Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Cultura
Titolo: Introduzione sperimentale di un nuovo metodo didattico in grado di sviluppare negli studenti competenze non cognitive
Riferimenti: AC N.2372/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 361
Data: 15/10/2020
Organi della Camera: VII Cultura


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Introduzione sperimentale di un nuovo metodo didattico in grado di sviluppare negli studenti competenze non cognitive

15 ottobre 2020
Schede di lettura


Indice

Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Necessità dell'intervento con legge|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Incidenza sull'ordinamento giuridico|Formulazione del testo|


Contenuto

La proposta di legge – che si compone di 10 articoli – prevede che nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado sia introdotto, in maniera sperimentale e su base volontaria, un nuovo metodo didattico in grado di sviluppare negli studenti competenze non cognitive.

 

Preliminarmente, si evidenzia che all'art. 1, e ovunque ricorra, sembrerebbe opportuno fare riferimento alla "sperimentazione di un metodo didattico che consenta lo sviluppo di competenze non cognitive negli studenti" (piuttosto che "all'introduzione delle competenze non cognitive nel metodo didattico").

 

In particolare, l'articolo 3, comma 2, dispone che l'innovativa pratica didattica è volta a far sviluppare negli studenti abilità e competenze quali la flessibilità, la creatività, l'attitudine alla risoluzione di problemi, la capacità di giudizio, la capacità di argomentazione, la capacità di interazione.

A sua volta, l'articolo 1 individua, a titolo di esempio, quali competenze non cognitive, l'amicalità, la coscienziosità, la stabilità emotiva, l'apertura mentale.

 

Si valuti l'opportunità di coordinare le previsioni recate dall'art. 1 con quelle recate dall'art. 3, co. 2.

  La letteratura internazionale utilizza una terminologia variegata per riferirsi all'insieme delle competenze non cognitive.

A titolo di esempio, si ricorda che, secondo il prof. Ben Williamson, della Facoltà di Scienze sociali dell'Università di Stirling, nel Regno Unito, con il termine "social-emotional learnig" (SEL) – in cui possono essere ricomprense soft skills, non cognitive skills, life skills  – si indica quella gamma di qualità personali, spesso descritte come dimensioni non accademiche e non cognitive dell'apprendimento, che comprende categorie come auto-controllo, benessere, perseveranza, felicità, resilienza, mentalità aperta, grinta, intelligenza sociale, carattere e tutto ciò che deriva dalla fusione ‘psico economica' della psicologia positiva con l'economia comportamentale" (B. Williamson, Moduling student emotions through computational psycology: affective learning technologies and algoritmic governance, in Educational Media International, vol. 54, n. 4, 2017, pag. 273).

A sua volta, nel 1993, il Dipartimento di Salute Mentale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) aveva definito le Life Skills come quelle abilità che portano a comportamenti positivi e di adattamento che rendono l'individuo capace di far fronte efficacemente alle richieste e alle sfide della vita di tutti i giorni. Il nucleo fondamentale delle Life Skills identificato dall'OMS è costituito da 10 competenze: Consapevolezza di sé; Gestione delle emozioni; Gestione dello stress; Comunicazione efficace; Relazioni efficaci; Empatia; Pensiero Creativo; Pensiero critico; Prendere decisioni; Risolvere problemi ("Life skills education for childrend and adolescents in schools", 1993).

Dal canto suo, l'OCSE, nelle conclusioni del documento del 2015 Skills for Social Progress. The power of social and emotional skills ha evidenziato che, per aiutare le persone ad affrontare le sfide del mondo moderno, i responsabili politici devono pensare in modo più ampio e considerare una vasta gamma di capacità, dove le abilità sociali ed emotive sono importanti quanto le abilità cognitive.

Sull'argomento, si veda anche qui e qui.

Finalità della sperimentazione

 

In base all'articolo 1, la sperimentazione ha la finalità di prevenire la povertà educativa e la dispersione scolastica.

Al riguardo, la relazione illustrativa ricorda come dalle analisi dell'INVALSI e dell'ISTAT emergano livelli non soddisfacenti di competenze scolastiche, con disparità fra nord e sud e anche all'interno dei vari territori.

