XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul livello di digitalizzazione e innovazione

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 10 di Mercoledì 1 febbraio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Coppola Paolo , Presidente ... 2 

Audizione dell'ex direttore generale di AgID Alessandra Poggiani:
Coppola Paolo , Presidente ... 2 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 2 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 4 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 4 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 5 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 5 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 6 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 6 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 6 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 6 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 6 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 6 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 6 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 6 ,
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 8 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 8 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 8 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 8 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 8 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 8 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 8 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 8 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 8 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 8 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 9 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 9 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 12 ,
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 12 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 12 ,
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 12 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 12 ,
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 12 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 13 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 13 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 13 ,
De Lorenzis Diego (M5S)  ... 13 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 13 ,
De Lorenzis Diego (M5S)  ... 13 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 13 ,
De Lorenzis Diego (M5S)  ... 14 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 14 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 14 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 14 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 14 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 15 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 15 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 15 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 15 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 15 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 15 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 15 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 15 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 15 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 15 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 15 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 15 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 15 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 15 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 16 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 16 ,
D'Incà Federico (M5S)  ... 16 ,
Poggiani Alessandra , ex direttore generale di AgID ... 16 ,
Coppola Paolo , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
PAOLO COPPOLA

  La seduta comincia alle 15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione dell'ex direttore generale
di AgID Alessandra Poggiani.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'ex direttore generale di AgID, dottoressa Alessandra Poggiani, che ringrazio per la presenza.
  Avverto la nostra ospite che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Si tratta di un'audizione di natura prettamente conoscitiva, per la quale chiedo di fornire un quadro esplicativo quanto più ampio possibile dei compiti e della struttura di AgID nel corso del suo mandato. Ricordo ai commissari che la dottoressa Alessandra Poggiani è stata direttore generale di AgID dal 31 luglio 2014 al 30 marzo 2015.
  Cedo dunque la parola alla dottoressa Poggiani per lo svolgimento della relazione introduttiva, al termine della quale seguiranno eventuali domande o richieste di chiarimento da parte dei commissari.

