Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea
Titolo: Incontro dei Presidenti delle Commissioni per gli affari europei dei Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo con la Vicepresidente esecutiva della Commissione europea Margrethe Vestager
Serie: Documentazione per le Commissioni - Audizioni e incontri in ambito UE   Numero: 27
Data: 20/11/2020
Organi della Camera: XIV Unione Europea

        

 

XVIII LEGISLATURA

 

Documentazione per le Commissioni

AUDIZIONI E INCONTRI IN AMBITO UE

 

 

 

Incontro dei Presidenti delle Commissioni per gli affari europei dei Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo con la Vicepresidente esecutiva della Commissione europea, Margrethe Vestager

Videoconferenza, 23 novembre 2020

 

 

 

 

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INDICE

Schede di lettura.. 1

Introduzione. 3

Portafoglio della Vicepresidente esecutiva Vestager   5

Un'Europa pronta per l'era digitale. 5

Concorrenza. 6

La revisione delle politiche di concorrenza da parte della Commissione europea.. 7

1.La politica della concorrenza nei Trattati e nel diritto derivato dell’Unione europea  7

2. Le nuove iniziative della Commissione in materia di concorrenza. 13

3. La relazione sulla politica di concorrenza 2019. 24

4. La risoluzione del Parlamento europeo sulla politica di concorrenza. 29

La strategia industriale della Commissione europea   33

I dati dell’industria europea. 33

La nuova strategia industriale della Commissione. 39

La trasformazione digitale in relazione al Dispositivo per la ripresa e la resilienza e al nuovo bilancio pluriennale dell’UE 2021-2027. 45

Il bilancio pluriennale dell’UE 2021-2027. 47

Il dispositivo per la ripresa e la resilienza. 48

Le politiche dell’UE per la transizione digitale. 51

 


 


Schede di lettura




Introduzione

 

Il 23 novembre prossimo, su invito del Parlamento tedesco, si svolgerà una videoconferenza con Margrethe Vestager, Vicepresidente esecutiva della Commissione europea e Commissaria per la concorrenza. Parteciperanno i presidenti delle Commissioni per gli affari europei dei Parlamenti nazionali e il Parlamento europeo.

Nel corso della videoconferenza vi sarà uno scambio di vedute informale sui seguenti temi:

1) la revisione delle politiche di concorrenza da parte della Commissione europea;

2) la nuova strategia industriale della Commissione europea;

3) la trasformazione digitale in relazione al nuovo strumento per la ripresa e la resilienza e al nuovo Quadro finanziario pluriennale.


 


 

Portafoglio della Vicepresidente esecutiva Vestager

Margrethe Vestager è uno dei tre Vicepresidenti esecutivi della Commissione europea[1], incaricata della priorità "Un'Europa pronta per l'era digitale"[2]. È inoltre Commissaria per la concorrenza.

In base alla mission letter della Presidente von der Leyen, l'attività della Vicepresidente Vestager è focalizzata sui seguenti obiettivi:

Un'Europa pronta per l'era digitale

La vicepresidente esecutiva Vestager dovrà garantire che l'Europa colga appieno il potenziale dell'era digitale e rafforzi la sua industria e la sua capacità di innovazione. Questa sarà una parte fondamentale per rafforzare la leadership tecnologica e l’autonomia strategica dell'UE. A tal fine, è incaricata di:

·        sviluppare, in collaborazione con il Vicepresidente Dombrovskis, una strategia a lungo termine per il futuro industriale dell'Europa;

·        sviluppare, in collaborazione con il Vicepresidente Dombrovskis, una nuova Strategia per le PMI;

·        assicurare sinergie tra industrie civili, della difesa e spaziali;

·        coordinare il lavoro su un approccio europeo sull'intelligenza artificiale, includendo le implicazioni umane ed etiche, coordinare il lavoro su una strategia europea dei dati;

·        dirigere il lavoro sul miglioramento delle norme in materia di responsabilità e sicurezza per piattaforme, servizi e prodotti digitali nell'ambito di una nuova legge sui servizi digitali.


 

Concorrenza

La Vicepresidente Vestager dovrà garantire che la politica e le regole di concorrenza dell'UE siano adatte all'economia moderna, applicate con vigore e che contribuiscano a un'industria europea forte, sia a livello interno che sulla scena mondiale. Al riguardo, dovrà:

·        rafforzare l'applicazione delle regole di concorrenza dell'UE, valutandole e rivedendole. Ciò riguarderà i regolamenti antitrust che scadranno nel corso del mandato, la valutazione in corso del controllo delle concentrazioni e la revisione delle norme e degli orientamenti sugli aiuti di Stato;

·        condurre, nella prima parte del mandato, indagini settoriali sui mercati nuovi ed emergenti;

·        continuare a lavorare con gli Stati membri per ottenere il massimo da importanti progetti di interesse comune europeo;

·        sviluppare strumenti e politiche per affrontare meglio gli effetti distorsivi della proprietà di uno Stato straniero e dei sussidi nel mercato interno;

·        condividere qualsiasi conoscenza generale del mercato rilevante all'interno della Commissione, in particolare nel settore digitale. Ciò contribuirà a garantire che le nuove proposte legislative contribuiscano a una concorrenza leale e aperta nel mercato unico e sosterranno l'elaborazione di politiche basate su dati concreti.

 

Si ricorda che Margrethe Vestager è stata Commissaria per la concorrenza anche nell'ambito della Commissione Juncker (2014-2019).

 

 

 

 

 

 

 

 

La revisione delle politiche di concorrenza da parte della Commissione europea

1.La politica della concorrenza nei Trattati e nel diritto derivato dell’Unione europea

La promozione della concorrenza è un elemento importante dell’UE da quando le Comunità furono istituite con il Trattato di Roma nel 1957.

La politica di concorrenza dell'Ue garantisce che le imprese competano in modo leale e in condizioni di parità nel mercato interno. Essa si applica anche alle imprese di paesi terzi che operano nel mercato interno.

In base all’articolo 3 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) la definizione delle regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno rappresenta una competenza esclusiva dell’Unione europea. Inoltre, il Protocollo n. 27 sul mercato interno e sulla concorrenza contempla un mercato interno che sia comprensivo di un sistema che assicuri che la concorrenza non sia falsata. A tal fine l'UE adotta, se necessario, misure in base alle disposizioni dei trattati, ivi compreso l'articolo 352 del TFUE

Tale articolo prevede che se un'azione dell'Unione appare necessaria, nel quadro delle politiche definite dai trattati, per realizzare uno degli obiettivi di cui ai trattati senza che questi ultimi abbiano previsto i poteri di azione richiesti a tal fine, il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo, adotta le disposizioni appropriate.

Gli strumenti della politica di concorrenza dell'UE comprendono, tra l'altro, norme in materia di antitrust, controllo delle concentrazioni e aiuti di Stato[3].

La disciplina di riferimento prevede, in particolare:

·        il divieto generale di accordi restrittivi della concorrenza (articolo 101, TFUE);

·        il divieto dello sfruttamento abusivo di una posizione dominante sul mercato (articolo 102, TFUE);

·        il divieto di concedere aiuti di Stato (articoli 107-109, TFUE);

·        la procedura di controllo delle concentrazioni (ai sensi del regolamento (CE) n. 139/2004) e del regolamento di esecuzione n. 802/2004).

 

Il divieto generale di accordi restrittivi della concorrenza (articolo 101 TFUE)

Sono vietati o nulli accordi tra imprese volti a impedire, restringere, o falsare la concorrenza, ad esempio accordi espliciti come i cartelli, o pratiche concordate per fissare i prezzi.

Sono tuttavia esentati da tale divieto altri tipi di accordi, purché: contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico; gran parte degli utili che ne derivano sia riservato ai consumatori; non impongano inutili restrizioni alla concorrenza. Questi tipi di esenzione sono disciplinate da regolamenti generali di esenzione per categoria, soggetti ad esame periodico da parte della Commissione. Sono esenti inoltre i cosiddetti "accordi di importanza minore" ossia quegli accordi che, pur non soddisfacendo le suddette condizioni, sono di minore importanza e hanno un impatto appena percepibile sul mercato (principio "de minimis"), purché non implichino restrizioni alla concorrenza.

Il divieto dello sfruttamento abusivo di una posizione dominante sul mercato (articolo 102, TFUE)

È incompatibile con il mercato interno e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di esso. L'articolo 102 è direttamente applicabile dai giudici nazionali. Esso elenca una serie di pratiche abusive ma tale elenco non è tassativo. Tuttavia, a differenza del divieto di intese sopra descritto, il quale prevede alcune eccezioni, il divieto di abuso di posizione dominante deve considerarsi assoluto.

Secondo l’articolo 102 le pratiche abusive possono consistere in particolare: nell'imporre direttamente od indirettamente prezzi d'acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non eque; nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori; nell'applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza; nel subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi.

L'articolo 105 del TFUE conferisce poi alla Commissione europea il potere di vigilare sulla corretta applicazione degli articoli 101 e 102. Essa istruisce, su richiesta di uno Stato membro o d'ufficio e comunque in collaborazione con le autorità competenti degli Stati membri, i casi di presunta infrazione ed emette una decisione motivata qualora non sia stato posto termine ai suddetti casi.

Si segnala al riguardo che il 10 novembre scorso, a seguito di un'indagine avviata nel 2019, la Commissione ha inviato al gruppo Amazon una "lettera di obiezioni" informandolo della sua opinione preliminare secondo la quale il gruppo sarebbe responsabile di violazione delle norme antitrust e distorsione della concorrenza nei mercati al dettaglio online (articolo 102) per l'utilizzo di dati non pubblici di altri venditori (si veda il Comunicato stampa della Commissione europea). La Commissione contesta il fatto che Amazon si basi sistematicamente su dati aziendali non pubblici di venditori indipendenti che vendono sul suo mercato, a vantaggio della propria attività di vendita al dettaglio. La Commissione infatti osserva che considerevoli volumi di dati non pubblici di vari fornitori sono disponibili per i dipendenti delle attività di vendita al dettaglio di Amazon e fluiscono direttamente nei sistemi di vendita al dettaglio automatizzati di quest'ultima che aggregano questi dati e li utilizzano per calibrare le offerte al dettaglio di Amazon. Ciò consente ad Amazon di concentrare le sue offerte sui prodotti più venduti in diverse categorie e di adattare le sue offerte in base a dati non pubblici di venditori concorrenti. L'opinione preliminare della Commissione è che l'uso di dati non pubblici dei suoi venditori sul mercato consente ad Amazon di evitare i normali rischi di concorrenza nel mercato al dettaglio e di trarre vantaggio dalla sua posizione dominante nel mercato della fornitura di servizi di mercato in Francia e Germania, i più grandi mercati di Amazon nell'UE. Se confermata, questa pratica sarebbe contraria all'articolo 102 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), che vieta gli abusi di posizione dominante sul mercato. La Vicepresidente Margrethe Vestager ha affermato che i dati relativi alle attività dei fornitori di terze parti “non devono essere utilizzati a vantaggio di Amazon quando agisce come concorrente di questi venditori. Anche le condizioni di concorrenza sulla piattaforma di Amazon devono essere eque. (...) Un accesso equo e senza distorsioni ai consumatori online è importante per tutti i venditori”.

La Commissione europea, sempre il 10 novembre, ha aperto una seconda indagine antitrust sulle pratiche commerciali di Amazon che potrebbero favorire artificialmente le sue offerte al dettaglio e le offerte dei suoi venditori sul mercato che utilizzano i servizi di logistica e consegna di Amazon. Valuterà se i criteri stabiliti da Amazon per selezionare il vincitore della "Buy Box" e consentire ai venditori di offrire prodotti agli utenti Prime (Programma fedeltà di Amazon) comportino un trattamento preferenziale per l'attività di vendita al dettaglio di Amazon o per i venditori che utilizzano la logistica e servizi di consegna. Se dimostrata, la pratica oggetto di indagine può violare l'articolo 102 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). La Commissione effettuerà ora la sua indagine approfondita in via prioritaria.

Il divieto di concedere aiuti di Stato (articoli 107 - 109 TFUE)

L'articolo 107 del TFUE stabilisce che, salvo deroghe, sono incompatibili con il mercato interno e quindi vietati gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, che falsifichino o minaccino di falsificare la concorrenza. Tra le deroghe previste, quelle che riguardano gli aiuti a carattere sociale concessi a singoli consumatori oppure quelli destinati ad ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali o da altri eventi eccezionali.

Possono essere considerati compatibili con il mercato interno anche gli aiuti destinati: a favorire lo sviluppo economico in regioni con tenore di vita anormalmente basso o con grave forma di sottoccupazione o in determinate regioni tenuto conto della loro situazione socioeconomica strutturale; alla realizzazione di un progetto comune europeo; ad agevolare lo sviluppo di alcune attività o di alcune regioni economiche; a promuovere la cultura; altre categorie di aiuti stabilite con decisione del Consiglio.

