Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni
Titolo: D.L. 135/2018: Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione
Serie: Progetti di legge   Numero: 72
Data: 18/12/2018
Organi della Camera: I Affari costituzionali, IX Trasporti


 

 

 

 

 

 

 

Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione

 

 

 

 

I N D I C E

 

 

Schede di lettura

Articolo 1  (Sezione Speciale del Fondo di garanzia a sostegno della PMI creditrici delle PP.AA.)  7

Articolo 2 (Proroga del termine per la restituzione del finanziamento attribuito ad Alitalia S.p.a.) 13

Articolo 3 (Misure di semplificazione in materia di imprese e lavoro ). 16

Articolo 4 (Modifiche al codice di procedura civile in materia di esecuzione forzata nei confronti dei soggetti creditori della pubblica amministrazione). 18

Articolo 5 (Norme in materia di semplificazione e accelerazione delle procedure negli appalti pubblici sotto soglia comunitaria). 23

Articolo 6 (Disposizioni in merito alla tracciabilità dei dati ambientali inerenti rifiuti)  27

Articolo 7 (Misure urgenti in materia di edilizia penitenziaria). 32

Articolo 8 (Piattaforme digitali). 37

Articolo 9 (Disposizioni urgenti in materia di medicina generale). 42

Articolo 10 (Semplificazioni amministrative in materia di dirigenza scolastica) 44

Articolo 11 (Adeguamento dei fondi destinati al trattamento economico accessorio del personale dipendente delle pubbliche amministrazioni). 48

 


Schede di lettura


Articolo 1
(Sezione Speciale del Fondo di garanzia a sostegno della PMI creditrici delle PP.AA.)

 

 

L’articolo 1 istituisce, nell’ambito del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, una Sezione speciale dedicata a interventi di garanzia in favore delle PMI che sono in difficoltà nella restituzione delle rate di finanziamenti già contratti con banche e intermediari finanziari e sono titolari di crediti certificati nei confronti delle pubbliche Amministrazioni.

La Sezione viene dotata di 50 milioni di euro a valere sulle disponibilità del medesimo Fondo. Nel dettaglio, l’intervento in garanzia della Sezione speciale:

·      opera a condizioni di mercato, su finanziamenti già concessi alla PMI, da una banca o da un intermediario finanziario, classificati come inadempienze probabili;

·      presuppone la sussistenza di un credito certificato verso la Pubblica Amministrazione;

·      è subordinato alla sottoscrizione tra la banca o l'intermediario finanziario e la PMI di un piano, di durata massima non superiore a 20 anni, per il rientro del finanziamento qualificato come inadempimento probabile;

·      copre, nella misura massima dell’80%, il minore tra l’importo del finanziamento non rimborsato e l’ammontare dei crediti certificati. L’importo massimo garantito non potrà comunque essere superiore a 2,5 milioni;

·      cessa con l'avvenuto pagamento da parte della P.A. dei crediti certificati;

·      in ogni caso, comporta un rimborso non superiore all'80 per cento della perdita registrata dalla banca o dall'intermediario.

·      è concesso a fronte del versamento da parte della banca o intermediario, di un premio che può essere posto a carico della PMI beneficiaria in misura non superiore a un quarto del suo importo.

L’efficacia del regime di aiuto istituito dalla norma in esame è condizionata alla preventiva notificazione alla Commissione europea.

 

La relazione illustrativa al provvedimento in esame evidenzia che la norma delinea un siffatto intervento in garanzia del Fondo al fine di evitare l’avvio di azioni di recupero da parte del soggetto finanziatore, che metterebbero a rischio la continuità aziendale decretando, in molti casi, la “morte” delle imprese che, al netto delle tensioni finanziarie connesse all’incaglio dei propri crediti commerciali con la P.A., presentano buone performance sul piano economico e produttivo.

 

Nel dettaglio, l’articolo 1, comma 1 istituisce, nell’ambito del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, una Sezione speciale dedicata a interventi di garanzia, a condizioni di mercato, in favore delle PMI che sono in difficoltà nella restituzione delle rate di finanziamenti già contratti con banche e intermediari finanziari e sono titolari di crediti certificati nei confronti delle pubbliche Amministrazioni.

 

Si tratta delle PP.AA. di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001, e dunque di tutte le amministrazioni dello Stato, compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al D. Lgs. n. 300/1999 di riforma dell’organizzazione del Governo.

I crediti sono certificati ai sensi dell'articolo 9, comma 3-bis, del D.L. n. 185/2008. Tale norma dispone che le predette PP.AA., su istanza del creditore di somme dovute per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali, certifichino - trenta giorni dalla data di ricezione dell'istanza - se il relativo credito sia certo, liquido ed esigibile. Ciò, anche al fine di consentire al creditore la cessione pro soluto o pro solvendo a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente. Scaduto il termine di trenata giorni, su nuova istanza del creditore, è nominato un Commissario ad acta, con oneri a carico dell'ente debitore. La nomina è effettuata dall'Ufficio centrale del bilancio competente (per le certificazioni di pertinenza delle amministrazioni statali centrali, degli enti pubblici non economici nazionali e delle agenzie di cui al D.Lgs. n. 300/1999) o dalla Ragioneria territoriale dello Stato competente per territorio (per le altre PP.AA). La certificazione deve indicare obbligatoriamente la data prevista di pagamento. Le certificazioni già rilasciate senza data devono essere integrate dall'amministrazione utilizzando la piattaforma dei crediti commerciali con l'apposizione della data prevista per il pagamento.

 

La Sezione speciale viene dotata di 50 milioni di euro a valere sulle disponibilità del medesimo Fondo di garanzia.

 

Il Fondo di garanzia per le PMI – istituito, presso il Mediocredito Centrale S.p.a., in base all’art. 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662 del 1996 e alimentato con risorse pubbliche, costituisce uno dei principali strumenti di sostegno pubblico finalizzati a facilitare l'accesso al credito delle piccole e medie imprese, garantendo o contro-garantendo operazioni, aventi natura di finanziamento ovvero partecipativa, a favore di piccole e medie imprese, nonché a favore di imprese cd. small mid-cap (imprese con un numero di dipendenti fino a 499), ad eccezione di quelle rientranti in determinati settori economici secondo la classificazione ATECO (es., attività finanziarie e assicurative). Con l’intervento del Fondo, l’impresa non ha un contributo in denaro, ma ha la possibilità di ottenere finanziamenti senza garanzie aggiuntive - e quindi senza costi di fidejussioni o polizze assicurative - sugli importi garantiti dal Fondo stesso. Dal punto di vista operativo, il Fondo, infatti:

·         rilascia ai soggetti finanziatori, in primis le banche, garanzie dirette irrevocabili, incondizionate ed escutibili “a prima richiesta”, nonché

·         rilascia controgaranzie a consorzi di garanzia collettiva fidi - Confidi o altro fondo di garanzia ovvero

·         sulla base di apposita convenzione, effettua operazioni in cogaranzia con i Confidi e con gli altro Fondi di garanzia istituiti nell’ambito dell’ Unione Europea o da essa cofinanziati.

Il Fondo opera dunque con una logica di “moltiplicatore”, rilasciando garanzie per un importo multiplo rispetto alle risorse disponibili, nei limiti imposti, peraltro, dall’osservanza di un “coefficiente di rischio”. In base a quanto previsto dall’art. 11, comma 4, del D.L. n. 185/2008, gli interventi di garanzia del Fondo sono assistiti dalla garanzia dello Stato, quale garanzia di ultima istanza, secondo criteri, condizioni e modalità stabilite con D.M. 25 marzo 2009.

Il Fondo, per effetto del graduale rimborso dei finanziamenti, è in grado di reimpiegare più volte le risorse assegnate.

Quanto alle modalità operative del Fondo, queste sono state oggetto di varie modifiche, finalizzate ad estendere i volumi di finanziamenti garantiti e dunque a potenziarne l’operatività, pur con il fine di mantenerla su livelli compatibili con gli equilibri della finanza pubblica.  In particolare, il D.L. n. 69/2013 (articolo 1 e 2, comma 6) ha posto la base giuridica per una riforma complessiva del modello di valutazione del merito creditizio delle imprese ai fini dell’accesso al Fondo simile ai modelli di rating utilizzati dalle banche, in sostituzione del precedente sistema di credit scoring. La riforma, già avviata, non è ancora pienamente operativa.

Il Fondo, costituito dalla norma istitutiva presso il Mediocredito centrale, soggetto gestore, è amministrato da un Consiglio di gestione, i cui componenti sono stati rinnovati il 12 aprile 2018[1]

Quanto alle modalità di finanziamento, esso è alimentato prevalentemente attraverso risorse statali [2]. Si ricorda in proposito che il Fondo è stato da ultimo rifinanziato dal D.L. n. 119/2018 (articolo 22), per 735 milioni di euro per l'anno 2018, di cui 300 milioni sono a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione - programmazione 2014-2020 - già destinate al Fondo di garanzia ai sensi dell'art. 1, comma 53, secondo periodo, della legge di stabilità 2014.

La relazione tecnica al provvedimento in esame evidenzia che il Gestore del Fondo ha recentemente stimato in 530 milioni di euro le risorse residue libere da impegni.

Il Fondo opera “fuori bilancio”: le relative risorse sono iscritte sul conto corrente di tesoreria centrale n. 22034 il cui gestore è il Mediocredito centrale[3].

Il Fondo opera anche attraverso più sezioni, istituite con normativa primaria e secondaria, destinate ciascuna ad operazioni in garanzia per dati settori economici, es. autotrasporto, micro imprenditorialità, imprenditoria femminile, etc., normativamente previste.

 

Ai sensi del comma 2, la garanzia della sezione speciale è rilasciata su finanziamenti già concessi alla PMI beneficiaria da una banca o da un intermediario finanziario, non già coperti da garanzia pubblica ed anche assistiti da ipoteca sugli immobili aziendali, classificati dalla stessa banca o intermediario finanziario come inadempienze probabili alla data di entrata in vigore del decreto legge in esame, come risultante dalla Centrale dei rischi della Banca d'Italia.

 

Si ricorda che le definizioni di crediti deteriorati adottate dalla Banca d'Italia sono quelle armonizzate a livello dell'SSM, che riflettono i criteri pubblicati nel 2013 dall'Autorità bancaria europea (EBA). Nelle statistiche italiane si trovano un maggiore dettaglio e la continuità delle serie storiche relative alle sottocategorie utilizzate in precedenza, le sofferenze, le inadempienze probabili, le esposizioni scadute e/o sconfinanti (si veda Circolare 272 di Bankitalia). In particolare:

A dicembre 2017, dei 173 miliardi di crediti deteriorati netti, 81 erano classificati come sofferenze, 85 miliardi come inadempienze probabili e 7 come esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate.

 

Ai sensi del comma 3, la garanzia copre - nella misura indicata dal decreto ministeriale attuativo delle disposizioni in esame e comunque non superiore all'80 per cento del finanziamento e fino a un importo massimo garantito di 2,5 milioni - il minore tra:

a) l'importo del finanziamento non rimborsato dalla PMI beneficiaria alla data di presentazione della richiesta di garanzia, maggiorato degli interessi, contrattuali e di mora, maturati sino alla predetta data e

b) l'ammontare dei crediti certificati vantati dalla PMI beneficiaria verso la Pubblica Amministrazione, risultanti dalla piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni.

 

Ai sensi dei commi 4 e 5, la garanzia della sezione speciale è subordinata alla sottoscrizione tra la banca o l'intermediario finanziario e la PMI beneficiaria di un piano, di durata massima non superiore a 20 anni, per il rientro del finanziamento oggetto di garanzia (comma 4).

Solo in caso di mancato rispetto, da parte della PMI beneficiaria, degli impegni previsti nel piano di rientro del debito la garanzia può essere escussa dalla banca o dall’intermediario finanziario.

La garanzia comporta in ogni caso un rimborso non superiore all'80 per cento della perdita registrata dalla banca o dall'intermediario.

La garanzia cessa in ogni caso la sua efficacia con l'avvenuto pagamento da parte della P.A. dei crediti certificati (comma 5).

 

Si ricorda in questa sede che il Fondo di garanzia PMI – ai sensi della legislazione vigente (art. 4, D.M. 26 giugno 2012 e ss. mod. e int.) – già interviene sulle operazioni finanziarie di anticipazione del credito senza cessione dello stesso accordate ai beneficiari (PMI e professionisti) ubicati su tutto il territorio nazionale che vantano crediti nei confronti di Pubbliche Amministrazioni, prestando:

·         garanzia diretta con una copertura massima dell’80% a valere su un importo massimo garantito non superiore a 2,5 milioni

·         controgaranzia fino alla misura massima dell’80% dell’importo garantito dal soggetto richiedente, a condizione che la garanzia da questi rilasciata non superi la percentuale massima di copertura dell’80% e che l’importo di tali operazioni non sia superiore all’ammontare dei crediti certificati dall’Amministrazione debitrice. L’importo massimo garantito per ciascun beneficiario non deve essere superiore, anche in questo caso a 2,5 milioni di euro.

Al Fondo non è dovuta la commissione per le operazioni di anticipazione dei crediti verso la P.A.

