Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni
Titolo: Disposizioni in materia di ordinamento e poteri della città di Roma, capitale della Repubblica - seconda edizione
Riferimenti: AC N.2893/XVIII AC N.2923/XVIII AC N.2931/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 410
Data: 30/03/2021
Organi della Camera: I Affari costituzionali


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Disposizioni in materia di ordinamento e poteri della città di Roma, capitale della Repubblica - seconda edizione

30 marzo 2021
Schede di lettura


Indice

Contenuto|Relazioni allegate o richieste|Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite|Collegamento con i lavori parlamentari in corso|Analisi di impatto di genere|


Contenuto

Le proposte di legge C. 2893 (Magi e altri), C. 2923 (De Angelis e altri) e C. 2931 (Francesco Silvestri e altri) introducono disposizioni relative all'ordinamento della città di Roma, capitale d'Italia. Tutte le proposte in esame intervengono, a quadro costituzionale invariato, al fine di rafforzare il ruolo e i poteri di Roma capitale, modificando la normativa vigente sotto diversi aspetti.

In particolare, la pdl A.C. 2893 (Magi ed altri) definisce una nuova forma di governo dell'ente città metropolitana di Roma, modificando il sistema elettorale degli organi di governo: sindaco e consiglio metropolitano sono trasformati in organi eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori residenti nel territorio della medesima città metropolitana sulla base del sistema elettorale vigente dal 1993 al 2014 per l'elezione degli organi provinciali. Al contempo, la pdl prevede il subingresso della città metropolitana di Roma al comune di Roma capitale, a decorrere dalla data di proclamazione del sindaco metropolitano eletto in base alla nuova disciplina. Dispone, infine, che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, l'Assemblea capitolina provvede ad articolare il territorio dell'attuale comune di Roma capitale in più comuni.

La pdl A.C. 2923 (De Angelis e altri) ridefinisce lo status dell'ente territoriale Roma capitale, stabilendo espressamente che a tale ente sono attribuite tutte le competenze proprie delle città metropolitane e ogni altra competenza prevista dalla legislazione vigente per l'ente Roma capitale. A tale fine, è prevista la soppressione degli esistenti organi della città metropolitana di Roma capitale, con il contestuale trasferimento delle funzioni da essi esercitate gli organi di governo di Roma capitale. La pdl prevede inoltre la ri-costituzione della provincia di Roma che comprende i comuni del territorio dell'attuale città metropolitana, nonchè assegna al comune di Roma il compito di adottare specifiche misure per rafforzare il decentramento municipale.

La pdl A.C. 2931 (Francesco Silvestri e altri) conferisce nuovi poteri al comune di Roma capitale, prevedendo la possibilità di intervento diretto in diversi ambiti (trasporto pubblico locale, gestione dei rifiuti, accesso ai fondi UE). Viene al contempo ridefinito il Tavolo di raccordo interistituzionale per Roma capitale, quale sede permanente di confronto tra Stato, regione Lazio e Roma Capitale, ed è istituito - presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - l'Ufficio per Roma capitale al fine di coordinare le azioni del Governo nel territorio di Roma. 

In premessa all'esame delle tre proposte di legge è utile ricordare che l'articolo 114, terzo comma, Cost., come riformato nel 2001, riconosce Roma quale capitale della Repubblica e rimette alla legge statale la disciplina del suo ordinamento.

In prima attuazione del dettato costituzionale, la legge n. 42 del 2009 (legge delega sul federalismo fiscale) ha configurato, in luogo del comune di Roma, il nuovo ente territoriale "Roma capitale", dotato di una speciale autonomia statutaria, amministrativa e finanziaria, nei limiti stabiliti dalla Costituzione e "fino all'attuazione della disciplina delle città metropolitane" (L. n. 42/2009, art. 24).

A tale ente la medesima legge attribuisce, oltre a quelle svolte precedentemente dal comune, ulteriori  funzioni amministrative, relative alla valorizzazione dei beni storici, artistici e ambientali, allo sviluppo del settore produttivo e del turismo, allo sviluppo urbano, all'edilizia pubblica e privata, ai servizi urbani, con particolare riferimento al trasporto pubblico ed alla mobilità, e alla protezione civile.
In attuazione della delega contenuta nella legge n. 42 del 2009, sono stati emanati due decreti legislativi: il D.Lgs. n. 156 del 2010 per la parte relativa agli organi di governo, cioè l'Assemblea capitolina, la Giunta capitolina e il Sindaco; il D.Lgs. n. 61 del 2012 (successivamente modificato dal decreto legislativo 26 aprile 2013, n. 51) per la disciplina del conferimento di funzioni amministrative a Roma capitale.

Successivamente, la legge 7 aprile 2014, n. 56 (c.d. ‘legge Delrio') ha dettato un'ampia riforma in materia di enti locali, prevedendo l'istituzione e la disciplina delle città metropolitane e la ridefinizione del sistema delle province. Nel fare ciò, la legge definisce "enti territoriali di area vasta" sia le città metropolitane che le province. Nelle regioni a statuto ordinario, le città metropolitane hanno sostituito le province in dieci aree urbane, i cui territori coincidono con quelli delle preesistenti province: Roma Capitale, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria.

Le città metropolitane sono riconosciute quali enti territoriali di area vasta, con le seguenti  finalità istituzionali generali:
  • cura dello sviluppo strategico del territorio metropolitano;
  • promozione e gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione della città metropolitana;
  • cura delle relazioni istituzionali afferenti il proprio livello, comprese quelle con le città e le aree metropolitane europee.
La legge n. 56 detta disposizioni generali sull'ordinamento delle città metropolitane, che riguardano gli organi, il relativo sistema elettorale, lo statuto, il bilancio e le funzioni, nonché alcune norme speciali sulla città metropolitana di Roma Capitale (art. 1, commi 101-103). In particolare, in base alla legge n. 56 del 2014, alla  città metropolitana di Roma capitale  si applicano le norme generali sulle città metropolitane (comma 101) .   Ai sensi del comma 102, restano ferme le disposizioni dei decreti legislativi già adottati su Roma capitale sulla base della definizione di cui alla legge n. 42 del 2009 ( D.Lgs. n. 156/2010 D.Lgs. n. 61/2012  e  D.Lgs. n. 51/2013 ). 
Lo statuto della città metropolitana di Roma capitale disciplina i rapporti tra la città metropolitana, Roma capitale e gli altri comuni, garantendo il miglior assetto delle funzioni che Roma è chiamata a svolgere quale sede degli organi costituzionali nonché delle rappresentanze diplomatiche degli Stati esteri (comma 103).

Occorre infine ricordare in premessa che il territorio dell'ente Roma capitale coincide con quello del comune di Roma, mentre il territorio della città metropolitana di Roma capitale coincide con la preesistente provincia di Roma. In particolare, attualmente la città metropolitana di Roma ha una popolazione di 4.253.314 abitanti (secondo il censimento permanente al dicembre 2019) ed è costituita dal comune di Roma capitale con una popolazione di 2.808.293 (pari al 66 per cento del totale metropolitano) e da altri 120 comuni con una popolazione complessiva di 1.445.021 abitanti. Secondo l'ultimo censimento generale della popolazioni (2011) il comune di Roma capitale ha una popolazione di 2.617.175 abitanti, ripartita tra i XV municipi come indicato nella figura seguente.

Figura n. 1: Il numero di abitanti dei municipi di Roma Capitale (Censimento 2011).


La proposta di legge A.C. 2893

La proposta di legge A.C. 2893 (Magi ed altri) introduce disposizioni in materia di governo della città metropolitana di Roma, modificando a tal fine la legge n. 56 del 2014. Essa si compone di due articoli: il primo novella i commi 101-103 dell'articolo 1 della citata legge e il secondo detta alcune disposizioni finali. 

In particolare, le modifiche della pdl definiscono una nuova forma di governo dell'ente città metropolitana di Roma, modificandone il sistema elettorale degli organi di governo, che attualmente è un sistema elettorale di secondo grado.

In base alla Legge n. 56 del 2014 (art. 1, co. 7), si ricorda che gli organi della città metropolitana sono:
- il sindaco metropolitano; è di diritto il sindaco del comune capoluogo. Ha la rappresentanza dell'ente, convoca e presiede il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana, sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti ed esercita le funzioni attribuite dallo statuto; ha potere di proposta per ciò che attiene al bilancio dell'ente;
- il consiglio metropolitano; è composto dal sindaco metropolitano e da un numero di consiglieri variabile in base alla popolazione residente (minimo 14 e massimo 24 consiglieri). È un organo elettivo di secondo grado, scelto con un sistema proporzionale per liste: hanno diritto di elettorato attivo e passivo i sindaci e i consiglieri dei comuni della città metropolitana. La cessazione dalla carica comunale comporta la decadenza da consigliere metropolitano. Il Consiglio dura in carica cinque anni: tuttavia, in caso di rinnovo del consiglio del comune capoluogo, si procede comunque a nuove elezioni del consiglio metropolitano entro sessanta giorni dalla proclamazione del sindaco. È l'organo di indirizzo e controllo, approva regolamenti, piani, programmi e approva o adotta ogni altro atto ad esso sottoposto dal sindaco metropolitano ed esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto; ha altresì potere di proposta sullo statuto e sulle sue modifiche e poteri decisori finali per l'approvazione del bilancio.
- la conferenza metropolitana: è composta dal sindaco metropolitano, che la convoca e presiede, e dai sindaci dei comuni della città metropolitana. È competente per l'adozione dello statuto e ha potere consultivo per l'approvazione dei bilanci; lo statuto può attribuirle altri poteri propositivi e consultivi.
Si ricorda che la prima elezione del consiglio metropolitano di Roma ha avuto luogo, con le modalità stabilite dalla legge n. 56/2014, il 28 settembre 2014. A seguito delle elezioni amministrative che si sono tenute nel 2016, si è proceduto – alla luce delle prescrizioni della legge - al rinnovo del consiglio della città metropolitana di Roma con elezioni svolte in data 9 ottobre 2016. 

