 1 Associazione: Consortium Garr.

I dati di bilancio delle partecipazioni possedute in imprese controllate, collegate e in altre imprese sono riportate in dettaglio nelle tabelle contenute nelle pagine 38-39.

Con delibera n.85 del 22 settembre 2017 il Consiglio di amministrazione ha approvato il Piano di revisione straordinaria delle partecipazioni in applicazione dell’art.24 d.lgs. n. 175 del 19 agosto 2016, all’interno del quale sono state previste azioni di razionalizzazione in gran parte portate a termine.

Con successiva delibera n. 15 del 21 dicembre 2018 del Presidente dell’ENEA, ratificata con delibera del Consiglio di amministrazione n. 5 del 31 gennaio 2019, è stata approvata la revisione ordinaria periodica delle partecipazioni dell’Agenzia, ai sensi dell’articolo 20 del citato d.lgs. n. 175 del 2016, comunicata poi a questa Sezione con nota del 19 febbraio 2019.

Occorre segnalare che alla razionalizzazione periodica si procede a partire dal 2018, con riferimento alla situazione al 31 dicembre 2017; pertanto, a tale data le partecipazioni detenute direttamente dall’Agenzia ENEA in società che rientrano nell’oggetto della delibera sopra citata, risultano essere 17: 1 società consortile per azioni: Aster; 11 società consortili a responsabilità limitata: Atena, Certimac, Dac, Dta, Dintec, Ditne, Dltm, Icas, Imast, Isnova, Smart Power System; 4 società per azioni: Nucleco, Polo Tecnologico Romano, Siet e Sotacarbo; 1 società a responsabilità limitata: FN.

Infine, le pagine 40-42 dànno conto delle principali azioni intraprese da ENEA nel 2018 in conseguenza di tale razionalizzazione con riferimento ai singoli organismi interessati.

Il comma 5 autorizza quindi ENEA, per tali finalità, alla costituzione della fondazione di diritto privato, denominata Fondazione Enea Tech, sottoposta alla vigilanza del MISE. Lo statuto della Fondazione Enea Tech è approvato, su proposta di ENEA, con decreto del Ministro dello sviluppo economico (per la cui emanazione non è previsto un termine). Ai fini dell'istituzione e dell'operatività della Fondazione, il comma in esame autorizza la spesa di 12 milioni di euro per il 2020.

Il comma 6 specifica che il patrimonio della Fondazione è costituito dalle predette risorse e può essere incrementato da apporti di soggetti pubblici e privati. Le attività, oltre che dai mezzi propri, sono costituite da contributi di enti pubblici e privati. Alla fondazione possono, inoltre, esser concessi in comodato beni immobili facenti parte del demanio e del patrimonio disponibile e indisponibile dello Stato. La Fondazione promuove investimenti finalizzati all'integrazione e alla convergenza delle iniziative di sostegno in materia di ricerca e sviluppo e trasferimento tecnologico, favorendo la partecipazione anche finanziaria alle stesse da parte di imprese, fondi istituzionali o privati e di organismi ed enti pubblici, inclusi quelli territoriali, nonché attraverso l'utilizzo di risorse dell'Unione europea.

Il comma 7 specifica che tutti gli atti connessi alle operazioni di costituzione della Fondazione e di conferimento e devoluzione alla stessa sono esclusi da ogni tributo e diritto e vengono effettuati in regime di neutralità fiscale.

Il comma 8 esclude espressamente l'applicabilità degli oneri di analitica motivazione previsti dall’articolo 5 del d.lgs. n. 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica - TUSP) in relazione all'atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione pubblica o di acquisto di partecipazioni, anche indirette, in società già costituite.

 

L’articolo 5 disciplina il procedimento di adozione e il contenuto dell'atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione pubblica o di acquisto di partecipazioni, anche indirette, introducendo analitici obblighi motivazionali.

Fanno eccezione a tali obblighi i casi in cui la costituzione di una società o l’acquisto di una partecipazione, anche attraverso aumento di capitale, avvenga in conformità a espresse previsioni legislative.

Il comma 1 prevede che l’atto deliberativo debba essere motivato con riferimento alla necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali di cui all’articolo 4, ed evidenzi le ragioni e le finalità che giustificano la scelta di costituzione o di partecipazione parziale, anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria, nonché le scelte di gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato. L'atto deliberativo deve, inoltre, dare conto della compatibilità della scelta con i princìpi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa.

Il comma 1 è stato modificato dal decreto legislativo n. 100 del 2017 nel senso di espungere il richiamo all’onere motivazionale della scelta societaria relativo alla "possibilità di destinazione alternativa delle risorse pubbliche impegnate".

Il comma 2 dispone che l'atto deliberativo dia, altresì, atto della compatibilità della scelta con la disciplina europea, con particolare riferimento a quella in materia di aiuti di Stato. Vi si prevede, inoltre, uno specifico vincolo procedurale per gli enti locali, i quali sono tenuti a sottoporre lo schema di atto deliberativo di costituzione di una società ovvero di acquisizione di partecipazioni a forme di consultazione pubblica, secondo modalità da essi stessi disciplinate.

La precisazione relativa all'autonomia normativa degli enti locali nella disciplina delle forme di consultazione pubblica è stata introdotta dal decreto legislativo n. 100 del 2017.

Il comma 3 dispone che l'atto deliberativo sia inviato alla Corte dei conti (nella sezione individuata dal comma 4), a fini conoscitivi, e all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che può esercitare i poteri di cui all'articolo 21-bis della legge 10 ottobre 1990, n. 287.

Il comma 4 individua le sezioni della Corte dei conti competenti alla ricezione degli atti deliberativi sulla base di quanto previsto dal comma 3.

In particolare, per gli atti delle amministrazioni dello Stato e degli enti nazionali sono competenti le Sezioni Riunite in sede di controllo; per gli atti delle Regioni e degli enti locali, nonché dei loro enti strumentali, delle università o delle altre istituzioni pubbliche di autonomia aventi sede nella Regione, è competente la Sezione regionale di controllo; per gli atti degli enti assoggettati a controllo della Corte dei conti ai sensi della legge n. 259 del 1958 ("Partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria"), è competente la Sezione del controllo sugli enti medesimi.

 

Il comma 9 rinvia all'articolo 265 per la copertura degli oneri, pari a 517 milioni di euro per il 2020.

 


 

Articolo 48
(Misure per le esportazioni e l’internazionalizzazione)

 

 

L’articolo 48, al comma 1, dispone un rifinanziamento di 250 milioni di euro per l’anno 2020 del Fondo per la promozione integrata verso i mercati esteri, istituito presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (MAECI) dall’articolo 72 del D.L. n. 18/2020 (lett. a) n. 1).

Inoltre, nell’ambito degli stanziamenti del Fondo, il MAECI può, fino al 31 dicembre 2020, stipulare convenzioni con enti pubblici e privati per l’acquisizione di servizi di consulenza specialistica in materia di internazionalizzazione del sistema Paese (lett. b).

Il comma elimina poi il limite imposto dalla disciplina sugli aiuti di Stato di importanza minore, cd. “de minimis”, in relazione alle attività del Fondo che consistono nel cofinanziamento dei finanziamenti agevolati concessi alle imprese italiane che operano sui mercati esteri a valere sul cd. Fondo Legge n. 394/1981. Il richiamo è ora generico alla disciplina UE sugli aiuti di Stato ivi inclusa dunque anche quella più estensiva del cd. Temporary Framework per l’emergenza da COVID (lett. a), n. 2)).

Il successivo comma 2 rifinanzia poi il citato Fondo Legge n. 394/ 1981 di 200 milioni di euro per l’anno 2020 (lett. a)), autorizzando l’amministratore del Fondo in questione, il Comitato agevolazioni, ad elevare fino al doppio, in conformità con le norme UE, i limiti massimi dei finanziamenti agevolati a valere sul Fondo stesso. La previsione si applica alle domande di finanziamento presentate entro il 31 dicembre 2021 (lett. b)).

Inoltre, sempre fino al 31 dicembre 2021, anche i finanziamenti agevolati a valere sul Fondo in questione, nonché i cofinanziamenti e le garanzie concessi sulle operazioni del Fondo stesso con le risorse del Fondo per la promozione integrata, possono eccedere i limiti degli aiuti de minimis, fermi restando gli obblighi di notifica alla Commissione europea (lett. c)).

Infine, i finanziamenti agevolati a valere sul Fondo Legge n. 394/1981 sono esentati, a domanda del richiedente, dalla prestazione della garanzia, in deroga alla vigente disciplina. La previsione si applica anch’essa alle domande di finanziamento presentate entro il 31 dicembre 2021 (lett. d)).

Il comma 3 reca la copertura finanziaria dei commi 1 e 2.

Il comma 4 autorizza l’ICE ad assumere, nei limiti della dotazione organica, un contingente massimo di 50 unità di personale non dirigenziale con contratti di lavoro a tempo determinato della durata massima di 12 mesi, equiparato, ai fini economici, al personale appartenente alla terza area funzionale, posizione economica F1.

Il comma 5 autorizza la spesa di 10 milioni per l’anno 2020, di 15 milioni per ciascun anno del biennio 2021 e 2022, per gli interventi necessari a completare la realizzazione del Tecnopolo di Bologna, per il potenziamento della partecipazione italiana a istituzioni e progetti di ricerca europei ed internazionali, e per il connesso potenziamento del sistema di alta formazione e ricerca meteo-climatica di Bologna.

Il comma 6 novella le disposizioni finanziarie introdotte dalla legge di bilancio per il 2019, riguardanti la partecipazione italiana all’Esposizione universale di Dubai.

Il comma 7 reca la copertura finanziaria degli oneri relativi al comma precedente.

 

Il comma 1 interviene sul Fondo per la promozione integrata verso i mercati esteri, istituito presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (MAECI) dall’articolo 72 del D.L. n. 18/2020 [12] .

In particolare, il comma 1 in esame dispone un rifinanziamento Fondo di 250 milioni di euro per l’anno 2020. La relativa dotazione viene dunque portata a 400 milioni per l’anno 2020 rispetto ai 150 milioni originariamente stanziati (lett. a), n. 1 che novella il comma 1 dell’articolo 72 del D.L. n. 18/2020).

 

Il comma introduce inoltre la previsione che, nell’ambito degli stanziamenti del Fondo, il MAECI possa, fino al 31 dicembre 2020, stipulare con enti pubblici e privati convenzioni per l’acquisizione di servizi di consulenza specialistica in materia di internazionalizzazione del sistema Paese (lett. b) che introduce una nuova lettera b-bis nel comma 2 dell’articolo 72 del D.L. n. 18/2020).

 

Il comma, elimina poi il richiamo alla sola disciplina sugli aiuti di Stato di importanza minore, cd. “de minimis, relativamente alle attività del Fondo che consistono nel cofinanziamento (al 50% e a fondo perduto) dei finanziamenti agevolati concessi alle imprese italiane che operano sui mercati esteri a valere Fondo Legge n. 394/1981 ((lett. a), n. 2 che novella il comma 1, lett. d) dell’articolo 72 del D.L. n. 18/2020).

In tal modo, mantenendo in luogo del richiamo alla disciplina sui “de minimis”, un generico richiamo al rispetto della disciplina europea sugli aiuti di Stato, il Fondo - afferma la relazione illustrativa - può operare anche alla luce delle più ampie possibilità di intervento contenute nel Quadro temporaneo sugli aiuti di Stato per fronteggiare l’emergenza da COVID, approvato dalla Commissione UE.

 

Sullo “State Aid temporary Framework” della Commissione europea, si rinvia al tema dell’attività parlamentare “Gli aiuti di Stato nell’attuale epidemia da COVID, il nuovo quadro UE”.

 

Il successivo comma 2 rifinanzia poi il Fondo Legge n. 394/ 1981 di 200 milioni di euro per l’anno 2020 (lett. a)).

Il comma autorizza poi l’Amministratore del Fondo Legge n. 394/ 1981 (il Comitato agevolazioni) ad elevare, in conformità con la normativa europea in materia di aiuti di Stato, fino al doppio, i limiti massimi dei finanziamenti agevolati a valere sul Fondo stesso. La previsione si applica alle domande di finanziamento presentate entro il 31 dicembre 2021 (lett. b)).

Inoltre, sempre fino al 31 dicembre 2021, i finanziamenti agevolati a valere sul Fondo, nonché i cofinanziamenti e le garanzie concessi sulle operazioni del medesimo Fondo – ai sensi dell’art. 72, comma 1, lett. d) del D.L. n. 18/2020 - con le risorse del Fondo per la promozione integrata, possono eccedere gli importi massimi previsti dalla normativa europea in materia di aiuti de minimis, fermi restando gli obblighi di notifica alla Commissione europea (lett. c)).

Si osserva in proposito che il Fondo per la promozione integrata di cui all’articolo 72 del D.L. n. 18/2020 interviene esclusivamente, ai sensi del comma 1, lett. d) del medesimo articolo, cofinanziando i finanziamenti concessi alle imprese dal Fondo Legge n. 394, non prestando garanzie.

Con riferimento alla lettera c) del comma 2, si valuti dunque l’opportunità di espungere il richiamo alle garanzie, posto anche ciò che dispone la successiva lettera d) del comma 2.

 

Ai sensi della lettera d) del comma 2, i finanziamenti agevolati a valere sul Fondo Legge n. 394/1981 sono esentati, a domanda del richiedente, dalla prestazione della garanzia, in deroga alla vigente disciplina. La previsione si applica anch’essa alle domande di finanziamento presentate entro il 31 dicembre 2021.

 

Il Fondo di cui al richiamato art. 2 del D.L. n. 251 del 1981 (Fondo 394/81) è stato istituito per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato a favore delle imprese italiane che operano sui mercati esteri, anche al di fuori dell’UE, come precisato dal D.L. n. 34/2019. Il Fondo è gestito da SIMEST, sulla base di apposita convenzione stipulata con il ministero dello sviluppo economico. Sulla disciplina del Fondo ha inciso l’articolo 6 del D.L. 112/2008.

Tale norma ha imposto che le iniziative delle imprese italiane dirette alla loro promozione, sviluppo e consolidamento sui mercati esteri possano fruire delle agevolazioni finanziarie esclusivamente nei limiti ed alle condizioni previsti dal Regolamento europeo relativo agli aiuti di importanza minore (de minimis).

Le iniziative ammissibili ai benefici del Fondo sono:

a)    la realizzazione di programmi aventi caratteristiche di investimento finalizzati al lancio ed alla diffusione di nuovi prodotti e servizi ovvero all'acquisizione di nuovi mercati per prodotti e servizi già esistenti, attraverso l'apertura di strutture volte ad assicurare in prospettiva la presenza stabile nei mercati di riferimento;

b)   studi di pre-fattibilità e di fattibilità collegati ad investimenti italiani all'estero, nonché programmi di assistenza tecnica collegati ai suddetti investimenti;

c)    altri interventi prioritari.

Per le predette iniziative è utilizzato il Fondo Legge n. 394/1981 con una riserva di destinazione alle piccole e medie imprese (PMI) pari al 70 per cento annuo delle risorse del Fondo stesso.

L'articolo 1, comma 270, della Legge di bilancio 2018 (L. n. 2015/2017, modificato da ultimo dal D.L. n. 104/2019) ha poi previsto la composizione del Comitato Agevolazioni, organo competente ad amministrare il Fondo rotativo (cfr. D.M. 24 aprile 2019, che disciplina le competenze e il funzionamento del Comitato).

 

Il comma 3 quantifica gli oneri di cui ai commi 1 e 2 in 450 milioni per il 2020, disponendo che ad essi si provveda ai sensi dell’articolo 265, che reca norme di copertura finanziaria delle disposizioni del decreto legge.

 

Il comma 4 autorizza l’ICE - Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane ad assumere, nei limiti della dotazione organica, un contingente massimo di 50 unità di personale non dirigenziale con contratti di lavoro a tempo determinato della durata massima di 12 mesi, equiparato, ai fini economici, al personale appartenente alla terza area funzionale, posizione economica F1.

 

La relazione illustrativa afferma che la disposizione si rende necessaria in ragione dello straordinario ed immediato impegno richiesto all’ICE per la promozione del sistema economico italiano in questo particolare momento di crisi.

 

L’autorizzazione all’assunzione è concessa nelle more dell’espletamento delle procedure concorsuali per assunzioni presso l’ICE già disposte dall’articolo 1, comma 299, della legge di bilancio 2020.

Conseguentemente, le assunzioni previste dalla legge di bilancio 2020 debbono avvenire con decorrenza non antecedente alla scadenza dei contratti di lavoro a tempo determinato.

Si ricorda che il comma 299 dell’articolo 1 della legge n. 160/2019 (Legge di bilancio 2020) autorizza l’ICE, a bandire per l’anno 2020, concorsi pubblici per titoli ed esami e ad assumere con contratto di lavoro a tempo indeterminato, un contingente massimo di 50 unità di personale non dirigenziale della terza area funzionale, posizione economica F1. A Tale fine, è autorizzata la spesa di 951.667 euro per l’anno 2020 e di euro 2.855.000 dall’anno 2021.

 

L’autorizzazione all’assunzione, disposta dal comma in esame, opera, inoltre, in deroga ai limiti alle spese assunzionali, di cui all’articolo 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010 (L. n. 122/2010).