La legislazione vigente prevede poi l’intervento in garanzia del Fondo nelle operazioni di acquisto da parte di Cassa depositi e prestiti S.P.A. (CDP S.p.A.)di crediti cartolarizzati delle PMI verso le PP.AA.. La legge di stabilità 2014[4] ha consentito a CDP S.p.A. di acquistare titoli emessi nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti verso piccole e medie imprese al fine di accrescere il volume del credito alle PMI. Gli acquisti dei predetti titoli, ove effettuati a valere sulle somme in gestione separata di CDP, possono essere garantiti dallo Stato secondo criteri e modalità stabiliti con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze e agli oneri delle eventuali escussioni delle garanzie si provvede a valere sulle disponibilità del Fondo di garanzia per le PMI.

 

Ai sensi del comma 6, la garanzia della sezione speciale è concessa a fronte del versamento alla medesima sezione, da parte della banca o intermediario, di un premio in linea con i valori di mercato. Il premio di garanzia può essere posto a carico della PMI beneficiaria in misura non superiore a un quarto del suo importo, restando a carico della banca o intermediario la parte rimanente.

 

Il comma 7 demanda ad un decreto di natura regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la definizione, anche in deroga alle vigenti condizioni di ammissibilità e disposizioni di carattere generale del Fondo di garanzia PMI, delle modalità, misura, condizioni e limiti per la concessione, escussione e liquidazione della garanzia, nonché i casi di revoca della stessa. Allo stesso decreto è demandata la fissazione delle percentuali di accantonamento a valere sulle risorse della sezione speciale e i parametri per definire il premio in linea con i valori di mercato della garanzia.

 

Con riferimento al comma 7, si osserva che non è indicata la data entro la quale deve essere adottato il decreto ministeriale.

 

Ai sensi del comma 8, l’efficacia delle disposizioni di cui ai commi da 1 a 7 sopra descritti è condizionata alla preventiva notificazione alla Commissione europea.

Si richiamano in proposito le linee guida per gli aiuti al salvataggio e alla ristrutturazione di imprese non finanziarie in difficoltà (2014/C 249/01 del 9 luglio 2014), ai sensi delle quali un'impresa è definita come in difficoltà se, in assenza di un intervento dello Stato, essa è quasi certamente destinata al collasso economico a breve o a medio termine. Pertanto un’impresa è considerata in difficoltà, ai sensi degli orientamenti, se sussiste almeno una delle seguenti circostanze:

·         nel caso di società a responsabilità limitata, qualora abbia perso più della metà del capitale sociale sottoscritto a causa di perdite cumulate

·nel caso di società in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società, qualora abbia perso più della metà dei fondi propri, quali indicati nei conti della società, a causa di perdite cumulate

·qualora l’impresa sia oggetto di procedura concorsuale per insolvenza o soddisfi le condizioni previste dal diritto nazionale per l’apertura nei suoi confronti di una tale procedura su richiesta dei suoi creditori.

Come principio generale, gli aiuti per il salvataggio consentono di fornire sostegno temporaneo a un'impresa che si trova a dover affrontare un grave deterioramento della sua situazione finanziaria che si manifesta sotto forma di un'acuta crisi di liquidità o un'insolvenza tecnica. Questo sostegno temporaneo deve consentire di guadagnare tempo per analizzare le circostanze all'origine delle difficoltà ed elaborare un piano idoneo a porvi rimedio" (paragrafo 26). Affinché gli aiuti siano considerati conformi alla disciplina dall'Unione europea è necessario che lo Stato richiedente dimostri il rispetto di questi requisiti: contributo al raggiungimento di un obiettivo ben definito di interesse comune: una misura di aiuto di Stato deve puntare a un obiettivo di interesse comune ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 3, del trattato; necessità dell'intervento statale: una misura di aiuto di Stato deve essere destinata a una situazione in cui può determinare un miglioramento tangibile che il mercato da solo non è in grado di fornire; adeguatezza della misura di aiuto; effetto di incentivazione; proporzionalità dell'aiuto (aiuto limitato al minimo); prevenzione degli effetti negativi indebiti sulla concorrenza e sugli scambi tra gli Stati membri e trasparenza dell'aiuto.


Articolo 2
(Proroga del termine per la restituzione del finanziamento attribuito ad Alitalia S.p.a.)

 

 

L’articolo 2 proroga il termine per la restituzione del finanziamento a titolo oneroso concesso ad Alitalia, pari a complessivi 900 milioni di euro, stabilendo che la restituzione dello stesso dovrà avvenire entro trenta giorni dall’intervenuta efficacia della cessione dei complessi aziendali e comunque non oltre il 30 giugno 2019.

Viene conseguentemente abrogato il terzo periodo del comma 2 dell’articolo 12 del decreto-legge n.148 del 2017 che aveva fissato al 15 dicembre 2018 il termine per la restituzione dell’intero importo prestato (comma 2).

Il comma 3 quantifica gli oneri derivanti dalla norma in esame in 900 milioni per l’anno 2018, in termini di solo fabbisogno, disponendo che ad essi si provveda mediante versamento – per un corrispondente importo - delle somme gestite presso il sistema bancario dalla Cassa Servizi Energetici e Ambientali[5]. Il versamento, da effettuare, entro il 31 dicembre 2018, a favore del conto corrente di tesoreria centrale fruttifero (remunerato secondo il tasso riconosciuto sulle sezioni fruttifere dei conti di tesoreria unica) già aperto al fine della copertura finanziaria, in termini di fabbisogno, delle somme erogate ad ILVA spa (si richiama infatti l'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 9 giugno 2016, n. 98 avente ad oggetto disposizioni urgenti per il completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del Gruppo ILVA).

La giacenza, da mantenere depositata a fine anno sul conto corrente di tesoreria sarà restituita nel corso del 2019.

 

Si ricorda che l'articolo 50 del decreto legge n. 50/2017 (in cui è stato trasposto il contenuto del decreto-legge n. 55 del 2 maggio 2017), ha previsto misure urgenti per assicurare la continuità del servizio svolto da Alitalia SAI S.p.A., in relazione alla situazione di grave crisi finanziaria evidenziatasi nel 2016, disponendo un finanziamento a titolo oneroso di 600 milioni di euro, della durata di sei mesi, per far fronte alle indilazionabili esigenze gestionali della società stessa e delle altre società del gruppo sottoposte ad amministrazione straordinaria, al fine di evitare l'interruzione del servizio.

Il 2 maggio 2017 il Consiglio di Amministrazione di Alitalia aveva infatti deciso all'unanimità di presentare l'istanza di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, come consentito dalla legge, dopo aver preso atto dell'esito del referendum tra i dipendenti che aveva bocciato una proposta di accordo tra sindacati e azienda.

Il finanziamento è stato concesso con l'applicazione di interessi al tasso Euribor a sei mesi, pubblicato il giorno precedente la data di erogazione, maggiorato di 1.000 punti base (il tasso è di circa il 10%) e se ne è prevista la restituzione entro sei mesi dalla erogazione, in prededuzione, con priorità rispetto ad ogni altro debito della procedura.

Successivamente l'articolo 12 del decreto-legge n. 148 del 2017 ha differito al 30 aprile 2018 il termine per l'espletamento delle procedure di cessione di Alitalia, previste dal decreto legge n. 50 del 2017, ed ha incrementato di 300 milioni di euro, da erogare nel 2018, il finanziamento oneroso già concesso nelle more dell'esecuzione della procedura di amministrazione straordinaria.

La medesima disposizione aveva altresì stabilito che la durata del finanziamento, per la quota erogata nel 2017, fosse prorogata fino al 30 settembre 2018 e che la quota di finanziamento erogata nel 2018 dovesse essere restituita entro il termine dell'esercizio.

Con il decreto-legge n. 38 del 2018 si è infine disposto che il termine per la conclusione delle procedure di cessione fosse differito dal 30 aprile al 31 ottobre 2018 e che il termine per la restituzione delle somme erogate fosse fissato in via unitaria, per le due tranche di finanziamento erogate, al 15 dicembre 2018.

Il finanziamento concesso ad Alitalia sulla base delle citate disposizioni normative è stato notificato, secondo quanto riportato nella relazione tecnica al decreto-legge n.38 del 2018, a gennaio 2018 alla Commissione europea, in adempimento dell'obbligo di notifica previsto dalle norme dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato.

Il 23 aprile 2018 la Commissione ha comunicato di avere aperto "un'indagine approfondita per valutare l'eventuale violazione della normativa sugli aiuti di Stato". I contenuti della comunicazione sono stati pubblicati il 20 luglio 2018.

La Commissione ha comunicato all’Italia la propria decisione di avviare il procedimento di cui all’articolo 108, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea rappresentando l’esistenza di “seri dubbi circa la compatibilità dell’aiuto al salvataggio notificato con il mercato interno” ed invitando l’Italia a presentare entro un mese dalla ricezione della comunicazione le proprie osservazioni.

La Commissione in particolare ha rilevato che non risulta sufficientemente motivato dall’Italia il fatto che l’aiuto fornito ad Alitalia contribuisca al raggiungimento di un obiettivo ben definito di interesse comune; risultano inoltre, ad avviso della Commissione, seri dubbi sul fatto che le condizioni degli orientamenti sul salvataggio e la ristrutturazione concernenti la durata del prestito fornito (superiore ai sei mesi consentiti dagli orientamenti) e sui tempi di completamento della liquidazione siano state rispettate e che la forma dell’aiuto consenta il salvataggio di Alitalia riducendo al minimo le distorsioni.

La Commissione nutre inoltre seri dubbi circa la proporzionalità dell’aiuto, vale a dire sul fatto che l’importo dell’aiuto si sia realmente limitato al minimo necessario per permettere ad Alitalia di continuare l’attività nel periodo di riferimento e che il periodo durante il quale i prestiti sono stati concessi e continuano ad essere a disposizione di Alitalia sia conforme a quanto stabilito dagli orientamenti in materia di salvataggio e ristrutturazione. Ciò inoltre, sempre ad avviso della Commissione, comporta che gli effetti negativi sulla concorrenza e sugli scambi non possono essere considerati sufficientemente limitati.

Nell'aggiornamento della relazione tecnica sul decreto-legge n. 38 del 2018 presentato il 14 giugno 2018 si dà conto del fatto che il Governo italiano, il 25 maggio 2018, ha presentato le proprie osservazioni alla decisione della Commissione di aprire un'indagine formale.

L'Italia ha argomentato che l'intervento non costituisce un aiuto di Stato e che, in ogni caso, sarebbe da considerare un aiuto al salvataggio dell'impresa compatibile con il regime previsto ai sensi dell'articolo 107, comma 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

Per un approfondimento sul regime degli aiuti di Stato sulla materia si veda il dossier sul disegno di legge di conversione del decreto-legge n.38 del 2018.


Articolo 3
(Misure di semplificazione in materia di imprese e lavoro )

 

 

L’articolo 3 elimina l'obbligo della modalità telematica per la tenuta del Libro unico del lavoro.

 

Più nel dettaglio, l’articolo in esame abroga l’articolo 15 del D.Lgs. 151/2015 che prevedeva, a decorrere dal 1° gennaio 2019 (termine originariamente fissato al 1° gennaio 2017 e differito, da ultimo, dall’art. 1, c. 1154, della L. 205/2017), che il Libro unico del lavoro fosse tenuto in modalità telematica presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e che demandava ad apposito decreto ministeriale l’individuazione delle modalità tecniche ed organizzative per l’interoperabilità, la tenuta, l’aggiornamento e la conservazione dei dati contenuti nel citato Libro unico.

Come specificato nella Relazione illustrativa, l’attuazione della suddetta disposizione non è ritenuta utile alle attività istituzionali del Ministero del lavoro e dell’Ispettorato nazionale del lavoro, ponendo, tra l’altro, in capo al Ministero stesso un aggravio di risorse non giustificabile.

 

Relativamente al settore agricolo, si ricorda che l’art. 8, c. 2, della L. 199/2016 (come modificato dal richiamato art. 1, c. 1154, della L. 205/2017) dispone che, dal 1° gennaio 2019, il passaggio al nuovo sistema di denuncia contributiva mensile all’INPS per le giornate di lavoro svolte dagli operai agricoli sia operativo (Uniemens agricolo), specificando, inoltre, che i dati contenuti nel libro unico del lavoro in modalità telematica, che sostituisce il sistema UNIEMENS quale unico documento per gli adempimenti in materia previdenziale e contributiva, siano resi accessibili a tutte le amministrazioni interessate.

 

Il Libro unico del lavoro è stato istituito, in sostituzione, in particolare, del libro matricola e del libro paga, dall’articolo 39 del D.L. 112/2008, nell’ambito dell’introduzione di alcune misure di semplificazione per quanto riguarda gli adempimenti obbligatori di natura formale nella gestione dei rapporti di lavoro. Il Libro  deve essere tenuto da ogni datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, e deve riportare, per ciascun mese di riferimento ed entro il mese successivo, i dati (il nominativo, il codice fiscale e, ove ricorrano, la qualifica e il livello, la retribuzione base, l’anzianità di servizio, nonché le relative posizioni assicurative) riferiti a tutti i lavoratori subordinati, i collaboratori coordinati e continuativi e gli associati in partecipazione con apporto lavorativo. Inoltre, deve essere annotata ogni dazione in danaro o in natura corrisposta o gestita dal datore di lavoro, nonché i dati relativi alle presenze. In ottemperanza a quanto previsto dal citato articolo 39 del D.L. 112/2008, il DM 9 luglio 2008 ha stabilito le modalità e i tempi di tenuta e conservazione del libro unico del lavoro. La consegna in copia al lavoratore delle scritturazioni effettuate sul libro unico del lavoro comporta per il datore di lavoro l’adempimento di quanto previsto dalla L. 4/1953 in materia di obbligo di corrispondere le retribuzioni ai lavoratori a mezzo di prospetti di paga. È prevista, infine, l’applicazione di sanzioni in caso di omissioni nella istituzione, tenuta ed esibizione, nonché (salvo i casi di errore meramente materiale) in caso di irregolarità nella tenuta, del libro unico del lavoro.

