Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni
Titolo: Riduzione del numero dei parlamentari
Riferimenti: AC N.1585-B/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 47/6
Data: 07/10/2019
Organi della Camera: Assemblea

 

 

XVIII LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

RIDUZIONE DEL NUMERO DEI PARLAMENTARI

 

Elementi per l’esame in Assemblea

 

A.C. 1585-B

 

 

 

7 OTTOBRE 2019

 

 

 

 

Servizio Studi

Ufficio Ricerche su questioni istituzionali, di giustizia e cultura

Tel. 06 6706-2451 - studi1@senato.it - Twitter_logo_blue.png  @SR_Studi

Dossier n. 71/6

 

 

 

 

 

Servizio Studi

Dipartimento Istituzioni

Tel. 06 6760-9475 - st_istituzioni@camera.it - Twitter_logo_blue.png  @CD_istituzioni

Progetti di legge n. 47/6

 

 

 

 

 

 

 

La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.

AC0167f.docx

 

 

 

 

 

INDICE

 

Schede di lettura

La proposta di legge costituzionale (C. 1585-B) 3

Testo a fronte

Articoli 56, 57 e 59 Cost. 17

Schede di Approfondimento

Il numero dei parlamentari nella Costituzione e i precedenti progetti di riforma. 21

Dati e comparazioni: le Camere 'basse' 25

Un raffronto numerico tra le Camere 'alte' 30

 

 


SIWEB

Schede di lettura

 


La proposta di legge costituzionale (C. 1585-B)

La riduzione del numero dei parlamentari

Il testo della proposta di legge costituzionale, che torna all’esame della Camera dei deputati per la seconda deliberazione ai sensi dell’art. 138, primo comma, Cost., prevede la riduzione del numero dei deputati da 630 a 400 e la riduzione del numero dei senatori elettivi da 315 a 200.

La proposta è stata approvata, in prima deliberazione, dal Senato, in un testo risultante dall’unificazione di alcuni disegni di legge costituzionale d'iniziativa parlamentare nella seduta del 7 febbraio 2019; il medesimo testo è stato approvato, senza modificazioni, in prima deliberazione, dalla Camera dei deputati nella seduta del 9 maggio 2019. Nella seduta dell’11 luglio 2019 è avvenuta l’approvazione in seconda deliberazione da parte dell’Assemblea del Senato.

 

In Italia, il numero dei parlamentari, dopo la revisione costituzionale del 1963, è determinato dalla Costituzione in numero fisso, mentre in precedenza era determinato in rapporto alla popolazione.

Da allora, nel corso del dibattito sulle riforme istituzionali, il Parlamento italiano è giunto in più occasioni a deliberare una modificazione del numero dei parlamentari nell’ambito di progetti più ampi di revisione del bicameralismo, senza tuttavia che l’iter della revisione costituzionale trovasse poi definitivo compimento (si veda la relativa Scheda di approfondimento - Il numero dei parlamentari nella Costituzione e i precedenti progetti di riforma).

 

Nella XVIII legislatura il dibattito parlamentare sulla riduzione del numero dei componenti delle due Camere è stato avviato con l’audizione del Ministro per i rapporti con il Parlamento e per la democrazia diretta pro- tempore innanzi alle Commissioni Affari costituzionali congiunte della Camera e del Senato (seduta del 12 luglio 2018).

Successivamente, nella Nota di aggiornamento al DEF 2018 il Governo ha indicato la riduzione del numero dei parlamentari come una delle linee di intervento contenute nel programma di riforme istituzionali da attuare nel corso della legislatura.

Il rilievo di tale riforma è confermato anche nel DEF 2019 e nella Nota di aggiornamento al DEF 2019.

 

Nella seduta del 10 ottobre 2018 il Senato ha avviato l’esame di tre proposte di legge costituzionale di iniziativa parlamentare (A.S. 214 ed abbinate) volte alla riduzione del numero dei parlamentari.

Nella seduta del 18 ottobre 2018 l’Ufficio di Presidenza della Commissione Affari costituzionali del Senato ha convenuto di svolgere una serie di audizioni, a cui sono state dedicate 2 sedute (21 e 25 novembre). Nel corso delle audizioni sono stati acquisiti in Commissione i documenti depositati dai soggetti auditi.

L’impianto comune alle proposte è stato confermato dall’esame referente condotto dalla Commissione Affari costituzionali del Senato, la quale ha adottato un testo unificato delle proposte di legge abbinate conferendo, nella seduta del 19 dicembre 2018, mandato al relatore a riferire favorevolmente in Assemblea sul testo adottato.

Nel corso dell’esame in Assemblea è stata oggetto di ulteriore approfondimento in modo particolare la questione del numero minimo di senatori per ogni regione (o provincia autonoma), previsto dall’art. 57, terzo comma, della Costituzione e si è giunti quindi all’approvazione di talune modificazioni in Aula su tale profilo rispetto al testo unificato proposto dalla Commissione.

La discussione generale e la trattazione degli articoli si sono svolte nelle sedute del 5, 6 e 7 febbraio 2019.

Le dichiarazioni di voto finale e il voto finale si sono tenuti nella seduta del 7 febbraio. L’Assemblea del Senato ha approvato il testo, in prima deliberazione, con 185 voti favorevoli, 54 contrari e 4 astenuti.

Nella seduta del 27 febbraio 2019 la I Commissione Affari costituzionali della Camera ha avviato l’esame in prima lettura della proposta di legge C. 1585, trasmessa dal Senato, e della abbinata pdl costituzionale C. 1172 (D’Uva ed altri).

Nella seduta del 19 marzo 2019, sulla base di quanto convenuto in sede di Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione, ed essendo stata acquisita l'intesa con il Presidente della Camera, la Commissione ha deliberato lo svolgimento di un’indagine conoscitiva a cui sono state dedicate 6 sedute (20, 21, 26, 27 e 28 marzo, 3 aprile).

Per il prosieguo dell’esame, è stato adottato come testo base il progetto di legge C. 1585. Le votazioni delle proposte emendative su tale testo sono state svolte nelle sedute del 16 e 17 aprile 2019. Nella seduta del 17 aprile la Commissione ha deliberato di conferire ai relatori mandato a riferire in senso favorevole all’Assemblea sul provvedimento, nel testo approvato dal Senato.

L’Assemblea della Camera ha approvato in prima deliberazione, senza modifiche, il testo già approvato dal Senato nella seduta del 9 maggio 2019, con 310 voti favorevoli, 107 voti contrari e 5 astenuti.

Dopo l’approvazione da parte della Camera, il disegno di legge costituzionale è stato nuovamente trasmesso al Senato per la seconda deliberazione e assegnato in sede referente alla Commissione 1ª (Affari costituzionali).

L’esame del provvedimento n. 214-515-805-B è stato avviato nella seduta del 25 giugno. La discussione è poi proseguita nella seduta del 2 luglio 2019, con la votazione del mandato al relatore.

La lettura dell’Assemblea è stata avviata nella seduta del 10 luglio con la discussione generale. Nella seduta dell’11 luglio si sono svolte le dichiarazioni di voto finali.

