Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea
Titolo: Incontro della XIV Commissione Politiche dell'Unione europea con una delegazione della Commissione per gli Affari europei dell'Assemblea nazionale francese - Roma, 13 novembre 2019
Serie: Documentazione per le Commissioni - Audizioni e incontri in ambito UE   Numero: 17
Data: 12/11/2019
Organi della Camera: XIV Unione Europea


Camera dei deputati

XVIII LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

 

Documentazione per le Commissioni

audizioni e incontri in ambito ue

 

 

 

 

 

Incontro della XIV Commissione Politiche dell’Unione europea con una delegazione della Commissione per gli Affari europei dell’Assemblea nazionale francese

 

 

Roma, 13 novembre 2019

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 17

 

12 novembre 2019

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il dossier è stato curato dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea
(' 066760.2145 - * cdrue@camera.it)

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I N D I C E

 

Schede di lettura.. 1

Francia e Italia: dati comparati 3

Presenza dell’Italia e della Francia nelle  Istituzioni dell’UE. 5

Migrazione. 7

Riforma del Sistema europeo comune di asilo. 7

Gestione degli sbarchi 8

Il dibattito sul futuro dell’Europa. 11

Orientamenti politici della prossima Commissione europea. 11

Il Libro bianco sul futuro dell’Europa della Commissione europea. 12

Le proposte di riforma avanzate dal Parlamento europeo nella scorsa legislatura. 15

Contributo del Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron per un Rinascimento europeo. 16

Quadro finanziario pluriennale 2021-2027. 19

Le dimensioni del bilancio. 19

Il contributo di Italia e Francia al bilancio UE. 20

Il riparto tra le diverse politiche. 20

-       La nuova politica agricola comune  21

-       La nuova politica di coesione  21

Risorse proprie. 22

L’Allargamento dell’UE. 25

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Schede di lettura



Francia e Italia: dati comparati

Secondo gli ultimi dati Eurostat, la popolazione italiana è di circa 60,4 milioni mentre quella francese è di circa 67 milioni.

Secondo gli ultimi dati della Commissione europea (previsioni economiche di autunno 2019), pubblicati il 7 novembre 2019, il PIL dell’Italia è cresciuto dello 0,8% nel 2018 (circa 1765 miliardi di euro in valore assoluto) e dovrebbe crescere dello 0,1% nel 2019, dello 0,4% nel 2020 e dello 0,7% nel 2021. Per quanto riguarda la Francia, il PIL nel 2018 è cresciuto dell’1,7% (circa 235 miliardi di euro in valore assoluto) e, secondo le previsioni della Commissione europea, dovrebbe crescere dell’1,3% nel 2019 e nel 2020 e dell’1.2% nel 2021.

Per quanto riguarda i prezzi al consumo (inflazione), in Italia, dopo essere aumentati dell'1,2% nel 2018, dovrebbero aumentare dello 0,6% nel 2019, dello 0,8% nel 2020 e dell'1,1% nel 2021.  In Francia, invece, dopo essere aumentati del 2,1% nel 2018, dovrebbero aumentare dell’1,3% nel 2019, nel 2020 e nel 2021.

Circa il tasso di disoccupazione, in Italia si è attestato al 10,6% nel 2018 e la Commissione europea prevede una diminuzione al 10% nel 2019 nel 2020 e nel 2021. In Francia invece il tasso di disoccupazione si è attestato al 9,1% nel 2018 e la Commissione europea prevede una diminuzione costante nei prossimi anni: 8,5% nel 2019, 8,2% nel 2020 e 8% nel 2021.

Per quanto riguarda il rapporto debito/PIL, la Commissione europea prevede che in Italia aumenti dal 134,8% nel 2018 al 136,2% nel 2019, al 136,8% nel 2020 e al 137,4% nel 2021. Per la Francia, invece, la Commissione europea prevede un aumento dal 98,4% del 2018 al 98,9% nel 2019 e nel 2020 e al 99,2% nel 2021.

Infine, per quanto riguarda il disavanzo pubblico, la Commissione europea prevede che per l'Italia resti al 2,2% del PIL nel 2019 (come nel 2018), per poi raggiungere il 2,3% del PIL nel 2020 e il 2,7% nel 2021. Per la Francia, invece, che dal 2,5% del PIL nel 2018 aumenti al 3,1% nel 2019, per poi scendere al 2,2% nel 2020 e nel 2021.

 

PIL

Inflazione

Tasso di disoccupazione

Anno

2018

2019

2020

2021

2018

2019

2020

2021

2018

2019

2020

2021

Italia

0.8

0.1

0.4

0.7

1.2

0.6

0.8

1.1

10.6

10

10

10

Francia

1.7

1.3

1.3

1.2

2.1

1.3

1.3

1.3

9.1

8.5

8.2

8

 

 

Debito pubblico

Disavanzo pubblico

Anno

2018

2019

2020

2021

2018

2019

2020

2021

Italia

134.8

136.2

136.8

137.4

-2.2

-2.2

-2.3

-2.7

Francia

98.4

98.9

98.9

99.2

-2.5

-3.1

-2.2

-2.2

 

 

 

 

 

 

Secondo gli ultimi dati del Ministero dello sviluppo economico, nel 2018 gli scambi commerciali tra l’Italia e la Francia sarebbero aumentati del 4,4%, attestandosi a circa 85 miliardi di euro.  Le esportazioni francesi in Italia sarebbero state di circa 36 miliardi di euro, mentre le esportazioni italiane in Francia di 48,4 miliardi di euro per un saldo commerciale a favore dell’Italia di circa 11,8 miliardi di euro.

Per quanto riguarda, gli investimenti esteri diretti (IDE), al 2018 gli IDE italiani in Francia corrispondono a circa 34 miliardi di euro, mentre quelli francesi in Italia a circa 99 miliardi di euro.