 


Articolo 4
(Modifiche al codice di procedura civile
in materia di esecuzione forzata nei confronti dei soggetti creditori della pubblica amministrazione)

 

 

L’articolo 4 contiene alcune modifiche al codice di procedura civile in materia di esecuzione forzata, volte a rendere più agevole per il debitore – in generale e non solo nel caso in cui egli sia titolare di crediti nei confronti della pubblica amministrazione -  l’accesso all’istituto della conversione del pignoramento.

Nonostante la rubrica, solo alcune specifiche disposizioni (comma 2) sono dedicate all’esecuzione forzata immobiliare nei confronti dei creditori della pubblica amministrazione. Nei confronti degli stessi, in presenza di specifiche condizioni, si introduce una disciplina volta a concedere una tempistica più ampia prevedendosi, tra l’altro, la possibilità di continuare ad abitare l’immobile fino al completamento della procedura esecutiva.

 

In particolare, il comma 1 interviene sulla conversione del pignoramento, disciplinata dall’art. 495 del codice di procedura civile. Si tratta della possibilità, data al debitore sottoposto ad esecuzione forzata, di sostituire le cose pignorate con una somma di denaro comprensiva delle spese di esecuzione e dell'importo dovuto al creditore pignorante e agli altri creditori eventualmente intervenuti a titolo di capitale, interessi e spese.

Rispetto alla disciplina anteriore, il decreto-legge:

§  prevede che la somma che il debitore deve depositare in cancelleria, unitamente all’istanza di conversione del pignoramento, debba essere pari ad un sesto – e non un quinto, come in precedenza previsto - dell’importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori successivamente intervenuti (lett. a);

§  concede al debitore una rateizzazione in 48 mesi – e non 36, come in precedenza previsto – per versare la somma, determinata dal giudice con ordinanza, da sostituire al bene pignorato (lett. b);

 

Si ricorda che sul punto si sono susseguiti negli anni vari interventi del legislatore: la conversione con versamento rateale è stata infatti introdotta originariamente dalla legge n. 358 del 1976 (che concedeva 6 mesi) e poi eliminata dal legislatore della riforma del codice di procedura civile (legge n. 353 del 1990), con generale apprezzamento, ritenendosi che l'istituto fosse spesso utilizzato dal debitore a fini dilatori. L'oscillazione del pendolo normativo è continuata perché la legge n. 302 del 1998 ha reintrodotto il beneficio del versamento rateale (9 mesi), anche se solo nell'espropriazione immobiliare; il nuovo favore verso l'istituto è reso evidente anche dalla successiva legge n. 80 del 2005, che ha esteso il termine massimo per il versamento a 18 diciotto mesi; termine poi esteso dal D.L. n. 83 del 2015 a 36 mesi.

 

§  consente al debitore di beneficiare della conversione del pignoramento anche quando ritarda il pagamento di una rata, fino a un termine massimo di 30 giorni, in luogo degli attuali 15. Decorso tale termine, le somme fino a quel momento versate saranno assoggettate a pignoramento e il debitore decade dalla facoltà di richiedere nuovamente la conversione.

 

Normativa previgente

D.L. 135 del 2018 (art. 4, co. 1)

Codice di procedura civile

Art. 495

Conversione del pignoramento

Prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione a norma degli articoli 530, 552 e 569, il debitore può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari, oltre alle spese di esecuzione, all'importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese.

Identico.

Unitamente all'istanza deve essere depositata in cancelleria, a pena di inammissibilità, una somma non inferiore ad un quinto dell'importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento, dedotti i versamenti effettuati di cui deve essere data prova documentale. La somma è depositata dal cancelliere presso un istituto di credito indicato dal giudice.

Unitamente all'istanza deve essere depositata in cancelleria, a pena di inammissibilità, una somma non inferiore a un sesto dell'importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento, dedotti i versamenti effettuati di cui deve essere data prova documentale. La somma è depositata dal cancelliere presso un istituto di credito indicato dal giudice.

La somma da sostituire al bene pignorato è determinata con ordinanza dal giudice dell'esecuzione, sentite le parti in udienza non oltre trenta giorni dal deposito dell'istanza di conversione.

Identico.

Quando le cose pignorate siano costituite da beni immobili o cose mobili, il giudice con la stessa ordinanza può disporre, se ricorrono giustificati motivi, che il debitore versi con rateizzazioni mensili entro il termine massimo di trentasei mesi la somma determinata a norma del terzo comma, maggiorata degli interessi scalari al tasso convenzionale pattuito ovvero, in difetto, al tasso legale. Ogni sei mesi il giudice provvede, a norma dell'articolo 510, al pagamento al creditore pignorante o alla distribuzione tra i creditori delle somme versate dal debitore.

Quando le cose pignorate siano costituite da beni immobili o cose mobili, il giudice con la stessa ordinanza può disporre, se ricorrono giustificati motivi, che il debitore versi con rateizzazioni mensili entro il termine massimo di quarantotto mesi la somma determinata a norma del terzo comma, maggiorata degli interessi scalari al tasso convenzionale pattuito ovvero, in difetto, al tasso legale. Ogni sei mesi il giudice provvede, a norma dell'articolo 510, al pagamento al creditore pignorante o alla distribuzione tra i creditori delle somme versate dal debitore.

Qualora il debitore ometta il versamento dell'importo determinato dal giudice ai sensi del terzo comma, ovvero ometta o ritardi di oltre 15 giorni il versamento anche di una sola delle rate previste nel quarto comma, le somme versate formano parte dei beni pignorati. Il giudice dell'esecuzione, su richiesta del creditore procedente o creditore intervenuto munito di titolo esecutivo, dispone senza indugio la vendita di questi ultimi.

Qualora il debitore ometta il versamento dell'importo determinato dal giudice ai sensi del terzo comma, ovvero ometta o ritardi di oltre 30 giorni il versamento anche di una sola delle rate previste nel quarto comma, le somme versate formano parte dei beni pignorati. Il giudice dell'esecuzione, su richiesta del creditore procedente o creditore intervenuto munito di titolo esecutivo, dispone senza indugio la vendita di questi ultimi.

Con l'ordinanza che ammette la sostituzione, il giudice, quando le cose pignorate siano costituite da beni immobili o cose mobili, dispone che le cose pignorate siano liberate dal pignoramento con il versamento dell'intera somma.

Identico.

L'istanza può essere avanzata una sola volta a pena di inammissibilità.

Identico.

 

 

Il comma 2 interviene sulla disciplina dell’espropriazione immobiliare, per modificare l’art. 560 del codice (Custodia dei beni pignorati) per quanto riguarda la possibilità per il debitore di continuare ad abitare l’immobile pignorato in attesa dell’espropriazione forzata (comma 3).

 

Il comma 3 dell’art. 560, infatti, prevede che il giudice dell'esecuzione possa, con ordinanza, autorizzare il debitore esecutato a continuare ad abitare l'immobile pignorato, o parte dello stesso. Se il giudice non decide in tal senso, ordina la liberazione (il rilascio) dell’immobile; analogamente dispone nel momento in cui provvede sull'assegnazione o l'aggiudicazione del bene immobile a seguito della vendita. Se il giudice dell'esecuzione nega al debitore escusso il beneficio dell'abitazione, quest'ultimo ha facoltà di impugnare il provvedimento negativo tramite opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c.

Con esclusivo riferimento ai debitori assoggettati ad espropriazione immobiliare che siano titolari di crediti nei confronti di pubbliche amministrazioni, il cui ammontare complessivo sia pari o superiore all’importo dei crediti vantati dal creditore procedente e dai creditori intervenuti nell’espropriazione, il decreto-legge, integrando il contenuto dell’art. 560, comma 3, prevede:

§  che il giudice possa ordinare la liberazione dell’immobile solo dopo aver emesso il decreto di trasferimento del bene espropriato all’aggiudicatario (decreto previsto dall’art. 586 c.p.c.). Conseguentemente, il debitore potrà continuare ad abitare l’immobile durante il corso della procedura, fino al suo completamento;

§  che per ottenere questo beneficio, il debitore esecutato debba documentare i crediti verso la P.A. nell’udienza fissata per autorizzare la vendita dell’immobile (art. 569 c.p.c.). I crediti dovranno risultare dalla piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni;

§  che la sussistenza di queste condizioni debba essere comunicata al pubblico con l’avviso di vendita dell’immobile (art. 570 c.p.c.);

§  che il giudice debba fissare una data per il rilascio dell’immobile compresa tra il sessantesimo e il novantesimo giorno successivi al decreto di trasferimento.

 

La relazione illustrativa motiva l’intervento sull’art. 560, che consente al debitore di permanere nell’immobile pignorato fino al termine dell’esecuzione, con l’esigenza di concedere più tempo al creditore della P.A., per reperire una nuova soluzione abitativa, «in previsione del fatto che lo Stato provvederà ad onorare i suoi debiti».

 

Anche il comma 3 dell’articolo 4 interviene sull’espropriazione immobiliare, modificando l’art. 569 del codice di procedura civile, relativo all’udienza di autorizzazione della vendita, per richiedere ai creditori di comunicare in anticipo l’ammontare del credito per il quale procedono.

In particolare, il comma 1 dell’art. 569 prevede che a seguito dell'istanza di vendita del bene, presentata dai creditori a norma dell’art. 567 c.p.c. e corredata della documentazione catastale dell’immobile, il giudice dell'esecuzione debba nominare (entro 15 giorni) un esperto per la determinazione del valore dell’immobile e fissare l’udienza di comparizione delle parti.

Il decreto-legge aggiunge che non oltre 30 giorni prima della data fissata per la comparizione, i creditori (il pignorante e gli intervenuti) debbano depositare un atto con il quale indicano l’ammontare del credito residuo per il quale procedono, comprensivo di interessi e spese. In mancanza di tale atto, il credito resterà fissato nell’importo indicato con il precetto (o l’intervento), maggiorato dei soli interessi legali (e dunque senza possibilità di recuperare le spese). L’atto di quantificazione dovrà altresì essere previamente notificato al debitore.

 

La ratio della disposizione, in base alla Relazione illustrativa, risiede nella volontà di agevolare l’accesso alla conversione del pignoramento, consentendo al debitore di conoscere esattamente l’importo da versare per accedere alla procedura.

 

Infine il comma 4 specifica che le nuove disposizioni si applicano alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore dell’intervento di modifica.

 

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 491 c.p.c. l’esecuzione forzata inizia con il pignoramento.

 

 

La rubrica dell’articolo si riferisce esclusivamente alle modifiche al codice di procedura civile in materia di esecuzione forzata nei confronti dei soggetti creditori della pubblica amministrazione; tuttavia l’articolo in oggetto contiene, come si è visto, altresì modifiche al codice di procedura civile in relazione alla disciplina generale dell’esecuzione forzata.


Articolo 5
(Norme in materia di semplificazione e accelerazione delle procedure negli appalti pubblici sotto soglia comunitaria)

 

 

L'articolo 5, recante norme in materia di semplificazione e accelerazione delle procedure negli appalti pubblici sotto soglia comunitaria, interviene sull'articolo 80 del codice dei contratti pubblici in materia di motivi di esclusione.

 

Più nel dettaglio il comma 1 dell'articolo modifica il comma 5 dell'articolo 80 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (Codice dei contratti pubblici), sostituendo la lettera c) con tre nuove lettere.

 

L'articolo 80, comma 5, lettera c) del decreto legislativo n. 50 del 2016 prevede che possa essere escluso dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico qualora la stazione appaltante dimostri, con mezzi adeguati, che esso si sia reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano:

·        le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni;

·         il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio;

·         il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione ovvero l'omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione. 

 

E' opportuno ricordare che l' ANAC - sul punto - ha dapprima approvato le Linee guida n. 6, recanti «Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all'art. 80, comma 5, lett. c) del Codice», e successivamente, in occasione dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 56 del 2017 (decreto correttivo), ha ritenuto opportuno procedere ad un loro aggiornamento al fine di tenere conto delle modifiche normative apportate dal citato decreto nonché delle osservazioni e delle richieste di chiarimenti pervenute dalle stazioni appaltanti.

Le linee guida prevedono l'obbligo in capo alle stazioni appaltanti di procedere alle valutazioni di competenza in ordine alla rilevanza ostativa degli specifici comportamenti tenuti dagli operatori economici, da effettuarsi nell'esercizio del potere discrezionale alle stesse riconosciuto.