Fanno eccezione gli aiuti "de minimis" accordati da uno Stato ad un'impresa unica ai sensi del regolamento (UE) n. 1407/2013, il cui importo complessivo non deve superare i 200.000 euro per tre anni consecutivi. Tali misure di aiuto non costituiscono aiuti di stato ai sensi del TFUE e per loro non si applica l'obbligo di notifica di cui all'articolo 108, paragrafo 3 (vd. infra). Lo stesso vale per gli aiuti "de minimis" accordati ad imprese operanti nei settori della pesca e dell'acquacoltura, per un importo complessivo non superiore ai 30.000 Euro, come previsto dal regolamento (UE) n. 717/2014. Infine, il regolamento (UE) n. 1408/2013 disciplina gli aiuti "de minimis" per il settore agricolo.

La disciplina sugli aiuti di stato prevede, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 1, che la Commissione europea proceda all'esame permanente dei regimi di aiuti di stato degli Stati membri, proponendo le opportune misure richieste dal graduale sviluppo o dal buon funzionamento del mercato interno. L'articolo 108, paragrafo 3 stabilisce l'obbligo per gli Stati membri di comunicare alla Commissione europea, in tempo utile per presentare proprie osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti esistenti. Se la Commissione non li ritiene compatibili con le disposizioni in materia di mercato interno ai sensi dell'articolo 107, avvia una procedura di accertamento e lo Stato membro in questione non può dare esecuzione alle misure prima che tale procedura abbia condotto ad una decisione finale.

La procedura di accertamento è disciplinata dal paragrafo 2 in base al quale la Commissione europea invita gli Stati membri a presentare le proprie osservazioni circa gli aiuti concessi. Qualora accerti che un aiuto concesso da uno Stato, o mediante fonti statali, non sia compatibile con il mercato interno o sia stato attuato in modo abusivo, decide che lo Stato interessato deve sopprimerlo o modificarlo nel termine prefissato. Se il detto Stato non si conforma a tale decisione, la Commissione europea (o un altro Stato) può adire direttamente la Corte di giustizia dell'Unione europea (senza che sia emesso un parere motivato come previsto dalle disposizioni sulle procedure di infrazione di cui agli articoli 258 e 259 del TFUE). Il paragrafo 2 prevede inoltre che su richiesta di uno Stato membro, il Consiglio possa considerare un aiuto compatibile con il mercato interno in presenza di circostanze eccezionali. Tale decisione deve essere adottata all'unanimità. In attesa della suddetta decisione la Commissione europea, qualora abbia avviato una procedura di accertamento, la sospende. Se il Consiglio non si pronuncia entro tre mesi dalla data della richiesta dello Stato membro, la Commissione europea procede a deliberare[4].

A sua volta, la Commissione, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 4, del TFUE, può adottare regolamenti concernenti le categorie di aiuti di Stato per le quali il Consiglio ha stabilito, conformemente all'articolo 109, che possono essere dispensate dalla procedura di notifica.

L'articolo 109 prevede infatti che il Consiglio, su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, oltre a stabilire tutti i regolamenti utili ai fini dell'applicazione degli articoli 107 e 108 TFUE e fissare, in particolare, le condizioni per l'applicazione dell’obbligo di comunicazione (notifica) ex ante alla Commissione dell’aiuto da parte dello Stato membro, può stabilire le categorie di aiuti dispensati dall'obbligo di notifica.

Si vedano al riguardo, oltre ai regolamenti sugli aiuti "de minimis", anche il regolamento (UE) n. 651/2014 (regolamento generale di esenzione per categoria, GBER) modificato da ultimo nel luglio 2020 e, per il settore agricolo, il nuovo regolamento (UE) n. 702/2014 Agriculture Block Exemption Regulation (ABER).

La procedura di controllo delle concentrazioni (regolamento (CE) n. 139/2004)

Il controllo delle concentrazioni non è disciplinato dal TFUE bensì dal regolamento (CE) n. 139/2004 dal relativo regolamento di esecuzione (n. 802/2004).

Sono dichiarate incompatibili con il mercato interno le concentrazioni che ostacolino in modo significativo una concorrenza effettiva nel mercato comune o in una parte sostanziale di esso, in particolare a causa della creazione o del rafforzamento di una posizione dominante (articolo 2, paragrafo 3 del regolamento (CE) 139/2004). Si ha un’operazione di concentrazione quando si produce una modifica duratura del controllo a seguito del fatto che due o più imprese procedono ad una fusione, oppure quando una o più persone che detengono il controllo di almeno un’impresa, o una o più imprese, acquistano direttamente o indirettamente il controllo dell’insieme o di parti di una o più imprese (articolo 3 del regolamento (CE) 139/2004). Le fusioni previste devono essere notificate alla Commissione qualora la società risultante superi determinate soglie (il fatturato totale realizzato a livello mondiale dall’insieme delle imprese interessate è superiore a 5 miliardi di euro; il fatturato totale realizzato singolarmente nell’UE da almeno due delle imprese interessate è superiore a 250 milioni di euro. Si tratta delle "concentrazioni di dimensione comunitaria", come definite dall'articolo 1 del regolamento (CE) 139/2004). In linea generale, è obbligatorio notificare alla Commissione le operazioni di concentrazione di dimensione comunitaria prima della loro realizzazione, subito dopo la conclusione dell’accordo, la pubblicazione dell’offerta pubblica di acquisto o di scambio o l’acquisizione di una partecipazione di controllo.

La Commissione dichiara, con decisione, l’accertata compatibilità delle concentrazioni con il mercato interno ovvero l’incompatibilità. In caso di accertata incompatibilità, la Commissione europea può ordinare la separazione di imprese o altra misura idonea a ripristinare la concorrenza effettiva, compresi poteri sanzionatori (ammende e penalità di mora). La Commissione può, altresì, approvare la concentrazione subordinando tale autorizzazione a determinate condizioni vincolanti o a misure correttive.

Le norme in materia di controllo delle concentrazioni si applicano anche alle imprese con sede al di fuori dell'UE, se svolgono attività commerciali nel mercato interno.

 

2. Le nuove iniziative della Commissione in materia di concorrenza

Uno degli obiettivi del mandato della Vicepresidente esecutiva Vestager, è quello di garantire che la politica e le regole di concorrenza dell'UE siano adatte all'economia moderna, applicate con vigore e che contribuiscano a un'industria europea forte, sia a livello interno che sulla scena mondiale.

La politica di concorrenza nell'era digitale

Il 2 giugno scorso la Commissione europea ha pubblicato una valutazione d'impatto iniziale e una consultazione pubblica aperta, conclusasi l'8 settembre, in cui invitava a formulare osservazioni sulla necessità di un eventuale nuovo strumento in materia di concorrenza che permetta di affrontare i problemi di concorrenza strutturali in modo tempestivo ed efficace.

Negli ultimi anni la Commissione ha riflettuto sul ruolo della politica di concorrenza e sull'adeguatezza di quest'ultima ad un mondo in rapida evoluzione - sempre più digitale e globalizzato - che deve diventare più verde. Questo processo di riflessione fa parte di un più ampio dibattito politico sulla necessità di modificare l'attuale quadro normativo in materia di concorrenza, in modo che le autorità di contrasto di tutto il mondo possano continuare a garantire la competitività dei mercati (si veda il Comunicato Stampa della Commissione europea).

Come si legge nella valutazione di impatto iniziale, la proposta di un nuovo strumento per la concorrenza, che dovrebbe essere oggetto di una proposta di regolamento prevista per il quarto trimestre 2020, è una delle misure volte ad affrontare le lacune nelle attuali regole di concorrenza dell'UE, consentendo un intervento tempestivo ed efficace contro i problemi strutturali relativi alla concorrenza tra i mercati. Sebbene, prosegue la valutazione di impatto, i problemi di concorrenza strutturali possano sorgere in un'ampia gamma di scenari diversi, essi possono essere generalmente raggruppati in due categorie a seconda che il danno stia per influenzare o abbia già colpito il mercato:

·        rischi strutturali per la concorrenza: alcune caratteristiche dei mercati (ad esempio, gli effetti di rete e di scala, l'indisponibilità del multi-homing[5] e gli effetti di dipendenza (lock-in)), associate al comportamento delle imprese che operano su tali mercati, possono costituire una minaccia per la concorrenza. Ciò vale in particolare per i mercati a rischio di "perdita dell'equilibrio". I rischi a livello di concorrenza derivano dalla possibilità che si vengano a creare operatori di mercato molto potenti, con una posizione di mercato radicata e/o che svolgono un ruolo di controllo (gatekeeper), possibilità che potrebbe essere evitata con un intervento precoce. Tra gli altri scenari che rientrano in questa categoria figurano anche le strategie unilaterali adottate dalle imprese che non detengono una posizione dominante per monopolizzare il mercato con mezzi anticoncorrenziali;

·        mancanza strutturale di concorrenza: si riferisce a uno scenario in cui un mercato non funziona bene e non fornisce risultati competitivi a causa della sua struttura (ovvero un fallimento strutturale del mercato). Questi includono (i) mercati che mostrano fallimenti sistemici che vanno oltre la condotta di una particolare azienda con potere di mercato a causa di alcune caratteristiche strutturali, come alta concentrazione e barriere all'ingresso, vincoli dei consumatori, mancanza di accesso ai dati o accumulo di dati, e (ii) strutture di mercato oligopolistiche con un rischio maggiore di collusione tacita, compresi i mercati caratterizzati da una maggiore trasparenza grazie a soluzioni tecnologiche basate su algoritmi (che stanno diventando sempre più prevalenti in tutti i settori).

La Commissione europea afferma comunque che un'eventuale iniziativa che preveda l'adozione di un nuovo strumento in materia di concorrenza non pregiudicherà la normativa settoriale vigente, né comprometterà gli strumenti di concorrenza esistenti di cui dispongono attualmente la Commissione e le autorità nazionali garanti della concorrenza degli Stati membri dell'UE.

Parallelamente a tale iniziativa sempre il 2 giugno è stata lanciata un'altra consultazione pubblica (conclusa l'8 settembre), anch'essa basata su una valutazione di impatto iniziale, che riguarda uno strumento di regolazione ex ante specifico per le piattaforme online con significativi effetti di rete che agiscono da custodi del mercato interno dell'Unione europea (gatekeeper). Molte di queste grandi piattaforme online esercitano il controllo su interi ecosistemi di piattaforme e ciò rende praticamente impossibile competere per gli altri operatori di mercato esistenti o nuovi, indipendentemente da quanto possano essere innovativi ed efficienti. L'iniziativa definisce le opzioni per regolamentare le grandi piattaforme online che fungono da filtri e garantire che i mercati interessati restino equi e competitivi.

Nella valutazione di impatto iniziale si legge che le 10.000 piattaforme online stimate in Europa non riescono ad espandersi su larga scala e quindi a contribuire alla sovranità tecnologica dell'UE, poiché si trovano sempre più di fronte a ecosistemi di piattaforme online incontestabili. Queste dinamiche possono comportare pratiche commerciali sleali su larga scala e ridurre potenzialmente il guadagno sociale derivante dall'innovazione. Il loro impatto è aggravato dall'opacità e dalla complessità dei grandi ecosistemi di piattaforme online e dal significativo vantaggio in termini di detenzione di informazioni che tali piattaforme hanno rispetto agli altri. Oltre ad affrontare le questioni di cui sopra, è anche importante far sì che gli innovatori dell'UE possano prosperare e in tal modo contribuire alla ripresa economica all'uscita della crisi COVID-19.

Un primo passo per creare un ambiente aziendale equo e trasparente attorno alle piattaforme online ("servizi di intermediazione online") è stata l'approvazione del regolamento (ue) 2019/1150, entrato in vigore nel giugno 2019 e applicato dal 12 luglio 2020. Tuttavia, l'attuale quadro normativo a livello dell'Ue non affronta ancora in modo specifico la questione dei gatekeeper.

Lo strumento di regolazione ex ante, che dovrebbe essere oggetto di una proposta di regolamento prevista per il quarto trimestre 2020, fa parte del pacchetto sul mercato unico digitale annunciato nella Comunicazione "Plasmare il futuro digitale dell'Europa", presentata nel febbraio 2020.

La Comunicazione indica le iniziative che la Commissione europea ritiene necessarie a sostenere lo sviluppo tecnologico nei prossimi anni.

Tre sono gli ambiti di intervento individuati: 1) migliorare la vita dei cittadini; 2) assicurare competitività ed equità al mondo delle imprese; 3) contribuire ad una società aperta democratica e sostenibile.

Si ricorda poi che l'8 settembre scorso la Commissione europea ha pubblicato gli esiti della valutazione del regolamento di esenzione per categoria relativo agli accordi verticali (regolamento (ue) n. 330/2010) e le pertinenti linee guida (SWD(2020)172)[6].

Gli accordi verticali sono accordi stipulati tra due o più imprese operanti a diversi livelli della catena di produzione o distribuzione e relativi alle condizioni alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi. L'articolo 101, paragrafo 1, TFUE vieta gli accordi tra imprese che restringono la concorrenza. Tuttavia, ai sensi dell'articolo 101, paragrafo 3, TFUE, tali accordi possono essere dichiarati compatibili con il mercato unico, a condizione che contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei beni o a promuovere il progresso tecnico o economico, consentendo al contempo ai consumatori una giusta quota dei vantaggi che ne derivano senza eliminare la concorrenza.

