XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta su sicurezza e degrado delle città

Resoconto stenografico



Seduta n. 15 di Martedì 16 maggio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Causin Andrea , Presidente ... 3 

Audizione presidente della Legacoop Abitanti, Rossana Zaccaria:
Causin Andrea , Presidente ... 3 ,
Zaccaria Rossana , presidente di Legacoop ... 3 ,
Galante Marco , vicepresidente di Federabitazione ... 7 ,
Gasparini Daniela Matilde Maria (PD)  ... 9 ,
Causin Andrea , Presidente ... 10

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ANDREA CAUSIN

  La seduta comincia alle 12.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Comunico che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione del sistema audiovisivo a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-TV della Camera dei deputati e, in seguito, sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del presidente della Legacoop Abitanti, Rossana Zaccaria.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della presidente di Legacoop Abitanti, Rossana Zaccaria, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Sono inoltre presenti Maurizio Castelnovo, vicepresidente, Fabio Bastianelli, membro della presidenza, Marco Galante, vicepresidente di Federabitazione, e Antonio Perruzza, direttore di Federabitazione, che ringrazio per la loro presenza.
  Do la parola alla dottoressa Zaccaria, con riserva per me e per i colleghi di rivolgerle, al termine del suo intervento, domande e richieste di chiarimento.

  ROSSANA ZACCARIA, presidente di Legacoop. Siamo noi, come Alleanza delle cooperative settore abitazione, a ringraziarvi per l'opportunità che ci avete offerto. Abbiamo valutato con grandissimo interesse l'istituzione di questa Commissione sul tema delle periferie. Le periferie sono al centro di un importante dibattito politico, ma anche pubblico e civile come tema centrale di rinascita o comunque di ripensamento dei sistemi urbani.
  L'intento dell'odierna audizione è di provare a stabilire un dialogo con questa Commissione rispetto ad alcuni temi che, come cooperazione di abitanti, reputiamo centrali sulla questione delle periferie, per avanzare alcune proposte e per raccontarvi anche alcune attività che le cooperative di abitanti stanno portando avanti.
  Partiamo dalla presa d'atto che nelle periferie, in questi ultimi anni, ci sono delle novità. Il bando periferie ne è un esempio per attivazione di risorse che vedono ormai agire in maniera totalmente innovativa un mix di attori pubblici e privati che stanno cambiando i meccanismi che riguardano il ripensamento delle periferie.
  Proverò nella mia relazione a concentrarmi su sei punti, che sono anche quelli che, come Commissione, ci avete sottoposto. Fornirò un paio di dati per capire meglio cosa sono le cooperative di abitanti oggi. L'idea è quella di offrirvi qualche spunto sul potenziale che si apre con la gestione del patrimonio pubblico da parte di soggetti altri, quali potrebbero essere le cooperative, sulla rigenerazione urbana e sulla riqualificazione energetica dei patrimoni edilizi, nonché alcuni spunti in merito ai PEEP e allo scenario futuro dell’housing sociale.
  Le cooperative di abitanti hanno realizzato quasi un milione di alloggi in Italia e sono tuttora proprietarie di un patrimonio di 40.000 alloggi, la cosiddetta proprietà indivisa.
  A proposito delle periferie, è importante dire che rispetto allo stato di degrado del patrimonio pubblico in molti casi la cooperazione di abitanti ha avuto un'attenzione permanente e costante di manutenzione del proprio patrimonio, che ha datazione Pag. 4 molto diversa secondo i contesti territoriali. Nel patrimonio delle cooperative c'è anche uno stock significativo, che abbiamo quantificato in almeno 6.000 alloggi, che richiede interventi di riqualificazione importante, con una stima di investimento di 130 milioni di euro.
  Vi porgo alcuni elementi che possono dare la misura, su alcuni aspetti che riguardano le periferie, di cosa può offrire come attore e interlocutore la cooperativa di abitanti.