 

Più nel dettaglio, rilevano quali cause di esclusione ai sensi del citato articolo 80, comma 5, lett. c), gli illeciti professionali accertati con provvedimento esecutivo, tali da rendere dubbia l'integrità del concorrente, intesa come moralità professionale, o la sua affidabilità, intesa come reale capacità tecnico professionale, nello svolgimento dell'attività oggetto di affidamento. Assumono perciò rilevanza, a titolo esemplificativo, l'inadempimento di una o più obbligazioni contrattualmente assunte; le carenze del prodotto o del servizio fornito; l'adozione di comportamenti scorretti; il ritardo nell'adempimento; l'errore professionale nell'esecuzione della prestazione; l'aver indotto in errore l'amministrazione circa la fortuità dell'evento che dà luogo al ripristino dell'opera danneggiata per caso fortuito interamente a spese dell'amministrazione stessa; così come, nei casi più gravi, l'esistenza di significative carenze che possono configurare i reati di cui agli articoli 355, sull'inadempimento di contratti di pubbliche forniture, e 356, sulla frode nelle pubbliche forniture, c.p..

Sempre con riguardo all'articolo 80 del codice dei contratti pubblici, è opportuno ricordare che recentemente il  Consiglio di Stato, con la Sentenza 2 marzo 2018, n. 1299,  ha sottolineato come l'elenco - di cui alla lettera c) del comma 5 dell'articolo 80 del codice dei contratti pubblici - che annovera i gravi illeciti professionali non abbia carattere tassativo. Secondo il Giudice amministrativo l'espressione "tra questi", contenuta nell'articolo 80, comma 5, lettera c), sottintende al carattere meramente esemplificativo dell'elencazione ivi prevista con conseguente possibilità per la stazione appaltante di operare una valutazione pienamente discrezionale in ordine agli inadempimenti posti in essere e che, pur non avendo dato luogo alle ipotesi esplicitamente indicate dalla norma, sono comunque classificabili come gravi errori professionali.

 

Come precisa la relazione illustrativa, l'articolo 5 del decreto legge in conversione interviene sul codice dei contratti pubblici al fine di "allineare il testo dell'articolo 80, comma 5, lettera c) del codice alla direttiva 2014/24/UE, articolo 57, par. 4, che considera in maniera autonoma le quattro fattispecie di esclusione indicate erroneamente, a titolo esemplificativo nell'attuale lettera c)...".

 

 

Il paragrafo 4 dell'articolo 57 prevede che le amministrazioni aggiudicatrici possono escludere, oppure gli Stati membri possono chiedere alle amministrazioni aggiudicatrici di escludere dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni:

·        ove l’amministrazione aggiudicatrice possa dimostrare con qualunque mezzo adeguato la violazione degli obblighi applicabili in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dal diritto dell’Unione, dal diritto nazionale, da contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro;

·        se l’operatore economico è in stato di fallimento o è oggetto di una procedura di insolvenza o di liquidazione, se è in stato di amministrazione controllata, se ha stipulato un concordato preventivo con i creditori, se ha cessato le sue attività o si trova in qualsiasi altra situazione analoga derivante da una procedura simile ai sensi di leggi e regolamenti nazionali;

·        se l’amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità;

·        se l’amministrazione aggiudicatrice dispone di indicazioni sufficientemente plausibili per concludere che l’operatore economico ha sottoscritto accordi con altri operatori economici intesi a falsare la concorrenza;

·        se un conflitto di interessi non può essere risolto efficacemente con altre misure meno intrusive;

·        se una distorsione della concorrenza derivante dal precedente coinvolgimento degli operatori economici nella preparazione della procedura d’appalto non può essere risolta con altre misure meno intrusive;

·        se l’operatore economico ha evidenziato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un requisito sostanziale nel quadro di un precedente contratto di appalto pubblico, di un precedente contratto di appalto con un ente aggiudicatore o di un precedente contratto di concessione che hanno causato la cessazione anticipata di tale contratto precedente, un risarcimento danni o altre sanzioni comparabili;

·        se l’operatore economico si è reso gravemente colpevole di false dichiarazioni nel fornire le informazioni richieste per verificare l’assenza di motivi di esclusione o il rispetto dei criteri di selezione, non ha trasmesso tali informazioni o non è stato in grado di presentare i documenti complementari;

·        se l’operatore economico ha tentato di influenzare indebitamente il procedimento decisionale dell’amministrazione aggiudicatrice, ha tentato di ottenere informazioni confidenziali che possono conferirgli vantaggi indebiti rispetto alla procedura di aggiudicazione dell’appalto, oppure ha fornito per negligenza informazioni fuorvianti che possono avere un’influenza notevole sulle decisioni riguardanti l’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione.

 

Le fattispecie di esclusione, attualmente contemplate, come detto, dalla lettera c), sono quindi considerate in modo autonomo nelle nuove lettere, introdotte nel comma 5 dell'articolo 80 del codice dei contratti pubblici dal decreto-legge in esame.

 

La lettera c) come riformulata prevede che possa essere escluso dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico qualora la stazione appaltante dimostri, con mezzi adeguati, che esso si sia reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità.

 

Rispetto alla formulazione vigente quindi è soppresso il più volte citato elenco delle cause di esclusione.

 

Ai sensi delle nuove lettere c-bis) e c-ter) le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, anche riferita a un suo subappaltatore, qualora l'operatore economico abbia:

·        tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le   decisioni   sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione (lettera c-bis);

·        dimostrato significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili. Su tali circostanze la stazione appaltante deve motivare anche con riferimento al tempo trascorso dalla violazione e alla gravità della stessa (lettera c-ter).


Articolo 6
(Disposizioni in merito alla tracciabilità dei dati ambientali inerenti rifiuti)

 

 

L’articolo 6 prevede la soppressione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) a decorrere dal 1° gennaio 2019 e - fino alla definizione ed alla piena operatività di un nuovo sistema di tracciabilità organizzato e gestito direttamente dal Ministero dell’ambiente - dispone l’applicazione dei meccanismi di tracciabilità tradizionali (registri di carico e scarico, formulari di trasporto e MUD).

 

Soppressione del SISTRI a decorrere dal 1° gennaio 2019 (comma 1)

 

Il comma 1 dell'articolo in esame prevede la soppressione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), previsto e disciplinato dall’art. 188-ter del D.Lgs. 152/2006.

Lo stesso comma chiarisce che, conseguentemente, non sono dovuti i contributi a carico degli operatori iscritti (previsti dall’art. 7 del D.M. 78/2016) e di altri soggetti (obbligati in virtù dell’art. 14-bis del D.L. 78/2009) per il funzionamento del sistema.

Il SISTRI è stato istituito con il D.M. 17 dicembre 2009, in attuazione dell'art. 14-bis del D.L. 78/2009, che aveva demandato al Ministero dell'ambiente la definizione dei tempi e delle modalità di attivazione del sistema, al fine di dare concreta applicazione alle norme introdotte nel corso della XV legislatura.

Con l’emanazione del D.Lgs. 205/2010, le disposizioni relative al SISTRI sono state “codificate” all’interno del D.Lgs. 152/2006 (c.d. Codice dell’ambiente). In particolare sono stati introdotti (dall’art. 16 del D.Lgs. 205/2010), nel testo del Codice, gli articoli 188-bis e 188-ter che disciplinano, rispettivamente, il controllo della tracciabilità dei rifiuti ed i soggetti obbligati all’iscrizione al SISTRI, nonché ulteriori disposizioni per l’applicazione del sistema.

A motivo di alcuni problemi applicativi registrati nella fase di avvio del sistema, la data per la sua entrata in operatività è stata più volte modificata e, con il D.L. 83/2012, ne è stata disposta la sospensione fino al 30 giugno 2013.

Con il D.M. 20 marzo 2013 sono stati stabiliti i termini di riavvio progressivo del sistema, per consentirne la messa a regime da marzo 2014. Prima di tale data, però, è intervenuto l'art. 11 del D.L. 101/2013 che ha apportato una serie di modifiche alla disciplina del SISTRI, fissato i nuovi termini per l'operatività del SISTRI e dettato norme relative ai rapporti con la società concessionaria della gestione dei sistema.

Successivamente, la normativa in questione è stata oggetto di una serie di interventi (operati dai decreti-legge nn. 150/2013, 192/2014, 210/2015, 244/2016, nonché dal comma 1134 della L. 205/2017) volti, per lo più, a prorogare il termine iniziale per l'applicazione delle sanzioni nonché ad estendere il c.d. doppio binario, cioè il periodo durante il quale i soggetti obbligati al controllo telematico devono continuare ad effettuare anche il tracciamento tradizionale dei rifiuti (vale a dire gli adempimenti e gli obblighi relativi alla responsabilità della gestione dei rifiuti, al catasto dei rifiuti, ai registri di carico e scarico, nonché al trasporto dei rifiuti, antecedenti alla disciplina relativa al SISTRI).

In base all'ultima proroga, disposta dal comma 1134 della legge di bilancio 2018 (L. 205/2017), il termine di chiusura del "doppio binario" è fissato alla data del subentro nella gestione del servizio da parte del nuovo concessionario e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2018[6].

Relativamente alla concessione del servizio di gestione del SISTRI, si ricorda che con il D.L. 91/2014 sono state introdotte norme volte a disciplinare la chiusura dei rapporti con l'attuale concessionario e l'affidamento, mediante gara, ad un nuovo concessionario. E' stato quindi fissato al 31 dicembre 2015 il termine finale di efficacia del contratto per la concessione del servizio di realizzazione, gestione e manutenzione del SISTRI disponendo, nel contempo, l'avvio delle procedure di affidamento della nuova concessione del servizio medesimo. Il termine citato è stato prorogato più volte, l'ultima delle quali dal comma 1134 della legge di bilancio 2018, fino al 31 dicembre 2018. Lo stesso comma 1134 ha riconosciuto all’attuale concessionaria del servizio, anche per il 2018 (così come per gli anni precedenti), a titolo di anticipazione delle somme da versare per l'indennizzo dei costi di produzione e salvo conguaglio, il versamento (da parte del Ministero dell’ambiente) di un importo massimo di 10 milioni di euro, in ragione dell'effettivo espletamento del servizio svolto nel corso del medesimo anno.

Relativamente all’individuazione del nuovo concessionario, si ricorda che l’aggiudicazione è avvenuta in data 1° febbraio 2017 (dopo che la prima aggiudicazione, avvenuta nell’estate 2016, era stata annullata in autotutela) in favore del raggruppamento di imprese costituendo tra Almaviva s.p.a. mandataria e Telecom Italia s.p.a. e Agriconsulting s.p.a. mandanti. Il Tar del Lazio è stato chiamato ad esprimersi sulla legittimità di tale nuova aggiudicazione (v. fascicolo del ricorso n. 2370 del 2017).

 

Relativamente ai contributi considerati dal comma in esame, si ricorda che con il D.M. 30 marzo 2016, n. 78, è stato emanato il nuovo “testo unico SISTRI” che ha sostituito ed abrogato il precedente testo unico recato dal D.M. 52/2011.

L’art. 7 del D.M. 78/2016 stabilisce che la copertura degli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento del SISTRI a carico degli operatori iscritti è assicurata mediante il pagamento di un contributo annuale, nella misura e con le modalità indicate nell'allegato 1 al medesimo decreto.

L’art. 14-bis del D.L. 78/2009 ha demandato ad un apposito decreto del Ministero dell'ambiente la definizione dell'entità dei contributi da porre a carico dei soggetti di cui all’art. 189, comma 3, del D.Lgs. 152/2006, a copertura degli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento del SISTRI.

Il testo del comma 3 a cui fa riferimento la norma è quello vigente prima delle modifiche operate dal D.Lgs. 205/2010. Tale testo disponeva che “Chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e trasporto di rifiuti, i commercianti e gli intermediari di rifiuti senza detenzione, le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento di rifiuti, i Consorzi istituiti per il recupero ed il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti, nonché le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi e le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi di cui all'articolo 184, comma 3, lettere c), d) e g), comunicano annualmente alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competenti, con le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994, n. 70, le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti oggetto delle predette attività”.

In attuazione della citata disposizione è stato emanato il D.M. 17 dicembre 2009, poi sostituito dal D.M. 52/2011, a sua volta sostituito dal D.M. 78/2016.

 

Abrogazione di norme (comma 2, lettere a, b) e c), primo periodo)

Il comma 2 dispone, a decorrere dal 1° gennaio 2019, l’abrogazione delle disposizioni di rango primario che disciplinano il SISTRI, vale a dire:

a) gli articoli 16, 35, 36, 39 commi 1, 2, 2-bis, 2-ter e 2-quater, 9, 10 e 15, del D.Lgs. 205/2010;

b) l’articolo 11, commi 1, 2, 3, 3-bis, 4, 5, 7, 8, 9, 9-bis, secondo periodo, 10, 11, 12-bis, 12-ter, 12-quater e 13 del D.L. 101/2013;

c) l’articolo 14-bis del D.L. 78/2009 (che disciplina le modalità di finanziamento del SISTRI).

Si fa notare che le norme del D.Lgs. 205/2010 e del D.L. 101/2013 sono per lo più finalizzate alla riscrittura di articoli della parte quarta del Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006) e che pertanto la loro abrogazione comporta la conseguente abrogazione delle corrispondenti disposizioni del Codice dell’ambiente.

In particolare si rammenta nuovamente che l’art. 16 del D.Lgs. 205/2015 ha introdotto, nel testo del Codice dell’ambiente, gli articoli 188-bis e 188-ter, recanti la disciplina del SISTRI. Tali articoli risultano quindi conseguentemente abrogati.

Si valuti l’opportunità di un coordinamento con le ulteriori disposizioni vigenti che fanno riferimento al SISTRI (come, ad esempio, l’art. 19, comma 8, del D.Lgs. 49/2014, che richiama le disposizioni dell’art. 188-ter).