L’Assemblea ha approvato in seconda deliberazione, con la maggioranza dei suoi componenti (180 voti favorevoli e 50 voti contrari), il disegno di legge costituzionale A.S. 214-515-805-B.

Infine, la I Commissione della Camera ha avviato l’esame del testo di riforma costituzionale nella seduta del 30 luglio 2019 deliberando di conferire mandato in senso favorevole all’Assemblea nella seduta del 1° ottobre 2019.

 

Si ricorda che, in base all’art. 138 Cost., le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.

Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.

La legge sottoposta a referendum non è promulgata se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.

 

La proposta di legge costituzionale (C. 1585-B cost.) dispone, dunque, per ciascuno dei due rami del Parlamento, una riduzione pari – in termini percentuali – al 36,5 per cento degli attuali componenti elettivi.

A seguito della modifica costituzionale muta dunque il numero medio di abitanti per ciascun parlamentare eletto.

Per la Camera dei deputati tale rapporto aumenta da 96.006 a 151.210. Il numero medio di abitanti per ciascun senatore cresce, a sua volta, da 188.424 a 302.420 (assumendo il dato della popolazione quale reso da Eurostat).

 

Si ricorda che la formulazione originaria del testo degli articoli 56 e 57 Cost., come approvati dall’Assemblea costituente, non prevedeva un numero fisso di parlamentari bensì un rapporto numerico costante tra gli abitanti e gli eletti, in modo che il numero dei parlamentari potesse mutare con il variare della popolazione. In particolare, era previsto che fosse eletto un deputato ogni 80.000 abitanti o frazione superiore a 40.000 abitanti: al contempo, per ogni regione era eletto un senatore ogni 200.000 abitanti o frazione superiore a 100.000 abitanti, con un minimo di sei senatori, fatta eccezione per la Valle d’Aosta alla quale si attribuiva un unico seggio.

Con la legge costituzionale n. 2 del 1963 il numero dei senatori elettivi è divenuto la metà di quelli della Camera, fissati in 630, a prescindere dalla variazione della popolazione; è stato altresì stabilito che nessuna regione potesse avere meno di sette senatori ad eccezione della Valle d’Aosta (uno) e del Molise (due).

Va infine ricordato come con la legge costituzionale n. 1 del 2000, alla luce dell’istituzione della circoscrizione Estero – nella quale sono eletti 12 deputati e 6 senatori - e del riconoscimento del diritto di voto ai cittadini italiani residenti all’estero, è rimasto immodificato il numero dei deputati e dei senatori elettivi mentre sono stati proporzionalmete ridotti i seggi attribuiti nelle circoscrizioni elettorali del territorio nazionale.

 

Nel dettaglio, l’articolo 1 modifica l’articolo 56 della Costituzione, che stabilisce in 630 il numero attuale dei deputati, 12 dei quali eletti nella circoscrizione Estero (secondo comma).

A seguito delle modificazioni proposte, il numero complessivo dei deputati scende a 400 (anziché 630) ed il numero degli eletti nella circoscrizione Estero diviene pari a 8 deputati (anziché 12).

 

La riduzione percentuale dei parlamentari eletti nella circoscrizione Estero è corrispondente, in proporzione, a quella complessiva, con la finalità di non variare in misura significativa l'incidenza numerica della rappresentanza della Circoscrizione Estero, secondo quanto evidenziato nel corso dell’iter parlamentare.

 

Si ricorda che per l'elezione sia dei senatori sia dei deputati, la legge 459/2001 individua, nell’ambito della circoscrizione Estero, quattro ripartizioni. In ciascuna di tali ripartizioni “è eletto almeno un senatore e un deputato”, mentre gli altri seggi sono distribuiti tra le stesse ripartizioni in proporzione al numero dei cittadini italiani che vi risiedono, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti (L. 459/2001, art. 6).

 

L’assegnazione dei seggi alle ripartizioni della circoscrizione Estero per l’elezione della Camera e del Senato – sulla base del vigente testo costituzionale (rispettivamente 12 deputati e 8 senatori) e tenuto conto della previsione del citato art. 6, L 459/2001 - è la seguente (si vedano, da ultimo, i DPR 28 dicembre 2017):

-       Europa, compresi i territori asiatici della Federazione russa e della Turchia (cittadini italiani residenti: 2.685.815): 5 deputati, 2 senatori;

-      America meridionale (cittadini italiani residenti: 1.559.068): 4 deputati, 2 senatori;

-       America settentrionale e centrale (cittadini italiani residenti: 451.062): 2 deputati, 1 senatore;

-       Africa, Asia, Oceania e Antartide (cittadini italiani residenti: 277.997): 1 deputato, 1 senatore.

L’assegnazione dei seggi alle ripartizioni della circoscrizione Estero per l’elezione della Camera e del Senato – sulla base della riduzione disposta dalla proposta di legge costituzionale in esame (rispettivamente 8 deputati e 4 senatori)  e tenuto conto della previsione del citato art. 6, L 459/2001 – sarebbe la seguente:

-       Europa, compresi i territori asiatici della Federazione russa e della Turchia (cittadini italiani residenti: 2.685.815): 3 deputati, 1 senatore;

-       America meridionale (cittadini italiani residenti: 1.559.068): 2 deputati, 1 senatore;

-       America settentrionale e centrale (cittadini italiani residenti: 451.062): 2 deputati, 1 senatore;

-       Africa, Asia, Oceania e Antartide (cittadini italiani residenti: 277.997): 1 deputato, 1 senatore.

 

 

 

 

 

 

Per il Senato, l’articolo 2 novella l’articolo 57 della Costituzione, determinando in 200 (anziché 315) il numero dei senatori elettivi. Entro tale numero, i senatori da eleggere nella circoscrizione Estero scendono a 4 (anzichè 6).

La riduzione di formato numerico complessivo importa la riduzione del numero minimo di senatori eletti per Regione.

Il vigente articolo 57, al terzo comma, stabilisce infatti che “nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due; la Valle d’Aosta uno”.

La predeterminazione di un numero minimo di senatori per Regione importa, com’è noto, una variazione rispetto alla ripartizione di seggi tra Regioni quale si avrebbe qualora si seguisse invece un'assegnazione solo proporzionale alla popolazione, senza alcuna soglia numerica minima di rappresentanza senatoriale regionale. Qualora non vi fosse soglia, infatti, si avrebbe una ripartizione dei seggi 'integralmente' proporzionale (si veda in proposito l’ultima colonna della Tabella 2.1).

 

Si ricorda che quando con legge costituzionale n. 2 del 1963 il numero dei deputati e dei senatori elettivi è stato individuato in numero fisso, a prescindere dalla variazione della popolazione, è stato stabilito che nessuna regione potesse avere meno di sette senatori ad eccezione della Valle d’Aosta (uno) e del Molise (due), regione quest’ultima istituita con la legge costituzionale n. 3 del 1963. Per la Valle d’Aosta, oltre ad una ragione legata al limitato peso demografico, si è aggiunto anche il collegamento simmetrico con l’articolo 83, secondo comma, Cost. secondo cui tale regione partecipa alla formazione del collegio per l’elezione del Presidente della Repubblica, oltre che con i suoi parlametari, con un solo delegato del Consiglio regionale (a differenza dei tre delle altre regioni).