 

Presenza dell’Italia e della Francia nelle
Istituzioni dell’UE

 

 

L’Italia e la Francia hanno rispettivamente 73 e 74 seggi al Parlamento europeo.

Per quanto riguarda la composizione della Commissione europea, si segnala che la Commissione mercato interno e protezione dei consumatori del Parlamento europeo ha respinto il 10 ottobre 2019 la candidatura di Silvie Goulard alla carica di Commissario europeo per il Mercato interno.

 Il Governo francese ha successivamente designato a tale carica Thierry Breton, sempre per il portafoglio del Mercato interno, che sarà audito dalla Commissione per il mercato interno e protezione dei consumatori del Parlamento europeo il prossimo 14 novembre.

Oltre alla candidata francese, il Parlamento europeo ha respinto, per conflitto di interesse, anche i candidati designati da Romania ed Ungheria, per i portafogli, rispettivamente dei trasporti e dell’allargamento e la politica di vicinato.

Si ricorda che, a causa del respingimento dei candidati alla carica di Commissario europeo di Francia, Romania ed Ungheria, l’entrata in carica della prossima Commissione europea è slittato dal 1° novembre 2019, come inizialmente previsto, almeno al 1° dicembre 2019.

Il Commissario europeo designato dall’Italia è Paolo Gentiloni, competente per il portafoglio dell’Economia.

 



 

 

Migrazione

Riforma del Sistema europeo comune di asilo

È tuttora all’esame presso le Istituzioni legislative europee il pacchetto di riforma del Sistema europeo comune di asilo[1], presentato dalla Commissione europea nel 2016, recante, tra l’altro, la proposta di revisione del regolamento che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di Paese terzo o da un apolide (cosiddetto regolamento di Dublino - COM(2016)270). 

A oltre tre anni dall'avvio dell’iter legislativo, le singole proposte normative nell’ambito del pacchetto registrano differenti stati di avanzamento; in particolare, permangono difficoltà in sede di Consiglio con riferimento al citato regolamento di Dublino, atteso che gli Stati membri non sono riusciti ad individuare un soddisfacente punto di equilibrio tra i principi di responsabilità e di solidarietà[2]. Il rallentamento per quanto riguarda tale specifica riforma, allo stato, non ha consentito la chiusura dell’iter relativo alle altre discipline incluse nel pacchetto di riforma.

Per superare lo stallo, sia la Commissione europea sia le ultime due Presidenze del Consiglio dell’UE (rumena e finlandese) hanno prefigurato l’adozione separata di quella parte del pacchetto ritenuta più avanti nell'esame legislativo, alcune delle quali contengono disposizioni che rafforzerebbero il rispetto del principio di responsabilità; tale approccio non è considerato in linea con l’interesse nazionale da parte di quegli Stati membri (tra i quali l'Italia) i quali  sottolineano l'inscindibilità del legame tra tutte le proposte legislative, ai fini del bilanciamento tra i principi di responsabilità e solidarietà.

Nel merito della riforma del regolamento di Dublino, il Governo italiano ha altresì manifestato l'intenzione di sostenere la necessità di forme di redistribuzione obbligatorie dei richiedenti asilo, rifiutando strumenti di solidarietà su base volontaria o che si estrinsechino solo in forme di sostegno finanziario, messa a disposizione di esperti e mezzi, senza contemplare il citato obbligo di accettare la redistribuzione dei richiedenti asilo.

Inoltre si segnala che nel discorso di apertura della seduta plenaria del Parlamento europeo del 16 luglio 2019 la Presidente eletta della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha, tra l'altro, proposto un nuovo patto su migrazione e asilo, che comprenda la riapertura delle discussioni sulla riforma del sistema di Dublino.

Gestione degli sbarchi

Il dibattito sulle politiche della migrazione dell'UE si è inoltre focalizzato sulla possibilità di definire disposizioni temporanee per un approccio coordinato per gli sbarchi.

A tal proposito, il Governo italiano ha più volte manifestato a livello di UE la necessità di un meccanismo ad hoc per i migranti giunti via mare, individuando "zone franche" rispetto all' applicazione delle regole di Dublino, e una sorta di predistribuzione dei migranti fra gli Stati membri.

Il tema è stato approfondito in una serie di documenti nei quali sono state formulate alcune ipotesi di disposizioni temporanee per l'approccio coordinato per gli sbarchi, tra i quali si ricordano:

 Da ultimo, in esito alla riunione di Malta del 23 settembre 2019, i Ministri dell’Interno di Francia, Germania, Italia e Malta (alla presenza della Presidenza finlandese del Consiglio dell'Unione europea e del Commissario europeo per le migrazioni, gli affari interni e la cittadinanza) hanno adottato una Dichiarazione congiunta di intenti su una procedura di emergenza controllata che, tra l’altro, prevede l’impegno in un comune tentativo a:

La dichiarazione congiunta è stata oggetto di discussione in sede di Consiglio Giustizia e affari interni dell’UE del 7-8 ottobre 2019. In tale occasione, ai firmatari dell’intesa (sostenuta dal Commissario alla migrazione e agli affari interni, Dimitris Avramopoulos) si sono espressamente associati l’Irlanda, il Lussemburgo e il Portogallo, mentre un gruppo di Stati membri (tra i quali, i Paesi Visegrad, l’Austria, la Norvegia, l’Estonia e la Danimarca) si sono dichiarati contrari in ragione del fattore di attrazione che il meccanismo citato potrebbe determinare. 

Il Consiglio del 7-8 ottobre 2019 si è inoltre focalizzato su un documento non paper presentato da Grecia, Cipro e Bulgaria volto a sensibilizzare gli Stati membri sui numeri e sulle dinamiche della rotta orientale e balcanica e sulla necessità di trovare adeguate anche sul piano dell’assistenza finanziaria.

