Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Comm. bicam. Antimafia

Comm. bicam. Antimafia

37.
mercoledì 4 giugno 2014

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy, presidente ... 2

Audizione del presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa:
Bindi Rosy, presidente ... 2 4 6 7 8 9 10 12 14 15 16 17 18 19 21 22 23 24
Alpa Guido, presidente del Consiglio nazionale forense ... 2 4 5 8 9 11 14 15 16 18 20 22 23
Bruno Bossio Vincenza (PD) ... 17 18 19
Fava Claudio (SEL) ... 10 11
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 4 6 7 8 9 11 12 13 14 15 16 18 19 21 22 23 24
Mirabelli Franco (PD) ... 12 13 14
Molinari Francesco (M5S) ... 13 14 16
Ricchiuti Lucrezia (PD) ... 19 20

Sulla pubblicità dei lavori:
Bindi Rosy, Presidente ... 2

Audizione del presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa:
Bindi Rosy, Presidente ... 2
Alpa Guido, presidente del Consiglio nazionale forense ... 2
Bindi Rosy, Presidente ... 4
Alpa Guido, presidente del Consiglio nazionale forense ... 4
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 4
Alpa Guido, presidente del Consiglio nazionale forense ... 5
Bindi Rosy, Presidente ... 6
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 6
Bindi Rosy, Presidente ... 7
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 7
Bindi Rosy, Presidente ... 7
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 7
Bindi Rosy, Presidente ... 7
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 7
Bindi Rosy, Presidente ... 7
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 7
Bindi Rosy, Presidente ... 7
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 7
Bindi Rosy, Presidente ... 7
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 7
Bindi Rosy, Presidente ... 8
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 8
Bindi Rosy, Presidente ... 8
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 8
Bindi Rosy, Presidente ... 8
Alpa Guido, presidente del Consiglio nazionale forense ... 8
Bindi Rosy, Presidente ... 8
Alpa Guido, presidente del Consiglio nazionale forense ... 8
Bindi Rosy, Presidente ... 9
Alpa Guido, presidente del Consiglio nazionale forense ... 9
Bindi Rosy, Presidente ... 9
Alpa Guido, presidente del Consiglio nazionale forense ... 9
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 9
Bindi Rosy, Presidente ... 10
Fava Claudio (SEL) ... 10
Alpa Guido, presidente del Consiglio nazionale forense ... 11
Fava Claudio (SEL) ... 11
Alpa Guido, presidente del Consiglio nazionale forense ... 11
Fava Claudio (SEL) ... 11
Alpa Guido, presidente del Consiglio nazionale forense ... 11
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 11
Bindi Rosy, Presidente ... 12
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 12
Bindi Rosy, Presidente ... 12
Mirabelli Franco ... 12
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 13
Mirabelli Franco ... 13
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 13
Mirabelli Franco ... 13
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 13
Molinari Francesco ... 13
Mirabelli Franco ... 13
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 13
Mirabelli Franco ... 14
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 14
Alpa Guido, presidente del Consiglio nazionale forense ... 14
Bindi Rosy, Presidente ... 14
Alpa Guido, presidente del Consiglio nazionale forense ... 14
Bindi Rosy, Presidente ... 14
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 14
Molinari Francesco ... 14
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 14
Mirabelli Franco ... 14
Alpa Guido, presidente del Consiglio nazionale forense ... 15
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 15
Bindi Rosy, Presidente ... 15
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 15
Bindi Rosy, Presidente ... 15
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 15
Bindi Rosy, Presidente ... 15
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 16
Bindi Rosy, Presidente ... 16
Alpa Guido, presidente del Consiglio nazionale forense ... 16
Molinari Francesco ... 16
Bindi Rosy, Presidente ... 17
Bruno Bossio Vincenza (PD) ... 17
Bindi Rosy, Presidente ... 17
Bruno Bossio Vincenza (PD) ... 17
Alpa Guido, presidente del Consiglio nazionale forense ... 18
Bindi Rosy, Presidente ... 18
Alpa Guido, presidente del Consiglio nazionale forense ... 18
Bruno Bossio Vincenza (PD) ... 18
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 18
Bindi Rosy, Presidente ... 18
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 19
Bindi Rosy, Presidente ... 19
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 19
Bruno Bossio Vincenza (PD) ... 19
Bindi Rosy, Presidente ... 19
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 19
Ricchiuti Lucrezia ... 19
Alpa Guido, presidente del Consiglio nazionale forense ... 20
Ricchiuti Lucrezia ... 20
Alpa Guido, presidente del Consiglio nazionale forense ... 20
Bindi Rosy, Presidente ... 21
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 21
Bindi Rosy, Presidente ... 21
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 21
Bindi Rosy, Presidente ... 21
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 21
Bindi Rosy, Presidente ... 21
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 21
Bindi Rosy, Presidente ... 21
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 21
Bindi Rosy, Presidente ... 21
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 21
Bindi Rosy, Presidente ... 22
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 22
Bindi Rosy, Presidente ... 22
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 22
Bindi Rosy, Presidente ... 22
Alpa Guido, presidente del Consiglio nazionale forense ... 22
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 22
Bindi Rosy, Presidente ... 22
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 22
Bindi Rosy, Presidente ... 22
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 22
Bindi Rosy, Presidente ... 22
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 22
Bindi Rosy, Presidente ... 22
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 23
Bindi Rosy, Presidente ... 23
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 23
Alpa Guido, presidente del Consiglio nazionale forense ... 23
Bindi Rosy, Presidente ... 24
Mascherin Andrea, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense ... 24
Bindi Rosy, Presidente ... 24

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE ROSY BINDI

  La seduta comincia alle 14.15.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno prevede l'audizione del presidente del Consiglio nazionale forense, l'avvocato Guido Alpa, accompagnato dal consigliere segretario, avvocato Andrea Mascherin.
  L'audizione ha a oggetto il ruolo svolto dall'avvocatura italiana nella lotta alla criminalità organizzata, il rapporto tra esercizio delle prerogative di difesa e potere d'indagine dell'autorità giudiziaria, i rapporti tra il Consiglio nazionale forense e i consigli dell'ordine degli avvocati circondariali, lo stato di attuazione della disciplina antiriciclaggio con riferimento agli obblighi gravanti sugli avvocati.
  Al riguardo, ricordo che, in vista dello svolgimento dell'audizione, ho richiesto a nome della Commissione di ricevere l'elenco delle decisioni del Consiglio nazionale forense sui reclami proposti avverso i provvedimenti disciplinari adottati dai consigli dell'ordine nonché gli elenchi di tutti gli avvocati destinatari di provvedimenti giudiziari o disciplinari con l'indicazione dei relativi motivi dal 1o gennaio 2008 a oggi.
  Ricordo inoltre che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta.
  Cedo ora la parola all'avvocato Alpa, che ringrazio per la sua presenza, invitandolo a riferire sui temi dell'audizione e a illustrare la documentazione trasmessa nella giornata di ieri.

  GUIDO ALPA, presidente del Consiglio nazionale forense. Vi ringraziamo per aver fissato quest'audizione e consentito al Consiglio nazionale forense di esporre le problematiche che sono state sottoposte alla sua attenzione e l'attività che ha svolto e sta svolgendo in questi anni.
  Innanzitutto, il Consiglio ha predisposto un fascicolo nel quale ha inserito i documenti più rilevanti, che commenterò brevemente. Ha, inoltre, ottemperato alla richiesta della presidenza nel raccogliere tutta la documentazione, le massime con le fattispecie specifiche dei procedimenti disciplinari celebrati dinanzi al Consiglio nazionale forense dal 1o gennaio 2008 a oggi.
  Nell'ambito di questa massa di massime, di solito dai 300 ai 350 o 400, a seconda degli anni, procedimenti disciplinari, alcuni casi riguardano la compromissione di avvocati in tematiche che riguardano l'attività mafiosa. Devo sottolineare che il Consiglio nazionale forense in quanto «giudice di secondo grado», e cioè di appello rispetto ai provvedimenti sanzionatori degli ordini territoriali, svolge una funzione giudicante qualificata come tale sia dalla nuova disciplina, legge 31 dicembre 2012, n. 247, di cui le do una versione predisposta dal nostro Consiglio, sia dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte suprema di cassazione.
  Nell'ambito di questa funzione giudicante, evidentemente, viene a conoscenza soltanto delle impugnazioni relative ai provvedimenti degli ordini locali. Il Consiglio nazionale forense non ha per legge poteri ordinatori nei confronti degli ordini locali, dai quali quindi non è in grado di acquisire direttamente i provvedimenti che sono stati archiviati nel caso in cui sia stato avviato un procedimento disciplinare e poi per ragioni le più diverse il procedimento sia stato concluso. Possiamo riferire alla Commissione, quindi, la documentazione e i fatti che conosciamo, ma non abbiamo poteri istruttori né ordinativi né di indagine in questo senso.
  Anzitutto, tra gli scopi fondamentali del Consiglio nazionale forense, è la diffusione delle conoscenze e delle regole che riguardano la professione forense, incluse ovviamente tutte le problematiche relative alla legittimità, e quindi all'osservanza delle regole che impongono la disciplina di antiriciclaggio e così via; dal punto di vista deontologico, la redazione del codice ontologico, approvato in una nuova redazione proprio alcune settimane fa e ora in attesa di essere pubblicato per prendere vigore nella Gazzetta Ufficiale – appena sarà pubblicato, faremo avere copia alla presidenza; un'attività di formazione e di aggiornamento professionale continuo, organizzando ogni anno un congresso nazionale nel quale sono illustrate non soltanto le tematiche che riguardano l'attività forense, ma anche gli obblighi a cui debbono attenersi gli avvocati nel rispetto della legge, e quindi nell'assolvimento di questa funzione delegata che risulta dalla disciplina dell'antiriciclaggio.
  Devo precisare anche che la legge che riguarda l'antiriciclaggio, con riguardo alla nostra professione di avvocato, fa una distinzione tenendo conto della precipua attività difensiva, e cioè che l'avvocato, nello svolgimento di questa, non è tenuto a comunicare all'autorità giudiziaria la sussistenza o meno di fatti che riguardano l'antiriciclaggio. L'attività difensiva è non soltanto ben nota all'autorità giudiziaria, ma è anche un'attività istituzionale che implica la tutela del diritto fondamentale alla difesa. D'altro canto, questa protezione determinata dallo svolgimento dell'attività tipica, cioè del diritto di difesa, si estende, secondo la legge, anche all'attività di consulenza sui diritti, e quindi sui diritti di difesa.
  Dal punto di vista, invece, delle occasioni in cui l'avvocato può venire a conoscenza di fatti che possono includere attività mafiosa, di antiriciclaggio o altro, voglio precisare che gli iscritti sono 230.000, la maggior parte delle attività svolte dall'avvocato è difensiva e questa, secondo i dati che risultano dalla relazione del primo presidente della Cassazione ogni anno all'inaugurazione dell'anno giudiziario, è prevalentemente dedicata o, comunque, concerne argomenti che esulano dall'attività mafiosa, cioè risarcimenti per la circolazione stradale, liti condominiali, problemi di separazioni e divorzi, quindi attinenti al diritto di famiglia. Questi sono i tre settori a cui si dedica l'avvocato medio.
  Evidentemente, nell'ambito della consulenza può esserci il caso di avvocati che siano coinvolti in operazioni che richiedono una conoscenza anche di carattere legale, ma i casi che abbiamo portato e ci constano riguardano l'attività giudiziaria di secondo grado, mentre non conosciamo l'esistenza di casi locali che siano stati archiviati o nei quali la sanzione comminata è stata accettata dall'avvocato sanzionato e che, quindi, non ha fatto ricorso al Consiglio nazionale.
  Nella documentazione che abbiamo allegato, abbiamo indicato anche un manuale in corso di stampa intitolato «Bozze di linee guida dell'avvocatura per un'adeguata verifica della clientela in materia di antiriciclaggio», l'esito di un gruppo di lavoro istituito nel novembre scorso. Inoltre, abbiamo firmato un protocollo d'intesa con il Ministero dell'interno e con l'ordine dei dottori commercialisti per la
tutela dei professionisti, in particolare avvocati e dottori commercialisti, che siano stati oggetto di aggressioni da parte di entità mafiose.
  Resto a disposizione per domande o precisazioni di approfondimento.