Le principali novità proposte dalla pdl C.2893 risiede nell'inserimento dei tre nuovi commi 101-bis a 101-quater nel corpo della legge n. 56 del 2014 (articolo 1, comma 1, lett. b)). 

Il nuovo comma 101-bis eleva il numero dei componenti del consiglio metropolitano dagli attuali 24 a 45, che si aggiungono al sindaco metropolitano che lo presiede.

L'articolo 1, co. 20. della L. 56 del 2014 stabilisce che il consiglio metropolitano è composto dal sindaco metropolitano e da un numero di consiglieri variabile in base alla popolazione residente:
- 24 consiglieri, se la popolazione è superiore a 3 milioni di abitanti;
- 18 consiglieri, se la popolazione è compresa tra 800.001 e 3 milioni di abitanti;
- 14 consiglieri, se la popolazione  è pari o inferiore a 800.000 abitanti.

Con il comma 101-ter la pdl modifica il sistema di elezione del sindaco e del consiglio della città metropolitana di Roma capitale, trasformandoli in organi eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori residenti nel territorio della medesima città metropolitana.

In proposito, è utile ricordare che la legge n. 56 del 2014 stabilisce, per tutte le città metropolitane, che il sindaco metropolitano è di diritto il sindaco del comune capoluogo (comma 19), mentre il consiglio metropolitano è organo elettivo di secondo grado. Come già ricordato, hanno diritto di elettorato attivo e passivo i sindaci e i consiglieri dei comuni della città metropolitana. La cessazione dalla carica comunale comporta la decadenza da consigliere metropolitano (comma 25). Il consiglio metropolitano dura in carica 5 anni. Tuttavia, la legge stabilisce che in caso di rinnovo del consiglio del comune capoluogo, si procede a nuove elezioni del consiglio metropolitano, che sono indette dal sindaco entro sessanta giorni dalla sua proclamazione (comma 21). Il sistema elettorale (commi 26-38) è un sistema proporzionale per liste.

Più in dettaglio, ai fini della presentazione, le liste devono essere sottoscritte da almeno il 5 per cento degli aventi diritto al voto e devono essere composte da un numero di candidati non inferiore alla metà dei consiglieri da eleggere e non superiore al numero dei consiglieri da eleggere.
L'elezione avviene in un'unica giornata presso l'ufficio elettorale costituito presso il consiglio metropolitano.
Ciascun elettore esprime un voto per una lista e può esprimere un voto di preferenza per un candidato della lista. Il voto è in entrambi i casi ponderato.
I seggi sono assegnati alle liste secondo il metodo d'Hondt.
Sono proclamati eletti, per ciascuna lista, i candidati che hanno ottenuto la maggiore cifra individuale ponderata.
Il voto dei sindaci e consiglieri ha dunque un valore diverso legato alla popolazione del comune di appartenenza, tanto più alto quanto maggiore è la popolazione. Esso è pertanto ponderato in base ad un indice rapportato alla popolazione complessiva della fascia demografica di appartenenza del comune (le fasce demografiche sono determinate dal comma 33). Nella ponderazione sono adottati due correttivi volti a ridurre il peso degli elettori appartenenti ad un solo comune la cui popolazione superi il 45% della popolazione complessiva della città metropolitana e degli elettori appartenenti ad una fascia demografica la cui popolazione superi il 35% della popolazione complessiva.
I seggi che rimangono vacanti per qualunque causa, compresa la cessazione dalla carica di sindaco o di consigliere comunale, sono attribuiti ai candidati che, nella medesima lista, hanno ottenuto la maggiore cifra individuale ponderata. Non si considera cessato dalla carica il consigliere eletto o rieletto sindaco o consigliere in un comune della città metropolitana (comma 39).

Al contempo, la medesima legge n. 56/2014 ha previsto che gli statuti della città metropolitane possano prevedere l'elezione diretta a suffragio universale del sindaco e del consiglio metropolitano, con il sistema elettorale da determinare con una legge statale (comma 22), che non è stata finora approvata.

Per prevedere l'elezione diretta è altresì necessaria l'articolazione del comune capoluogo in più comuni, secondo una procedura, che prevede:
- la proposta del comune capoluogo, deliberata dal consiglio comunale con la stessa maggioranza richiesta per l'approvazione e le modifiche dello statuto (due terzi dei componenti o, in caso di mancato raggiungimento, due successive deliberazioni favorevoli adottate a maggioranza assoluta);
- un referendum tra i cittadini della città metropolitana, sulla base delle rispettive leggi regionali;
- l'istituzione con legge regionale dei nuovi comuni, ai sensi dell'art. 133 Cost.
Nelle città metropolitane con popolazione superiore a 3 milioni di abitanti, è prevista una procedura meno onerosa, alternativa a quella descritta. È infatti necessario che lo statuto della città metropolitana preveda la costituzione di zone omogenee e che il comune capoluogo abbia ripartito il territorio in zone dotate di autonomia amministrativa in coerenza con lo statuto della città metropolitana.

Parallelamente, in attesa della citata legge statale, anche lo statuto della Città metropolitana di Roma ha previsto l'elezione diretta a suffragio universale di sindaco e consiglio metropolitano.

Ai sensi dell'art. 22, co., 2, dello statuto, infatti il Sindaco metropolitano è eletto a suffragio universale e diretto secondo le modalità stabilite dalla legge, mentre l'articolo 16 stabilisce che il Consiglio è composto dal Sindaco, che lo presiede, e da un numero di Consiglieri stabilito dalla legge, eletti a suffragio universale e diretto, secondo il sistema elettorale che sarà determinato con legge dello Stato, a seguito della costituzione di zone omogenee ai sensi dell'articolo 28 del medesimo statuto e stante la ripartizione del  territorio di Roma Capitale in zone dotate di autonomia amministrativa, anche tenendo conto dell'articolazione di Roma Capitale in Municipi. 

La pdl in esame, introducendo il nuovo comma 101-ter, prevede che alla città metropolitana di Roma si applichi il sistema elettorale previsto dagli articoli 74 e 75 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ossia la disciplina per l'elezione degli organi provinciali vigente dal 1993 fino alla riforma introdotta con la legge n. 56 del 2014, che è un sistema elettorale proporzionale con premio di maggioranza (c.d. provincellum).

Resta fissata in cinque anni la durata in carica di sindaco e consiglio. 

Il sistema elettorale del presidente della provincia e del  consiglio provinciale nei territori delle Regioni a statuto ordinario introdotto con la legge n. 81 del 1993 è stato successivamente trasfuso negli articoli 74 e 75 del TUEL; è stato quindi superato dalla legge n. 56 del 2014 che ha previsto un sistema di elezione indiretta per gli organi delle province.
In base alle norme del TUEL, il territorio della provincia , che costituisce una unica circoscrizioneè suddiviso in tanti  collegi uninominali quanti sono i componenti del consiglio provinciale da eleggere. Nel numero è compreso il presidente della provincia. Il sistema è caratterizzato dall' attribuzione proporzionale dei seggi, in ambito provinciale, ed  esito maggioritario in favore del gruppo o dei gruppi di candidati collegati al presidente della provincia eletto, ai quali viene attribuito un  premio di maggioranza. Il collegio uninominale è utilizzato allo scopo di presentare le candidature; i seggi attribuiti ai gruppi, sono assegnati ai candidati sulla base della graduatoria dei voti ottenuti dai singoli candidati dello stesso gruppo espressi in percentuale sul totale dei voti validi del collegio.
I partiti e i gruppi politici presentano proprie candidature in almeno un terzo dei collegi uninominali. Le candidature sono contraddistinte dal medesimo contrassegno e costituiscono un gruppo di candidati collegati. Ciascun gruppo di candidati deve inoltre dichiarare il proprio collegamento con un candidato alla presidenza della provincia. Più gruppi di candidati possono dichiarare il collegamento con il medesimo candidato alla presidenza della provincia. I candidati alla carica di presidente della provincia, all'atto della candidatura, devono dichiarare il proprio collegamento con almeno un gruppo di candidati nei collegi uninominali.
Il sistema è a  doppio turno: una prima votazione alla quale partecipano tutti i candidati a presidente della provincia ed una eventuale votazione di ballottaggio, che si svolge nella seconda domenica successiva a quella della prima votazione.
L'elettore dispone di  due voti: uno per il candidato nel collegio ed uno per il candidato alla presidenza della provincia. Non è ammesso il voto "disgiunto" (voto ad un candidato uninominale non collegato al candidato presidente prescelto). Il voto ad un candidato uninominale "si trasferisce" al candidato presidente collegato.
Nella prima votazione è proclamato presidente della provincia il candidato che ottiene la  maggioranza assoluta dei voti validi espressi (50%+1). Se è proclamata l'elezione del presidente si procede all'assegnazione dei seggi del consiglio provinciale. In caso contrario si procede alla votazione di  ballottaggio alla quale partecipano soltanto i due candidati alla presidenza che hanno ricevuto il maggior numero di voti validi. Restano confermati i collegamenti dichiarati per il primo turno di votazione, ma i gruppi di candidati ch'erano allora collegati con un candidato alla Presidenza escluso dal ballottaggio possono dichiarare di collegarsi ad uno dei due candidati nella votazione di ballottaggio se questi rendono dichiarazione corrispondente.
Nella seconda votazione l'elettore esprime il voto per uno dei due candidati. È eletto presidente della provincia il candidato che ottiene il  maggior numero di voti validi.
L'assegnazione dei seggi ai candidati è fatta in primo luogo con il metodo dei divisori d'Hondt tra le cifre elettorali di ciascun gruppo di candidati (somma dei voti validi ottenuti da ciascun candidato con il medesimo contrassegno). Se al termine di questa assegnazione il gruppo, o i gruppi di candidati collegati al presidente eletto non hanno conseguito almeno il  60 per cento dei seggi di cui è composto il consiglio provinciale (con arrotondamento matematico e compreso il seggio del presidente), ai gruppi di candidati collegati al presidente eletto è assegnato quel numero di seggi e i restanti sono assegnati ai gruppi di candidati non collegati al presidente eletto.
La ripartizione dei seggi fra gruppi di candidati collegati è fatta utilizzando il metodo dei divisori d'Hondt e le cifre elettorali conseguite dai gruppi di candidati nella prima votazione.