L'obiettivo del riesame era valutare se il regolamento tiene ancora in debito conto gli sviluppi del mercato, in particolare la crescente importanza delle vendite online e l'emergere di nuovi operatori di mercato, come le piattaforme online. Dalla valutazione è emerso che nonostante il regolamento e le linee guida siano ancora rilevanti, il mercato è cambiato in modo significativo dalla loro adozione in particolare a causa della crescita delle vendite online e di nuovi attori di mercato come le piattaforme online. Questi sviluppi hanno portato a una serie di cambiamenti nei modelli di distribuzione, come l'aumento delle vendite dirette da parte dei fornitori e un maggiore utilizzo di sistemi di distribuzione selettiva, che consentono ai fornitori un controllo più stretto sulle condizioni di rivendita. Allo stesso modo, sono diventati più diffusi nuovi tipi di restrizioni verticali, come le restrizioni sulle vendite attraverso i mercati online e le restrizioni sulla pubblicità online.

Sulla base delle questioni individuate, lo scorso 23 ottobre la Commissione europea ha presentato una valutazione di impatto iniziale, invitando i portatori di interesse ad inviare osservazioni entro il 20 novembre (si veda la relativa roadmap). La Commissione prevede quindi di lanciare una consultazione pubblica entro la fine dell'anno e di presentare una proposta di revisione da sottoporre ai portatori di interesse nel corso del prossimo anno[7]. L'obiettivo è quello di approvare le nuove norme affinché entrino in vigore entro il 31 maggio 2022, quando scadranno quelle attuali.

La politica di concorrenza e il Green Deal europeo

Come annunciato dalla Vicepresidente Vestager lo scorso settembre[8] la Commissione europea ha lanciato un invito a presentare contributi sul tema "politica di concorrenza a sostegno del Green Deal europeo".

Il Green Deal europeo è la nuova strategia di crescita dell'Ue lanciata nel dicembre 2019, volta a fare dell'Europa il primo continente a zero emissioni nel 2050. Nell'ambito del Green Deal Europeo, si ricorda che lo scorso 17 settembre la Commissione europea ha presentato la Comunicazione "Un traguardo climatico 2030 più ambizioso per l'Europa" con la quale ha proposto un piano per aumentare l'obiettivo Ue di riduzione delle emissioni dal 40% al 55% entro il 2030. Tale intenzione era stata annunciata nel discorso sullo stato dell'Unione pronunciato il 16 settembre dalla presidente von der Leyen dinanzi al Parlamento europeo. Il Parlamento europeo, nella risoluzione del 7 ottobre, ha chiesto di innalzare tale target al 60%. Una decisione sull'obiettivo climatico sarà presa dal Consiglio europeo previsto per il 10-11 dicembre prossimi.

L'invito è rivolto non solo agli esperti della concorrenza, ma a tutti coloro che hanno un interesse per questo tema: industria, gruppi ambientalisti e organizzazioni dei consumatori. I contributi dovrebbero essere inviati entro metà novembre, al fine di pianificare una conferenza per l'inizio del prossimo anno che riunirà queste diverse prospettive. Il termine fissato per l'invio dei contributi scade il prossimo 20 novembre. I risultati saranno presentati in una Conferenza che si svolgerà nel 2021 (si veda al riguardo la pagina a cura della Commissione europea).

Il 12 novembre scorso la Commissione europea ha lanciato una consultazione pubblica sulla revisione delle Linee guida sugli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente e per l'energia (EEAG), basata su una valutazione di impatto iniziale (si vedano anche la relativa pagina e roadmap della Commissione europea).

Adottate nel 2014 come parte del programma per modernizzare il controllo degli aiuti di Stato, le attuali linee guida si applicano fino al 31 dicembre 2021, con proroga di un anno. Mirano a evitare distorsioni della concorrenza nel mercato unico quando gli Stati membri decidono di finanziare progetti per migliorare la tutela ambientale e l'adeguatezza della produzione energetica. Programmata per il quarto trimestre del 2021, la revisione mira a modernizzare e semplificare queste linee guida al fine di consentire alle autorità pubbliche di contribuire maggiormente agli obiettivi ambientali ed energetici dell'UE in modo efficace in termini di costi, con una distorsione minima della concorrenza e degli scambi all'interno dell'Unione. Il campo di applicazione delle linee guida dovrebbe quindi essere ampliato, secondo la Commissione, organizzando le regole intorno a obiettivi politici più ampi, come la protezione ambientale (compresa la neutralità climatica e altri obiettivi del Green Deal europeo) e la sicurezza dell'approvvigionamento. Inoltre, l'estensione del campo di applicazione delle linee guida dovrebbe essere accompagnata da una serie di garanzie per garantire che l'aiuto: (1) sia effettivamente diretto dove è necessario (nessun "greenwashing"); (2) limitarsi a quanto necessario per soddisfare gli obiettivi ambientali in modo da essere redditizi, ridurre al minimo i costi per il contribuente. La Commissione europea starebbe inoltre valutando la possibilità di dare ai governi una sorta di incentivo, un "bonus verde", che consenta loro di utilizzare più aiuti di Stato per progetti che danno un contributo reale agli obiettivi verdi dell'Ue.

La revisione delle linee guida rientra nell'ambito della valutazione delle norme adottate nell'ambito del pacchetto di modernizzazione degli aiuti di stato. Il 30 ottobre scorso la Commissione europea ha pubblicato un documento di lavoro che riassume i risultati della valutazione.

La valutazione è stata avviata nel gennaio 2019 e ha assunto la forma di un "controllo di idoneità", comprendente analisi interne da parte della Commissione e consultazioni pubbliche nonché, in alcuni casi, studi preparati da consulenti esterni o consultazioni mirate di stakeholder specifici. L'esercizio ha riguardato una serie di norme che sono state adottate nell'ambito della modernizzazione degli aiuti di Stato, tra cui il regolamento generale di esenzione per categoria, il regolamento de minimis, le linee guida sugli aiuti di stato in materia di ambiente ed energia.

Il documento conclude che, nel complesso, il sistema di controllo degli aiuti di stato e le relative norme sono idonei ai loro scopi. Tuttavia, alcune singole norme necessitano di revisioni, chiarimenti, ulteriore razionalizzazione e semplificazione, nonché adeguamenti per riflettere i recenti sviluppi legislativi, le priorità attuali, i cambiamenti nei mercati e gli sviluppi tecnologici.

In particolare, la valutazione mostra che le norme sugli aiuti relativi all'ambiente e all'energia finora hanno facilitato un impiego più efficace e meno distorsivo delle risorse statali per migliorare la protezione ambientale e raggiungere gli obiettivi dell'Unione dell'energia. Tuttavia, devono essere ulteriormente adattate alla luce delle nuove tecnologie e dei nuovi tipi di sostegno, nonché della recente legislazione ambientale ed energetica. Le norme devono inoltre essere allineate alle sfide future, in linea con le priorità della Commissione. In particolare, gli aiuti di Stato possono e devono contribuire ulteriormente al Green Deal europeo, nonché alle strategie digitali e industriali dell'UE. La revisione delle norme sugli aiuti di stato relativi all'ambiente e all'energia dovrà facilitare misure adeguate per promuovere ulteriormente un'economia moderna decarbonizzata e circolare, assicurando al contempo limitate distorsioni della concorrenza e adeguate salvaguardie all'integrità del mercato unico. Questo è fondamentale, visti i vincoli di bilancio passati e, soprattutto, futuri, combinati con la necessità di sostenere la ripresa dell'economia dell'UE all'indomani della crisi del coronavirus.

Il documento afferma inoltre che poiché le norme sugli aiuti di Stato sono una parte vitale della transizione verde, in linea con la comunicazione della Commissione sul Green Deal europeo e i risultati del "controllo di idoneità", la Commissione prevede di anticipare la revisione degli orientamenti sugli aiuti di Stato pertinenti nel 2021. Questi includono, tra l'altro, le linee guida sugli aiuti di stato regionali, la comunicazione sui progetti comuni di interesse europei (IPCEI), le linee guida per il finanziamento del rischio, le linee guida ambientali ed energetiche e le disposizioni pertinenti il GBER. Le consultazioni pubbliche su queste norme sono attualmente in corso o saranno lanciate all'inizio del 2021. Le altre norme che facevano parte del "controllo di idoneità" saranno riviste a medio termine.

Si ricorda poi che lo scorso 21 settembre la Commissione europea ha adottato gli orientamenti riveduti sugli aiuti di Stato nell'ambito del sistema di scambio di quote di emissioni (ETS) al fine di allinearli agli obiettivi di riduzione delle emissioni di C02 nell'ambito del Green Deal. Gli orientamenti entreranno in vigore il 1º gennaio 2021 e sostituiranno i precedenti orientamenti, adottati nel 2012.

Il sistema di scambio di quote di emissione (ETS), il primo e il più grande mercato internazionale dei permessi di emissione di carbonio, rappresenta lo strumento politico chiave dell'Ue per la lotta al cambiamento climatico. Il sistema ETS dell'Ue, che si rivolge a tutti i settori industriali caratterizzati da elevate emissioni, incluso il trasporto aereo, è stato introdotto con la Direttiva 2003/87/CE. Esso fissa un tetto massimo, stabilito a livello europeo, per le emissioni consentite ai soggetti che fanno parte del sistema, consentendo ai partecipanti di acquistare e vendere sul mercato i diritti di emissione di CO2 ("quote"), acquisiti mediante asta. La Direttiva è stata rivista da ultimo nel marzo 2018, le modifiche introdotte si riferiscono infatti al periodo 2021-2030. La Commissione europea, entro giugno 2021, riesaminerà e, se del caso, proporrà di rivedere tutti gli strumenti politici, tra cui la direttiva EU ETS, necessari per conseguire le ulteriori riduzioni dei gas a effetto serra, previste dal citato piano per l'obiettivo climatico al 2030 presentato lo scorso 17 settembre.

Gli orientamenti riveduti:

·        prevedono la concessione di aiuti soltanto ai settori a rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio a causa degli elevati costi indiretti delle emissioni e della loro forte esposizione al commercio internazionale. Sono stati selezionati come ammissibili 10 settori e 20 sottosettori (rispetto ai 13 settori e ai 7 sottosettori previsti dai precedenti orientamenti);

·        prevedono un tasso di compensazione fisso del 75% nel nuovo periodo (con una riduzione rispetto all'85 % previsto all'inizio del precedente periodo di scambio del sistema ETS) ed escludono le compensazioni per le tecnologie non efficienti, al fine di mantenere gli incentivi delle imprese a favore dell'efficienza energetica;

·         subordinano la compensazione ad un ulteriore impegno a favore della decarbonizzazione da parte delle imprese interessate, ad esempio, al rispetto delle raccomandazioni emerse dai rispettivi audit sull'efficienza energetica.

Gli orientamenti tengono inoltre conto delle specificità delle piccole e medie imprese (PMI), in linea con la strategia per le PMI per un'Europa sostenibile e digitale, esentandole dal nuovo requisito in materia di condizionalità, al fine di limitarne gli oneri amministrativi.

La politica di concorrenza e l'emergenza Covid-19

Per rispondere alla crisi economica e sanitaria legata alla diffusione della COVID-19, la Commissione europea ha deciso di concedere agli Stati membri la piena flessibilità nell'applicazione della disciplina sugli aiuti di Stato.

A tal fine, lo scorso 13 ottobre la Commissione europea ha deciso di prorogare e ampliare la portata del Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19 adottato il 19 marzo 2020. Il Quadro temporaneo legittima alcune tipologie di aiuti di stato al fine di consentire agli Stati membri di sostenere l'economia nel contesto dell'emergenza del coronavirus[9]. Con la modifica adottata il 13 ottobre, che è la quarta dal 19 marzo scorso, il Quadro temporaneo, la cui scadenza era inizialmente fissata per il 31 dicembre 2020, è prorogato per sei mesi fino al 30 giugno 2021 in tutte le sue parti, ad eccezione della parte finalizzata a consentire misure di ricapitalizzazione che è prorogata per altri tre mesi, fino al 30 settembre 2021. Entro il 30 giugno 2021 la Commissione vaglierà la necessità di prorogare o adattare ulteriormente il Quadro temporaneo.

Il Quadro temporaneo è stato modificato una prima volta il 3 aprile, una seconda volta l'8 maggio e una terza volta il 29 giugno.