 

La proposta di legge individua tale numero minimo – alla luce della riduzione a 200 del numero di senatori eletti - in tre senatori per Regione o Provincia autonoma, lasciando al contempo immodificata la previsione vigente dell’articolo 57, terzo comma della Costituzione relativa alle rappresentanze del Molise (2 senatori) e della Valle d’Aosta (1 senatore).

 

Come si vede dalla tabella riepilogativa della ripartizione dei seggi del Senato, la nuova previsione costituzionale relativa al numero minimo di senatori troverebbe applicazione, oltre che per il Molise (cui altrimenti spetterebbe 1 senatore), per le Province autonome di Trento e di Bolzano e per la Basilicata (cui altrimenti spetterebbero 2 senatori).

Viene al contempo previsto, per la prima volta nella Carta costituzionale, un numero minimo di seggi senatoriali riferito alle Province autonome di Trento e di Bolzano.

 

In base all’articolo 116, secondo comma, della Costituzione la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano. A sua volta, gli articoli 1 e 3 dello statuto speciale della Regione (definito con l. cost. 26 febbraio 1948, n. 5, l. cost. 31 dicembre 1962, n. 1777, l. cost. 10 novembre 1971, n. 1 e l. cost. 23 febbraio 1972, n. 1) prevedono che la regione comprende nel suo territorio le province di Trento e di Bolzano. Le province sono considerate enti distinti e autonomi rispetto alla regione: ad esse sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia, secondo la disciplina statutaria (art. 3, secondo comma, dello statuto). Ad entrambe le province autonome di Trento e di Bolzano è attribuita una competenza legislativa che si differenzia da quella delle altre province che dispongono di una competenza normativa solo di tipo regolamentare e in un ambito più circoscritto di materie. Le diversità tra le due province autonome derivano dalle peculiari previsioni dello statuto e delle relative norme d'attuazione per la provincia di Bolzano in funzione delle peculiari tutele per la minoranza tedesca. Il Consiglio regionale, a sua volta, è composto dai membri dei Consigli provinciali di Trento e di Bolzano.

Per quanto riguarda la vigente legislazione elettorale, il Trentino Alto Adige è costituito in un’unica circoscrizione elettorale (sia per l’elezione dei componenti della Camera sia del Senato).

La legge 30 dicembre 1991, n. 422, recante “Elezioni del Senato della Repubblica per l'attuazione della misura 111 a favore della popolazione alto-atesina”, con la quale sono state modificate le circoscrizioni territoriali dei collegi della Regione Trentino-Alto Adige per l'elezione del Senato, prevede che siano costituiti sei collegi uninominali, di cui definisce il perimetro. L’assetto dei sei collegi è stato mantenuto nella cd. Legge Mattarella (n. 276 del 1993) per il Senato [1] e successivamente nella legge n. 270 del 2005, che ha previsto una disciplina speciale per l’elezione dei senatori del Trentino-Alto Adige, con l’elezione di 6 senatori con sistema maggioritario nei 6 collegi e di un senatore con sistema proporzionale nell’ambito della Regione. Sei collegi uninominali sono previsti altresì dalla legge 165 del 2017 sia per la Camera sia per il Senato (richiamando i collegi della predetta legge 422). In base al sistema vigente sono poi eletti nel collegio plurinominale con metodo proporzionale 5 deputati e 1 senatore.


 


 

I senatori a vita

L’articolo 3 della proposta di legge incide sull’articolo 59, secondo comma, della Costituzione, prevedendo espressamente che il numero di cinque senatori a vita nominati per alti meriti dal Presidente della Repubblica, sia numero massimo riferito alla permanenza in carica di tal novero di senatori.

La modifica è finalizzata a sciogliere il nodo interpretativo postosi per i senatori a vita riguardo al vigente articolo 59 della Costituzione, cioè se il numero di cinque senatori di nomina presidenziale sia un “numero chiuso” (quindi non possano esservi nel complesso più di 5 senatori di nomina presidenziale) ovvero se ciascun Presidente della Repubblica possa nominarne cinque.

Questa seconda possibile interpretazione del vigente dettato costituzionale è stata seguita peraltro solo da due Presidenti della Repubblica (Pertini e Cossiga).

Permane, nell’ordinamento, la figura dei “senatori di diritto a vita”: salvo rinuncia, sono gli ex Presidenti della Repubblica, in base all’immodificato comma primo dell’articolo 59 Cost.

 

La decorrenza della riduzione e l’incidenza sull’ordinamento giuridico

 

L’articolo 4 della proposta di legge stabilisce che la riduzione dei parlamentari abbia decorrenza dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successiva alla data di entrata in vigore della legge costituzionale e, comunque, non prima che siano decorsi da essa sessanta giorni.

La previsione del termine di sessanta giorni è volta a “consentire l’adozione del decreto legislativo in materia di determinazione dei collegi elettorali”, come emerso nel corso del dibattito parlamentare.

La riduzione del numero dei parlamentari si ripercuote infatti sulla “perimetrazione” degli attuali collegi elettorali, come definiti dal decreto legislativo n. 189 del 2017 e, più in generale, sulla legislazione elettorale (legge n. 165 del 2017).

Viene in particolare in rilevo il tema della articolazione dei collegi elettorali.

La disciplina vigente, come è noto, ha determinato per la Camera dei deputati, complessivi 232 collegi uninominali e 63 collegi plurinominali; per il Senato, complessivi 116 collegi uninominali e 33 collegi plurinominali.

Il testo di modifica costituzionale all’esame dell’Assemblea, già approvato dal Senato, non interviene su questa materia, la quale è rimessa alla legislazione ordinaria.

Sulla materia interviene la legge 51 del 2019 recante “Disposizioni per assicurare l’applicabilità delle leggi elettorali indipendentemente dal numero dei parlamentari”, che reca modifiche alla disciplina elettorale delle Camere al fine di prevederne un'applicazione commisurata ad un numero non già fisso, bensì percentuale tra seggi e numero dei deputati o dei senatori.

 

Senza incidere sulla configurazione del meccanismo elettorale, per quanto attiene al rapporto numerico tra seggi attribuiti nell’ambito di collegi uninominali e seggi attribuiti nell’ambito di collegi plurinominali, la legge 51 del 2019 ha quindi definito un criterio di determinazione dei collegi: non già in numero prestabilito fisso bensì 'a scorrimento' rispetto al numero dei parlamentari, applicabile cioè indipendentemente da quale sia tale numero.

In particolare, la legge prevede un numero di collegi uninominali pari a tre ottavi dei seggi da eleggere nelle circoscrizioni, con arrotondamento (all’unità inferiore per la Camera dei deputati, all’unità più prossima per il Senato).

Per la puntuale determinazione dei collegi - sia uninominali sia i restanti plurinominali – la legge 51 reca una delega legislativa al Governo, nel caso in cui intervenga una riforma costituzionale circa il numero dei parlamentari.