Il comma 101-quater stabilisce il subingresso della città metropolitana di Roma al comune di Roma capitale che si verifica alla data di proclamazione del sindaco metropolitano. A partire da tale momento, la città metropolitana di Roma capitale succede al comune di Roma capitale in tutti i rapporti attivi e passivi e ne esercita le funzioni, salvo quelle espressamente conferite ai comuni che ne fanno parte e in aggiunta a quelle proprie di cui ai commi da 44 a 46, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica e degli obiettivi del patto di stabilità interno.

Pertanto, la città metropolitana di Roma capitale cumulerebbe le funzioni proprie dell'attuale città metropolitana (art. 1, co. 44-46, L. 56 del 2014) con quelle del comune di Roma capitale, fermo restando l'attuale assetto territoriale. Sotto il profilo amministrativo, si ricorda che attualmente la città metropolitana di Roma è costituita dal comune di Roma capitale e da altri 120 comuni.

Con riferimento alle funzioni (comma 44), alle città metropolitane sono attribuite:
- le funzioni fondamentali delle province, ossia, ai sensi del comma 85, pianificazione territoriale di coordinamento e tutela e valorizzazione dell'ambiente; pianificazione dei servizi di trasporto, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente; programmazione provinciale della rete scolastica; raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali; gestione dell'edilizia scolastica; controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale;
- le funzioni attribuite alla città metropolitana nell'ambito del processo di riordino delle funzioni delle province delineato dai commi 85-97 (v. infra);
- le funzioni fondamentali proprie della città metropolitana:
a)  piano strategico del territorio metropolitano di carattere triennale, che costituisce atto di indirizzo per i comuni e le unioni di comuni del territorio, anche in relazione a funzioni delegate o attribuite dalle regioni;
b)  pianificazione territoriale generale, comprese le strutture di comunicazione, le reti di servizi e delle infrastrutture, anche fissando vincoli e obiettivi all'attività e all'esercizio delle funzioni dei comuni;
c) strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano; a tale riguardo, la città metropolitana può, d'intesa con i comuni interessati, predisporre documenti di gara, svolgere la funzione di stazione appaltante, monitorare i contratti di servizio ed organizzare concorsi e procedure selettive;
d) mobilità e viabilità;
e) promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale;
f) promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano;
ulteriori funzioni attribuite dallo Stato o dalle regioni, in base ai princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza (comma 46).
Il conferimento di  funzioni amministrative a Roma Capitale è stato disposto con il decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61 (successivamente modificato dal decreto legislativo 26 aprile 2013, n. 51.)
Sono conferite a Roma capitale funzioni amministrative relative a:

a) beni storici e artistici, relativamente al concorso alla valorizzazione dei beni presenti nel territorio di Roma capitale appartenenti allo Stato (con esclusione di quelli  amministrati dal Fondo edifici di culto) (art. 6);

b) paesaggio, con riferimento alla tutela e valorizzazione del paesaggio di Roma capitale, e beni ambientali e fluviali, con riferimento all'individuazione ed alla gestione delle riserve statali non collocate nei parchi nazionali (art. 7)

c) fiere, per ciò che attiene al coordinamento dei tempi di svolgimento delle manifestazioni fieristiche di rilevanza internazionale e nazionale, promosse sul territorio di Roma capitale (art. 8);

d)  turismo, per ciò che attiene alla promozione turistica all'estero Roma capitale, in coordinamento con lo Stato e la Regione; le linee guida del piano strategico nazionale prevedono altresì una sezione per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico di Roma capitale (art. 9);

e) protezione civile, relativamente alla emanazione di ordinanze per l'attuazione di interventi di emergenza. Inoltre, per l'attuazione degli interventi da effettuare sul territorio di Roma Capitale per rimuovere le situazioni di emergenza connesse al traffico, alla mobilità ed all'inquinamento atmosferico o acustico, il Sindaco provvede con proprie ordinanze, anche in deroga ad ogni disposizione di legge e comunque nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico, in esecuzione di un piano autorizzato con delibera del Consiglio dei Ministri (art. 10).

Roma capitale dispone altresì di poteri regolamentari in materia di organizzazione degli uffici e del personale (art. 11).

Alla medesima data della proclamazione del sindaco, eletto sulla base delle nuove norme, gli organi di governo del comune di Roma capitale cessano di esistere e ad essi subentrano gli organi della città metropolitana di Roma capitale; il sindaco e il consiglio metropolitani assumono rispettivamente le funzioni e i poteri, altresì, del sindaco di Roma capitale e dell'assemblea capitolina. 

Dalla formulazione letterale della disposizione sembrerebbe che anche la giunta di Roma capitale venga a cessare, mentre sembrerebbe permanere la Conferenza metropolitana, composta dal sindaco metropolitano e dai sindaci dei comuni della città metropolitana. Andrebbe in proposito valutata l'opportunità di specificare ulteriormente, nel nuovo assetto degli organi di governo, le funzioni poste in capo a ciascuno di essi. 

Si ricorda che ai sensi del decreto legislativo 17 settembre 2010, n. 156, sono  organi di governo di Roma Capitale:
- l'Assemblea capitolina;
- la Giunta capitolina;
- il Sindaco (art. 2).
L' Assemblea capitolina è l'organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo. È composta dal  Sindaco di Roma Capitale e da quarantotto  Consiglieri (art. 3).
Il Sindaco è il responsabile dell'amministrazione di Roma Capitale, nell'ambito del cui territorio esercita le funzioni attribuitegli dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti, quale rappresentante della comunità locale e quale ufficiale del Governo. Il Sindaco può essere udito nelle riunioni del Consiglio dei Ministri all'ordine del giorno delle quali siano iscritti argomenti inerenti le funzioni conferite a Roma Capitale (art. 4).
La  Giunta collabora con il Sindaco nel governo di Roma Capitale. Compie tutti gli atti rientranti nelle funzioni degli organi di governo che non siano riservati dalla legge all'Assemblea capitolina e non ricadano nelle competenze previste dalla legge o dallo statuto, del Sindaco o degli organi di decentramento.
Le norme del decreto legislativo n. 156 del 2010 costituiscono limite inderogabile per  l'autonomia normativa dell'ente e possono essere modificate, derogate o abrogate dalle leggi dello Stato solo espressamente.
Lo  statuto di Roma Capitale è stato approvato dall'Assemblea Capitolina il 7 marzo 2013 ed è entrato in vigore il 30 marzo 2013. Con successive deliberazioni nn. 1 e 5, rispettivamente del 9 e 30 gennaio 2018, l'Assemblea Capitolina ha apportato alcune  modifiche allo Statuto, tali modifiche sono  entrate in vigore il 20 marzo 2018.

Conseguentemente alle modifiche introdotte, la pdl C.2893  (articolo 1, comma 1, lett. a)) apporta alcune modifiche di coordinamento al comma 101 dell'art. 1 della L. 56/2014, disponendo inoltre che per quanto non espressamente previsto nella  legge e nelle disposizioni dei decreti legislativi su Roma Capitale (i citati D.Lgs. 17 settembre 2010, n. 156, 18 aprile 2012, n. 61, e 26 aprile 2013, n. 51), agli organi della città metropolitana di Roma capitale e ai loro componenti si applicano le disposizioni di cui ai capi I, II e IV del titolo III della parte prima del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, per quanto compatibili, concernenti, rispettivamente, gli organi di governo del comune e della provincia, il regime di incandidabilità, ineleggibilità, incompatibilità, lo status degli amministratori locali.

Le modifiche al comma 102 dell'art. 1 della L. 56/2014 chiariscono che le disposizioni dei decreti legislativi 17 settembre 2010, n. 156, 18 aprile 2012, n. 61, e 26 aprile 2013, n. 51, in materia di ordinamento di Roma capitale, si intendono riferite alla città metropolitana di Roma capitale (articolo 1, comma 1, lett. c)).

In conseguenza delle novità ordinamentali introdotte, con le modifiche al comma 103 si precisa che lo statuto della città metropolitana di Roma capitale disciplina i rapporti tra la città metropolitana, i municipi di Roma capitale e i comuni che la compongono (non più il comune di Roma capitale e gli altri comuni) (articolo 1, comma 1, lett. d)).

L'articolo 2 della pdl detta alcune disposizioni finali, disponendo che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'Assemblea capitolina provvede ad articolare il territorio di Roma capitale in più comuni, nonché ad assegnare agli stessi le risorse umane, finanziarie e strumentali necessarie per l'esercizio di tali funzioni, sulla base di quanto previsto dall'articolo 1, comma 22, secondo periodo, della legge 7 aprile 2014, n. 56, e in deroga a quanto previsto dal terzo periodo del medesimo comma.

Si ricorda, infatti, coma già anticipato, che, affinché si possa far luogo a elezione del sindaco e del consiglio metropolitano a suffragio universale, il secondo periodo dell'art. 1, comma 22 della L. 56/2014 richiede che entro la data di indizione delle elezioni si sia proceduto ad articolare il territorio del comune capoluogo in più comuni.  Il terzo periodo, di cui la pdl in esame dispone la deroga, stabilisce che il comune capoluogo deve proporre la predetta articolazione territoriale, con deliberazione del consiglio comunale, adottata con la stessa procedura richiesta per l'approvazione e le modifiche dello statuto ex art. 6, co. 4 TUEL (due terzi dei componenti o, in caso di mancato raggiungimento, due successive deliberazioni favorevoli adottate a maggioranza assoluta).