  Rispetto alla rigenerazione delle periferie le cooperative hanno alcuni esempi in cui vengono messi al centro gli abitanti in azioni di riqualificazione. Oltre alle parole e alle intenzioni, può essere utile riferirsi a qualche esempio di successo. Vi illustro un esempio di riqualificazione del patrimonio pubblico che ha visto protagonista una cooperativa di abitanti e che può costituire, a nostro avviso, un'esperienza con elementi di significativa replicabilità. Si tratta di un intervento di edilizia residenziale pubblica a Milano, nel quartiere Stadera; si chiama «Quattro Corti» e riguarda 400 mini alloggi affidati in comodato venticinquennale a due cooperative che hanno effettuato un intervento di ristrutturazione, per poi riaffittare questi alloggi a canone concordato ai propri soci. È stato un percorso lungo, di cui non vi racconto i passaggi. L'esito finale è quello di ritrovarsi un patrimonio degradato completamente riqualificato, che vede in una di queste quattro corti, gestita dalla cooperativa Dar=Casa, un mix di offerta rivolta a diverse tipologie di target di bisogno abitativo, in cui convivono addirittura famiglie di 15 nazionalità, oltre a un terzo di italiani. È interessante dire che, oltre a un intervento di riqualificazione degli alloggi, è stato effettuato anche un intervento molto interessante sugli spazi comuni. È stata attivata una rete di interazione con i soggetti del terzo settore del quartiere, che rende tuttora questo intervento molto vivo e molto valido anche da un punto di vista della coesione e dell'inclusione sociale.
  È interessante fornire alcune raccomandazioni. Noi crediamo che l'azione di attori come la cooperazione di abitanti e altri a supporto in termini di sussidiarietà rispetto al soggetto pubblico sia molto promettente rispetto al tema delle periferie. Per questo motivo la sottoponiamo all'attenzione di questa Commissione. Alcune raccomandazioni, che trovate nel documento che vi abbiamo consegnato, riguardano la durata delle convenzioni e la possibilità di accedere ad altri finanziamenti pubblici o privati per gli interventi di ristrutturazione, così come eventuali fondi di garanzia a fronte di morosità che possono riguardare gli abitanti. Si aggiunge, ovviamente, la sostenibilità sociale, un aspetto importante in interventi di questo genere, che deve prevedere l'attivazione, come dicevo, di percorsi di inclusione e di coesione sociale a sostegno di situazioni individuali di difficoltà.
  La seconda questione che vi vogliamo proporre, su cui la cooperazione di abitanti sta lavorando in questi ultimi mesi in maniera molto rilevante, è quella, che ho appena toccato, della gestione sociale. Come dicevamo, gli interventi nelle periferie e gli interventi di rigenerazione urbana richiedono un aspetto di natura strutturale, che riguarda la manutenzione e la riqualificazione degli edifici. Poi, però, c'è una parte di accompagnamento sociale di questi interventi di assoluta rilevanza.
  Rispetto ai numeri che citavo prima la cooperazione di abitanti rappresentata dall'Alleanza delle cooperative ha una tradizione forte di gestione del patrimonio a proprietà indivisa di 40.000 alloggi, ma, in realtà, la cooperazione di abitanti si sta al momento confrontando anche con interventi di gestione sociale o di patrimonio pubblico, o presso interventi dei cosiddetti fondi di investimento per l'abitare, non rivolti semplicemente ed esclusivamente ai propri soci, ma anche a un mix di offerta abitativa di altra natura. Quando parliamo di gestione sociale, ci riferiamo a una gestione integrata, che vede complessivamente integrare le funzioni di property, facility e community management, il che vuol dire una buona amministrazione condominiale, ma anche, come dicevo, un importante accompagnamento sociale. Crediamo che questo tipo di attività che la cooperazione di abitanti sta professionalizzando Pag. 5 sia a vantaggio della tenuta delle comunità, ma costituisca anche un fattore di sicurezza per i soggetti proprietari dei patrimoni o per i soggetti investitori, nel caso dei fondi immobiliari.
  Proprio qualche giorno fa abbiamo presentato, nell'ambito di una Conferenza qui a Roma, insieme a Cassa depositi e prestiti, a società di gestione del risparmio e ad attori pubblici, un service level agreement cooperativo. Ciò, molto semplicemente, significa standardizzare una metodologia di gestione sociale esportabile e replicabile in altri contesti, oltre a quelli in cui abbiamo già operato.