  In argomento, si ricorda, in particolare, che la Raccomandazione n. 2 del Consiglio dell'Unione europea sul programma nazionale di riforma dell'Italia 2020 invitava l'Italia ad adottare provvedimenti nel 2020 e nel 2021 al fine, per quanto qui interessa, di migliorare le competenze, comprese quelle digitali. Più nello specifico, il Considerando n. 19 evidenziava che il conseguimento delle competenze di base varia notevolmente tra le regioni e il tasso di abbandono scolastico è ben al di sopra della media dell'Unione (nel 2019, 13,5% contro 10,3%), in particolare per gli studenti che non sono nati nell'Unione (33%).

In risposta a ciò, le Linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), trasmesse dal Governo alle Camere il 15 settembre 2020, premesso che la ridotta crescita del PIL, nettamente inferiore alla media dei Paesi avanzati, è almeno in parte spiegata da gap tecnologici ed educativi, evidenziano che la strategia complessiva di riforma e politica economica del PNRR contribuirà al raggiungimento degli obiettivi quantitativi di lungo termine "Abbattere l'incidenza dell'abbandono scolastico e dell'inattività dei giovani" e "Migliorare la preparazione degli studenti e la quota di diplomati e laureati".

A sua volta, nella seduta del 29 settembre 2020, la VII Commissione della Camera, esaminato e valutato favorevolmente lo schema di relazione all'Assemblea sull'individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund deliberato dalla V Commissione nella seduta del 23 settembre, ha formulato alcuni rilievi relativi all'area tematica Istruzione, formazione, ricerca e cultura, fra cui l'opportunità di realizzare un piano di azioni integrato formazione/cultura che abbia come finalità principale il contrasto della povertà educativa e culturale, con interventi concentrati a partire dai territori socialmente ed economicamente svantaggiati e con indici maggiori di dispersione scolastica.

I rilievi sono stati ripresi nella relazione all'Assemblea approvata dalla V Commissione il 12 ottobre 2020.

A sua volta, l'Assemblea, nella seduta del 13 ottobre 2020, al termine dell'esame della relazione della V Commissione (DOC XVI, N. 4) ha approvato la risoluzione 6-00138 che impegna il Governo, per quanto qui interessa, a dare attuazione alle indicazioni contenute nella stessa relazione, inclusiva dei rilievi formulati dalle Commissioni permanenti.

 

In argomento, si ricorda anche che nel mese di gennaio 2020 presso il Ministero dell'istruzione è stato presentato il Piano di intervento per la riduzione dei divari territoriali in istruzione, rivolto alle scuole in difficoltà delle regioni Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia per ridurre i divari territoriali tra nord e sud e migliorare i risultati negli apprendimenti degli studenti.

Come evidenzia il comunicato stampa, "Il piano parte da un'analisi, svolta dal Ministero dell'Istruzione con la collaborazione dell'INVALSI e integrata con i dati a disposizione degli Enti territoriali, sulle difficoltà di apprendimento degli studenti. Si rivolge a due categorie di scuole - in difficoltà e in forte difficoltà - individuate sulla base delle rilevazioni INVALSI e di ulteriori variabili legate ad altri indicatori, tra cui il livello di autovalutazione che la scuola si assegna, i risultati scolastici e le assenze degli studenti, l'entità dei finanziamenti PON e la quantità e tipologia di progetti, le caratteristiche principali della scuola dal punto di vista strutturale (spazi e infrastrutture)". "Gli interventi nasceranno dalla stretta collaborazione tra gli Uffici Scolastici Regionali (USR), gli Enti territoriali e gli Enti di ricerca (INVALSI, INDIRE). Alle scuole individuate verrà messo a disposizione un Repertorio di interventi, cui le istituzioni scolastiche potranno rifarsi, in autonomia e con piena intraprendenza, per coniugare al meglio le misure da realizzare in relazione al contesto e alle risorse professionali, strutturali ed economiche. Inoltre, gli istituti scolastici potranno usufruire di un Cruscotto su piattaforma informatica contenente diversi strumenti di analisi e reso disponibile dall'impresa sociale "Con i Bambini" nell'ambito dell'Osservatorio sulla Povertà Educativa Minorile".

Qui la sintesi del Piano di intervento predisposta da INVALSI. Qui un documento tecnico predisposto dallo stesso Istituto.

Il 14 luglio 2020 è stato presentato, con le regioni coinvolte nel Piano, il Portale "Superiamo i divari" che, in base al comunicato stampa del Ministero dell'istruzione, sarà operativo a partire dall'anno scolastico in corso.

Modalità della sperimentazione

 

L'articolo 4 stabilisce che la sperimentazione ha inizio nell'a.s. 2021/2022 e ha una durata di tre anni, di cui il primo dedicato alla formazione dei docenti, e il secondo e il terzo dedicati propriamente all'introduzione del nuovo metodo didattico.