Si ricorda, inoltre, che la Commissione europea, nell’ultima relazione sullo stato di attuazione dell’Agenda europea sulla migrazione ha reso noto di aver organizzato una discussione tecnica con gli Stati membri partecipanti alla redistribuzione dei richiedenti asilo per approfondire le prassi e i flussi di lavoro applicati agli esercizi di ricollocazione volontaria coordinati dalla Commissione e sostenuti dalle agenzie dell’UE.

 

Da ultimo si segnala che, il 24 ottobre 2019, il Parlamento europeo, riunito in seduta Plenaria, ha respinto una proposta di risoluzione sulle attività di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo, recante, tra l’altro, l’invito agli Stati membri a  mantenere i loro porti aperti alle navi delle ONG.


 


 

Il dibattito sul futuro dell’Europa

Orientamenti politici della prossima Commissione europea

La Presidente eletta della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nell’illustrare orientamenti politici della prossima Commissione europea al Parlamento europeo lo scorso luglio 2019 h, in particolare indicato la necessità di restituire slancio per la democrazia europea, indicando in particolare le seguenti priorità:

·        promuovere un ruolo attivo e determinante dei cittadini europei nella costruzione del futuro dell’Unione, anche attraverso la possibilità di essere ascoltati nell’ambito di una conferenza sul futuro dell’Europa, da avviare nel 2020 per una durata di due anni (la conferenza, nel caso fosse indetta nel corso del 2020 si svolgerebbe dunque nel corso della Presidenza di turno del Consiglio dell’UE di Croazia, primo semestre 2020; Germania, secondo semestre 2020; Portogallo, primo semestre 2021; Slovenia secondo semestre 2021; e si concluderebbe con la Francia, primo semestre 2022). Secondo quanto indicato dalla von der Leyen, la conferenza, che dovrebbe essere preparata definendone lo scopo e gli obiettivi, sulla base di un accordo tra Parlamento europeo, Consiglio e Commissione europea, potrebbe anche essere eventualmente presieduta da un membro del Parlamento europeo, e condurre ad una revisione dei Trattati;

La proposta di una conferenza sul futuro dell’Europa era stata presentata anche dal Presidente della Repubblica Macron nel suo contributo Per un Rinascimento europeo” del 4 marzo 2019 (v. oltre). Macron ha proposto in particolare di istituire, entro la fine del 2019, con i rappresentanti delle istituzioni europee e degli Stati, una Conferenza per l’Europa al fine di proporre i cambiamenti necessari, anche prevedendo la revisione dei Trattati.

·        prevedere di un diritto d’iniziativa per il Parlamento europeo, indicando che quando questo deliberando a maggioranza dei suoi membri, adotterà risoluzioni che chiedono alla Commissione di presentare proposte legislative, la Commissione si impegnerà a rispondere con un atto legislativo nel pieno rispetto dei principi di proporzionalità e sussidiarietà;

In merito al diritto di iniziativa legislativa si ricorda che l’articolo 17, comma 2, del Trattato sull’Unione europea prevede che un atto legislativo dell’Unione possa essere adottato solo su proposta della Commissione, salvo che i Trattati non dispongano diversamente. L’articolo 225 del Trattato sul funzionamento dell’UE, prevede che il Parlamento europeo, a maggioranza dei membri che lo compongono, possa chiedere alla Commissione di presentare adeguate proposte sulle questioni per le quali reputa necessaria l'elaborazione di un atto dell'Unione ai fini dell'attuazione dei trattati. Se la Commissione non presenta una proposta, essa ne comunica le motivazioni al Parlamento europeo.

·        promuovere in cooperazione con il Parlamento un miglioramento del sistema dei capilista (Spitzenkandidaten), che deve essere reso più visibile agli elettori, affrontando la questione delle liste transnazionali per le elezioni europee quale strumento complementare della democrazia europea.

La prassi dei Spitzenkandidaten - non prevista dal Trattato sull'Unione europea - è stata seguita la prima ed unica volta in occasione dell'elezione del Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, nel 2014, designato dal Partito popolare europeo che aveva conseguito il maggior numero di seggi al Parlamento europeo. In occasione del processo di designazione del nuovo Presidente della Commissione europea, il Consiglio europeo informale del 28 maggio 2019 ha indicato di non riconoscere automatismo tra l'indicazione dei candidati principali e la nomina del Presidente della Commissione, ricordando che, secondo i trattati, il candidato a tale carica dovrà avere sia la maggioranza qualificata in seno al Consiglio che la maggioranza assoluta in Parlamento.

Il Libro bianco sul futuro dell’Europa della Commissione europea

La Commissione europea aveva presentato il 1° marzo 2017 il Libro bianco sul futuro dell’Europa nel quale si presentavano cinque scenari per la possibile evoluzione dell'Unione da qui al 2025, per ognuno dei quali la Commissione presenta a titolo esemplificativo il possibile impatto sulle politiche.

 


Scenario 1: Avanti così - nello scenario, che prevede di proseguire sul percorso già tracciato, l'UE si concentra sull'attuazione del suo programma di riforme, in linea con lo spirito degli orientamenti della Commissione del 2014;

 

Scenario 2: Solo il mercato unico – l'UE si rifocalizza progressivamente sul mercato unico poiché gli Stati membri non riescono a trovare un terreno comune in un numero crescente di settori;


 


Scenario 3: Chi vuole di più fa di più – l'UE continua secondo la linea attuale, ma consente agli Stati membri che lo desiderano di fare di più assieme in ambiti specifici come la difesa, la sicurezza interna o le questioni sociali;

Scenario 4: Fare meno in modo più efficiente - l'UE si concentra sul produrre risultati maggiori in tempi più rapidi in determinate politiche, intervenendo meno nei settori per i quali non si percepisce un valore aggiunto. Attenzione e risorse limitate sono concentrate su un numero ristretto di settori.

Scenario 5: Fare molto di più insieme – Gli Stati membri decidono di condividere in misura maggiore poteri, risorse e processi decisionali in tutti gli ambiti. Le decisioni di livello europeo vengono concordate più velocemente e applicate rapidamente.