  Il terzo punto concerne l'importanza della riqualificazione del materiale degli edifici. Sappiamo bene – è un dato molto noto – che l'Italia ha il secondo patrimonio immobiliare più vecchio al mondo e che il 70 per cento degli edifici è stato realizzato prima del 1976. L'ultima legge di bilancio ha stabilito una misura importante: sono stati rinnovati gli incentivi fiscali che sono stati anche rafforzati e inseriti tra le misure della crescita, perché l'idea è di fornire uno strumento forte e di rapida attuazione per imprimere un ritmo più veloce al cambiamento delle prassi manutentive degli edifici. Ci teniamo anche in questa sede a sottolineare che – non entro nel merito tecnico della questione; lo trovate nella relazione – alcuni anni fa l'Agenzia delle entrate ha interpretato in senso restrittivo l'ambito applicativo della disposizione degli incentivi fiscali per la riqualificazione energetica, che adesso è anche diventata sisma bonus, con la possibilità di effettuare anche una riqualificazione sismica. Sottoponiamo all'attenzione di questa Commissione il fatto che crediamo sia una misura paradossale e un po’ discriminatoria nei confronti delle cooperative di abitanti, anche perché rimaniamo convinti – potremmo citare tanti casi – che le cooperative di abitanti che hanno costruito quel numero di alloggi di cui abbiamo parlato proprio nelle periferie, che hanno costruito interi pezzi di periferie, avrebbero proprio la possibilità di agire sulla scala urbana e dell'intero edificio, cosa che, invece, la proprietà frammentata ha più difficoltà a effettuare. Crediamo che la possibilità di riqualificare quartieri da parte delle cooperative possa costituire anche un insieme di cosiddette buone pratiche che potrebbero costituire un esempio di come poi, come sappiamo bene tutti, un edificio riqualificato porti a più che dimezzare i consumi e a più che dimezzare l'impatto in termini di natura ambientale. Richiamiamo anche in questa sede l'importanza di estendere queste detrazioni alle cooperative di abitanti.
  Collegata alla riqualificazione energetica è la cessione del credito fiscale, rispetto a cui crediamo che le cooperative di abitanti possano assolvere effettivamente alla funzione di aggregatori d e general contractor della domanda diffusa e minuta che in questi anni ha avuto difficoltà ad attivare, per il problema dell'investimento iniziale, lo strumento delle detrazioni fiscali e a superare il monopolio delle ESCo (Energy service company) come soggetto attivo in questa direzione.
  Il quarto argomento è la rigenerazione urbana intesa in senso più lato che non riguarda solo quello che riguarda la riqualificazione energetica. Una nuova cultura del riuso sta avanzando. Le nuove normative urbanistiche, in taluni casi, aiutano. Sicuramente il disegno di legge sul consumo di suolo diventa ormai un parametro e un punto di riferimento nella direzione della rigenerazione del patrimonio esistente. Tuttavia, elenco alcuni elementi che, a nostro avviso, vanno tenuti in considerazione affinché questa prospettiva della rigenerazione urbana non sia soltanto uno slogan o un'ambizione di questo Paese, ma possa effettivamente trasformarsi in una pratica attivata su larga scala. Alcuni elementi sono: il superamento di logiche vincolistiche esasperate, che in tanti casi sono contraddittorie con un'idea di innovazione e di riuso, e le partnership pubblico-privato, che, come dicevo prima, in alcuni casi pilota si sono rivelate operazioni vincenti.
  Crediamo sia importante – questo lo diciamo anche rispetto al disegno di legge che in corso di esame – promuovere forti processi di incentivazione procedurali e fiscali per i soggetti che operano su suolo Pag. 6già consumato e, di contro, prevedere significative forme di fiscalità di contrasto per i detentori di aree o di immobili dismessi che non abbiano ipotizzato alcun progetto di rigenerazione. Dall'altra parte – il collega Galante magari dirà qualcosa in più da un punto di vista tecnico – crediamo che occorra prestare una coerente politica degli oneri legati al rilascio dei titoli edilizi, così come prevedere ambiti in cui non trovino applicazione il contributo straordinario e il contributo di costruzione.