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Poiché mi era stato comunicato che relazione era conoscitiva, preliminarmente vorrei ricordare a tutti le competenze dell'AgID al momento della mia nomina e quelle degli altri organi preposti alla digitalizzazione. Se non ho mal interpretato, la Commissione si occupa soprattutto di comprendere quali siano gli ostacoli alla digitalizzazione della pubblica amministrazione. Riterrei utile concentrarsi sulle varie competenze, che sono frammentate, sia all'interno della pubblica amministrazione centrale sia a livello governativo sia anche a quello locale.
  Prima della mia nomina, l'AgID era stata diretta da un commissario, poi diventato direttore generale, che però per ragioni che ignoro, che magari qualcun altro può meglio rappresentarvi, non aveva mai avuto un contratto stabile. Quando sono entrata, il direttore generale precedente, il dottor Ragosa, non aveva neanche ricevuto una retribuzione per i circa due anni della sua carica, né aveva potuto provvedere – o, comunque, non era stato provveduto –, alla revisione della pianta organica e a tutte le procedure atte alla messa in operatività dell'Agenzia, che, come sapete, nella sua legge istitutiva, doveva raggruppare quattro enti: la DigitPA, l'Agenzia per l'innovazione, l'Iscom e il dipartimento per l'innovazione tecnologica della funzione pubblica. Tre di questi enti erano stati effettivamente sciolti e accorpati, ma non si era provveduto all'omogeneizzazione dei contratti, e, quindi, della pianta organica. Un ente, Iscom, l'Istituto superiore delle comunicazioni del Pag. 3Ministero dello sviluppo economico, invece, non era stato neanche assorbito. Peraltro, non mi risulta che sia stato assorbito, e magari nel prosieguo della cronistoria vi racconterò. Scrissi al Ministero dello sviluppo economico richiedendo che venisse ottemperata la norma di istituzione dell'Agenzia. Ci fu anche una pronuncia della Corte dei conti, che diceva che almeno due unità dell'Iscom avrebbero dovuto essere prese in carico dell'Agenzia per l'Italia digitale, ma ciò non accadde.
  Dicevo delle competenze sulla digitalizzazione che all'epoca erano in campo oltre all'Agenzia, le cui funzioni sono quelle del decreto-legge n. 22 del 2012, ad altri soggetti. Intanto, la competenza era stata, in quel momento, delegata dal Presidente del Consiglio al Ministro senza portafoglio per la funzione pubblica, e quindi al dipartimento. Questi ultimi svolgevano funzioni di vigilanza e di indirizzo rispetto all'Agenzia. Poi c'era la parte del Ministero dello sviluppo economico, che si occupava primariamente della banda ultralarga, oltre a una competenza presso il Vicesegretario generale di Palazzo Chigi a questo delegato, Raffaele Tiscar, che si occupava appunto della redazione del piano nazionale banda ultralarga. L'Iscom, come vi dicevo, supportava il Ministero dello sviluppo economico, soprattutto per quello che riguardava le politiche di governance della rete, la net neutrality e lo sviluppo della banda ultralarga.
  Sulla parte di digitalizzazione della scuola e ricerca c'era un ufficio preposto, scuola digitale, nel Miur, poi c'era una task force presso quello che allora era consigliere del Ministro, che poi, in poco tempo, divenne anche direttore sull'economia digitale, il supporto alle imprese e alle start-up presso il Ministero dello sviluppo economico.
  C'era poi il tavolo permanente per l'innovazione dell'agenda digitale, istituito sempre con il decreto-legge n. 22 del 2012, presieduto dal presidente Coppola, che era anche il consigliere per l'agenda digitale del Ministro della funzione pubblica, e quindi partecipava alle riunioni. Era stato nominato un consigliere per l'innovazione del Presidente del Consiglio, l'architetto Paolo Barberis.
  In AgID era stato istituito anche il comitato di indirizzo, con funzioni appunto di indirizzo rispetto all'agenzia, presieduto dall'onorevole Quintarelli e che aveva in seno altri componenti, tra cui Roberto Moriondo, nominato dalla Conferenza Stato-Regioni. Non ricordo tutti, ma c'era sicuramente il dottor Elio Gullo, nominato dalla Funzione pubblica. Questi erano i soggetti con i quali l'Agenzia si trovava a interagire rispetto a tutte le competenze che aveva in capo.
  Vorrei ricordare queste competenze. Io credo che una delle difficoltà, degli ostacoli incontrati, fossero la vigilanza e l'indirizzo per un dipartimento con una visione settoriale e non trasversale delle competenze di Governo. Nella legge istitutiva, all'Agenzia erano demandate anche altre funzioni, non solo quelle riguardanti la funzione pubblica o la pubblica amministrazione, e risultava difficile poterle ottemperare tutte, perché bisognava rapportarsi ad altri ministeri o ad altre sedi di indirizzo, entrando un po’ in conflitto, o comunque non in maniera del tutto coerente, con gli indirizzi della funzione pubblica, che non poteva allo stesso tempo occuparsi anche di altri argomenti. L'Agenzia, oltre ad assicurare il coordinamento informatico dell'amministrazione, dovrebbe ottimizzare la spesa in materia informatica. Anche qui c'era un problema di conflitto, di differenza di pesi non da poco relativamente a qualità e quantità tra gli indirizzi dell'Agenzia e i compiti di Consip.
  L'Agenzia dovrebbe anche svolgere i compiti necessari per l'adempimento degli obblighi internazionali assunti dallo Stato nelle materie di competenza. Voi sapete che c'è una direzione generale, che si chiama DG Connect, peraltro in questo momento diretta da un dirigente italiano, il dottor Viola, che si occupa della digitalizzazione e dell'analisi delle politiche sulla digitalizzazione all'interno dell'Unione. L'Agenzia dovrebbe essere il soggetto che siede a questi tavoli, e il più importante, oltre quello dell'OCSE, è sicuramente quello dell'Unione europea. È lì che si fanno politiche Pag. 4che hanno un impatto, oltre a direttive che devono essere assunte, oltre l'analisi sugli score board, che poi determinano anche le statistiche internazionali. Poiché, invece, il Ministero dello sviluppo economico ha sempre delegato dei soggetti all'interno di questi tavoli, a tali tavoli l'Agenzia è sempre stata invitata, quindi ha partecipato, ma non a tutti gli effetti rappresentava il Governo italiano, e sicuramente non aveva potere decisionale nei predetti tavoli.
  L'altra competenza dell'Agenzia è quella di promuovere l'innovazione digitale del Paese e di contribuire alla creazione di nuove conoscenze e alla diffusione di opportunità di sviluppo economico, culturale e sociale e altro. Queste competenze sono poi incardinate o al Ministero dello sviluppo economico o al Ministero dell'istruzione e della ricerca, quindi di difficile gestione per un'Agenzia vigilata e indirizzata da un altro dipartimento.
  Sono, invece, molto ben gestite, a mio avviso, le attività di emanazione di linee guida, regolamenti e standard all'interno dell'Agenzia. Forse è l'attività che più ha avuto una continuità dall'AIPA in poi, dove anche il personale dell'Agenzia ha un modus operandi abbastanza standardizzato e anche abbastanza rodato, e quindi riesce a farvi fronte molto bene.
  L'ultima competenza dell'Agenzia è quella della promozione di iniziative di cultura digitale e alfabetizzazione verso i cittadini. La collaborazione è sia con il Ministero dell'università e della ricerca sia con gli enti locali. Le attività di alfabetizzazione devono essere fatte sul territorio, e hanno scontato un po’ di difficoltà.
  Credo che la prima difficoltà, anche se di solito non è per niente interessante, sia quella dell'organizzazione dell'Agenzia. Come dicevo, quando sono arrivata, neanche il direttore aveva un contratto e c'erano circa 90 risorse incardinate nell'Agenzia, la cui pianta organica ne prevedeva, in realtà, 120, secondo il decreto-legge citato. Si trattava, quindi, di una pianta organica già carente, che si portava dietro personale degli enti che erano stati nel frattempo soppressi, tranne quelli dell'Iscom. Il numero più alto era quello proveniente da DigitPA, la quale aveva al suo interno dei contratti non coerenti. I dirigenti avevano un contratto di diritto privato, perché venivano da una vecchia struttura, che si chiamava Centro tecnico per l'informatica, una società mista pubblico-privata, i cui dipendenti avevano un contratto del settore telecomunicazioni, quindi di diritto privato. I cinque dirigenti che ho trovato in Agenzia avevano, dunque, un contratto che non era del settore pubblico. Molti dipendenti erano in comando da altri enti, quindi con contratti tutti diversi. Solo un 30 per cento dei dipendenti aveva un contratto DigitPA.
  Inoltre, c'era il problema non banale che il turnover non era stato mai applicato. Un'Agenzia che si dovrebbe occupare di digitalizzazione avrebbe bisogno anche di risorse giovani. Io credo che fossi di gran lunga la persona più giovane anche rispetto alla media dell'età aziendale, perché non c'erano state nuove assunzioni, e perché molto del personale proveniva da DigitPA, quindi l'età media era piuttosto avanzata. Soprattutto, c'era una grande disparità di trattamento contrattuale, addirittura in materia di orario, oltre che di retribuzione e di trattamento rispetto allo straordinario, perché, come ho detto, c'erano molti contratti diversi. Questo, peraltro, creava anche dei problemi amministrativi, perché gli stipendi erano pagati in giorni diversi. La situazione, insomma, era molto complessa.
  Il periodo in cui sono diventata direttore generale si è incrociato con la riforma dei contratti della pubblica amministrazione e il ruolo unico, quindi aspettavamo le tabelle da parte del dipartimento della funzione pubblica, che doveva appunto fare delle tabelle di comparazione, non soltanto per l'Agenzia, ma in generale per tutto il comparto, per uniformare i contratti ministeriali. La questione non ebbe rapida risoluzione.