  PRESIDENTE. Sicuramente, i commissari avranno domande da rivolgerle. Comincio io.
  La ringraziamo, naturalmente, del materiale che ci ha fornito. Ho capito che si tratta di decisioni che avete assunto in secondo grado. Tra i compiti affidati dalla normativa al Consiglio nazionale forense, vi è anche un'attività di coordinamento e di indirizzo nei confronti dei consigli dell'ordine circondariali nonché la proposta al Ministro della giustizia di scioglierli quando sussistono condizioni previste dall'articolo 33.
  Con la nostra lettera avevamo richiesto documentazioni circa le decisioni assunte dai consigli circondariali, quindi quelli di primo grado, nei confronti di avvocati che fossero risultati indagati o, addirittura, condannati per favoreggiamento, partecipazione esterna ad associazioni mafiose o, addirittura, diretta partecipazione, concorso esterno o altro.
  Il fatto che non ci avete fornito il materiale relativo alle decisioni assunte in primo grado significa che non ne disponete ? Mi domando come possa il Consiglio nazionale forense esercitare una funzione di coordinamento e di controllo fino a quella prevista, addirittura, di intervento da parte del Ministero, se non possiede materiale così importante. Questa è la prima domanda. Vorrei anche sapere se in passato è stato richiesto presso il Ministero lo scioglimento di alcuni consigli circondariali e i motivi per i quali questi si sono verificati, come anche se ci sono in questo caso collusioni con poteri mafiosi.

  GUIDO ALPA, presidente del Consiglio nazionale forense. Quest'attività di coordinamento e di indirizzo è una nuova competenza che è stata attribuita dalla legge al Consiglio nazionale forense e che prima non aveva. Siccome non implica anche un controllo sugli ordini, ma semplicemente la comunicazione al Ministero di fatti che fossero conosciuti, possiamo chiedere agli ordini e abbiamo, in effetti, inviato una lettera agli ordini per acquisire informazioni, ma gli ordini richiedono un po’ di tempo prima di rispondere. Si tratta, però, in ogni caso, semplicemente una richiesta di informazioni.
  Per quanto riguarda la proposta di commissariamento effettuata dal Ministero della giustizia, ci sono state nel passato proposte di questo tipo e attualmente è in corso una vicenda che riguarda l'ordine di Roma, non connessa però con fenomeni mafiosi, ma semplicemente con irregolarità amministrative relative all'assunzione di personale e alla costituzione, presso il presidente dell'ordine, di una società che si occupa di comunicazione.
  Questo, però, è l'esito di un'ispezione del Consiglio nazionale forense, ma su ordine del Ministero della giustizia. Il Consiglio nazionale forense non può svolgere autonomamente, motu proprio, ispezioni presso gli ordini, a meno che non vi siano fatti gravi di cui si viene a conoscenza presso gli ordini, quindi non presso singoli avvocati.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Forse è bene chiarire anche la questione della pregiudiziale penale nei disciplinari riguardanti gli avvocati. Il sistema è attuale. Con la nuova normativa, ci sono delle modifiche importanti. Il sistema attuale prevede comunque la pregiudiziale penale: il procedimento disciplinare deve essere sospeso fino a sentenza definitiva. Parliamo, quindi, normalmente di terzo grado.
  Evidentemente, per ipotesi così gravi, cioè di associazione di stampo mafioso, di condanne collegate a questo tipo di reato, necessariamente vi è sempre alla base una sentenza definitiva, perché è impossibile diversamente. La panoramica, quindi, è «semplice». Necessariamente, un ordine che esercitava con l'attuale normativa il disciplinare interveniva in presenza di procedimento penale, doveva sospenderlo, doveva ricevere la notizia dalla procura della Repubblica, non obbligatoria – non sempre le procure trasmettono – ma magari veniva fuori dalla stampa, e dunque si tratta di sospendere e poi attendere.
  A sentenza definitiva non vi era e non vi è spazio per alcuna valutazione. Nella pregiudiziale, infatti, il fatto era accertato e le sentenze di condanna disciplinari sono di estrema gravità nei casi in cui un avvocato è stato coinvolto e condannato con sentenza definitiva.
  Per il resto, presidente, i consigli dell'ordine non sono eletti a base popolare, non sono comuni. L'assemblea degli avvocati – Napoli ne ha 12.000 – esprime i propri consiglieri dell'ordine. Sotto questo punto di vista, normalmente la scelta è qualitativamente attendibile da parte degli iscritti né vi è la possibilità che in un'assemblea di avvocati possa esserci un'influenza di organizzazioni criminali, per cui si elegge un consiglio di ordine di soggetti connessi con la mafia. Il discorso dello scioglimento di un ordine, quindi, per motivi di infiltrazione criminale, facendo il parallelo con i comuni, è estremamente improbabile.
  Il ruolo degli ordini è sempre stato, in realtà, di tutela della legalità ed è sotto questo punto di vista assolutamente attendibile, nel senso che nella storia hanno dato ottima prova di sé. È chiaro poi che in ogni realtà c’è la mela marcia, ma il sistema degli ordini è di filtro.
  Sotto questo punto di vista la nuova normativa è importante, con riferimento alla modifica del sistema disciplinare n. 247 del 2012 che, come lei sa, toglie il disciplinare al consiglio dell'ordine. Come avvocati, abbiamo chiesto proprio che fosse reciso il rapporto eletti/elettori, per cui non saranno più gli eletti a giudicare i loro elettori, ma questi consigli di disciplina distrettuali, per cui il consigliere distrettuale di Udine – sono di Udine – non giudicherà mai un iscritto a Udine. È stato reciso dal 2015, questo è il nuovo sistema disciplinare.
  Vi sono ancora alcuni passaggi importanti. È stato inserito l'obbligo della procura di segnalare ai consigli di disciplina. Esiste anche il problema, che a me sta molto a cuore, delle società di capitali, probabilmente ne è al corrente. La normativa Monti ha introdotto le società di capitali per tutte le attività di professionisti, prevedendo la possibilità di un capitale esterno nella misura massima del 30 per cento e per esterno si intende qualsiasi soggetto che non sia professionista.
  La legge n. 34 del 2012, il nuovo ordinamento professionale, esclude il capitale esterno per gli avvocati poiché, trattandosi di diritto della difesa, di attività particolarmente delicata, si esclude la presenza di un capitale esterno. Segnalo che in Inghilterra, dove le società di capitali esistono, si è posto il problema dell'infiltrazione di capitali criminali nelle società di capitali di professionisti.
  Vorremmo anche sensibilizzare la politica e questa Commissione sull'importanza che l'avvocatura sia mantenuta separata dal capitale puro, dal capitalista puro. Capirete, infatti, che proprio nelle zone a maggiore infiltrazione mafiosa il 30 per cento di capitale in mano a un'organizzazione criminale controlla l'attività di uno studio professionale. Vuol dire mettere una struttura dedita alla difesa e alla tutela dei diritti dell'imputato in mano alla mafia. La realizzazione di questa legge, proprio con i nuovi disciplinari, con le società di capitali senza capitale esterno, va anche incontro a queste esigenze di assoluta trasparenza.

  GUIDO ALPA, presidente del Consiglio nazionale forense. Questa è un'osservazione dell'avvocato Mascherin sull'organizzazione degli studi professionali e dell'attività professionale. Vi sono anche rischi, che abbiamo segnalato al legislatore, connessi con la mediazione obbligatoria. Tra i settori in cui è obbligatoria la mediazione, che non sono stati modificati con la recente normativa successiva alle sentenze della Corte costituzionale in materia, ve ne sono (l'usucapione e i rapporti di debito-credito) che potrebbero esporsi al rischio di infiltrazione e utilizzazione da parte mafiosa. È sufficiente, infatti, che le parti si presentino dinanzi al mediatore riconoscendo l'utilizzazione, il possesso continuato per il numero di anni relativo alla fattispecie, per poter effettuare il riconoscimento della titolarità della proprietà in capo a un soggetto o un riconoscimento di un debito che magari non è mai esistito, ma che consente il passaggio di denaro.
  Con la nuova disciplina le parti sono obbligate a dotarsi di un avvocato, che da questo punto di vista confidiamo eserciti questo potere di controllo della legittimità dell'atto. Precedentemente, queste attività si potevano effettuare liberamente dalle parti dinanzi al mediatore, e quindi era più facile ottenere questi risultati.

  PRESIDENTE. Procedo con alcune domande, partendo da un presupposto. Il lavoro della Commissione ci ha reso consapevoli che, accanto a un percorso e a strumenti chiaramente illeciti con i quali le mafie si procurano i loro proventi, esiste una penetrazione nell'economia legale con strumenti spesso molto complicati e molto difficili da dichiarare come tali illegittimi.
  Naturalmente, questo secondo percorso è possibile grazie a collaborazioni di quella cosiddetta zona grigia che investe in qualche maniera un po’ tutti, nel senso che c’è collaborazione da parte dei professionisti, da parte delle banche e così via. Quando si legge che secondo i criteri dell'UIF (Unità di informazione finanziaria) su 37 mila segnalazioni pervenute nel 2010, soltanto 9 sono state inoltrate da avvocati, un interrogativo nasce sul fatto di quanto si collabori, di quante professioni e parti della nostra società siano disposte a collaborare per combattere davvero la mafia.
  Inoltre, francamente, al di là degli obblighi di legge, il sistema degli ordini nasce per un esercizio corretto delle professioni a tutela del professionista all'inizio, di fronte a un possibile strapotere dello Stato, ed è un principio di società liberale. Personalmente, ritengo che il percorso storico sia stato assolutamente importante per la crescita della democrazia, fino a diventare nello Stato democratico anche uno strumento perché l'esercizio della professione sia svolto correttamente a tutela del cittadino. Questi due aspetti si sono incontrati. È evidente che, per svolgere bene queste due funzioni, l'attività preventiva è molto importante. Mi aspetto da un ordine, al di là di quello che scrive e che dice la legge, un rigore direi quasi più forte di quello della magistratura o, quantomeno, previo.
  Non ci avete fornito alcuni dati, ma alcuni ce li siamo procurati. C’è un elenco non da una mela marcia, ma quantomeno da parecchie mele sospettate come tali. Non leggiamo i nomi perché siamo in seduta pubblica, benché potremmo farlo essendo tutti atti pubblici, ma non è nella nostra intenzione infierire sulle singole persone. La domanda è: in questi casi, gli ordini aspettano una condanna definitiva ? Che senso ha associarsi per una funzione così alta e non garantire un cittadino anche durante un procedimento giudiziario ?
  Se, come da noi rilevato, Antonio Galati, Alessandro Bitonti, Raffaele Bevilacqua, Claudia Conidi, Gregorio Cacciola, Vittorio Pisani, Cattafi, Salvo, Noscito, Minasi, Cardone – vogliamo andare avanti ? – quando l'ordine li cancella, vanno a iscriversi a un altro ordine e tornano a esercitare la professione presso il tribunale della stessa provincia; quando tra queste persone ci sono coloro che visitano i propri difesi in 41-bis e si fanno portatori di messaggi all'esterno; quando sono consiglieri degli affari non proprio trasparenti che compiono con il denaro procurato con il traffico della droga dei propri clienti: l'ordine non sente il dovere, per proteggere l'onorabilità della professione e tutelare i cittadini nei confronti di un intervento mafioso, di sospenderli dalla loro attività anche senza condanna definitiva ?