Le proposte di riforma avanzate dal Parlamento europeo nella scorsa legislatura

Il Parlamento europeo ha approvato il 13 febbraio 2019 una risoluzione sullo stato del dibattito sul futuro dell’Europa nella quale, in particolare:

·        ricorda l'importanza di un quadro istituzionale unico e del metodo comunitario e sottolinea la necessità di una maggiore integrazione politica dell’Unione;

·        ribadisce che l'integrazione differenziata deve rimanere aperta a tutti gli Stati membri e continuare a fare da apripista per l'approfondimento dell'integrazione europea, e non agevolare soluzioni "à la carte";

·        sottolinea che la crisi ha generato uno squilibrio tra le principali istituzioni dell'Unione e che il Consiglio e, in particolare, il Consiglio europeo sta esercitando la propria iniziativa politica a scapito del diritto d'iniziativa della Commissione;

·        sostiene, per quanto riguarda le procedure decisionali dell’UE, il principio del voto a maggioranza qualificata in Consiglio e, in ambito legislativo, il ricorso alla procedura legislativa ordinaria in tutti i settori in cui ciò sia possibile, anche attraverso il ricorso alla clausola passerella;

·        propone di trasformare il Consiglio dell’UE in un'autentica camera legislativa e di rafforzare la trasparenza dei suoi processi decisionali;

·        ricorda la sua proposta di attribuire il diritto di iniziativa legislativa anche al Parlamento europeo nell'eventualità di una futura revisione dei trattati;

·        auspica un ruolo più attivo per i Parlamenti nazionali, specialmente per quanto riguarda il controllo dell'azione dei rispettivi governi in seno alle istituzioni europee e rammenta il ruolo fondamentale delle autorità locali e dei parlamenti regionali dotati di poteri legislativi;

·        sottolinea l'importanza di proseguire il processo di approfondimento e completamento dell'UEM sulla base di una responsabilità democratica a livello europeo e nazionale, in particolare per quanto riguarda il controllo parlamentare nelle varie fasi del semestre europeo, sia da parte del Parlamento europeo che dei Parlamenti nazionali, sottolineando anche che un accorpamento delle posizioni di vicepresidente della Commissione per gli Affari economici e di presidente dell'Eurogruppo potrebbe migliorare la responsabilità parlamentare a livello europeo;

·        esprime preoccupazione per la proposta della Commissione relativa al QFP per il periodo 2021-2027, poiché non presenta un impegno finanziario adeguato ad affrontare le sfide attuali e future dell'UE;

·        sottolinea l'importanza di garantire una convergenza economica e sociale verso l'alto nel processo del semestre europeo e riconosce l'importanza della creazione del pilastro europeo dei diritti sociali;

·        invita a istituire un Consiglio permanente dei ministri della Difesa presieduto dal Vicepresidente della Commissione europea/Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, e sottolinea l'importanza di un meccanismo di responsabilità democratica, attraverso una cooperazione rafforzata tra il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali;

Si ricorda che attualmente i temi della sicurezza e della difesa sono trattati nell’ambito del Consiglio dell’UE nella formazione Affari esteri e in riunioni informali.

·        ribadisce che l'UE deve tentare ogni possibile via per assicurare la piena attuazione del trattato di Lisbona e che una conseguente revisione dei trattati dovrebbe basarsi sulla convocazione di una Convenzione;

L’articolo 48, paragrafo 3, del TUE prevede, nel caso di procedura di revisione ordinaria dei Trattati, la convocazione di una Convenzione composta da rappresentanti dei Parlamenti nazionali, dei Capi di Stato e di Governo degli Stati membri, del Parlamento europeo e della Commissione ed incaricata di esaminare i progetti di modifica dei Trattati e adottare per consenso una raccomandazione a una conferenza dei rappresentanti dei Governo degli Stati membri, alla quale spetta di stabilire di comune accordo le modifiche da apportare ai Trattati.

Si ricorda che il Parlamento europeo aveva approvato nel 2017 due risoluzioni dedicate, rispettivamente ai miglioramenti al funzionamento dell'UE a Trattati vigenti e alle possibili evoluzioni della struttura istituzionale dell'UE anche modificando i Trattati, che includevano tra le altre, le seguenti proposte:

·        modificare il sistema di revisione dei Trattati, eliminando l'obbligo di ratifica da parte di tutti gli Stati membri e prevedendo che le modifiche possano entrare in vigore previo referendum in tutta l'UE e l'approvazione del Parlamento europeo;

·        attribuire formali poteri di iniziativa legislativa anche al Parlamento europeo e al Consiglio dell'UE, oltre che alla Commissione europea;

·        rafforzare il ruolo dei Parlamenti nazionali introducendo una procedura di cosiddetto "cartellino verde", in base alla quale i Parlamenti nazionali possono sottoporre proposte legislative all'esame del Consiglio dell'UE;

·        istituire un Ministro delle finanze dell'UE, attribuendo alla Commissione la capacità di formulare e attuare una politica economica comune dell'UE in vista dell'istituzione di un Tesoro europeo;

·        attribuire all'Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell'UE il titolo di Ministro degli esteri dell'UE.

Contributo del Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron per un Rinascimento europeo

Il Presidente della Repubblica francese Emmanuelle Macron ha diffuso il 4 marzo 2019 un contributo intitolato “Per un Rinascimento europeo” nel quale ha proposto di rilanciare una visione europea sulla base di una serie di iniziative fondate su tre ambizioni: libertà, protezione e progresso.

Macron ha proposto di istituire, entro la fine del 2019, con i rappresentanti delle istituzioni europee e degli Stati, una Conferenza per l’Europa al fine di proporre i cambiamenti necessari, anche prevedendo la revisione dei Trattati.