  PRESIDENTE. Una lenta risoluzione, invece...

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Credo che ad oggi non sia stato fatto. Dalle informazioni che ho, non Pag. 5è mai stato provveduto all'assorbimento e all'omogeneizzazione del contratto, che, sempre rispetto al decreto-legge n. 22 del 2012, doveva essere ministeriale. Andrebbe applicato il contratto ministeriale a tutti i dipendenti AgID, cosa che, in realtà, penalizzerebbe quasi tutti i dipendenti, tranne quelli in comando dai ministeri. Si sarebbero dovuti eliminare i comandi.
  Uno dei modi per provvedere a ringiovanire la forza lavoro e acquisire maggiori competenze tecniche, oltre che amministrative, sarebbe quello di rimandare le persone in comando negli enti di provenienza, senza soffrire alcuna difficoltà dal punto di vista dei livelli occupazionali, posto che, però, quella posizione possa essere occupata da persone nuove, quindi bandendo un concorso. D'altra parte, fare un concorso non è possibile sia per il blocco delle assunzioni nel pubblico e, soprattutto, perché per fare un concorso prima bisogna sistemare la pianta organica, e quindi è un po’ un «Catch-22».
  Giusto per darvi un quadro, quando divenni direttore dell'Agenzia non c'era neanche il contratto d'affitto. Il luogo dove l'Agenzia risiedeva era sulla parola, nel senso che l'Agenzia aveva sede inizialmente presso DigitPA, in viale Marx, dove ora è ancora il Formez, un palazzo che l'amministrazione affitta da un privato, e quindi ha un costo. L'allora commissario Agostino Ragosa, credo attraverso accordi con l'ICE, che già era nel palazzo di viale Liszt, ha trovato questi locali che erano occupati dall'ICE e che potevano ospitare l'Agenzia. AgID quindi si trasferì, peraltro con una grande difficoltà, visto che non c'erano locali adatti alla data room, e quindi c'era un problema per ospitare le macchine. Comunque, si trasferì, ma quando arrivai non era ancora stato stipulato un contratto, e pertanto abbiamo dovuto anche sistemare questioni logistiche, che sembrerebbero poco rilevanti, ma che hanno un loro impatto, in materia di sicurezza dei lavoratori, di allocazione delle poste di bilancio e di altri aspetti amministrativi. Non erano stati insediati neanche il collegio sindacale, né i revisori dei conti, quando sono arrivata. Tutti gli organi preposti, però, sia quelli di vigilanza, sia il collegio sindacale, vennero nominati dal Ministro Madia in pochi mesi, ma erano tutte cose che al momento del mio insediamento mi trovai a dover gestire. Questo per darvi un'idea delle difficoltà operative quotidiane.
  Poi c'erano molti finanziamenti, che però non venivano spesi. L'Agenzia, cioè DigitPA, gestiva circa 130 interventi progettuali, per oltre 250 milioni di euro con le regioni, in vari accordi di programma quadro. Questi accordi di programma quadro, alcuni dei quali derivavano addirittura dal piano di e-government dell'allora Ministro Stanca – stiamo parlando, quindi, di progetti che andavano avanti da oltre quindici anni – in realtà, venivano riprogrammati di anno in anno, perché i finanziamenti non venivano spesi. C'era, quindi, un monte di denari che l'Agenzia poteva governare facendo progetti con le regioni, che però erano abbastanza abbandonati a loro stessi.

  PRESIDENTE. Di quanto stiamo parlando, più o meno?

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Di circa 250 milioni.
  C'erano, ovviamente, delle regioni più virtuose, che avevano speso il loro monte finanziamenti, o almeno erano in progress, e altre che avevano ancora accordi di programma quadro siglati molti anni prima senza alcuno stato avanzamento lavori. Queste erano tutte risorse che si congelavano e non venivano utilizzate. Questa era la situazione. Anche l'organizzazione del personale era veramente molto sfidante. Non avendo nessuna risorsa esterna e nessuna risorsa da impiegare per occupare personale diverso da quello in forza nell'amministrazione, alcune attività erano veramente molto difficili da portare avanti. La maggior parte del personale aveva un background, come dicevo, molto solido rispetto alle attività autorizzatorie – l'Agenzia emette pareri a tutte le amministrazioni, per esempio riguardo agli acquisti –, ma aveva poca capacità progettuale e realizzativa.
  Nello stesso momento, ci siamo trovati con i tre progetti cardine del commissario Pag. 6precedente, il commissario Francesco Caio. Rispetto ai progetti finanziati con accordi di programma quadro, vi do il dato esatto: 117 progetti... Erano 188 milioni, scusate, non 250.

  FEDERICO D'INCÀ. Quanti progetti?

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Erano 117 linee di attività trasferite dal dipartimento innovazione tecnologica assorbito dall'AgID.

  FEDERICO D'INCÀ. Come l'articolo 117...