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Capisco quello che dice, presidente, ed è tanto vero che con la nuova legge professionale abbiamo chiesto di essere sganciati dalla pregiudiziale penale, che non è neppure prevista dalla legge, ma è stata imposta dalla Cassazione.
  Secondo la Cassazione, finché c’è il procedimento penale, non si può fare il disciplinare, per evitare il conflitto di decisioni. È ovvio che, infatti, se l'ordine elimina dall'albo – lei sa, presidente, quanto dura il processo penale, i tre gradi – un soggetto per 6, 7, 8, 9 anni, ma che poi viene assolto, lo ha rovinato.

  PRESIDENTE. Lei pensi a cosa succede che per 6, 7, 8 anni un avvocato continua a esercitare la propria professione e poi viene condannato.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Siccome siamo avvocati e riteniamo che la presunzione di non colpevolezza vada rispettata, le segnalo anche che i nomi che ha elencato probabilmente hanno subìto una condanna penale. Tutti questi soggetti, infatti, certamente hanno subìto anche sanzione disciplinare, una volta subita la condanna penale.

  PRESIDENTE. Questi di cui parliamo hanno continuato a esercitare regolarmente la propria professione.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Se hanno subìto condanna penale definitiva, mi pare strano. Se, però, ci fornisce i dati, verificheremo anche questo e, eventualmente, interverremo sugli ordini.

  PRESIDENTE. Neanche sulla possibilità di uno scambio di iscrizione da un ordine a un altro siete in grado, come norme deontologiche all'ordine, di intervenire perché questo non avvenga ?

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. La nostra deontologia non può andare contro la legge dello Stato. Il nostro sistema deontologico è normato con legge. La normativa riguardante l'iscrizione all'albo dei cosiddetti abogados, gli avvocati spagnoli, ad esempio, è un caso classico di truffa, di elusione della legge. Soggetti italiani che non passano l'esame in Italia, vanno in Spagna e vengono a iscriversi: abbiamo provato a non iscriverli e ci ha dato torto la Cassazione e ci darà torto la Corte di giustizia. Non possiamo andare oltre la legge.
  I fenomeni cui fa riferimento, presidente, sono sempre – non lo dico perché sono avvocato – minimali rispetto al numero degli avvocati e alla storia dei consigli dell'ordine che esistono da cento anni. Nell'elenco che ha citato non ci sono neanche 25 convocati per i Mondiali. Di fronte a numeri straordinari...

  PRESIDENTE. Le faccio presente che questi nomi sono stati frutto di una nostra ricerca durata 5 minuti presso un'unica sede. Avevamo chiesto a voi i dati. Adesso li acquisiremo autonomamente e ve li forniremo per verificare la percentuale.
  È vero che in Italia abbiamo tanti calciatori, ma abbiamo molti più avvocati. Oltretutto, è una selezione diversa. Qui non si tratta di partecipare ai mondiali della collaborazione con la mafia. Mi scusi, avvocato, francamente l'esempio è davvero umiliante, per usare un termine...

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. 250 mila avvocati...

  PRESIDENTE. No, è davvero umiliante che lei paragoni i convocati per i campionati mondiali di calcio a coloro che sono sottoposti a procedimenti giudiziari per collusione con la mafia.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Ha ragione lei, ma io parlo di numeri.

  PRESIDENTE. Mi scusi tanto. L'esempio è davvero fuori posto. Siamo in una sede istituzionale. Questa è una Commissione d'inchiesta e voi siete un organo dello Stato.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Sono 25 nomi.

  PRESIDENTE. Le ho specificato che ce li siamo procurati presso una sede in 5 minuti e siamo abbastanza meravigliati che non ce li abbiate forniti. Scusatemi, ma dovreste averli.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Presidente, con tutto il rispetto, siamo meravigliati.

  PRESIDENTE. Mi consenta di finire, avvocato, e poi le darò la parola. Forse, se stacca il dito dal pulsante, siamo più sicuri che prende la parola quando gliela cedo, perché è abbastanza antipatico anche questo battibecco. Siamo in una sede istituzionale e la pregherei di avere il rispetto necessario.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Quello è massimo, presidente.

  PRESIDENTE. È una questione seria. Siamo di fronte a quello che viene indicato come il fenomeno più grave della vita di questo Paese e dell'Europa, che sta condizionando la vita comune, dei cittadini e l'economia di questo Paese ! Ci troviamo di fronte a quello che dovrebbe essere un bastione della legalità e, invece, troviamo una sottovalutazione del fenomeno, una mancanza di informazione, un rifugiarsi entro norme tutt'altro che rigorose rispetto a quello che si dovrebbe fare !
  Francamente, mi domando, per esempio, che indicazioni diate attraverso il codice deontologico ai consigli locali per una prevenzione nei confronti di questo rischio di collaborazione, perché ci sia una piena collaborazione da parte della professione degli avvocati per combattere i pericoli della zona grigia. Le domande sono queste ! Non stiamo qui a rimpallarci le responsabilità. Se in questo Paese siamo arrivati a questo punto, è perché ci sono troppe persone che sanno e che si voltano dall'altra parte quando non collaborano ! Mi dispiace dire che tra questi ci sono sicuramente avvocati, commercialisti, bancari, banchieri e così via. Non è mia la relazione della Banca d'Italia di questi giorni, come non sono mie alcune rivelazioni e le sentenze dei tribunali. Sono ciò di cui disponiamo.
  Quando, di fronte ai problemi nati in una zona come quella di Palmi, c’è una presa di posizione da parte della camera penale sull'uso delle intercettazioni, cosa fa il Consiglio nazionale forense davanti a un documento come questo, che mi auguro conosciate ? Non è possibile che lo conosca io e non lo conosciate voi. Siamo carenti di molte informazioni, che chiediamo a voi. Se non le avete, significa che non c’è una vigilanza adeguata.
  Il problema, allora, non è se ci sia una singola mela marcia o ce ne siano altre, ma quale sia la collaborazione di un bastione della legalità, quale dovrebbe essere l'avvocatura di questo Paese, soprattutto se è un esercito di 230 mila persone, più dei medici pubblici. Mi intendo io di queste cifre. Siccome siamo tra coloro che ritengono che il diritto alla difesa sia sacrosanto, vorremmo essere sicuri che tra il diritto alla difesa e il rischio di collaborazione e collusione con poteri mafiosi ci sia un'interposizione molto forte di uno degli strumenti più importanti, ossia gli ordini e il Consiglio nazionale forense.
  Non minimizziamo il problema. Sa che era facile rispondermi «Mi ha citato solo 25 casi» ? Mi domando perché non conosciate tutti gli altri, però, e perché non abbiate sentito il dovere di fornirvi di questi strumenti.

  GUIDO ALPA, presidente del Consiglio nazionale forense. Posso rispondere, se ritiene ?

  PRESIDENTE. Prego.

  GUIDO ALPA, presidente del Consiglio nazionale forense. Innanzitutto, ha citato un documento delle camere penali, che sono una libera associazione, mentre il Consiglio nazionale forense si occupa esclusivamente di sistema ordinistico. Capisco che possa immaginare che questa sia una risposta di carattere formale, ma non è nostra competenza.

  PRESIDENTE. Avvocato, neanch'io c'entro niente con i 35 arrestati oggi a Venezia, come non c'entro niente coi 30 arrestati a Milano, ma so come parlamentare di questa Repubblica che tutte le istituzioni da quei 35, da quei 70, da quei 100 vengono continuamente delegittimate. Indubbiamente, il Consiglio nazionale forense non c'entra niente con le singole camere penali, ma con la vigilanza complessiva sul sistema ordinistico e con l'ordine di Palmi avranno a che fare, o no ? Che tipo di collaborazione, di prevenzione si sta dando questo Paese intorno a questo problema ? Alcuni sono sempre sul banco degli imputati e altri hanno una legge che li protegge. Non credo che la legge degli ordini impedisca a un ordine di andare oltre la legge in quest'opera di prevenzione.

  GUIDO ALPA, presidente del Consiglio nazionale forense. Mi scusi, ma mi sembra che le sua affermazioni questa volta siano umilianti per me e per la categoria che rappresento. Le ho spiegato e ho ricordato le funzioni del Consiglio nazionale forense. Se la legge vuole affidare al Consiglio nazionale forense, in sostituzione delle funzioni pubbliche affidate alle forze di polizia e alla magistratura, ulteriori funzioni di carattere pubblico, di controllo, di vigilanza, di ispezione o altro, ben venga.
  Non ci rifiutiamo di collaborare, ma non possiamo fare ciò che la legge non ci consente. Non ci consente, per esempio, di radiare un avvocato finché il reato di cui è stato incolpato non sia stato accertato in via definitiva.

  PRESIDENTE. Neanche di sospenderlo in via preventiva ?