 

Modalità di gestione dei contributi relativi all’anno 2018 (comma 2, lettera c), secondo periodo)

 

La lettera c) del comma 2, oltre ad abrogare l’art. 14-bis del D.L. 78/2009, dispone che i contributi relativi all’anno 2018, compresi quelli eventualmente versati oltre la data del 31 dicembre 2018, sono riassegnati, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, all’apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente.

Si tratta di una disposizione in linea con il testo del soppresso articolo 14-bis, il quale dispone, tra l’altro, che i contributi per la copertura degli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento del SISTRI devono essere versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, al capitolo 7082 dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente.

Si ricorda che nel disegno di legge di bilancio 2019, all’esame del Parlamento, la dotazione di tale capitolo è pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2019-2021.

 

 

 

Disciplina transitoria applicabile fino all’entrata in vigore di un nuovo sistema di tracciabilità (comma 3)

 

In base al comma 3, dal 1° gennaio 2019 e fino alla definizione ed alla piena operatività di un nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti organizzato e gestito direttamente dal Ministero dell’ambiente, i soggetti obbligati all’iscrizione al SISTRI garantiscono la tracciabilità dei rifiuti effettuando i tradizionali adempimenti previsti dagli artt. 188-190 e 193 del D.Lgs. 152/2006, nel testo previgente alle modifiche apportate dal D.Lgs. 205/2010, vale a dire provvedendo alla tenuta e alla compilazione dei registri di carico e scarico, dei formulari di identificazione dei rifiuti (FIR) per il trasporto degli stessi, e alla trasmissione annuale del MUD (modello unico di dichiarazione ambientale).

Lo stesso comma chiarisce che gli adempimenti tradizionali, in virtù dell’art. 194-bis, possono essere effettuati in formato digitale.

L’art. 194-bis del D.Lgs. 152/2006 dispone che, in attuazione delle disposizioni del codice dell'amministrazione digitale e per consentire la lettura integrata dei dati riportati, gli adempimenti relativi alle modalità di compilazione e tenuta del registro di carico e scarico e del formulario di trasporto dei rifiuti di cui agli articoli 190 e 193 del medesimo decreto legislativo possono essere effettuati in formato digitale.

 

Il comma in esame prevede altresì, sempre a decorrere dal 1° gennaio 2019, l’applicazione delle sanzioni, relative agli adempimenti suddetti, previste dall’art. 258 del D.Lgs. 152/2006, nel testo previgente alle modifiche apportate dal D.Lgs. 205/2010.

Le sanzioni richiamate fanno riferimento alla mancata o non corretta compilazione degli adempimenti “tradizionali” (MUD, registri di carico e scarico e formulari di trasporto) di cui si è detto poc’anzi.

Si fa notare che gli adempimenti tradizionali a cui fa riferimento il comma in esame non sono di fatto mai stati abbandonati. Come si è avuto modo di sottolineare in precedenza, negli anni passati è stato applicato il c.d. doppio binario (la cui scadenza è attualmente prevista per il 31 dicembre 2018), cioè un regime in cui i soggetti obbligati all’adesione al SISTRI devono continuare ad effettuare anche il tracciamento tradizionale dei rifiuti (vale a dire gli adempimenti e gli obblighi relativi alla responsabilità della gestione dei rifiuti, al catasto dei rifiuti, ai registri di carico e scarico, nonché al trasporto dei rifiuti, antecedenti alla disciplina relativa al SISTRI).

Si ricorda che l’art. 17 della direttiva 2008/98/CE, non oggetto di modifica da parte della nuova direttiva rifiuti, dispone che “Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché la produzione, la raccolta, il trasporto, lo stoccaggio e il trattamento dei rifiuti pericolosi siano eseguiti in condizioni tali da garantire la protezione dell'ambiente e della salute umana, al fine di ottemperare le disposizioni di cui all'articolo 13, comprese misure volte a garantire la tracciabilità dalla produzione alla destinazione finale e il controllo dei rifiuti pericolosi (…)”.

Tale disposizione è stata affiancata da quella dell’art. 11-bis della direttiva 2008/98/CE (introdotto dalla nuova direttiva sui rifiuti n. 2018/851/UE, il cui recepimento nell’ordinamento nazionale, non ancora avvenuto, è previsto dal disegno di legge di delegazione europea 2018, A.S. 944), che prevede che gli Stati membri stabiliscono un efficace sistema di controllo della qualità e di tracciabilità dei rifiuti urbani.

L’art. 15, comma 1, lettera b), del citato disegno di legge, prevede, tra i criteri della delega per il recepimento della nuova direttiva rifiuti, la modifica e l’estensione del sistema di tracciabilità informatica dei rifiuti.

Si ricorda infine che nel considerando 58° della nuova direttiva rifiuti vengono inoltre invitati gli Stati membri a potenziare la registrazione dei dati e i meccanismi di tracciabilità tramite l'introduzione di registri elettronici dei rifiuti pericolosi e ad applicare la raccolta elettronica dei dati anche ad altri rifiuti per semplificare alle imprese e alle amministrazioni la registrazione dei dati e per controllare meglio i flussi di rifiuti nell'Unione.


Articolo 7
(Misure urgenti in materia di edilizia penitenziaria)

 

 

L’articolo 7 reca misure urgenti in materia di edilizia penitenziaria volte a far fronte all'emergenza determinata dal progressivo sovraffollamento delle strutture carcerarie e a consentire una più celere attuazione del piano di edilizia penitenziaria in corso.

 

Come sottolinea la relazione illustrativa si tratta di un "intervento avente carattere di urgenza perché volto a prevenire gli effetti del predetto fenomeno adottando misure che, con il coinvolgimento del personale tecnico dell'amministrazione penitenziaria, favoriscono la realizzazione di nuove strutture carcerarie e la manutenzione o la ristrutturazione di strutture esistenti al fine di creare una maggiore disponibilità di posti".

 

Alla data del 30 novembre 2018 erano presenti nelle carceri italiane 60.002 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 50.583 unità. Il grafico che segue evidenzia come a partire dal 2013 il divario tra capienza regolamentare e numero di detenuti presenti si sia progressivamente ridotta fino al 2015 per poi ricominciare a crescere nel successivo biennio.

 

 

Fonte: Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria- Ufficio per lo sviluppo e la gestione del sistema informativo automatizzato- sezione statistica

 

Più nel dettaglio il comma 1 - facendo salve le competenze spettanti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in materia di edilizia penitenziaria - assegna, per un biennio (dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2020), al personale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) anche le seguenti ulteriori funzioni:

·        l'effettuazione di progetti e perizie per la ristrutturazione e la manutenzione anche straordinaria degli immobili in uso governativo all'amministrazione penitenziaria, nonché per la realizzazione di nuove strutture carcerarie, ivi compresi alloggi di servizio per la polizia penitenziaria, ovvero per l'aumento della capienza delle strutture esistenti;

·        la gestione delle procedure di affidamento dei suddetti interventi e di quelle di formazione dei contratti e di esecuzione degli stessi in conformità alla normativa vigente in materia;

·        l'individuazione di immobili, nella disponibilità dello Stato o di enti pubblici territoriali e non territoriali, dismessi e idonei alla riconversione, alla permuta, alla costituzione di diritti reali sugli immobili in favore di terzi al fine della loro valorizzazione per la realizzazione di strutture carcerarie.

 

Come evidenzia la relazione illustrativa tale intervento normativo, che consiste in un ampliamento delle funzioni già assegnate al personale tecnico del DAP, "costituisce un'alternativa all'intervento commissariale". Rileva altresì la relazione come l'esperienza nel settore abbia evidenziato - con riguardo all'edilizia penitenziaria - aspetti problematici connessi alla eccessiva lunghezza dei tempi intercorrenti tra la progettazione e la disponibilità delle nuove strutture e alla sostanziale estraneità dell'amministrazione penitenziaria rispetto alle opere di edilizia. Al Ministero della giustizia (DAP) è infatti assegnata una competenza solo residuale nella progettazione e nella realizzazione delle opere. Tali interventi rientrano infatti nell'ambito di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Dipartimento delle infrastrutture).

 

Attualmente ai sensi dell'articolo 35 (comma 2) della legge 15 dicembre 1990, n. 395 (Ordinamento del corpo di polizia penitenziaria), al personale del DAP sono attribuite le seguenti funzioni:

·         effettuazione di studi e ricerche in materia di edilizia penitenziaria, anche con eventuale collaborazione di esperti esterni alla pubblica amministrazione;

·         effettuazione di studi e di progetti tipo e di normativa costruttiva sotto lo specifico profilo della tecnica penitenziaria ai fini della progettazione delle opere di edilizia penitenziaria, da approvarsi con decreto del Ministro di grazia e giustizia;

·         effettuazione, in casi di urgenza, di progetti e perizie per la ristrutturazione degli immobili dell'Amministrazione penitenziaria.

 

La relazione tecnica precisa inoltre come attualmente il personale tecnico del DAP è costituito da circa 40 unità tra ingegneri e architetti, in servizio presso gli Uffici tecnici dello stesso Dipartimento, dotati di laurea tecnica in ingegneria e architettura e di abilitazione all'esercizio della relativa professione, previo superamento dell'esame di Stato, in osservanza della vigente normativa in materia di pubblico impiego e progettazione, direzione e collaudo lavori di opere pubbliche. La medesima relazione sottolinea come siano in corso di espletamento procedure concorsuali per l'assunzione di ulteriori 17 unità di ingegneri e 3 unità di architetti, i quali dovranno prendere servizio nei primi mesi del 2019.

 

Per lo svolgimento di tali nuove funzioni il comma 2 prevede che il DAP possa avvalersi anche del personale del personale dei competenti Uffici del Genio militare del ministero della difesa attraverso la stipula di apposite convenzioni.

 

La definizione del programma dei lavori da eseguire e l'individuazione dell'ordine di priorità è demandato ad un successivo decreto del Ministro della giustizia, da adottarsi - su proposta del Capo del DAP - entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge in esame - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Nel formulare la proposta il capo del DAP deve tenere conto dei programmi di edilizia penitenziaria predisposti dal Comitato paritetico in materia di edilizia penitenziaria costituito presso il Ministero della giustizia (comma 3).

 

In proposito la relazione illustrativa rileva: "Si tratta di una necessaria norma di raccordo tra le competenze dell'amministrazione della giustizia (DAP) e quelle del Ministero cui sono rimesse in via ordinaria le competenze in materia di progettazione e realizzazione delle strutture carcerarie (MIT). Essa ha dunque la funzione di definire l'ambito di operatività della disposizione, finalizzata a favorire una accelerazione dell'attuazione dei piani di edilizia carceraria in atto mediante il supporto temporaneo ed eccezionale, del personale dell'amministrazione penitenziaria, autorizzato, dalla norma illustrata, a svolgere, a sua volta, in un quadro unitario e concordato, attività funzionali alla realizzazione urgente di strutture penitenziarie".

 

Il comma 4 reca la clausola di invarianza finanziaria, prevedendo che all'attuazione dell'articolo in esame si debba provvedere nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente destinate all'edilizia penitenziaria.

In proposito la relazione tecnica evidenzia come le risorse previste a legislazione vigente nel Bilancio del Ministero della giustizia per l'anno 2018 -Tabella 5 - 1.1. Amministrazione penitenziaria - Azione Realizzazione di nuove infrastrutture, potenziamento e ristrutturazione nell'ambito della edilizia carceraria sui Capitoli 7300 e 7301, ammontano complessivamente a circa 26 milioni di euro per l'anno 2018 e a circa 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020. É inoltre assegnato all'amministrazione penitenziaria un importo complessivo di 185 milioni di euro nel periodo 2018-2033 a valere sul fondo per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese di cui all'articolo 1, comma 140 della legge di bilancio 2017 (come rifinanziato dalla legge di bilancio 2018)

 

 

Con riguardo alla disciplina relativa all'edilizia penitenziaria è opportuno ricordare che il primo programma ordinario di edilizia penitenziaria è stato istituito con la legge 12 dicembre 1971, n.1133, che ha previsto uno stanziamento di 100 miliardi di lire per la costruzione, il completamento, l'adeguamento e la permuta di edifici destinati a istituti di prevenzione e pena e ha attribuito le competenze in materia al Ministero dei lavori pubblici, con la creazione di un apposito capitolo di bilancio.

Con la legge 1 luglio 1977, n. 404, lo stanziamento è stato aumentato di 400 miliardi di lire. Dal 1977 al 2001 (con la legge finanziaria n. 448 del 2001) sono state stanziate ulteriori risorse economiche per circa 3 miliardi di euro complessivi. Le successive leggi finanziarie non hanno invece stanziato ulteriori risorse economiche e annualmente i fondi assegnati sono stati rimodulati e con la legge finanziaria 2006 (legge n. 266 del 2005) perfino ridotti di 20 milioni di euro.

Successivamente, con la legge finanziaria 2008 (legge n. 244/2007), è stato previsto un programma di interventi, attraverso uno stanziamento di 70 milioni di euro per il triennio 2008-2010. Tale stanziamento è stato drasticamente ridotto dalla legge n. 126 del 2009 a 15 milioni (per il medesimo triennio). Ancora, il decreto legge 22 dicembre 2011, n. 211 ha previsto un'integrazione delle risorse finanziarie, pari a circa 57,27 milioni di euro, per l'adeguamento, potenziamento e messa a norma di infrastrutture carcerarie.