  Come cooperazione di abitanti, abbiamo promosso – lo rifaremo anche in occasione della prossima legge di bilancio – rispetto alla rigenerazione urbana l'idea di una detrazione fiscale, ossia molto semplicemente l'idea di estendere le misure generiche di detrazioni per le ristrutturazioni (quello che era il 36 per cento, che poi è diventato il 50 per cento e che ritornerà nei prossimi anni a essere il 36 per cento) a coloro che acquistano la loro prima casa in interventi di rigenerazione urbana. La detrazione andrebbe all'acquirente della casa in interventi di rigenerazione urbana. Ciò a sostegno di una domanda abitativa, ma anche a sviluppo di programmi in questa direzione.
  È stata la Commissione stessa a proporci il tema dei piani di zona, che, come si sa, hanno costituito storicamente la cornice entro la quale si è cercato di governare il ciclo espansivo dell'edilizia. Sappiamo tutti molto bene che diversi decenni di utilizzo dello strumento dei PEEP ha costituito in molte occasioni, laddove si è governato in maniera lungimirante questo strumento, la costruzione di interventi di alta qualità e, in alcuni casi, di innovazione e di sperimentazione. Sappiamo tutti molto bene che invece ci sono contesti in cui questo strumento, come per esempio a Roma, è stato meno coerentemente utilizzato e ha creato alcune criticità, che conosciamo molto bene. Riteniamo che questo strumento abbia bisogno di un ripensamento. Tra gli aspetti critici vi è il fatto che la leva urbanistica non rappresenta più un incentivo per gli enti locali, per la difficoltà di acquisizione di aree edificabili. C'è un problema di sostenibilità dei costi relativi alle urbanizzazioni. Le politiche abitative non sono più sostenute da contributi pubblici, indispensabili per garantire l'accessibilità a costi sostenibili di interventi per nuove categorie sociali emergenti.
  Fatto questo quadro relativo ai PEEP e riconosciute anche, come accennavo precedentemente, situazioni di criticità come il contesto di Roma, in cui sappiamo bene che c'è tutto il problema del mancato completamento delle urbanizzazioni, proviamo ad avanzare sinteticamente qualche proposta.
  Rispetto al problema del mancato completamento dell'urbanizzazione, proponiamo l'istituzione di un fondo nazionale da mettere a disposizione degli enti locali per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, intervenendo nella soluzione di quei problemi a cui accennavamo. Pensiamo anche all'adozione di politiche abitative integrate con strumenti di cofinanziamento per la costituzione di un fondo per la realizzazione di nuovi interventi di housing sociale. Riteniamo si possano anche prevedere modifiche nella legislazione urbanistica al fine di consentire l'utilizzo da parte degli enti locali delle aree a destinazione non residenziale per la realizzazione di interventi di housing sociale di nuova generazione. In sintesi, si tratterebbe di adattare lo strumento dei PEEP, qualificandolo come Piano di rigenerazione urbana, al fine di attivare un insieme organico di interventi individuati con priorità all'interno del territorio urbanizzato in funzione di rigenerazione, di rinnovo e di riqualificazione del tessuto insediativo.
  Infine, l’housing sociale, cui abbiamo accennato anche nella discussione sui PEEP. Per quanto riguarda le politiche destinate sia all'emergenza abitativa, sia a quella cosiddetta fascia grigia della popolazione, dal lato delle istituzioni rileviamo ormai, come settore delle cooperative di abitanti, la pressoché assenza di strumenti di intervento rilevanti. L'ultimo strumento è il piano nazionale per l'emergenza abitativa del 2008, del quale, peraltro, è stata data attuazione solo per la parte che riguarda il fondo investimenti per l'abitare, nel cui ambito tengo a dire che stanno nascendo tutti gli Pag. 7interventi di social housing che vediamo nelle città. La cooperazione di abitanti ha avuto un ruolo importante di protagonismo svolta in una decina di regioni in Italia per un totale di 300 milioni di euro di investimenti, con la realizzazione nell'ambito di questo programma, che ne prevede 20.000, di 3.000 alloggi.