L’articolo 9 del D.L. n. 78/2010 (L. n. 122/2010) reca norme sul contenimento delle spese in materia di pubblico impiego. Il comma 28 dispone che, a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali di cui al D.Lgs. n. 300/1999, e ss.mod., gli enti pubblici non economici, le università e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001 e ss.mod. e int., le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, fermo quanto previsto dagli articoli 7, comma 6, e 36 del D.Lgs. n. 165/2001, possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009.

 

Agli oneri derivanti dal comma 4 – quantificati in 1.665.417 euro per l’anno 2020 e in 1.189.583 euro per l’anno 2021 - si provvede:

§  quanto a euro 713.750 euro per l’anno 2020 mediante corrispondente riduzione del fondo speciale di parte corrente iscritto, per il bilancio triennale 2020-2022, sul programma “Fondi di riserva e speciali” della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del MEF per l'anno 2020, allo scopo utilizzando parzialmente l'accantonamento relativo al MAECI e

§  quanto a 951.667 euro per l’anno 2020 e a 1.189.583 euro per l’anno 2021, a valere sulle risorse di cui al citato articolo 1, comma 299, della legge di bilancio 2020.

 

Il comma 5 autorizza la spesa di 10 milioni per l’anno 2020, di 15 milioni per ciascun anno del biennio 2021-2022, per gli interventi necessari a completare la realizzazione del Tecnopolo di Bologna, per il potenziamento della partecipazione italiana a istituzioni e progetti di ricerca europei ed internazionali, e per il connesso potenziamento del sistema di alta formazione e ricerca meteo-climatica di Bologna.

 

Per tali finalità, fino al 31 dicembre 2022, la Regione Emilia-Romagna, in qualità di stazione appaltante, opera con i poteri e con le modalità di cui all'articolo 4, commi 2 e 3, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32.

Il richiamato art. 4, commi 2 e 3 del D.L. 32/2019 (cd. Sblocca cantieri) prevede il potere di assumere ogni determinazione ritenuta necessaria per l’avvio ovvero la prosecuzione dei lavori, anche sospesi, e di stabilire le condizioni per l'effettiva realizzazione dei lavori (comma 2). Si prevede, altresì, che l’approvazione dei progetti sia sostitutiva di ogni autorizzazione, parere, visto e nulla-osta, occorrenti per l’avvio o la prosecuzione dei lavori, fatta eccezione per gli atti amministrativi, relativi alla tutela di beni culturali e paesaggistici (silenzio assenso, per il rilascio di determinati atti, con termini non superiori a sessanta giorni per il rilascio) e per quelli di tutela ambientale (con termini dimezzati) (comma 2).

Si consente, poi, di derogare alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici (D.Lgs. 50 del 2016), fatto salvo il rispetto delle disposizioni del Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (D.Lgs. 159 del 2011), e dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all’Unione europea (comma 3).  Si prevede altresì che per le occupazioni di urgenza e per le espropriazioni delle aree occorrenti per l'esecuzione degli interventi, si provveda alla redazione dello stato di consistenza e del verbale di immissione in possesso dei suoli anche con la sola presenza di due rappresentanti della regione o degli enti territoriali interessati, prescindendo da ogni altro adempimento (comma 3).

 

Agli oneri derivanti dal comma in esame si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo speciale di parte capitale iscritto, per il bilancio triennale 2020-2022, nel programma “Fondi di riserva e speciali” della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del MEF per l'anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al MAECI.

 

La relazione illustrativa afferma che il Tecnopolo di Bologna è stato attratto nell’area del più grande Centro di Elaborazioni dati in materia di metereologica e climatologia del mondo: lo European Centre for Medium-Range Weather Forecasts – ECMWF, che sarà operativo da inizio 2021 e per il quale l’Organismo internazionale effettuerà investimenti dell’ordine di 120 milioni di euro.

Inoltre nell’area sarà anche presente il nuovo grande centro di calcolo europeo EuroHPC del valore di 240 milioni di euro, di cui 120 finanziati dalla Commissione UE. L’organismo è delegato dalla Commissione europea alla conduzione di servizi del programma europeo Copernicus (osservazione spaziale della terra), gestendo risorse UE dell’ordine (nel periodo 2013 – 2019) di 300 milioni di euro da rifinanziare nel prossimo quinquennio.

E’ quindi emersa la volontà delle Istituzioni UE di trasferire la gestione delle risorse finanziarie dei predetti servizi Copernicus in capo ad organizzazioni localizzate nel territorio UE.

Pertanto l’Organismo ha aperto una call tra i suoi Stati Membri interessati alla localizzazione nel proprio territorio degli uffici che gestiscono i programmi Copernicus.

L’operazione viene qualificata come strategica e di interesse per il nostro Paese in relazione alla competitività delle imprese italiane del settore, allo sviluppo della ricerca del calcolo, alla formazione, all’innovazione e, più in generale, all’incremento del capitale immateriale per la produttività del Paese con interesse per profili di cambiamenti climatici e monitoraggio dell’atmosfera (servizi che ECMWF gestisce per conto dell’UE nell’ambito del programma Copernicus). La relazione evidenzia che studi del settore stimano l’impatto dell’indotto degli investimenti nel settore meteo-climatico con un ritorno dell’ordine di 6 euro per ogni euro investito.

 

Il comma 6 novella le disposizioni finanziarie introdotte dall’ art. 1, comma 587 della legge di bilancio per il 2019, riguardanti la partecipazione italiana all’Esposizione universale di Dubai, il cui svolgimento, programmato per l’anno in corso, è stato rinviato (v. più avanti) dal governo degli Emirati Arabi Uniti, su richiesta di diversi Stati partecipanti, a seguito delle difficoltà provocate dalla pandemia da Covid-19.

 

In particolare la lettera a) dispone un incremento della dotazione prevista per rispondere alle esigenze legate al prolungamento dei tempi di preparazione e alle maggiori misure di protezione sanitaria che devono essere adottate nei cantieri per l’allestimento del padiglione italiano e stabilisce una dotazione pari a 15,5 milioni di euro per l’anno 2020, a 4 milioni di euro per l’anno 2021 e a 2,5 milioni di euro per l'anno 2022.

 

La lettera b) proroga al 31 dicembre 2022 la durata in carica dell’apposito Commissariato generale di sezione, istituito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 marzo 2018, per consentire, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa del provvedimento, lo smantellamento del padiglione italiano al termine della manifestazione.

 

Il comma 7 prevede che alla copertura degli oneri derivanti, pari a 4,5 milioni di euro per il 2020, a 4 milioni di euro per il 2021 e a 2,5 milioni di euro per il 2022 si provveda mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2022-2022, nell'ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire?” dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

 

L’Esposizione universale di Dubai, il cui svolgimento era stato originariamente programmato dal 20 ottobre 2020 al 10 aprile 2021, in concomitanza con il Giubileo d’oro degli Emirati Arabi Uniti, si svolgerà il prossimo anno, dal 1° ottobre 2021 al 21 marzo 2022. La decisione di rinviare l’evento, proposta dalla Commissione esecutiva dell’Ufficio internazionale delle esposizioni (BIE), è stata già approvata dai 2/3 degli Stati-membri dell’Assemblea del BIE e verrà ufficializzata il 29 maggio prossimo. 

L’Esposizione dal titolo “Unire le Menti, Creare il Futuro" si articolerà in tre sotto-temi: sostenibilità, ovvero progresso e prosperità senza compromettere i bisogni delle generazioni future; mobilità di persone, beni idee; opportunità, come condizione imprescindibile dello sviluppo individuale e collettivo.


 

Articolo 50
(Proroga del termine di consegna dei beni strumentali nuovi ai fini della maggiorazione dell'ammortamento)

 

 

L'articolo 50 proroga dal 30 giugno 2020 al 31 dicembre 2020 il termine finale di efficacia del cd. superammortamento, ovvero l’agevolazione che consente di maggiorare del 30 per cento il costo di acquisizione a fini fiscali degli investimenti in beni materiali strumentali nuovi, "in considerazione della situazione emergenziale COVID-19".

 

L'articolo 1 del D.L. n. 34/2019, nella previgente formulazione, consentiva ai titolari di reddito d’impresa ed agli esercenti arti e professioni che effettuassero investimenti in beni materiali strumentali nuovi dal 1° aprile 2019 fino al 31 dicembre 2019, ovvero entro il 30 giugno 2020 - a condizione che, entro la data del 31 dicembre 2019, l’ordine risultasse accettato dal venditore e fosse avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione – di usufruire dell’aumento del 30 per cento del costo di acquisizione dei predetti beni, con esclusivo riferimento alla determinazione delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria.

E’ previsto un tetto di 2,5 milioni di euro agli investimenti agevolabili.

 

Si fa presente che, in luogo di prorogare al 2020 il cd. superammortamento e iperammortamento in favore delle imprese e di disciplinare un credito d'imposta per la realizzazione di progetti ambientali, la legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi 184-197 della legge n. 160 del 2020) ha introdotto un nuovo credito d'imposta per le spese sostenute a titolo di investimento in beni strumentali nuovi. Esso riguarda tutte le imprese e, con riferimento ad alcuni investimenti, anche i professionisti. Il credito viene riconosciuto con aliquota differenziata secondo la tipologia di beni oggetto dell'investimento e copre gli investimenti in beni strumentali nuovi, ivi compresi i beni immateriali funzionali alla trasformazione tecnologica secondo il modello Industria 4.0.

 


 

Articolo 53
(Deroga al divieto di concessione di aiuti di Stato a imprese beneficiarie di aiuti illegali non rimborsati)

 

 

L’articolo 53 prevede che ai regimi di aiuto concessi, a livello nazionale o territoriale, ai sensi del Quadro temporaneo europeo sugli aiuti di Stato nell’ emergenza da COVID-19, accedono anche le imprese sulle quali grava l’obbligo di rimborsare aiuti illegali e incompatibili già ricevuti. Tali imprese accedono ai regimi di aiuti del Temporary Framework al netto dell’importo dovuto e non rimborsato, comprensivo degli interessi maturati fino alla data dell’erogazione.

 

Nel dettaglio, l’articolo in esame introduce una deroga all’articolo 46, comma 1, della legge n. 234/2012, che in via ordinaria vieta ai soggetti beneficiari di aiuti non rimborsati, di cui è obbligatorio il recupero in esecuzione di una decisione della Commissione europea, di ricevere nuovi aiuti.

 

La cosiddetta “clausola Deggendorf”, che vieta l’erogazione di aiuti di Stato ad imprese che debbano restituire precedenti aiuti giudicati illegali ed incompatibili dalla Commissione, è ormai contenuta nella maggior parte dei regimi di aiuto adottati dalle diverse amministrazioni. Ciò in quanto previsto dal Regolamento generale di esenzione per categoria n. 800/2008 e posto come condizione in tutte le recenti decisioni di autorizzazione della Commissione.

Nell’ordinamento interno, ne costituisce espressione l’articolo 46, comma 1, della legge n. 24 dicembre 2012, n. 234 (Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea), secondo il quale nessuno può beneficiare di aiuti di Stato se rientra tra coloro che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato gli aiuti che lo Stato è tenuto a recuperare in esecuzione di una decisione di recupero di cui all'articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015 (comma 1).

La Commissione, attese anche le circostanze specifiche dell’epidemia COVID-19 e l’impatto sull’economia, ha comunicato – secondo quanto risulta dalla relazione illustrativa - che la cosiddetta “clausola Deggendorf” non si applica alle misure di cui al Temporary Framework per sostenere l’economia nel contesto dell’epidemia di coronavirus. Si è pertanto reso necessario disporre una deroga alla normativa nazionale contenuta nella legge n. 234/2012.

 

Di conseguenza, l’articolo in esame dispone che i soggetti che abbiano ancora l’obbligo di rimborsare aiuti illegali e incompatibili accedono - in ragione delle straordinarie condizioni determinate dall’epidemia da Covid-19 - agli aiuti previsti da atti legislativi o amministrativi adottati, a livello nazionale, regionale o territoriale, ai sensi e nella vigenza della comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020, C (2020)1863, “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, e successive modificazioni e integrazioni.

Si ricorda in proposito che la Comunicazione della Commissione del 19 marzo è stata modificata e integrata dapprima dalla Comunicazione della Commissione del 3 aprile C(2020) 2215 final, e successivamente dalla Comunicazione della Commissione dell’8 maggio (C(2020 3156 final).

Per approfondimenti ed aggiornamenti sul citato “Temporary framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak” si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare.

 

Nella relazione illustrativa si osserva come un approccio simile fu adottato nel contesto del quadro temporaneo al momento della crisi finanziaria del 2008.

A tale proposito si veda la Comunicazione della Commissione relativa al “Quadro di riferimento temporaneo comunitario per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'accesso al finanziamento nell'attuale situazione di crisi finanziaria ed economica” (2009/C 83/01).

 

La norma precisa, infine, che i nuovi aiuti sono corrisposti al netto dell’importo dovuto e non rimborsato, comprensivo degli interessi maturati fino alla data dell’erogazione.


 

Articolo 54
(Aiuti sotto forma di
sovvenzioni dirette,
anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali
)

 

 

L’articolo 54 traspone sostanzialmente nell’ordinamento interno il contenuto della sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final – “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, e successive modifiche e integrazioni. In tal modo, in considerazione della situazione emergenziale in atto, definisce una cornice normativa entro la quale – previa notifica in via generale e conseguente autorizzazione della Commissione UE – le Regioni, le Province autonome, gli altri enti territoriali e le Camere di commercio hanno la facoltà di procedere alla concessione di aiuti, a valere sulle proprie risorse, sotto forma di sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali.

 

 

Nel dettaglio, il comma 1 prevede che le Regioni, le Province autonome - anche promuovendo eventuali azioni di coordinamento in sede di Conferenza delle Regioni e delle Province autonome -, gli altri enti territoriali, le Camere di commercio:

 

§   possono adottare misure di aiuto, a valere sulle proprie risorse, ai sensi della sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final – “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19 ” e successive modifiche e integrazioni,

§   nei limiti e alle condizioni di cui alla medesima Comunicazione ed al presente articolo, fino a un importo di 800.000 euro per impresa;

§  salvo i diversi limiti per le imprese del settore della pesca e dell’acquacoltura e del settore della produzione primaria di prodotti agricoli (vedi infra, commi 3-7).

 

Si ricorda che la Comunicazione della Commissione del 19 marzo C (2020) 1863 final Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19 ” è stata modificata e integrata dapprima dalla Comunicazione della Commissione del 3 aprile C(2020) 2215 final, e successivamente dalla Comunicazione della Commissione dell’8 maggio (C(2020 3156 final).  Per approfondimenti ed aggiornamenti sul “Temporary framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak”, si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare.

 

Il comma 2 precisa che l’aiuto può essere concesso sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali e di pagamento o in altre forme, quali anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti e partecipazioni, a condizione che il valore nominale totale di tali misure rimanga al di sotto del massimale di 800 000 euro per impresa; tutti i valori utilizzati devono essere al lordo di qualsiasi imposta o altro onere. 

 

Il comma 3 precisa che gli aiuti non possono superare l’importo di 120.000 euro per ogni impresa attiva nel settore della pesca e dell’acquacoltura e 100.000 euro per ogni impresa attiva nella settore della produzione primaria di prodotti agricoli. Tutti i valori utilizzati sono al lordo di qualsiasi imposta o altro onere.

 

L’impresa attiva nel settore della pesca e dell’acquacoltura è quella definita all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione, del 27 giugno 2014, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti "de minimis" nel settore della pesca e dell’acquacoltura (GU L 190 del 28.6.2014, pag. 45).

I prodotti agricoli dell’impresa attiva nel settore della produzione primaria sono tutti i prodotti elencati nell’allegato I del TFUE, ad eccezione dei prodotti del settore della pesca e dell’acquacoltura.

 

In base al comma 4, gli aiuti alle imprese attive nella produzione primaria di prodotti agricoli non devono essere fissati sulla base del prezzo o della quantità dei prodotti immessi sul mercato.

 

Secondo il comma 5, gli aiuti concessi ad imprese operanti nella trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli devono essere subordinati alle condizioni dettate dal punto 22, lettera e) della Comunicazione di cui al comma 1.

 

Il citato punto 22, lettera e) prevede che gli aiuti concessi a imprese operanti nella trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli sono subordinati al fatto di non venire parzialmente o interamente trasferiti a produttori primari e non sono fissati in base al prezzo o al quantitativo dei prodotti acquistati da produttori primari o immessi sul mercato dalle imprese interessate.

 

Il comma 6 chiarisce che gli aiuti alle imprese attive nel settore della pesca e dell’acquacoltura non riguardano nessuna delle categorie di aiuti già escluse dal regime “de minimis di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettere da a) a k), del regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione.