Le tipologie di aiuti di stato consentite in base a queste prime tre modifiche sono le seguenti: sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali, pagamenti anticipati, prestiti, garanzie e partecipazioni; garanzie di stato[10]; prestiti pubblici agevolati alle imprese; garanzie per le banche; assicurazioni al credito all'esportazione a breve termine; sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali per ricerca e sviluppo; sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali per investimenti in infrastrutture di prova e upscaling; sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali per la produzione di prodotti connessi al Covid-19; differimento di imposte e contributi previdenziali; sovvenzioni per il pagamento dei salari dei dipendenti che altrimenti dovrebbero essere licenziati. Sono inoltre comprese misure per la ricapitalizzazione di società e per la concessione di debiti subordinati[11] a favore delle imprese non finanziarie in difficoltà. Tali misure sono soggette ad una serie di condizioni volte ad evitare distorsioni della concorrenza. La terza modifica è volta ad estendere ulteriormente il campo di applicazione del Quadro temporaneo al fine di consentire agli Stati membri di fornire supporto alle micro e piccole imprese e alle start-up e di incoraggiare gli investimenti privati

La quarta modifica, oltre a prorogare la scadenza del Quadro temporaneo:

·        ne estende l'ambito di applicazione anche agli aiuti sotto forma di sostegno per i costi fissi non coperti delle imprese che a causa della pandemia di coronavirus hanno subito un calo del fatturato, durante il periodo ammissibile, di almeno il 30 % rispetto allo stesso periodo del 2019. Il sostegno coprirà parte dei costi fissi fino ad un massimo di 3 milioni di euro per impresa;

·        chiarisce e modifica le condizioni che governano alcune misure temporanee di aiuti di Stato. In particolare, per quanto riguarda gli aiuti sotto forma di ricapitalizzazione delle imprese in difficoltà, chiarisce alcune condizioni in merito alla proporzionalità dell'aiuto, nonché l'uscita dello Stato dalla ricapitalizzazione delle imprese di cui era azionista prima della ricapitalizzazione. Per quanto riguarda questo secondo aspetto la modifica consente allo Stato di uscire dal capitale proprio di tali imprese mediante una valutazione indipendente, ripristinando nel contempo la sua precedente partecipazione azionaria e mantenendo le misure di salvaguardia per preservare un'effettiva concorrenza nel mercato unico;

·         estende fino al 30 giugno 2021 l'elenco dei paesi con rischi non assicurabili sul mercato. Allo scopo modifica l'allegato della Comunicazione sull'applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE all'assicurazione del credito all'esportazione a breve termine (STEC).

A seguito della pandemia di COVID-19, nel marzo 2020 la Commissione ha riscontrato la mancanza di sufficiente capacità assicurativa privata per i crediti all'esportazione a breve termine in generale e ha considerato temporaneamente non assicurabili sul mercato fino al 31 dicembre 2020 tutti i rischi commerciali e politici associati alle esportazioni verso i paesi elencati nell'allegato della STEC.

Per la versione consolidata (informale) del Quadro temporaneo si rinvia al sito della Commissione europea.

Dalla pubblicazione del Quadro temporaneo la Commissione europea sta procedendo all'esame e all'autorizzazione dei vari progetti di aiuti di stato notificati dagli Stati membri[12].

Il 17 novembre scorso la Commissione europea ha approvato due progetti di aiuti di stato italiani, con un budget di 10 milioni di euro ciascuno, volti a sostenere rispettivamente i piccoli editori di libri e l'industria musicale, discografica e fonografica nel contesto dell'epidemia di coronavirus. Il sostegno pubblico assumerà la forma di sovvenzioni dirette. Il 16 novembre ha approvato un altro progetto italiano di aiuti da 175 milioni di euro a sostegno delle aziende operanti nei settori del turismo e delle terme colpite dall'epidemia di coronavirus. Il sostegno assumerà la forma di un'esenzione dall'obbligo di pagare determinati contributi sociali. Recentemente la Commissione europea ha approvato in favore dell’Italia un regime di aiuti da 8,5 milioni di euro per sostenere le cooperative agricole colpite dalla pandemia (14 ottobre) e uno da 1,5 miliardi di euro destinato ad aiutare le imprese che operano nelle regioni del Sud Italia colpite dall'emergenza coronavirus, riducendone il costo del lavoro e aiutandole a mantenere il livello occupazionale (6 ottobre). In totale all'Italia sono stati autorizzati 26 regimi di aiuto a norma del Quadro temporaneo.

Il Quadro temporaneo del 19 marzo integra la Comunicazione "Risposta economica coordinata all'emergenza COVID-19" con la quale la Commissione ha fornito chiarimenti in materia di aiuti di Stato, specificando che gli Stati membri possono adottare alcune misure di sostegno senza violare la normativa dell'Unione.

Si tratta in particolare di:

·         misure applicabili a tutte le imprese, ad esempio integrazioni salariali o la sospensione dei pagamenti delle imposte sulle società, dell'imposta sul valore aggiunto o dei contributi sociali;

·         sostegno finanziario diretto ai consumatori, ad esempio per i servizi o i biglietti annullati non rimborsati dagli operatori coinvolti;

·         soddisfare un eventuale grave fabbisogno di liquidità e sostenere le imprese a rischio di fallimento a causa dell'epidemia (articolo 107, par. 3, let c) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, TFUE);

·         compensare le imprese per i danni subiti in circostanze eccezionali, come quelle dovute all'epidemia. A titolo di esempio, rientrerebbero in questa fattispecie eventuali compensazioni a settori colpiti in modo particolarmente grave (trasporti, turismo e comparto alberghiero) o misure volte a compensare gli organizzatori di manifestazioni annullate che hanno subito danni (articolo 107, par. 2, let b), TFUE);

·         aiuti che, per la loro minima entità, sono sottratti al regime autorizzatorio della Commissione (aiuti fino a 200.000 euro nell'arco di tre anni, ovvero 100.000 euro nell'arco di tre anni per il settore del trasporto di merci su strada, ovvero 25.000 e 30.000 euro rispettivamente nei settori dell'agricoltura e della pesca)[13].

 

3. La relazione sulla politica di concorrenza 2019

Il 9 luglio scorso la Commissione europea ha pubblicato la Relazione sulla politica di concorrenza 2019 nella quale dà conto dell'attività svolta nel corso del suddetto periodo di riferimento[14].

Tale attività si è concentrata sull'identificazione e il contrasto di comportamenti anticoncorrenziali nei mercati rilevanti per i cittadini e per le imprese nell'UE, quali i settori delle telecomunicazioni e del digitale, l'energia e l'ambiente, il settore manifatturiero, i servizi finanziari, il settore fiscale, i prodotti alimentari e l'agricoltura e i trasporti.

Prima di illustrare la suddetta attività la Commissione sottolinea l'importanza che il quadro dell'UE in materia di concorrenza sia idoneo a un mondo in rapido cambiamento, adeguandosi costantemente alla moderna economia verde e digitale. In particolare, la politica di concorrenza europea deve affrontare le nuove sfide legate all'uso dei dati, agli algoritmi e ai mercati in rapida evoluzione in un ambiente sempre più digitalizzato, e rafforzare le reti di cooperazione tra le autorità degli Stati membri e la Commissione per sostenere un'equa concorrenza all'interno del mercato unico. La Commissione europea informa che sono in corso una serie di valutazioni volte a esaminare il funzionamento delle norme in materia di concorrenza al fine di decidere se occorre migliorare la propria capacità di affrontare molte di queste sfide e di migliorare altresì l'efficacia dell'applicazione. Il riesame riguarda in particolare le norme antitrust che scadranno durante il nuovo mandato e i rispettivi orientamenti, una serie di norme in materia di aiuti di stato, tra cui gli orientamenti in materia di ambiente ed energia che saranno revisionati al fine di riflettere gli obiettivi strategici del Green Deal europeo.

"Il Green Deal europeo", già menzionato nel paragrafo precedente, è la nuova strategia di crescita della Commissione lanciata nel dicembre 2019, che definisce le iniziative politiche volte a raggiungere l'obiettivo di azzeramento delle emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050 e ad affrontare le sfide ambientali. La politica di concorrenza proprio come tutte le altre politiche della Commissione contribuirà al raggiungimento di questi ambiziosi obiettivi. Infatti, durante il 2019 la Commissione ha avviato il controllo dell'adeguatezza riguardante la disciplina in materia di ambiente ed energia e ha proseguito la valutazione degli orientamenti relativi a determinati aiuti di Stato nell'ambito del sistema per lo scambio di quote di emissione dei gas a effetto serra dopo il 2012 (orientamenti ETS) in preparazione alla relativa revisione per garantirne l'adeguatezza al nuovo sistema dell'UE di scambio di quote di emissione per il periodo 2021-2030. Ad esito di tale controllo lo scorso 21 settembre la Commissione europea ha varato le nuove linee guida per gli aiuti di stato nel settore ETS che entreranno in vigore il 1° gennaio 2021 (si veda supra).

Sono inoltre in corso valutazioni che riguardano le norme sul controllo delle concentrazioni. La Vicepresidente esecutiva Vestager ha annunciato altresì l'avvio del riesame della "Comunicazione sulla definizione del mercato", che fornisce orientamenti su come la Commissione applica il concetto di mercato rilevante del prodotto e mercato geografico nell'applicazione del diritto dell'UE in materia di concorrenza.

A tale scopo il 26 giugno 2020 è stata lanciata una consultazione pubblica conclusasi il 9 ottobre scorso.

La principale motivazione alla base dell'avvio di tale riesame è quella di garantire che la comunicazione rifletta l'evoluzione della prassi della Commissione nella definizione dei mercati negli ultimi venti anni e che sia adatta a un mondo che sta cambiando rapidamente e sta diventando sempre più digitale. L'obiettivo del riesame è di fornire orientamenti accurati e aggiornati, che definiscano un approccio chiaro e coerente ai casi relativi ad antitrust e concentrazioni nei diversi settori e in maniera facilmente accessibile.

Si ricorda poi che la valutazione sui controlli delle concentrazioni si incentra sulla semplificazione e la riduzione della burocrazia, ove opportuno, apportando alcuni miglioramenti di natura tecnica. Inoltre, alla luce del recente dibattito sull'efficacia delle soglie di attribuzione della competenza basate unicamente sul fatturato, di cui al regolamento UE sulle concentrazioni (si veda infra), la valutazione mira anche a verificare se queste soglie consentono di coprire tutte le transazioni che possono avere un impatto sul mercato interno (si veda al riguardo l'allegato al programma legislativo e di lavoro della Commissione europea per il 2020).

La Commissione riferisce quindi in merito alle attività volte ad affrontare le nuove sfide nella sfera digitale, dei media e delle telecomunicazioni.

Ricorda che attraverso la sua iniziativa politica "Un'Europa pronta per l'era digitale", la Presidente von der Leyen ha definito il settore digitale come una delle principali priorità dell'attuale mandato della Commissione. La politica di concorrenza rappresenta una parte integrante e fondamentale nella realizzazione di un mercato unico ben funzionante per i servizi digitali.

Al riguardo la Commissione europea richiama la relazione "Competition policy for the digital era" (La politica di concorrenza nell'era digitale) pubblicata nell'aprile 2019. La relazione, elaborata da tre consulenti speciali indipendenti su incarico della Commissione stessa, fornisce un contributo al processo di riflessione attualmente in corso da parte dell'Esecutivo su come la politica di concorrenza possa servire al meglio i consumatori europei in un mondo in rapida evoluzione. Essa analizza le caratteristiche principali dell'economia digitale - elevatissimi rendimenti di scala dei servizi digitali, esternalità di rete e ruolo dei dati - che hanno contribuito all'ascesa di grandi operatori digitali storici.

I tre consulenti speciali hanno ritenuto che il quadro di base del diritto in materia di concorrenza sia solido e sufficientemente flessibile per tutelare la concorrenza nell'era digitale. Hanno anche raccomandato che le caratteristiche specifiche delle piattaforme, gli ecosistemi digitali e l'economia dei dati dovrebbero essere maggiormente presi in considerazione da chi elabora e fa rispettare le normative in materia di concorrenza al fine di impedire il verificarsi di determinati comportamenti anticoncorrenziali o che tali comportamenti restino impuniti. Inoltre, i consulenti speciali sono del parere che i mercati digitali necessitino di una maggiore attenzione nei confronti delle teorie del danno e dell'identificazione delle strategie anticoncorrenziali. Per quanto riguarda l'accesso ai dati, secondo gli autori, soluzioni più efficaci potrebbero essere fornite da un regolamento settoriale specifico. La relazione contiene anche un'analisi specifica e suggerimenti in merito alle problematiche di controllo delle concentrazioni, da un punto di vista sia giurisdizionale che sostanziale.

La Commissione europea riferisce quindi in merito all'applicazione delle norme antitrust e al controllo rafforzato nei mercati digitali. Ricorda al riguardo che il 20 marzo 2019 la Commissione ha comminato a Google un'ammenda pari a 1,49 miliardi di euro per aver abusato della posizione dominante nel mercato, in violazione delle norme antitrust dell'UE (Caso AT 40411 "Google AdSense"). Detenere una posizione dominante non è di per sé illegale ai sensi delle norme antitrust dell'UE; tuttavia, le imprese dominanti hanno la particolare responsabilità di non abusare di tale potere limitando la concorrenza nel mercato in cui sono dominanti o in mercati distinti.

In particolare, la Commissione europea ha riscontrato che Google: dal 2006 prevedeva nei suoi contratti clausole di esclusiva, vietando ai publisher di mostrare sulle pagine dei risultati di ricerca annunci pubblicitari collegati alla ricerca dei concorrenti; dal 2009 ha gradualmente iniziato a sostituire le clausole di esclusiva con le cosiddette clausole di "posizionamento premium". Di conseguenza, ai concorrenti di Google è stato impedito di inserire i propri messaggi pubblicitari collegati alle ricerche negli spazi maggiormente cliccati delle pagine di visualizzazione dei risultati delle ricerche dei siti web; dal 2009 ha altresì previsto clausole che imponevano ai publisher di chiedere l'autorizzazione scritta da parte di Google prima di modificare il modo in cui erano visualizzati i messaggi pubblicitari dei concorrenti. Ciò consentiva a Google di controllare quanto fossero attrattivi i messaggi pubblicitari inseriti dai concorrenti.