Il citato comma 22 prevede inoltre che la proposta del Consiglio comunale deve essere sottoposta a referendum tra tutti i cittadini della città metropolitana, da effettuare sulla base delle rispettive leggi regionali, e deve essere approvata dalla maggioranza dei partecipanti al voto. E' altresì necessario che la regione abbia provveduto con propria legge all'istituzione dei nuovi comuni e alla loro denominazione ai sensi dell'articolo 133 della Costituzione. 

Al riguardo, si valuti l'opportunità di richiamare espressamente - all'art. 2 - l'articolo 133 della Costituzione, secondo comma, che affida alla legge regionale, sentite le popolazioni interessate, l'istituzione di nuovi comuni. 

In alternativa a quanto previsto dai periodi precedenti, per le sole città metropolitane con popolazione superiore a 3 milioni di abitanti, è condizione necessaria, affinché si possa far luogo ad elezione del sindaco e del consiglio metropolitano a suffragio universale, che lo statuto della città metropolitana preveda la costituzione di zone omogenee (ai sensi del comma 11, lettera c)) della L. 56/2014), e che il comune capoluogo abbia realizzato la ripartizione del proprio territorio in zone dotate di autonomia amministrativa, in coerenza con lo statuto della città metropolitana.

Per evitare incertezze in sede applicativa, andrebbe valutata l'opportunità di chiarire maggiormente se - alla luce di quanto dispone l'art. 2 della proposta di legge - fino a quando l'Assemblea capitolina non abbia provveduto ad articolare il territorio di Roma capitale in più comuni, assegnando le relative risorse, non possa procedersi all'elezione a suffragio universale e diretto degli organi della città metropolitana.

La proposta di legge A.C. 2923

La pdl A.C. 2923 (De Angelis) si compone di 3 articoli.  L'articolo 1 dispone l'attribuzione all'ente territoriale Roma capitale di tutte le competenze proprie delle città metropolitane, individuate dalla legge n. 56 del 2014, ferma restando ogni altra competenza prevista dalla legislazione vigente per l'ente territoriale Roma capitale (comma 1).

Con riferimento alle funzioni,  la legge n. 56 del 2014 (art. 1, comma 44), ha attribuito alle città metropolitane:
  • le funzioni fondamentali delle province, ossia, ai sensi del comma 85, pianificazione territoriale di coordinamento e tutela e valorizzazione dell'ambiente; pianificazione dei servizi di trasporto, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente; programmazione provinciale della rete scolastica; raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali; gestione dell'edilizia scolastica; controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale;
  • le funzioni attribuite alla città metropolitana nell'ambito del processo di riordino delle funzioni delle province delineato dai commi 85-97;
  • le funzioni fondamentali proprie della città metropolitana:
    a) piano strategico del territorio metropolitano di carattere triennale, che costituisce atto di indirizzo per i comuni e le unioni di comuni del territorio, anche in relazione a funzioni delegate o attribuite dalle regioni;
    b) pianificazione territoriale generale, comprese le strutture di comunicazione, le reti di servizi e delle infrastrutture, anche fissando vincoli e obiettivi all'attività e all'esercizio delle funzioni dei comuni;
    c) strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano; a tale riguardo, la città metropolitana può, d'intesa con i comuni interessati, predisporre documenti di gara, svolgere la funzione di stazione appaltante, monitorare i contratti di servizio ed organizzare concorsi e procedure selettive;
    d) mobilità e viabilità;
    e) promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale;
    f) promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano;
  • ulteriori funzioni attribuite dallo Stato o dalle regioni, in base ai princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza (comma 46).

Tale novità ordinamentale (e quelle che ne conseguono) trova applicazione a decorrere dal primo rinnovo degli organi di governo di Roma Capitale, come previsti dal vigente ordinamento (comma 2).

Si ricorda in proposito che ai sensi del decreto legislativo 17 settembre 2010, n. 156 sono organi di governo di Roma Capitale:
- l'Assemblea capitolina;
- la Giunta capitolina;
- il Sindaco (art. 2).
Si ricorda inoltre che la scadenza naturale degli organi attualmente in carica è maggio 2021. In proposito, il decreto-legge n. 25 del 2021 ha differito i termini ordinari per lo svolgimento delle consultazioni elettorali previste per il 2021, prevedendo una finestra elettorale fra il 15 settembre e il 15 ottobre, in ragione del permanere del quadro epidemiologico da Covid-19 complessivamente e diffusamente grave su tutto il territorio nazionale. 

In conseguenza del trasferimento delle funzioni della città metropolitana al comune di Roma capitale è prevista la soppressione degli organi della città metropolitana di Roma capitale (sindaco metropolitano, consiglio metropolitano e conferenza metropolitana) ed il contestuale trasferimento delle funzioni da questi esercitate agli organi di governo di Roma Capitale (comma 3). In particolare, le funzioni esercitate dal sindaco metropolitano e dal consiglio metropolitano sono trasferite al sindaco e alla giunta capitolina, mentre le attribuzioni e le competenze della attuale conferenza metropolitana verrebbero trasferite all'assemblea capitolina. In entrambi i casi, la pdl precisa che il trasferimento abbia luogo "ove possibile". In proposito, andrebbe valutata l'opportunità di specificare i criteri che consentono di valutare l'effettività del trasferimento.

Le disposizioni speciali sulla città metropolitana di Roma capitale contenute nella legge n. 56 del 2014 (art. 1, commi da 101 a 103) sono contestualmente abrogate. 

La legge n. 56 del 2014 stabilisce (comma 8) che il sindaco metropolitano ha la rappresentanza dell'ente, convoca e presiede il consiglio metropolitano e la conferenza metropolitana, sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti ed esercita le funzioni attribuite dallo statuto; ha potere di proposta per ciò che attiene al bilancio dell'ente.
Il consiglio metropolitano è l'organo di indirizzo e controllo, approva regolamenti, piani, programmi e approva o adotta ogni altro atto ad esso sottoposto dal sindaco metropolitano ed esercita le altre funzioni attribuite dallo statuto; ha altresì potere di proposta sullo statuto e sulle sue modifiche e poteri decisori finali per l'approvazione del bilancio (comma 8).
La conferenza metropolitana è competente per l'adozione dello statuto e ha potere consultivo per l'approvazione dei bilanci; lo statuto può attribuirle altri poteri propositivi e consultivi (commi 8 e 9).

Parallelamente la pdl prevede la (re-)istituzione della provincia di Roma, il cui territorio è costituito dai comuni che appartengono al territorio della città metropolitana di Roma, ivi incluso quello di Roma capitale (comma 4). Verrebbe in tal modo ripristinato il territorio della ex provincia di Roma, nell'assetto amministrativo precedente la riforma del 2014. La provincia di Roma subentra alla città metropolitana di Roma capitale, succede ad essa in tutti i rapporti attivi e passivi e ne esercita le funzioni, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica e degli obiettivi del patto di stabilità interno (comma 6). 

Alla ricostituita provincia la pdl assegna le competenze e le attribuzioni proprie delle province come riformate dalla legge 7 aprile 2014, n. 56, nonché tutte le altre competenze e attribuzioni assegnate dalla legislazione vigente (comma 8). Anche per l'organizzazione si fa rinvio alle pertinenti disposizioni della più volte citata legge 56 (articolo 1, commi da 54 a 84), nonché alle altre disposizioni in materia di organi di governo delle province previste dalla legislazione vigente (comma 7), stabilendo che la costituzione degli organi della provincia avvenga, con le modalità stabilite dalla L. 56 del 2014 in via generale per tutte le province, entro tre mesi dal primo rinnovo degli organi dell'ente territoriale Roma capitale (comma 9).

Come è noto, la legge 56/2014, c.d. "legge Delrio", oltre a disciplinare l'istituzione delle città metropolitane, ha disposto il riordino delle province. La legge definisce le province quali  enti di area vasta (comma 51) e stabilisce l'elezione di  secondo grado per tali enti. In base al vigente assetto ordinamentale, gli organi della provincia sono:
  • il presidente della provincia; è eletto dai sindaci e dai consiglieri dei comuni della provincia; sono eleggibili i sindaci della provincia il cui mandato scada non prima di 18 mesi dalla data delle elezioni. Il presidente della provincia, che resta in carica quattro anni, ha la rappresentanza dell'ente, convoca e presiede il consiglio provinciale e l'assemblea dei sindaci, sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici ed esercita le funzioni attribuite dallo statuto;
  • il consiglio provinciale; è composto dal presidente della provincia e da un numero di consiglieri variabile tra 10 e 16, in base alla popolazione residente
    È l'organo di indirizzo e controllo, approva regolamenti, piani, programmi e approva o adotta ogni altro atto ad esso sottoposto dal presidente della provincia; ha altresì potere di proposta dello statuto e poteri decisori finali per l'approvazione del bilancio. Per il consiglio provinciale hanno diritto di elettorato attivo e passivo i sindaci e i consiglieri dei comuni della provincia. La durata del consiglio provinciale è più breve di quella del presidente della provincia, in quanto il consiglio resta in carica due anni. Il sistema elettorale è del tutto analogo a quello previsto per l'elezione del consiglio metropolitano;
  • l' assemblea dei sindaci: è composta dai sindaci dei comuni appartenenti alla provincia. È competente per l'adozione dello statuto e ha potere consultivo per l'approvazione dei bilanci; lo statuto può attribuirle altri poteri propositivi, consultivi e di controllo.
La legge individua le seguenti funzioni fondamentali delle province (comma 85):
  1. pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza;
  2. pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;
  3. programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale;
  4. raccolta ed elaborazione dati ed assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;
  5. gestione dell'edilizia scolastica;
  6. controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale.
Le province possono altresì, d'intesa con i comuni, esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive (comma 88).
In base alla legge n. 56/2014, le altre funzioni non fondamentali sono quelle conferite alle province con legge dello Stato o della Regione all'esito dei procedimenti di riordino stabiliti dalla medesima legge n. 56.