 

Sono pertanto esclusi:

a)  aiuti il cui importo è fissato in base al prezzo o al quantitativo dei prodotti acquistati o commercializzati;

b)  aiuti per attività connesse all'esportazione verso paesi terzi o Stati membri, ossia aiuti direttamente collegati ai quantitativi esportati, alla costituzione e gestione di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse con l'attività d'esportazione;

c)  aiuti subordinati all'impiego di prodotti nazionali rispetto a quelli d'importazione;

d) aiuti per l'acquisto di pescherecci;

e)  aiuti per la sostituzione o l'ammodernamento di motori principali o ausiliari dei pescherecci;

f)  aiuti a favore di operazioni dirette ad aumentare la capacità di pesca di un peschereccio o a favore di attrezzature atte ad aumentarne la capacità di ricerca del pesce;

g)  aiuti per la costruzione di nuovi pescherecci o per l'importazione di pescherecci;

h)  aiuti a favore dell'arresto temporaneo o definitivo delle attività di pesca, tranne quando siano espressamente previsti dal regolamento (UE) n. 508/2014;

i)   aiuti alle attività di pesca sperimentale;

j)   aiuti al trasferimento di proprietà di un'impresa;

k)  aiuti al ripopolamento diretto, salvo se esplicitamente previsto come misura di conservazione da un atto giuridico dell'Unione o nel caso di ripopolamento sperimentale.

 

Il comma 7 prevede che, nel caso in cui un’impresa sia attiva in diversi settori a cui si applicano importi massimi diversi, conformemente al comma 2 e al comma 3, deve essere assicurato con mezzi adeguati, quali la separazione contabile, che per ciascuna di tali attività sia rispettato il massimale pertinente e che in totale non sia superato l’importo massimo possibile.

 

La relazione illustrativa chiarisce che nella norma del “regime-quadro” in esame, in considerazione della situazione emergenziale in atto, si prevede la facoltà delle Regioni e delle Provincie autonome degli altri enti territoriali e delle Camere di commercio, di adottare misure di aiuto alle imprese, a valere sulle proprie risorse, ai sensi della sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final – “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19 ” e successive modificazioni.

Tali agevolazioni possono essere concesse entro il 31 dicembre 2020.

Il regime-quadro sarà notificato in modo che, una volta autorizzato dalla Commissione europea, gli enti possano procedere alla concessione di aiuti, a condizione che gli stessi rientrino fra quelli approvati dalla Commissione europea.

Le Regioni, le Provincie autonome, gli altri enti territoriali e le Camere di commercio potranno concedere aiuti diversi da quelli notificati in via generale con il presente regime-quadro (o a condizioni diverse) solo qualora procedano autonomamente e singolarmente a notificare preventivamente tali eventuali diversi aiuti alla Commissione europea e solo dopo detta preventiva autorizzazione.


 

Articolo 70
(Trattamenti di integrazione salariale in deroga)

 

 

L’articolo 70 modifica la disciplina sulla concessione, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, di trattamenti di integrazione salariale in deroga. Tale disciplina, già posta dall’articolo 22 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27 - articolo oggetto delle presenti novelle -, concerne i datori di lavoro del settore privato per i quali non trovino applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni (di cui ai Titoli I e II del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, e successive modificazioni) in materia di sospensione o riduzione dell'orario di lavoro. Le novelle concernono l’ammontare delle risorse finanziarie, i limiti di durata del trattamento, le procedure di concessione e di erogazione, le procedure di monitoraggio degli oneri finanziari complessivi, un’integrazione delle disposizioni specifiche per il fondo di solidarietà bilaterale intersettoriale (istituito in ciascuna delle province autonome di Trento e di Bolzano), nonché l'ipotesi di concessione di ulteriori quattro settimane di trattamento in deroga, a valere su risorse eventualmente residue già attribuite alle singole regioni e province autonome. Riguardo ai profili relativi alla durata massima e alle procedure di riparto delle risorse, nonché di concessione, di erogazione e di monitoraggio, le novelle in esame fanno anche rinvio agli articoli 22-bis e 22-ter del citato D.L. n. 18, articoli introdotti dalla novella di cui al successivo articolo 71 del presente decreto.

 

Si ricorda che dall’ambito dei trattamenti in esame [13] sono esclusi i datori di lavoro domestico, mentre sono esplicitamente inclusi (ove ricorra la circostanza di assenza di altre tutele) quelli agricoli, della pesca e del terzo settore, compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti [14] . L’applicazione dei trattamenti in esame ai lavoratori dipendenti (atleti ed altre figure) iscritti al Fondo Pensione Sportivi Professionisti [15] è disciplinata dal successivo articolo 98, comma 7, del presente decreto.

In base alla disciplina finora vigente, la durata del trattamento non può essere superiore a nove settimane, con possibile decorrenza retroattiva dal 23 febbraio 2020 (alcuni periodi aggiuntivi sono possibili con riferimento ad alcuni territori [16] ). In merito, la novella consente, in primo luogo, un ulteriore trattamento della durata massima di cinque settimane, successive alla concessione delle suddette nove settimane (comma 1, lettera a), del presente articolo 70). La novella specifica che sia il primo sia il secondo trattamento suddetti possono concernere il periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 e il 31 agosto 2020. In relazione alla summenzionata possibilità di prolungamento, la novella di cui alla successiva lettera b) eleva il limite di risorse finanziarie da 3.293,2 milioni di euro a 4.936,1 milioni (sempre per il 2020) - per la copertura del relativo onere, il comma 2 rinvia al successivo articolo 265 -. Un ulteriore periodo di trattamento, della durata massima di quattro settimane, può essere riconosciuto - con riferimento al periodo 1° settembre 2020-31 ottobre 2020 - in base ai decreti ministeriali di cui all'articolo 22-ter del D.L. n. 18 ed alle risorse finanziarie attivate dagli stessi, nel rispetto anche delle modalità di cui all'articolo 22-quater dello stesso D.L. n. 18 (come detto, gli articoli 22-ter e 22-quater sono introdotti dalla novella di cui all'articolo 71 del presente decreto). La novella di cui alla lettera a) specifica altresì che, per i datori di lavoro dei settori concernenti il turismo, le fiere, i congressi, i parchi divertimento, gli spettacoli dal vivo e le sale cinematografiche, è possibile usufruire delle suddette quattro settimane anche per periodi precedenti il 1° settembre, a condizione che i medesimi datori abbiano interamente fruito il periodo precedentemente concesso (fino alla durata massima di quattordici settimane). Si valuti l'opportunità di chiarire i criteri e le modalità di applicazione di tale possibilità di anticipo, considerato anche che per l'emanazione dei summenzionati decreti ministeriali l'articolo 22-ter pone il termine del 31 agosto.

Nella disciplina finora vigente, i trattamenti possono concernere i dipendenti in forza alla data del 23 febbraio 2020, nonché, in base alla norma di cui all’articolo 41, comma 2, del D.L. 8 aprile 2020, n. 23, attualmente in fase di conversione alle Camere, i dipendenti assunti tra il 24 febbraio 2020 e il 17 marzo 2020 (in quest’ultima data è entrato in vigore il citato D.L. n. 18) [17] . La novella di cui al comma 1, lettera b), del presente articolo 70 fa invece riferimento ai lavoratori già in forza alla data del 25 marzo 2020 - che costituisce, quindi, il termine di riferimento per le nuove concessioni dei trattamenti -.

Si ricorda che per i datori aventi più di cinque dipendenti, i trattamenti in esame sono subordinati alla conclusione di un accordo - che può essere concluso anche in via telematica - tra la regione (o la provincia autonoma) e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale per i datori di lavoro [18] . In tale ambito, la formulazione finora esclude dall’obbligo di accordo i datori di lavoro che abbiano chiuso l'attività in ottemperanza ai provvedimenti di urgenza emanati per far fronte all'emergenza epidemiologica da COVID-19. La novella di cui alla suddetta lettera a), sopprimendo quest’esclusione, richiede l’accordo anche con riferimento ai suddetti datori (sempre per l’ipotesi che essi abbiano più di cinque dipendenti).

Riguardo alle procedure di concessione e di erogazione, la novella di cui alla lettera a) fa rinvio alle norme di cui all’articolo 71, comma 1, capoverso articolo 22-quater (cfr. la relativa scheda di lettura), per i periodi successivi alle suddette prime nove settimane. La novella di cui alla lettera g) del presente articolo 70, comma 1, prevede che i trattamenti in deroga di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali possano essere corrisposti anche dalle imprese, con successivo rimborso ad esse da parte dell’INPS (secondo le modalità di cui all’articolo 7 del citato D.Lgs. n. 148 del 2015) - in alternativa al meccanismo del pagamento diretto da parte dell’INPS, che resta tassativo per i trattamenti in deroga riconosciuti a valere sulle risorse attribuite alle regioni e alle province autonome -.

Le procedure di riparto delle risorse (tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e le singole regioni e province autonome) e le procedure di monitoraggio, concernenti il rispetto dei relativi limiti di spesa, sono ora ridisciplinate dall’articolo 71, comma 1, capoverso articolo 22-quater (alla cui scheda si rinvia [19] ).

La novella di cui alla lettera c) opera interventi di coordinamento in relazione alle suddette novelle di cui alle lettere a) e g).

La novella di cui alla lettera d) prevede una comunicazione settimanale da parte dell’INPS al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze, concernente le risultanze, anche in via prospettica, delle autorizzazioni e delle erogazioni inerenti ai trattamenti in deroga - in relazione alle risorse ripartite tra le singole regioni e province autonome - nonché l’adozione di un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, concernente l’individuazione sia delle somme ripartite e non corrispondenti ad autorizzazioni riconosciute sia delle somme non ancora ripartite; per entrambe le tipologie di somme, il decreto ministeriale deve disporre la destinazione all'INPS per le finalità di cui all'articolo 22-ter del D.L. n. 18 (articolo introdotto dalla novella di cui al successivo articolo 71 del presente decreto). Si valuti l'opportunità di chiarire tale previsione, considerato che il suddetto articolo 22-ter demanda ad uno o più decreti ministeriali un riparto di risorse tra l'INPS e i fondi di solidarietà bilaterali (ai fini del finanziamento di diverse tipologie di trattamenti di integrazione salariale).

La novella di cui alla lettera e) prevede che il datore di lavoro sia obbligato ad inviare all'INPS (secondo le modalità stabilite da quest’ultimo) tutti i dati necessari per il pagamento dell'integrazione salariale in deroga, entro il giorno 20 di ogni mensilità successiva a quella in cui sia collocato il periodo di integrazione salariale. Tale novella riguarda i trattamenti in deroga relativi alle prime nove settimane, in quanto per quelli successivi trovano applicazione le modalità di cui all’articolo 71, comma 1, capoverso articolo 22-quater.

 

Riguardo ai trattamenti in deroga in esame, si ricorda altresì che:

-       è escluso l’obbligo dello svolgimento della procedura aziendale di informazione, consultazione ed esame congiunto (comma 6 del citato articolo 22 del D.L. n. 18);

-       in relazione al trattamento sono riconosciuti la contribuzione figurativa e gli oneri accessori (comma 1 dello stesso articolo 22). Per i lavoratori del settore agricolo, il trattamento è equiparato a lavoro ai fini del calcolo delle prestazioni di disoccupazione agricola;

-       in base al comma 3 del citato articolo 41 del D.L. 8 aprile 2020, n. 23, attualmente in fase di conversione alle Camere, le domande (per i trattamenti in esame) sono esenti dall’imposta di bollo.

 

La novella di cui alla lettera e) prevede che le risorse finanziarie del fondo di solidarietà bilaterale intersettoriale, istituito in ciascuna delle province autonome di Trento e di Bolzano, possano essere destinate dalle province autonome (a condizione di copertura del fabbisogno finanziario con fondi provinciali) anche alla finalità di assicurare ai lavoratori una tutela integrativa rispetto a prestazioni connesse a trattamenti di integrazione salariale ordinaria, straordinaria e in deroga previste dalla normativa vigente (il fondo di solidarietà bilaterale in oggetto autorizza le suddette prestazioni integrative). Si valuti l’opportunità di chiarire se la novella faccia riferimento alle risorse finanziarie relative ai trattamenti in deroga (attribuite a ciascuna provincia autonoma).

 

Si ricorda che - ai sensi del comma 5 del citato articolo 22 del D.L. n. 18 - le risorse per i trattamenti in deroga in esame destinate a ciascuna delle due province autonome (di Trento e di Bolzano) sono trasferite al suddetto fondo di solidarietà bilaterale intersettoriale, costituito (in ciascuna provincia autonoma) ai sensi dell’articolo 40 del citato D.Lgs. n. 148 del 2015; il suddetto fondo - a cui competono le funzioni attribuite dalle norme sui trattamenti in deroga ad ogni regione - autorizza le relative prestazioni.

Inoltre, in base ai commi 5-bis e 5-ter del medesimo articolo 22 del D.L. n. 18: a tali fondi possono essere destinate - in alternativa all’impiego per azioni di politica attiva del lavoro - le risorse assegnate alle medesime province autonome ai sensi dell'articolo 44, comma 6-bis, del D.Lgs. n. 148 del 2015, e successive modificazioni (risorse - ripartite tra le regioni e le province autonome - per ammortizzatori sociali in deroga e per azioni di politica attiva del lavoro); le risorse finanziarie spettanti ai due fondi per i trattamenti in deroga possono essere destinate dalle province autonome (a condizione di copertura del fabbisogno finanziario con fondi provinciali) anche alla finalità di assicurare ai lavoratori una tutela integrativa rispetto a prestazioni connesse alla perdita del posto di lavoro previste dalla normativa vigente (il fondo di solidarietà bilaterale in oggetto autorizza le suddette prestazioni integrative).

 

La novella di cui alla lettera h) prevede che, per il 2020, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possano concedere ulteriori periodi di trattamenti di integrazione salariale in deroga, fino a quattro settimane aggiuntive, utilizzando le risorse eventualmente residue nell'ambito di quelle attribuite alla medesima regione o provincia autonoma ai sensi dell'articolo 44, comma 6-bis, del D.Lgs. n. 148 del 2015, e successive modificazioni (risorse per ammortizzatori sociali in deroga e per azioni di politica attiva del lavoro), previ l'accertamento delle stesse di intesa con l'INPS ed una comunicazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze. L'INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa, fornendo i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e alla regione o provincia autonoma interessata. Qualora dal predetto monitoraggio emerga che sia stato raggiunto, anche in via prospettica, il limite di spesa, non possono essere emessi altri provvedimenti concessori.

 


 

Articolo 84
(Nuove indennità per i lavoratori in relazione all’emergenza epidemiologica da COVID-19)

 

 

I commi da 1 a 12 dell’articolo 84 prevedono un complesso di indennità temporanee in favore di alcune categorie di lavoratori. Per tali prestazioni il comma 12 pone un limite di spesa unico e specifica che esse non concorrono alla formazione del reddito fiscale imponibile (ai fini delle imposte sui redditi) e che sono erogate dall’INPS, previa domanda.

Le indennità di cui ai commi da 1 a 12 riguardano: i liberi professionisti iscritti alla cosiddetta Gestione separata INPS [20] e i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (iscritti alla medesima Gestione) (commi da 1 a 3); i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’INPS (relative agli artigiani, agli esercenti attività commerciali ed ai coltivatori diretti, mezzadri, coloni e imprenditori agricoli professionali) (comma 4); i lavoratori dipendenti stagionali, nonché i lavoratori in somministrazione, nei settori del turismo e degli stabilimenti termali (commi 5 e 6) e i lavoratori dipendenti stagionali negli altri settori, i lavoratori intermittenti ed alcune categorie particolari di lavoratori autonomi (commi 8 e 9); gli operai agricoli a tempo determinato (comma 7); i lavoratori dello spettacolo (commi 10 e 11).

Il successivo comma 13 prevede un eventuale incremento temporaneo della misura del Reddito di cittadinanza, per i soggetti che, beneficiando di quest’ultimo istituto, sono esclusi dalle indennità summenzionate.

Il comma 14, per le indennità in oggetto relative al mese di marzo, pone un termine di decadenza per la presentazione della domanda.

 

Più in dettaglio, i commi 1 da 3 prevedono alcune prestazioni in favore di liberi professionisti (titolari di partita IVA) iscritti alla suddetta Gestione separata INPS e di titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (iscritti alla medesima Gestione), qualora i soggetti non siano titolari di pensione e non siano iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie [21] - soggetti per i quali l’articolo 27 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, ha già riconosciuto un’indennità pari a 600 euro per il mese di marzo 2020 -.

In tale ambito, le prestazioni di cui ai commi da 1 a 3 consistono:

§  in un’indennità, pari anch’essa a 600 euro, per il mese di aprile 2020 (comma 1). In base al richiamo operato al suddetto articolo 27 del D.L. n. 18, il beneficio sembrerebbe subordinato alla condizione che la partita IVA o il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa sussistesse alla data del 23 febbraio 2020. Si valuti l’opportunità di chiarire tale profilo;

§  in un’indennità pari a 1.000 euro per il mese di maggio 2020, limitatamente ai liberi professionisti, titolari di partita IVA alla data di entrata in vigore del presente decreto (19 maggio 2020), che abbiano subìto una riduzione di almeno il 33 per cento del reddito del secondo bimestre 2020, rispetto al reddito del secondo bimestre 2019, ed ai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa il cui rapporto sia cessato alla data di entrata in vigore del presente decreto (commi 2 e 3). Sono definiti altresì i criteri di computo della suddetta riduzione del reddito e le relative procedure di comunicazione e verifica (comma 2 citato) [22] .

Riguardo alla summenzionata condizione dell’assenza di iscrizione ad altra forma previdenziale obbligatoria, si ricorda che la circolare INPS n. 49 del 30 marzo 2020 - emanata con riferimento alla suddetta indennità per il mese di marzo 2020 - limita l’ambito dell’esclusione ai casi di iscrizione ad altra forma alla data della presentazione della domanda relativa all’indennità.