A Google erano state già inflitte un'ammenda di 2,42 miliardi di euro nel 2017 per aver abusato della sua posizione dominante come motore di ricerca conferendo un vantaggio illegale al proprio servizio di acquisti comparativi e un'ammenda di 4,34 miliardi di euro nel 2018 per pratiche illegali riguardanti i dispositivi mobili Android volte a rafforzare la posizione dominante del motore di ricerca di Google.

La Commissione riferisce inoltre sull'indagine antitrust formale per valutare se l'utilizzo da parte di Amazon di dati sensibili provenienti dai dettaglianti indipendenti che vendono sul suo mercato virtuale (marketplace) rappresenti una violazione delle norme dell'UE in materia di concorrenza.

Fornendo un mercato ai venditori indipendenti, Amazon raccoglie costantemente dati sulle attività che avvengono sulla sua piattaforma. Dall'indagine preliminare della Commissione emerge che Amazon utilizza informazioni sensibili da un punto di vista della concorrenza relative ai venditori, ai loro prodotti e alle operazioni sul marketplace. La Commissione sta esaminando gli accordi tipo conclusi tra Amazon e i venditori sul marketplace, che consentono al settore di attività al dettaglio di Amazon di analizzare e utilizzare i dati di venditori terzi, estrapolati dai dati a disposizione del marketplace di Amazon.

La Commissione dà quindi conto delle sue attività di vigilanza riguardo al rispetto delle norme antitrust a tutela della concorrenza sui prezzi e di una maggiore scelta per i consumatori nell'ambito del commercio elettronico e rispetto delle norme antitrust nel settore delle telecomunicazioni. Riferisce inoltre in merito al controllo delle concentrazioni nel settore dei media e delle telecomunicazioni e all'applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato nelle reti a banda larga.

L'esecutivo europeo si sofferma quindi sulla politica di concorrenza a sostegno degli obiettivi dell'UE in materia di energia a basse emissioni di carbonio e ambiente, dando conto dei vari progetti di aiuti di Stato degli Stati membri approvati nel corso del 2019. Tra essi un regime di aiuti italiano da 5,4 miliardi di euro per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (si veda la decisione della SA53347). Il regime è volto a sostenere la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, quali l'eolico terrestre, il solare fotovoltaico, l'idroelettrico e i gas residuati dai processi di depurazione e sarà applicabile fino al 2021.

Inoltre, riferisce in merito alle indagini sui potenziali cartelli che ostacolano il ricorso a tecnologie innovative, dando conto del Caso AT.40178 Car emissions che coinvolge BMW, Daimler e la Volkswagen Group, ritenute, in via preliminare responsabili di aver violato le norme antitrust dell'UE dal 2006 al 2014 agendo in maniera collusiva per limitare la concorrenza nello sviluppo di tecnologie per depurare i gas di scarico delle autovetture a benzina e diesel (si veda la Comunicazione degli addebiti inviata loro il 5 aprile 2019).

Per quanto concerne la tutela della concorrenza nel settore manifatturiero, la Commissione dà conto delle varie decisioni e inchieste in materia di concentrazioni nelle industrie di base. Tra esse, quella relativa al divieto, nel quadro del regolamento sulle concentrazioni, della fusione di Siemes e Alstom, entrambi leader globali nel settore del trasporto ferroviario.

Nella sua valutazione approfondita la Commissione ha ritenuto che, in assenza di misure correttive adeguate, la fusione avrebbe pregiudicato la concorrenza in diversi mercati dei sistemi di segnalazione ferroviaria e nel mercato dei treni ad altissima velocità. Avrebbe creato un leader indiscusso in diversi mercati dei sistemi di segnalazione ferroviaria e un attore dominante nel settore dei treni ad altissima velocità nel SEE.

Ricorda poi l'autorizzazione di alcuni progetti di comune interesse europeo (IPCEI), tra cui uno notificato congiuntamente da Francia, Germania, Italia e Regno Unito a favore della ricerca e dell'innovazione nel settore della microelettronica. A questo progetto ne è seguito un altro, per sostenere la ricerca e l'innovazione nel settore prioritario comune europeo delle batterie, notificato congiuntamente da Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Polonia e Svezia. Nei prossimi anni i sette Stati membri erogheranno finanziamenti fino a circa 3,2 miliardi di euro, che dovrebbero mobilitare 5 miliardi di euro supplementari di investimenti privati.

Nel giugno 2014 la Commissione ha adottato una Comunicazione su importanti progetti di comune interesse europeo (IPCEI) che definisce i criteri in base a cui gli Stati membri possono sostenere progetti transnazionali di rilevanza strategica per l'UE. La comunicazione chiarisce le norme di compatibilità in modo da agevolare la cooperazione tra gli Stati membri su progetti che apportano un evidente contributo alla crescita economica, alla sostenibilità, all'occupazione e alla competitività dell'UE. Il quadro relativo ai progetti di comune interesse europeo integra altre norme in materia di aiuti di Stato quali il regolamento generale di esenzione per categoria e la disciplina a favore di ricerca, sviluppo e innovazione, che consentono anche di sostenere progetti innovativi garantendo l'assenza di potenziali distorsioni della concorrenza di portata rilevante. Come già ricordato nel paragrafo precedente, la Comunicazione sarà oggetto di revisione da pare della Commissione europea.

La Commissione prosegue quindi dando conto, tra l'altro, delle attività a tutela della concorrenza nel settore finanziario, riferendo dell'ammenda di 570 milioni di euro inflitta a Mastercard per aver ostacolato l'accesso ai commercianti a servizi di pagamento tramite carta transfrontalieri, in violazione delle norme antitrust dell'UE.

Dall'indagine della Commissione è emerso che le norme transfrontaliere di Mastercard obbligavano le banche dei dettaglianti ad applicare le commissioni interbancarie del paese in cui si trovava il dettagliante. A causa di tali norme i dettaglianti si trovavano a pagare un prezzo più elevato per i servizi bancari di ricezione dei pagamenti tramite carta rispetto a quanto avrebbero pagato se fossero stati liberi di ricercare servizi meno costosi. Le norme transfrontaliere hanno anche determinato un aumento dei prezzi per dettaglianti e consumatori, la limitazione della concorrenza transfrontaliera e una frammentazione artificiale del mercato unico.

 

4. La risoluzione del Parlamento europeo sulla politica di concorrenza

Il 18 giugno scorso il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla Relazione sulla politica di concorrenza 2019 della Commissione europea.

Nel testo adottato il Parlamento si focalizza su una serie di punti tra cui: il ruolo della politica di concorrenza nei mercati globalizzati; l'efficacia degli strumenti della politica di concorrenza; le norme in materia di concorrenza a sostegno del Green Deal europeo

In merito al ruolo della politica di concorrenza nei mercati globalizzati il Parlamento europeo, tra l'altro:

·        sottolinea che in un mondo globalizzato la cooperazione internazionale è essenziale per assicurare l'efficace applicazione delle norme in materia di concorrenza; invita la Commissione a rafforzare ulteriormente l'influenza della politica di concorrenza dell'UE nel mondo, in particolare proseguendo i pertinenti dialoghi e potenziando la cooperazione con USA, Cina, Giappone e altri paesi terzi, laddove possibile, mediante accordi di cooperazione di seconda generazione che consentano uno scambio di informazioni più efficace tra le autorità garanti della concorrenza;

·        invita la Commissione a garantire una concorrenza leale tra l'Unione europea e il Regno Unito a seguito del suo recesso dall'UE, al fine di assicurare condizioni di parità ed evitare il dumping;

·        sostiene pienamente l'attuazione di importanti progetti di comune interesse europeo come l'alleanza europea per le batterie (European Battery Alliance); invita la Commissione a promuovere ulteriormente gli importanti progetti di comune interesse europeo principali in materia di tecnologie di rottura, a semplificare le pertinenti disposizioni e a ridurne i requisiti, affinché anche i progetti di ricerca industriale su scala ridotta possano essere approvati;

·        invita la Commissione, alla luce del crescente dibattito, a riconciliare le regole dell'UE in materia di concorrenza, la politica industriale e il commercio internazionale, che devono andare di pari passo con la sostenibilità e il rispetto dell'ambiente; sottolinea l'esigenza specifica di finanziamenti per la ricerca, quale base dell'innovazione e dello sviluppo delle imprese europee ed elemento fondamentale per potenziare il commercio e la competitività.

Al fine di adattare la concorrenza all'era digitale, il Parlamento europeo, tra l'altro:

·        invita la Commissione a rivedere le regole sulle concentrazioni e sulle acquisizioni e a rafforzare le misure antitrust tenendo conto degli effetti del potere di mercato e della rete associati ai dati sia personali che finanziari;

·        invita la Commissione a rivedere il concetto di "abuso di posizione dominante" e la dottrina relativa alle "infrastrutture essenziali" per assicurare che siano adeguati allo scopo perseguito nell'era digitale; suggerisce un'analisi più ampia del potere di mercato in relazione agli effetti dei conglomerati e dei "gatekeeper" (ovvero del controllo degli accessi) allo scopo di contrastare l'abuso della posizione dominante dei principali operatori e la mancanza di interoperabilità;

·        invita la Commissione a valutare livelli più elevati di concentrazione dovuti alla proprietà orizzontale da parte di grandi società di gestione patrimoniale nel quadro della sua attuale analisi del regolamento sulle concentrazioni e a considerare la possibilità, a tale riguardo, di fornire orientamenti sul ricorso agli articoli 101 e 102 TFUE;

·        sottolinea che, sebbene numerose start-up siano create nella speranza di un'acquisizione da parte di una società più grande, l'acquisizione delle start-up da parte di operatori dominanti, tra cui le grandi società e piattaforme tecnologiche, potrebbe soffocare l'innovazione e minacciare la sovranità; invita la Commissione e le autorità nazionali garanti della concorrenza a esaminare le acquisizioni di questo tipo e le relative ripercussioni sulla concorrenza, con particolare riferimento alle cosiddette "acquisizioni killer";

·        chiede alla Commissione di introdurre un dispositivo centralizzato di controllo ex ante dei mercati (tenendo conto nel contempo dei risultati di una valutazione d'impatto), al fine di dotare le autorità di regolamentazione e le autorità garanti della concorrenza, a livello nazionale e di UE, dei mezzi necessari per raccogliere i dati in forma anonima, onde poter meglio rilevare i fallimenti del mercato in tempo utile e, se del caso, predisporre una regolamentazione mirata laddove tali pratiche diventino sistemiche.

In merito all'efficacia degli strumenti della politica di concorrenza, il Parlamento europeo, tra l'altro:

·        invita la Commissione a ricorrere, oltre che alle ammende, anche a rimedi comportamentali e, se necessario, a rimedi strutturali alternativi al fine di assicurare pienamente l'efficacia della politica di concorrenza dell'Unione europea; sottolinea che l'azione inibitoria dovrebbe essere molto più rigorosa nei rimedi futuri;

·        invita la Commissione a prendere in considerazione una proposta volta a separare i motori di ricerca dai loro servizi commerciali per porre fine alla situazione attuale, in cui un motore di ricerca detiene circa il 92 % della quota del mercato dei motori di ricerca online nella maggior parte degli Stati membri diventando il guardiano del mercato (gatekeeper).

Circa le norme in materia di concorrenza a sostegno del Green Deal europeo:

·        sostiene il riesame da parte della Commissione degli orientamenti in materia di aiuti di Stato in tutti i settori pertinenti, come quello dei trasporti, compreso il trasporto aereo e marittimo, in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo, applicando il principio della transizione giusta e riconoscendo il ruolo complementare dei governi degli Stati membri nel sostenere gli investimenti nella decarbonizzazione e nell'energia pulita;

·        invita la Commissione, nell'ambito della prossima revisione degli orientamenti in materia di aiuti di Stato a favore della protezione ambientale e dell'energia, a prevedere una maggiore flessibilità degli aiuti concessi all'energia rinnovabile generata dai cittadini, in linea con gli impegni dell'UE in ambito climatico;

·        sottolinea la necessità che la Commissione impedisca potenziali effetti negativi, come l'impiego da parte di grandi società degli aiuti pubblici concessi per l'"inverdimento" dei loro modelli imprenditoriali per obiettivi diversi quali il rafforzamento della loro posizione dominante in un determinato settore;

·        invita la Commissione a fornire ulteriori orientamenti e un quadro che favorisca maggiori investimenti nell'efficienza energetica e nella ristrutturazione degli edifici, nonché nel ripotenziamento, nei progetti ibridi e nello stoccaggio dell'energia.

 

Il Parlamento europeo inoltre si compiace della tempestiva reazione della Commissione europea in risposta all'emergenza causata dal Covid-19 e dell'approvazione del Quadro temporaneo per le misure degli aiuti di stato.

 


 

La strategia industriale della Commissione europea  

Il 10 marzo 2020 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di proposte su una rinnovata strategia industriale allo scopo di valorizzare la vocazione industriale e in particolare manifatturiera di molti dei sistemi economici europei (a partire da quelli tedesco, italiano e francese).

Tale obiettivo risulta particolarmente urgente nel contesto attuale, contrassegnato dall’impatto gravissimo, sul piano economico e sociale, della pandemia da COVID-19.