  GUIDO ALPA, presidente del Consiglio nazionale forense. Sì, questo si fa.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Capisco cosa dice la presidente Bindi. Noi facciamo un lavoro continuo di promozione del codice deontologico, corsi, aggiornamenti e simili, come Consiglio nazionale forense. Spingiamo, ovviamente, gli ordini ad applicare il codice deontologico, che poi trova dei limiti, tant’è che abbiamo chiesto e ottenuto che la nuova legge elimini la pregiudiziale penale. Dal 2015, i consigli di disciplina potranno, presidente, sanzionare prima della sentenza penale di condanna, proprio perché anche noi sentiamo queste esigenze. Abbiamo chiesto questo.
  Naturalmente, se la Cassazione assolverà, in questa legge è stata prevista dal Parlamento, non da noi, una rivisitazione della sentenza. Siamo consapevoli del problema, che danneggia tutta l'avvocatura, oltre che tutti i cittadini. Non lo sottovalutiamo assolutamente e facciamo il possibile, a fronte di un elevato numero di iscritti.
  Deve capire che sono 250 mila avvocati e altrettanti praticanti. È una platea enorme. Per questo, ho usato quel paragone, sicuramente infelice. Mi rendo conto che anche un solo caso è grave, ma forse il nostro controllo è sufficientemente efficace, ma non per eliminare o escludere in radice che, soprattutto in certe zone del territorio, il «fattaccio» accada. Questo è evidente.
  Quanto ai professionisti e all'elusione della legge, anche lì la situazione è difficile. Serve un esposto, una denuncia, qualcosa che arrivi sul tavolo, di gente che fa il consigliere dell'ordine – sia ben chiaro – senza nulla ricevere. Non ci sono gettoni, infatti, come consigliere forense e come consigliere dell'ordine. È volontariato puro, persone che fanno l'avvocato tutto il giorno e si dedicano alla professione e alla tutela dell'immagine del cittadino e della professione, rimettendoci anche in tempo, sottraendolo alla professione.
  È volontariato, non ci si guadagna, si fa il possibile. Qualsiasi collaborazione, evidentemente, è assolutamente scontata, valorizzeremo qualsiasi dato possiate riferirci e viceversa. Sentiamo, però, dalle sue parole, sicuramente anche un passaggio di pregiudizio nei confronti di migliaia di avvocati che svolgono bene il loro lavoro, di consiglieri dell'ordine che si dedicano al loro lavoro. Qualche avvocato è anche caduto, come sa, sotto i colpi della mafia, tanti. Gli avvocati che lavorano in quei territori, come i magistrati, vivono situazioni molto difficili. Sono bravi, in tanti casi, a resistere alle pressioni e alle minacce alla famiglia. Non sono situazioni poi così semplici. Riteniamo che il professionista avvocato, nei grandi numeri, presidente, finora abbia dato una prova buona di sé.
  Certo, auspichiamo di riuscire a trovare un modo per eliminare non dall'avvocatura, ma evidentemente dal Paese, il sistema criminale. Tutti i suggerimenti, le critiche, anche la dialettica, anche se siamo in una sede istituzionale importante, in quanto ci sia rispetto, che da parte nostra c’è, possono contribuire. Accogliamo, quindi, le critiche e le valorizziamo. Posso suggerire di evitare i pregiudizi nei confronti della professione di avvocato, come nei confronti dei politici, dei commercialisti o dei banchieri. Tutti abbiamo qualcosa da ridire sui politici, sui banchieri, sugli avvocati, sui commercialisti.

  PRESIDENTE. Non c’è assolutamente nessun pregiudizio, ma una critica al funzionamento del sistema sì. Naturalmente, formuleremo alcune proposte, ma a nostro avviso all'interno del codice deontologico dovranno essere inserite alcune norme che oggi non ci sono, proprio a tutela, a garanzia della quasi totalità degli avvocati che esercitano bene la loro professione, soprattutto di coloro che mettono anche a rischio la propria vita, non solo, ma che è da difendere proprio nei confronti di comportamenti impropri che torno a ripetere è improprio paragonare alla percentuale tra i calciatori italiani e quelli convocati per i Mondiali. Questo è il punto. Francamente, anche la sottovalutazione del modo con cui si è avviata l'interlocuzione tra di noi non ha lasciato ben sperare. Devo dirlo.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  CLAUDIO FAVA. Credo che l'area grigia in questo Paese attraversi e accolga molte professioni, la nostra, la vostra, altre anche apparentemente più immuni da questi contagi e che difficilmente sarà aggredita soltanto con i corsi di formazione. Credo che un politico, un avvocato o un imprenditore che collude, lo faccia non perché sia stato insufficientemente formato, ma perché ha scelto, per ragioni di interesse o di paura, di colludere.
  Mi chiedo cosa vi impedisca, anche in termini di autotutela della professione e, come diceva la presidente, di tutela nei confronti della stragrande maggioranza di avvocati che questa professione svolgono bene, molti rischiando anche la pelle, di costruire un codice deontologico che vada oltre le previsioni della legge, partendo da esperienze concrete, simili, che in altre categorie ci sono state.
  Cito per tutte la Confindustria. In Sicilia, in una terra in cui degli imprenditori collusi lo erano in scienza e coscienza, quindi anche con un inquinamento più profondo, espansivo e diffuso, la scelta è stata quella che avevano bisogno di costruire norme di autotutela, di rigore deontologico, che andavano ben oltre ciò che la legge impone. Un imprenditore che paga il pizzo e che, virtualmente, potrebbe rappresentare in qualsiasi altra parte del mondo una vittima, in Sicilia è considerato, culturalmente e anche dal punto di vista della deontologia professionale, un complice e come tale è trattato, sospendendolo dall'esercizio delle sue funzioni all'interno dell'associazione con le conseguenze materiali che tutto questo comporta, anche in termini di accesso a gare d'appalto pubbliche e così via.
  Mi rendo conto che a questa scelta Confindustria Sicilia arriva dopo alcuni traumi pesanti che hanno investito i vertici, come nel vostro caso per fortuna non è. I casi citati dal presidente, altri e quelli non citati sono tutto sommato periferici, marginali. Cosa impedisce, però, lo sforzo di superare un vincolo molto presente, nella vostra come in altre professioni, che è il vincolo corporativo, la tutela della corporazione, che vuol dire anzitutto costruire un codice che serva a tutelare i comportamenti, non a pretendere comportamenti al di sotto di una soglia di esposizione ? Cosa vi impedisce di utilizzare l'esperienza che è stata fatta, anche in alcune zone d'Italia ?
  L'esempio del presidente è di uffici giudiziari, tribunali dove il livello di contatto, di sovrapposizione, la soglia di tollerabilità è spesso molto fragile per il vostro mestiere e per altri. Penso anche ai giornalisti, costretti spesso a trovarsi in una situazione di grande ambiguità. Credo che in questi casi occorra intervenire non appellandosi alla norma della legge, prevista in una condizione di normalità. Ci sono in questo Paese condizioni, contesti geografici, civili, culturali non normali, dove la pervasività e la capacità egemonica di vocazione criminale sono forti, assodate. Cosa vi impedisce, per esempio, di fare quello che ha fatto Confindustria Sicilia ?

  GUIDO ALPA, presidente del Consiglio nazionale forense. Ce lo impedisce la legge.

  CLAUDIO FAVA. Presidente, l'ho capito. Anche a Confindustria Sicilia lo impediva la legge. Loro hanno deciso in assoluta autonomia di darsi una soglia deontologia più alta di quella prevista dalla legge ! Cosa ve lo impedisce ?

  GUIDO ALPA, presidente del Consiglio nazionale forense. Possiamo discutere pacificamente e serenamente ? Siamo qua per collaborare, ma ci sembra che le premesse, soprattutto del suo discorso sulla corporazione e sul corporativismo a tutela della corporazione, non solo non siano condivise dal Consiglio nazionale forense, ma non siano neanche condivise dall'attività che in tutti questi anni è stata fatta.
  Se è possibile, sgombriamo i discorsi dai pregiudizi. Non si può assumere che il codice deontologico vada in contrasto con la legge. È chiaro che le norme del codice deontologico possono essere più articolate rispetto al precetto normativo, ma il codice deontologico non può porsi in contrasto con la legge. Se la legge stabilisce che una sanzione deontologica possa essere comminata solo dopo l'accertamento del reato definitivo, non vedo cosa potrebbe fare il Consiglio nazionale forense se non, in sede di appello, confermare un provvedimento che fosse stato assunto da un ordine territoriale che sarà poi annullato dalla Corte di Cassazione perché contra legem.

  CLAUDIO FAVA. Ho un'obiezione, presidente, e anche un suggerimento. In questi casi, non può essere nell'interesse e anche nell'opportunità del Consiglio nazionale forense proporre un intervento normativo ? Abbiamo interlocuzioni con molti che non sono soggetti politici istituzionali e da loro ci arrivano molte proposte di intervento normativo per migliorare, per aiutare la qualità della vigilanza.

  GUIDO ALPA, presidente del Consiglio nazionale forense. Se ha seguìto la vicenda dell'approvazione della legge professionale, con le migliaia di emendamenti proposti – ha avuto due letture, alla Camera e al Senato – avrà potuto riscontrare che il Consiglio nazionale forense non soltanto aveva chiesto maggiori poteri di intervento e di direzione degli ordini, ma anche la possibilità di riformare in peius le sanzioni comminate dagli ordini locali.
  Purtroppo, queste nostre aspettative sono andate deluse. C’è stato un intervento, abbiamo fatto richiesta in questo senso. La proposta che avevamo presentato al Ministro Alfano era ben più rigorosa di quella che il Parlamento ha approvato. Abbiamo proposto il numero chiuso nelle facoltà di giurisprudenza, di rendere più difficile, attraverso un filtro adeguato, l'esame di abilitazione, di migliorare il tirocinio. Tutte queste proposte sono andate deluse.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Abbiamo ottenuto sì il potere ispettivo, che non avevamo: dal 2015, se abbiamo anche segnalazioni e dati, potremo fare ispezione, come finora non potevamo. Potremo vedere – il presidente dice di andare a Palmi – abbiamo questi dati. Dal 2015 potremo fare questo genere di ispezioni.
  Inoltre, presidente, se mi permette, bisogna che la politica si decida. L'attività del professionista o è, come dice la presidente e allarga il cuore sentire, baluardo della tutela dei diritti e della legalità, e allora non può essere attività d'impresa, paragonata a qualsiasi attività commerciale – non possiamo essere mercanti di diritti...

  PRESIDENTE. Sono d'accordo.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Per l'Europa, siamo mercanti di diritti. Ebbene, queste sono le conseguenze.

  PRESIDENTE. Avvocato, ha ragione. Su questo punto ha perfettamente ragione, come aveva ragione il presidente prima. So bene quanto il Parlamento sia sensibile alle pressioni corporative – questa volta posso usare, presidente, il termine «corporazione» – quindi so bene che in questo Paese si possono fermare le fabbriche, ma non alcune professioni. So bene come stanno le cose. Questa è una responsabilità tutta nostra. So anche che sono una mosca bianca nel difendere la funzione degli ordini, perché la teoria principale è forse quella della loro abolizione. Sarà per il mio pregresso con le professioni sanitarie, ma assegno ancora questa funzione di baluardo, appunto, ma deve essere tale.
  Sono coerente con la mia impostazione, nel senso che credo, come diceva il vicepresidente Fava, che non è la legge a impedire, secondo me, un codice deontologico più rigoroso. Auspico che un partito chieda ai propri iscritti di essere più rigorosi della legge. Un ordine dovrebbe pretendere più della legge dai propri iscritti, perché credo che questa sia una tutela per tutti.