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. I tre progetti ereditati dal Commissario Caio erano: quello della fatturazione elettronica, che era quello sicuramente in stadio più avanzato; quello dell'Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente, ANPR, di cui immagino vi abbiano già parlato, e quello dello SPID, il Sistema Pubblico di Identità digitale.
  Per quanto riguarda la fatturazione elettronica, effettivamente i lavori erano già in uno stadio molto avanzato. Su questo l'Agenzia delle entrate aveva fatto un ottimo lavoro, ma anche l'AgID stessa. La dottoressa Giovannini è stata molto brava anche nel rapporto con Banca d'Italia. Tutta l'attività di coordinamento e di sollecitazione rispetto alle pubbliche amministrazioni era stata fatta in maniera molto puntuale. Io avrei da dire rispetto alle tecnologie e ai software utilizzati per il sistema di interscambio della fatturazione elettronica, ma c'è da dire che su quello la leadership l'aveva l'Agenzia delle entrate, perché il sistema di interscambio l'hanno realizzato loro e sono stati anche il caso utente. Questo, probabilmente, soprattutto per le piccole imprese, ha creato dei problemi, ma molti meno ne ha creati alla pubblica amministrazione. La fatturazione elettronica, quindi, credo sia uno dei pochi progetti che sia riuscito ad andare, nei tempi previsti, con uno switch off, senza deroghe, senza proroghe. La gestione è stata abbastanza fluida, ma con un rammarico, che forse riguarda le questioni oggetto di questa Commissione, che è quello che abbiamo realizzato un progetto abbastanza avanzato rispetto anche al resto dell'Unione Europea, ma peccato che ci siamo dimenticati di fare adeguata formazione agli operatori della pubblica amministrazione. Io lavoro in un comune, e credo di non rappresentare uno dei comuni meno avanzati o più lenti nell'adozione delle tecnologie, ma tutte le ragionerie dei comuni e delle regioni continuano a stamparsi le fatture, con l'aggravante che adesso si stampano i file XML, che possono essere lunghi anche 30 pagine, anziché una fattura di una pagina. Questo non è colpa del sistema. È la necessaria conseguenza di aver introdotto un'innovazione tecnologica all'interno di strutture che non hanno cambiato i loro processi.
  Per fare in modo che il funzionario dell'ufficio acquisti o della ragioneria non stampi la fattura, bisognerebbe garantirgli di avere anche dei sistemi di workflow e di gestione documentale all'interno dei suoi uffici, quindi dovrebbe gestire le procedure e le pratiche interamente in forma digitale, cosa che oggi non fa. Gli operatori dovrebbero adottare dei processi diversi, per cui l'approvazione di quella fattura non dovrebbe essere di un altro ufficio. Che cosa fanno adesso? Mediamente, prendono la fattura, la protocollano, la stampano, la portano nell'ufficio che deve dire che la fattura è pagabile, poi la scansionano, gliela rimandano attraverso un protocollo perché quello la paghi. Funziona più o meno così. Alla fatturazione elettronica non è stato parallelamente pensato un processo diverso all'interno delle amministrazioni per il ricevimento, l'approvazione e la quietanza delle fatture che riceve.

  FEDERICO D'INCÀ. Nessuno dei comuni, da solo, è arrivato a pensare di dover fare una cosa del genere?

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Questo non lo so. Sono abbastanza certa che i comuni grandi no.

  FEDERICO D'INCÀ. Lei lavora dove?

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Io lavoro a Venezia, dirigo Pag. 7la società di informatica e telecomunicazioni in house del Comune. Lavoriamo spesso con le altre città metropolitane, perché adesso con il PON Metro ci capita. Sono ragionevolmente convinta che in tutti i comuni e le città metropolitane più o meno funziona così. I comuni sono tanti, oltre 8 mila, quindi può essere che ci sia qualche eccezione. Se, però, anche ci fosse la sbalorditiva eccezione, non sarebbe un processo standardizzato. Il testo unico degli enti locali è uno per tutti. Se si cambia il processo di acquisizione e pagamento delle fatture a livello centrale, che è una cosa buona e giusta, bisognerebbe anche definire un processo che sia uguale per tutti. Non può succedere che a Novara improvvisamente diventano eccellenti e a Lecco no. Non funziona. Questo è rimasto un problema, di un progetto che, invece, dal punto di vista della ottemperanza alla norma e del rispetto delle tempistiche previste, si può valutare con un «sette più».
  Per quanto riguarda l'Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente, che in realtà non è ancora neanche partita, la situazione è invece molto grave. Spero veramente che anche l'esito di questa Commissione possa essere un incoraggiamento a riprendere le fila di un progetto che non è un solo un progetto, ma che rappresenta veramente la questione cardine per abilitare un funzionamento diverso dell'amministrazione italiana. Voi sapete che oggi le anagrafi sono gestite localmente da ciascun comune, quindi sono oltre 8 mila. Di solito, nei Comuni non si chiamano anagrafi, ma servizi demografici, che comprendono l'anagrafe, lo stato civile, la leva e l'ufficio elettorale gestiti da un medesimo ufficio o da un medesimo servizio. In un comune, lo stato civile non è gestito da uffici o servizi diversi dall'anagrafe.
  Prima dell'Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente, era già stato introdotto un progetto, INA-SAIA, ancora attivo, per avere una base dati nazionale che includesse tutte le anagrafi comunali. INA-SAIA era comunque una base dati alimentata non in tempo reale, perché i comuni vi scaricano i loro dati, peraltro con tempistiche diverse, e non tutti i comuni lo fanno, quindi non è neanche una base dati «pulita» e affidabile. Peraltro, la tecnologia si è evoluta e si è dunque deciso di realizzare un'anagrafe unica, perché i comuni devono avere la titolarità del dato, ma non devono avere loro la base dati localmente. Escludendo le città metropolitane, non so quanti di voi hanno mai visto i data center dei comuni piccoli, ma io sono abbastanza sorpresa che ancora nessuna base dati di anagrafe sia andata perduta. Potrebbe accadere. Quando, però, si istituì l'Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente, per ragioni che veramente ignoro, si decise che riguardava solo l'anagrafe propriamente detta, lasciando fuori lo stato civile, la leva e l'elettorale. Il Ministero dell'interno avrebbe dovuto gestire questa base dati centralmente unica, ma solo per i dati anagrafici: nome, cognome, data di nascita e residenza.
  Il progetto è stato incardinato presso il Ministero dell'interno. L'AgID ha avuto soltanto in un secondo momento la possibilità di partecipare alle riunioni. Il progetto e il budget erano del Ministero dell'interno, che all'uopo stipulò un contratto con la Sogei, perché si considerò che, avendo realizzato l'Anagrafe tributaria, avrebbe saputo realizzare l'Anagrafe della popolazione residente. Era una considerazione non stravagante. Credo che a oggi siano stati spesi circa 20 milioni di euro tra un contratto e l'altro, tra Ministero dell'interno e Sogei, per la realizzazione dell'Anagrafe. Quando arrivai in AgID, il progetto era già partito, ma appunto riguardava soltanto la base dati dell'Anagrafe. Soprattutto, nessun comune era mai stato coinvolto in un caso d'uso, e non solo. Poiché, come vi dicevo, tutti i comuni hanno una loro anagrafe, e quindi tutti hanno un software che gestisce i loro servizi demografici, ci sono circa ottanta, forse addirittura cento diversi software di servizi demografici installati nei vari comuni italiani. Ce ne sono alcuni molto diffusi. Il presidente Coppola proviene da una regione che attraverso la sua società in house, INSIEL, ha realizzato un sistema, Ascot Web, installato in circa il 60 per cento dei comuni italiani. Poi c'è un'applicazione, Alley, installata in un altro 10 Pag. 8per cento, poi c'è il software della società Engineering spa per un altro 10 per cento, e poi altre applicazioni di altri soggetti, meno diffuse. Ora, in un mondo normale, si sarebbe scelto uno di questi software e si sarebbe pensato di migliorarlo, di prendere uno di quei software già in uso in una quantità di comuni e implementarlo. E invece, no, loro hanno rifatto tutto da zero, come se fosse un'attività...