 

L’articolo 3 della legge 51 del 2019 dispone in particolare che “Qualora, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sia promulgata una legge costituzionale che modifica il numero dei componenti delle Camere di cui agli articoli 56, secondo comma, e 57, secondo comma, della Costituzione, il Governo è delegato ad adottare un decreto legislativo per la determinazione dei collegi uninominali e plurinominali per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”.

E prevede che, in tal caso, il decreto legislativo di rideterminazione dei collegi sia adottato entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge costituzionale modificativa del numero dei parlamentari.

A specchio con tale previsione, la proposta di legge costituzionale in esame prevede che l'applicazione della sue disposizioni decorra comunque non prima di sessanta giorni della sua entrata in vigore.

Tale termine mira ad assicurare un lasso temporale che consenta appunto la rideterminazione dei collegi.

 

Ai fini dell’esercizio della delega, sono previsti i seguenti ‘passaggi’ (dall’art. 3, commi 3, 4 e 5 della legge n. 165 del 2017, richiamati dalla legge 51 del 2019):

-       ai fini della predisposizione dello schema del decreto legislativo, il Governo si avvale di una Commissione composta dal presidente dell'Istituto nazionale di statistica, che la presiede, e da dieci esperti in materia attinente ai compiti che la commissione è chiamata a svolgere, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato;

-       lo schema del decreto legislativo è trasmesso alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che si pronunciano nel termine di quindici giorni dalla data di trasmissione. Qualora il decreto legislativo non sia conforme al parere parlamentare, il Governo, contemporaneamente alla pubblicazione del decreto, deve inviare alle Camere una relazione contenente adeguata motivazione. In caso di mancata espressione del parere nel termine previsto, il decreto legislativo può comunque essere emanato.

 

Si ricorda che la legge costituzionale n. 1 del 2001, che ha modificato gli articoli 56 e 57 della Costituzione in relazione al numero dei deputati e senatori in rappresentanza degli italiani all'estero, ha previsto, all’articolo 3, alcune disposizioni transitorie:1. In sede di prima applicazione della presente legge costituzionale ai sensi del terzo comma dell'articolo 48 della Costituzione, la stessa legge che stabilisce le modalità di attribuzione dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero stabilisce, altresì, le modificazioni delle norme per l'elezione delle Camere conseguenti alla variazione del numero dei seggi assegnati alle circoscrizioni del territorio nazionale. 2. In caso di mancata approvazione della legge di cui al comma 1, si applica la disciplina costituzionale anteriore”. La proposta di legge costituzionale in esame non reca norma di chiusura analoga a quella recata dal suddetto comma 2.

 

La rideterminazione del numero di deputati e senatori si riflette su diversi altri profili.

Tra questi, sull’organizzazione interna delle Camere con riguardo, ad esempio, al numero dei componenti delle Commissioni parlamentari e dei Gruppi parlamentari.

Inoltre la rideterminazione numerica si riverbera sulla dinamica dei procedimenti. Ove si consideri, ad esempio, l'elezione del Presidente della Repubblica, la prevista riduzione del numero dei parlamentari comporterebbe una variazione nell'assemblea degli elettori: 600 parlamentari (oltre ai senatori a vita) ai quali si devono aggiungere i 58 rappresentanti delle Regioni (tre delegati per ciascuna Regione; un solo delegato per la Valle d'Aosta). Non considerando i senatori a vita, le maggioranze richieste dall'articolo 83 della Costituzione sarebbero così rideterminate: 439 voti necessari ai primi tre scrutini (due terzi dell'Assemblea); 330 voti dal quarto scrutinio (maggioranza assoluta), essendo il numero degli elettori pari a 658 (400+200+58). Come evidenziato nel corso dell’iter al Senato, i 58 delegati regionali per l'elezione del Presidente della Repubblica avrebbero quindi un peso diverso sul totale degli aventi diritto al voto.

 

In occasione dell'ultima elezione del Presidente della Repubblica svoltasi (29-30 gennaio 2015), le medesime maggioranze (considerandovi tuttavia la presenza di sei senatori a vita) erano pari a: 673 voti (maggioranza dei due terzi dell'Assemblea) e 505 voti (maggioranza assoluta), essendo il numero complessivo degli elettori pari a 1009 (630+321+58).

 


Testo a fronte


Articoli 56, 57 e 59 Cost.

Costituzione

Testo vigente

Testo modificato

Articolo 56

Articolo 56

La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto.

Identico

Il numero dei deputati è di seicentotrenta, dodici dei quali eletti nella circoscrizione Estero.

Il numero dei deputati è di quattrocento, otto dei quali eletti nella circoscrizione Estero.

Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i venticinque anni di età.

Identico

La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall'ultimo censimento generale della popolazione, per seicentodiciotto e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

La ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall'ultimo censimento generale della popolazione, per trecentonovantadue e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

Articolo 57

Articolo 57

Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.

Identico

Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici, sei dei quali eletti nella circoscrizione Estero.

Il numero dei senatori elettivi è di duecento, quattro dei quali eletti nella circoscrizione Estero.

Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due, la Valle d'Aosta uno.

Nessuna Regione o Provincia autonoma può avere un numero di senatori inferiore a tre; il Molise ne ha due, la Valle d'Aosta uno.

La ripartizione dei seggi tra le Regioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle Regioni, quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

La ripartizione dei seggi tra le Regioni o le Province autonome, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla loro popolazione, quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

[…]

[…]

Articolo 59

Articolo 59

È senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica.

Identico

Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario.

Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Il numero complessivo dei senatori in carica nominati dal Presidente della Repubblica non può in alcun caso essere superiore a cinque.

 


Schede di Approfondimento

 


Il numero dei parlamentari nella Costituzione e i precedenti progetti di riforma

 

Gli articoli 56 e 57 della Costituzione prevedono un numero fisso di deputati e senatori, rispettivamente pari a 630 e 315 (cui si aggiungono i senatori a vita e i senatori di diritto a vita).

Tale previsione è stata introdotta dalla legge costituzionale n. 2 del 1963. Nella precedente formulazione, approvata dall’Assemblea Costituente, il numero dei parlamentari era determinato in misura fissa il rapporto con la popolazione: per la Camera, un deputato ogni 80.000 abitanti (o frazioni superiori a 40.000); per il Senato [2] , un senatore ogni 200.000 abitanti (o frazioni superiori a 100.000).

In rapporto alla popolazione, oggi vi è un deputato ogni 96.006 abitanti circa; un senatore elettivo (senza considerare i senatori a vita e i senatori di diritto a vita) ogni 192.013 abitanti circa.

La nuova disciplina costituzionale introdotta nel 1963 (la quale al contempo parificava la durata delle due Camere, innanzi diversificata in quanto di sei anni per il Senato) manteneva un quoziente di rappresentatività non discosto di fatto da quello risultante dall'applicazione della originaria formulazione, per quanto riguarda la Camera dei deputati. Per il Senato, invece, mirava ad affrontare il profilo della 'integrazione' della sua composizione.