  FRANCO MIRABELLI. Credo sia giusto dire che non abbiamo chiesto quest'audizione perché ci sia un pregiudizio o una volontà di criminalizzare chicchessia. Ci siamo semplicemente imbattuti spesso in questi sei mesi di lavoro in inchieste e in vicende giudiziarie che hanno coinvolto tanti professionisti. Soprattutto al nord, ma non solo, abbiamo trovato un protagonismo di molti professionisti, quella zona grigia di cui si parla spesso, che ci ha preoccupato, per cui ci poniamo il tema di come intervenire anche su questo per prevenire e contrastare il fenomeno mafioso. Credo, quindi, che queste audizioni servano e mi pare che già sia servita, da questo punto di vista, per chiarirci e per capire cosa fare.
  Ho due questioni da porre, una già posta dal presidente, che però ripropongo perché penso che sia un tema serio, per capire anche se dobbiamo modificare le leggi. È compito di questa Commissione anche quello di proporre modifiche normative.
  Secondo gli ordini, non si può intervenire, oggi, in assenza di una sentenza passata in giudicato. Credo che al riguardo debba esserci un ripensamento. Così come nella giurisprudenza su altre vicende, i reati di associazione mafiosa in questo Paese sono penalizzati con confisca persino in assenza di un processo. Credo debba esserci, rispetto ai reati di associazione mafiosa, la volontà di affrontare l'argomento in maniera seria. Non ho capito se si possa già farlo o se dobbiamo modificare la legge, ma è doveroso farlo.
  Il presidente ha posto anche l'altro tema: è paradossale che ci siamo imbattuti diverse volte – bisogna capire perché succeda e non credo che sia un problema legislativo – in casi in cui avvocati sospesi o, addirittura, radiati da un ordine, hanno potuto iscriversi nell'ordine di un'altra provincia. Qui credo che la questione attenga direttamente alla vostra responsabilità o degli ordini, ma credo che sia un tema da affrontare sul quale vorrei una risposta puntuale.
  Ci siamo imbattuti, inoltre, più volte negli ultimi mesi e anche nelle inchieste più recenti, quelle di Infrastrutture lombarde e di Expo, in professionisti che hanno assunto o che, comunque, hanno avuto incarichi pubblici e che l'hanno fatto nell'interesse di altri. Allo stesso modo, in molti comuni sciolti per mafia abbiamo trovato spesso avvocati o altri professionisti coinvolti e parte integrante di quel sistema.
  Siccome in tema di prevenzione credo che dobbiamo pure ragionare, sarebbe utile un confronto. Non abbiamo la risposta, ma sarebbe utile un confronto su cosa fare per evitare che succeda quello che è successo.
  Con le imprese negli appalti c’è l'istituto della certificazioni antimafia, della white list, che comunque attesta preventivamente l'affidabilità di un soggetto. Non è una garanzia al 100 per cento. Secondo voi, è possibile organizzare un sistema dello stesso tipo in collaborazione, ovviamente, con l'ordine professionale e con gli ordini professionali per i professionisti ?

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. La pregiudiziale penale, come le dicevo, dal 2015 cade, nel senso che la nuova legge, la n. 247 del 2012, la elimina. I consigli di disciplina, quindi, non saranno più gli ordini, in quanto è diventato un soggetto terzo a giudicare. Potranno, oltre a sospendere cautelarmente, anche giudicare immediatamente, pure in assenza di una sentenza penale definitiva, salvo poi rivedere in caso di esito assolutorio in penale.
  Sul discorso della prevenzione, premesso che un grande problema dell'avvocatura sono i numeri, 240.000 avvocati, in zone come Reggio Calabria c’è un avvocato ogni due abitanti, compresi i neonati e i centenari. I numeri, soprattutto nel sud, sono spaventosi. Questo rende, evidentemente, la professione come una concorrenza, una rincorsa al ribasso. Quando si ha fame – uso un termine popolare – è più facile che succedano cose anche sicuramente al di fuori della liceità.
  Il nostro sistema prevede, in realtà, di non iscrivere all'albo, ad esempio, chi abbia precedenti penali. Non va neanche iscritto se ha precedenti penali. Non prevede la possibilità di iscrivere uno che è stato radiato. Prevede la riabilitazione. Dopo 5 anni dalla radiazione, si può chiedere di essere riscritto.

  FRANCO MIRABELLI. Qualunque sia il reato per cui è stato radiato ? Questo è un problema.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Io sono un «talebano», quindi sarei propenso a darle ragione.

  FRANCO MIRABELLI. Che tutto sia considerato uguale è un problema.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Se, però, è vero, come è vero, che il nostro sistema disciplinare sempre più deve adeguarsi al giusto processo, per giurisprudenza, non per scelta, è anche vero che la riabilitazione non può essere esclusa neppure nel settore disciplinare. Esiste nel sistema civile, dunque non può essere esclusa dal sistema disciplinare.
  Personalmente, non iscriverei un avvocato colluso con la mafia.

  FRANCESCO MOLINARI. [fuori microfono] Dipende dalla sanzione accessoria.

  FRANCO MIRABELLI. Qui a noi interessa capire se per i reati di associazione mafiosa sia possibile avere comportamenti diversi. Non riabilitiamo un condannato in via definitiva per associazione mafiosa.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Si può avere un concorso esterno alla mafia anche di portata limitata. Si può aver favorito, ad esempio, l'immigrazione clandestina in cinque casi nel corso di una vita e si viene condannati per concorso esterno in una organizzazione mafiosa, magari albanese. Il personaggio è condannato per questo, ma il fatto in sé può essere oggetto di riabilitazione. Perché no ?
  Colui che concorre a far evadere il mafioso o a far portare dentro armi non deve essere più iscritto nell'albo....

  FRANCO MIRABELLI. Oggi, però, è possibile ?

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. È possibile come lo è per qualsiasi cittadino ottenere una riabilitazione, dopodiché una norma di questo genere non troverebbe il muro delle istituzioni forensi, ma casomai quello della Corte costituzionale.
  Per noi, però, tutto ciò che è rigore, è investimento nella professione. Quanto all'aiuto che dovete fornirci, ad esempio, ci sono le società di capitali. Il Governo ha fatto cadere la delega legislativa: perché non viene esercitata questa delega che impedisce la presenza ? Ve lo chiediamo oggi formalmente. Questo è un grosso aiuto.

  GUIDO ALPA, presidente del Consiglio nazionale forense. Come l'equiparazione della professione intellettuale a quella di impresa, questa è una linea che anche la Commissione europea, anche di recente, ha sostenuto. Evidentemente, più si allargano le maglie, più l'avvocato, anziché svolgere la sua attività di difesa e di consulenza, fa l'imprenditore, più numerose sono le occasioni di coinvolgimento.

  PRESIDENTE. Andrebbe preteso quantomeno l'obbligo di segnalare e di iscriversi come avvocato a svolgere anche questa funzione.

  GUIDO ALPA, presidente del Consiglio nazionale forense. Non c’è dubbio.

  PRESIDENTE. Sulla black list ?

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Come le dicevo, c’è già il filtro. L'ordine non può iscrivere il soggetto che non abbia tenuto un comportamento, anche prima dell'iscrizione all'albo, virtuoso, nel senso che non solo non deve essere incappato in condanne, ma neanche in comportamenti che non necessariamente integrino reato, comportamenti che vanno contro il decoro della professione. Il codice deontologico degli avvocati è più rigoroso, per molti aspetti, della legge.

  FRANCESCO MOLINARI. Finalmente l'avete detto.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Ci si arriva, in genere, alla fine dell'arringa.
  Deve essere anche ben chiaro un aspetto. Se pensate che ci sia qualche istituzione dell'avvocatura, volontariato puro, che intende difendere, tutelare, coprire questi criminali, questi delinquenti, vi sbagliate assolutamente alla grande. Da questo dobbiamo sgombrare il campo. Non è così neppure indirettamente. Che poi si parli di corporazione o di casta con 230.000 iscritti più i praticanti è un'assurdità. Non ho mai visto una casta con 500.000 iscritti.

  FRANCO MIRABELLI. Le cito un esempio, perché non era questa la domanda. Volevo un'opinione su una cosa che dobbiamo o che dovremmo fare noi. Poniamo il caso del comune sciolto per mafia e dell'inchiesta da cui emerge la figura dell'avvocato che in un anno guadagna 500 mila euro perché tutta la gestione degli appalti è passata a lui. Può anche darsi che non abbia commesso nessun reato, anche se è coinvolto in una vicenda di quel tipo: come si può impedire che quest'avvocato abbia ancora a che fare con soldi pubblici ? Questo è il punto.
  Sareste d'accordo, pensate che si possa fare una cosa analoga a quella che si fa per gli appalti, per le aziende ? Può una persona su cui c’è il sospetto, fondato come in questo caso, essere esclusa dalla possibilità di partecipare ad appalti pubblici o ad avere ruolo di dipendenza dal pubblico ? Questo è il punto.
  Agli avvocati che sono stati coinvolti nell'inchiesta di Infrastrutture lombarde, ad esempio, e che hanno avuto gli incarichi sulla base di appalti truccati, probabilmente per costruire appalti che facilitassero qualcuno, come si può impedire che in futuro possano ancora accedere a soldi pubblici o a vicende pubbliche ? Questo era il senso della domanda.

  GUIDO ALPA, presidente del Consiglio nazionale forense. La legge lo prevede già. Per affidare un incarico da parte di un ente pubblico a un avvocato, innanzitutto l'avvocato deve partecipare a una gara. Ormai non è possibile l'affidamento diretto se non in casi di carattere eccezionale e d'urgenza. In secondo luogo, deve dichiarare di non aver subìto condanne penali. In terzo luogo, deve dimostrare di avere la competenza. Il filtro c’è e la legge lo stabilisce. Non sarebbe un nuovo provvedimento per quanto riguarda gli enti pubblici.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. È il Parlamento che delegifica le professioni, come secondo il presidente, mosca bianca, quindi posso dirlo. Capite che un Parlamento che delegifica le professioni, come è avvenuto nel 2012, e che legifica le professioni come quella di astrologo o di naturopata, apre la strada a una dequalificazione della professione, a una concorrenza al ribasso drammatica.
  Va tutto bene, ma se c’è il rispetto del sistema ordinistico moderno a tutela del pubblico, come politica dovete – noi, ovviamente, siamo più che a disposizione – intervenire per una qualificazione delle professioni. La qualità non può essere garantita da 250.000 avvocati. Non c’è niente da fare. Non possono. Se si propone di eliminare l'esame di avvocato, di far entrare spagnoli e rumeni, va bene arrivare a 400.000, possiamo anche fare la black list, ma il problema si aggraverà.
  Noi siamo avvocati e moriamo avvocati, si figuri il dolore che ci provoca leggere di colleghi coinvolti in atti illeciti, ma la politica può fare una grande cosa: prendere in mano il sistema, in particolare dell'avvocatura, e dire di cosa c’è bisogno. È vero che dobbiamo ridurre i numeri, che è ora di finirla di dire che tutti possono fare gli avvocati, che dire che un accesso rigoroso non vuol dire essere contro i giovani. Parliamo di accesso rigoroso perché il magistrato e il notaio devono fare fatica ad acquisire il titolo, mentre per gli avvocati è una passeggiata in confronto: perché deve essere un parcheggio per giovani che a trent'anni sono senza lavoro e disperati ?
  Tutto questo è compito della politica, con tutto il nostro appoggio e tutte le nostre spinte, ma va eliminata una forma di populismo e di demagogia. L'avvocatura deve essere una professione seria, difficile, impegnativa, qualificata. A quel punto, anche il rischio si ridurrà, la prevenzione sarà nella qualificazione e nella qualità della professione.
  Per il resto, presidente, basterebbe già che i procuratori della Repubblica – questo è previsto nei nostri disciplinari – venissero in udienza disciplina, ma non lo fanno. Sono tanti gli aspetti.