Con tale strategia la Commissione si pone fondamentalmente tre priorità

·        la transizione verde, con il Green Deal europeo come nuova strategia per la crescita dell'Europa;

·        la transizione digitale, che consente all'industria e alle PMI di operare più dinamicamente, fornisce nuove competenze ai lavoratori e sostiene la decarbonizzazione dell’economia dell’UE;

·        la competitività sulla scena mondiale, in cui l'Europa deve far leva sull'impatto del suo mercato unico per imporre standard mondiali in un contesto fortemente mutato negli ultimi anni a seguito dalla esasperazione della concorrenza di alcune economie emergenti a partire dalla Cina.

I dati dell’industria europea

L’industria europea è leader mondiale in molti settori, rappresenta oltre il 20% dell’economia dell’UE e dà occupazione a 35 milioni di persone nell'UE, e molti milioni di altri posti di lavoro sono ad essa collegati sia in Europa sia all'estero.

Nel 2018, il valore della produzione venduta coperta dai settori minerario, estrattivo e manifatturiero è ammontato a 5.335 miliardi di euro.

La tabella seguente presenta l'evoluzione del valore della produzione venduta dell'UE-28 dal 2008 al 2018.

 

 

 

 

Di seguito il valore aggiunto della produzione industriale (2019) in valori assoluti, eccetto il settore delle costruzioni.

(Fonte Eurostat)

 

Dalla tabella si evince che nel 2019 il settore industriale (UE-27), escluso il settore delle costruzioni, ha generato circa 2.449 miliardi di euro di valore aggiunto. Il valore aggiunto dell'industria tedesca è stato di circa 749 miliardi di euro, quello dell'industria italiana di circa 313 miliardi di euro e quello dell'industria francese di circa 287 miliardi di euro.

Per quanto riguarda in particolare il settore manifatturiero, secondo i dati di Eurostat la produzione manifatturiera rappresenta il 17,3% del PIL dell'UE e l'80% dell'export. Circa 1 su 10 (8,8%) di tutte le imprese dell'economia non finanziaria dell'UE-27 sono state classificate come manifatturiere nel 2017, per un totale di quasi 2 milioni di imprese.

 

L’industria manifatturiera in Italia

Malgrado la contrazione dell’attività negli anni della crisi e il crescente espandersi di nuove economie, in base al Rapporto sull’industria italiana 2019, elaborato da Confindustria, nel 2018 l’Italia si attesta al settimo posto come potenza manifatturiera del mondo e al nono posto per quanto riguarda invece la sua capacità di esportare (dati 2017),

La seguente tabella mostra i primi dici paesi per valore aggiunto ed esportazioni manifatturiere.

 

Nel corso del 2018 si è assistito tuttavia a una flessione dell’attività produttiva della manifattura italiana. Dopo dieci anni dall’inizio della crisi finanziaria internazionale si registra ancora un ampio gap dei livelli produttivi rispetto agli anni pre-crisi e l’erosione del perimetro stesso della manifattura, dove il numero di imprese continua a contrarsi. Negli ultimi tre anni le imprese manifatturiere attive sono diminuite di più di 20mila unità (oltre 100mila dal 2008). A dicembre 2018 lo stock di imprese manifatturiere attive risulta di 269mila unità. Nel 2018 si è registrato un leggero aumento sia delle iscrizioni che delle cessazioni, e il saldo netto è rimasto sostanzialmente stabile.

La tabella seguente mostra il saldo demografico manifatturiero.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’espansione della produzione è ostacolata dalla debolezza della domanda interna, che si mantiene meno dinamica rispetto a quella degli altri principali partner europei. La forza dimostrata dai produttori nazionali sui mercati internazionali non è sufficiente a sostenere l’intera manifattura, perché anche per i settori e le imprese più orientati verso l’estero il peso del mercato interno è, mediamente, preponderante.

 

La tabella seguente indica fatturato interno e produzione.

Il settore manifatturiero italiano impiega nel 2018 quasi 4 milioni di persone (650mila in meno di quelle che impiegava nel 2007). Il ridimensionamento subito negli anni di crisi – riflesso inevitabile di quello dell’attività produttiva – appare ormai strutturale, anche per effetto di una ricomposizione dell’occupazione verso i servizi che caratterizza fisiologicamente la fase più avanzata dello sviluppo dei Paesi industriali.

 

 


 

La nuova strategia industriale della Commissione

Nella comunicazione del 10 marzo 2020 “Una nuova strategia industriale per l’Europa” la Commissione individua una serie di misure e di azioni per la trasformazione dell’industria europea verso la neutralità climatica e la digitalizzazione. Solo accelerando il processo di trasformazione ecologica e digitale l’industria europea potrà competere con quelle delle economie emergenti.

La decarbonizzazione delle industrie ad alta intensità energetica rappresenta una delle principali priorità della Commissione europea, che, a tal fine, preannuncia l’intenzione di presentare una strategia sulla produzione di acciaio a zero emissioni. La protezione delle persone e dell’ambiente sarebbero altresì alla base di una strategia in materia di prodotti chimici sicuri e sostenibili, e dell’intenzione preannunciata dalla Commissione europea di affrontare il tema della sostenibilità dei prodotti da costruzione, e dell’efficienza energetica e della prestazione ambientale nell’edilizia.

Tra gli strumenti volti a consentire agli Stati membri il percorso verso la sostenibilità ambientale, la Commissione ricorda il Meccanismo per una transizione giusta, con il quale intende mobilitare investimenti per almeno 100 miliardi di euro nel periodo 2021-2027 specificamente destinati alle regioni più esposte alle ripercussioni negative della transizione a causa della loro dipendenza dai combustibili fossili o da processi industriali ad alta intensità di gas a effetto serra.

La Commissione europea illustra una serie di iniziative volte ad abbandonare il modello economico che prevede di prendere dall'ambiente le materie per produrre prodotti che, poi, finiscono tra i rifiuti una volta utilizzati; l’attuale economia europea, secondo la Commissione europea utilizza solo il 12 per cento di materiali riciclati ed è ancora troppo dipendente dall'estrazione di materie prime, mentre l’introduzione dei principi della circolarità nell’industria potrebbe creare 700 mila posti di lavoro entro il 2030, soprattutto nel settore delle PMI. In tale contesto viene in considerazione il nuovo piano d’azione per l’economia circolare, presentato l’11 marzo 2020. recante misure volte ad incentivare la produzione di beni sostenibili, durevoli e riparabili, tra le quali la proposta di introdurre, a tutela dei consumatori, un diritto alla riparazione dei prodotti.

Per quanto riguarda l’innovazione digitale, la Commissione europea ritiene che per raggiungere l’obiettivo di un’industria sostenibile e digitalizzata sia imprescindibile aumentare la quota di spesa per la ricerca e lo sviluppo, riservando particolare attenzione alle PME e alla loro capacità di trasformare nuove idee in prodotti del mercato.

La nuova strategia industriale rilancia l’approccio che prevede partenariati pubblico-privati, riservando un ruolo centrale al Consiglio europeo per l’innovazione (CEI), lo sportello unico per i finanziamenti all'innovazione volto a tradurre le scoperte scientifiche in nuove imprese. In fase pilota dal 2017, l’organismo ha individuato e finanziato start-up e PMI innovative, per circa 1.300 progetti e circa 730 milioni di euro; esso sarà pienamente operativo nel 2021 nell'ambito del nuovo programma quadro Orizzonte Europa.

Tra gli obiettivi chiave della Commissione e dell’Unione in materia di politica industriale vi è l’autonomia strategica all’interno delle catene di valore e più in generale degli ecosistemi industriali.

In tale direzione, il 3 settembre 2020 la Commissione ha presentato la Comunicazione “Resilienza delle materie prime critiche: tracciare un percorso verso una maggiore sicurezza e sostenibilità” (COM(2020)474)  che contiene un piano d'azione per le materie prime critiche (vale a dire che presentano un elevato rischio di approvvigionamento), l'elenco delle materie prime critiche del 2020 e uno studio prospettico sulle materie prime critiche per le tecnologie e i settori strategici con orizzonte temporale il 2030 e il 2050. Il piano d'azione esamina le sfide attuali e future e propone azioni volte a ridurre la dipendenza dell'Europa dai paesi terzi, diversificando l'approvvigionamento da fonti primarie e secondarie, migliorando l'efficienza delle risorse e la circolarità e promuovendo allo stesso tempo un approvvigionamento responsabile a livello mondiale. L'elenco delle materie prime critiche è stato aggiornato per tenere conto della loro mutata importanza economica e dei nuovi rischi di approvvigionamento in base alle relative applicazioni industriali e comprende 30 materie prime critiche. Per la prima volta è stato aggiunto all'elenco il litio, essenziale per la transizione verso una mobilità elettrica.

Particolare attenzione viene inoltre dedicata al ruolo degli importanti progetti di comune interesse europeo (IPCEI), strumento elaborato dalla Commissione europea sostanzialmente per ammettere in certe circostanze il sussidio pubblico di progetti dall’impatto significativo su crescita economica, occupazione e competitività nell’Unione europea. La strategia prevede che la Commissione introduca norme riviste in materia di aiuti di Stato per gli IPCEI nel 2021. La revisione dovrebbe chiarire le condizioni in base alle quali i progetti condotti dagli Stati membri in settori chiave possono essere attuati in modo tempestivo e in condizioni favorevoli alla concorrenza. Dovrebbe inoltre aiutare le PMI a partecipare pienamente ai futuri IPCEI.

Per quanto concerne specificamente il sistema delle PMI, occorre considerare che esse costituiscono la parte nettamente preponderante del tessuto produttivo europeo. Sempre secondo i dati della Commissione, l'Europa può contare su 25 milioni di piccole e medie imprese (PMI) che rappresentano oltre il 95% di tutte le imprese europee (la stragrande maggioranza di esse sono microimprese, a conduzione familiare). Le PMI europee danno lavoro a circa 100 milioni di persone, generano più della metà del PIL dell'Europa e svolgono un ruolo chiave garantendo un valore aggiunto in tutti i settori dell'economia. Nel 2018, hanno generato 4.357 miliardi di euro di valore aggiunto.

La Commissione prevede misure volte a ridurre le loro difficoltà specifiche (oneri burocratici) e ad aiutare le PMI ad operare in tutto il mercato unico e oltre, nonché ad accedere ai finanziamenti e a guidarle nella loro transizione verde e digitale.

L’esame del pacchetto di proposte sulla nuova strategia industriale della Commissione europea è stato concluso dalla X Commissione (Attività produttive), con l’approvazione del documento finale.

Per una disamina più dettagliata dei contenuti delle proposte si rinvia al Bollettino curato dagli uffici competenti.

Nel corso del Consiglio “Mercato interno e industria”, tenutosi il 18 settembre 2020, vista la crescente complessità del contesto internazionale, i ministri si sono espressi a favore del ruolo chiave del mercato interno per la ripresa ed hanno invitato la Commissione a presentare entro il 15 gennaio 2021 un Rapporto strategico annuale come strumento per individuare ed eliminare gli ostacoli ingiustificati, valutare la resilienza del mercato interno e fare il punto sullo stato di attuazione del Piano d'azione per l'applicazione delle regole sul mercato interno del marzo 2020.  

Il Consiglio europeo del 2 ottobre 2020 ha invitato la Commissione ad individuare le dipendenze strategiche, in particolare all'interno degli ecosistemi industriali più sensibili come quelli per la salute, e a proporre misure per ridurre tali dipendenze, anche diversificando le catene di produzione e di approvvigionamento, garantendo la costituzione di scorte strategiche e promuovendo la produzione e gli investimenti in Europa. Il Consiglio europeo ha chiesto altresì di salvaguardare le condizioni di parità nonché un quadro normativo per gli aiuti di Stato che favoriscano l'innovazione e il coinvolgimento delle PMI. Per il Consiglio europeo è importante:

·        sviluppare nuove alleanze industriali, anche per quanto riguarda le materie prime, le attrezzature mediche, i microprocessori, la sicurezza delle reti di telecomunicazione, le industrie a basse emissioni di carbonio e i cloud e le piattaforme industriali;

·        incrementare l'assistenza agli importanti progetti di comune interesse europeo esistenti (IPCIE) in materia di batterie e microelettronica e a quelli in corso di sviluppo da parte degli Stati membri e dell'industria nel contesto di varie alleanze (quali quelle per l'Internet delle cose e per l'idrogeno pulito).

 

Nel Programma di lavoro della Commissione per il 2021, la Commissione ha preannunciato l’aggiornamento della nuova strategia industriale per l'Europa (II semestre 2021) per tenere conto dell'impatto della COVID-19, del contesto competitivo globale e dell'accelerazione della duplice transizione verde e digitale.

Il Consiglio dell’Unione europea ha adottato mediante procedura scritta, il 16 novembre, le conclusioni "Una ripresa che fa progredire la transizione verso un'industria europea più dinamica, resiliente e competitiva", che illustrano come la ripresa dalla crisi COVID-19 possa essere utilizzata come leva per un'industria europea più dinamica, resiliente e competitiva. Il Consiglio ha richiamato l’attenzione sull'importanza di attuare la strategia industriale corrente e di presentare il suo aggiornamento alla luce del mutevole contesto competitivo mondiale e dell'attuale preparazione dei piani per la ripresa e la resilienza da parte degli Stati membri. La strategia industriale aggiornata dovrebbe incentrarsi maggiormente sulla ripresa dalla crisi COVID-19 e sul rafforzamento di resilienza, competitività globale e autonomia strategica in un'economia aperta, oltre a portare avanti il collegamento tra gli ecosistemi industriali e l'agenda e il patto per le competenze. Il Consiglio chiede pertanto alla Commissione di presentare l'aggiornamento della sua nuova strategia industriale in vista del Consiglio europeo di marzo 2021, includendo iniziative e proposte concrete.