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Loro chi, scusi?

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Sogei, su committenza del Ministero dell'interno. Immagino anche il committente sia stato sentito. Quando venni nominata, mi trovai questo software che non era ancora completato. Erano partiti, stavano iniziando a sviluppare il nuovo software, senza guardare i software esistenti e senza studiare i casi d'uso con gli uffici dei servizi demografici dei comuni. Ovvero, coloro avrebbero dovuto utilizzare il nuovo sistema non erano neanche stati sentiti. C'erano stati dei rilievi dell'ANCI, che se volete vi lascio, perché sono formali, del 2013 addirittura, che manifestavano preoccupazione.

  PRESIDENTE. Le ricordo che, se vuole, possiamo passare alla seduta riservata.

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Non c'è niente di segreto.

  PRESIDENTE. Quello che sta dicendo adesso rimane pubblico, agli atti.

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Credo che le note dell'ANCI siano pubbliche. Io le ho e non mi sembra che fossero riservate. C'è una nota, molto lunga, dell'ANCI – di cui non ricordo la data esatta, ma ricordo che era del 2013 e che se volete vi produco –, in cui i rappresentanti della stessa ANCI scrivono al Ministero dell'interno, che è il committente. La realizzazione è di Sogei, ma non posso dire se la decisione di realizzare il progetto in questo modo l'abbia presa il gruppo tecnico di Sogei...

  PRESIDENTE. Chiaramente, a nome della Commissione, La ringrazio per la schiettezza con cui ci sta dando delle informazioni utili per il proseguimento dei lavori.

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Questo è molto importante. Sono davvero assolutamente convinta che sia stato fatto tutto non solo in buona fede, ma anche pensando di ottemperare all'adempimento normativo. Alla prima riunione che ebbi con il prefetto Torraco, del Ministero dell'interno, che si occupava dei progetti di digitalizzazione, tra cui l'ANPR, oltre alla carta d'identità elettronica, lei mi disse schiettamente che, poiché la norma che istituiva l'ANPR parlava solo di anagrafe, il Ministero dell'interno si era occupato solo dell'anagrafe e non si era proprio posto il problema del resto dei servizi demografici. E lo disse convintamente, affermando che, se poi il legislatore avesse cambiato la norma e avesse aggiunto lo stato civile, il Ministero lo avrebbe fatto. La situazione era questa.
  Con la dottoressa Giovannini – è la seconda volta che la cito, perché davvero in questi due progetti credo si sia comportata quasi con senso materno – abbiamo rivisto le specifiche, anche insieme al capo progetto del Ministero dell'interno, il prefetto Torraco, che anche lei voleva rispettare le date stabilite dalla norma, secondo la quale alla fine del 2015 l'ANPR avrebbe dovuto essere attiva e subentrare in tutti i comuni. Siamo ora a febbraio del 2017.

  FEDERICO D'INCÀ. Quando ha detto, in che data?

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Il 2015 era la prima data. Possiamo andare a rivederlo, ma era il 2015 la prima data in cui sarebbe dovuta essere attiva l'ANPR.
  Anche il prefetto Torraco ci teneva, e quindi ha dato un grande contributo. Finalmente, abbiamo incontrato l'ANCI, che Pag. 9ha ribadito la necessità per i comuni di avere un sistema che, per funzionare, avrebbe dovuto prevedere tutti i servizi demografici. Diversamente, poiché il database anagrafico esteso è il cuore del lavoro del comune – infatti, da lì si prendono i dati per mandare le bollette dell'IMU, della Tari, per sapere quali sono le persone che hanno diritto a contributi sociali, ed altro – un comune non può lavorare. Tutti gli altri software, applicativi gestionali o sistemi informativi, tranne forse quelli del personale e della contabilità, sono collegati all'anagrafe. Se si fa un sistema di anagrafe che non contempla tutti i servizi demografici, poi si deve mantenere per forza il sistema locale, non c'è altra possibilità. Nessuno, quindi, sarebbe subentrato.
  Inoltre, c'era il problema del caso d'uso. Si vuol parlare con un operatore di anagrafe per sapere come lavora e per realizzare un sistema che sappia usare e che sfrutti anche la sua esperienza? Se non si è mai fatta un'anagrafe e la si rifà da zero, non si riesce a seguire i cambiamenti che occorrono. Ad esempio, i comuni cambiano codice perché si accorpano, quindi si potrebbe avere in anagrafe una persona nata a Marghera, che adesso è comune di Venezia, ma allora, quando il soggetto è nato, era ancora Marghera, e quindi ha un codice diverso. Le cito un esempio del mio comune, ma ce ne sono a bizzeffe, tutti elementi che non erano stati per niente presi in considerazione dagli analisti di Sogei, che effettivamente non avevano esperienza di anagrafi comunali.
  Poi c'è il problema dei produttori di software. Almeno una quindicina di produttori di software vende applicativi per le anagrafi di molti comuni. Lasciamo perdere i produttori piccoli con pochi clienti o quei pochi comuni che si sono fatti in casa il loro sistemino, ma tutti gli altri, e sono la maggioranza, hanno parecchi comuni clienti, e nel tempo hanno sviluppato dei software di servizi demografici che si evolvono a mano a mano che si evolve la normativa. Quest'anno, ad esempio, dopo l'approvazione della norma sulle unioni civili e sulle convivenze, INSIEL, che è il produttore del software che usiamo al comune di Venezia, ha dovuto fare un nuovo modulo, per cui nello stato civile si può inserire l'unione civile. Queste modifiche, negli anni, succedono svariate volte. I fornitori di software, quindi, oltre ad avere un contratto di manutenzione o vendere licenze, hanno anche investito nelle innovazioni necessarie a seguire l'evoluzione delle norme.
  Neanche questi fornitori erano mai stati chiamati e ci si aspettava che, senza resistenze, rinunciassero a tutto il loro investimento, cosa piuttosto bizzarra. D'altra parte, la norma diceva che non dovevano esserci oneri aggiuntivi per le amministrazioni locali. La norma definiva un budget abbastanza cospicuo per il Ministero dell'interno per realizzare il sistema centrale dell'ANPR, ma i costi per adeguamento che i comuni avrebbero dovuto sostenere per utilizzare il sistema non era previsto. Rimaneva un problema dei comuni. Ci si interroga spesso sui comuni «cattivi» che non aderiscono alle iniziative: ma come fanno?