 

Nel 2010, a fronte di un tasso di sovraffollamento detentivo pari a 151, il Governo, nel dichiarare lo stato d'emergenza, è intervenuto approvando, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 marzo 2010, n. 3861, il cosiddetto Piano carceri, destinato ad affiancarsi, senza sostituirlo, al programma di edilizia penitenziaria.

Il Piano inizialmente prevedeva la programmazione di risorse finanziarie per 675 milioni di euro ed era articolato nei seguenti filoni:

· interventi di edilizia carceraria;

 · misure normative (modifiche al sistema sanzionatorio con misure che prevedessero, la possibilità della detenzione domiciliare per pene detentive fino ad un anno e la messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni, con conseguente sospensione del processo;

 · assunzione di 2.000 nuovi agenti di Polizia Penitenziaria (le carenze di organico, all'epoca, risultavano pari a circa 5.000 unità).

 Per quanto riguarda gli interventi sull’offerta penitenziaria volti ad incrementare la capienza degli istituti di pena, il Piano prevedeva:

· per il 2010 l’ampliamento di una serie di istituti già esistenti;

 · per il biennio 2011-2012 la realizzazione di 18 nuove carceri, di cui 10 "flessibili" (di prima accoglienza e a custodia attenuata, destinate a detenuti con pene lievi) cui se ne dovevano aggiungere altre 8 (anch'esse "flessibili") in aree strategiche, così da portare la cosiddetta capienza tollerabile delle carceri italiane a circa 80.000 unità, con un incremento complessivo di oltre 21.700 posti.

 

L'attuazione degli interventi di edilizia penitenziaria è stata demandata dal 2010 al 2014 a Commissari ministeriali, in capo ai quali sono state accentrate le competenze attribuite in via ordinaria ai dicasteri della giustizia e delle infrastrutture. Il primo Commissario è stato il Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (DAP) del Ministero della giustizia e l’ultimo il Commissario straordinario del governo per le infrastrutture penitenziarie. Quest'ultimo, nominato il 3 dicembre 2012, ha cessato le sue funzioni con 5 mesi di anticipo rispetto alla scadenza originaria, ai sensi dell'articolo 6-bis del decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92 (conv. Legge 11 agosto 2014, n. 117) il 31 luglio 2014. Le sue funzioni sono quindi state riattribuite ai Ministeri della giustizia e delle infrastrutture e dei trasporti.

 Complessivamente il Piano carceri, al di là delle stime iniziali, ha portato ad un miglioramento della capienza certificato dalla Corte dei Conti, pari a 4.415 posti tra 2010 e 2014. Secondo il Giudice contabile "I risultati finali dell’attività dei Commissari sono infatti da considerare, malgrado le opere realizzate o in corso di realizzazione, senz’altro deludenti rispetto agli obiettivi di grande rapidità ed efficacia attesi dai loro interventi, anche se va tenuto presente che l’attività dell’ultimo Commissario, quello “straordinario del governo”, si è svolta durante un arco temporale ridottosi nel 2014 di più di cinque mesi". Ancora. In termini finanziari, la Corte dei conti ha rilevato che, rispetto ai 462,769 milioni assegnati nel periodo 2010-2014 alla contabilità speciale dei Commissari, alla data della cessazione dell’incarico dell’ultimo Commissario (31 luglio 2014) erano stati spesi appena 52,374 milioni (l’11,32 per cento circa). La differenza di 410,395 milioni è stata rimessa, in data 29 dicembre 2014, all’entrata dello Stato per la riassegnazione ai competenti ministeri, che dovranno gestire il seguito delle attività interrotte con la conclusione del commissariamento.

 

 Nel 2015 il DAP ha predisposto – sulla base dei fabbisogni e tenendo conto delle disposizioni disponibili - per il quinquennio 2015-2020 un Piano di edilizia penitenziaria da sottoporre al Comitato paritetico interministeriale. Obiettivo primario del Piano nazionale era di raggiungere una quantità? di posti pari al numero di? detenuti da ospitare, in complessi demaniali adeguati all'ordinamento Penitenziario (si veda Doc. CXVI n. 4/XVII legislatura). Successivamente, nel 2016, il DAP ha avviato gli studi per un nuovo piano strategico mentre il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha provveduto ad una rimodulazione del Piano Carceri (si veda Doc. CXVI n. 6/XVII legislatura).

In materia penitenziaria è opportuno ricordare poi, che la legge n. 103 del 2017 (cd. Legge Orlando) aveva previsto una ampia riforma dell'ordinamento penale, nonché dell'ordinamento penitenziario. Il provvedimento ha previsto numerose deleghe al Governo, tra cui la revisione della disciplina dell'esecuzione delle pene nei confronti dei condannati minorenni (attuata con il D.Lgs. 121 del 2018), la riforma dell'ordinamento penitenziario (attuata con il D.Lgs. 123 del 2018), l'incremento del lavoro carcerario (attuato con il D.Lgs. 124 del 2018).  

Per l’attuazione della riforma del processo penale e dell’ordinamento penitenziario, è stato istituito dalla legge di bilancio 2018 (all’articolo 1, comma 475, della Legge 205/2017) un apposito Fondo presso il Ministero della giustizia. Le risorse del Fondo sono destinate con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze all’attuazione delle disposizioni della legge n. 103 del 2017 e in particolare agli interventi di riforma dell'ordinamento penitenziario. Il fondo è infatti collocato al capitolo 1773, all'interno del programma Amministrazione penitenziaria. Per tali finalità sono previsti i seguenti stanziamenti: 10 milioni di euro per l’anno 2018; 20 milioni di euro per l’anno 2019; 30 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020. Tale Fondo, in base ad un intervento nella Sez. II del disegno di Bilancio (AS 981) - attualmente all’esame parlamentare – è stato, per il 2019, definanziato di 10 milioni di euro. Analogo definanziamento di 10 mln di euro è previsto per il 2020 e il 2021. Il comma 324 dell'articolo 1 della legge di bilancio inoltre ha esteso agli interventi urgenti destinati alla funzionalità delle strutture e dei servizi penitenziari e minorili le finalità del Fondo per l’attuazione della riforma del processo penale e dell’ordinamento penitenziario prevista dalla legge 103 del 2017.


Articolo 8
(Piattaforme digitali)

 

 

L'articolo 8 trasferisce, dall'Agenzia per l'Italia Digitale (AgID) alla Presidenza del Consiglio dei ministri, i compiti relativi alla piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento. Tale piattaforma è dedicata all'effettuazione di pagamenti con modalità informatiche che devono essere obbligatoriamente accettati dalle pubbliche amministrazioni dai gestori di servizi pubblici dalle società a controllo pubblico. A tale fine è costituita, entro 120 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge in esame, una società per azioni interamente partecipata dallo Stato per lo svolgimento delle suddette attività. Al Presidente del Consiglio dei ministri sono attribuite le funzioni di indirizzo, coordinamento e supporto tecnico delle pubbliche amministrazioni per assicurare la massima diffusione delle forme di pagamento con strumenti elettronico.

 

Le disposizioni di questo articolo concernono la piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati, volta ad assicurare l'autenticazione dei soggetti interessati all'operazione in tutta la gestione del processo di pagamento.

Secondo la disciplina vigente, i soggetti abilitati eseguono pagamenti a favore delle pubbliche amministrazioni attraverso l'utilizzo della piattaforma. Le pubbliche amministrazioni sono obbligate ad accettare, tramite la piattaforma, i pagamenti spettanti a qualsiasi titolo attraverso sistemi di pagamento elettronico; e consentono di effettuare pagamenti elettronici tramite la piattaforma anche per il pagamento spontaneo di tributi, così come accettano altre forme di pagamento elettronico.  

Per pubbliche amministrazioni si intendono - oltre quelle indicate dall'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo n. 165 del 2001 (comprese le autorità di sistema portuale nonché le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione) - anche i gestori di servizi pubblici (incluse le società quotate) in relazione ai servizi di pubblico interesse, nonché le società a controllo pubblico (escluse le società quotate). Così prevede l’articolo 5, comma 2 del codice dell'amministrazione digitale, richiamato dalla disposizione in commento,

La piattaforma è infatti oggetto dell'articolo 5 del codice dell'amministrazione digitale (decreto legislativo n. 82 del 2005), nella riscrittura resane da successivi atti, in ultimo il decreto legislativo n. 179 del 2016.

Secondo quell'articolo 5 del codice, la piattaforma tecnologica per l'interconnessione per i pagamenti elettronici è messa a disposizione - attraverso il Sistema pubblico di connettività - dall'Agenzia per l'Italia Digitale (AgID).

Su tale previsione incide l'articolo in esame.

Il comma 1 prevede infatti che la gestione della piattaforma, così come lo svolgimento dei compiti che la riguardino, siano trasferiti dall'AgID alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Quest'ultima si avvale, ove nominato[7], del Commissario straordinario per straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale (che il Presidente del Consiglio dei ministri, in sede di prima attuazione del decreto legislativo n. 179 del 2016, può nominare, per un periodo non superiore a tre anni, affinché quegli svolga funzioni di coordinamento operativo dei soggetti pubblici operanti nel settore delle tecnologie dell'informatica e della comunicazione e rilevanti per l'attuazione degli obiettivi di cui all'Agenda digitale italiana, con esercizio di poteri di impulso e di coordinamento nei confronti delle pubbliche amministrazioni cui competano gli adempimenti attuativi dell'Agenda, e con poteri sostitutivi in caso di inadempimenti; o anche curi, se delegato a questo, l'attuazione dei progetti di rilevanza strategica e di interesse nazionale: cfr. l'articolo 63 del citato decreto legislativo n. 179).

 

La piattaforma tecnologica ha assunto il nome "PagoPA". Essa è una delle infrastrutture abilitanti previste dal Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione (altre sono: Sistema Pubblico di Identità Digitale; Carta d'Identità Elettronica; Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente); è mirata a che cittadini ed imprese effettuino i pagamenti verso pubbliche amministrazioni e gestori di servizi di pubblica utilità, tramite un sistema unitario ed avvalendosi del maggior numero possibile di canali di pagamento.

Non configura un mero sistema di pagamenti on line, potendo integrare al suo interno modalità tradizionali di pagamento attraverso un canale unico per la condivisione di modalità di incasso, rendicontazione e gestione delle ricevute.

 

L'Agenzia per l'Italia Digitale (AgID), è stata istituita con gli articoli 19, 20 e 21 del decreto legge n. 83 del 2012. L'AgID è preposta alla realizzazione degli obiettivi dell'Agenda Digitale Italiana, in coerenza con gli indirizzi dettati dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro delegato, e con l'Agenda digitale europea. L'Agenzia monitora, in particolare, l'attuazione dei piani predisposti dalle pubbliche amministrazioni, promuovendone annualmente di nuovi, in linea con l'Agenda digitale europea. Essa assorbe anche le funzioni dei preesistenti organismi (DigitPA e Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione).

 

Gestione e compiti della piattaforma, che cessano di spettare così all'AgID, sono indi attribuiti - dispone il comma 2 - ad una società per azioni interamente partecipata dallo Stato, da costituirsi entro centoventi giorni, sulla base di direttiva del Presidente del Consiglio (per l'indicazione degli obiettivi) e di decreto del medesimo Presidente (per la definizione di criteri e modalità).

Per il capitale sociale iniziale, sono utilizzate parte delle risorse finanziarie dell'AgID, assegnatele per le esigenze della piattaforma. Ulteriori determinazioni su questo riguardo sono rimesse a decreto della Presidenza del Consiglio.

Lo statuto della società dovrà prevedere modalità di vigilanza (anche per verificare il grado di conseguimento degli obiettivi) da parte del Presidente del Consiglio (o di ministro delegato).

Per il resto si intende che valgano le norme del Testo unico sulle società partecipate (di cui al decreto legislativo n. 175 del 2016), le quali hanno ad oggetto la costituzione di società da parte di amministrazioni pubbliche, nonché l'acquisto, il mantenimento e la gestione di partecipazioni da parte di tali amministrazioni, in società a totale o parziale partecipazione pubblica, diretta o indiretta.

La partecipazione pubblica, i cui elementi definitori sono riportati nell’articolo 2 del testo unico, è ammessa esclusivamente in società, anche consortili, costituite in forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata, anche in forma cooperativa.

La disposizione in commento opta per la forma della società per azioni.

Quanto all'articolo 9 del Testo unico sulle società partecipate, richiamato dalla disposizione in commento, esso individua i soggetti deputati a esercitare i diritti dell'azionista (per le partecipazioni statali, il Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministeri competenti per materia) nonché pone alcune regole circa la validità delle deliberazioni degli organi societari.

Per il riguardo finanziario, la relazione tecnica quantifica una spesa massima per la costituzione della società per azioni in 1 milione di euro. Le risorse già destinate per la piattaforma all'AgID risulterebbero più che capienti, giacché esse presentano (su un ammontare iniziale di oltre 13 milioni) 9,3 milioni disponibili per l'ultimo trimestre 2018 e l'intero 2019.

In prosieguo di attività, la società per azioni è destinata altresì ad autofinanziarsi, mediante le commissioni di servizio sulle transazioni, sostenute dai prestatori di servizi di pagamento (posto che ad oggi transitano attraverso la piattaforma non meno di 1,8 miliardi di euro).