  Crediamo però che se riferendosi anche alle periferie e al disagio abitativo, si vuole dare un futuro all'edilizia residenziale sociale, a quello che oggi viene definito housing sociale ossia l'offerta di alloggi a costi calmierati, vadano considerati alcuni aspetti che elenco rapidamente. La quasi assenza di contributi pubblici rende ormai difficile realizzare interventi a canoni sostenibili, ragion per cui è da prevedere che il ruolo delle istituzioni pubbliche si possa sviluppare in futuro anche in maniera alternativa, non necessariamente con una partecipazione finanziaria, ma anche attraverso leve fiscali urbanistiche e forme di agevolazione. Dall'altra parte, le amministrazioni pubbliche possiedono un ingente patrimonio di aree e immobili, anche derivanti dalla smobilitazione del patrimonio statale, spesso inutilizzati, che potrebbero essere messi a disposizione dei privati mediante procedure concorsuali a evidenza pubblica che premino progetti innovativi.
  Nelle varie realtà territoriali andrebbero agevolate e implementate le forme di collaborazione con gli enti gestori del patrimonio ERP. Occorre promuovere azioni e politiche che riguardino l'utenza degli interventi di housing sociale, quali l'incentivazione di strumenti a sostegno della morosità incolpevole, così come nuove modalità di reperimento di alloggi ERS attraverso strumenti urbanistici attuativi di iniziativa pubblica, nonché supportati, ovviamente, da un importante ed efficace attività di negoziazione con i soggetti privati.

  MARCO GALANTE, vicepresidente di Federabitazione. Anche da parte di Federabitazione volevo esprimere il ringraziamento per averci convocati in audizione per fare proposte e considerazioni su una tematica che ha una complessità e una valenza che intercetta gli ambiti urbanistici e legislativi, e quelli legati agli oneri e alle politiche sociali. Vorrei approfondire alcuni elementi accennati da Rossana Zaccaria.
  Sul tema dell’ecobonus, che è stato meritoriamente ampliato in taluni casi al 75 per cento e per il quale è prevista la cessione del credito, al fine di consentire l'aggregazione dei proprietari e anche di contribuire al superamento delle difficoltà dell'investimento iniziale, potrebbe rivestire un ruolo importante anche la Cassa depositi e prestiti, la quale, ai sensi del decreto legge n. 269 del 2003, può finanziare privati anche per interventi di carattere generale. Sia la riqualificazione energetica, sia – ancora di più – la riqualificazione sismica sono interventi di interesse generale in modo quasi ontologico, la prima, perché sappiamo benissimo quanti morti ci sono per il mancato rispetto delle normative europee sull'inquinamento, la seconda, per quanto riguarda la tutela dell'incolumità pubblica. È chiaro che un'operazione in cui la Cassa depositi e prestiti possa fornire linee di finanziamento dedicate potrebbe consentire a noi, perché è il nostro pane quotidiano, ma anche a tutti gli operatori, di fare un'opera di maggior efficacia aggregativa. A questo punto, le iniziali difficoltà di investimento verrebbero sostanzialmente ammortizzate, o comunque rese disponibili per dare efficacia agli interventi. Molto spesso alla volontà non c'è un contorno che consenta di attivarla. Siamo anche abituati a scontrarci con la pratica: stiamo in trincea e quindi vediamo meglio quali sono le problematiche.
  Un altro aspetto molto importante in cui noi siamo in trincea – mi piace usare questo termine – è quello legato agli oneri di urbanizzazione. Tenete presente che attualmente, in base alle normative vigenti, ossia al DPR n. 380, un intervento di demolizione e ricostruzione viene assimilato sostanzialmente a un intervento di nuova costruzione. Se fosse un fatto terminologico, andrebbe bene. Il fatto è che si porta dietro oneri di urbanizzazione non indifferenti. Facendo dei calcoli «spannometrici», con simulazioni ma anche su casi concreti, ci sono pagamenti di oneri per cui si potrebbero tenere per tre anni in altri Pag. 8appartamenti le persone tirate fuori dalla casa, prima di riportarle dentro. Ci sono storture non indifferenti nel sistema degli oneri di urbanizzazione. La legge è la Bucalossi. Se uno si azzarda ad aumentare il carico urbanistico, ossia ad aumentare il numero di alloggi, cosa che a volte è obbligatorio fare perché essendo gli edifici vecchi ed essendoci pezzature grandi naturalmente non si può ricostruire, aumentano ancora di più.