Pertanto, all'esito delle modifiche previste dalla proposta in esame, l'assetto amministrativo dell'attuale città metropolitana di Roma Capitale, che verrebbe ad essere soppressa, viene sostituito da:

- l'ente comune di Roma capitale, che vede ad essa sommare le funzioni e i poteri della ex-città metropolitana;

- la neo-provincia di Roma, a cui sono assegnate le funzioni proprie delle province ai sensi della legislazione vigente.

In tal modo le funzioni di area vasta vengono assegnate, da una parte, all'ente Roma capitale, che le esercita sul territorio comunale, dall'altra, alla provincia di Roma, che tuttavia comprende non solo tutti i comuni diversi da quello di Roma situati nel territorio dell'attuale città metropolitana di Roma, ma anche quello di Roma capitale. Andrebbe in merito valutata l'opportunità di distinguere puntualmente le funzioni dei rispettivi enti al fine di evitare una sovrapposizione delle funzioni attribuite. 

Sotto il profilo dell'assetto organizzativo, la proposta di legge richiama l'articolo 133, primo comma, della Costituzione, per la modifica delle circoscrizioni provinciali e per l'adesione alla provincia di Roma, prevedendo che resta ferma l'iniziativa dei comuni, compresi i comuni capoluogo delle province limitrofe. Stabilisce inoltre alcune disposizione integrative del procedimento costituzionale, che parrebbero limitate al mutamento delle circoscrizioni provinciali del Lazio.

Il procedimento di mutamento delle circoscrizioni provinciali all'interno di una stessa regione è definito dall' art. 133, primo comma, Cost., che prevede l'iniziativa dei comuni, il parere della regione e l'approvazione con legge della Repubblica.
L' articolo 21, comma 3, del testo unico degli enti locali ( D.Lgs. n. 267/2000ex  art. 16, L. 142/1990), ha integrato la disciplina costituzionale, prevedendo una serie di criteri e di indirizzi cui occorre attenersi nella revisione delle circoscrizioni provinciali e nell'istituzione di nuove province.
In particolare, l'articolo prevede che ciascuna circoscrizione provinciale deve corrispondere ad un'area territoriale omogenea per sviluppo sociale, culturale ed economico, e deve avere una dimensione idonea a consentire una programmazione dello sviluppo che favorisca lo riequilibrio complessivo del territorio. Inoltre l'intero territorio di ogni comune deve far parte di una sola provincia e la popolazione delle province risultanti dalle modificazioni territoriali non deve, di norma, essere inferiore a 200.000 abitanti.
La disposizione prescrive, inoltre, che l'iniziativa dei comuni deve conseguire l'adesione della maggioranza dei comuni dell'area interessata che rappresentino, comunque, la maggioranza della popolazione complessiva dell'area stessa; l'adesione di ciascun comune deve essere deliberata dal consiglio comunale a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
Spetta alle province preesistenti garantire alle nuove, in proporzione al territorio ed alla popolazione trasferiti, personale, beni, strumenti operativi e risorse finanziarie adeguate. L'istituzione di nuove province non comporta necessariamente l'istituzione di uffici provinciali delle amministrazioni dello Stato e degli altri enti pubblici.
L'articolo 21, comma 4, del testo unico stabilisce, infine, che le regioni emanano norme volte a promuovere e coordinare le iniziative dei comuni dirette alla revisione delle circoscrizioni provinciali ed alla istituzione delle nuove province. Per quanto riguarda il Lazio, la legge regionale 5 novembre 1991, n. 73 disciplina le funzioni regionali di promozione e coordinamento dell'iniziativa dei comuni diretta al mutamento delle circoscrizioni provinciali ed alla istituzione di nuove province.

In particolare, il comma 4 dell'articolo 1 in commento, prevede che in caso di parere contrario della regione interessata, espresso entro trenta giorni dalla richiesta nell'ambito della procedura di cui al citato articolo 133, su tutte o parte delle proposte formulate dai comuni, il Governo promuove un'intesa tra la regione e i comuni interessati, da definire entro novanta giorni dalla data di espressione del parere. In caso di mancato raggiungimento dell'intesa, il Consiglio dei ministri, su relazione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie e del Ministro dell'interno, sentito il parere del presidente della regione, delibera in via definitiva sul disegno di legge contenente le modifiche del territorio della provincia, da presentare alle Camere ai sensi del citato articolo 133, primo comma, Cost.

Si ricorda sul punto che il meccanismo individuato è analogo a quello contenuto nella legge n. 56 del 2014 (articolo 1, comma 6), in relazione alla possibilità di modificare, in seguito alla istituzione delle città metropolitane, il territorio delle circoscrizioni provinciali limitrofe e per l'adesione alla città metropolitana.
In relazione a tale norma, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 50 del 2015 (punto 3.4.2. del considerato in diritto), giustificava la mancata applicazione delle regole procedurali contenute nell'art. 133 Cost., che risultano riferibili solo ad interventi singolari, una volta rispettato il principio, espresso da quelle regole, del necessario coinvolgimento delle popolazioni locali interessate, anche se con forme diverse e successive, al fine di consentire il predetto avvio in condizioni di omogeneità sull'intero territorio nazionale. Secondo la Corte " il denunciato comma 6 dell'art. 1 della legge n. 56 del 2014, non manca, infatti, di prevedere espressamente «l'iniziativa dei comuni, ivi compresi i comuni capoluogo delle province limitrofe», ai fini dell'adesione (sia pure ex post) alla Città metropolitana, il che per implicito comporta la speculare facoltà di uscirne, da parte dei Comuni della Provincia omonima; e, a tal fine, la stessa norma dispone che sia sentita la Regione interessata e che, in caso di suo parere contrario, sia promossa una «intesa» tra la Regione stessa ed i comuni che intendono entrare nella (od uscire dalla) Città metropolitana. E ciò testualmente, «ai sensi dell'articolo 133, primo comma, della Costituzione» e «nell'ambito della procedura di cui al predetto articolo 133».

L'articolo 2 della proposta di legge interviene in tema di «decentramento municipale», assegnando a Roma capitale il compito di:

a) procedere alla rideterminazione dei municipi compresi nel suo territorio;

b) conferire ai municipi specifiche funzioni amministrative per il cui esercizio risulti più efficiente la devoluzione, individuando gli ambiti di attività nei quali essi svolgono le funzioni di promozione del territorio e dell'economia locale;

c) riconoscere ai municipi una maggiore autonomia finanziaria di spesa, finalizzata all'erogazione di servizi, in particolare di quelli pubblici essenziali, ai residenti nei medesimi municipi.

Si ricorda in proposito che il decreto legislativo 17 settembre 2010, n. 156 prevede che lo statuto disciplini, nei limiti stabiliti dalla legge, i municipi di Roma Capitale, quali circoscrizioni di decentramento, in numero non superiore a quindici, favorendone l'autonomia amministrativa e finanziaria. 
Lo statuto di Roma Capitale è stato approvato dall'Assemblea Capitolina il 7 marzo 2013 ed è entrato in vigore il 30 marzo 2013. Al decentramento municipale è in particolare dedicato il capo IV (articoli 26-29).
Con la sua entrata in vigore, i Municipi di Roma Capitale sono stati ridotti da 19 a 15. Con successive deliberazioni nn. 1 e 5, rispettivamente del 9 e 30 gennaio 2018, l'Assemblea Capitolina ha apportato alcune modifiche allo Statuto, tali modifiche sono entrate in vigore il 20 marzo 2018.

L'articolo 3, infine, prevede la possibilità di trasferimento da parte della regione Lazio all'ente territoriale Roma capitale di attività e di funzioni nelle materie attribuite al legislatore regionale, individuando le risorse per farvi fronte. Per l'attuazione di tale disposizione la pdl dispone che Regione e Roma capitale definiscano un piano finanziario e organizzativo annuale delle attività e delle funzioni conferite.

In proposito, l'articolo 118 della Costituzione, richiamato dalla stessa disposizione, disciplina l'attribuzione delle funzioni amministrative ai diversi livelli di governo secondo i principi di sussidiarietà verticale ed orizzontale. Il comma secondo della disposizione prevede che il conferimento di funzioni a comuni, province e città metropolitane possa avvenire con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.


La proposta di legge A.C. 2931

In primo luogo, la proposta di legge C. 2931 – all'articolo 1 - interviene al fine di modificare la denominazione del Tavolo istituito dall'art. 14 del d. lgs. n. 61/2012 denominandolo «Tavolo di raccordo interistituzionale per Roma capitale».

Il citato art. 14, comma 3, ha disposto l'istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri di un tavolo di raccordo interistituzionale tra Stato, Regione Lazio, (Provincia di) Roma e Roma capitale con funzioni di coordinamento per il trasferimento delle funzioni e di monitoraggio, con il concorso delle amministrazioni coinvolte, delle relazioni sindacali previste sulla base della normativa vigente.

Il tavolo di raccordo interistituzionale esprime inoltre parere obbligatorio sulla predisposizione del piano triennale per la riduzione del disavanzo e per il riequilibrio strutturale e dei piani pluriennali e ne verifica l'attuazione.

La proposta prevede che il Tavolo divenga sede permanente di confronto tra lo Stato, la regione Lazio e Roma capitale, finalizzato al monitoraggio, alla collaborazione e al coordinamento fra i diversi livelli istituzionali, relativamente ai poteri, alle prerogative e alle speciali funzioni attribuiti a Roma. Viene fatto particolare riferimento alla "realizzazione delle condizioni per l'efficace esercizio delle sue competenze e per la risoluzione di problemi di ordine strutturale che condizionano l'efficacia delle politiche pubbliche per i servizi di prossimità e per le infrastrutture collettive dell'area di Roma".

Nella relazione illustrativa si evidenzia che il Tavolo interistituzionale, al quale sono attribuite nuove competenze rispetto a quello esistente, potrà affrontare le questioni ritenute urgenti articolando la propria attività in base alle specifiche necessità all'ordine del giorno. 

L'articolo 2 dispone che la Conferenza unificata possa essere convocata, con cadenza trimestrale, anche su richiesta del sindaco di Roma capitale, al quale viene quindi attribuito anche un potere di iniziativa per la convocazione. 