 

A sua volta, l'articolo 1 dispone che la sperimentazione può essere attuata nell'ambito di "uno o più insegnamenti".

Al contempo, l'articolo 3, comma 1, prevede che la stessa avviene in maniera "interdisciplinare", nel rispetto dell'autonomia di ogni istituzione scolastica, e in relazione ai docenti coinvolti nella sperimentazione.

 

Si valuti l'opportunità di coordinare le due previsioni che, da un lato, fanno riferimento ad uno o più insegnamenti, dall'altro all'interdisciplinarietà.

 

Al riguardo, peraltro, si ricorda che, in base all'art. 6, co. 1, 6 e 8, del d.lgs. 297/1994, nelle scuole secondarie le competenze relative alla realizzazione del coordinamento didattico e dei rapporti interdisciplinari spettano al consiglio di classe, composto dai docenti di ogni singola classe. Lo stesso organo formula proposte al collegio dei docenti in ordine all' azione educativa e didattica e ad iniziative di sperimentazione.

 

Si valuti, dunque, anche l'opportunità di un coinvolgimento di tali organi.

Sempre l'articolo 3, commi 2 e 3, dispone che la sperimentazione:

  • avviene senza incrementi o modifiche dell'organico del personale scolastico e senza la previsione di ore di insegnamento aggiuntive rispetto all'orario obbligatorio previsto dagli ordinamenti vigenti;
  • è effettuata nell'ambito degli ordinamenti e dei "programmi" vigenti.

Al riguardo, si ricorda che, a seguito del riconoscimento dell'autonomia scolastica (art. 21 della L. 59/1997 e DPR 275/1999), ai programmi didattici nazionali è subentrato il Piano dell'offerta formativa che, originariamente annuale, è diventato triennale (PTOF) a seguito della L. 107/2015. In particolare, il perno del PTOF, predisposto da ogni istituzione scolastica, è il curricolo, che viene redatto dalle medesime istituzioni, nel rispetto degli orientamenti e dei vincoli posti dalle Indicazioni nazionali. Per quanto concerne i curricoli, l'art. 8 del DPR 275/1999, recante disciplina dell'autonomia scolastica, ha distinto al loro interno una quota nazionale obbligatoria ed una quota riservata alle istituzioni scolastiche, affidandone la determinazione ad un decreto ministeriale.

E', dunque, intervenuto il DM 28 dicembre 2005 (le cui linee sono poi state confermate dal DM 13 giugno 2006, n. 47) che, per il secondo ciclo di istruzione, ha identificato nel 20% dei curricoli la quota oraria rimessa alle istituzioni scolastiche, da utilizzare nell'ambito degli indirizzi definiti dalle regioni. In seguito, con nota Prot. 721 del 22 giugno 2006 il Ministero ha specificato che la quota del 20% deve intendersi applicabile ad ogni ordine e grado di istruzione.

Tale scelta è stata poi confermata dall' art. 64 del D.L. 112/2008 ( L. 133/2008), che ha previsto, fra l'altro, la ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuole, anche attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e dei relativi quadri orari.
A seguito di tali previsioni, sono intervenuti, il DPR 89/2009 per il primo ciclo di istruzione (e la scuola dell'infanzia) e i DPR 87/2010, 88/2010 e  89/2010, riguardanti il riordino, rispettivamente, di istituti professionali, istituti tecnici e licei.
Su tali basi, sono stati, poi, emanati:

- il DM 254/2012, Regolamento recante Indicazioni nazionali per il curricolo (della scuola dell'infanzia e) del primo ciclo di istruzione;

- il DM 211/2010, Regolamento recante Indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento concernenti le attività e gli insegnamenti compresi nei piani degli studi previsti per i percorsi liceali;

- la Direttiva 57/2010 e la Direttiva 65/2010, recanti Linee guida per il passaggio al nuovo ordinamento rispettivamente, negli istituti tecnici e negli istituti professionali (primo biennio);

- la Direttiva 4/2012 e la Direttiva 5/2012, recanti Linee guida per il passaggio al nuovo ordinamento, rispettivamente, negli istituti tecnici e negli istituti professionali (secondo biennio e quinto anno).