In tema di libertà propone di:

·        creare un’Agenzia europea di protezione delle democrazie che fornirà esperti europei ad ogni Stato membro per proteggere il proprio iter elettorale contro i cyberattacchi e le manipolazioni e bandire da Internet, con regole europee, tutti i discorsi di odio e di violenza;

·        vietare il finanziamento dei partiti politici europei da parte delle potenze straniere.

In tema di protezione propone di:

·        rivedere lo spazio Schengen: tutti coloro che vogliono parteciparvi devono rispettare obblighi di responsabilità (controllo delle frontiere) e di solidarietà (politica di asilo e regole di accoglienza e rifiuto comuni);

·        istituire una polizia comune delle frontiere e un Ufficio europeo dell’asilo, e un Consiglio europeo di sicurezza interna;

·        stipulare un Trattato in materia difesa e sicurezza che definisca gli obblighi indispensabili, in collegamento con la NATO; aumentare le spese militari; rendere operativa una clausola di difesa reciproca e istituire un Consiglio di sicurezza europeo per preparare le decisioni collettive, al quale sia associato il Regno Unito;

·        riformare la politica della concorrenza e la politica commerciale, prevedendo di punire o proibire in Europa le aziende che ledono gli interessi strategici ed i valori essenziali europei, come le norme ambientali, la protezione dei dati ed il giusto pagamento delle tasse;

·        prevedere, nelle industrie strategiche e negli appalti pubblici, una preferenza europea come fanno gli USA e la Cina.

In tema di progresso propone di:

·        instaurare per ogni lavoratore, uno scudo sociale che garantisca la stessa retribuzione sullo stesso luogo di lavoro, e un salario minimo europeo, discusso ogni anno collettivamente;

·        raggiungere l’obiettivo di 0 emissioni di carbonio nel 2050 ed istituire una Banca europea per il clima per finanziare la transizione ecologica;

·        dimezzare i pesticidi nel 2025, costituire una forza sanitaria europea per rafforzare i controlli sugli alimenti e prevedere una valutazione scientifica indipendente delle sostanze pericolose per l’ambiente e la salute;

·        creare, nell’ambito delle politiche per il digitale, una supervisione europea delle grandi piattaforme (con sanzioni accelerate per le violazioni della concorrenza, trasparenza dei loro algoritmi);

·        promuovere il finanziamento dell’innovazione con un nuovo Consiglio europeo dell’innovazione dotato di un budget comparabile a quello degli Stati Uniti;

·        stringere un patto per il futuro per l’Africa, assumendo un destino comune e sostenendo il suo sviluppo in modo ambizioso e non difensivo attraverso investimenti, partenariati universitari, istruzione delle ragazze.

 

 

 


 

Quadro finanziario pluriennale 2021-2027

Il Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre 2019 ha proceduto a uno scambio di opinioni sul Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027. Alla luce di tale discussione, ha invitato la Presidenza finlandese a presentare uno schema di negoziato completo di cifre del QFP prima della prossima riunione del Consiglio europeo del dicembre 2019.

La Commissione europea ha invitato gli Stati membri ad accelerare i negoziati al fine di raggiungere un accordo in Consiglio entro la fine dell'anno per far partire i nuovi programmi all'inizio del 2021 e non in ritardo.

Considerato lo stato attuale dei negoziati, che registra la mancanza di accordo tra gli Stati membri su diverse questioni rilevanti, compresa la dotazione finanziaria complessiva del nuovo bilancio dell'UE, appare realisticamente improbabile che si riesca a rispettare la tempistica indicata dalla Commissione europea. Più probabile, al contrario, che si riescano a chiudere i negoziati nel primo o addirittura nel secondo semestre del 2020 (sotto la Presidenza tedesca).

Le dimensioni del bilancio

Il 2 maggio 2018 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure nelle quali si delinea il prossimo quadro finanziario pluriennale dell'UE per il periodo 2021-2027, predisposto per un'UE a 27 Stati membri, in considerazione del recesso del Regno Unito.

Il quadro delineato dal pacchetto sul QFP prevede, per i sette anni del ciclo di programmazione, stanziamenti pari a 1.135 miliardi di euro a prezzi costanti in termini di impegni (1.279 miliardi espressi in prezzi correnti, tenendo conto di un tasso di inflazione fisso annuo del 2%), pari all'1,11% del reddito nazionale lordo dell'UE-27 (RNL), che si traducono in 1.105 miliardi di euro a prezzi costanti in termini di pagamenti (1.246 miliardi a prezzi correnti).

Un livello di spesa dell’1,11% del RNL europeo (compreso il Fondo europeo di sviluppo) sarebbe leggermente inferiore rispetto al livello corrente 2014-2020 nell’UE-27 (1,13% del RNL, escluso il Fondo europeo di sviluppo).

Nei negoziati in Consiglio si registra una netta divisione fra Stati membri che insistono per un bilancio più contenuto (tra cui vi sarebbero Austria, Danimarca, Paesi Bassi, Germania e Svezia, i cosiddetti Paesi "frugali"), che non vada oltre l'1% dell'RNL dei 27 Stati membri e che finanzi le nuove priorità (migrazioni, difesa, sicurezza) e i settori che possono supportare maggiormente la competitività dell'UE (ricerca e innovazione, infrastrutture, spazio, digitale) tramite maggiori tagli alle politiche tradizionali (PAC e coesione) e, dall'altro lato, Stati membri (tra cui vi sarebbero, tra gli altri, Grecia, Francia, Italia, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Spagna e Ungheria) che, invece, chiedono un bilancio più ambizioso e risorse sufficienti per finanziare adeguatamente non solo le nuove priorità e i settori fondamentali per la competitività, ma anche le politiche tradizionali.

Il Parlamento europeo (Risoluzione sul quadro finanziario pluriennale 2021-2027 e le risorse proprie) ritiene che il livello del QFP 2021-2027 dovrebbe essere fissato a 1.324,1 miliardi di euro a prezzi 2018, che rappresenterebbe l'1,3% dell'RNL dell'UE-27.