  FEDERICO D'INCÀ. Non erano sbalorditi...?

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Sogei e il Ministero dell'interno lavoravano a questa «cattedrale», i comuni sostanzialmente si disinteressavano e pensavano che quando il nuovo sistema sarebbe stato effettivamente completato se ne sarebbe parlato, e, nel frattempo, continuavano a rinnovare i contratti con i loro fornitori, perché comunque devono erogare il servizio quotidianamente. I fornitori facevano finta che non stesse succedendo niente, altrimenti avrebbero perso una linea di business. Così andava.
  La prima problematica era quella dello stato civile. Veramente era impensabile che potesse funzionare un sistema senza stato civile. Ho passato mesi – penso di avere dei testimoni – con la dottoressa Manzione, la dottoressa Marconi, la dottoressa Giovannini e la dottoressa Torraco a scrivere bozze di emendamenti per inserire lo stato civile, la leva e l'elettorale all'interno della ANPR. Non ricordo neanche il numero delle riunioni, ma furono moltissime. Alla fine, ci fu Pag. 10una bozza, che venne recepita all'interno di un decreto del Presidente della Repubblica recante le regole per le anagrafi. Si è poi aggiunto un articolo, un 2-bis, alla norma primaria, in cui si estendeva l'ANPR allo stato civile. Peccato che, come in tutti i DPR si facesse riferimento ai decreti attuativi, che non mi risulta siano stati ancora emanati, da giugno 2015. Non ricordo se il DPR sia di giugno o di agosto. Comunque, l'articolo 62 è stato modificato introducendo il comma 2-bis e, secondo me, era agosto 2015, ma comunque alla data potete risalire facilmente. I decreti attuativi, però, non ci sono ancora. Sogei continua a dire che loro hanno in programma di estenderlo allo stato civile, ma finché non c'è la norma, non hanno il contratto, e quindi non lo fanno. Il Ministero dell'interno dice che sta aspettando i decreti attuativi. Nel frattempo, l'unico comune che sta usando l'ANPR, che è Bagnacavallo, da dicembre 2016 – e trattasi di comune, fortunatamente per loro, relativamente piccolo – lavora in parallelo: da una parte, aggiorna i dati dell'ANPR e, dall'altra, continua a lavorare sul suo sistema di anagrafe. Non possono fare altrimenti.
  Vorrei essere chiara: io penso che sia una sciagura che in Italia ci siano 8 mila anagrafi, vorrei che domani mattina ci fosse un'applicazione nazionale, ma non si può chiedere a un comune di 50 mila, 100 mila, 200 mila abitanti, figuriamoci a un comune di un milione di abitanti, che l'operatore dell'anagrafe, che già di solito non ha dimestichezza nell'utilizzo di nuovi software, ogni volta che ha un cittadino allo sportello usi due sistemi. Non è possibile. Non lo farà nessuno. È anche pericoloso, perché la percentuale di errori che si potrebbe verificare sarebbe assai elevata, ancora più elevata di adesso. Questa è la situazione ad oggi.
  Ve l'ho raccontato, anzitutto, perché credo che, sia per ragioni di sicurezza nazionale sia per tutte le opportunità che anche ultimamente il nuovo commissario Piacentini delinea rispetto ai servizi on line, un'anagrafe nazionale sia fondamentale. Anche il sistema pubblico di identità digitale, che pure, con fatica, siamo comunque riusciti tutto sommato ad attivare nei tempi stabiliti dalla norma, finché non avrà dietro dei servizi veri – che però non possono essere fatti senza una profilazione sicura, a meno che non chiediamo ai cittadini di autoprofilarsi come con Facebook, ma non mi sembrerebbe il caso per servizi pubblici –, non si può avviare. Anche il resto, quindi, senza l'Anagrafe nazionale rimane monco.
  Ve lo dico anche perché, in tutto questo, non si sa neanche di chi sia la responsabilità. Il Ministero dell'interno ha la responsabilità del progetto da norma e ha il budget, e però si affida a una società in house del Ministero dell'economia e delle finanze per la realizzazione. L'ANCI non ha nessun potere di coordinamento e ogni tanto dipende anche dalle circostanze del momento quanta influenza può avere o no. Per l'AgID, che nominalmente dovrebbe indirizzare, coordinare e vigilare, c'è la dottoressa Giovannini, che si sbraccia nelle riunioni, ma poi che può fare nel concreto? Qual è la leva? La Funzione pubblica, vigilando l'AgID, ha sicuramente un interesse e inserisce nella convenzione con AgID la buona riuscita del progetto: ma quali sono le leve per far sì che il progetto sia realizzato con successo?
  Questa frammentazione di competenze, che nel caso dell'Anagrafe si vede plasticamente, ma in progetti meno cruciali e meno importanti si vede lo stesso, non aiuta. Soprattutto, non aiuta la separazione totale tra il livello centrale e quello locale. Tranne in alcuni casi, come per l'Agenzia delle entrate o l'INPS, sicuramente casi importanti, per la maggior parte dei servizi pubblici, il front office per i cittadini e per le imprese sono i comuni. Si può fare una legge che dice che i comuni fanno quello che dice loro «Giovanni», ma individuiamo almeno univocamente chi sia «Giovanni». La frammentazione è tanta anche a livello centrale, con pochissimo coordinamento con il livello locale. I finanziamenti, peraltro, per il livello locale, non sono quasi mai appannaggio dei comuni, ma delle regioni. I pochi fondi di investimento che esistono per scaricare a terra questi progetti sono all'interno dei fondi FESR, gestiti dalle regioni, non certo dai comuni. I punti dove Pag. 11le cose si bloccano sono troppi per pensare che non si blocchino.
  Per questo dicevo che non credo ci sia nessun bisogno di secretare nulla. Non riesco neanche a pensare, tranne eventualmente in fatti specifici, che a grandi linee ci siano responsabilità dolose. È proprio il sistema che è fatto male. È l'architettura del sistema che è fatta in modo che, a mio avviso, molto difficilmente possa funzionare. Può funzionare in poche eccezioni, ma non riesce a sistematizzare delle politiche.