  Il discorso degli oneri di urbanizzazione e del contributo di costruzione andrebbe anche utilizzato cum grano salis rispetto all'incentivazione degli interventi di riqualificazione energetica, con una graduazione che parta dal favorire gli interventi di demolizione e ricostruzione fino ad arrivare ai grandi complessi di rigenerazione urbana e di riqualificazione urbanistica, in cui si potrebbe anche ipotizzare, data la valenza sociale e urbanistica dell'intervento, di arrivare anche a un'esenzione. Attualmente, la regione Emilia Romagna lo prevede: nella nuova legge urbanistica del territorio recentemente approvata, per gli interventi definiti di addensamento e sostituzione urbana, il che vuol dire rifare quartieri e isolati, si arriva anche alla completa esenzione del contributo di costruzione, tanto più dove ciò prevede interventi di bonifica, perché intervenire nell'esistente vuol dire fare le bonifiche e rimuovere l'amianto, con costi d'ingresso non indifferenti. Tra l'altro, faccio presente (l'abbiamo indicato nella nostra relazione, parlando sempre di barriere di costo all'entrata) che attualmente, se un soggetto, una società o una cooperativa, compra un immobile da una persona fisica – ci sono parecchie persone fisiche che hanno più appartamenti – per ristrutturarlo, parte con un gap iniziale del 9 per cento di tassazione di registro, un costo che si trova subito. Laddove ci sono interventi che hanno un determinato peso, forse bisognerebbe valutare di considerare anche di andare a tassa di registro fissa, perché quel 9 per cento non lo si può poi compensare con l'Iva a debito.
  Provengo dalla città di Modena, che è stata il laboratorio storico dei PEEP. La collega ha, giustamente, sottolineato come questo strumento abbia avuto declinazioni totalmente diverse nelle varie parti del territorio. Da noi, in Toscana o in altre regioni è stato un momento di programmazione del territorio che non ha creato fenomeni di inurbamento estremo delle periferie, anzi, ha creato delle periferie che sono dei pezzi di città integrati. Altrove – i casi sono noti – l'utilizzo di questo strumento non ha rispettato le finalità di governo del territorio.
  Le possibilità di attuazione attuali dei PEEP sono molto limitate, in quanto, pur essendo uno strumento che si attua a parità di costi per gli enti pubblici e per i comuni, ci sono grosse anticipazioni finanziarie per attuarlo. Se si va in via di esproprio, occorre pagare il valore di mercato e quindi diventa improponibile orientare un discorso di questo tipo rispetto al PEEP. È interessante però notare come il legislatore si sia fatto carico di questa problematica, in quanto, come abbiamo indicato nella nostra relazione, con la legge n. 244 del 2007, legge finanziaria per il 2008, ha introdotto una modalità di reperimento di aree e di fabbricati che si affianca e – in qualche caso si può dire – sostituisce anche lo strumento PEEP. In particolare, come potrete vedere, viene stabilita una definizione di edilizia residenziale sociale come standard urbanistico diffuso. Rispetto a ogni trasformazione urbanistica del territorio lo strumento urbanistico deve prevedere la cessione gratuita di aree e fabbricati da parte delle persone riunite in consorzio o anche singolarmente. Questo proprio perché, se uno aveva un terreno agricolo e viene baciato dalla fortuna, giustamente il legislatore ha detto che deve contribuire alla crescita anche sociale per un motivo solidaristico. Di più, nel comma 258 questo standard non è univoco, ma dipende dal fabbisogno locale del territorio. Non è detto, quindi, che si debba andare a prendere, come comune, un 20 per cento o un 30 per cento di aree o di fabbricati dal privato proprietario perché lo si vuole fare. Si deve avere un bisogno, in base alla dimensione dell'intervento e al valore dell'intervento. È evidente che, se si hanno ingenti opere di Pag. 9bonifica da fare, non si può andare dal privato a chiedergli di farli o di cedere le aree. Si tratta di uno strumento flessibile, che ultimamente è stato poco utilizzato. Ripeto, in un tema come quello della rigenerazione urbana, che ha un ampio ventaglio di addentellati, forse creare un sistema organico di tanti interventi che convergano su un unico obiettivo può essere una soluzione.