Il comma 4 prevede un’indennità pari a 600 euro, per il mese di aprile 2020, in favore delle categorie già beneficiarie, per il mese di marzo, dell’indennità (anch’essa pari a 600 euro) di cui all’articolo 28 del citato D.L. n. 18 del 2020. Il beneficio concerne i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’INPS - relative agli artigiani, agli esercenti attività commerciali ed ai coltivatori diretti, mezzadri, coloni e imprenditori agricoli professionali -, qualora tali soggetti non siano titolari di pensione e non siano iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie (riguardo a quest’ultima norma, la circolare INPS n. 49 del 30 marzo 2020 - emanata con riferimento al citato D.L. n. 18 del 2020 - limita l’ambito dell’esclusione ai casi di iscrizione ad altra forma alla data della presentazione della domanda); l’esclusione non concerne i casi in cui l’iscritto ad una delle gestioni speciali sia iscritto anche alla suddetta Gestione separata INPS [23] - fermo restando il divieto di cumulo delle indennità, ai sensi dell’articolo 31 del D.L. n. 18 (tale articolo è novellato dall’articolo 75 del presente decreto) -. Si valuti l’opportunità di chiarire entro quale data i soggetti debbano, ai fini in oggetto, risultare iscritti ad una gestione speciale (termine temporale che non è indicato nel citato articolo 28) nonché chiarire se i soggetti che siano iscritti a più di una delle suddette Gestioni speciali rientrino nel beneficio in esame. Si ricorda inoltre che la citata circolare INPS n. 49 del 30 marzo 2020 rileva che, per gli iscritti alla gestione relativa agli esercenti attività commerciali, l’iscrizione anche alla "previdenza integrativa obbligatoria presso l’Enasarco" non preclude l’accesso al beneficio.

I commi 5 e 6 prevedono un’indennità, pari a 600 euro per il mese di aprile 2020 e a 1.000 euro per il mese di maggio 2020, in favore:

§  delle categorie già beneficiarie, per il mese di marzo, dell’indennità (pari a 600 euro) di cui all’articolo 29 del citato D.L. n. 18 del 2020. Il citato articolo 29 riguarda i lavoratori dipendenti stagionali dei settori del turismo e degli stabilimenti termali che abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 17 marzo 2020 e che, a quest’ultima data, non fossero titolari di pensione né titolari di rapporto di lavoro dipendente [24] . Per l’indennità relativa al mese di maggio, il comma 6 formula la condizione dell’assenza di trattamento pensionistico o di rapporto di lavoro con riferimento alla data di entrata in vigore del presente decreto (19 maggio 2020) ed introduce, con riferimento alla medesima data, anche la condizione della mancanza di titolarità del trattamento di disoccupazione NASpI. Per l’indennità relativa al mese di aprile, il termine di riferimento per le assenze di titolarità (in base al richiamo del citato articolo 29 del D.L. n. 18) sembra costituito dalla data del 17 marzo 2020 e non viene introdotta la condizione della mancanza di titolarità del trattamento NASpI. Si valuti l’opportunità di chiarire tali profili, considerato anche che per la categoria di cui al punto successivo la condizione dell’assenza di un trattamento NASpI viene posta anche con riferimento al mese di aprile;

§  ai lavoratori in somministrazione, impiegati presso imprese utilizzatrici operanti nei suddetti settori del turismo e degli stabilimenti termali, che abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 17 marzo 2020 [25] , non titolari di pensione, né di rapporto di lavoro dipendente, né di trattamento NASpI, alla data di entrata in vigore del presente decreto (19 maggio 2020).

Il comma 7 prevede un’indennità per il mese di aprile 2020, pari a 500 euro, in favore degli operai agricoli a tempo determinato che non siano titolari di pensione e che nel 2019 abbiano svolto almeno 50 giornate effettive di attività di lavoro agricolo (per tale categoria l’articolo 30 del D.L. n. 18 – richiamato dal presente comma 7 - ha previsto un’indennità di 600 euro per il mese di marzo).

I commi 8 e 9 prevedono un’indennità di 600 euro per ciascuno dei mesi di aprile e maggio del 2020 in favore delle stesse categorie per le quali l’articolo 2 del D.M. 30 aprile 2020 ha riconosciuto un’indennità di identico importo per il mese di marzo. Il beneficio concerne (comma 8):

§  i lavoratori dipendenti stagionali, appartenenti a settori diversi da quelli del turismo e degli stabilimenti termali, che abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 31 gennaio 2020 [26] e che abbiano svolto la prestazione lavorativa per almeno trenta giornate nel medesimo periodo;

§  i lavoratori intermittenti, di cui agli articoli da 13 a 18 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 [27] , che abbiano svolto la prestazione lavorativa per almeno trenta giornate nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 31 gennaio 2020;

§  i lavoratori autonomi, privi di partita IVA, non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, che nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 23 febbraio 2020 siano stati titolari di contratti di lavoro autonomo occasionale [28] e che non abbiano un contratto in essere alla data del 23 febbraio 2020. Ai fini in esame, gli stessi soggetti, per tali contratti, devono aver maturato, con riferimento al suddetto arco temporale, almeno un contributo mensile nella summenzionata Gestione separata INPS (alla quale devono in ogni caso risultare già iscritti alla data del 23 febbraio 2020);

§  gli incaricati alle vendite a domicilio di cui all'articolo 19 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, e successive modificazioni, con reddito annuo per il 2019, derivante dalle medesime attività, superiore ad euro 5.000, purché titolari di partita IVA attiva e iscritti alla suddetta Gestione separata INPS, alla data del 23 febbraio 2020, e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie.

I soggetti di cui al comma 8, alla data di presentazione della domanda, non devono essere titolari di pensione né di altro contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, diverso da quello di lavoro intermittente (comma 9). Si valuti l’opportunità di chiarire se la compatibilità di un rapporto di lavoro intermittente possa riguardare anche i soggetti che presentino la domanda in base alle altre fattispecie soggettive di cui al comma 8.

I commi 10 e 11 prevedono un’indennità di 600 euro per ciascuno dei mesi di aprile e maggio del 2020 in favore dei soggetti iscritti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo [29] che rientrino in una delle seguenti fattispecie: abbiano almeno 30 contributi giornalieri versati nell’anno 2019 al medesimo Fondo, da cui derivi un reddito non superiore a 50.000 euro  (tale fattispecie è l’unica prevista per la precedente indennità di marzo - pari anch’essa a 600 euro - dall’articolo 28 del citato D.L. n. 18); abbiano almeno 7 contributi giornalieri versati nel 2019, da cui derivi un reddito non superiore a 35.000 euro. Sono esclusi dal beneficio i soggetti titolari, alla data di entrata in vigore del presente decreto (19 maggio 2020), di pensione o di rapporto di lavoro dipendente [30] .

Come accennato, ai sensi del comma 12, le indennità di cui ai commi da 1 a 11 del presente articolo non concorrono alla formazione del reddito fiscale imponibile (ai fini delle imposte sui redditi) e sono erogate dall’INPS, previa domanda, nel rispetto di un unico limite di spesa; tale limite è pari a 3.840,8 milioni di euro (per l’anno 2020). Tale importo è comprensivo di una quota di oneri - stimata pari a 27 milioni di euro dalla relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto - relativa alle indennità in oggetto per il mese di marzo; tali oneri sono conseguenti agli articoli 75 e 86 del presente decreto, che consentono il cumulo delle indennità in oggetto (anche per il mese di marzo) con l'assegno ordinario di invalidità, di cui all'articolo 1 della L. 12 giugno 1984, n. 222 [31] (cfr., in merito, anche sub il comma 14 del presente articolo 84).

Ai sensi del medesimo comma 12, l'INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa e comunica i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze. Qualora dal suddetto monitoraggio emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al limite di spesa, non sono adottati altri provvedimenti concessori.

Il comma 13 prevede un eventuale incremento temporaneo della misura del Reddito di cittadinanza [32] , per i soggetti che, beneficiando di tale istituto, sono esclusi dalle indennità summenzionate. Per i casi in cui la misura del Reddito di cittadinanza (in godimento da parte dell'intero nucleo familiare) sia inferiore all’importo delle indennità, viene riconosciuto un corrispondente incremento provvisorio, per i mesi per i quali troverebbe applicazione l'indennità in questione. In relazione a tali incrementi provvisori, viene disposto un elevamento dell’autorizzazione di spesa concernente il Reddito di cittadinanza, incremento pari a 72 milioni di euro per il 2020.

 

Riguardo alla condizione, posta dai vari commi dell’articolo in esame, di assenza di titolarità di un trattamento pensionistico, si ricorda che la circolare INPS n. 49 del 30 marzo 2020 - emanata con riferimento alle summenzionate indennità del mese di marzo 2020 - fa riferimento esclusivo ai trattamenti diretti; la titolarità di un trattamento pensionistico in favore di superstite non preclude, dunque, l’accesso ai benefici in oggetto.

Per i divieti di cumulo delle indennità in esame con altri trattamenti, si rinvia alla scheda concernente gli articoli 75 e 86 del presente decreto.

 

Il comma 14 pone, con riferimento alle indennità per il mese di marzo 2020, già concesse - con riferimento ad alcune delle suddette categorie - dal citato D.L. n. 18 del 2020, un termine di decadenza per la presentazione della domanda; quest'ultima deve essere presentata entro il quindicesimo giorno successivo al 19 maggio 2020 (data di entrata in vigore del decreto in esame).

Come detto, gli articoli 75 e 86 del presente decreto consentono il cumulo delle indennità in oggetto (anche per il mese di marzo) con l'assegno ordinario di invalidità.

 

Si ricorda inoltre che, rispetto ai singoli limiti di spesa posti dalle norme del citato D.L. n. 18 e relativi alle indennità per il mese di marzo, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze [33] sono stati operati alcuni incrementi e riduzioni (con invarianza dell’onere complessivo) [34] ; tali rimodulazioni consistono: in un incremento da 203,4 milioni di euro a 318,0 milioni del limite relativo ai liberi professionisti iscritti alla Gestione separata INPS e ai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (iscritti alla medesima Gestione); in una riduzione da 2.160 milioni a 1.999,2 milioni del limite relativo ai lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’INPS; in un incremento da 103,8 milioni a 150 milioni del limite relativo ai lavoratori dipendenti stagionali nei settori del turismo e degli stabilimenti termali.

Il comma 15 rinvia per la copertura degli oneri finanziari derivanti dal presente articolo, pari a 3.912,8 milioni di euro, alle disposizioni di cui all’articolo 265.


 

Articolo 95
(
Misure di sostegno alle imprese per la riduzione del rischio da contagio nei luoghi di lavoro)

 

 

L’articolo 95 autorizza l’INAIL a promuovere interventi straordinari nella forma di incentivi alle imprese che hanno introdotto nei luoghi di lavoro, successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, interventi per la riduzione del rischio di contagio.

 

La disposizione, che si propone di favorire l’attuazione del Protocollo di regolamentazione delle misure per il contenimento ed il contrasto della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro, condiviso dal Governo e dalle Parti sociali in data 14 marzo 2020, come integrato il 24 aprile 2020, riguarda le imprese, anche individuali, iscritte al Registro delle imprese o all’Albo delle imprese artigiane ed alle imprese sociali di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017 n. 112 [35] , iscritte al Registro delle imprese (comma 1).

Perché le imprese suddette possano accedere al beneficio, occorre che gli interventi per la riduzione del rischio di contagio si siano realizzati mediante l’acquisto di:

§  apparecchiature e attrezzature per l’isolamento o il distanziamento dei lavoratori, compresi i relativi costi di installazione;

§  dispositivi elettronici e sensoristica per il distanziamento dei lavoratori;

§  apparecchiature per l’isolamento o il distanziamento dei lavoratori rispetto agli utenti esterni e rispetto agli addetti di aziende terze fornitrici di beni e servizi;

§  dispositivi per la sanificazione dei luoghi di lavoro; sistemi e strumentazione per il controllo degli accessi nei luoghi di lavoro utili a rilevare gli indicatori di un possibile stato di contagio;

§  dispositivi ed altri strumenti di protezione individuale.

 

Al finanziamento degli interventi sono destinati 403 milioni di euro, a valere sulle risorse già disponibili relative al bando ISI 2019 ed allo stanziamento 2020 per il finanziamento dei progetti di cui all’articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Sono fatti salvi gli interventi di cui all’articolo 1, commi 862 e seguenti, della legge 28 dicembre 2015 n. 208.

 

L’avviso pubblico Isi 2019 bandisce finanziamenti alle imprese per la realizzazione di interventi in materia di salute e sicurezza sul lavoro. In attuazione dell’articolo 11, comma 5 del D.lgs. 81/2008 e dell’articolo 1, commi 862 e seguenti, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 attraverso la pubblicazione di singoli Avvisi pubblici regionali/provinciali, finanzia investimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Esso ha la finalità di incentivare le imprese a realizzare progetti per il miglioramento dei livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, nonché incentivare le micro e piccole imprese operanti nel settore della produzione agricola primaria dei prodotti agricoli per l’acquisto di nuovi macchinari e attrezzature di lavoro caratterizzati da soluzioni innovative per abbattere in misura significativa le emissioni inquinanti, migliorare il rendimento e la sostenibilità globali e, in concomitanza, conseguire la riduzione del livello di rumorosità o del rischio infortunistico o di quello derivante dallo svolgimento di operazioni manuali.
Destinatari dei finanziamenti sono le imprese, anche individuali, ubicate su tutto il territorio nazionale iscritte alla Camera di commercio industria, artigianato ed agricoltura e anche gli Enti del terzo settore.

Le risorse utilizzate sono stanziate, in particolare, nell’articolo 11, comma 5 del D.lgs. 81/2008 (mentre sono fatte salve le risorse di cui all’articolo 1, commi 862 e seguenti, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 [36] ), in base al quale  l'INAIL finanzia con risorse proprie progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro rivolti in particolare alle piccole, medie e micro imprese e progetti volti a sperimentare soluzioni innovative e strumenti di natura organizzativa e gestionale ispirati ai principi di responsabilità sociale delle imprese.

In particolare, secondo la relazione tecnica, risultano già impegnati ma non ancora utilizzati sul bilancio di previsione 2019 dell’Istituto euro 211.226.450,00, cui vanno aggiunte le disponibilità per l’anno in corso pari ad euro 192 milioni, per un importo totale di euro pari a circa 403 milioni.

Viene conseguentemente revocato il bando di finanziamento ISI 2019 [37] .

L’importo massimo concedibile mediante gli interventi in esame [38] è pari ad euro 15.000 per le imprese di cui al comma 1 fino a 9 dipendenti, euro 50.000 per le imprese di cui al comma 1 da 10 a 50 dipendenti, euro 100.000 per le imprese di cui al comma 1 con più di 50 dipendenti. I contributi sono concessi con procedura automatica, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123 [39] .

Tali interventi, inoltre, sono incompatibili con gli altri benefici, anche di natura fiscale, aventi ad oggetto i medesimi costi ammissibili.

Al fine di attuare gli interventi di cui al presente articolo l’INAIL provvede a trasferire ad Invitalia S.p.A. le risorse individuate dalla disposizione in esame per l’erogazione dei contributi alle imprese, sulla base degli indirizzi specifici formulati dall’Istituto (commi 2, 3, 4, 5 e 6).

 

 

 


 

Articolo 103
(Emersione di rapporti di lavoro)

 

 

L’articolo 103 introduce due forme di regolarizzazione dei lavoratori, italiani e stranieri, impiegati in agricoltura, nella cura della persona e nel lavoro domestico.

Con la prima (di cui al comma 1) i datori di lavoro possono presentare domanda per assumere cittadini stranieri presenti nel territorio nazionale o per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare preesistente con lavoratori italiani o stranieri sottoposti a rilievi foto-dattiloscopici prima dell'8 marzo 2020 o soggiornanti in Italia prima di tale data in base alle attestazioni ivi previste, ai fini della regolarizzazione del rapporto di lavoro.

La seconda (di cui al comma 2) consiste nella concessione di un permesso di soggiorno temporaneo di 6 mesi, valido solo nel territorio nazionale, agli stranieri con permesso di soggiorno scaduto alla data del 31 ottobre 2019 che ne fanno richiesta e che risultino presenti sul territorio nazionale alla data dell'8 marzo 2020 e che abbiano svolto attività di lavoro nei settori di cui al comma 3, prima del 31 ottobre 2019 e sulla base di documentazione riscontrabile dall’Inps. Il permesso temporaneo è convertito in permesso di soggiorno per lavoro se il lavoratore viene assunto.

In entrambi i casi gli stranieri devono risultare presenti nel territorio nazionale ininterrottamente dall’8 marzo 2020.

Le domande, sia quelle di emersione del lavoro, sia quelle di regolarizzazione del permesso di soggiorno, possono essere presentate dal 1° giugno al 15 luglio 2020 previo pagamento di un contributo forfetario.

Le domande di cui al comma 1 sono presentate dal datore di lavoro all’INPS, per i lavoratori italiani e comunitari, o allo sportello unico per l’immigrazione, per i cittadini di Paesi terzi. Le domande per il permesso di soggiorno temporaneo di cui al comma 2 sono presentate dal lavoratore straniero alla questura. Le modalità sono definite con decreto interministeriale.