Viene a tal fine integrato il comma 1 dell'articolo 4 del decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61 disponendo che la sessione è convocata in via ordinaria con cadenza trimestrale. Essa può essere convocata in via straordinaria su richiesta del sindaco di Roma capitale o di altro componente della sessione medesima.

In base al vigente articolo 4 per assicurare il raccordo istituzionale tra Roma capitale, lo Stato, la Regione Lazio e la città metropolitana di Roma sulle funzioni conferite in attuazione dell'articolo 24, comma 3, della legge delega (v. infra), è infatti prevista un'apposita sessione nell'ambito della Conferenza Unificata presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o da un Ministro da lui delegato, composta dal Sindaco di Roma capitale, dal Presidente della Regione Lazio, dal Presidente della città metropoltana di Roma e dal Ministro competente per materia.

In tutti i casi in cui la Conferenza Unificata svolge le proprie funzioni relative a materie e compiti di interesse di Roma capitale, alle sedute della stessa partecipa, quale componente, il Sindaco di Roma capitale.

Le funzioni previste dall'articolo 24, comma 3, della legge delega concernono i seguenti aspetti:
a) concorso alla valorizzazione dei beni storici, artistici, ambientali e fluviali, previo accordo con il Ministero per i beni e le attività culturali;
b) sviluppo economico e sociale di Roma capitale con particolare riferimento al settore produttivo e turistico;
c) sviluppo urbano e pianificazione territoriale;
d) edilizia pubblica e privata;
e) organizzazione e funzionamento dei servizi urbani, con particolare riferimento al trasporto pubblico ed alla mobilità;
f) protezione civile, in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei ministri e la regione Lazio;
g) ulteriori funzioni conferite dallo Stato e dalla regione Lazio, ai sensi dell'articolo 118, secondo comma, della Costituzione.

L'articolo 3 prevede l'istituzione - presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - dell'Ufficio per Roma capitale, per il coordinamento delle azioni del Governo nel territorio di Roma capitale. Contestualmente Roma capitale è chiamata a provvedere all'istituzione di un'omologa struttura nell'ambito della propria organizzazione.  Viene istituito dunque un nuovo Ufficio in seno alla Presidenza del Consiglio "posto alle dipendenze del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri" al quale sono conferite le funzioni di segretario dello stesso Consiglio.

L'istituendo Ufficio per Roma capitale cura l'istruttoria per la stipulazione dell'intesa istituzionale di programma (prevista dall'articolo 3 del decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61,) e per l'esame degli argomenti posti all'ordine del giorno del Tavolo di raccordo interistituzionale per Roma capitale, sede permanente di confronto tra lo Stato, la regione Lazio e Roma capitale in base all'art. 1 della proposta di legge in esame, svolgendo le funzioni di segreteria tecnica dello stesso Tavolo.
Sulla base degli indirizzi espressi dal Tavolo di raccordo interistituzionale, all'Ufficio per Roma capitale compete altresì la predisposizione di uno schema di programmazione degli investimenti per interventi infrastrutturali di tipo strategico da realizzare, a medio termine, nel territorio di Roma, sottoponendolo all'approvazione del Tavolo medesimo.

Sotto il profilo organizzativo, il nuovo Ufficio è costituito presso la Presidenza del Consiglio e composto da (massimo) di 35 unità. Viene espressamente prevista la figura di un coordinatore, di grado non inferiore a dirigente generale, nonché di 3 dirigenti tecnici e di 2 dirigenti amministrativi, con specifiche e comprovate esperienze nelle materie oggetto della proposta di legge. Il restante personale è scelto tra dipendenti dello Stato, degli enti locali e di altri enti pubblici, collocati fuori ruolo o in posizione di comando presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Il personale dell'Ufficio che si propone di istituire è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, entro 30 giorni, ed "è dispensato, per tutto il periodo di svolgimento dell'incarico, da ogni attività dell'amministrazione di provenienza".

Gli articoli 4 e 5 intervengono in materia di trasporto pubblico locale. L'articolo 4 riguarda l'acquisizione diretta, da parte di Roma capitale, dei fondi per il trasporto pubblico locale. A tal fine sono previste modifiche all'articolo 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 che istituisce il Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale aggiungendo il riferimento a Roma capitale accanto a quello alle regioni a statuto ordinario.

Nella relazione illustrativa si evidenzia che "attualmente la ripartizione delle risorse del Fondo è effettuata dalle regioni a statuto ordinario attraverso la riproposizione della spesa storica. Le modifiche proposte prevedono l'inserimento di Roma capitale tra i soggetti a cui sono trasferite direttamente le risorse in oggetto".

La disciplina sulla ripartizione delle risorse del citato Fondo è stata oggetto di riordino da parte dell'articolo 27 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, il quale ha previsto che a, decorrere dal 2020, la ripartizione sia effettuata con un decreto interministeriale e che a decorrere dall'entrata in vigore di questo decreto sia modificato il citato articolo 16-bis. 

La ripartizione delle risorse del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale
Il decreto legge n. 50/2017 (articolo 27, comma 2), ha previsto nuovi criteri di riparto del Fondo, applicabili, secondo quanto previsto in origine, dall'anno 2018. Tuttavia per gli anni 2018 e 2019 il Fondo è stato ripartito sulla base delle disposizioni previgenti, quindi in base ai criteri definiti nel DPCM 26 maggio 2017 che aveva novellato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2013.
Con il decreto-legge n. 124 del 2019 si era espressamente previsto, modificando l'articolo 27, comma 2, che l'applicazione della riforma del Fondo per il trasporto pubblico locale decorra dall'anno 2020 (e non più dal 2018), ma successivamente il DL. n. 34/2020 aveva confermato anche per il 2020 l'applicazione dei criteri di riparto del DPCM 11 marzo 2013 e successive modificazioni, senza l'applicazione di penalità. Tale ultima disposizione è stata prorogata per l'anno 2021 dal decreto-legge n. 183 del 2020 (art. 13, comma 7).
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha precisato, con riferimento al riparto del Fondo per l'anno 2018 che "per la definizione delle quote di riparto sono stati applicati i criteri già adottati anche negli anni passati, soluzione necessaria ad evitare che il residuo 20% dello stanziamento del Fondo non fosse ripartito ed erogato entro l'anno, con gravi criticità per i servizi di trasporto pubblico locale e regionale".
Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze n.19 del 29/1/2018 era stata concessa alle regioni, per il 2018, l'anticipazione dell'80% delle risorse del Fondo, per un importo complessivo di euro 3.945.456.589,20, poi ripartite con cadenza mensile (su uno stanziamento totale 2018 di 4.933,054 milioni €). Il saldo 2018 è stato erogato con decreto interministeriale MIT/MEF n. 537 del 7 dicembre 2018. Qui la tabella di ripartizione tra le regioni del saldo del 2018, che tiene anche conto dell'aumento o della diminuzione degli oneri sostenuti, nel 2018, dalle Regioni a statuto ordinario per le variazioni dei canoni di accesso all'infrastruttura ferroviaria introdotte da RFI, nonché delle penalizzazioni (rateizzate in 8 anni) applicate alle regioni Lazio, Basilicata e Umbria.
Per l'anno 2019 l'anticipazione dell'80% del Fondo è stata concessa con decreto MIT-MEF n. 82 del 5 marzo 2019 che ripartisce risorse complessive per 3.898.668.289,2 euro (su un totale di 4.874,554 milioni € stanziati per il 2019). Qui la tabella di ripartizione tra le Regioni dell'anticipazione del Fondo per il 2019. Per il 2020 l'anticipazione dell'80% del Fondo TPL è stata concessa con decreto MIT-MEF n. 121 del 18/3/2020, per un importo complessivo di 3.898.668,289 euro. Il decreto reca in allegato la tabella di ripartizione tra le Regioni dell'anticipazione del Fondo per il 2020.
Per il 2020 il D.L. n. 34/2020 ha disposto (art. 200, comma 4) l'erogazione alle Regioni a statuto ordinario dell'intero ammontare dell'anticipazione del Fondo nazionale TPL, pari all'80% dello stanziamento annuo del Fondo, in un'unica soluzione entro il 30 giugno 2020.
I nuovi criteri di ripartizione del Fondo, previsti al comma 2 dell'art. 27 sono i seguenti:
- il 10% dell'importo del Fondo sarà assegnato alle regioni sulla base dei proventi complessivi da traffico e dell'incremento dei medesimi registrato tra il 2014, preso come anno base, e l'anno di riferimento, con rilevazione effettuata dall'Osservatorio per il trasporto pubblico locale; tale percentuale sarà incrementata, negli anni successivi al primo, di un ulteriore cinque per cento annuo fino a raggiungere il venti per cento dell'importo del predetto Fondo;
- il 10%dell'importo del Fondo sarà assegnato per il primo anno alle regioni in base al criterio dei costi standard. La percentuale è incrementata, negli anni successivi al primo, di un ulteriore cinque per cento annuo fino a raggiungere il venti per cento dell'importo del Fondo;
- la quota residua del Fondo, l'80% ad eccezione di una percentuale dello 0,025 % destinata alla copertura dei costi di funzionamento dell'Osservatorio nazionale sulle politiche del trasporto pubblico locale, sarà ripartita sulla base della Tabella di cui all'articolo 1 del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 11 novembre 2014 (tabella riportata anche nel DPCM 26 maggio 2017); a partire dal 2021 la ripartizione avverrà sulla base dei livelli adeguati di servizio, comunque entro i limiti di spesa complessiva prevista dal Fondo stesso. I criteri per la definizione dei livelli di servizio dovranno essere definiti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in Conferenza Unificata, nonché previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, in coerenza con il raggiungimento di obiettivi di soddisfazione della domanda di mobilità, nonché assicurando l'eliminazione di duplicazioni di servizi sulle stesse direttrici. Spetta poi alle regioni provvedere alla determinazione degli adeguati livelli di servizio entro e non oltre i successivi centoventi giorni e, contestualmente, alla riprogrammazione dei servizi. Si prevede tuttavia che tale decreto continui a trovare applicazione, con le successive rideterminazioni e aggiornamenti, fino al 31 dicembre dell'anno precedente a quello di emanazione del nuovo decreto di definizione dei criteri di assegnazione del Fondo. Sulla base dei criteri stabiliti dal decreto del MIT le regioni dovranno provvedere alla determinazione degli adeguati livelli di servizio entro l'anno 2021 e contestualmente ad una riprogrammazione dei servizi anche modificando il piano di riprogrammazione dei servizi di trasporto pubblico locale e di trasporto ferroviario regionale (termini modificati dal decreto legge n. 124 del 2019).
Il comma 4 dell'art. 27 stabilisce che nelle more dell'emanazione del decreto annuale di riparto previsto dalla riforma, sia concessa alle regioni con decreto ministeriale, entro il 15 gennaio di ciascun anno, un'anticipazione dell'80 per cento delle risorse del Fondo e l'erogazione con cadenza mensile delle quote ripartite. L'anticipazione è effettuata sulla base delle percentuali attribuite a ciascuna regione l'anno precedente. Il decreto-legge n. 124 del 2019 ha precisato che tale modalità di riparto è applicabile a decorrere dal gennaio 2018.
Le percentuali di ripartizione regionali (Tabella allegata al DM trasporti 11 novembre 2014 e al DPCM 26 maggio 2017, che modifica la precedente tabella allegata al DPCM del 2013) sono le seguenti:
Abruzzo: 2,69%
Basilicata: 1,55%
Calabria: 4,28%
Campania: 11,07%
Emilia-Romagna: 7,38%
Lazio: 11,67%
Liguria: 4,08%
Lombardia: 17,36%
Marche: 2,17%
Molise: 0,71%
Piemonte: 9,83%
Puglia: 8,09%
Toscana: 8,83%
Umbria: 2,03%
Veneto: 8,27%