La Presidenza finlandese ha proposto, in un’ottica di compromesso, di ricondurre la dotazione complessiva del QFP 2021-2027 in una forbice compresa tra l'1,03% e l'1,08% del PIL europeo, corrispondenti a 1.050-1.100 miliardi di euro a prezzi costanti in termini di impegni.

Il Governo italiano ritiene la proposta della Presidenza non accettabile sotto il profilo del livello complessivo delle risorse. Il bilancio complessivo proposto dalla Commissione europea rappresenterebbe il minimo accettabile per consentire il finanziamento sufficiente delle nuove priorità senza compromettere l'efficacia delle politiche tradizionali e vi sarebbe modo di reperire le risorse necessarie per un bilancio maggiormente ambizioso senza pesare sui bilanci nazionali ovvero introducendo nuove risorse proprie.

Anche la Francia sarebbe a favore di un bilancio ambizioso, ponendo l'accento sulla necessità di investimenti in campo ambientale e digitale; in particolare, al Consiglio europeo di ottobre si sarebbe espressa criticamente verso l'1% chiesto dai Paesi frugali, pur definendo nel complesso positiva la proposta finlandese.

Il contributo di Italia e Francia al bilancio UE

Secondo le stime della Commissione europea, il contributo dell’Italia al bilancio UE (prezzi 2018), passerebbe da una spesa annuale media di 14,91 miliardi di euro per il periodo 2014-2020 ad una spesa annuale media di 15,27 miliardi di euro (dallo 0,85% allo 0,87% del RNL italiano).

Il contributo della Francia, invece, passerebbe da una spesa media di 20,49 miliardi di euro ad una di 22,45 miliardi (dallo 0,85% allo 0,91% del RNL francese).

L'uscita del Regno Unito dall'Unione comporterebbe un peggioramento dei saldi di molti contributori netti al bilancio dell'UE, in particolare della Germania. Al contrario, Italia e Francia registrerebbero un miglioramento dei loro saldi: l'Italia vedrebbe ridursi il suo contributo netto di circa la metà, da 4,1 a 2,3 miliardi di euro l'anno (in primo luogo in ragione dell'aumento della quota parte sulle risorse della politica di coesione), la Francia da 7,6 a 5,4 miliardi di euro.

Il riparto tra le diverse politiche

Come accennato, la Commissione europea propone di innalzare gli attuali livelli di finanziamento in settori considerati prioritari e ad alto valore aggiunto europeo (ricerca, innovazione e agenda digitale, giovani, migrazione e gestione delle frontiere, difesa e sicurezza interna, azione esterna, clima e ambiente - il 25% del bilancio sarebbe destinato al raggiungimento degli obiettivi climatici rispetto al 20% del bilancio in corso) e, parallelamente, prefigura, a titolo compensativo, alcuni risparmi, soprattutto per quanto riguarda i finanziamenti complessivi a favore della politica agricola comune (PAC) e della politica di coesione che subirebbero una riduzione di risorse.

In particolare la Commissione propone di destinare il 29,1% del bilancio complessivo per la politica di coesione, il 28,6% per la PAC, il 35,6% per altri programmi e il 6,7% per l'amministrazione, mentre la proposta di compromesso della Presidenza finlandese destinerebbe alla politica di coesione tra il 29,6% e il 29,8% delle risorse, alla PAC tra il 30,5% e il 30,9%, agli altri programmi tra il 32,8% e il 33% e all'amministrazione sempre il 6,7% delle risorse.

Per il Governo italiano, la proposta finlandese solleva diverse perplessità, innanzitutto perché si tradurrebbe in un taglio di oltre 45 miliardi di euro nelle nuove priorità e nelle politiche a favore della competitività. Inoltre, per il Governo italiano le dotazioni per le politiche tradizionali dovrebbero essere mantenute a livello dell'attuale QFP o comunque non ulteriormente ridotte rispetto alla proposta della Commissione.

Anche la Francia sembrerebbe sostenere in linea di massima la posizione italiana in merito alla proposta finlandese, ma, circa la distribuzione delle risorse tra le varie aree del bilancio, sembrerebbe chiedere il mantenimento della dotazione attuale in particolare per quanto riguarda la PAC.

La nuova politica agricola comune

Secondo la proposta della Commissione europea, l'Italia sarebbe il quarto beneficiario dei fondi PAC 2021-2027 con una dotazione complessiva di circa 36,3 miliardi di euro a prezzi correnti e di circa 32,3 miliardi di euro a prezzi costanti; la Francia sarebbe invece il primo beneficiario con una dotazione complessiva di circa 62,3 miliardi a prezzi correnti e 55,3 miliardi di euro a prezzi costanti.

Entrambi i Paesi subirebbero una riduzione di risorse rispetto all’attuale ciclo di programmazione 2014-2020.

Il Governo italiano è inoltre contrario al meccanismo della convergenza esterna dei pagamenti diretti, cioè il progressivo riallineamento del valore dei pagamenti per ettaro verso la media UE.

La nuova politica di coesione

Per quanto riguarda i fondi della politica di coesione 2021-2027, per l'Italia, secondo le stime della Commissione europea, sembrerebbe esserci un aumento del 6% rispetto alla dotazione 2014-2020: l’Italia avrebbe circa 38,6 miliardi di euro a prezzi costanti 2018 (43,4 miliardi di euro circa a prezzi correnti).

La Francia, invece, avrebbe una diminuzione di risorse del 5% con una dotazione complessiva per la coesione di circa 16 miliardi di euro a prezzi costanti e di circa 18 miliardi di euro a prezzi correnti.