Quanto alle risorse destinate al Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale, la medesima relazione tecnica riporta come disponibili (dei complessivi 35 milioni originariamente assegnati) 20 milioni, a valere degli appositi capitoli di bilancio della Presidenza del Consiglio.

 

Il comma 3 pone in capo alla Presidenza del Consiglio le funzioni di indirizzo, coordinamento e supporto tecnico delle pubbliche amministrazioni, onde rendere "capillare" la diffusione del sistema di pagamento elettronico attraverso la piattaforma.

Siffatte funzioni propulsive sono altresì volte allo sviluppo del punto di accesso telematico (previsto presso la Presidenza del Consiglio dall'articolo 64-bis del codice dell'amministrazione digitale) e della piattaforma digitale nazionale dati (prevista dall'articolo 50-ter del codice come finalizzata a favorire la conoscenza e l'utilizzo del patrimonio informativo detenuto per finalità istituzionali dalle pubbliche amministrazioni, nonché la condivisione dei dati a fini di semplificazione degli adempimenti amministrativi dei cittadini e delle imprese).

Per questi ultimi aspetti - ossia la implementazione e sviluppo del punto di accesso telematico e della piattaforma digitale nazionale dati - la Presidenza del Consiglio è tenuta ad operare nel limite delle risorse disponibili assegnatele nel bilancio per l'attuazione dell'Agenda digitale. Per l'indirizzo e coordinamento del sistema di pagamento elettronico attraverso la specifica piattaforma, è prevista una compensazione di effetti finanziari (in termini di fabbisogno e di indebitamento netto) per 5 milioni per ciascun anno del triennio 2019-21, per i quali si attinge al Fondo per la compensazione di effetti finanziari non previsti a legislazione vigente, istituito (ai sensi dell'articolo 6, comma 2 del decreto legge n. 154) nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.

 

 Ulteriori disposizioni dell'articolo novellano alcune disposizioni transitorie contenute nel decreto legislativo n. 217 del 2017, correttivo ed integrativo del decreto legislativo n. 179 del 2016, a sua volta modificativo del codice dell'amministrazione digitale.

 

Del decreto legislativo n. 217 l'articolo 65, comma 2 prevede il termine del 1° gennaio 2019 perché 'scatti' l'obbligo per i prestatori di servizi di pagamento abilitati di utilizzare esclusivamente la piattaforma preposta al pagamento elettronico, oggetto dell'articolo in commento del presente decreto-legge.

Ebbene, il comma 4 posticipa il termine al 31 dicembre 2019.

 

Ancora l'articolo 65 del decreto legislativo n. 217 del 2017, stavolta al comma 7, prevede un'abrogazione tout court dell'articolo 48 del codice dell'amministrazione digitale, relativo alla posta elettronica certificata ed alla notificazione del documento informatico trasmesso per via telematica.

Il comma 5 posticipa e condiziona siffatta abrogazione, al momento in cui intervenga un decreto del Presidente del Consiglio (sentiti l'AgID e il Garante per la protezione dei dati personali) che adotti le misure necessarie a garantire (anche riguardo alla qualificazione ed accreditamento dei soggetti gestori, ex articolo 29 del codice) la conformità dei servizi di posta elettronica certificata alla disciplina del codice dell'amministrazione digitale ed europea (regolamento UE n. 190 del 2014) circa l'identificazione elettronica e i servizi fiduciari per le transazioni elettroniche.

Siffatta posticipazione mira a far sì che la regolamentazione tecnica (finora non adottata) circa l'interoperabilità, necessaria onde applicare il regolamento europeo eIDAS sopra ricordato sul recapito certificato di comunicazioni elettroniche, giunga a definizione.

 

L'articolo 48 del codice dell'amministrazione digitale, della cui abrogazione qui si tratta, recita:

"1. La trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene mediante la posta elettronica certificata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, o mediante altre soluzioni tecnologiche individuate con le Linee guida.

2. La trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata ai sensi del comma 1, equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta.

3. La data e l'ora di trasmissione e di ricezione di un documento informatico trasmesso ai sensi del comma 1 sono opponibili ai terzi se conformi alle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, ed alle relative regole tecniche, ovvero conformi alle Linee guida".

 


Articolo 9
(Disposizioni urgenti in materia di medicina generale)

 

 

I commi 1 e 3 introducono, in via transitoria, la possibilità di assegnazione degli incarichi di medicina generale ai medici iscritti al relativo corso di formazione specialistica. Il comma 2 prevede che le regioni e le province autonome possano disporre limitazioni rispetto ai massimali di assistiti in carico stabiliti dall'accordo collettivo nazionale relativo alla medicina generale e conferma che le regioni e le province autonome possono organizzare anche secondo modalità di tempo parziale i corsi di formazione specialistica in medicina generale.

 

Più in particolare, il comma 1 prevede che, fino al 31 dicembre 2021, in considerazione dell'attuale carenza di medici di medicina generale (cosiddetti medici di base) e nelle more di una revisione complessiva del relativo sistema di formazione, i laureati in medicina e chirurgia, abilitati all'esercizio professionale ed iscritti ad un corso di formazione specialistica per medici di medicina generale, possano partecipare all'assegnazione degli incarichi relativi al settore in oggetto (incarichi svolti, come noto, in convenzione con il Servizio sanitario nazionale).

Per gli incarichi concernenti l'emergenza sanitaria territoriale, resta fermo il requisito del possesso dell'attestato di idoneità al relativo esercizio - attestato che, ai sensi dell'articolo 96 dell'accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, è conseguito dal medico di medicina generale al termine di un apposito corso, organizzato dalle regioni e dalle aziende sanitarie locali -.

L'assegnazione degli incarichi ai medici specializzandi ai sensi della deroga transitoria di cui al presente comma 1 è subordinata al previo esaurimento della graduatoria regionale relativa agli altri medici aventi diritto. Il mancato conseguimento del titolo di specializzazione in medicina generale entro il termine previsto dal relativo corso determina la cancellazione dalla graduatoria regionale concernente gli incarichi in oggetto e la decadenza dall'incarico eventualmente già assegnato.

La relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del presente decreto osserva che la deroga in esame, sotto il profilo della disciplina europea, costituisce una facoltà dello Stato membro (con riferimento agli iscritti ai corsi di formazione specifica in medicina generale), ai sensi dell'articolo 29 della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005.

Il comma 2 prevede, in primo luogo, che le regioni e le province autonome possano disporre limitazioni rispetto ai massimali di assistiti in carico stabiliti dal summenzionato accordo collettivo nazionale. Dalla nuova disposizione deriva anche che, mentre in base al citato accordo collettivo il medico di medicina generale può autolimitare il proprio massimale solo nel rispetto di una certa soglia minima, quest'ultima può essere ora derogata da parte delle regioni e province autonome.

Considerato che la norma in esame fa riferimento alle finalità di cui al comma 1, sembrerebbe opportuno chiarire se le eventuali limitazioni possano riguardare anche il periodo successivo al 31 dicembre 2021.

Il medesimo comma 2 conferma inoltre che le regioni e le province autonome possono organizzare anche secondo modalità di tempo parziale i corsi di formazione specialistica per medici di medicina generale, come già previsto dal richiamato articolo 24, comma 3, del D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 368, e successive modificazioni.

Il comma 3 prevede che, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, in sede di accordo collettivo nazionale, siano individuati i criteri di priorità per l'inserimento nelle graduatorie regionali, ai fini dell'assegnazione degli incarichi convenzionali in base alla deroga di cui al comma 1, nonché le relative modalità di remunerazione. Nelle more della definizione dei summenzionati criteri, si applicano quelli previsti dal vigente accordo collettivo nazionale per le sostituzioni e gli incarichi provvisori.

Il comma 4 reca le clausole di invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica.


Articolo 10
(Semplificazioni amministrative in materia di dirigenza scolastica)

 

 

Al comma 1 si prevede che, in deroga alla procedura ordinaria fissata all'articolo 29 del d.lgs. n. 165 del 2011 ed al successivo D.M. n. 138 del 2017, siano dichiarati vincitori i candidati ammessi al corso di formazione dirigenziale e tirocinio del corso-concorso bandito nel 2017 per il reclutamento di dirigenti scolastici ed assunti secondo l’ordine di graduatoria di ammissione al corso medesimo.

Al comma 2 si prevede che le risorse pari a 8,26 milioni di euro, stanziate per ciascuno degli anni 2018 e 2019, al fine del semi-esonero del personale frequentante il corso di formazione dirigenziale e tirocinio – non più necessarie ai sensi del comma 1 – confluiscano nel Fondo “La Buona Scuola” di cui all’articolo 1, comma 202, legge n. 107 del 2015, per essere destinati alle assunzioni di personale.

 

Il comma 1 prevede una deroga alla procedura ordinaria di reclutamento dei dirigenti scolastici fissata all'art. 29 del d.lgs. n. 165 del 2001 nonché al successivo D.M. n. 138 del 2017, anticipando l’assunzione dei vincitori al momento dell'ammissione dei candidati al corso conclusivo del corso-concorso nazionale, per titoli ed esami, per l’assunzione di 2.425 dirigenti scolastici, bandito nella G.U. del 24 novembre 2017, di cui 9 destinati alle scuole con lingua di insegnamento slovena e con insegnamento bilingue sloveno-italiano della regione autonoma del Friuli Venezia Giulia. Si prevede altresì che il periodo di formazione e prova sia disciplinato dai decreti di cui all'articolo 29 del d.lgs. n. 165 del 2001.

 

Nella Relazione illustrativa si evidenzia che il modello concorsuale delineato dalla normativa primaria e secondaria si sostanzia in una procedura estremamente lunga e complessa, inidonea, in sede di prima applicazione, a sopperire alle criticità organizzative delle istituzioni scolastiche, tanto che nell'anno scolastico 2018/2019 sono 1.536 i posti di dirigente scolastico vacanti e disponibili. L'intervento in oggetto si giustificherebbe dunque nell'ottica di accelerare, in prima applicazione, lo svolgimento della procedura per il reclutamento dei dirigenti scolastici, che se svolta secondo la procedura ordinaria, renderebbe impossibile le immissioni in ruolo a decorrere dal 2019/2020 e dunque nell'ottica del preminente interesse alla funzionalità del sistema scolastico. 

 

La procedura ordinaria di reclutamento dei dirigenti scolastici

 

Il sistema di reclutamento dei dirigenti scolastici è stato riformato, da ultimo, dalla L. di stabilità 2016 (L. 208/2015: art. 1, co. 217 e 218), che ha affidato al MIUR, sentito il MEF, l'emanazione del bando per il corso-concorso selettivo di formazione, per tutti i posti vacanti nel triennio. Al corso-concorso possono partecipare i docenti e il personale educativo di ruolo con almeno cinque anni di servizio.

La normativa primaria è contenuta nell'art. 29 del d.lgs. n. 165 del 2001 che prevede che il reclutamento dei dirigenti scolastici si realizza mediante corso-concorso selettivo di formazione bandito dal MIUR, sentito il MEF, per tutti i posti vacanti nel triennio, fermo restando il regime autorizzatorio in materia di assunzioni di cui all'articolo 39, comma 3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni. Al corso-concorso possono essere ammessi candidati in numero superiore a quello dei posti, secondo una percentuale massima del 20 per cento. Al concorso per l'accesso al corso-concorso può partecipare il personale docente ed educativo delle istituzioni scolastiche ed educative statali in possesso del relativo diploma di laurea magistrale ovvero di laurea conseguita in base al previgente ordinamento, che abbia maturato un'anzianità complessiva nel ruolo di appartenenza di almeno cinque anni. È previsto il pagamento di un contributo, da parte dei candidati, per le spese della procedura concorsuale. Il concorso può comprendere una prova preselettiva e comprende una o più prove scritte, cui sono ammessi tutti coloro che superano l'eventuale preselezione, e una prova orale, a cui segue la valutazione dei titoli. Il corso-concorso si svolge in giorni e orari e con metodi didattici compatibili con l'attività didattica svolta dai partecipanti, con eventuale riduzione del loro carico didattico. Le spese di viaggio e alloggio sono a carico dei partecipanti. Con decreto del MIUR sono definite le modalità di svolgimento delle procedure concorsuali, la durata del corso e le forme di valutazione dei candidati ammessi al corso.

E', quindi, intervenuto il regolamento emanato DM 3 agosto 2017, n. 138, che ha previsto un corso-concorso articolato in tre fasi (eventuale prova pre-selettiva; concorso di ammissione al corso di formazione dirigenziale; corso di formazione dirigenziale e tirocinio). 

La prova preselettiva è svolta solo se il numero dei candidati al concorso pubblico per l'ammissione al corso di formazione dirigenziale sia complessivamente superiore a tre volte quello dei posti disponibili a livello nazionale. Le prove di esame del concorso pubblico per l'ammissione al corso di formazione dirigenziale e tirocinio si articolano:

·      in una prova scritta, da svolgersi con l'ausilio di sistemi informatici e consistente in cinque quesiti a risposta aperta e in due quesiti in lingua straniera;

·      in una prova orale, consistente in un colloquio sulle materie d’esame della prova scritta e volta altresì ad accertare la conoscenza di lingue straniere, di strumenti informatici nonché alla risoluzione di un caso riguardante la funzione del dirigente scolastico.

I candidati che abbiano superato le prove di concorso sono ammessi al corso conclusivo del corso-concorso – consistente nel corso di formazione dirigenziale e tirocinio – sulla base di una prima graduatoria generale nazionale per merito e titoli derivante dalla somma dei punteggi conseguiti nelle prove scritte ed orali nonché dei titoli posseduti.