Ancora in seguito, è intervenuto il d.lgs. 61/2017, che ha dettato disposizioni per la revisione dei percorsi dell'istruzione professionale, nonché per il raccordo con i percorsi dell'istruzione e formazione professionale. I percorsi in questione sono stati ridefiniti a partire dalle classi prime funzionanti nell'a.s. 2018/2019, con definitiva abrogazione del DPR 87/2010 dall'a.s. 2022/2023.

Si valuti, dunque, l'opportunità di un adeguamento del testo.

 

Partecipazione alla sperimentazione

 

L'articolo 1 dispone che la partecipazione alla sperimentazione è volontaria.

 

In particolare, in base all'articolo 2, le scuole secondarie di primo e di secondo grado possono partecipare alla sperimentazione attraverso gli "ambiti" già costituiti dagli uffici scolastici regionali, ovvero reti di scuole già costituite o da costituire.

L'utilizzo della parola "ambiti" potrebbe far pensare agli ambiti territoriali di cui alla L. 107/2015.

Al riguardo, si ricorda, infatti, che l'art. 1, co. 66, della L. 107/2015 aveva disposto che, dall'a.s. 2016/2017, i ruoli del personale docente erano regionali, articolati in ambiti territoriali, suddivisi in sezioni separate per gradi di istruzione, classi di concorso e tipologie di posto.

A sua volta, il co. 68 dello stesso art. 1 aveva previsto che, dal medesimo a.s., l'organico dell'autonomia era ripartito tra gli ambiti territoriali con decreto del dirigente preposto all'ufficio scolastico regionale, mentre il co. 73 aveva previsto che il personale docente non già assunto in ruolo a tempo indeterminato alla data di entrata in vigore della legge, era assegnato agli ambiti territoriali e che la mobilità territoriale e professionale del personale docente operava tra i medesimi ambiti territoriali.

Sulla base dei criteri indicati dall'art. 1, co. 66, della L. 107/2015 il MIUR aveva emanato le linee guida per la costituzione degli ambiti territoriali con nota prot. n. 726 del 26 gennaio 2016.

Successivamente, però, l'art. 1, co. 796, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019) ha previsto che, a decorrere dall'a.s. 2019/2020, ai docenti, nell'ambito delle procedure di reclutamento e di mobilità territoriale e professionale, non può essere attribuita la titolarità su ambito territoriale.

Ancora dopo, il Senato ha approvato una proposta di legge – di cui la VII Commissione della Camera ha avviato l'esame il 4 febbraio 2020 ( A.C. 2005) – che, adeguando il testo della L. 107/2015 alle novità introdotte dalla L. 145/2018, elimina dall'ordinamento l'istituto degli ambiti territoriali.

In alternativa, il riferimento potrebbe essere alle articolazioni sul territorio degli uffici scolastici regionali.

 

Si ricorda, infatti, che, in base all'art. 8, co. 3, del DPCM 140/2019, recante il regolamento di organizzazione del MIUR, l'ufficio scolastico regionale è organizzato in uffici dirigenziali di livello non generale per funzioni e per articolazioni sul territorio con compiti di supporto alle scuole, amministrativi e di monitoraggio in coordinamento con le direzioni generali competenti.

 

In ogni caso, si valuti l'opportunità di un adeguamento del testo.

 

Con riferimento alle reti di scuole, si ricorda che l'istituto è stato previsto dall'art. 7 del già citato DPR 275/1999. Da ultimo, l'art. 1, co. 70, della già citata L. 107/2015 ha previsto che gli uffici scolastici regionali promuovono la costituzione di reti tra scuole del medesimo ambito territoriale (istituto, come si è visto, ora superato) finalizzate alla valorizzazione delle risorse professionali, alla gestione comune di funzioni e di attività amministrative, nonché alla realizzazione di progetti o di iniziative didattiche, educative, sportive o culturali di interesse territoriale, da definire sulla base di accordi tra autonomie scolastiche di un medesimo ambito territoriale, definiti "accordi di rete".

Le linee guida per la costituzione delle reti di scuole sono state emanate dal MIUR con nota prot. n. 2151 del 7 giugno 2016.

Più nello specifico, l'articolo 2 prevede che gli "ambiti" e le reti di scuole presentano un progetto al Ministero dell'istruzione, ai fini della sua valutazione e approvazione da parte della commissione di cui l'art. 7 prevede l'istituzione.

 

In base all'articolo 10, i criteri per la partecipazione alla sperimentazione dei soggetti di cui all'art. 2 devono essere definiti con decreto del Ministro dell'istruzione, da emanare entro 4 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, attraverso l'adozione del regolamento di attuazione della legge (che, evidentemente, potrà disciplinare anche altri aspetti).