  Un altro problema è la frammentazione, come diceva Rossana Zaccaria, della proprietà. Abbiamo un assetto proprietario pulviscolare che è un fattore di freno, ma che per noi è anche una sfida, come cooperazione: è il nostro mestiere andare a rispondere ai bisogni e aggregare le persone. Per esempio, l'articolo 27, comma 5, della legge n. 166 del 2002 prevede la possibilità per i proprietari che superano il 50 per cento del valore catastale degli immobili compresi nei piani di rigenerazione urbani presentati dai comuni, di costituirsi in consorzio, ottenere la disponibilità di tutti gli immobili e arrivare financo all'esproprio dei fabbricati, nel caso in cui ci siano parti che non intendono procedere.
  Secondo me, questo può essere uno strumento interessante. A questo punto, gli operatori privati o la cooperativa potrebbero farsi carico di fare un'attività di negoziazione o di convincimento, insomma di fare il proprio mestiere, per cercare di portare a casa interventi di rigenerazione, per esempio mettendo a disposizione anche il proprio patrimonio. Noi abbiamo un patrimonio che può essere benissimo utilizzato per interventi di sostituzione, ma – ripeto – diventa molto difficile fare interventi di demolizione e di ricostruzione. Saremmo anche capaci di prendere le persone e di fornire loro un'abitazione per il periodo. Il nostro tentativo era quello di fornire spunti per organizzare un intervento organico e, ripeto, pluridisciplinare – dev'essere come un'armata che procede – soprattutto attraverso un salto culturale. A questo punto, dobbiamo fare un salto culturale, perché il mondo è cambiato e le esigenze sono nettamente diverse.

  DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Vorrei, prima di tutto, ringraziare, visto che ho chiesto io questa audizione. L'ho chiesta anche perché conosco molto della storia del movimento cooperativo e dell'esperienza concreta, specialmente nella mia città, Cinisello Balsamo.
  Detto questo, l'ho chiesta anche perché spesso anche in Parlamento rispetto al mondo cooperativo vengono fatte dichiarazioni e affermazioni che non sono coerenti con la realtà che qui è stata rappresentata per uno specifico tema, che è quello dell'abitazione.
  Purtroppo devo andare in Commissione affari costituzionali dove si vota la legge elettorale e non potrò porre alcuna domanda. Mi sembrava molto interessante evidenziare che nell'incontro che abbiamo fatto con l'Istituto nazionale di urbanistica è stato sollevato l'aspetto fiscale e degli oneri di urbanizzazione.
  Vi ringrazio moltissimo per i dati – ho visto anche i documenti che ci avete fornito per esteso – e mi sembra molto interessante poter lavorare con voi anche per approfondire il tema centrale della casa – casa, sicurezza, gestione sociale, ossia casa intesa come abitare – rispetto alle cose che anche avete evidenziato, come suggerire, proporre e sottolineare al Governo quelle azioni di cambiamento normativo oggi necessarie.
  Qui ci hanno indicato migliaia di alloggi vuoti e sfitti, da una parte, e migliaia di persone che chiedono casa, dall'altra. Bisogna trovare, a questo punto, il modo di prendere le esperienze e mettere assieme i suggerimenti che ci sono stati portati per provare a mettere a punto due o tre proposte e far sì che il secondo intervento sulle periferie, come noi ci auspichiamo, non sia random, come è stato un po’ questo. Anche lo stesso Istituto nazionale di urbanistica, che ha fatto un'analisi dei progetti finanziati, ha evidenziato che, in realtà, non c'è un segno. Si tratta di una somma di investimenti. Credo che sia necessario dare un segno e che il tema della casa e dell'abitare sia centrale.
  Vi volevo solo ringraziare. Mi sarebbe piaciuto approfondire gli aspetti sociali e di gestione, ma avremo occasione di farlo in seguito.

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  PRESIDENTE. Della rigenerazione urbana si è parlato proprio ieri durante una visita a Bologna, organizzata dall'onorevole Andrea De Maria. La sfida è anche quella di prendere per mano quartieri costruiti negli anni Sessanta e Settanta come modo per far cambiare volto alla città.
  Ringrazio i rappresentanti di Legacoop e dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.25.