Da ultimo, nel corso della riunione in videoconferenza del 19 novembre 2020, i Ministri del mercato interno e dell'industria hanno svolto un dibattito politico informale su come sfruttare al meglio il piano di ripresa dell'UE per realizzare un'industria europea più dinamica, resiliente e competitiva attraverso investimenti nella transizione verde. I Ministri hanno ampiamente condiviso l'opinione secondo cui la transizione verde dell'industria dell'UE è una condizione preliminare per raggiungere la neutralità climatica e altri obiettivi climatici. L'annunciato aggiornamento della nuova strategia industriale per l'Europa dovrebbe quindi incoraggiare maggiori investimenti nell'innovazione sostenibile, verde e digitale, nonché una maggiore cooperazione paneuropea nelle principali tecnologie sostenibili e verdi.


 


 

La trasformazione digitale in relazione al Dispositivo per la ripresa e la resilienza e al nuovo bilancio pluriennale dell’UE 2021-2027

La transizione digitale, assieme a quella ambientale e climatica, ha un ruolo prioritario nelle politiche della Commissione europea. Fin dal suo insediamento, la Presidente Ursula von der Leyen ha collocato tra i primi punti dei propri orientamenti politici il conseguimento di una sovranità digitale europea e il rilancio dell’innovazione tecnologica con l’obiettivo di recuperare il ritardo che ancora separa l’Europa da competitor come Stati Uniti e Cina e di ridurre la dipendenza europea da operatori extra UE nella fornitura di tecnologie.

La Commissione europea ha presentato nel mese di febbraio 2020 un pacchetto di proposte, che comprende una comunicazione quadro "Plasmare il futuro digitale dell'Europa", una Strategia europea per i dati e il Libro bianco sull'Intelligenza artificiale (si veda il relativo dossier), che costituiscono una sorta di programma dell’UE per il digitale. Tali proposte sono all’esame della IX Commissione (Trasporti) della Camera.

Secondo la Commissione europea il settore digitale contribuisce al PIL dell'UE per l'1,7 per cento, della Cina per il 2,2 per cento e degli USA per il 3,3 per cento. In generale, ulteriori ricerche stimano che la dimensione dell'economia digitale possa variare dal 4,5 al 15,5 per cento del PIL mondiale a seconda degli indicatori considerati (produttività, valore aggiunto, occupazione, scambi commerciali, etc.).

Stati Uniti e Cina da soli rappresentano il 75 per cento dei brevetti relativi alle tecnologie blockchain, il 50 per cento della spesa globale per l'Internet of Things e oltre il 75 per cento del mercato mondiale per il cloud computing pubblico e il 90 per cento del valore di capitalizzazione di mercato delle 70 più grandi piattaforme digitali del mondo. Sette grandi piattaforme (Microsoft, Apple, Amazon, Google, Facebook, Tencent, Alibaba) rappresentano i due terzi del valore totale di mercato.

Prima della pandemia da Covid-19 la Commissione europea ha calcolato (cfr. (COM(2020)67) che l’UE dovrebbe investire 65 miliardi di euro l'anno per le sole infrastrutture e reti digitali e stimato che gli investimenti in innovazione tecnologica potrebbero creare un effetto leva generando entro il 2030 fino al 14% di crescita supplementare cumulativa del PIL. Secondo alcuni studi, accelerare gli interventi già dal 2022 potrebbe portare ad un ulteriore aumento del PIL del 3,2% (Mc Kinsey Global Institute per la Commissione UE, Shaping the digital transformation).

La centralità delle nuove tecnologie è stata resa evidente dalla pandemia in corso, per il massiccio ricorso a forme di smart working, didattica a distanza, commercio online e in generale per l’intensificarsi delle comunicazioni in rete. A questo proposito si veda la tabella sottostante, elaborata dall’Autorità garante per le comunicazioni e relativa alle variazioni di traffico internet in Italia nei mesi del lockdown e della successiva “Fase 2”.

 

Immagine che contiene tavolo

Descrizione generata automaticamente

Variazioni del traffico internet in Italia nei mesi febbraio-maggio 2020

 

(Agcom 2020, L’impatto del coronavirus nei settori regolati)

 

Le politiche per il digitale si sono quindi confermate come strategiche anche nel disegno europeo per la ripresa economica dalla pandemia, come evidenziato dal discorso sullo stato dell’Unione, in cui la Presidente von der Leyen ha preannunciato la presentazione nel 2021 di obiettivi digitali dell’UE per il prossimo decennio, oltre a proposte legislative specifiche in materia di dati, tassazione digitale, identificazione elettronica e condizioni di lavoro degli operatori delle piattaforme digitali.  

Accompagnare e favorire la trasformazione digitale dell’economia e della società resta uno degli obiettivi prioritari delle politiche dell’UE, come dimostrano le risorse destinate all’innovazione tecnologica dall’accordo conseguito dai leader dell’UE al Consiglio europeo del 17-21 luglio 2020 sul bilancio pluriennale dell’UE 2021-2027 e sull'associato programma Next Generation EU (NGEU). Un ulteriore accordo, raggiunto il 10 novembre tra Parlamento e Consiglio, in vista dell’approvazione del quadro finanziario pluriennale, ha visto leggermente aumentare gli stanziamenti per le nuove tecnologie.

Il bilancio pluriennale dell’UE 2021-2027

Rispetto alla programmazione 2014-2020, il nuovo bilancio dovrebbe aumentare gli investimenti nella transizione digitale mediante previsioni di spesa dedicata in tutti i programmi.

Rivestiranno un ruolo centrale i programmi previsti all’interno della rubrica 1 "Mercato unico, innovazione e agenda digitale", in particolare:

·        il programma Europa digitale, con una dotazione finanziaria di 6,761 miliardi di euro (a prezzi 2018 o 7,588 miliardi di euro a prezzi correnti).

In particolare, il programma Europa Digitale, persegue 5 obiettivi specifici che in base all’ultimo testo di compromesso presentato dalla presidenza tedesca del Consiglio dell’Unione europea risultano così finanziati:

-       calcolo ad alte prestazioni (2,226 miliardi a prezzi correnti);

-       intelligenza artificiale (2,061 miliardi a prezzi correnti);

-       cibersicurezza e affidabilità (1,649 miliardi a prezzi correnti);

-       formazione in competenze digitali avanzate (0,577 miliardi a prezzi correnti);

-       diffusione e miglior uso delle capacità digitali e interoperabilità (1,072 miliardi a prezzi correnti);

·        il Meccanismo per collegare l'Europa - settore digitale, con una dotazione finanziaria di 1,832 miliardi di euro;

·        Orizzonte Europa, il nuovo programma quadro per la ricerca e l’innovazione (84,9 miliardi di euro), nel cui ambito sarà compreso il polo tematico di investimenti “Digitale e industria”;

·        il nuovo Fondo InvestEU (9,4 miliardi di euro), successore del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), al cui interno è previsto un settore di intervento specifico per ricerca, innovazione e digitalizzazione.

Il dispositivo per la ripresa e la resilienza

Il Dispositivo per la ripresa e la resilienza - Recovery and Resilience Facility, che rappresenta il più importante programma previsto nell'ambito di Next Generation EU (dotazione di 672,5 miliardi di euro: 360 miliardi di sovvenzioni e 312,5 miliardi di prestiti), sosterrà gli investimenti e le riforme degli Stati membri nell'ambito del Semestre europeo.

Il 17 settembre 2020 la Commissione europea ha fornito nella Comunicazione "Strategia annuale per una crescita sostenibile 2021" (COM(2020)575) indicazioni sulla redazione dei Piani nazionali di ripresa e resilienza (PNRR - Recovery and Resilience Plan) che gli Stati membri dovranno predisporre per definire il programma nazionale di riforme e investimenti per gli anni 2021-23.

I principi guida indicati dalla Commissione europea per la stesura dei Piani per la ripresa e la resilienza degli Stati membri tengono conto delle quattro dimensioni della sostenibilità ambientale (transizione verde), della transizione digitale e della produttività, dell'equità e della stabilità macroeconomica.  

I Piani nazionali, che dovranno essere presentati entro il 30 aprile 2021, saranno valutati dalla Commissione europea (e in seguito approvati dal Consiglio a maggioranza qualificata) in base a una serie di criteri, tra cui: la coerenza con le raccomandazioni specifiche per Paese; il rafforzamento del potenziale di crescita, della creazione di posti di lavoro e della resilienza sociale ed economica dello Stato membro; il contributo effettivo alla transizione verde e a quella digitale

Con particolare riguardo al digitale, la Commissione propone che ciascun Piano nazionale per la ripresa e la resilienza destini alle nuove tecnologie almeno il 20% delle risorse.

A tale scopo, chiede, in particolare, agli Stati membri riforme e investimenti che: migliorino la connettività, ad esempio promuovendo e agevolando la diffusione su vasta scala di reti ad altissima capacità, compresa la connettività 5G e Gigabit tra le famiglie nelle zone urbane e rurali e i grandi corridoi di trasporto, in linea con gli obiettivi dell'UE in materia di connettività 5G e Gigabit per il 2025; sviluppino le competenze digitali a tutti i livelli per sostenere un mercato del lavoro in cambiamento e sostenere il futuro digitale dell'Europa; accelerino la digitalizzazione della pubblica amministrazione e delle imprese; promuovano capacità digitali all'avanguardia (intelligenza artificiale, cibersicurezza, tecnologie e infrastrutture quantistiche, connettività sicura, microelettronica e componenti elettronici, infrastrutture e servizi cloud, servizi spaziali o blockchain).

Nelle raccomandazioni specifiche per Paese, rivolte all’Italia, la Commissione ha fatto riferimento ai “bassi livelli di intensità digitale e di conoscenze digitali delle imprese, in particolare delle PMI e delle microimprese”, come limite allo sviluppo e alla diffusione del commercio elettronico e al “ritardo nella copertura della fibra fino alla sede dell'utente nelle zone rurali”. Ha raccomandato, tra l’altro, di orientare gli investimenti verso ricerca, innovazione e qualità delle infrastrutture, migliorare le competenze digitali in generale e l’efficienza della Pubblica amministrazione.

L’Italia figura effettivamente al 25° posto nell’indice di digitalizzazione europeo, DESI, con un arretramento di due posizioni rispetto all’anno precedente. In particolare, sussisterebbero carenze significative per quanto riguarda il capitale umano: rispetto alla media UE, l'Italia registrerebbe livelli di competenze digitali di base e avanzate molto bassi. Anche il numero di specialisti e laureati nel settore TIC è molto al di sotto della media UE. Queste carenze in termini di competenze digitali si rifletterebbero nel modesto utilizzo dei servizi online, compresi i servizi pubblici digitali. Nel rapporto si ritiene infine che, sebbene il Paese si collochi in una posizione relativamente alta nell'offerta di servizi pubblici digitali (e-government), il loro utilizzo rimarrebbe scarso.

Analogamente, le imprese italiane presenterebbero ritardi nell'utilizzo di tecnologie come il cloud e i big data, così come per quanto riguarda l'adozione del commercio elettronico.

Di seguito una tabella comparativa delle capacità digitali nell’UE nel 2020 (fonte Commissione europea)

 

Il 15 settembre 2020 il Governo ha trasmesso alle Camere le “Linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza” articolato su sei missioni, la prima delle quali verte sulla digitalizzazione e innovazione. Una missione ulteriore è dedicata alla competitività del sistema produttivo.

Nel documento si osserva che la spesa per ricerca e sviluppo italiana è sensibilmente inferiore alla media UE, che l’Italia conta appena 23,1 ricercatori ogni 10.000 abitanti, poco più della media europea. Nel 2019, inoltre, la percentuale di utenti di internet era del 76% della popolazione, a fronte dell’87% dell’UE, mentre solo il 22% dei cittadini italiani possiede competenze digitali avanzate.

Nelle Linee guida si sottolinea quindi che l’Italia deve recuperare il gap che la separa dalla media UE in termini di: spesa per R&S; capacità di formare, attirare e ritenere competenze digitali; infrastrutture delle reti di telecomunicazione (in fibra ottica e 5G); sviluppo di servizi e digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, dell’istruzione, della sanità e del fisco; rafforzare gli investimenti per la cibersicurezza e le nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale, la robotica e i servizi di cloud.

A tal fine sono individuate alcune priorità per la transizione digitale italiana:

·        digitalizzazione e innovazione amministrativa della PA e dei procedimenti amministrativi, sviluppo di infrastrutture e servizi digitali (datacenter e cloud);

·        diffusione della identità digitale unica per cittadini e imprese;

·        completamento della rete nazionale di telecomunicazione in fibra ottica;

·        interventi per lo sviluppo del 5G;

·        innovazione tecnologica e digitalizzazione di filiere strategiche quali agroalimentare, industriale, settore culturale, turistico.