 

A sua volta, l'articolo 9 stabilisce che, al fine di incentivare l'introduzione del nuovo metodo didattico in grado di sviluppare negli studenti capacità non cognitive, le istituzioni scolastiche promuovono la collaborazione con le famiglie degli studenti.

 

Monitoraggio e valutazione della sperimentazione

 

L'articolo 6 dispone che la medesima commissione incaricata di valutare e approvare il progetto di sperimentazione ha anche il compito di effettuare la valutazione della sperimentazione al termine del secondo e del quinto anno della scuola secondaria di secondo grado, nonché – novità che non compare negli articoli precedenti – al termine del primo anno di un eventuale corso di istruzione terziaria. Nulla è previsto per la valutazione della sperimentazione nella scuola secondaria di primo grado.

Ai fini indicati, la stessa commissione provvede al monitoraggio costante della sperimentazione.

 

Preliminarmente, si valuti l'opportunità di inserire l'eventuale riferimento ai corsi di istruzione terziaria nell'articolo 1 del testo e, conseguentemente, di individuare i soggetti e le modalità della relativa sperimentazione, nonché di prevedere un coinvolgimento del Ministero dell'università e della ricerca.

Si valuti, inoltre, l'opportunità di chiarire se, per la scuola secondaria di secondo grado, si intende prevedere che la sperimentazione riguarderà solo il secondo e il quinto anno.

Infine, si valuti l'opportunità di un chiarimento con riferimento alla mancata previsione di valutazione della sperimentazione nella scuola secondaria di primo grado.

 

Formazione degli insegnanti

 

L'articolo 5 prevede che la formazione dei docenti in merito al nuovo metodo didattico è svolta da enti accreditati per la formazione scelti dalle stesse istituzioni scolastiche interessate e che alla specifica formazione sono destinati, nel 2021, € 1,5 mln delle risorse del Piano nazionale di formazione, di cui all'art. 1, co. 125, della L. 107/2015.

L'art. 1, co. 124 e 125, della L. 107/2015 ha previsto che la formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale. Le attività di formazione sono definite dalle singole istituzioni scolastiche in coerenza con il piano triennale dell'offerta formativa e con i risultati emersi dai piani di miglioramento della scuola (DPR 80/2013), sulla base delle priorità nazionali indicate nel Piano nazionale di formazione, adottato ogni tre anni con decreto (ora, a seguito del D.L. 1/2020-L. 12/2020) del Ministro dell'istruzione. Per l'attuazione del Piano nazionale di formazione è stata autorizzata la spesa di € 40 mln annui dal 2016.

Per il triennio 2016-2019, il Piano è stato adottato con DM 797 del 19 ottobre 2016. Per il triennio 2020-2022 il Piano non risulta ancora adottato.

Successivamente, l'art. 6, co. 1, della L. 92/2019 ha previsto che, nell'ambito delle risorse destinate alla formazione dei docenti dall'art. 1, co. 125, della L. 107/2015, una quota parte pari a € 4 mln annui a decorrere dal 2020 è destinata alla formazione sulle tematiche afferenti all'insegnamento trasversale dell'educazione civica, introdotto da essa stessa.

Ancora dopo, l'art. 1, co. 256, della L. 160/2019 ha incrementato di € 12 mln per il 2020 e di € 1 mln per ciascuno degli anni 2021 e 2022 le risorse relative al Piano nazionale di formazione, destinando € 11 mln per il 2020 al potenziamento della qualificazione dei docenti in materia d'inclusione scolastica e € 1 mln annui nel periodo triennio 2020-2022 al potenziamento della qualificazione dei docenti in materia di prevenzione e contrasto al bullismo e al cyberbullismo, nonché in materia di insegnamento dell'educazione al rispetto e della parità dei sessi.

Da ultimo, l'art. 5, co. 2-ter, del D.L. 1/2020 (L. 12/2020) ha ridotto di € 5 mln per il 2020 l'autorizzazione di spesa recata dal citato art. 1, co. 256, della L. 160/2019, al fine di coprire gli oneri dei concorsi per il reclutamento del personale docente delle scuole di ogni ordine e grado.

 

Si ricorda, infine, che le modalità di accreditamento, di qualificazione e di riconoscimento dei corsi dei soggetti che offrono formazione per lo sviluppo delle competenze del personale del comparto scuola sono state definite, da ultimo, con direttiva ministeriale n. 170/2016.