Sono esclusi dalla regolarizzazione i datori di lavoro e i lavoratori condannati, anche in via non definitiva, per gravi reati tra cui il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, la tratta finalizzata alla prostituzione e allo sfruttamento dei minori, il caporalato. Sono esclusi anche i lavoratori interessati da provvedimenti di espulsione per gravi motivi, che risultino segnalati secondo disposizioni fondate su convenzioni internazionali, quelli considerati una minaccia per l’ordine pubblico.

Nel contempo, sono sospesi, fino alla fine della procedura di esame delle istanze, i procedimenti penali e amministrativi connessi con il lavoro irregolare ad eccezione di quelli per gravi reati. Se la procedura si conclude con la sottoscrizione del contratto di lavoro o con la concessione del permesso temporaneo, i reati si considerano estinti, in caso contrario la sospensione cessa.

Vengono inasprite le sanzioni tanto per coloro che, nelle procedure di emersione dei rapporti di lavoro, dichiarano il falso, quanto per coloro che impiegano in modo irregolare i cittadini stranieri che avanzano richiesta del permesso di soggiorno temporaneo.

Inoltre, si autorizza il Ministero dell’interno ad utilizzare, per un periodo massimo di sei mesi, tramite agenzie di somministrazione di lavoro, lavoratori da impiegare nelle procedure di regolarizzazione con il limite massimo di spesa di 30 milioni di euro.

In relazione agli effetti derivanti dall'attuazione della norma in esame, è disposto un incremento del livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale a cui concorre ordinariamente lo Stato.

Infine, si prevede che le Amministrazioni dello Stato e le regioni, anche mediante l’implementazione delle misure previste dal Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato 2020-2022, adottino misure urgenti idonee a garantire la salubrità e la sicurezza delle condizioni alloggiative dei lavoratori, nonché ulteriori interventi di contrasto del lavoro irregolare e del fenomeno del caporalato.

 

La finalità della regolarizzazione, secondo quanto rappresentato al comma 1, è duplice:

§  garantire livelli adeguati di tutela della salute dei singoli e della collettività intera, in conseguenza della emergenza sanitaria connessa alla diffusione del contagio da Covid 19;

§  favorire l’emersione di rapporti di lavoro irregolari.

 

La materia delle regolarizzazione dei lavoratori stranieri è stata oggetto di  dibattito parlamentare in diverse occasioni; da ultimo nel corso della conversione del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, con l’accoglimento da parte del Governo di un ordine del giorno finalizzato a “prevedere forme di regolarizzazione, anche attraverso un permesso di soggiorno temporaneo per motivi di lavoro, per i cittadini stranieri che possono dimostrare la loro presenza in Italia al fine di rendere ancora più efficaci le azioni di contenimento e contrasto alla diffusione del COVID-19, salvaguardare la salute pubblica e contemporaneamente sostenere sia i comparti produttivi che le famiglie gravemente colpiti dalla carenza di lavoratori disponibili allo svolgimento di tali attività a causa dell'emergenza sanitaria” (Camera dei deputati, seduta del 24 aprile 2020, odg 9/2463/318).

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione ipotizza, tenendo presente il dato medio delle due ultime procedure di emersione del 2009 e 2012, che il numero di potenziali domande potrebbe attestarsi a circa 220.000 e potrebbe ripartirsi, secondo un rapporto di 4:1, in 176.000 per il comma 1 e 44.000 per il comma 2.

Regolarizzazione del lavoro (comma 1)

Ai sensi del comma 1 i datori di lavoro possono presentare istanza per:

§  concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale;

§  dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, in corso, con cittadini italiani o cittadini stranieri.

 

Viene specificato che possono presentare istanza le seguenti categorie di datori di lavoro:

§  datori di lavoro italiani;

§  datori di lavoro cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea;

§  datori di lavoro stranieri in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.

 

Ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (TU immigrazione), i cittadini di Paesi terzi, in possesso da almeno 5 anni di un permesso di soggiorno in corso di validità acquistano (purché dimostrino la disponibilità di stabili e regolari risorse economiche e siano coperti da adeguata assicurazione sanitaria) lo status di soggiornante di lungo periodo e hanno diritto, previa richiesta, ad un permesso di soggiorno speciale detto "permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo". Tale status - che è permanente, salva revoca o perdita a date condizioni - reca con sé alcuni diritti, circa la parità di trattamento nell'esercizio di un'attività lavorativa, la tutela contro l'allontanamento, il soggiorno negli altri Stati membri, il ricongiungimento con i familiari.

 

Per quanto riguarda i lavoratori stranieri interessati alla regolarizzazione, oltre ad appartenere ad uno dei settori di attività indicati al comma 3 (vedi infra), devono aver fatto il loro ingresso in Italia prima dell’8 marzo 2020 e, da allora, non devono aver lasciato il territorio nazionale. Per provare il loro ingresso prima di tale data, la disposizione in esame prevede due possibilità:

§  essere stati sottoposti a rilievi foto-dattiloscopici (impronte digitali e fotografia) prima dell’8 marzo;

§  aver rilasciato prima di tale data la dichiarazione di presenza prescritta per l’ingresso in Italia per brevi periodi (ai sensi della legge 28 maggio 2007, n. 68) o di “attestazioni costituite da documentazioni di data certa proveniente da organismi pubblici”. In proposito, onde evitare incertezze in sede applicativa, si valuti l’opportunità di chiarire maggiormente tale previsione (in parte analoga a quella recata, in precedenza, dal d. lgs. 109 del 2012), considerato che essa costituisce una delle condizioni richieste dalla legge (ad esempio se il riferimento possa intendersi al timbro di ingresso sul passaporto o a quali ulteriori attestazioni “di data certa”).

 

L’acquisizione dei rilievi fotodattiloscopici (ossia dei rilievi fotografici e delle impronte digitali) dei cittadini stranieri è previsto da diverse disposizioni speciali.

In linea generale, tutti gli stranieri che fanno richiesta del permesso di soggiorno, o ne richiedono il rinnovo, sono sottoposti alla rilevazione dei dati fotodattiloscopici (art. 5, comma 2-bis e 4-bis del TU immigrazione, introdotto dalla L. 189/2002).

Gli stranieri autorizzati al lavoro stagionale ai sensi dell'articolo 24 del testo unico per un periodo non superiore a trenta giorni sono esonerati dall'obbligo di sottoposizione alla rilevazione dei dati fotodattiloscopici (art. 9, comma 5, DPR 394/1999 regolamento di attuazione del TU).

Inoltre, sono sottoposti al rilevamento delle impronte digitali i cittadini stranieri o apolidi di età non inferiore a 14 anni che presentano una domanda di asilo o quando sono fermati dalle competenti autorità a seguito dell'attraversamento irregolare via terra, mare o aria della frontiera italiana in provenienza da un paese terzo e non sia stato respinto (artt. 4 e 8 regolamento (CE) N. 2725/2000 del Consiglio dell'11 dicembre 2000 che istituisce l'«Eurodac»).

In ogni caso, qualunque cittadino straniero può essere sottoposto a rilievi foto-dattiloscopici e segnaletici qualora vi sia motivo di dubitare della sua identità personale (art. 6, comma 4, TU).

In occasione della regolarizzazione del 2002 non era richiesto il requisito dei rilievi fotodattiloscopici (né della dichiarazione di presenza) e si prevedeva che i lavoratori regolarizzati fossero sottoposti ai rilievi fotodattiloscopici non al momento della richiesta del permesso di soggiorno (come prevede in via generale il TU) ma entro un anno dalla data di rilascio del permesso di soggiorno rilasciato a seguito di emersione, e comunque in sede di rinnovo dello stesso (art. 2, comma 3, del decreto legge 195/2002). Anche nella regolarizzazione del 2009 e in quella del 2012 non era richiesta la pregressa avvenuta rilevazione dei dati fotodattiloscopici (D.L. 78/2009 e D.Lgs. 109/2012).

Infine, i cittadini stranieri, come quelli italiani, sono sottoposti ai rilievi fotodattiloscopici qualora ricorrano le condizioni previste dalle norme del procedimento penale.

 

La legge 68/2007 ha eliminato l’obbligo di richiesta del permesso di soggiorno per i soggiorni di breve durata. Il permesso di soggiorno è stato sostituito con una semplice dichiarazione di presenza per gli stranieri non comunitari che intendono soggiornare in Italia per periodi non superiore a tre mesi per motivi di missione, gara sportiva, visita, affari, turismo, ricerca scientifica e studio.

L’inosservanza dell’obbligo della presentazione della dichiarazione di presenza comporta l’espulsione dello straniero, sia in caso di ritardo nella presentazione della dichiarazione, sia in caso di trattenimento nel territorio dello Stato oltre il periodo consentito.

L’art. 1, comma 2, della citata legge 68 prevede che se lo straniero proviene da un paese extra Schengen, la dichiarazione è presentata all’autorità di frontiera, mentre in caso di provenienza da Paesi dell'area Schengen lo straniero dichiara la sua presenza al questore della provincia in cui si trova.

Puntuali modalità di presentazione della dichiarazione di presenza per soggiorni di breve durata sono state successivamente definite dal decreto del Ministro dell'interno del 26 luglio 2007.

Regolarizzazione del soggiorno (comma 2)

Ai sensi del comma 2, i cittadini stranieri con permesso di soggiorno scaduto al 31 ottobre 2019, non rinnovato o non convertito in altro titolo di soggiorno, possono richiedere un permesso di soggiorno temporaneo della durata di 6 mesi dalla presentazione dell’istanza.

Il permesso di soggiorno è valido solo nel territorio nazionale.

Come per i lavoratori irregolari, anche in questo caso i richiedenti il permesso di soggiorno temporaneo devono risultare presenti sul territorio nazionale continuativamente dalla data dell’8 marzo 2020.

Inoltre, prima del 31 ottobre 2019 devono aver svolto attività di lavoro, nei settori ammessi (di cui al comma 3) comprovata secondo le modalità di cui al comma 16 (vedi oltre) che in particolare richiede la presentazione di idonea documentazione a comprovare l’attività lavorativa svolta nei settori di cui al comma 3 e riscontrabile da parte dell'Ispettorato Nazionale del lavoro.

Si tratta quindi di un permesso di soggiorno ‘per ricerca di lavoro’ in quanto, ai sensi dell’ultimo periodo del comma in esame, se nel corso dei 6 mesi della sua durata, il cittadino è in grado di esibire un contratto di lavoro subordinato oppure la documentazione retributiva e previdenziale comprovante lo svolgimento dell’attività lavorativa in conformità alle previsioni di legge (sempre nei settori ammessi di cui al comma 3), il permesso viene convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

Settori di attività interessati (comma 3)

I settori di attività cui si applicano le disposizioni in esame sono:

§  agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura e attività connesse;

§  “assistenza alla persona per se stessi o per componenti della propria famiglia, anche non conviventi, affetti da patologie o handicap che ne limitino l’autosufficienza”;

In proposito si valuti l'opportunità di chiarire la locuzione "assistenza alla persona per se stessi".  

§  lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.

 

Si ricorda che l'art. 85 del decreto-legge in esame, che introduce una indennità per lavoro domestico, esclude da tale indennità i soggetti interessati dalle procedure di emersione di rapporti di lavoro di cui all’articolo in esame (comma 3).

Modalità di presentazione delle istanze (commi 4, 5, 6, 7, 15, 16 e 19)

Le domande, sia quelle di emersione del lavoro irregolare, sia quelle di regolarizzazione del soggiorno, possono essere presentate dal 1° giugno al 15 luglio 2020 (comma 5).

Variano invece i soggetti a cui vanno presentate le istanze:

§  all’INPS vengono inviate le istanze dei datori di lavoro che riguardano i lavoratori italiani o per i cittadini comunitari;

§  allo sportello unico per l’immigrazione le istanze dei datori di lavoro che riguardano i lavoratori stranieri (di cui al comma 1);

§  alla questura le domande degli stranieri per il rilascio dei permessi di soggiorno temporanei (di cui al comma 2).

 

La procedura di presentazione delle domande di regolarizzazione è, in gran parte, disciplinata dal provvedimento in esame che, per le disposizioni di dettaglio, fa rinvio all’adozione di un decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ed il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali da adottarsi entro dieci giorni dall'entrata in vigore del presente provvedimento (comma 5).

In particolare, il decreto dovrà stabilire i limiti di reddito del datore di lavoro richiesti per la conclusione del rapporto di lavoro, la documentazione idonea a comprovare l’attività lavorativa per gli stranieri che presentano istanza per il permesso di soggiorno temporaneo (comma 6) e le modalità di svolgimento del procedimento nonché del pagamento del contributo forfetario di cui al comma 7 (vedi infra).

Nelle more della definizione dei procedimenti relativi alla regolarizzazione, la presentazione delle istanze consente lo svolgimento dell’attività lavorativa. Per la regolarizzazione del lavoratore straniero, di cui al comma 1, questi può svolgere l’attività di lavoro esclusivamente alle dipendenze del datore di lavoro che ha presentato l’istanza.

 

Ai sensi del comma 7 le istanze di regolarizzazione dei lavoratori (di cui al comma 1) sono presentate previo pagamento (con le modalità di cui al decreto del Ministro dell’interno di cui al comma 5) di un contributo forfetario di 500 euro per ciascun lavoratore, a copertura degli oneri connessi all’espletamento della procedura di emersione. È previsto il pagamento di un ulteriore contributo forfetario per le somme dovute dal datore di lavoro a titolo retributivo, contributivo e fiscale, da determinarsi questo con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, con il Ministro dell’interno ed il Ministro delle politiche agricole e forestali.

Per la regolarizzazione del soggiorno (di cui al comma 2) è previsto un contributo di 130 euro al netto dei costi per la presentazione dell’istanza alla questura pari al massimo a 30 euro (si veda il comma 16) che restano comunque a carico dell'interessato.

La destinazione dei contributi è determinata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'interno, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali (comma 19).

 

In caso di cessazione del rapporto di lavoro dopo l’emersione, anche per i contratti a carattere stagionale, si prevede l’applicazione della procedura ordinaria prevista dal testo unico dell’immigrazione che concede allo straniero un certo periodo di tempo per la ricerca di una nuova attività lavorativa (comma 4, secondo periodo).

 

Infatti, la sola perdita del posto di lavoro, anche per dimissioni, non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno del lavoratore extracomunitario il quale può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore ad un anno ovvero per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito percepita dal lavoratore straniero, qualora superiore (art. 22, comma 11, D.Lgs. 286/1998).

 

Per quanto riguarda la regolarizzazione dei lavoratori, di cui al comma 1, da parte del datore di lavoro, questi deve indicare nell’istanza la durata del contratto di lavoro e la retribuzione convenuta, non inferiore a quella prevista dal contratto collettivo di lavoro di settore (comma 4, primo periodo).

L’istanza, come si è visto sopra, è presentata allo sportello unico per l’immigrazione il quale (comma 15):

§  verifica l'ammissibilità della dichiarazione;

§  acquisisce il parere della questura sull'insussistenza di motivi ostativi all'accesso alle procedure o al rilascio del permesso di soggiorno;

§  acquisisce il parere del competente Ispettorato territoriale del lavoro in ordine alla capacità economica del datore di lavoro e alla congruità delle condizioni di lavoro applicate;

§  convoca le parti per la stipula del contratto di soggiorno, per la comunicazione obbligatoria di assunzione e la compilazione della richiesta del permesso di soggiorno per lavoro subordinato. In caso di mancata presentazione delle parti senza giustificato motivo lo sportello archivia il procedimento.

 

Il contratto di soggiorno per lavoro subordinato viene stipulato tra il datore di lavoro e il lavoratore presso lo sportello unico per l’immigrazione e deve contenere la garanzia da parte del datore di lavoro della disponibilità di un alloggio per il lavoratore che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica e l’impegno al pagamento delle spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel Paese di provenienza (art. 5-bis TU immigrazione). La stipula del contratto di soggiorno è condizione essenziale per il rilascio del permesso di soggiorno (art. 5, comma 3-bis TU immigrazione).

 

Ai sensi del comma 16, la domanda di rilascio del permesso di soggiorno temporaneo (di cui al comma 2) è presentata, oltre che al questore, anche all’Ispettorato nazionale del lavoro. Allegata alla istanza deve essere presentata la documentazione, individuata dal decreto di attuazione, per comprovare l’attività lavorativa svolta nei settori ammessi prima del 31 ottobre 2019. L’Ispettorato nazionale del lavoro riscontra la veridicità di tale documentazione.

All’atto della presentazione della domanda, il richiedente riceve un’attestazione che gli consente di:

§  soggiornare nel territorio dello Stato fino ad eventuale comunicazione dell’Autorità di pubblica sicurezza;

§  svolgere lavoro subordinato, esclusivamente nei settori di attività ammessi;

§  presentare domanda di conversione del permesso di soggiorno temporaneo in permesso di soggiorno per motivi di lavoro;

§  iscriversi al registro di disoccupazione (art.19, D.Lgs. 150/2015).

 

Per la raccolta delle richieste di permesso di soggiorno temporaneo e l'inoltro agli uffici dell'amministrazione, il Ministero dell’interno può stipulare apposite convenzioni con concessionari di pubblici servizi come previsto dalla legge 3/2002 (art. 39, commi 4-bis e 4-ter).