Infatti la III disposizione transitoria della Costituzione aveva previsto un novero di senatori di diritto, solo per la prima legislatura repubblicana (il loro numero risultò di 107), a fianco dei senatori elettivi (per i quali il Dd.P.R. n. 30 del 6 febbraio 1948 disegnò 237 collegi uninominali).

Già nella seconda legislatura pertanto la composizione numerica del Senato si ridimensionò ai soli senatori elettivi (oltre ai senatori a vita ed agli ex Presidenti della Repubblica), donde l'avvio colà di un dibattito su come riequilibrarla rispetto all'altro ramo del Parlamento (che contò allora 590 deputati). Nella successiva terza legislatura il disegno di legge costituzionale d'iniziativa governativa infine approvato (ancorché con variata formulazione rispetto all'originario A.S. n. 250, che fu approvato in testo unificato con l’A.S. n. 285) precisava, nella sua relazione illustrativa, di mirare ad "un migliore equilibrio" nella composizione numerica delle due Camere, "in modo che il sistema bicamerale abbia maggiori garanzie di organico funzionamento". Era istanza declinata tenendo presente la posizione costituzionale del Parlamento in seduta comune, onde scongiurare la possibilità che "il Senato, considerato nella sua totalità, abbia nella votazione in comune con la Camera, una disponibilità di voti perfino inferiore a quella del numero dei membri della Camera appartenenti a un solo partito. Basterebbe cioè un solo partito della Camera a neutralizzare la volontà di tutta la rappresentanza senatoriale".

IX legislatura: la relazione della c.d. Commissione Bozzi

Ove si considerino i momenti salienti del dibattito parlamentare sulle riforme istituzionali sviluppatosi dagli anni Ottanta, emerge che una riduzione del numero dei parlamentari fu discussa già entro la Commissione parlamentare bicamerale istituita ad hoc nella IX legislatura (cd. 'Commissione Bozzi': 30 novembre 1983-29 gennaio 1985). Essa tuttavia non formalizzò al riguardo una propria proposta di revisione costituzionale, tra le varie formulatevi (come la previsione di un deputato ogni 110.000 abitanti, di un senatore ogni 200.000, talché la composizione di Camera e Senato sarebbe risultata allora di 514 e 282 membri; o una determinazione numerica pari, almeno per la Camera dei deputati, alla media della composizione delle ‘Camere basse’ di Italia, Francia, Gran Bretagna, Germania; o 480-500 membri della Camera e 240-250 del Senato).

 

XIII legislatura: il testo della c.d. Commissione D’Alema

Nella XI legislatura, altra Commissione bicamerale per le riforme istituzionali (cd. 'Commissione De Mita-Iotti': 9 settembre 1992-11 gennaio 1994) non propose alcuna modifica degli articoli 56 e 57 della Costituzione.

Nella XIII legislatura, una nuova Commissione bicamerale per le riforme istituzionali (cd. 'Commissione D'Alema': 5 febbraio 1997-4 novembre 1997) esaminava un progetto, con la previsione tra 400 e 500 deputati (demandandosi ad una legge la determinazione puntuale entro quei limiti minimo e massimo) e 200 senatori elettivi.

 

XIV legislatura

Nella XIV legislatura, il Parlamento approvò in duplice deliberazione un disegno di legge costituzionale (A.S. n. 2544-D), in cui era prevista una Camera composta di 518 deputati (elettivi), un Senato di 252 senatori. Tale legge di revisione fu indi sottoposta (ai sensi dell'articolo 138, terzo comma della Costituzione) a referendum, il quale si svolse il 25-26 giugno 2006 e non la approvò. Pertanto la revisione costituzionale non giunse a compimento.

 

XV legislatura: la c.d. bozza Violante

Nella XV legislatura, presso la Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati fu approvato un testo unificato (cd. 'bozza Violante': A. C. n. 553 e abbinati-A), ove si prevedeva un numero di deputati pari a 512. Per il Senato era prevista una composizione di secondo grado (salvo 6 senatori eletti nella circoscrizione Estero), in cui i Consigli regionali (con voto limitato al loro interno) ed i Consigli delle autonomie locali (tra i componenti dei Consigli dei Comuni, delle Province e delle Città autonome) eleggessero ciascuno un numero di senatori, predeterminato sulla base della popolosità della Regione. Ne sarebbe conseguito un Senato di 186 componenti. Il progetto non giunse ad approvazione (nemmeno presso la Camera dei deputati) prima dell'anticipata cessazione della legislatura.

 

XVI legislatura: i testi esaminati dal Senato (AS 83 e abbinate)

Nella XVI legislatura, fu la volta della Commissione Affari costituzionali del Senato di esaminare numerosi disegni di riforma costituzionale, prospettanti tra l'altro la riduzione del numero dei parlamentari. Il testo che essa approvò (il 29 maggio 2012: A.S. n. 24 e abbinati-A) giunse in Assemblea del Senato, la quale infine l'approvò con significative modifiche, il 25 luglio 2012: e lì si concluse, con la cessazione della legislatura, l'iter del disegno di legge (A.C. n. 5386). In quella proposta, era prevista una Camera di 508 deputati, un Senato di 250 senatori (più i senatori a vita e quelli di diritto a vita). Dunque il numero di parlamentari, ai sensi di quella proposta, sarebbe diminuito da 950 a 758.

 

XVII legislatura dalle Relazioni degli esperti al testo sottoposto a referendum popolare

Nella Relazione finale trasmessa il 12 aprile 2013 dal Gruppo di lavoro sui temi istituzionali, costituito da parte dell’allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano all’inizio della XVII legislatura, il Gruppo di lavoro segnalava l’opportunità di modifiche costituzionali tese al superamento del bicameralismo paritario.

Per effetto delle modifiche proposte, si avanzava la necessità di calcolare il numero di parlamentari con modalità diverse tra Camera e Senato. Nella relazione si proponeva di passare dall’attuale criterio di un deputato ogni 95.000 abitanti ad un parametro più in linea con gli standard europei: un deputato ogni 125.000 abitanti. Ne sarebbe derivato un numero complessivo di 480 Deputati. Per i Senatori, si proponeva un numero complessivo di 120, ripartiti in proporzione al numero di abitanti in ciascuna Regione.

Successivamente, la Commissione di esperti, denominata Commissione per le riforme costituzionali, istituita dall’allora Presidente del Consiglio Enrico Letta l’11 giugno 2013 per l’approfondimento delle diverse ipotesi di revisione costituzionale e dei connessi profili inerenti al sistema elettorale, affrontava nella Relazione finale trasmessa al Presidente del Consiglio il 17 settembre 2013 e al Parlamento il 15 ottobre 2013 anche il tema della riduzione del numero dei parlamentari.

In particolare, per la Camera dei Deputati, la Commissione concordava con le conclusioni del gruppo di lavoro, suggerendo in alternativa un parametro inferiore, proponendo una Camera di 450 Deputati. In relazione al numero dei senatori, la Commissione proponeva di prendere in considerazione, con gli opportuni adattamenti, i criteri esposti nella c.d. Bozza Violante, suggerendo che il numero complessivo dei Senatori non dovrebbe essere inferiore a 150 né superiore ai 200.