Con le modifiche disposte dalla proposta di legge sembra quindi intendersi che Roma capitale si aggiungerebbe nell'elenco in oggetto partecipando alla ripartizione in via diretta (con conseguente rimodulazione delle risorse in favore della regione Lazio).

L'articolo 5 dispone il trasferimento delle funzioni di pianificazione e di indirizzo di trasporto pubblico su area vasta dalla città metropolitana a Roma capitale. Attualmente tali funzioni sono attribuite alle città metropolitane e consistono in particolare, ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56 (c.d. «legge Delrio»), in funzioni di «pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente». La legge n. 56/2014 ha trasferito tali funzioni dalle province alle città metropolitane dove sono istituite. 

Con la modifica prevista all'articolo 5 della proposta di legge si prevede dunque che, in deroga a quanto stabilito in via generale per tutte le città metropolitane, le funzioni provinciali siano trasferite in via esclusiva a Roma capitale. A tal fine viene integrato il comma 44 dell'articolo 1 della legge 7 aprile 2014, n. 56, con un nuovo comma 44-bis che così dispone "in deroga a quanto previsto dal comma 44, le funzioni provinciali fondamentali di cui al comma 85, lettera b), sono attribuite a Roma capitale".

L'articolo 6 interviene in materia di gestione dei rifiuti integrando l'articolo 7 del D.Lgs. 18 aprile 2012, n. 61. Viene aggiunto, a tal fine, che Roma capitale concorra con il Ministero della transizione ecologica, con la regione Lazio e con gli altri enti preposti, nel rispetto del principio di cooperazione e leale collaborazione istituzionale e delle disposizioni relative al programma nazionale per la gestione dei rifiuti (di cui all'articolo 198-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) allo svolgimento delle seguenti funzioni:

a) pianificazione nonché organizzazione territoriale del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani, anche attraverso la delimitazione degli ambiti territoriali ottimali;

b) individuazione della tipologia di impianti di trattamento dei rifiuti urbani nel proprio territorio in considerazione della tutela igienico-sanitaria, della mobilità, del decoro urbano nonché di ogni altra esigenza connessa al ruolo di Roma capitale.

Il vigente articolo 7 del citato D.Lgs. 61/2012 dispone che fermo restando il potere statale d'indirizzo e coordinamento, sono conferite a Roma capitale le funzioni amministrative riguardanti l'individuazione delle riserve statali non collocate nei parchi nazionali, la cui gestione viene affidata a Roma capitale.
Roma capitale inoltre concorre, con il Ministero per i beni e le attività culturali, la Regione Lazio, e gli altri enti preposti:
a) alla definizione delle politiche di tutela e valorizzazione del paesaggio di Roma capitale, tenuto conto anche degli studi, delle analisi e delle proposte formulati dall'Osservatorio nazionale per la qualità del paesaggio, nonché dagli Osservatori istituiti in ogni regione e presso Roma capitale con le medesime finalità, ai sensi dell'articolo 133 del codice dei beni culturali e del paesaggio;
b) alla definizione di indirizzi e criteri riguardanti le attività di tutela, pianificazione, recupero, riqualificazione e valorizzazione del paesaggio di Roma capitale e di gestione dei relativi interventi, ai sensi dell'articolo 133 del codice dei beni culturali e del paesaggio;
c) alle attività di formazione e di educazione al fine di diffondere ed accrescere la conoscenza del paesaggio di Roma capitale;
d) alle attività di vigilanza sui beni paesaggistici del territorio di Roma capitale tutelati dal codice dei beni culturali e del paesaggio.

Inoltre, nell'ambito della sessione prevista in seno alla Conferenza unificata sulle materie e i compiti di interesse di Roma capitale (ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61 come modificato dall'articolo 2 della proposta di legge - v. supra) si prevede che possano essere raggiunti intese e accordi in materia di gestione dei rifiuti urbani anche in deroga al piano regionale di gestione dei rifiuti. In caso di urgenza, la sessione della Conferenza unificata di cui al presente comma è convocata in via straordinaria.

In base al vigente articolo 4 per assicurare il raccordo istituzionale tra Roma capitale, lo Stato, la Regione Lazio e la città metropolitana di Roma sulle funzioni conferite in attuazione dell'articolo 24, comma 3, della legge delega (v. infra), è prevista un'apposita sessione nell'ambito della Conferenza Unificata presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o da un Ministro da lui delegato, composta dal Sindaco di Roma capitale, dal Presidente della Regione Lazio, dal Presidente della Provincia di Roma e dal Ministro competente per materia.
In tutti i casi in cui la Conferenza Unificata svolge le proprie funzioni relative a materie e compiti di interesse di Roma capitale, alle sedute della stessa partecipa, quale componente, il Sindaco di Roma capitale.
Le funzioni previste dall'articolo 24, comma 3, della legge delega concernono i seguenti aspetti:
a) concorso alla valorizzazione dei beni storici, artistici, ambientali e fluviali, previo accordo con il Ministero per i beni e le attività culturali;
b) sviluppo economico e sociale di Roma capitale con particolare riferimento al settore produttivo e turistico;
c) sviluppo urbano e pianificazione territoriale;
d) edilizia pubblica e privata;
e) organizzazione e funzionamento dei servizi urbani, con particolare riferimento al trasporto pubblico ed alla mobilità;
f) protezione civile, in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei ministri e la regione Lazio;
g) ulteriori funzioni conferite dallo Stato e dalla regione Lazio, ai sensi dell'articolo 118, secondo comma, della Costituzione.

L'articolo 7 detta alcune disposizioni per l'accelerazione dell'attuazione di interventi infrastrutturali di interesse strategico.

Il riferimento è agli interventi di interesse strategico per il ruolo di Roma capitale, finalizzati:

  • al riuso e alla rigenerazione delle aree urbanizzate degradate, marginali o dismesse, mediante interventi di recupero e di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, dei servizi e delle infrastrutture pubbliche, degli spazi da destinare a verde pubblico e a parchi urbani e di forestazione urbana;
  • alla riqualificazione e al potenziamento delle infrastrutture stradali, della mobilità sostenibile e idriche,
  • all'adeguamento delle reti tecnologiche.

A tal fine Roma capitale delibera il programma di interventi di interesse strategico, contenente le attività e gli interventi infrastrutturali, edilizi e urbanistici da realizzare, le relative modalità di attuazione nonché l'indicazione degli ambiti da acquisire tramite espropriazione e i relativi tempi.
 Qualora la realizzazione del programma di interventi richieda l'azione integrata e coordinata tra diversi livelli istituzionali di governo, Roma capitale, nell'ambito della sessione istituita nella Conferenza unificata promuove un'apposita intesa istituzionale con la regione Lazio e con le amministrazioni centrali competenti (ai sensi dell'articolo 9, comma 2, lettere b) e c), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281).

La sessione della Conferenza unificata ivi richiamata, di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61 (v. supra art. 2), è presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o da un Ministro da lui delegato, composta dal Sindaco di Roma capitale, dal Presidente della Regione Lazio, dal Presidente della città metropolitana di Roma e dal Ministro competente per materia.

La determinazione conclusiva del procedimento così assunta sostituisce, in base alla norma prevista dall'art. 8, "a ogni effetto pareri, intese, concerti, nulla osta o altri atti di assenso, comunque denominati, compresi quelli di gestori di beni o di servizi pubblici, di competenza delle amministrazioni coinvolte", nel rispetto della disciplina prevista dal codice dei beni culturali e del paesaggio (di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) e fatta salva la tutela di ambiti o di edifici di valore storico-architettonico, culturale o testimoniale.

La determinazione conclusiva del procedimento così assunta costituisce, altresì, variante degli strumenti urbanistici vigenti e produce gli effetti di cui all'articolo 7 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (dPR 6 giugno 2001, n. 380).  Per quanto non diversamente disposto e in quanto compatibili, si applicano le disposizioni in materia di conferenza di servizi di cui agli articoli 14 ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241.