 

In base a tale normativa il Ministero dell’interno ha stipulato la convenzione con Poste Italiane SPA per la presentazione da parte dei cittadini stranieri delle domande di rilascio di diverse tipologie di permessi di soggiorno previsti dalla legislazione vigente presso gli Uffici Postali abilitati utilizzando l'apposito materiale.

 

Il relativo onere a carico dell’interessato è determinato con il decreto di cui al comma 5, nella misura massima di 30 euro.

Inammissibilità e rigetto delle domande (commi 8, 9 e 10)

Il provvedimento in esame prevede alcune cause di inammissibilità e di rigetto delle istanze imputabili al datore di lavoro (commi 8 e 9) o al lavoratore (comma 10).

Per quanto riguarda il datore di lavoro, ai sensi del comma 8, costituisce causa di inammissibilità delle istanze di regolarizzazione (di cui al comma 1) e di conversione del permesso di soggiorno transitorio in permesso di soggiorno per motivi di lavoro (comma 2), la condanna negli ultimi 5 anni, anche con sentenza non definitiva, e anche patteggiata (ai sensi dell'articolo 444 c.p.p.) per i seguenti reati:

§  favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dall'Italia verso altri Stati (art. 12 TU immigrazione);

§  reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite,

§  riduzione o mantenimento in schiavitù (art. 600 codice penale);

§  intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, c.d. caporalato (art. 603-bis codice penale);

§  reato di impiego di lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno o il cui permesso di soggiorno è scaduto e non ne è stato chiesto il rinnovo (art. 22, comma 12, TU immigrazione).

 

Inoltre, la domanda di regolarizzazione è rigettata se il datore di lavoro non procede alla sottoscrizione del contratto di soggiorno presso lo sportello unico per l’immigrazione oppure non assume il lavoratore straniero, salvo cause di forza maggiore non a lui imputabili, e comunque intervenute a seguito dell'espletamento di procedure di ingresso di cittadini stranieri per motivi di lavoro subordinato ovvero di procedure di emersione dal lavoro irregolare (comma 9).

 

Per quanto riguarda i cittadini stranieri, non sono ammessi alle procedure di regolarizzazione (comma 10) i soggetti:

§  nei confronti dei quali sia stato emesso provvedimento di espulsione, per una delle seguenti cause:

-     per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato (art. 13, comma 1, TU immigrazione);

-     perché appartenente ad una delle categorie di soggetti cui possono essere applicate le misure di prevenzione antimafia (art. 13, comma 2, lett. c), TU immigrazione;

-     per motivi di prevenzione del terrorismo (art. 3 D.L. 144/2005).

§  perché risultano segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore per l'Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato;

 

In proposito si ricorda che l’Italia partecipa al Sistema d’informazione Schengen (SIS), un sistema automatizzato per la gestione e lo scambio di informazioni tra i Paesi aderenti alla convenzione di Schengen. Il sistema prevede la segnalazione dei cittadini di paesi terzi ai fini del rifiuto di ingresso o di soggiorno per motivi che costituiscono una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale. Tale situazione si verifica in particolare nei seguenti casi:

-          se il cittadino è stato riconosciuto colpevole in uno Stato membro di un reato che comporta una pena detentiva di almeno un anno;

-          si ritiene che abbia commesso un reato grave o se esistono indizi concreti sull’intenzione di commettere un tale reato.

 

§  perché risultano condannati, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata anche a seguito di patteggiamento, per gravi reati quali quelli per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza (art. 380 del codice di procedura penale) o per i delitti contro la libertà personale ovvero per i reati inerenti gli stupefacenti, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite;

§  perché sono considerati una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone. Nella valutazione della pericolosità dello straniero si tiene conto anche di eventuali condanne, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata a seguito di patteggiamento, per uno dei reati per i quali è previsto l’arresto facoltativo in flagranza (art. 381 del codice di procedura penale).

 

Si ricorda che la Corte costituzionale (sentenza 78/2005) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di due disposizioni relative all’emersione di lavoratori irregolari stranieri avviata nel 2002 (art. 33, comma 7, lettera c), della legge n. 189 del 2002, art. 1, comma 8, lettera c), del D.L. 195/2002) nella parte in cui non consentono la regolarizzazione del lavoratore extracomunitario denunciato per uno dei reati per i quali gli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale prevedono l’arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza. La Corte ha giudicato contrario al principio di ragionevolezza l’automatismo delle conseguenze collegate alla sola denuncia, in quanto atto che nulla prova riguardo alla colpevolezza o alla pericolosità del soggetto, e pertanto ha ritenuto irragionevole una normativa che fa derivare dalla denuncia “conseguenze molto gravi in danno di chi della medesima è soggetto passivo, imponendo il rigetto dell’istanza di regolarizzazione che lo riguarda e l’emissione nei suoi confronti dell’ordinanza di espulsione; conseguenze tanto più gravi qualora s’ipotizzino denunce non veritiere per il perseguimento di finalità egoistiche del denunciante e si abbia riguardo allo stato di indebita soggezione in cui, nella vigenza delle norme stesse, vengono a trovarsi i lavoratori extracomunitari”.

La Corte ha censurato la legge di regolarizzazione del 2009 dichiarando costituzionalmente illegittimo, in riferimento all'art. 3 Cost., l'art. 1-ter, comma 13, lett. c), del D.L. 1° luglio 2009, n. 78 nella parte in cui fa derivare automaticamente il rigetto dell'istanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario dalla pronuncia nei suoi confronti di una sentenza di condanna per uno dei reati per i quali l'art. 381 cod. proc. pen. permette l'arresto facoltativo in flagranza, senza prevedere che la pubblica amministrazione provveda ad accertare che il medesimo rappresenti una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. La Corte, nel più ampio contesto della regolamentazione dell'ingresso e del soggiorno dello straniero nel territorio nazionale, ha affermato che il legislatore ben può subordinare la regolarizzazione del rapporto di lavoro al fatto che la permanenza sul territorio dello Stato non sia di pregiudizio ad alcuno degli interessi coinvolti, ma la relativa scelta deve, al contempo, costituire il risultato di un ragionevole e proporzionato bilanciamento degli stessi, soprattutto quando sia suscettibile di incidere sul godimento dei diritti fondamentali dei quali è titolare anche lo straniero extracomunitario, perché la condizione giuridica dello straniero non deve essere considerata come causa ammissibile di trattamenti diversificati o peggiorativi (sentenza 172/2012).

In relazione al principio di non colpevolezza sino alla condanna definitiva (ex art. 27, 2° comma, Cost.), la Corte costituzionale ha affermato che esso “è violato allorché la legge preveda una misura che costituisca, nella sostanza, una sanzione anticipata in assenza di un accertamento definitivo di responsabilità” (da ultimo sentenza 148/2019). È invece compatibile con la presunzione di non colpevolezza una logica in senso lato cautelare, come quella alla base delle misure cautelari previste dal codice di procedura penale. “Rispetto allora a una misura ispirata ad una finalità cautelare, «[l]a presunzione di non colpevolezza potrebbe essere chiamata in causa solo indirettamente, in quanto la misura, per i suoi caratteri di irragionevolezza assoluta o di sproporzione o di eccesso rispetto alla funzione cautelare, dovesse in realtà apparire, non come una cautela ma come una sorta di sanzione anticipata, conseguente alla commissione del reato». A tal proposito la Corte richiama la citata sentenza n. 172 del 2012, la quale – pur ritenendo assorbite le censure ex art. 27, secondo comma, Cost. – caduca “la previsione dell’impossibilità per il lavoratore extracomunitario di ottenere la regolarizzazione del proprio titolo di soggiorno in caso di condanna, definitiva o meno, per tutti i reati per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza, anche in ragione delle ‘conseguenze molto gravi, spesso irreversibili’ provocate dalla disciplina censurata, giudicata dalla Corte manifestamente irragionevole rispetto agli scopi perseguiti dal legislatore). In simili ipotesi, la misura contrasterebbe del resto non solo con l’art. 27, secondo comma, Cost., ma anche con le previsioni costituzionali che tutelano i singoli diritti incisi dalla misura medesima, nonché con gli stessi principi di ragionevolezza e proporzionalità di cui all’art. 3 Cost.”

Sospensione ed estinzione dei procedimenti penali e amministrativi (commi 11, 12, 13 e 17)

Il comma 11 dispone la sospensione dei procedimenti penali e amministrativi, dalla data di entrata in vigore del decreto e fino alla conclusione delle procedure di regolarizzazione, nei confronti del datore di lavoro per l’impiego irregolare di lavoratori per i quali è stata presentata la dichiarazione di emersione, anche se di carattere finanziario, fiscale, previdenziale o assistenziale.

Parimenti sono sospesi i procedimenti penali e amministrativi nei confronti dei lavoratori per l’ingresso e il soggiorno illegale nel territorio nazionale, con l’esclusione dei procedimenti relativi agli illeciti correlati all’immigrazione clandestina, di cui all'articolo 12 del TU immigrazione, tra cui la promozione, la direzione, l’organizzazione e il trasporto clandestino di stranieri nel territorio nazionale.

 

Ai sensi del comma 12 non sono sospesi i procedimenti penali nei confronti dei datori di lavoro per le seguenti fattispecie:

§  favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dell'immigrazione clandestina dall'Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite, nonché per il reato di cui all’art.600 del codice penale;

§  intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ai sensi dell'articolo 603-bis del codice penale.

 

La sospensione di cui sopra cessa nel caso in cui non venga presentata l’istanza, oppure sia rigettata o archiviata. Lo stesso effetto ha la mancata presentazione delle parti alla convocazione per la stipula del contratto di soggiorno di cui al comma 12. Tuttavia, è prevista l’archiviazione dei procedimenti penali e amministrativi a carico del datore di lavoro nel caso l’esito negativo del procedimento derivi da cause indipendenti dalla sua volontà o dal suo comportamento (comma 13).

 

Ai sensi del comma 17, nelle more della definizione dei procedimenti di regolarizzazione, lo straniero non può essere espulso, tranne che nei casi di cui al comma 10 (provvedimento di espulsione per gravi motivi, condanna per gravi reati ecc.).

Il comma 17, inoltre, disciplina nel dettaglio le ipotesi di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi all’esito positivo della procedura di regolarizzazione:

§  nei casi di istanza di emersione riferita a lavoratori stranieri presentata dai datori di lavoro, la sottoscrizione del contratto di soggiorno, la comunicazione obbligatoria di assunzione e il rilascio del permesso di soggiorno comportano, per il datore di lavoro e per il lavoratore, l'estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi relativi ai casi di cui al comma 11 ossia sia per le violazioni di carattere finanziario, fiscale, previdenziale e assistenziale, sia per quelle per ingresso e soggiorno illegale;

§  nei casi di istanza di emersione riferita a lavoratori italiani o a cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea, la relativa presentazione dell’istanza all’INPS comporta l’estinzione dei reati e degli illeciti per le violazioni di carattere finanziario, fiscale, previdenziale e assistenziale;

§  nei casi di istanza presentata lavoratori stranieri per la concessione del permesso di soggiorno temporaneo, l'estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi consegue esclusivamente al rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro e non anche al rilascio del permesso temporaneo.

Sanzioni (commi 14, 18 e 22)

L’articolo 103 prevede specifiche sanzioni tanto per coloro che, nelle procedure di emersione dei rapporti di lavoro, dichiarano il falso, quanto per coloro che impiegano in modo irregolare i cittadini stranieri che avanzano richiesta del permesso di soggiorno temporaneo.

 

In particolare, in base al comma 14, il datore di lavoro che impiega in modo irregolare gli stranieri che hanno richiesto il permesso di soggiorno temporaneo ai sensi del comma 2 (v. sopra) è soggetto al raddoppio delle seguenti sanzioni amministrative:

§  delle sanzioni previste dall’art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 12 del 2002 per l’impiego di lavoratori subordinati senza la preventiva comunicazione;

 

Tale disposizione prevede per il datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:

-          da 1.800 a 10.800 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore sino a 30 giorni di effettivo lavoro;

-          da 3.600 e 21.600 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore da 31 a 60 giorni di effettivo lavoro;

-          da 7.200 a 43.200 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni di effettivo lavoro.

Tali sanzioni sono aumentate del 20% in caso di impiego di lavoratori stranieri o di minori in età non lavorativa.

In caso, dunque, di impiego in modo irregolare di un solo lavoratore straniero che abbia fatto istanza ai sensi del comma 2, e per un periodo inferiore a 30 giorni di lavoro, il datore di lavoro dovrà pagare una somma compresa tra 4.320 e 25.920 euro (la sanzione base da 1.800 a 10.800 euro, maggiorata dal 20% perché si tratta di straniero, raddoppiata per effetto della disposizione in commento).

 

§  delle sanzioni previste dall’art. 39, comma 7, del decreto-legge n. 112 del 2008, per la violazione degli adempimenti di natura formale nella gestione dei rapporti di lavoro;

 

Tale disposizione prevede le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie per il datore di lavoro che, salvo i casi di errore meramente materiale, omessa la registrazione o effettua una registrazione infedele dei dati relativi al rapporto di lavoro, così da determinare differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali:

-          da 150 a 1.500 euro;

-          da 500 a 3.000 euro se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 6 mesi;

-          da 1.000 a 6.000 euro se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 12 mesi.

È sanzionata, inoltre, con il pagamento di una somma da 100 a 600 euro la violazione del termine di conservazione del libro lavoro.

 

§  delle sanzioni previste dall’art. 82, secondo comma, del DPR n. 797 del 1955, per la mancata corresponsione degli assegni familiari;

 

Si tratta della disposizione che sanziona il datore di lavoro che non provvede, se tenutovi, alla corresponsione degli assegni familiari con il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria:

-          da 500 a 5.000 euro;

-          da 1.500 a 900 euro se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 6 mesi;

-          da 3.000 a 15.000 euro se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 12 mesi la sanzione.

 

§  delle sanzioni previste dall’art. 5, primo comma, della legge n. 4 del 1953, per la mancata consegna del prospetto paga.

 

La disposizione, salvo che il fatto costituisca reato, sanziona il datore di lavoro che non consegna o consegna in ritardo al lavoratore il prospetto di paga, o lo consegna con inesattezze, con l’obbligo di pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria:

-          da 150 a 900 euro;

-          da 600 a 3.600 euro se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 6 mesi;

-          da 1.200 a 7.200 euro se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 12 mesi.

 

Il comma 14, inoltre, aggrava il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (c.d. caporalato) quando ne siano vittime stranieri che abbiano presentato l’istanza di cui al comma 2.

In tali casi, infatti, la pena prevista dall’art. 603-bis, primo comma, del codice penale – ovvero la reclusione da 1 a 6 anni e la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore - è aumentata da un terzo alla metà.

 

Si ricorda che risponde del delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro chiunque:

1)      recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;

2)      utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l'attività di intermediazione di cui al numero 1), sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.

Sono indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti condizioni:

- la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;

- la reiterata violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie;

- la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;

- la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.

 

Il medesimo aggravio di pena (aumento da un terzo alla metà) è già previsto dall’art. 603-bis c.p. quando il fatto consista nel reclutamento di più di 3 lavoratori, nel reclutamento di minori in età non lavorativa, nell’esposizione dei lavoratori a situazioni di grave pericolo.

Tanto il raddoppio delle sanzioni amministrative, quanto l’aggravante penale, scaturiscono quindi – in base al testo - dalla presentazione da parte del lavoratore dell’istanza di permesso di soggiorno temporaneo. Si tratta di una condizione soggettiva del lavoratore che il datore di lavoro potrebbe ignorare. In proposito, si ricorda che “nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa” (art. 3, legge n. 689 del 1981) e che, in base al codice penale, “nessuno può essere punito per una azione o omissione preveduta dalla legge come reato, se non l’ha commessa con coscienza e volontà” (art. 42 c.p.). Si valuti pertanto se l’incremento delle sanzioni, tanto amministrative quanto penali, legato alla presentazione da parte del lavoratore dell’istanza di permesso di soggiorno temporaneo, non costituisca una ipotesi di responsabilità oggettiva.

 

I commi 18 e 22 dell’articolo 103 disciplinano invece le conseguenze civili e penali di istanze basate su false dichiarazioni.

 

In particolare, in base al comma 18

§  il contratto di soggiorno stipulato sulla base di un’istanza contenente dati non rispondenti al vero è nullo;

§  il permesso di soggiorno eventualmente rilasciato è revocato.

 

Il contratto di soggiorno è qualificato come nullo in base all’art. 1344 del codice civile. Si ricorda che i contratti sono nulli quando la causa della stipula è illecita (art. 1418 c.c.) e che l’art. 1344 c.c. definisce illecita la causa quando il contratto costituisce il mezzo per eludere l'applicazione di una norma imperativa. 

Il permesso di soggiorno è revocato ai sensi dell’art. 5, comma 5 del TU immigrazione, che prevede la revoca quando “mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato…sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio”.

 

In base al comma 22, e salvo che il fatto non costituisca più grave reato:

 

§  chiunque presenta false dichiarazioni o attestazioni, ovvero concorre al fatto nell'ambito delle procedure previste dall’art. 103 è punito ai sensi dell’art. 76 del DPR n. 445 del 2000 (TU in materia di documentazione amministrativa).