 

Infine, il testo di riforma costituzionale approvato dal Parlamento nel corso della XVII legislatura (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 aprile 2016), sul quale l’esito del referendum svolto ai sensi dell’art. 138 Cost. non è stato favorevole, prevedeva una Camera inalterata nella sua composizione di 630 deputati, un Senato di 95 senatori elettivi di secondo grado. Tali senatori sarebbero stati eletti dai Consigli regionali o provinciali autonomi - in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi - tra i consiglieri regionali ed i sindaci del territorio. Più in dettaglio, 74 senatori sarebbero stati scelti tra i membri dei Consigli regionali o provinciali autonomi; 21 senatori tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori, nella misura di uno per ciascun Consiglio regionale o provinciale autonomo. A quei 95 senatori avrebbero potuto aggiungersi fino a 5 senatori (non più a vita ma in carica per sette anni) nominabili dal Presidente della Repubblica per aver illustrato la Patria, nonché si sarebbero aggiunti gli ex Presidenti della Repubblica.

Il Senato dunque sarebbe divenuto (per la più gran parte dei suoi componenti) elettivo di secondo grado e a rinnovo parziale 'continuo' (giacché la durata del mandato dei senatori sarebbe coincisa con quella dell'organo dell’istitu­zione territoriale elettrice, ossia con la durata dei Consigli regionali o provinciali autonomi). Non erano presenti rappresentanti della circoscrizione Estero al Senato.

 


 

Dati e comparazioni: le Camere 'basse'

 

Il numero dei parlamentari è disciplinato secondo varie modalità nei diversi ordinamenti europei, per quanto concerne la fonte giuridica (disposizione costituzionale o di legge organica o di legge ordinaria) e la determinazione numerica. In relazione a questo secondo parametro, il numero può essere prestabilito in rapporto alla popolazione; può essere altresì stabilito un numero fisso o contemplata la possibilità di seggi ‘in soprannumero’, talché la composizione numerica dell’organo può risultare variabile.

 

Sono di seguito forniti alcuni dati numerici, riportati in una tabella comparativa, circa la composizione dei Parlamenti degli Stati membri dell'Unione europea (includendo il Regno Unito).

Quella qui resa è da intendersi come una 'fotografia' (a ottobre 2018), tenuto conto che la composizione numerica parlamentare può risultare, per le Assemblee di alcuni Paesi, non fissa bensì, in misura più o meno estesa, mutevole.

Non ci si sofferma sulla varietà di previsione giuridica circa il numero dei parlamentari. Talora è la Costituzione direttamente a determinare quel numero, talaltra sono norme di legge. A volte le norme di legge agiscono entro un limite numerico posto dalla Costituzione: limite massimo (come in Francia, dove la Costituzione pone, al contempo, una riserva di legge organica per l'esatta identificazione del numero) o limite minimo e massimo (come in Spagna per il Congresso dei deputati). Le diverse opzioni incidono sul tipo di procedura necessario per una variazione del numero dei parlamentari, determinando se sia necessaria una modificazione costituzionale o di disposizione legislativa.

 

Più agevole a rendersi è la comparazione tra le Camere 'basse', per la omogeneità di composizione dal momento che esse sono tutte elettive dirette.

 

Senza per ora soffermarsi sulla monocameralità o meno dell'istituzione parlamentare, la comparazione può rappresentarsi nel modo che segue:


 

TABELLA 1 - Stati membri dell'Unione europea:

numero di DEPUTATI in relazione alla popolazione

(in ordine alfabetico)

 

Stato

Numero

di deputati

Popolazione

Numero di

abitanti per deputato

Numero di deputati

per 100.000 ab.

Austria

183

8.822.267

48.209

2,1

Belgio

150

11.413.058

76.087

1,3

Bulgaria

240

7.050.034

29.375

3,4

Cipro*

56

864.236

15.433

6,5

80

864.236

10.803

9,3

Croazia

151

4.105.493

27.189

3,7

Danimarca

179

5.781.190

32.297

3,1

Estonia

101

1.319.133

13.061

7,7

Finlandia

200

5.513.130

27.566

3,6

Francia

577

67.221.943

116.503

0,9

Germania

709

82.850.000

116.855

0,9

Grecia

300

10.738.868

35.796

2,8

Irlanda

158

4.838.259

30.622

3,3

Italia

630

60.483.973

96.006

1,0

Italia (proposta)

400

60.483.973

151.210

0,7

Lettonia

100

1.934.379

19.344

5,2

Lituania

141

2.808.901

19.921

5,0

Lussemburgo

60

602.005

10.033

10,0

Malta

68

475.701

6.996

14,3

Paesi Bassi

150

17.118.084

114.121

0,9

Polonia

460

37.976.687

82.558

1,2

Portogallo

230

10.291.027

44.744

2,2

Regno Unito

650

66.238.007

101.905

1,0

Repubblica Ceca

200

10.610.055

53.050

1,9

Romania

329

19.523.621

59.342

1,7

Slovacchia

150

5.443.120

36.287

2,8

Slovenia

90

2.066.880

22.965

4,4

Spagna

350

46.659.302

133.312

0,8

Svezia

349

10.120.242

28.998

3,4

Ungheria

199

9.778.371

49.138

2,0

 

 

In questa come nelle tabelle che seguono, le informazioni sul numero dei parlamentari sono tratte dai siti istituzionali dei Parlamenti degli Stati membri dell'Unione europea nonché dal sito dell'Unione interparlamentare. I dati sulla popolazione dei vari Stati europei sono tratti dal sito di Eurostat (che li riporta talora come provvisori: fonte qui consultata il 20 settembre 2018, su dati aggiornati al 1° gennaio 2018).

 

*  Una precisazione riguarda la Repubblica di Cipro. La sua Costituzione prevede 80 parlamentari (a seguito della revisione del 1985), dei quali 56 eletti dalla comunità greco-cipriota e 24 dalla comunità turco-cipriota. Tale previsione è inattuata per la componente turco-cipriota, poiché essa non partecipa alle elezioni e lascia vacante la quota (pari al 30 per cento) dei seggi che le spettano. Il dato riportato nella tabella precedente corrisponde dunque al dettato costituzionalmente previsto, non già a quello effettuale (che è di 56 membri).

 

Si è innanzi accennato ad una possibile variabilità di composizione numerica. È il caso soprattutto della Germania, ove per il Bundestag la legge elettorale determina un numero minimo di componenti (598), cui possono aggiungersi seggi 'soprannumerari' (?berhangmandate), conseguenti all'esito elettorale (connesso ad un sistema in cui vige un 'doppio voto', uninominale di collegio e di lista).

Siffatti seggi risultano pertanto numericamente variabili, di legislatura in legislatura (basti dire che dopo le elezioni del 2002 i seggi 'in soprannumero' furono 5, nel 2005 furono 16, nel 2009 furono 24, nel 2013 risultarono 4).

Intorno alla disciplina dei seggi soprannumerari si è innescata una travagliata revisione della legge elettorale tedesca (e sono intervenute pronunzie del giudice costituzionale), che ha condotto alla ventiduesima legge di modifica della legge elettorale (del 3 maggio 2013), recante previsione di ulteriori seggi, come 'compensativi' (Ausgleichmandate) rispetto ai 'soprannumerari' (nella successiva prima tornata elettorale di applicazione, il 2013, i seggi 'compensativi' risultarono 29).