La conferenza dei servizi è uno strumento di semplificazione attivabile dalle pubbliche amministrazioni quando siano coinvolti vari interessi pubblici in un procedimento amministrativo o in più procedimenti connessi riguardanti i medesimi risultati e attività amministrativa, suscettibile di produrre un'accelerazione dei tempi procedurali. La disciplina dell'istituto è fissata, in via generale, dagli articoli 14 e seguenti della L. n. 241/1990. Tale normativa è stata oggetto di ripetuti interventi correttivi tesi ad assicurare gli effetti di semplificazione e tempestività dell'azione amministrativa ai quali l'istituto è ispirato.
Il decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127 ha interamente riscritto la disciplina gli articoli da 14 a 14-quinquies della L. n. 241/1990.
La nuova disciplina distingue due modelli di conferenza decisoria, caratterizzati da diverse modalità di svolgimento:
- la conferenza semplificata, in modalità "asincrona", rappresenta la modalità ordinaria di conferenza, che si svolge senza riunione, bensì mediante la semplice trasmissione per via telematica, tra le amministrazioni partecipanti, delle comunicazioni, delle istanze con le relative documentazioni, e delle determinazioni, secondo il procedimento delineato dall'art. 14-bis della L. n. 241/1990;
- la conferenza simultanea ed in modalità sincrona (con riunione), secondo il procedimento delineato dall'art. 14-ter della L. n. 241/1990. Tale modalità si svolge nei soli casi indicati dalla legge. In particolare, l'amministrazione procedente può convocare direttamente la conferenza simultanea ove necessario, nei casi di particolare complessità della decisione da assumere, ovvero può procedere su richiesta motivata delle altre amministrazioni o del privato interessato (art. 14-bis, co. 7). Fuori da tali ipotesi, la conferenza si svolge in modalità simultanea qualora, in sede di conferenza semplificata, l'amministrazione procedente ha acquisito atti di assenso o dissenso che indicano condizioni o prescrizioni che richiedono modifiche sostanziali alla decisione finale (art. 14-bis, co. 6).
Altra novità è rappresentata dalla riduzione dei termini procedimentali e delle modalità di svolgimento della conferenza. Innanzitutto, le istanze, la relativa documentazione e le comunicazioni avvengono in modalità telematica.
Per quanto riguarda i termini, in caso di conferenza semplificata, è stabilito un termine perentorio, comunque non superiore a 45 giorni (90 per le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute), entro il quale le amministrazioni coinvolte sono tenute a rendere le proprie determinazioni relative alla decisione oggetto della Conferenza. Inoltre, la mancata comunicazione delle determinazioni da parte delle amministrazioni coinvolte entro il termine perentorio, ovvero la comunicazione di una determinazione priva dei requisiti indicati, equivalgono ad assenso senza condizioni, fatti salvi i casi in cui disposizioni del diritto dell'UE richiedono l'adozione dei provvedimenti espressi.
Nell'ambito delle semplificazioni procedimentali, volte a fronteggiare gli effetti negativi derivanti dall'emergenza sanitaria correlata al Covid-19, il D.L. 76 del 2020 (articolo 13) ha stabilito la possibilità per le amministrazioni di seguire una procedura di conferenza di servizi straordinaria, utilizzabile fino al 31 dicembre 2021. In questo tempo determinato, le pubbliche amministrazioni hanno facoltà, in tutti i casi in cui debba essere indetta una conferenza di servizi decisoria, di procedere mediante una conferenza semplificata in modalità asincrona, che prevede una tempistica più rapida per la conclusione del procedimento.

Ai fini dell'articolo 8, inoltre, le modifiche al programma di interventi strategici non costituiscono variante quando riguardano modifiche strettamente necessarie e non significative della perimetrazione o della localizzazione degli interventi ovvero dei parametri tipologici o dimensionali e quando non comportano incrementi del carico urbanistico.

La proposta di legge interviene inoltre in materia di accesso diretto ai fondi europei da parte di Roma capitale. L'articolo 8 dispone infatti che per garantire in tempi certi l'attuazione degli interventi strategici per la realizzazione dello sviluppo socio-economico di Roma capitale, nonché per facilitare l'attuazione della programmazione nazionale e dell'Unione europea nell'ambito delle politiche di coesione per gli anni 2021-2027, è attribuito a Roma capitale, in ragione della sua speciale autonomia statutaria, amministrativa e finanziaria quale capitale della Repubblica, l'accesso diretto ai fondi strutturali dell'Unione europea, disponibili all'interno del Quadro finanziario pluriennale e degli altri strumenti di programmazione economica vigenti, integrati dalle risorse nazionali trasferite e dalle risorse proprie.

Per l'attuazione di tali interventi, Roma capitale stipula accordi con i soggetti pubblici e privati interessati, nel rispetto di quanto previsto dalla normativa europea e nazionale in materia. Per l'attuazione degli atti di indirizzo e di programmazione relativi all'impiego dei fondi strutturali dell'Unione europea da parte di Roma capitale, l'Ufficio per Roma capitale (istituito, ai sensi dell'art. 3 della proposta, istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri) svolge un'azione di coordinamento e di raccordo con le amministrazioni statali e regionali competenti, nel rispetto di quanto previsto dall'accordo di partenariato e dagli strumenti di programmazione per l'impiego delle risorse dei fondi medesimi.


Al riguardo si ricorda che in base al quadro normativo e procedurale vigente l'Autorità Nazionale di coordinamento in materia – la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Politiche di Coesione, in cooperazione con le amministrazioni centrali (Ministeri, Agenzia per la Coesione Territoriale, Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro) e regionali interessate - sta svolgendo il negoziato con la Commissione Europea per definire l'Accordo di Partenariato (AP) che delineerà il quadro strategico ed operativo d'intervento dei Fondi Strutturali del periodo di programmazione 2021-27 e i relativi strumenti di programmazione (Programmi Operativi nazionali (PON) e/o Regionali (POR)). Le procedure di accesso ai Fondi Strutturali saranno definite dai regolamenti europei della programmazione 2021-27, in corso di adozione, nonché sul piano strategico ed operativo dall'AP e dai PON/POR.


Si valuti pertanto l'opportunità di un chiarimento sulle modalità concrete di applicazione dell'art. 8 per assicurare coerenza con il quadro procedurale in essere, definito anche in attuazione di regolamenti UE. Ciò con particolare riguardo alle modalità di accesso diretto ai fondi strutturali da parte di Roma Capitale, previsto dal comma 1, e alle modalità di coordinamento e raccordo che Roma Capitale è chiamata ad esercitare, in base al comma 3, nei confronti delle amministrazioni statali e regionali competenti.

Infine, la proposta di legge dispone che all'attuazione delle previsioni previste le amministrazioni interessate provvedono nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (articolo 9).


Relazioni allegate o richieste

Tutte le proposte di legge in commento, di iniziativa parlamentare, sono corredate della relazione illustrativa.


Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Ai sensi dell'art. 114 Cost., ultimo comma, "Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento".

La materia "legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane", inoltre, è attribuita alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, così come la materia "ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato" (lettera g).


Collegamento con i lavori parlamentari in corso

E' in corso di esame in sede referente, a partire dall'11 marzo 2021, presso la I Commissione della Camera dei deputati una proposta di legge costituzionale di modifica dell'articolo 114 della Costituzione, in materia di ordinamento e poteri della città di Roma, capitale della Repubblica (C. 1854 cost. ).


Analisi di impatto di genere

La proposta di legge A.C. 2893, con il nuovo comma 101-ter dell'art. 1 della L. 56/2014, prevede che alla città metropolitana di Roma si applichi il sistema elettorale previsto dagli articoli 74 e 75 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ossia la disciplina per l'elezione degli organi provinciali vigente dal 1993 fino alla riforma introdotta con la legge n. 56 del 2014, che è un sistema elettorale proporzionale con premio di maggioranza (c.d. provincellum).
In proposito, si ricorda che il vigente sistema elettorale per le città metropolitane (L. n. 56 del 2014) prevede che i  consigli metropolitani ed i  consigli provinciali sono  organi elettivi di secondo grado; l'elettorato attivo e passivo spetta ai sindaci ed ai consiglieri comunali dei rispetti territori.L'elezione di questi due organi avviene con modalità parzialmente differenti, che comunque prevedono l'espressione di un voto di preferenza e la ponderazione del voto (in base ad un indice rapportato alla popolazione complessiva della fascia demografica di appartenenza del comune).
Al fine di promuovere la rappresentanza di genere, nelle  liste nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento,  con arrotondamento all'unità superiore per i candidati del sesso meno rappresentato, a pena di inammissibilità  (art. 1, commi 27-28 e commi 71-72).
Tale disciplina trova applicazione dal 26 dicembre 2017 per espressa previsione della legge 56 del 2014 (commi 27-28),  ossia decorsi 5 anni dall'entrata in vigore della legge n. 215/2012, sulle rappresentanze di genere negli organi elettivi degli enti locali.  
Per le elezioni degli organi della città metropolitana di Roma (da ultimo svolte il 9 ottobre 2016) non ha dunque  ancora trovato applicazione.
Il sistema elettorale del  presidente della provincia e del  consiglio provinciale nei territori delle Regioni a statuto ordinario di cui agli articoli 74 e 75 del TUEL (vigente prima della legge n. 56/2014) - che la proposta prevede di applicare per la città metropolitana di Roma capitale - è caratterizzato dall' attribuzione proporzionale dei seggi, in ambito provinciale, ed  esito maggioritario in favore del gruppo o dei gruppi di candidati collegati al presidente della provincia eletto, ai quali viene attribuito un  premio di maggioranza. Il collegio uninominale è utilizzato allo scopo di presentare le candidature; i seggi attribuiti ai gruppi, sono assegnati ai candidati sulla base della graduatoria dei voti ottenuti dai singoli candidati dello stesso gruppo espressi in percentuale sul totale dei voti validi del collegio. I partiti e i gruppi politici presentano proprie candidature in almeno un terzo dei collegi uninominali. Non sono previste specifiche disposizioni per promuovere la rappresentanza di genere.