Qui l'elenco dei soggetti accreditati per l'a.s. 2019/2010.

Organismi di supporto

 

L'articolo 7 dispone che la commissione incaricata di valutare e approvare il progetto di sperimentazione, nonché di procedere al monitoraggio e alla valutazione della stessa sperimentazione, è costituita da 8 componenti, di cui 4 docenti universitari e 4 dirigenti scolastici in quiescenza, nominati dal Ministro dell'istruzione.

Non è indicato se la costituzione della Commissione comporti o meno oneri.

 

Si valuti l'opportunità di un coinvolgimento del Ministro dell'università e della ricerca ai fini della nomina dei docenti universitari.

 

L'articolo 8 stabilisce che il Ministro dell'istruzione può istituire un'unità amministrativa interna al Ministero dell'istruzione con compiti di approfondimento tecnico e di supporto operativo della sperimentazione.


Relazioni allegate o richieste

La proposta di legge è corredata di relazione illustrativa.


Necessità dell'intervento con legge

L'intervento con legge si giustifica in quanto si verte in ambito di norme generali sull'istruzione.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

In base all'art. 117, secondo comma, lett. n), della Costituzione, le "norme generali sull'istruzione" rientrano nella competenza legislativa esclusiva dello Stato.

Rientra, invece, nella competenza concorrente, in base allo stesso art. 117, terzo comma, l'istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell'istruzione e formazione professionale.

 

La Corte costituzionale ha dovuto tracciare un quadro generale di riferimento per l'interpretazione del sistema delle competenze delineato dall'art. 117, secondo comma, lett. n), e terzo comma, della Costituzione.

In particolare, la Corte – intendendo preliminarmente distinguere le "norme generali sull'istruzione", di competenza esclusiva dello Stato, dai "principi fondamentali" in materia di istruzione, destinati ad orientare le regioni negli ambiti di competenza concorrente – ha precisato che "le norme generali in materia di istruzione sono quelle sorrette, in relazione al loro contenuto, da esigenze unitarie e, quindi, applicabili indistintamente al di là dell'ambito propriamente regionale". In tal senso, le norme generali si differenziano dai "principi fondamentali", i quali, "pur sorretti da esigenze unitarie, non esauriscono in se stessi la loro operatività, ma informano, diversamente dalle prime, altre norme, più o meno numerose" (sentenza n. 279/2005).

Successivamente, la Corte ha precisato che appartengono alla categoria delle disposizioni espressive di principi fondamentali quelle norme che, nel fissare criteri, obiettivi, discipline, pur tese ad assicurare l'esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di fruizione del servizio, da un lato non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema di istruzione che caratterizza le norme generali, dall'altro necessitano "per la loro attuazione (e non già per la loro semplice esecuzione) dell'intervento del legislatore regionale". In particolare, nel settore dell'istruzione "lo svolgimento attuativo dei predetti principi è necessario quando si tratta di disciplinare situazioni legate a valutazioni coinvolgenti le specifiche realtà territoriali delle regioni, anche sotto il profilo socio-economico" (sentenza n. 200/2009).

In particolare, nella sentenza n. 200/2009, la Corte ha sottolineato che "una chiara definizione vincolante – ma ovviamente non tassativa – degli ambiti riconducibili al 'concetto' di "norme generali sull'istruzione" è ricavabile dal contenuto degli artt. 33 e 34 Cost.

Ha inoltre rilevato che rientrano nelle norme generali sull'istruzione anche gli ambiti individuati dalla L. 53/2003.

Si tratta, in particolare, per quanto qui più interessa, di:

a) previsione generale del nucleo essenziale dei piani di studio scolastici per la "quota nazionale";

b) princípi di formazione degli insegnanti.


Incidenza sull'ordinamento giuridico

Riflessi sulle autonomie e sulle altre potestà normative

La proposta di legge fa salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche.

Attribuzione di poteri normativi

L'art. 10 prevede l'adozione, con decreto del Ministro dell'istruzione, di un regolamento di attuazione.

Coordinamento con la normativa vigente

Si veda quanto indicato nel par. Contenuto.

Collegamento con lavori legislativi in corso

Non risultano lavori legislativi in corso sull'argomento.


Formulazione del testo

All'articolo 7, il riferimento corretto è al progetto di sperimentazione di cui all'articolo 2, comma 2 (e non all'articolo 1).

All'articolo 9, si utilizza l'espressione "capacità non cognitive" (mentre nelle altre parti del testo si parla di "competenze non cognitive").