Con le elezioni del 2017 si è registrato un incremento dei seggi attribuiti, a causa di una mutata dislocazione dell'assetto partitico ed un accresciuto 'multipolarismo' (nonché dell'uso 'disgiunto' del secondo voto di lista rispetto al primo uninominale, cd. Stimmensplitting, fatto da circa il 27,4 per cento degli elettori). 

Il Bundestag risulta così composto di 709 membri (contro i 631 della precedente), un numero sensibilmente superiore a quello (minimo) previsto, pari a 598 membri.

111 sono stati complessivamente i seggi aggiuntivi, assegnati a seguito delle elezioni politiche tedesche del 2017. I seggi 'soprannumerari' (?berhangmandate) sono risultati 46, i seggi 'compensativi' (Ausgleichmandate) 65.

Nel loro insieme tali seggi aggiuntivi sono risultati distribuiti tra le diverse forze politiche nel modo che segue: 36 a CDU; 22 a SPD; 11 ad AfD; 15 a FDP; 10 a "Die Linke"; 10 ai Verdi; 7 a CSU.

 

In tema di variabilità di composizione numerica dell'organo parlamentare, può ricordarsi come in Romania sia stata in vigore per un lasso di tempo - con applicazione in due tornate elettorali, il 2008 e il 2012 - una legge elettorale recante un meccanismo tale da poter generare seggi soprannumerari.

Nelle elezioni del 2008 si determinò un solo seggio soprannumerario (alla Camera dei rappresentanti). Non così nelle elezioni del 2012, allorché essi furono numerosi: 79 alla Camera dei rappresentanti, 39 al Senato.

Anche per ovviare a tale esito, nel 2015 è stata varata una riforma elettorale, che ha segnato il ritorno ad un sistema proporzionale di lista (vigente fino al 2004).

 

Può valere ricordare come un dibattito sulla riduzione del numero dei deputati (nonché dei senatori) sia attualmente in corso in Francia. Il Presidente della Repubblica Macron si è impegnato - durante la campagna elettorale al termine della quale è risultato eletto, nonché una volta insediatosi nella carica innanzi al Parlamento neo-eletto riunito in seduta comune in Congresso nella seduta del 3 luglio 2017 - ad una serie di modifiche. Sono:

§   la diminuzione del numero dei parlamentari;

§   il divieto di cumulo di mandati elettivi per un numero superiore a tre mandati consecutivi (per i parlamentari come per i titolari di funzioni esecutive locali, ad eccezione dei piccoli Comuni);

§   l'introduzione di una componente proporzionale nel sistema di elezione dell'Assemblea nazionale (la Camera elettiva diretta, nel sistema francese).

 

Sono modifiche che non richiedono una revisione costituzionale, giacché la medesima Carta costituzionale (articolo 25) demanda alla fonte della legge organica la durata dei poteri di ciascuna Assemblea parlamentare, la determinazione del numero dei loro componenti, l'indennità, le condizioni di eleggibilità, il regime dell'ineleggibilità e incompatibilità. Quanto alle regole elettorale, esse sono collocate in un codice elettorale che ha rango di legge ordinaria.

A tal fine il Governo francese ha presentato il 23 maggio 2018 presso l'Assemblea nazionale un disegno di legge organica (n. 977, XV legislatura della Quinta Repubblica) recante, tra le sue previsioni, la riduzione del 30 per cento sia dei deputati sia dei senatori (talché invariato rimane il rapporto numerico tra loro).

 

Quella proposta prevede pertanto la riduzione dei deputati (da 577) a 404 e la riduzione dei senatori (da 348) a 244.

La proposta è attualmente in discussione in prima lettura presso l'Assemblea nazionale.

Del pari d'iniziativa del Governo francese è un disegno di legge ordinaria, presentato il 23 maggio 2018 ancora presso l'Assemblea nazionale (n. 976), volto a introdurre nel sistema elettorale (uninominale maggioritario a doppio turno, com'è noto) l'elezione con metodo proporzionale del 15 per cento dei componenti previsti (dunque 61 deputati), con soglia di sbarramento al 5 per cento dei seggi espressi e doppia scheda per l'elettore: la prima per votare il deputato della sua circoscrizione, la seconda per votare una lista nazionale.

A questi due disegni di legge si affianca un terzo disegno di legge, questo costituzionale (presentato il 9 maggio 2018 ancora presso l'Assemblea nazionale: n. 911), volto a modificare alcuni articoli della Carta costituzionale, relativi per lo più al procedimento legislativo (ma non mancano disposizioni su altri profili, come il giudice competente a giudicare dei ministri o la soglia numerica perché possa essere adito da una minoranza parlamentare il Consiglio costituzionale).

 


 

Un raffronto numerico tra le Camere 'alte'

 

Ove si persegua una comparazione numerica tra le Camere ‘alte’, il campo di indagine si restringe, dal momento che in diversi ordinamenti vi è monocameralismo, soprattutto nei Paesi dell'Unione europea di minore dimensione demografica. La maggioranza dei paesi dell’Unione Europea infatti (15 su 28) non hanno una seconda Camera.

Tra i 12 paesi dell’Unione europea, oltre l’Italia, che hanno una seconda Camera (Austria, Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Slovenia e Spagna), solo in 4 i membri sono eletti direttamente dai cittadini (Polonia, Repubblica Ceca, Romania e Spagna). In Spagna, peraltro, una parte dei membri (58 su 266) sono designati dalle Comunità Autonome. Inoltre, le funzioni assegnate alle Camere alte sono diversamente modulate rispetto alle Camere basse, a seconda dei rispettivi ordinamenti. In Romania, in cui le due camere avevano, come in Italia, gli stessi poteri e le medesime funzioni, una riforma del 2003 ha introdotto un meccanismo che prevede una ‘camera prevalente’ rispetto alla funzione legislativa.

Non appare pertanto possibile procedere ad un raffronto analogo a quello svolto per le Camere ‘basse’ in quanto in gran parte dei casi i componenti delle Camere ‘alte’ non sono eletti direttamente dai cittadini e rappresentano istanze di altro tipo (ad esempio, espressione di istanze territoriali, oppure sono nominati su proposta del Governo o con elezioni di secondo grado, ecc.).

A titolo esemplificativo si ripercorrono le modalità di elezione delle Camere ‘alte’ dei principali Paesi dell’Unione europea.

 

In Germania (popolazione pari a 82.850.000 abitanti) un numero limitato di componenti del Bundesrat - attualmente di 69 membri - è funzionale alla natura di quell'organo, che l'articolo 51 della Legge fondamentale tedesca prevede sia composto da membri dei governi dei Länder, che li nominano e li revocano (la nomina governativa implica che i requisiti per l'appartenenza al Bundesrat siano fissati dalle norme del singolo Land).