  PRESIDENTE. Le segnalazioni, però, arrivano.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Potrebbero partecipare alle udienze disciplinari, anche di fronte ai consigli distrettuali.

  PRESIDENTE. Lo faremo presente.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Chiaramente, vengono perché siamo giudice speciale.

  PRESIDENTE. Sulle professioni, sulla professione forense e sui numeri chiusi, sarei tentata di dire tante cose. Per esempio, serve una selezione in entrata, ma anche regole in uscita. Con il rispetto per tutti, in questo Paese l'aumento dell'età pensionabile crea drammi dappertutto. Se si impone una regola a un professore universitario, succede un pasticcio.
  Siamo un Paese strano. Una società con maggiore mobilità sarebbe forse la risposta a tanti problemi. Chi pensa alle società lo fa con quest'ottica. Non so se sia lo strumento giusto. Penso che il rinnovamento dell'ordinistica e della collaborazione aiuterebbe, ma ripeto che esula dal nostro lavoro.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Ci sono tante professioni legali, presidente, i giudici onorari, il giudice di pace: la politica potrebbe individuare un binario, per cui si esce dall'università e si prende il binario del giudice onorario, che non è il giudice togato, che non fa il concorso di magistrato, che ha uno stipendio dignitoso, che quindi garantisce una qualità.
  Ci sono delle professioni legali alternative all'avvocatura. È su questo che dobbiamo lavorare con la politica, progetti che abbiamo tante volte provato a presentare. È facile affermare che i vecchi non vogliono la concorrenza dei giovani, come succede nella politica. È così.

  PRESIDENTE. Ci sono anche sulle regole sul praticantato. I problemi sono annosi.

  GUIDO ALPA, presidente del Consiglio nazionale forense. Posso assicurarle che siamo in costante colloquio col Ministero della giustizia. Entro il 30 giugno dovrebbero essere approvate le regole sul praticantato, sia quelle prima dell'università, sia quelle successive.

  FRANCESCO MOLINARI. Naturalmente, lascio perdere alcuni interventi, dovuti a una serie di questioni. Quel che è certo è che dobbiamo capire se l'avvocato sia parte del gioco della giustizia, se sia l'altra faccia della medaglia della magistratura o meno. Secondo me, un vulnus fondamentale è proprio quello di aver perso il ragionamento di tanto tempo fa sulla costituzionalizzazione del ruolo dell'avvocato, se il ruolo dell'avvocato sia veramente diverso da tutte le altre professioni. Qui, invece, si sta andando verso la mercificazione di quest'attività. In questo modo, si incentiva di tutto.
  Credo che in questo la politica sia forse l'ultima che può venire a dare lezioni all'avvocatura da questo punto di vista. È lì che, secondo me, se la politica vuole dare veramente un senso e riportare a completamento il ragionamento sul giusto processo o sul processo accusatorio. Come si è voluto che fosse nel campo penalistico, bisogna andare alle estreme conseguenze. È lì che nascono molti conflitti tra pubblici ministeri e avvocati, che non si trovano naturalmente sullo stesso piano, mentre un processo di carattere accusatorio ha quello come presupposto.
  Come sempre, in Italia si fanno le riforme, si lasciano a metà strada ed è così ormai da cinquant'anni. Si è perso un quadro generale degli interventi, ma dobbiamo essere i più feroci critici di noi stessi. È quello il grosso problema.
  Certamente, il nostro codice deontologico, che da questo punto di vista – voglio dirlo a chi, probabilmente, non ha avuto tempo di leggerselo – in questo è molto rigido. È in questo che siamo stati mancanti. Non si fa la selezione perché è in corso la legge per sfoltire il numero sulla questione del guadagno e di quanto si guadagni, perché la professione molte volte la si fa anche senza pensare alla fattura e a fatturare. Molti nostri colleghi seguono questa professione proprio come missione, specialmente nel campo del lavoro o del gratuito patrocinio, in cui si affidano anche all'onore, senza pensare al portafoglio. Anche in questo stiamo mancando.
  Se, però, riusciamo a far applicare in maniera precisa quel codice deontologico, come spero che accada con questa riforma del consiglio di disciplina – giudico molto utile che usciamo e facciamo entrare altri soggetti all'interno – secondo me, ci sarà uno sfoltimento automatico anche da questo che è un versante etico. La nostra professione è soprattutto etica rispetto alla legge.
  In questo, certamente, non posso che rimarcare la mancanza di una parola. Capisco che ogni consiglio dell'ordine sia come un'isola, ma credo che a Palmi si dovesse intervenire in qualche modo, specialmente in zone al confine tra lo Stato democratico, e quindi rispettoso della legge, e un altro tipo di associazione.
  Il consiglio nazionale dell'ordine avrebbe dovuto riprendere quel tipo di comunicato. È stata un'offesa ai liberi avvocati, perché lì è questo che è stato fatto. Per questo, per non subire critiche anche superficiali, dobbiamo essere i maggiori critici di noi stessi e, soprattutto, riprendere quel discorso della costituzionalizzazione della nostra professione. È quello che farà il discrimine, che ci porterà sullo stesso piano del magistrato e allontanerà gli avvocati se soltanto si coglie la puzza di qualche irregolarità.
  Adesso non possiamo farlo perché dobbiamo essere rispettosi della legge, al di là del fatto che si possa far sospendere dalla professione nel caso di una denuncia. Abbiamo bisogno sempre, infatti, di una denuncia. Secondo me, è l'unico modo per far fare questo passaggio ulteriore e puntare decisamente rispetto a questa riforma. Se non compiamo questo passo, rischiamo di diventare una merce nel mondo complessivo della gestione dei servizi. Ritengo che l'avvocato abbia, invece, una funzione fondamentale come contrasto a certi poteri, a qualsiasi tipo di potere. Nel momento in cui muore l'avvocatura, sapete meglio di me che muore la libertà in ogni nazione, mentre dobbiamo tutelarla.

  PRESIDENTE. Sono d'accordo anche sul giusto processo, parità delle parti nel processo.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Resterò un po’ fuori da alcune questioni. Penso che per sconfiggere la zona grigia – compito della magistratura, del Parlamento e anche di questa Commissione – non dobbiamo mai mettere in discussione la Costituzione. Credo che il tema della vigilanza che stiamo sollevando, giustamente anche di fronte alle questioni che richiamava adesso il collega Molinari, non possa però confliggere con la presunzione di innocenza che si deve garantire a tutti i cittadini, compresi gli avvocati. Per me, questo è un elemento fondante che riguarda proprio il mio essere cittadino.
  Questo, però, rende ancora più complicato l'elemento della vigilanza, cioè riuscire a evitare con la vigilanza che si arrivi a un punto in cui può esserci addirittura un elemento che confligge tra il provvedimento disciplinare e lo stesso risultato legato sempre, giustamente secondo la nostra Costituzione, alla presunzione d'innocenza fino al terzo grado di giudizio con sentenza passata in giudicato. Su questo, capisco gli argomenti, ma a maggior ragione troviamo una forma di collaborazione. Insieme possiamo fare il lavoro visto che, comunque, l'intendimento è analogo.
  Mi spiace sia uscito il vicepresidente. Capisco anche la differenza tra l'aderire a un'associazione quale può essere Confindustria o a un partito quale può essere il PD, che quindi si dà un codice deontologico, e il discorso di chi è iscritto a un ordine in quanto ha superato un esame di abilitazione.

  PRESIDENTE. Questa è l'unica condizione per svolgere una professione.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Esatto. Ha ragione, ma per questo non può essere paragonato all'eliminazione dall'iscrizione di Confindustria o di un partito, libere associazioni. In quel caso, si è vinto un concorso.
  A questo proposito, sono firmataria di una proposta di legge per la modifica dell'articolo 21 della legge n. 247, relativamente alla questione, citata anche da voi, della cancellazione dell'ordine – mi sembra assurdo il discorso per cui non si può cancellare dall'ordine, giustamente, uno che non è stato ancora condannato in via definitiva – dei giovani o di quelli che non sono in grado di pagare, sostanzialmente, la cassa forense.
  Questo è un bel problema. Stranamente, oggi mi ritrovo d'accordo con Molinari: non è possibile che sia giustamente incostituzionale radiare questi e sia, invece, costituzionale radiare o cancellare dall'ordine chi non ha fatto in un certo periodo di tempo un certo fatturato. Propongo una modifica. Non si può scremare l'eccessiva presenza in questo modo. Oltretutto, sull'eccessiva presenza è tutto da discutere. Qualcuno richiama il paragone con la Francia, ma se paragoniamo alla Germania, non c’è grande differenza di numeri. Forse il vero problema è come rendere anche ora più selettivo l'esame di abilitazione, ma non si può togliere un giovane perché non ha pagato la cassa forense.
  Infine, come pensate di vigilare sugli organismi di mediazione, soprattutto nei territori ad alta criminalità ? In questo caso, possono essere formati anche da avvocati e lì l'elemento dell'infiltrazione può essere molto alto.

  GUIDO ALPA, presidente del Consiglio nazionale forense. Vorrei rispondere subito. Comincio dall'ultima domanda. Per quanto riguarda gli organismi di mediazione, nel nuovo codice deontologico si prevede che l'avvocato non possa ospitarne nel proprio studio. Svolge la sua attività di avvocato presso l'organismo, ma non può ospitarlo nel proprio studio.

  PRESIDENTE. Il senatore Molinari dice che lo fa nella stanza accanto.

  GUIDO ALPA, presidente del Consiglio nazionale forense. Più di tanto non possiamo fare. Potevamo proporre un raggio. Nella propria sede e nel proprio ufficio, nella propria unità, non è possibile.
  Quanto alla motivazione dell'articolo 21, per la verità approvato in modo diverso rispetto a quello che avevamo proposto, è triplice. Innanzitutto, la cassa forense aveva segnalato, tra i 230 mila, molti iscritti che non svolgevano continuativamente attività professionale, 60 mila, che dichiaravano un reddito inferiore a 9 mila euro e svolgevano, però, contemporaneamente altre attività. C’è chi faceva il tassista, il barista o altro, non si sa se per integrare le attività di avvocato o se perché lo svolgimento di attività di avvocato non consentiva loro di raggiungere reddito sufficiente. Questo è un problema.
  Il secondo problema è che l'iscrizione obbligatoria alla cassa deliberata con regolamento della cassa è dovuta al fatto che nel contributo della cassa c’è anche quella parte di contributo di solidarietà: chi vuole, alla fine della sua vita professionale, riscuotere la pensione, può farlo anche se non ha, nel contesto di tutta l'attività professionale svolta, versato le somme sufficienti per acquisire la pensione. Il contributo di solidarietà è uno degli aspetti più qualificanti dell'attività professionale forense e delle professioni intellettuali.
  Mi rendo conto che per i giovani sia più difficile ottemperare, ma il regolamento della cassa, a quanto mi risulta, dovrà essere modificato tenendo conto di tutte le necessità ulteriori rispetto a quelle già previste, i giovani iscritti nell'ultimo quinquennio, le gestanti e tutti gli avvocati che hanno avuto problemi di salute, che quindi non hanno potuto mantenere una continuità nello svolgimento della professione forense.
  Non era tanto nell'intenzione nostra, quindi, ma neanche del legislatore, una selezione dal punto di vista reddituale, che sarebbe in contrasto con l'elementare principio di eguaglianza, quanto più che altro l'assicurare che chi svolge attività professionali lo faccia tenendo conto che quest'attività implica l'aggiornamento, lo studio, lo svolgimento e l'acquisizione della competenza, e che quindi dovrebbe essere incompatibile con lo svolgimento di altre attività, anche se utili per integrare reddito. Questo era il senso profondo.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. La domanda era diversa: perché è incostituzionale quella e non quell'altra ?