 

Si tratta della norma che punisce il falso nelle autocertificazioni, rinviando alla disciplina del codice penale, con pene elevate da un terzo alla metà. Tale aggravio di pena è infatti previsto all’art. 76 del TU dall’art. 264 del decreto-legge in esame (v. infra). La disposizione del codice penale che viene principalmente in rilievo è l’art. 483 c.p. (Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico) che punisce con la reclusione fino a due anni chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità. Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non può essere inferiore a 3 mesi.

 

Con l’aumento di pena previsto all’art. 76 del TU, le dichiarazioni mendaci potranno essere punite con la reclusione fino a 3 anni.

 

§  chiunque commette tali fatti attraverso la contraffazione o l’alterazione di documenti oppure con l’utilizzazione di uno di tali documenti è punito con la reclusione da 1 a 6 anni.

 

Infine, il comma 22 prevede un aggravio di pena (aumentata fino ad un terzo) se i fatti sono commessi da un pubblico ufficiale. Si valuti l’opportunità di specificare se l’aggravante per fatto commesso da pubblico ufficiale si riferisca solo alla contraffazione di documenti oppure anche alle false dichiarazioni o attestazioni.

Si ricorda che già l’art. 61, n. 9, c.p. prevede una aggravante comune, che comporta un aumento della pena fino ad un terzo, quando il fatto è commesso con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio. Si valuti dunque l’opportunità di coordinare la nuova aggravante con quella già prevista in generale dal codice penale.

Misure in materia di sicurezza delle condizioni alloggiative e di contrasto del lavoro irregolare (commi 20 e 21)

Al fine di evitare i fenomeni di concentrazione dei cittadini stranieri in condizioni inadeguate a garantire il rispetto delle condizioni igienico- sanitarie necessarie al fine di prevenire la diffusione del contagio da Covid-19il, il comma 20 prevede che le Amministrazioni dello Stato competenti e le regioni, anche mediante l’implementazione delle misure previste dal Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato 2020-2022, adottano soluzioni e misure urgenti idonee a garantire la salubrità e la sicurezza delle condizioni alloggiative, nonché ulteriori interventi di contrasto del lavoro irregolare e del fenomeno del caporalato. Per i predetti scopi il Tavolo operativo istituito dall’art. 25 quater del D.L. n.119/2018 convertito con modifiche dalla legge n.136/2018, si avvale del supporto operativo del Servizio di protezione civile e della Croce Rossa Italiana. All'attuazione del presente comma le Amministrazioni pubbliche interessate provvedono nell'ambito delle rispettive risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

Il richiamato art. 25-quater del D.L. 119/2018 ha istituito, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Tavolo operativo per la definizione di una nuova strategia di contrasto del caporalato e dello sfruttamento lavorativo in agricoltura,  presieduto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali (o da un suo delegato) ed è formato da un numero di componenti [40] non superiore 15.

La definizione dell'organizzazione e del funzionamento del Tavolo e di eventuali forme di collaborazione con le sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo è stata attuata con il decreto ministeriale 4 luglio 2019.

 

Il comma 21 modifica il comma 1 dell’articolo 25-quater del decreto legge 23 ottobre 2018, n. 119, che istituisce, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il "Tavolo operativo per la definizione di una nuova strategia di contrasto al caporalato e allo sfruttamento lavorativo in agricoltura", includendo tra i chiamati a parteciparvi anche i rappresentanti dell’Autorità politica delegata per la coesione territoriale e dell'Autorità politica delegata per le pari opportunità.

Contratti a termine del Ministero dell’interno (comma 23)

Il comma 23 autorizza il Ministero dell’interno ad utilizzare, per un periodo non superiore a 6 mesi, tramite una o più agenzie di somministrazione di lavoro, prestazioni di lavoro a contratto a termine, nel limite massimo di spesa di 30 milioni euro per il 2020, da ripartire nelle sedi di servizio interessate nelle procedure di regolarizzazione. La disposizione deroga espressamente dall’obbligo, per tutte le amministrazioni dello Stato, di avvalersi di personale, tra cui quello a tempo determinato, nel limite del 50% della spesa sostenuta nel 2009 (art. 9, comma 28, D.L. 78/2010).

A tal fine il Ministero dell’interno può utilizzare procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando di gara, ai sensi dell’articolo 63, comma 2, lettera i), del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50; in forza del quale “nel caso di appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, la procedura negoziata senza previa pubblicazione può essere utilizzata nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili dall'amministrazione aggiudicatrice, i termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione non possono essere rispettati. Le circostanze invocate a giustificazione del ricorso alla procedura di cui al presente articolo non devono essere in alcun caso imputabili alle amministrazioni aggiudicatrici.”

Disposizioni finanziarie (commi 24, 25 e 26)

In relazione all’emersione di lavoratori irregolari disposta dall’articolo in esame, il comma 24 provvede ad incrementare il livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale a cui concorre ordinariamente lo Stato di 170 milioni di euro per il 2020 e di 340 milioni di euro a decorrere dal 2021.

 

Il livello del fabbisogno nazionale standard determina il finanziamento complessivo della sanità cui concorre lo Stato ed è determinato in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall'Italia in sede comunitaria. Pertanto, si tratta di un livello programmato che costituisce il valore di risorse che lo Stato è nelle condizioni di destinare al Servizio sanitario nazionale per l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA, definiti da ultimo DPCM 12 gennaio 2017). Tale livello è stato determinato, da ultimo, per il triennio 2019-2021 dalla legge di bilancio 2019 (L. n. 145 del 2018) in 114.449 milioni nel 2019, 116.449 nel 2020 e 117.949 nel 2021.

 

La ripartizione dei relativi importi tra le regioni è effettuata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato – regioni in relazione al numero dei lavoratori extracomunitari emersi.

 

Il comma 25 provvede a quantificare ed autorizzare le spese necessarie per l'attuazione delle disposizioni introdotte dall’articolo in esame indicate come segue:

§  euro 6.399.000, per l'anno 2020, ed euro 6.399.000, per l'anno 2021, per prestazioni di lavoro straordinario per il personale dell'Amministrazione civile del Ministero dell'interno;

§  euro 24.234.834, per l'anno 2020, per prestazioni di lavoro straordinario per il personale della Polizia di Stato;

§  nel limite massimo di euro 30.000.000, per l'anno 2020, per l'utilizzo di prestazioni di lavoro a contratto a termine;

§  euro 4.480.980, per l'anno 2020, per l'utilizzo di servizi di mediazione culturale;

§  euro 3.477.430, per l'anno 2020, per l'acquisto di materiale igienico-sanitario, dispositivi di protezione individuale e servizi di sanificazione;

§  euro 200.000 per l'adeguamento della piattaforma informatica del Ministero dell'interno - Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione.

 

Complessivamente, il comma 26 determina gli oneri “netti” pari a 238.792.244 euro per l'anno 2020, a 346.399.000 euro per l'anno 2021 e a 340 milioni di euro a decorrere dall'anno 2022, cui si provvede:

§  quanto a 35.000.000 di euro per l'anno 2020, mediante corrispondente utilizzo delle risorse iscritte, per il medesimo anno, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, relative all'attivazione, la locazione e la gestione dei centri di trattenimento e di accoglienza per stranieri irregolari. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio;

 

Nella Relazione tecnica si precisa che si utilizzano le risorse del capitolo 2351 (Pg. 2) “Spese per l’attivazione, la locazione, la gestione dei centri di trattenimento e di accoglienza per stranieri irregolari. Spese per interventi a carattere assistenziale, anche al di fuori dei centri, spese per studi e progetti finalizzati all’ottimizzazione ed omogeneizzazione delle spese di gestione” dello Stato di previsione del Ministero dell'interno, il quale presenta risorse sufficienti, registrando una disponibilità alla data del 15 maggio 2020 - secondo quanto illustrato nella relazione tecnica - di 534,2 milioni di euro in termini di cassa e di 959,9 milioni in conto competenza. L’utilizzo delle risorse di cui alla lettera a) del comma 26, si precisa nella RT, non compromette lo svolgimento delle attività già finanziate a legislazione vigente con le risorse del capitolo 2351 che saranno riprogrammate per garantire i risparmi di spesa necessari per la copertura.

 

§  quanto ad euro 93.720.000 per l'anno 2020 con le risorse provenienti dal versamento del contributo forfetario di 500 euro pagato dai datori di lavoro per ciascun lavoratore emerso (comma 7), che sono versate ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all'erario;

§  quanto ad euro 110.072.744 per l'anno 2020, ad euro 346.399.000 per l'anno 2021 e ad euro 340.000.000 a decorrere dall'anno 2022 ai sensi dell'articolo 265 (si veda in particolare il comma 7) del decreto-legge in esame, che reca le disposizioni finanziarie e finali del provvedimento.


 

 

 

Nel nostro ordinamento l’immigrazione dei cittadini stranieri non appartenenti all’Unione europea è regolata – sotto il profilo normativo - secondo il principio della programmazione dei flussi, con i criteri e le modalità fissate nel testo unico in materia di immigrazione (D.Lgs. 286/1998).

In particolare, si prevede che la gestione dei flussi di immigrazione sia realizzata attraverso una serie di strumenti, quali il documento programmatico triennale e il decreto annuale sui flussi.

Peraltro, negli anni successivi al documento programmatico per il triennio 2004-2006 il decreto flussi è stato adottato nell'ambito delle quote già definite negli anni precedenti, come previsto dalla norma di salvaguardia, e, di fatto, in misura decrescente e con una preponderanza di lavoratori stagionali. Sono infatti nel frattempo intervenuti altri fattori (tra cui, dal 2011, gli eventi connessi alla primavera araba) che hanno posto all’ordine del giorno contestualmente il tema della gestione delle richieste di protezione internazionale e dei procedimenti di riconoscimento.

Il documento programmatico sulla politica dell'immigrazione viene elaborato dal Governo ogni tre anni ed è sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari. Esso contiene un'analisi del fenomeno migratorio e uno studio degli scenari futuri; gli interventi che lo Stato italiano intende attuare in materia di immigrazione; le linee generali per la definizione dei flussi d'ingresso; le misure di carattere economico e sociale per favorire l'integrazione degli stranieri regolari. L'ultimo documento programmatico adottato è quello per il triennio 2004-2006 (D.P.R. 13 maggio 2005).

Sulla base delle indicazioni contenute nel documento programmatico (l’ultimo dei quali risale al 2005), il Governo stabilisce le quote massime di cittadini stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per motivi di lavoro, attraverso l’emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il decreto flussi. Le quote sono suddivise generalmente per lavoro subordinato, lavoro stagionale e lavoro autonomo.

Il decreto è adottato dal Governo con il parere delle Commissioni parlamentari, del Comitato interministeriale per il coordinamento e il monitoraggio delle politiche in materia di immigrazione e della Conferenza unificata Stato-regioni-enti locali. Ciascuna regione può trasmettere alla Presidenza del Consiglio, in vista della predisposizione del decreto flussi, un rapporto sulla presenza e sulla condizione degli immigrati nel territorio regionale, indicando anche la capacità di assorbimento di nuova manodopera.

l decreto flussi ha cadenza annuale e deve essere emanato entro il 30 novembre dell’anno precedente a quello di riferimento.

Una norma di salvaguardia prevede che qualora non sia possibile emanare il decreto secondo la procedura sopra descritta (per esempio in assenza del documento programmatico) il Presidente del Consiglio può adottare un decreto transitorio che però non deve superare le quote dell’anno precedente. Per quanto riguarda il lavoro stagionale è possibile stabilire, sempre con decreto del Presidente del Consiglio, quote massime di lavoratori stagionali stranieri non comunitari autorizzati – nei soli settori dell’agricoltura e del turismo – a fare ingresso in Italia, anche in misura superiore a quelle dell’anno precedente.

Ulteriori criteri per la definizione delle quote sono indicati nell’art. 21 del testo unico. Si prevede, da un lato, la possibilità di restrizioni numeriche all’ingresso di lavoratori provenienti da Paesi che non collaborino adeguatamente al contrasto dell’immigrazione clandestina e, dall’altro, l’assegnazione in via preferenziale di quote riservate ai cittadini di quegli Stati che abbiano invece concluso con l’Italia accordi di cooperazione in materia di immigrazione.

Ulteriori quote riservate sono assegnate ai lavoratori non comunitari di origine italiana.

Infine, ai sensi del regolamento di attuazione (art. 34 del D.P.R. 394/1999, come modificato dall’art. 29 del D.P.R. 334/2004) una quota è riservata ai lavoratori che abbiano partecipato alle attività formative nei Paesi di provenienza previste dall’art. 23 del testo unico.

In alcuni anni è stata accordata una preferenza ad alcune categorie di lavoratori specializzati (informatici, infermieri professionali).

L'ultimo decreto flussi, DPCM 12 marzo 2019 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 9 aprile 2019, n. 84), ha fissato le quote dei lavoratori stranieri che per l'anno 2019 possono fare ingresso in Italia per lavorare, prevalentemente per motivi di lavoro stagionale. Come nel 2018, il decreto stabilisce una quota massima di ingressi pari a 30.850 unità, 18.000 delle quali riservate agli ingressi per motivi di lavoro stagionale. Le restanti 12.850 unità sono invece, come ogni anno, in piccola parte riservate all'ingresso di lavoratori appartenenti a determinate categorie (lavoratori di origine italiana, lavoratori autonomi, lavoratori che hanno seguito all'estero corsi di formazione ex art. 23 TU immigrazione) e, per la restante parte, riservate alle conversioni del permesso di soggiorno, già posseduto ad altro titolo, in permesso di soggiorno per lavoro.

 

Accanto agli ingressi in base alle quote dei decreti flussi, nel corso degli ultimi decenni sono state approvate misure volte a consentire il ricorso a procedure di immissione straordinarie, denominate regolarizzazioni o sanatorie. Tali interventi sono stati adottati quasi sempre in coincidenza di modifiche alla normativa sull’immigrazione che in quanto destinate a mutare il quadro legale di riferimento relativo alle regole e agli obblighi di soggiorno, hanno provveduto contestualmente a sanare le eventuali irregolarità precedenti.

Le condizioni per poter regolarizzare la propria posizione sono variate negli anni: nella gran parte dei casi erano richiesti un lavoro stabile e dimostrare la propria presenza nel territorio italiano a partire da una data prefissata.

Dal 1986 al 2012 sono state previste misure di regolarizzazione di lavoratori stranieri irregolari nell’ambito dei seguenti provvedimenti normativi: L. 943/1986, D.L. 39/1990, D.L. 489/95, L. 40/21998, L. 189/2002, D.L. 78/2009, D.Lgs. 109/2012.


 

 

Nella XVIII legislatura è all’esame della I Commissione della Camera la proposta di legge A.C. 13, di iniziativa popolare, che interviene, sotto diversi profili, sulla disciplina legislativa in materia di immigrazione dettata, in primo luogo, dal testo unico immigrazione (D.Lgs. 286/1998).

La proposta di legge modifica l'attuale sistema di gestione delle politiche migratorie, basato sulla programmazione dei flussi di ingresso dei cittadini stranieri, proponendo l'abrogazione delle quote di ingresso definite annualmente, sulla base delle previsioni di richiesta di lavoro, con un apposito decreto del Presidente del Consiglio, il c.d. decreto flussi (articolo 4).

In luogo delle quote annuali vengono introdotti due nuovi canali di ingresso (articolo 1). Il primo è basato sull'attività di intermediazione svolta da una serie di soggetti istituzionali autorizzati (quali i centri per l'impiego, camere di commercio ecc.) che si impegnano a promuovere l'incontro tra offerta di lavoro da parte di cittadini stranieri e richiesta di lavoro da parte di datori di lavoro in Italia. Il lavoratore selezionato da tali soggetti è autorizzato all'ingresso nel Paese e gli è rilasciato un permesso di soggiorno per ricerca di lavoro, una nuova tipologia di permesso di soggiorno istituita dalla proposta di legge.

Il secondo canale è costituito dalla prestazione di garanzia per l'accesso al lavoro (la c.d. sponsorizzazione) da parte di soggetti pubblici (quali regioni, enti locali, associazioni no-profit, sindacati) e privati, finalizzato all'inserimento nel mercato del lavoro del lavoratore straniero con la garanzia di risorse finanziarie adeguate e la disponibilità di un alloggio per il periodo di permanenza sul territorio, agevolando in primo luogo quanti abbiano già avuto precedenti esperienze lavorative in Italia o abbiano frequentato corsi di lingua italiana o di formazione professionale.

È prevista, inoltre, una terza possibilità per gli stranieri già presenti, a qualunque titolo, nel territorio del Paese. A costoro, in presenza di condizioni che ne dimostrino l'effettivo radicamento e integrazione nel Paese, è riconosciuto il permesso di soggiorno per comprovata integrazione di due anni. Il permesso può essere rinnovato esclusivamente se l'interessato ha svolto nel frattempo una attività lavorativa o ha partecipato a misure di politica attiva del lavoro.

Viene introdotta (articolo 5) anche la possibilità di convertire il permesso di soggiorno per richiesta di asilo nel permesso di soggiorno per comprovata integrazione.

Completano la proposta di legge una serie di misure volte a promuovere l'effettiva integrazione sociale degli stranieri.

In primo luogo, viene riconosciuto allo straniero l'elettorato attivo e passivo nelle elezioni e referendum locali (articolo 2).

In secondo luogo, si interviene sulla disciplina dei contributi versati dai lavoratori extracomunitari che cessano l'attività lavorativa in Italia prevedendo che possano godere dei diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati al momento della maturazione dei requisiti previsti dalla normativa vigente, anche in deroga al requisito dell'anzianità contributiva minima di venti anni. Inoltre, viene eliminato il limite anagrafico per la pensione di vecchiaia (articolo 3).