Il medesimo articolo 51 stabilisce (al terzo comma) che i membri provenienti da uno stesso Land debbano votare in modo unitario. Tale vincolo, può dirsi, tende a spostare il centro delle decisioni dal Bundesrat ai governi dei Länder - profilo, questo, che si riverbera sulla composizione numerica, piuttosto snella, dell'organo.

Ancora l'articolo 51 della Legge fondamentale attribuisce a ciascun Land un numero di voti in parte a seconda della popolazione (ogni Land ha a disposizione almeno 3 voti; i Länder con più di due milioni di abitanti hanno 4 voti; i Länder con più di sei milioni di abitanti hanno 5 voti; i Länder con più di sette milioni di abitanti hanno 6 voti).

Ciascun Land può inviare al Bundesrat tanti rappresentanti quanti sono i voti ad esso attribuiti anche in base alla popolazione. La composizione numerica del Bundesrat può pertanto variare (in base agli aggiornamenti dei dati statistici sulla popolazione residente dei Länder).

 

All'estremo opposto in termini di numerosità dei componenti è la House of Lords - attualmente composta da 792 membri - la quale risponde a logiche di rappresentatività di tutt'altra natura. Nel Regno Unito (popolazione pari a 66.238.007abitanti) non vige infatti un limite numerico per la nomina dei Lords, la quale è a vita, da parte della Corona, su indicazione del Primo ministro. Vi sono poi Lords di diritto, esponenti della Chiesa anglicana. E siedono ancora Lords per diritto ereditario, i quali sono 'ad esaurimento' (da quando è stata abolita la trasmissione ereditaria del seggio, con l'House of Lords Act del 1999).

 

In Francia (popolazione pari a 67.221.943 abitanti), il Senato è elettivo di secondo grado. Esso conta 348 senatori, eletti da un collegio di più di 160.000 'grandi elettori' (costituito per lo più dai delegati dei Consigli municipali) e si rinnova per metà ogni tre anni. Esso assicura, prevede l'articolo 24 della Costituzione, la rappresentanza delle collettività territoriali della Repubblica.

Le elezioni senatoriali francesi hanno luogo a suffragio universale indiretto: i senatori assegnati a ciascun dipartimento sono eletti da un collegio elettorale composto dai parlamentari di quel dipartimento (deputati e senatori), dai consiglieri regionali eletti nello stesso ambito dipartimentale, dai consiglieri del dipartimento stesso e, infine - ma si tratta della componente di gran lunga prevalente in termini numerici e, quindi, anche di peso politico - dai consiglieri municipali e loro delegati. Nel complesso, gli attuali 348 senatori (dopo i due rinnovi parziali del 28 settembre 2014 e del 24 settembre 2017, vigente la nuova disciplina posta dalla legge n. 2013-702 del 2 agosto 2013) sono stati eletti da: 567 deputati; 333 senatori; 2.027 consiglieri regionali; 4.297 consiglieri generali; 156.227 delegati dei consigli municipali. Questi ultimi rappresentano, quindi, più del 95% dell'intero collegio elettorale.

Si è ricordato sopra come in Francia sia in corso di esame parlamentare una iniziativa legislativa volta a ridurre il numero dei deputati ed il numero dei senatori, questi ultimi a 244 (da 348).

 

In Spagna (popolazione pari a 46.659.302 abitanti), il Senato è una Camera prevalentemente elettiva diretta, non interamente tuttavia. I Senatori spagnoli sono, in maggior parte, eletti a suffragio universale diretto (al pari dei 350 deputati del Congresso), e per una minore parte sono membri designati dai Parlamenti delle diciassette Comunità autonome. Si ha dunque una composizione 'mista', elettiva diretta ed elettiva indiretta o di secondo grado.

I senatori designati dai Parlamenti delle Comunità autonome spagnole lo sono in ragione di uno per ciascuna Comunità e di uno ulteriore per ogni milione di abitanti del rispettivo territorio. Pertanto il numero di senatori designati può risultare variabile (a seguito di variazioni nella popolazione della Comunità).

Ogni Comunità disciplina autonomamente il procedimento per l'elezione dei senatori in quota 'designazione'. Unico requisito richiesto dalla Costituzione è quello di assicurare adeguata rappresentanza proporzionale, circostanza che presuppone la riserva di un numero di seggi proporzionale alla forza numerica dei Gruppi parlamentari rappresentati all'interno delle Assemblee parlamentari delle Comunità. Alcune Comunità richiedono o ammettono che l'elezione avvenga tra gli stessi membri del proprio Parlamento, con la conseguenza che l'eletto assume un doppio mandato; altre escludono, invece, tale eventualità.

Dei 266 senatori dell’attuale legislatura (la XII), 208 sono stati eletti direttamente dal popolo a suffragio universale diretto, 58 sono stati designati dai Parlamenti delle 17 Comunità Autonome (9 senatori dall'Andalusia; 8 dalla Catalogna; 7 dalla Comunità di Madrid; 6 dalla Comunità valenzana; 3 da ciascuno di Paesi Baschi, Galizia, Castiglia-La Mancia, Castiglia e Leon, Canarie; 2 da ciascuno di Aragona, Asturie, Baleari, Estremadura, Murcia; 1 da ciascuno di Cantabria, Navarra, La Rioja).

 

In Polonia (popolazione pari a 37.976.687 abitanti), il Senato è composto da 100 membri, eletti a suffragio universale diretto. È una Repubblica parlamentare caratterizzata da un bicameralismo differenziato e dal rilevante ruolo del Presidente della Repubblica.

Il Primo Ministro è scelto dal Presidente della Repubblica ma deve godere la fiducia della Camera bassa (Sejm). Questa, eletta al pari del Senato ogni quattro anni, è dotata di poteri prevalenti per quanto attiene sia al procedimento legislativo che alla funzione di indirizzo politico. Il Senato, abolito durante il regime comunista, è stato ripristinato nel 1989 e, ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione, entrata in vigore nel 1997, comprende oggi 100 senatori eletti a suffragio universale diretto in altrettante circoscrizioni ad unico seggio.

 

In Romania (popolazione pari a 19.523.621 abitanti), il Parlamento è composto dalla Camera dei deputati e dal Senato, eletti ogni 4 anni con il medesimo sistema. Il numero dei componenti di ciascuna Camera è stabilito dalla legge elettorale, ma in base alla Costituzione deve essere rapportato alla popolazione del Paese. Attualmente il Senato è composto da 136 membri.

Il sistema bicamerale perfetto vigente in Romania secondo la Costituzione democratica adottata dopo il 1991 è stato oggetto di un intervento di razionalizzazione ad opera della riforma costituzionale del 2003, che peraltro ha interessato solo la funzione legislativa, lasciando per il resto intatta la parità di poteri dei due rami del Parlamento per quanto attiene alle funzioni di indirizzo e controllo politico.

 



[1]     Alla Camera i collegi uninominali erano otto, come definiti dal d.lgs. 536/1993 adottato in attuazione della legge n. 277 del 1993.

[2]     Configurazione a sé ebbe la composizione del Senato nella prima legislatura repubblicana, giacché la III disposizione transitoria della Costituzione previde, per essa soltanto, altresì un insieme di senatori di diritto.