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Onorevole, dalla norma è espressamente escluso ogni richiamo al reddito ai fini dell'accertamento dell'esercizio continuativo della professione. La ratio della norma è questa: non potrà mai richiamarsi il reddito per poter dire che qualcuno non fa l'avvocato in maniera continuativa. Vi è poi una serie di norme di salvaguardia nei casi di malattia, gravidanza e nei primi anni della professione.

  PRESIDENTE. È beneficenza. Quanti avvocati svolgono questa funzione e non si fanno pagare da persone da cui non possono farsi pagare ?

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Tutto questo è dimostrabile, non c’è automatismo. Il problema, presidente, è un altro: se dobbiamo affermare che chi fa l'avvocato debba farlo in maniera continuativa e abituale o se possiamo prevedere che faccia un po’ l'avvocato e un po’ altre attività.
  Se dobbiamo andare da un neurochirurgo, ad esempio, e subire un intervento delicato al cervello, pretendiamo che sia uno che fa il neurochirurgo tutto l'anno, che si attrezzato, che sia aggiornato.

  PRESIDENTE. Non è ammessa, quindi, la libera professione degli avvocati.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. L'avvocato è il neurochirurgo dell'essere. Noi tuteliamo la libertà, l'onore delle persone. Onorevole, 9 mila euro all'anno, che non sono comunque richiamabili ai fini dell'esercizio continuativo, significano che un avvocato guadagna molto meno di un impiegato. È un avvocato che emetterà cinque o sei fatture all'anno. Decidiamoci. Qui c’è anche quello che non ce la fa e quello lo proverà, ma probabilmente c’è tanta gente che o fa l'avvocato a tempo perso o non fattura.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Se, però, ha superato un concorso e si è abilitato, come può un altro strumento togliergli questa possibilità ? In ogni caso, non è questa la sede per discuterne. Vedremo in Commissione giustizia.

  PRESIDENTE. Eventualmente, sempre parlando dei giovani, può trattarsi di chi ha la passione di fare l'avvocato e vuole farlo, ma nel frattempo non ce la fa, perché serve molto tempo prima che si cominci ad affermarsi, prima che si sfondi il tetto di cristallo. Alcuni insegnano e fanno anche altro.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Con l'insegnamento è compatibile.

  LUCREZIA RICCHIUTI. Vorrei riportare un po’ la discussione sulla domanda rivolta dalla presidente, che però è stata dimenticata. La presidente aveva fatto riferimento al fatto che gli avvocati non segnalino nulla all'Unità di informazione finanziaria presso la Banca d'Italia: 9 segnalazioni in un anno, infatti, sono nulla rispetto al numero degli avvocati.
  È vero che, tolto che l'avvocato nella sua attività difensiva non può segnalare, come non vale per tutti gli avvocati, i 230.000 o quanti sono, non sono tutti impegnati nell'attività difensiva. Esistono avvocati tributaristi, che danno delle consulenze anche finanziarie per esportare soldi all'estero, leciti, ma anche illeciti.
  Quello che manca è proprio il fatto che, venuti a conoscenza di attività non ritenute lecite o legittime, gli avvocati non le segnalano come la legge prevede si dovrebbe. Si è appurato che nessuno fa le segnalazioni, tranne – sembrano tante, ma sono sempre poche – i notai. I notai non hanno un codice etico diverso dagli avvocati o dagli altri professionisti, ma la finanza ha fatto dei controlli presso i notai, che da quel momento hanno cominciato a fare segnalazioni e in modo intelligente hanno fatto in modo che fossero anonime.
  Il problema di segnalare alcune operazioni non lecite è anche quello che un professionista deve esporsi e che non tutti, credo pochissimi, abbiano la voglia di esporsi. Magari ci sono personaggi, come dicevamo, legati alla criminalità organizzata. L'ordine dei notai ha fatto in modo che il notaio segnali all'ordine e quest'ultimo compia tutte le operazioni, segnalazione compresa.
  Noto che i dati, i numeri ci dicono che manca questo codice etico, questa sensibilità nel capire che siamo in una situazione di guerra in Italia, disperata, in cui non solo le mafie stanno colonizzando interi territori, intere regioni, ma sono in Europa, nel mondo. C’è un'evasione fiscale a cifre stratosferiche. Non parliamo della corruzione. Alcune categorie, però, forse non si rendono conto della situazione in cui siamo o, comunque, reputano di continuare come prima, ma credo che non si possa più tollerare un comportamento del genere.
  È intollerabile vedere queste statistiche e che né i commercialisti, né i revisori dei conti, né gli avvocati, nessuno segnala nulla. Alcune operazioni si fanno, al contrario, con l'aiuto di professionisti. Non dico che siano solo gli avvocati, ma professionisti vari. Vorrei capire cosa avete intenzione di fare rispetto a questo, che è secondo me il tema fondamentale.
  Siamo in una situazione veramente difficile, da cui non si esce – si vedono ogni giorno notizie relative a corruzione, stiamo vedendo di tutto e di più – e, se non si decide di cambiare rotta, non dico lei nello specifico, però i dati dicono questo, vuol dire che questa consapevolezza non c’è. Non la riscontriamo nei numeri che vediamo e in tutte le persone che vengono qui in audizione, da tutto quello che sentiamo in questa Commissione.
  Su questo tema non sentite la necessità di un'opera di sensibilizzazione presso gli ordini perché prendano consapevolezza dell'argomento e poi decidere come fare ? Nessuno ha la ricetta, ma è già importante prendere consapevolezza e organizzare corsi di formazione. Si danno per scontate un sacco di cose, ma non è così. Alcuni non conoscono o pensano che il fenomeno sia marginale e, invece, non è così.

  GUIDO ALPA, presidente del Consiglio nazionale forense. I corsi di formazione, come dicevo, sono in atto presso tutti gli ordini, ma anche il Consiglio nazionale forense ogni anno prepara questo congresso di aggiornamento. Ogni avvocato ha l'obbligo di avere la lista dei clienti e nelle lista, in cui deve segnare non soltanto l'identità, ma anche il tipo di attività che gli viene richiesta. Quando si vede l'attività richiesta, si ha l'obbligo di chiedere al cliente la provenienza di beni e di somme di denaro.
  Più di tanto, però, non si può fare. Non si ha la possibilità di condurre indagini sul fatto che il cliente che viene, per esempio, per chiedere un parere in ordine al trasferimento di un immobile, che dichiara che l'immobile è suo e ne porta la documentazione, sia effettivamente un cliente che ha un immobile intestato o altro. L'operazione sospetta...

  LUCREZIA RICCHIUTI. L'avvocato non deve svolgere l'indagine, ma segnalare le operazioni che ritiene sospette.

  GUIDO ALPA, presidente del Consiglio nazionale forense. Certo, conosco benissimo la disciplina. La definizione di operazione sospetta implica che l'avvocato abbia fatto degli accertamenti per poter qualificarla come tale. Più di tanto non può fare. Mi rendo conto che, rispetto a 230 mila iscritti, i numeri siano bassi, ma tornerei sul discorso iniziale.
  Quando l'operazione si pone in contrasto con la disciplina del riciclaggio ? Quando implica il trasferimento di denaro, investimenti e trasferimento di beni. Normalmente, tutte queste attività non riguardano l'attività dell'avvocato. L'avvocato svolge attività prevalentemente difensiva. Poi ci sono i casi richiamati dalla presidente di consulenti. Su questo, evidentemente, cercheremo di fare gli accertamenti nei limiti in cui la legge ci consente di farlo.
  Tuttavia, le segnalazioni di operazioni sospette non riguardano problematiche né relative al diritto di famiglia né alla circolazione di veicoli, danno dei veicoli, a meno che non vi siano casi che la stampa aveva riferito e che sono stati oggetto, come troverete nella documentazione lasciata, di sanzione, e cioè avvocati che avevano partecipato alla commissione di un crimine per l'accertamento di danni che mai si erano verificati. Sono capitati questi casi e sono stati sanzionati.
  L'attività tipica dell'avvocato, però, non riguarda né il trasferimento di beni né il trasferimento di somme di denaro né la consulenza finanziaria. Non voglio opporre la difesa corporativa della professione né giustificare nessuno, ma il numero dei casi è anche dovuto al fatto che il tipo di attività limita le occasioni. Possiamo insistere sulla formazione, richiamare l'attenzione degli ordini su questo fenomeno, chiedere ulteriori acquisizioni di documenti e informazioni presso gli ordini. Se, però, il legislatore vuole attribuire al Consiglio nazionale forense altri compiti, siamo disponibili e pronti ad assumerli.

  PRESIDENTE. Rivolgerò prima una domanda di informazione e, in base alla risposta, avanzerò un'eventuale ipotesi di proposta: quando parte un procedimento penale – fermiamoci ai reati di mafia o, comunque, collegati – durante il procedimento non c’è neanche la sospensione ?

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Dall'avviso di garanzia in poi per reati gravi c’è la sospensione cautelare, che con la nuova normativa non dovrà durare più di un anno, entro il quale bisognerà fare il disciplinare. Si può sospendere cautelarmente.

  PRESIDENTE. Cos’è il disciplinare ?

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Fino al 2015 si svolge di fronte agli ordini, poi di fronte a questi consigli distrettuali. Il consiglio distrettuale apre il procedimento disciplinare, così come si apre un processo penale nella forma: manda il capo di incolpazione e, se appare sulla stampa o si ha notizia e si ha il clamor fori cosiddetto della commissione da parte dell'iscritto di un grave reato, il consiglio di disciplina dal 2015, adesso il consiglio dell'ordine può immediatamente, previa la garanzia dell'audizione, sospendere cautelarmente perché c’è un fumus, fondati motivi, ad esempio chi viene arrestato. In ogni caso, sono indizi che hanno portato alla custodia cautelare. In questo caso, si può intervenire con la sospensione cautelare, che è un po’ come la carcerazione.

  PRESIDENTE. Si può o si deve ?

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Si può. La valutazione della gravità del fatto è, comunque, lasciata alla valutazione. Credo che il «si deve» si scontrerebbe con problemi di costituzionalità della norma, perché non può trattarsi solo del titolo del reato.
  Come nell'esempio che citavo, se si favorisce tre immigrazioni clandestine, probabilmente la sospensione cautelare è eccessiva. Non può essere solo il titolo del reato.