Il Governo italiano ritiene, in particolare, che le risorse debbano essere meglio indirizzate verso le regioni meno sviluppate rispetto a quanto proposto dalla Commissione europea, che sembrerebbe favorire proporzionalmente di più le regioni in transizione. La Francia sembrerebbe difendere le allocazioni per le regioni in transizione.

La Commissione europea propone anche di mantenere la condizionalità macroeconomica, che prevede il possibile congelamento dei fondi strutturali per i Paesi che non rispettano i parametri macroeconomici dell'UE.

Un'altra condizionalità proposta dalla Commissione europea riguarda il rafforzamento del legame tra i finanziamenti UE e lo Stato di diritto, con l'adozione di una serie di sanzioni nei confronti degli Stati membri nei quali si siano riscontrate carenze generalizzate che incidano o rischino di incidere sul principio di sana gestione finanziaria o sulla tutela degli interessi finanziari dell'Unione.

Il Governo italiano manifesta contrarietà sulla condizionalità macroeconomica che rischierebbe di colpire i soggetti più fragili con effetti pro-ciclici. È in linea di principio a favore, invece, di forme di condizionalità volte a promuovere la convergenza verso l'alto delle norme sociali o a contrastare la concorrenza fiscale sleale tra gli Stati membri e ha espresso apertura ad esaminare condizionalità in materia migratoria.

Per il Governo italiano, poi, il rafforzamento del rispetto dello Stato di diritto, sia all'interno che all'esterno dell'UE, è una priorità, ma la proposta della Commissione non contribuirebbe allo scopo, dovrebbe essere, quindi, articolata meglio per non essere punitiva e mantenere una sua autonomia rispetto ad altri strumenti previsti dai Trattati.

La proposta legata allo Stato di diritto avrebbe ricevuto il sostegno della Francia, che sembrerebbe anche a favore di forme di condizionalità in campo sociale e migratorio; inoltre, la Francia si sarebbe detta favorevole anche a un rafforzamento del legame con le riforme strutturali.

Risorse proprie

Secondo la Commissione europea, le nuove priorità strategiche che hanno implicazioni per il bilancio e l'uscita del Regno Unito dall'UE impongono di esaminare e rivedere l'architettura del sistema delle risorse proprie.

La Commissione propone di confermare le tre risorse proprie ma modernizzandole nel senso di:

- mantenere inalterati i dazi doganali come risorse proprie tradizionali dell'UE, ma riducendo del 10% la percentuale che gli Stati membri trattengono come spese di riscossione;

- mantenere la risorsa propria basata sul RNL, con la funzione di risorsa riequilibrante;

- semplificare drasticamente la risorsa propria basata sull'IVA.

Viene, altresì, proposta l'istituzione di tre nuove risorse proprie, vale a dire:

- il 20% delle entrate provenienti dal sistema di scambio delle quote di emissioni (con un introito medio annuo calcolato tra 1,2 e 3 miliardi di euro, a seconda del prezzo di mercato delle quote);

- un'aliquota di prelievo del 3% applicata alla nuova tassa imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società (CCCTB), che secondo le stime della Commissione potrebbe garantire un introito medio annuo di circa 12 miliardi;

- un contributo nazionale calcolato in base alla quantità di rifiuti non riciclati di imballaggi in plastica di ciascuno Stato membro (0,80 euro al chilogrammo), per un importo stimato di circa 7 miliardi annui.

Anche alla luce dell'uscita del Regno Unito dall'UE la Commissione propone infine di eliminare progressivamente, nell'arco di cinque anni, tutte le attuali correzioni (rebate) relative alle aliquote ridotte di prelievo della risorsa propria basata sull'IVA e le riduzioni forfettarie dei contributi basati sul RNL, di cui beneficiano alcuni Stati membri (oltre al Regno Unito stesso, Germania, Paesi Bassi e Svezia per la risorsa IVA e Danimarca, Paesi Bassi, Svezia e Austria per quanto concerne la risorsa basata sul RNL).

La maggior parte dei Paesi membri, con l'eccezione di Italia, Francia, Portogallo e Grecia, sembrerebbe scettica sull'introduzione di nuove risorse proprie diverse da quelle proposte dalla Commissione europea, come la tassa sulle transazioni finanziarie (FTT) e la web tax diretta a colpire i profitti delle grandi compagnie del web). Vi sono divergenze concernenti anche la tempistica della cessazione delle correzioni legate al rebate britannico.

Il Governo italiano ritiene essenziale il mantenimento della risorsa IVA e si è espresso a favore di nuove risorse proprie che possano contribuire non solo ad allentare la dipendenza del QFP dai contributi degli Stati membri, ma che contribuiscano a promuovere le priorità politiche dell'Unione, quali il miglior funzionamento del mercato interno e la progressiva armonizzazione del quadro fiscale in chiave anti-elusione e anti-dumping. In particolare, si fa riferimento alla base imponibile consolidata comune per l'imposta sulle società (CCCTB), alla FTT e alla web tax che non consisterebbero in meri trasferimenti di risorse dai bilanci nazionali ma, al contrario, permetterebbero di reperire risorse da quei soggetti (come le grandi imprese multinazionali) che finora hanno tratto vantaggio dal mercato unico senza partecipare o partecipando poco ai relativi costi.

Inoltre, il Governo italiano ha ribadito l'esigenza di mettere fine alle correzioni legate al rebate britannico.

Anche la Francia si sarebbe espressa per una completa e immediata eliminazione delle correzioni legate al rebate britannico.


 


 

L’Allargamento dell’UE

 

Attualmente i Paesi che hanno status di Paese candidato e per i quali sono in corso negoziati di adesione sono: Montenegro, Serbia e Turchia (per la quale i negoziati sono attualmente sospesi). Hanno status di Paese candidato Albania e Repubblica della Macedonia del Nord, ma i relativi negoziati di adesione non sono ancora stati avviati. Non hanno ancora status di Paese candidato, ma sono qualificati come “potenziali candidati”, Bosnia-Erzegovina e Kosovo.