La Camera dei Deputati si è pronunciata sulle Linee guida con la Relazione della V Commissione Bilancio sulla individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund, che sottolinea l’esigenza di: “procedere con determinazione nel processo di rinnovamento e modernizzazione della pubblica amministrazione (…) che può costituire un catalizzatore cruciale” per l’innovazione del sistema delle imprese e per il Paese in generale; creare un’Agenzia nazionale per il cloud computing per la conservazione e protezione dei dati; aggiornare il patrimonio di competenze dei dipendenti pubblici, anche attraverso l’acquisizione di nuove professionalità e l’introduzione di meccanismi volti alla verifica dei risultati e alla valorizzazione del merito. La discussione in Assemblea sulla relazione (13 ottobre 2020) si è conclusa con l’approvazione della risoluzione 6-00138.

Nello stesso giorno, l’Assemblea del Senato ha approvato la risoluzione sulla relazione delle Commissioni riunite 5ª e 14ª sulla proposta di «Linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza».

A seguito della conclusione dell’esame parlamentare delle linee guida, è stata avviata l’interlocuzione con la Commissione europea sul Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Le politiche dell’UE per la transizione digitale

La comunicazione quadro “Plasmare il futuro digitale dell’Europa(COM(2020)67) prospetta un’ampia gamma di interventi al servizio dei cittadini e della competitività delle imprese, primo su tutti il potenziamento infrastrutturale per la connettività con la diffusione entro il 2025 della banda larga ultraveloce (almeno 100 Mbps potenziabile a velocità Gigabit). Per sostenere il comparto economico e industriale, la comunicazione preannuncia la revisione della normativa dell'UE in materia di concorrenza e l’adozione del Digital Services Act, che dovrebbe intervenire tra l’altro sulla gestione dei contenuti da parte delle piattaforme digitali e la cui presentazione è prevista per il prossimo 2 dicembre. La proposta è stata preceduta il 20 ottobre da un dibattito al Parlamento europeo, nel corso del quale sono state approvate tre risoluzioni per contrastare la diffusione online di contenuti illegali, una incentrata sul funzionamento del mercato unico, una sull’applicazione nell’ambiente online delle norme di diritto commerciale e civile ed infine una risoluzione sul rispetto dei diritti fondamentali.

La Commissione europea prevede che l'aumento del volume globale dei dati si attesterà nel 2025 al 530 per cento (da 33 zettabyte nel 2018 a 175 zettabyte) e che il valore complessivo dell’economia dei dati nell’UE 27 dovrebbe salire a 829 miliardi di euro (nel 2018 si attestava a 301 miliardi di euro, pari a 2,4 per cento del PIL), mentre potrebbero diventare 10,9 milioni il numero di professionisti dei dati nell’UE 27, raddoppiando la percentuale del 2018.


Con la Strategia europea per i dati COM(2020)66  la Commissione europea si è, tra l’altro, prefissa di promuovere la realizzazione di nove spazi comuni europei per i dati: industriali e manifatturieri, relativi alle politiche per il Green Deal, dati sulla mobilità, sulla sanità, sulla finanza, sull'energia, sull'agricoltura, sulle pubbliche amministrazioni e sulle competenze.

Si ricorda che il Programma dell’attuale Presidenza tedesca del Consiglio dell’UE comprende l’obiettivo di gettare le basi per uno spazio europeo di scambio dei dati sanitari trasparente e giuridicamente sicuro e di avviare l’elaborazione di un codice di condotta per l’utilizzo dei dati sanitari nel rispetto della normativa sulla protezione dei dati.

Tra le azioni principali preannunciate dalla Commissione nella citata Strategia sui dati rilevano: la firma del protocollo d'intesa con gli Stati membri sulla federazione del cloud (terzo trimestre 2020), l’avvio di un mercato europeo dei servizi cloud (quarto trimestre 2022) e la creazione di un codice dell'UE di (auto)regolamentazione del cloud (secondo trimestre 2022). La Commissione ha, altresì, ribadito il proprio impegno su un cloud europeo per la scienza aperta (European Open Science Cloud).

Intelligenza artificiale

La strategia proposta dalla Commissione europea in materia di intelligenza artificiale poggia su tre pilastri: l’incoraggiamento dell’adozione di tale tecnologia, anche mediante l’aumento degli investimenti che per il triennio 2018-2020 sono stati portati a 1,5 miliardi, in particolare tramite il Programma Horizon 2020; la preparazione ai cambiamenti socioeconomici causati dall'IA, che include, programmi di formazione e riqualificazione professionale, anche nella previsione di cambiamenti nel mercato del lavoro e dell’insorgere di disparità di competenze; l’elaborazione di un quadro etico e legale appropriato, in vista del quale la Commissione ha già pubblicato un Libro bianco e una Relazione sulle implicazioni in materia di sicurezza e responsabilità dell'IA, con i quali ha individuato, tra l’altro, i requisiti legali applicabili agli attori pertinenti, con particolare attenzione alle applicazioni ad alto rischio.

Nel Libro Bianco la Commissione ha sottolineato l'esigenza di destinare allo sviluppo dell’Intelligenza artificiale maggiori risorse, osservando che nel 2016 in Nord America gli investimenti complessivi hanno raggiunto i 12,1 miliardi, 6,5 miliardi in Asia, 3,2 miliardi in Europa ed ha annunciato di voler mobilitare nei prossimi dieci anni oltre 20 miliardi di euro di investimenti totali annui (pubblici e privati).

Secondo uno studio del Parlamento europeo (EU Parliament Think Tank, 2020) la diffusione dell’IA potrebbe incrementare la produttività del lavoro fino al 37% entro il 2035 e favorire lo sviluppo dell’economia verde e circolare, dell’industria e di settori quali l’agroalimentare e la sanità, con ricadute significative sull’occupazione. Lo stesso studio stima che nei paesi OCSE il 14% dei posti di lavoro siano altamente automatizzabili e il 32% possano essere profondamente trasformati a causa delle competenze più qualificate richieste dall’IA. Nei servizi pubblici potrebbe contribuire a ridurre i costi e rendere più efficienti i settori dei trasporti, dell’istruzione, dell’energia e della gestione dei rifiuti. Infine, potrebbe contribuire a ridurre le emissioni di globali di gas ad effetto serra fino al 4% entro il 2030.

Il 20 ottobre il Parlamento europeo ha approvato tre risoluzioni sull’intelligenza artificiale e le nuove tecnologie: sugli aspetti etici, in cui tra l’altro invita la Commissione, a presentare una proposta di regolamento in materia; sull’introduzione di un regime di responsabilità civile; sui diritti di proprietà intellettuale.

Infrastrutture e sicurezza nello sviluppo del 5G

La Commissione ha annunciato, nella citata comunicazione quadro (COM(2020)67), l’aggiornamento entro il 2021 del Piano d'azione per il 5G (e per il 6G), un nuovo programma relativo alla politica in materia di spettro radio, e la realizzazione dei corridoi 5G per la mobilità connessa e automatizzata, compresi corridoi ferroviari. Il Piano prevede la diffusione dei servizi 5G in tutti gli Stati membri entro la fine del 2020, e in particolare una copertura 5G ininterrotta nelle aree urbane e lungo le principali vie di trasporto entro il 2025.

In tale ambito è tuttora in corso il Partenariato pubblico privato sul 5G istituito dall’UE nel 2013, i cui progetti hanno raggiunto un valore di investimenti mediante fondi europei di circa 300 milioni di euro (Giornale annuale europeo sul 5G - maggio 2020). Un’altra serie di progetti per circa 200 milioni di euro dovrebbe essere avviata nell’ambito dell’ultimo programma di lavoro di Horizon 2020.

Una raccomandazione del 17 settembre 2020 invita gli Stati membri ad accelerare nella realizzazione delle infrastrutture per la connettività a banda larga ad altissima capacità, compreso il 5G e in particolare di cooperare per un maggiore coordinamento transfrontaliero nelle assegnazioni dello spettro radio. 

Per la sicurezza delle reti 5G, è stato adottato un pacchetto di strumenti (toolbox) che include misure di attenuazione di rischi, compresi fattori non tecnici, come il rischio di interferenza da parte di un Paese terzo o di soggetti sostenuti da Governi di Paesi terzi attraverso la catena di approvvigionamento del 5G. Le misure individuate mirano a rafforzare i requisiti di sicurezza, valutare i profili di rischio dei fornitori, applicare le restrizioni pertinenti per i fornitori considerati ad alto rischio, comprese le necessarie esclusioni per gli asset critici e sensibili (come le funzioni principali della rete), e predisporre strategie per garantire la diversificazione dei fornitori.

La Corte dei conti europea, ha sottolineato che “per molti l’utilizzo di attrezzature 5G cinesi per infrastrutture critiche dell’UE rappresenta una potenziale minaccia, e che la tecnologia 5G è un settore in cui un approccio concertato dell’UE potrebbe recare vantaggi”, soprattutto in materia di cibersicurezza. Ha precisato inoltre che “stante la loro esclusiva competenza in materia di sicurezza nazionale, gli Stati membri hanno dato risposte divergenti in tema di cooperazione con la Cina per il 5G: alcuni (Germania e Belgio) hanno adottato un approccio cauto, continuando però a collaborare con l’azienda tecnologica cinese Huawei per il lancio delle reti 5G. La Repubblica ceca, invece, ha bloccato la cooperazione con i fornitori cinesi di tecnologia 5G”.  

Ulteriori proposte

Il 24 settembre la Commissione ha presentato un pacchetto di proposte in materia di finanza digitale costituito da due strategie per la finanza digitale e per un sistema integrato di pagamenti al dettaglio, e da proposte legislative in materia di criptoattività e resilienza operativa digitale per tutelare l’ambiente finanziario online da minacce informatiche.

Il 30 settembre è stato presentato dalla Commissione europea il piano d’azione per l’istruzione digitale volto a potenziare la formazione quale strumento strategico per un insegnamento e un apprendimento di qualità, incentrato sullo sviluppo di un ecosistema efficiente per la formazione digitale e il rafforzamento delle competenze.

La Commissione europea ha preannunciato una comunicazione sulla tassazione digitale delle imprese per il XXI secolo che affronti le sfide fiscali derivanti dalla digitalizzazione dell'economia tenendo conto dei progressi realizzati dall'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo).

 

 

 

 



[1] Gli altri Vicepresidenti esecutivi sono Frans Timmermans e Valdis Dombrovskis, responsabili rispettivamente del "Green Deal europeo" e di "Un'economia al servizio delle persone".

[2] Le sei priorità della Commissione europea per il 2019-2020 sono: Green Deal europeo; Un'Europa pronta per l'era digitale; Un'economia al servizio delle persone; Un'Europa più forte nel mondo; Promuovere lo stile di vita europeo; Un nuovo slancio per la democrazia europea.

[3] Per una panoramica completa si veda la scheda informativa a cura del Parlamento europeo.

[4] Il Regolamento (UE) 2015/1589 reca le modalità di applicazione dell'articolo 108. Esso disciplina, tra l'altro, le procedure relative agli aiuti notificati, dalla fase della notifica fino alla conclusione dell'indagine formale; le procedure relative agli aiuti illegali, ossia quelli entrati in vigore senza che la Commissione ne abbia avuto notifica ma di cui è venuta a conoscenza attraverso le proprie indagini, a seguito di denunce di imprese o di cittadini o dalla stampa. Inoltre reca disposizioni in materia di diritti delle parti interessate, esecuzione di indagini da parte della Commissione europea, modalità di controllo sugli aiuti e di ispezioni della Commissione europea nonché di cooperazione con i giudici nazionali.

[5] Utilizzo da parte di un utente di due o più piattaforme per medesimi fini.

[6] Il documento è disponibile in lingua inglese.

[7] Si veda la riguardo la relativa pagina sul sito della Commissione europea.

[8] Si veda il discorso pronunciato il 22 settembre scorso ad un webinar sulla concorrenza organizzato dal gruppo Renew Europe.

[9] Si veda anche la Nota UE 52 a cura del Servizio Studi del Senato.

[10] L'aiuto non deve superare 800 mila euro per impresa, 120 mila euro se si tratta di imprese operanti nel settore della pesca e dell'acquacoltura e 100 mila euro per imprese operanti nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli.

[11] Il debito subordinato è un debito che in caso di fallimento di una società viene rimborsato successivamente a tutti gli altri debiti definiti "senior" o "di primo rango".

[12] Per una panoramica aggiornata sugli aiuti di stato concessi agli Stati membri a norma del Quadro temporaneo si rimanda al documento a cura della Commissione europea (l'aggiornamento, al 29 ottobre 2020, è disponibile in lingua inglese). Si veda anche la pagina dedicata al Quadro temporaneo che presenta l'elenco degli aiuti autorizzati in ordine cronologico.

[13] Si vedano, per maggiori dettagli, il regolamento (UE) n. 1407/2013 del 18 dicembre 2013 della Commissione, del 18 dicembre 201 , relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis» e il regolamento (UE) n. 717/2014 relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti «de minimis» nel settore della pesca e dell'acquacoltura.

[14] La Relazione non dà conto delle iniziative avviate per far fronte all'emergenza Covid-19.