  PRESIDENTE. Lei mi cita un tema di quelli in cui, per far del bene a un disgraziato, può capitare che si avvicini che chi è all'origine della sua disgrazia.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Parlo dell'avvocato in malafede, che con due o tre imprenditori amici combina il contratto fittizio. Non parlo di volontà di aiuto. Parlo di quello in malafede, ma la gravità del fatto, che quindi può essere l'associazione di stampo mafioso, dipende dal fatto che ha favorito tre immigrazioni clandestine. È sempre un'imputazione di associazione di stampo mafioso, ma è un fatto probabilmente la cui portata è diversa. Probabilmente, anche come pena, come sanzione resterà entro certi limiti. Sa quanto sia difficile già anche nel penale la custodia cautelare obbligatoria, complicata.

  PRESIDENTE. Francamente, non è la stessa cosa.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Si può studiare.

  PRESIDENTE. Disponete, ad esempio di dati su come si è comportato l'ordine in casi di avvocati sottoposti a procedimenti giudiziari per reati mafiosi ?

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Vorremmo avere la possibilità – su questo potete darci una mano – di ricevere dall'autorità giudiziaria questi dati. Spesso, i procedimenti in corso riguardanti avvocati non sono proprio conosciuti e conoscibili. Se l'autorità giudiziaria addirittura segnalasse al CNF – serve una previsione – sarebbe una gran cosa, perché costituiremmo una banca dati.

  PRESIDENTE. All'ordine non viene comunicato ?

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Con la nuova normativa è previsto. La procura magari ha anche motivi riservatezza. Se, però, disponessimo di questo tipo di informazioni, che le autorità giudiziarie sono tenute a fornire al CNF oltre che all'ordine, potremmo creare una banca dati di provenienza dell'autorità giudiziaria, e quindi potremmo monitorare. Vediamo che a Palmi ci sono 25 indagati: possiamo chiedere cosa stiano facendo.
  Questo monitoraggio, però, necessariamente deve provenire o, comunque, ci semplificherebbe moltissimo le cose se provenisse dall'autorità giudiziaria.

  PRESIDENTE. Una vostra iniziativa nei confronti delle procure per avere questi dati sarebbe presa come una sorta di ingerenza ?

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Se lo chiediamo a tutte le procure della Repubblica, qualcuna ce li fornisce a qualche altra no.

  PRESIDENTE. Alle DDA.

  GUIDO ALPA, presidente del Consiglio nazionale forense. In un caso recente, che riguarda l'ordine di Roma, abbiamo inviato alla procura la documentazione che avevamo ricevuto e i risultati dell'ispezione: dalla procura non abbiamo mai avuto nessuna risposta, né sappiamo a che punto siano le indagini.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. C’è un problema di interesse.

  PRESIDENTE. Io dico il contrario: chiedere almeno alle distrettuali antimafia tutti i dati relativi ad avvocati che hanno di questi problemi.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Ci proviamo. Ci diamo venti giorni di tempo per ricevere una risposta e vediamo se i dati ci arrivano, sennò chiediamo il vostro intervento. Loro possono opporci comunque...

  PRESIDENTE. Possiamo fare questa richiesta. La facciamo anche noi. Per noi e per voi è importante capire, di conseguenza, come si comporta l'ordine locale.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Certo, per noi sarebbe utilissimo.

  PRESIDENTE. Inoltre, è proprio impensabile, come la legge Severino per i politici, una sorta di legge Severino per i professionisti, l'interdizione dai pubblici uffici per noi, che dico fin troppo blanda, a certo punto con una condanna, un rinvio a giudizio ? Il nostro codice antimafia interno, le norme deontologiche per la presentazione dei politici alle liste, prevede che con il rinvio a giudizio, non dico con un avviso di garanzia, per reati che hanno a che fare con la mafia – chiaramente, introdurremo anche la corruzione – non ci si candidi.
  Non lo iscrivete uno che chiede di essere iscritto all'ordine ed è rinviato a giudizio ?

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. È sempre discrezione dei singoli ordini. Tendenzialmente, la risposta è che non è iscritto.

  PRESIDENTE. Faccio il parallelo con la legge Severino. Se uno non è iscritto, nel momento in cui risulta rinviato a giudizio, come non sarebbe iscritto, è quanto meno sospeso, per quanto ci riguarda, obbligatoriamente. Nel nostro caso, c’è un'elezione. Sono d'accordo e sarei ancora più rigorosa. È vero che c’è un'iscrizione all'ordine nel presupposto dell'esercizio della professione, come ricordava la Bruno Bossio, o altro, ma in questo caso, così come come uno non viene iscritto, in quel momento automaticamente viene sospeso. Non capisco la discrezionalità.
  Non voglio usare la parola, ma ci capiamo sul fatto che in questo caso diventa una tutela del proprio iscritto. Non è una tutela nei confronti della comunità, che invece secondo me dovreste utilizzare. Si possono avanzare proposte di questo genere ? Può la Commissione, dopo che ha fatto le sue richieste, chiedere al Consiglio nazionale forense di attivarsi in questo senso presso gli ordini ?
  Secondo me, dovremmo andare oltre. Il problema della zona grigia non si colpisce con la repressione. La zona grigia si colpisce con la prevenzione, con la non collaborazione, con l'informazione. Capisco perfettamente che si chieda al proprio cliente da dove provenga un bene, che il cliente dichiari che ha un certa provenienza e che non si faccia niente: non sarebbe meglio che segnalasse ? Che fosse tenuto a segnalare, a verificare ?
  Capisco che si entri in conflitto di interesse. Nessuno va da un avvocato che lo denuncia. Capisco perfettamente. Sono come i pazienti che non vanno dai medici di famiglia che non gli fanno le prescrizioni che vorrebbero. D'altra parte, in qualche modo scatta una sorta di complicità.

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Presidente, pone un tema di straordinaria complessità.

  PRESIDENTE. Come combattiamo questa zona ?

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Dobbiamo trovare il modo. Attenzione, la professione di avvocato si basa sulla riservatezza, evidentemente, e sul segreto professionale, sulla fiducia come il prete, è come dire al prete in confessione. Siamo confessori, ma questo è il ruolo. È un ruolo che, però, non interessa a noi, ma garantisce una pax sociale. Il cittadino sa, anche il peggior delinquente, che ha chi lo difende secondo le regole. Incidere su questo aspetto è estremamente pericoloso. Gli interessi in gioco, contrastare il riciclaggio e mettere in discussione questo ruolo del diritto alla difesa, vanno presi con grandissima attenzione.
  Ciò premesso, è di grande fascino anche come tema da approfondire. Nel rispetto di questo, possiamo sicuramente cercare delle soluzioni più avanzate, ma sempre rispettando in maniera quasi sacrale il segreto professionale e l’intuitus personae, il rapporto fiduciario. Ripeto, però, che tutto passa dal fatto di decidersi una volta per tutte sul fatto che l'avvocatura, come in qualche maniera la 247 ispira, sia l'altra parte della giurisdizione.
  Nel momento in cui la politica riconosce all'avvocatura il ruolo di altra parte della giurisdizione rispetto al magistrato, del garante della giurisdizione, sarà più facile fare entrare anche i concetti un po’ più «pubblicistici» all'interno della professione, che è professione privata. Se, però, si continua, da un lato, considerarci mercanti e, dall'altro, a pretendere attività pubblicistica, le cose sono difficili da metabolizzare. Il discorso delle segnalazioni per l'avvocatura, normative costruite sull'intermediatore di credito sulle banche, andrebbero adattate.
  Bisognerebbe trovare il modo di adattarle.

  GUIDO ALPA, presidente del Consiglio nazionale forense. Presidente, quando il Ministero dell'economia e delle finanze ha chiamato le professioni a cooperare per l'attuazione delle direttive e poi della disciplina antiriciclaggio e del regolamento conseguente, abbiamo cooperato nel senso dell'attuazione piena. L'avvocatura francese, invece, proprio in virtù del segreto professionale, del principio che non si può tradire il cliente, si è rifiutata di applicare la disciplina antiriciclaggio e non la applica.
  Il problema, quindi, esiste, l'abbiamo superato e cerchiamo di cooperare, ma non dimentichiamo che c’è anche l'altro profilo, cioè il diritto di difesa.

  PRESIDENTE. È verissimo. Siamo partiti da questo presupposto, ma la società democratica e l'ordinamento giuridico delle democrazie a costituzione liberale e liberaldemocratica non sopporta e non può tollerare gli ordinamenti interni. Non possono esserci. È un altro principio di affermazione del nostro processo democratico. Progressivamente, son caduti tutti gli ordinamenti interni. Santi Romano insegna. Le regole di un ordine, quindi, non possono essere un ordinamento interno che confligge con l'ordinamento generale, che non collabora con l'ordinamento generale.
  Capisco che è materia delicata. Abbiamo cominciato con le sciabole e finiamo con i fioretti. Deponiamo, anzi, le armi e prendiamo la penna, prendiamo i fiori. Dobbiamo stabilire questo tipo di collaborazione tra di noi. Penso veramente che oggi la raffinatezza con la quale i poteri criminali agiscono chieda a noi altrettanta raffinatezza.
  Mi insegnate che serve più collaborazione. In qualche occasione ho incontrato avvocati con i quali ho dovuto spiegarmi, poi ci siamo capiti, ma prendiamoci un pezzo di responsabilità. Non esiste una legge che si possa invocare a scudo. Questa sì sarebbe una sorta di omissione nella ricerca di una raffinatezza di strumenti che, secondo me, dobbiamo porci come obiettivo, altrimenti non c’è possibilità di affrancare questo Paese e la sua economia, le sue istituzioni, la sua classe dirigente da penetrazione criminale, che sia mafiosa, corruttiva o altro.
  Purtroppo, le notizie di questi giorni sono impressionanti. Dobbiamo trovare le norme per tutelarci. Oggi, un autorevole già sindaco di Venezia ha affermato che tutte le opere sottoposte all'emergenza sono criminogene per natura. Non possiamo accettare il criterio che velocità significhi cedimento alla criminalità e alla corruzione. Dobbiamo tutelarci. È questo il senso della collaborazione.
  Apriremo un comitato di lavoro su questo tema con avvocati, professioni e così via, perché crediamo che su questo si possano insieme costruire delle proposte, possibilmente superando anche quella che giustamente avete chiamato una sorta di schizofrenia da parte del legislatore e che io riconosco.
  Allo stesso modo, per guadagnarsi un ruolo pubblico bisogna anche esercitarlo e cominciare ad esercitarlo...

  ANDREA MASCHERIN, consigliere segretario del Consiglio nazionale forense. Troviamoci a metà strada. Lo riscriviamo al comitato di lavoro, che è anche entusiasmante, ma quello sulle società, presidente, è un segnale fortissimo. Ditelo al Governo.

  PRESIDENTE. Siamo d'accordo. Lo diremo anche al Governo, come diremo anche altro. Vi ringrazio e vi auguro buon lavoro. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.05.