Si provvede, inoltre, ad estendere l'accesso all'assistenza sanitaria in favore di tutti i minori stranieri, a prescindere dalla regolarità del soggiorno, e agli stranieri indigenti (articolo 6) e a garantire l'accesso alle prestazioni di assistenza sociale a tutti gli stranieri in possesso di regolare permesso di soggiorno (articolo 7).

Infine, la proposta di legge in esame abroga il reato di ingresso e soggiorno illegali, di cui all'articolo 10-bis TU, fermo restando l'applicazione delle norme vigenti in materia di respingimenti ed espulsioni (articolo 8).

 

Elementi istruttori e dati aggiornati sono stati forniti nel corso delle audizioni svolte presso la I Commissione della Camera sulla proposta di legge (si vedano in proposito i documenti depositati dagli auditi).

In particolare, le macro-caratteristiche della condizione occupazionale dei lavoratori stranieri sono consultabili nel documento semestrale consegnato dall’Anpal, le quote di ingresso dei lavoratori non comunitari sono riepilogate nel documento della Fondazione Leone Moressa.

Quest'ultima ha ricordato in particolare come attualmente il Paese in cui sono autorizzati più ingressi per lavoro è la Polonia, che nel 2018 ha rilasciato oltre 300 mila permessi per lavoro. Dal confronto europeo in relazione alla popolazione residente emerge inoltre come i 13.877 permessi per lavoro dell’Italia sono pari a 0,23 ingressi ogni 1.000 abitanti. In doppia cifra, invece, Malta (21,40 permessi ogni 1000 abitanti), Cipro (11,31) e Slovenia (10,17).

Evidenzia inoltre come, guardando la serie storica, fino al 2010 i nuovi permessi in Italia erano oltre 500 mila all’anno, poi ridotti in maniera rilevanti dal 2011 a seguito della riduzione dei “decreti flussi”. Fino al 2010 la prima componente dei permessi rilasciati era quella per motivi di lavoro (oltre 350 mila) mentre negli ultimi anni sono invece cresciuti gli “altri motivi”, soprattutto i motivi umanitari, per un numero pari a circa 100 mila. I permessi rilasciati per ricongiungimento familiare sono rimasti sostanzialmente costanti, ma a partire dal 2011 sono diventati la prima voce. Dei 14 mila permessi rilasciati nel 2018 per motivi di lavoro, il 40,5% è costituito da lavoratori stagionali e il 10,6% è dato da mansioni altamente qualificate (ricercatori, lavoratori altamente qualificati, Blue card).

 

 

 



[1]      Si vedano al riguardo il paragrafo 4.2 della Nota 44/Ue (paragrafo 4.2), la Nota 44/3 (paragrafo 4.3.1) e la Nota 44/7 (paragrafo 4.3) a cura del Servizio studi del Senato.

[2]      Relativamente al credito all'esportazione, il 27 marzo scorso la Commissione europea ha adottato modifiche alla Comunicazione sull'assicurazione del credito all'esportazione a breve termine, decidendo di considerare fino al 31 dicembre 2020 tutti i paesi elencati nell'allegato (tutti gli Stati membri più 8 paesi dell'OCSE) come temporaneamente non assicurabili sul mercato. Ciò consentirà quindi agli assicuratori statali di tutti i paesi di intervenire e di fornire un'assicurazione per il rischio di credito all'esportazione (si veda al riguardo anche il paragrafo 4.2.2 della Nota UE n. 44_2 a cura del Servizio Studi del Senato).

  [3]     Per maggiori dettagli si veda il Dossier n. 232, vol I, a cura del Servizio Studi del Senato.

  [4]     Per maggior dettagli si veda il Dossier n. 232, vol II, a cura del Servizio Studi del Senato.

[5]      Si vedano, per maggiori dettagli, il regolamento (UE) n. 1407/2013 del 18 dicembre 2013 della Commissione, del 18 dicembre 201 , relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis» e il regolamento (UE) n. 717/2014 relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti «de minimis» nel settore della pesca e dell'acquacoltura.

[6]      Si ricorda che presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali sono costituiti appositi conti che gestiscono in relazione ai servizi sopra richiamati, secondo le regole e con le modalità definite dall’Autorità, i fondi raccolti presso gli utenti dei servizi in relazione alla copertura dei costi connessi a oneri generali di sistema e meccanismi perequativi dei sistemi tariffari.

[7]      Le startup devono essere costituite da non più di 60 mesi alla data di presentazione della domanda e devono essere classificabili di piccola dimensione. Possono presentare domanda di agevolazione anche le persone fisiche che intendono costituire una startup innovativa. In tal caso, la costituzione della società deve intervenire entro 30 giorni dalla comunicazione di ammissione alle agevolazioni. Possono ottenere le agevolazioni Smart&Start Italia anche le imprese straniere che si impegnano a istituire almeno una sede operativa sul territorio italiano.

[8]      come definiti dall'art. 31, comma 2, del D.L. n. 98/2011.

[9]      Contemporaneamente, il D.M. ha destinato agli investimenti nei Fondi per il venture capital istituiti e gestiti dalla CDP Venture Capital SGR S.p.A.-– Fondo Nazionale Innovazione o da altre società autorizzate da Banca d'Italia a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio, la somma di 200 milioni di euro già previsti con delibera CIPE n. 14 del 28 febbraio 2018, e assegnati al MISE dal comma 121 della legge di bilancio 2019.

[10]    Abruzzo: Barete (Aq); Cagnano Amiterno (Aq); Campli (TE) Campotosto (AQ); Capitignano (AQ); Castelcastagna (Te); Castelli (TE); Civitella del Tronto (TE);  Colledara (Te); Cortino (TE); Crognaleto (TE); Fano Adriano (Te). Farindola (Pe); Isola del Gran Sasso (Te); Montereale (AQ); Montorio al Vomano (TE); Pietracamela (Te) Pizzoli (Aq); Rocca Santa Maria (TE); Teramo; Torricella Sicura (TE); Tossicia (TE); Valle Castellana (TE).

      Lazio: Accumoli (RI); Amatrice (RI); Antrodoco (RI); Borbona (RI); Borgo Velino (RI); Cantalice (RI); Castel Sant’Angelo (RI); Cittaducale (RI); Cittareale (RI); Leonessa (RI); Micigliano (RI); Poggio Bustone (RI) Posta (RI); Rieti;  Rivodutri (RI).

      Marche: Acquacanina (MC); Acquasanta Terme (AP); Amandola (FM); Apiro (MC); Appignano del Tronto (AP); Arquata del Tronto (AP); Ascoli Piceno; Belforte del Chienti (MC); Belmonte Piceno (FM); Bolognola (MC); Caldarola (MC); Camerino (MC); Camporotondo di Fiastrone (MC); Castel di Lama (AP); Castelraimondo (MC); Castelsantangelo sul Nera (MC); Castignano (AP); Castorano (AP); Cerreto D’esi (AN); Cessapalombo (MC); Cingoli (MC); Colli del Tronto (AP); Colmurano (MC); Comunanza (AP); Corridonia (MC); Cossignano (AP); Esanatoglia (MC); Fabriano (AN); Falerone (FM); Fiastra (MC); Fiordimonte (MC); Fiuminata (MC); Folignano (AP); Force (AP); Gagliole (MC); Gualdo (MC); Loro Piceno (MC);  Macerata; Maltignano (AP); Massa Fermana (FM); Matelica (MC); Mogliano (MC); Monsapietro Morico (FM); Montalto delle Marche (AP); Montappone (FM); Monte Rinaldo (FM); Monte San Martino (MC); Monte Vidon Corrado (FM); Montecavallo (MC); Montedinove (AP);  Montefalcone Appennino (FM); Montefortino (FM); Montegallo (AP); Montegiorgio (FM); Monteleone (FM); Montelparo (FM); Montemonaco (AP);  Muccia (MC); Offida (AP); Ortezzano (FM); Palmiano (AP); Penna San Giovanni (MC); Petriolo (MC); Pieve Torina (MC); Pievebovigliana (MC);  Pioraco (MC); Poggio San Vicino (MC);  Pollenza (MC); Ripe San Ginesio (MC); Roccafluvione (AP); Rotella (AP); San Ginesio (MC); San Severino Marche (MC); Santa Vittoria in Matenano (FM); Sant’Angelo in Pontano (MC); Sarnano (MC); Sefro (MC); Serrapetrona (MC); Serravalle del Chienti (MC); Servigliano (FM); Smerillo (FM); Tolentino (MC); Treia (MC); Urbisaglia (MC); Ussita (MC); Venarotta (AP); Visso (MC).

   Umbria: Arrone (TR); Cascia (PG); Cerreto di Spoleto (PG); Ferentillo (TR); Montefranco (TR); Monteleone di Spoleto (PG); Norcia (PG); Poggiodomo (PG); Polino (TR); Preci (PG); Sant’Anatolia di Narco (PG); Scheggino (PG); Sellano (PG); Spoleto (PG); Vallo di Nera (PG).

[11]   Ai sensi dell'art. 7. Co. 6, d.lgs. 165/2001, fermo restando il divieto alle amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro, per specifiche esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire esclusivamente incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità: a) l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell'amministrazione conferente; b) l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno; c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; non è ammesso il rinnovo; l'eventuale proroga dell'incarico originario è consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell'incarico; d) devono essere preventivamente determinati durata, oggetto e compenso della collaborazione.

[12]   L’articolo 72, comma 1, del D.L. n. 18/2020 ha previsto l’istituzione presso il MAECI del Fondo in questione, con una dotazione iniziale di 150 milioni di euro per il 2020. Il comma ha finalizzato il Fondo a:

- la realizzazione di una campagna straordinaria di comunicazione volta a sostenere le esportazioni italiane e l’internazionalizzazione del sistema economico nazionale nel settore agroalimentare e negli altri settori colpiti dall’emergenza derivante dalla diffusione del Covid-19, anche avvalendosi di ICE- Agenzia italiana per l’internazionalizzazione delle imprese e per l’attrazione degli investimenti (lett. a));

- il potenziamento delle attività di promozione del sistema Paese realizzate, anche mediante la rete all’estero, dal MAECI e da ICE (lett. b));

- il cofinanziamento di iniziative di promozione dirette a mercati esteri realizzate da altre amministrazioni pubbliche mediante la stipula di apposite convenzioni (lett. c));

- l’erogazione di cofinanziamenti a fondo perduto fino al cinquanta per cento dei finanziamenti concessi dal Fondo rotativo per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato a favore delle imprese italiane che operano sui mercati esteri, di cui all’articolo 2, primo comma, del D.L. 28 maggio 1981, n. 251 (Legge n. 394/1981) , secondo criteri e modalità stabiliti con una o più delibere del Comitato Agevolazioni (amministratore del Fondo rotativo in questione).  La formulazione originaria della norma – qui modificata (cfr. supra) – prevedeva che i cofinanziamenti fossero concessi nei limiti e alle condizioni previsti dalla vigente normativa europea in materia di aiuti di Stato di importanza minore (de minimis) (lett. d)).

[13]   Cfr. i commi 1 e 2 del citato articolo 22 del D.L. n. 18.

[14]   Si ricorda che i trattamenti di integrazione salariale (ivi compresi quelli in deroga in esame) non riguardano i dirigenti, i lavoratori a domicilio e gli apprendisti rientranti in una tipologia di apprendistato diversa da quello professionalizzante (cfr. l’articolo 1, comma 1, del citato D.Lgs. n. 148 del 2015).

[15]   Fondo gestito dall’INPS.

[16]   Alcuni periodi aggiuntivi di trattamenti in deroga sono stati previsti: per la durata aggiuntiva massima di tre mesi, con riferimento ai territori di alcuni comuni della provincia di Lodi e di un comune della provincia di Padova (commi 8-bis e 8-ter del citato articolo 22 del D.L. n. 18); per la durata aggiuntiva massima di quattro settimane (non cumulabili con il periodo di tre mesi suddetto), con riferimento ai territori delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto (commi 8-quater e 8-quinquies del medesimo articolo 22).

Per un'ulteriore ipotesi di periodi aggiuntivi in alcune regioni o province autonome, cfr. la novella di cui alla lettera h) del presente articolo 70, comma 1.

[17]   Si segnala che la circolare n. 8 dell’8 aprile 2020 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali specifica che il trattamento di integrazione salariale in esame può essere riconosciuto anche in favore di lavoratori che siano alle dipendenze (benché sospesi) di imprese fallite.

[18]   Cfr. il citato comma 1 dell’articolo 22 del D.L. n. 18.

[19]   Cfr. sub tale scheda anche per i riferimenti ai decreti ministeriali di riparto già emanati.

[20]   Si ricorda che in tale Gestione (di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335) sono iscritti (tra gli altri) i lavoratori autonomi ed i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che non rientrino in altri regimi pensionistici obbligatori di base (facenti capo ad altre gestioni dell’INPS o ad altri enti, pubblici o privati).

Riguardo alle indennità relative a liberi professionisti e titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa iscritti a regimi pensionistici non gestiti dall’INPS, si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 78 del presente decreto.

[21]   A quest’ultimo riguardo, cfr. il seguito della presente scheda.

[22]   Si prevede che il reddito sia individuato secondo il principio di cassa, come differenza tra i ricavi e i compensi percepiti e le spese effettivamente sostenute nel periodo interessato e nell’esercizio dell’attività, comprese le eventuali quote di ammortamento. A tal fine, il soggetto deve presentare all’INPS la domanda nella quale autocertifichi il possesso del requisito relativo al reddito (e degli altri requisiti summenzionati). L'INPS comunica all'Agenzia delle entrate i dati identificativi dei soggetti che hanno presentato l’autocertificazione. L’Agenzia delle entrate comunica al medesimo Istituto - con modalità e termini definiti con accordi di cooperazione - l'esito dei riscontri effettuati sulla sussistenza del requisito relativo al reddito.

[23]   Cfr., al riguardo, il paragrafo 2 della circolare INPS n. 49 del 30 marzo 2020.

[24]   La citata circolare INPS n. 49 del 30 marzo 2020 - facendo riferimento ai casi in cui l’ultimo rapporto di lavoro stagionale (con un datore di lavoro rientrante nei settori del turismo e degli stabilimenti termali) sia cessato nel periodo temporale in oggetto - ricomprende nel beneficio anche i casi in cui, nel suddetto periodo temporale, il rapporto di lavoro sia cessato per la scadenza del termine previsto dal medesimo contratto.

La circolare opera anche la ricognizione delle attività rientranti nei suddetti settori.

[25]   Riguardo al profilo della cessazione del rapporto di lavoro, cfr. supra, in nota.

[26]   Riguardo al profilo della cessazione dei rapporti stagionali, cfr. supra, in nota.

[27]   Il contratto di lavoro intermittente è il contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro, che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente.

[28]   In merito al lavoro autonomo, la norma in esame richiama la nozione generale di contratto d’opera, di cui all’articolo 2222 del codice civile.

[29]   Fondo gestito dall’INPS.

[30]   Per la suddetta indennità relativa al mese di marzo, tali esclusioni erano poste con riferimento alla data del 17 marzo 2020.

[31]   L'assegno può concernere gli assicurati la cui capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle loro attitudini, sia ridotta in modo permanente, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, a meno di un terzo.

[32]   Disciplinato dal Capo I del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26, e successive modificazioni.

[33]   Ai sensi dell'articolo 126, comma 7, del citato D.L. n. 18.

[34]   Tali dati sono riportati anche dalla relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto.

[35]   Recante la “Revisione della disciplina in materia di impresa sociale”.

[36]   Che hanno previsto a partire dall’anno 2016 l’istituzione presso l’Inail di un fondo destinato esclusivamente alle micro e piccole imprese del settore agricolo.

[37]   Già pubblicato nella GURI, parte prima, serie generale n.297 del 19 dicembre 2019.

[38]   I contributi per l’attuazione degli interventi di cui al presente articolo sono concessi in conformità a quanto previsto nella Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020–C (2020) 1863-final “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del Covid-19", come modificata e integrata dalla Comunicazione della Commissione del 3 aprile 2020-C (2020) 2215-final.

[39]   A mente del quale “la procedura automatica si applica qualora non risulti necessaria, per l'attuazione degli interventi, un'attività istruttoria di carattere tecnico, economico e finanziario del programma di spesa. L'intervento è concesso in misura percentuale, ovvero in misura fissa di ammontare predeterminato, sulle spese ammissibili sostenute, successivamente alla presentazione della domanda ovvero nel corso dell'esercizio precedente……Per l'accesso agli interventi l'interessato presenta una dichiarazione, secondo un apposito schema pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dal soggetto competente per la concessione….Il soggetto competente accerta esclusivamente la completezza e la regolarità delle dichiarazioni, registrate secondo l'ordine cronologico di presentazione. Entro trenta giorni, l'intervento è concesso nei limiti delle risorse disponibili”.

[40]    Il tavolo è composto da rappresentanti del Ministero dell'interno, del Ministero della Giustizia, del Ministero delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dell'ANPAL, dell'Ispettorato nazionale del lavoro, dell'INPS, del Comando Carabinieri per la tutela del Lavoro, della Guardia di Finanza, delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, dell'ANCI.