 

Il 15 ottobre 2019, il Consiglio Affari generali dell'UE, per mancanza di unanimità, ha ulteriormente rinviato l'apertura dei negoziati di adesione con Albania e Macedonia del Nord (il Consiglio aveva già rinviato tale decisione nel giugno 2018 e nel giugno 2019 v. infra).

 In particolare, si sono pronunciate contro le delegazioni di Danimarca, Francia e Paesi Bassi. Più sfumata è la posizione di Danimarca e Paesi Bassi, che sono a favore di un approccio basato su una diversa valutazione (cosiddetto declupling) dei progressi fatti registrare dalla Macedonia del Nord, ritenuta in uno stato più avanzato, e per la quale sarebbero al limite favorevoli ad una apertura dei negoziati e dell’Albania, per la quale i due Paesi hanno, invece, espresso contrarietà all’apertura dei negoziati. Si segnala che in sede di Consiglio europeo sia l’Italia sia la Germania si sono espresse contro l’ipotesi di decoupling. La Francia avrebbe, invece, esercitato un sostanziale veto (l’avvio dei negoziati è infatti deciso all’unanimità) sull’apertura dei negoziati con entrambi i Paesi motivato formalmente dalla necessità di procedere ad una sostanziale revisione sia della metodologia dei negoziati per dare una maggiore  rilevanza alla valutazione dello stato di diritto, sia, più complessivamente, del funzionamento dell’UE, prima di un futuro ulteriore allargamento (quest’ultimo argomento condiviso in seno al Consiglio e appoggiato anche dalla Commissione europea, v. infra). L’Italia ha sempre espresso in seno al Consiglio una posizione fortemente favorevole all’apertura dei negoziati di adesione con Albania e Macedonia del Nord.

Si ricorda che la Commissione europea ha più volte raccomandato l’apertura dei negoziati di adesione con Albania e Macedonia del Nord, da ultimo nella comunicazione annuale 2019 relativa all’allargamento presentato il 29 maggio 2019, ma tale proposta non ha raggiunto la necessaria unanimità in seno al Consiglio dell’UE. Il Consiglio Affari generali dell’UE, nella riunione del 18 giugno 2019 aveva, infatti, adottato delle conclusioni sull’allargamento dell’UE con le quali aveva nuovamente rinviato per mancanza di unanimità tra gli Stati membri (sempre per l’opposizione di Francia e Paesi bassi), la decisione sull’apertura dei negoziati di adesione con la Macedonia del Nord e l’Albania ad ottobre 2019 (si ricorda che già il Consiglio dell’UE, nella riunione del 26 giugno 2018, aveva rinviato l’apertura dei negoziati di adesione con Albania e Repubblica della Macedonia del Nord a giugno 2019). In vista della riunione del Consiglio dell’UE del 18 giugno 2019, i Ministri degli affari esteri di 14 Stati membri (oltre all’Italia, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Bulgaria, Slovenia, Malta, Austria, Croazia) avevano firmato una dichiarazione a favore dell’apertura dei negoziati di adesione per la Macedonia del Nord e l’Albania a giugno 2019.

Il Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre 2019, prendendo atto della mancanza di consenso tra gli Stati membri, ha indicato tornerà sulla questione dell'allargamento prima del vertice UE-Balcani occidentali che si terrà a Zagabria nel maggio 2020.

Si ricorda che il Presidente uscente della Commissione europea Juncker, ad inizio del suo mandato nel 2014, aveva escluso la possibilità di nuove adesioni all’UE nel breve e nel medio periodo. Successivamente nella primavera del 2018, con un cambio di visione, la Commissione europea ha prospettato la possibilità di un ingresso di Serbia e Montenegro – gli unici Paesi con i quali sono in corso negoziati di adesione - nell’UE per il 2025, indicando però che, prima di un allargamento, l’UE dovrà essere resa più forte e più solida sulla base di una serie di iniziative da realizzare sulla base dei Trattati vigenti entro il 2025.

La Presidente nominata della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si è espressa a favore della prospettiva europea dei Balcani occidentali, sottolineando l’importanza di promuovere il processo riforma in tale regione e che il processo di adesione offre una opportunità unica per promuovere e condividere gli interessi ed i valori dell’Unione europea. La Presidente nominata ha, inoltre, espresso sostegno alla proposta, avanzata dalla Commissione europea uscente, di avviare negoziati con l'Albania e la Macedonia del Nord.

Si ricorda che il 30 settembre 2019, la Commissione giuridica del Parlamento europeo ha giudicato László Trócsány, candidato alla carica di Commissario europeo per l'allargamento e la politica di vicinato, designato dall'Ungheria, inadatto ad esercitare la carica di Commissario europeo per conflitto di interesse. Il Governo ungherese ha successivamente designato alla carica di Commissario europeo per l'allargamento e la politica di vicinato Oliver Varhelyi.

 

 



[1] Il sistema include una serie di regimi (per lo più tramite lo strumento normativo della direttiva) concernenti, tra l’altro, la qualifica dello status di rifugiato, la procedura per le domande di asilo, le condizioni di accoglienza dei richiedenti e beneficiari della protezione internazionale, il riparto della competenza degli Stati membri circa la gestione delle domande.

[2] La proposta di revisione del regolamento di Dublino reca, tra gli elementi qualificanti, un meccanismo correttivo per la redistribuzione delle domande di asilo tra Stati membri, quale strumento di sostegno per i Paesi UE i cui sistemi di protezione internazionale subiscano pressioni sproporzionate. La Commissione europea ha frequentemente precisato che il giusto bilanciamento dei due principi citati deve intendersi nel senso, che occorre, da un lato, assicurare che ogni Stato membro si occupi delle domande d'asilo di cui è responsabile, dall'altro, garantire un meccanismo di solidarietà strutturato e prevedibile, che faccia sì che nessuno Stato membro debba sopportare un onere sproporzionato.