Il corso di formazione dirigenziale e tirocinio selettivo è finalizzato all'arricchimento delle competenze professionali e culturali possedute dai candidati, in relazione alle funzioni proprie del dirigente scolastico, e comprende:

·           due mesi di corso di formazione generale, parte integrante della procedura concorsuale e svolto presso le Università e composto di quattro moduli formativi della durata complessiva di 240 ore di lezione, con frequenza obbligatoria minima di 180 ore di lezione ai fini dell’ammissione al successivo tirocinio;

·           quattro mesi di tirocinio svolti presso le istituzioni scolastiche al termine dei quali i candidati devono sostenere ulteriori prove ed in particolare:

·                una prova scritta consistente in un elaborato di carattere teorico-pratico, sulle materie oggetto dei moduli formativi previsti dal corso di formazione generale e superata se si consegue una votazione di almeno 70 centesimi;

·                un colloquio finale, consistente in quattro domande, una per ognuno dei moduli formativi previsti corso di formazione generale, nonché in una domanda di carattere tecnico pratico relativa al tirocinio svolto.

Ai sensi dell’art. 20 del D.M. n. 138/2017 sono dichiarati vincitori del corso-concorso, i candidati utilmente collocati nella graduatoria generale di merito conclusiva del corso di formazione dirigenziale e tirocinio, formulata secondo il punteggio conseguito nelle prove scritta e orale del corso di formazione medesimo.

 

 

L’iter concorsuale finora seguito nel corso-concorso bandito nel 2017

 

Nella Gazzetta ufficiale - IV serie speciale del 24 novembre 2017 - è stato, dunque, pubblicato il bando del corso-concorso nazionale, per titoli ed esami, finalizzato al reclutamento di dirigenti scolastici presso le istituzioni scolastiche statali, per 2416 posti, cui si aggiungono 9 posti destinati alle scuole con lingua di insegnamento slovena e con insegnamento bilingue sloveno-italiano della regione autonoma del Friuli Venezia Giulia.

Con comunicato stampa del 29 dicembre 2017, il MIUR aveva comunicato che erano state effettivamente inoltrate 35.044 domande e che l'età media dei candidati era di 49 anni.

Il 24 luglio 2018 il MIUR aveva reso noto che alla prova preselettiva avevano partecipato 24.082 candidati, di cui 17.279 donne e 6.803 uomini e che gli ammessi alle prove scritte erano, in virtù degli ex-aequo, 8.736 (più i candidati in possesso dei requisiti previsti dall'art. 20, co. 2 bis, della L. 104/1992). Qui il D.D. 1134 del 24 luglio 2018 e l'allegato elenco degli ammessi.

Nella Gazzetta ufficiale – IV serie speciale del 14 settembre 2018 è stato pubblicato il diario della prova scritta, che si è svolta il 18 ottobre 2018 , tranne - a causa del maltempo - in Sardegna.

Nella Gazzetta ufficiale - IV serie speciale del 9 novembre 2018 - è stato pubblicato il diario della prova scritta in Sardegna, che si è svolta il 13 dicembre 2018.

Il 12 dicembre 2018 sono stati pubblicati sul sito del MIUR i quadri di riferimento della prova scritta del corso-concorso nazionale.

 

 

La deroga prevista al comma 1 si applica anche al corso concorso bandito per la copertura dei 9 posti di dirigenti scolastici nelle scuole di lingua slovena o bilingue.

 

Ai sensi dell'art. 17, comma 1-ter del d.l. n. 104/2013 (conv. in L. n. 128/2013) e del conseguente art. 23 D.M. n. 138/2017 si è previsto che, contestualmente al corso-concorso nazionale, sia bandito il corso-concorso anche per le scuole con lingua di insegnamento slovena e con insegnamento bilingue sloveno-italiano della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in analogia con le disposizioni previste dal regolamento per il concorso pubblico nazionale. Una parte del concorso viene effettuata in lingua slovena e nella commissione giudicatrice deve essere presente almeno un membro con piena conoscenza della lingua slovena.

 

 

Viene fatto salvo il regime autorizzatorio in materia di assunzioni di cui all’articolo 39, comma 3, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.

 

L'art. 39, comma 3, legge n. 449/1997, prevede che per consentire lo sviluppo dei processi di riqualificazione delle amministrazioni pubbliche connessi all'attuazione della riforma amministrativa, garantendo il rispetto degli obiettivi di riduzione programmata del personale, a decorrere dall'anno 2000 il Consiglio dei ministri definisca preliminarmente le priorità e le necessità operative da soddisfare, tenuto conto in particolare delle correlate esigenze di introduzione di nuove professionalità. In tale quadro, entro il primo semestre di ciascun anno, il Consiglio dei ministri determina il numero massimo complessivo delle assunzioni delle amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, compatibile con gli obiettivi di riduzione numerica e con i dati sulle cessazioni dell'anno precedente. Le assunzioni restano comunque subordinate all'indisponibilità di personale da trasferire secondo le vigenti procedure di mobilità e possono essere disposte esclusivamente presso le sedi che presentino le maggiori carenze di personale. La disposizione suddetta si applica anche alle assunzioni previste da norme speciali o derogatorie.

 

Occorre valutare l'opportunità di uniformare alla citazione normativa in oggetto - che appare corretta nel senso di riferirsi al solo comma 3 dell'art. 39 legge n. 449 del 1997 - quella prevista dall'art. 29 del d. lgs. n. 165 del 2001 che invece ancora si riferisce al comma 3-bis dell'art. 39 cit., che riguarda le amministrazioni ad ordinamento autonomo e dunque non si applica ai dirigenti scolastici.

Occorrerebbe inoltre aggiungere al comma 1 dell'articolo 10, alle parole: "legge 27 dicembre 1997, n. 449", le seguenti "e successive modificazioni".

 

 

Al comma 2 si prevede che le risorse stanziate negli anni 2018 e 2019 per il semi-esonero del personale frequentante il corso di formazione dirigenziale e tirocinio non più necessarie a tale scopo – quantificate nella misura di 8,26 milioni di euro per ciascuno degli anni di riferimento – confluiscano nel Fondo “La Buona Scuola” per il miglioramento e la valorizzazione dell’istituzione scolastica di cui all’art. 1, comma 202, della legge n. 107 del 2015, per essere destinati alle assunzioni di personale. Il MEF è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. 

 


Articolo 11
(Adeguamento dei fondi destinati al trattamento economico accessorio del personale dipendente delle pubbliche amministrazioni)

 

 

Il presente articolo restringe l'ambito di applicazione del limite dell'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento economico accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche (di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni).

La disposizione attuale - di cui all'articolo 23, comma 2, del D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75 - prevede che il suddetto ammontare non possa superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2016[8].

Il presente articolo 11 esclude da tale limite: gli incrementi previsti dai contratti collettivi nazionali di lavoro successivi alla data di entrata in vigore del medesimo D.Lgs. n. 75 e dagli analoghi provvedimenti negoziali riguardanti il personale contrattualizzato in regime di diritto pubblico; gli oneri relativi al trattamento accessorio delle assunzioni effettuate, successivamente alla suddetta data di entrata in vigore del limite, in deroga alle facoltà assunzionali vigenti e ai sensi di disposizioni che contemplino gli oneri (ivi compresi quelli relativi al trattamento accessorio medesimo) per quest'ultima deroga. Si esplicita che l'esclusione concerne anche le assunzioni effettuate in deroga ai relativi limiti finanziari utilizzando risorse destinate ai contratti di lavoro flessibile, secondo la specifica disciplina posta, per il triennio 2018-2020, dall'articolo 20, comma 3, del citato D.Lgs. n. 75.

 

Si ricorda che il disposto del presente articolo 11 è recato anche dall'articolo 3 del disegno di legge di iniziativa governativa A.C. n. 1433, già approvato dal Senato in prima lettura.

 

 



[1]     Il Consiglio è costituito da un raggruppamento temporaneo di imprese formato da cinque istituti bancari: Banca del Mezzogiorno - MedioCredito Centrale S.p.A., in qualità di soggetto mandatario capofila, Artigiancassa S.p.A., MPS Capital Services Banca per le Imprese S.p.A., Mediocredito Italiano S.p.A. e Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane S.p.A., in qualità di mandanti.

Il Consiglio di gestione approva la situazione contabile del Fondo, la rendicontazione delle disponibilità, gli impegni e le insolvenze alla data del 31/12 precedente e segnala al Ministero dello Sviluppo Economico la necessità di integrazione delle risorse del Fondo

[2]     La dotazione del Fondo viene incrementata anche attraverso le risorse del Programma operativo nazionale PON “Imprese e competitività” (a sua volta alimentato da risorse del Fondo europeo per lo sviluppo regionale FESR 2014-2020 e da risorse nazionali a titolo di cofinanziamento). Inoltre, ai sensi dell’articolo 11, comma 5 del D.L. n. 185/2008, la dotazione del Fondo di garanzia può essere incrementata mediante versamento di contributi da parte delle banche, delle Regioni e di altri enti e organismi pubblici, ovvero con l'intervento della Cassa depositi e prestiti S.p.A. e della SACE S.p.a., secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro dello sviluppo economico

[3]     In particolare, per ciò che concerne i rifinanziamenti statali, essi vengono iscritti a bilancio dello Stato nello stato di previsione del MISE (capitolo 7345/MISE) per essere successivamente riassegnati alla contabilità speciale (conto corrente di Tesoreria n. 223034) intestata al Gestore del Fondo (Mediocredito Centrale Spa).

[4]     legge 147/2013, articolo 1, comma 46 che ha introdotto il comma 8-quater nell’articolo 5 del D.L. n. 269/2003.

[5]     Si ricorda al riguardo che con le bollette dell'energia elettrica, oltre ai servizi di vendita, ai servizi di rete e alle imposte, si pagano alcune componenti per la copertura di costi per attività di interesse generale per il sistema elettrico nazionale: si tratta dei cosiddetti oneri generali di sistema, introdotti nel tempo da specifici provvedimenti normativi. Il gettito raccolto dall'applicazione degli oneri generali (differenziato a seconda delle finalità cui è preposto, attraverso l’individuazione di specifiche “componenti” della bolletta) è trasferito su appositi conti di gestione istituiti dalla Cassa per i servizi energetici e ambientali per ciascuna componente; fanno eccezione la componente A3 (gettito da bolletta finalizzato alla copertura degli incentivi per le fonti rinnovabili) che affluisce per circa il 98% direttamente al Gestore dei Servizi Energetici (GSE) e la componente As (finalizzato a far fronte agli oneri per il cd. bonus elettrico), per la quale i distributori versano alla Cassa solo la differenza tra il gettito raccolto e i costi sostenuti per il riconoscimento del bonus (se la differenza è negativa, viene riconosciuta al distributore). L'utilizzo e la gestione di questi fondi è disciplinata dall'Autorità per l’energia elettrica il gas ed il sistema idrico (AEEGSI) che aggiorna trimestralmente le aliquote sulla base del fabbisogno. Nell’anno 2016 il gettito derivante dagli oneri generali di sistema è stato pari a 14,2  miliardi circa, di cui 12,4 da componente A3.

Nel corso degli ultimi anni varie norme – tra cui l’articolo 2, comma 2 del D.L. n. 98/2016, per quanto concerne il prestito ad ILVA S.p.A,, hanno provveduto alla compensazione degli oneri in termini di fabbisogno da esse recati mediante la previsione di un versamento, su conti correnti fruttiferi appositamente aperti presso la tesoreria centrale – remunerati secondo il tasso riconosciuto sulle sezioni fruttifere dei conti di tesoreria unica – delle somme gestite presso il sistema bancario dal Gestore dei Servizi energetici ed ambientali. In proposito va rammentato che in sede di istruttoria al citato D.L. n. 98/2016 la CSEA, audita il 23 giugno 2016 presso le Commissioni riunite VIII e X ha avuto modo di evidenziare che “qualora il prelievo sulle somme iscritte presso i propri conti divenga permanente, ciò può comportare la necessità di un corrispondente successivo aumento delle aliquote delle componenti tariffarie riscosse presso operatori interessati”.

[6]     Per una ricostruzione approfondita delle varie norme introdotte si rinvia alla relazione della Corte dei conti allegata alla delibera n. 4/2016/G del 7 giugno 2016. Informazioni sul SISTRI sono altresì contenute nelle relazioni, presentate al Parlamento, sul funzionamento del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (Doc. CCXXI). L'ultima di tali relazioni, aggiornata al 30 giugno 2017, è stata trasmessa alle Camere nel mese di agosto 2017.

[7]     Con DPCM 25 ottobre 2018 è stato nominato Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale l'ing. Luca Attias, fino al 15 settembre 2019. L'articolo 13-ter del decreto-legge n. 91 del 2018 ha abrogato la disposizione (che era recata dall'articolo 63, comma 9, del decreto legislativo n. 179 del 2016) prescrivente la gratuità dell'incarico del Commissario (al contempo quantificando un onere, per l'anno 2019, di 160.000 euro).

[8]     Per gli enti locali che non abbiano potuto destinare nel 2016 risorse aggiuntive alla contrattazione integrativa a causa del mancato rispetto del patto di stabilità interno del 2015, l'ammontare complessivo delle risorse in esame non può superare il corrispondente importo determinato per il 2015, ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio nell'anno 2016.