  Di SPID direi quello che ho detto prima. Il sistema è stato realizzato nei tempi della norma, con degli identity provider che stanno anche lavorando bene, lo dico da utente. Come ho sempre pensato anche quando abbiamo lanciato inizialmente SPID – il presidente Coppola lo ricorderà –, credo che finché non ci saranno servizi molto usati sarà difficile far decollare il sistema. Anche se adesso l'INPS e l'Agenzia delle entrate hanno aderito, se io ho già il mio PIN dell'INPS, non mi prendo un'altra credenziale per andare sempre sul sito dell'INPS. L'applicazione per i diciottenni ha funzionato abbastanza, ma era un po’ un ricatto «se non usi questo, non ti diamo i 500 euro»: quante volte lo possiamo fare? Non è carino.
  D'altra parte, uno degli elementi che c'è nella norma sul Sistema Pubblico dell'Identità Digitale è che i service provider dovrebbero essere anche dei privati. Io auspico che questo accada. Se al sistema aderiscono le banche, i grandi operatori dei trasporti, come Trenitalia, servizi che la gente usa frequentemente, inizia a essere conveniente per tutti avere una password sola per i propri servizi. Finché SPID è limitato a un paio di servizi del comune e all'INPS, non credo che si riuscirà ad avere una gran diffusione.
  L'ultima cosa che mi piacerebbe dire, poi vi lascio volentieri la documentazione, riguarda il problema degli approvvigionamenti e delle risorse umane, che credo sia generale e sia uno degli ostacoli. Ci sono tanti motivi per cui l'Italia non brilla per digitalizzazione della pubblica amministrazione, anche se poi tendiamo spesso a pensare che sia molto peggio degli altri e forse non è davvero così. In ogni caso, ci sono delle caratteristiche abbastanza specifiche.
  Una è la totale frammentazione; dicevamo prima dell'anagrafe, ma vale anche per i software per il bilancio e la contabilità. Il testo unico degli enti locali è uguale a Bagnacavallo e a Messina: e allora perché sicuramente Bagnacavallo ha un software diverso da quello di Messina? Ci saranno almeno 200 diversi applicativi per la gestione del bilancio e della contabilità in giro per l'Italia. Su ogni cosa, dal sistema per elaborare i cedolini delle buste paga del personale a quello per la ragioneria, ogni comune, ogni regione, ogni provincia, ogni ministero, ogni ufficio di ministero si è comprato un software diverso. Questo è accaduto, e probabilmente questo ha determinato delle spese che si potevano sicuramente risparmiare. Se avessimo comprato una cosa per tutti, magari avremmo pagato di più, ma avremmo pagato una volta sola per tutti. Adesso uno dei problemi più gravi è nella maggiore difficoltà a standardizzare e anche a rendere interoperabili i sistemi. È vero, infatti, che l'interoperabilità non si fa tra sistemi; fortunatamente le tecnologie evolvono, ma le persone sono persone, sono abituate a lavorare su certi sistemi, soprattutto in uffici complessi.
  Poi c'è anche una dinamica politica. Ad un assessore al bilancio, ad esempio, non importa niente di che tipo di software usano gli uffici, vuole che il lavoro sia fatto bene e, se arriva l'ultimo impiegato dei suoi uffici dice che non ce la fa, che non è capace con quel software, dice a suoi di tornare indietro, di rifare anche a mano, purché sia fatto come dice lui.
  Avere così tanti sistemi diversi e non dare il giusto peso al fatto che sono le persone che li devono utilizzare, frammentare le competenze della forza lavoro – anche spostarsi da un comune all'altro, dalla regione al comune, diventa complicato, perché pur facendo lo stesso lavoro si debbono usare sistemi molto diversi – trovo che sia stato un grandissimo problema in termini di risorse sprecate e continui a essere un problema per cambiare quei processi Pag. 12 che dobbiamo cambiare, se vogliamo inserire la tecnologia in maniera utile e non soltanto per inserirla, come abbiamo fatto per la fatturazione elettronica. Mi spiego, la fatturazione elettronica è utile perché è utile per pagare prima i fornitori, per un maggiore controllo, per rintracciare le transazioni, ma non è tanto utile per fare le cose più in fretta o per risparmiare carta, perché non abbiamo cambiato i processi. Per cambiare i processi, bisognerebbe avere dei software, degli applicativi e degli ambienti simili, se non unici, più o meno per tutte le amministrazioni, almeno rispetto al dominio in cui si sta. Credo che questo, vista la situazione attuale, sia un task monumentale, perché è proprio il contrario di quello che è stato fatto fino adesso.
  A livello centrale, invece, non so se sia l'AgID o il nuovo team digitale, ma è un'attività che deve essere trasversale perché necessariamente implica tanti ministeri diversi. Non c'è tempo, ma potrei parlarvi della giustizia digitale, del processo telematico, di tante cose, di tutti i problemi di interazione con il Garante per la privacy. Si deve avere un soggetto unico, autorevole, che abbia delle risorse adatte a svolgere il lavoro che deve fare e la capacità, almeno tecnica, avendo quindi un indirizzo forte, di potersi relazionare con tutte le strutture ministeriali almeno da pari. Questo oggi non è.
  È abbastanza facile trovare capri espiatori, ma non ci sono. Personalmente, posso testimoniare che molte scelte vengono fatte dal dirigente «Pinco Pallo», in buona fede, che però fa un altro mestiere. A lui sembra la cosa migliore da fare in quel momento, perché non c'è alcuna capacità decisionale in Agenzia, in realtà, tranne che nei pareri. I pareri, però, sono di solito ostativi, quindi l'Agenzia ogni tanto, quando qualcuno glielo chiede, ha il potere di dire «no». Dicendo «no», però, si rallenta e basta, non si produce un effetto positivo, forse si riesce a non produrre un altro effetto negativo. Non dà molta soddisfazione.

  PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Premetto che condivido praticamente tutto quello che ha detto la dottoressa Poggiani, perché è vita vissuta ed è anche l'inevitabile conclusione di tutto quello che ci hanno raccontato finora. Adesso è stato finalmente stabilito un percorso nel piano di crescita digitale e portando come nodo al pettine la cosa più importante, l'Anagrafe unica, di cui credo, da Rey in poi, si discutesse. Con la legge Bassanini, alla fine degli anni Novanta, il problema dell'Anagrafe unica si era già posto. Nel momento in cui, però, si è provata a realizzarla, sono uscite fuori le questioni.
  In verità, pensavo che fosse, ed è stato illuminante l'incontro di oggi, una resistenza dei comuni, dovuta al fatto che questa legge fa dell'ufficiale dell'anagrafe un pubblico ufficiale che non voleva rinunciare al proprio ruolo. Evidentemente, questo non è stato neanche testato.

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Magari succederà.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Magari succederà, ma ancora non lo sappiamo. In verità, è sempre lo stesso problema. Vi è anche il tema dei decreti attuativi. Purtroppo, questa legislatura è caratterizzata proprio dal fatto che approviamo leggi importantissime e non riusciamo ad andare avanti sui decreti attuativi. Questo è un tema. Mi pare, però, che se anche si risolvesse questa questione del decreto attuativo, rimarrebbe il problema di chi è «Giovanni», chi ha in mano il pallino.
  La prima domanda è proprio questa: chi dovrebbe, per esempio, presentare in Consiglio dei ministri la proposta sui decreti attuativi? Il Ministero dell'interno o il Ministero della funzione pubblica?

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Di concerto, credo.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Di concerto, ma poi c'è comunque un ministro. Il fatto stesso che non si riesca a rispondere immediatamente a questa domanda forse è la prima questione. Pag. 13
  La seconda questione: mi pare che – fermi restando tutti i problemi organizzativi di AgID; – audiremo Samaritani prossimamente e vedremo se ha affrontato qualcosa in merito o meno – che anche nell'ultima legge di stabilità l'investimento è stato deciso sulla struttura del commissario, che è stato dotato di opportunità anche economiche per assumere persone e così via. La struttura del commissario rischia di essere, però, un'ulteriore parte di questi frammenti se ancora una volta non c'è il discorso della governance.
  Come pensa si possa mettere insieme questa struttura del commissario con il ruolo operativo e organizzativo dell'AgID?

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Non lo so. Si può dire: non lo so?

  PRESIDENTE. È lecito.

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Non voglio dire cose che non penso. Io penso veramente che il team di Piacentini sia utile. Penso che sia utile il fatto che si siano potute assumere venti persone dal settore privato. Penso che non sia tanto utile avere tante «parti in commedia». Credo che certamente si possa lavorare insieme, ma non si può fare leva sulla simpatia reciproca delle persone. Le persone cambiano e, se le cose non sono organizzate con delle regole precise, è tutto affidato alla speranza che le persone lavorino bene insieme.

  DIEGO DE LORENZIS. Vorrei sapere se è possibile, in questa sede, fare delle proposte. Lei ha detto che l'Agenzia, ma anche altri soggetti, altri enti, non hanno poteri, non hanno leve, fondamentalmente hanno una carenza di strumenti. Questo ci è stato confermato anche nelle altre audizioni. Una delle cose su cui mi interrogo: è possibile immaginare non dico degli strumenti coercitivi, ma degli strumenti che inducano, premino quelle amministrazioni – non so se sia il caso di mettere, come legislatori, dei paletti nella legge di bilancio per la parte dello Stato – legando anche i premi di produttività dei dirigenti a una serie di paletti che possano facilitare il processo di digitalizzazione?
  Vorrei, poi, sapere anche un'altra cosa. Sogei ha sviluppato questo sistema e credo, essendo un soggetto in house, che questo sia avvenuto in affidamento diretto: il tipo di software è in formato open source? So che è una domanda banale...

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Non credo. Non lo so.

  DIEGO DE LORENZIS. Si stanno usando soluzioni proprietarie o un comune, un ente pubblico, un ente locale che voglia vedere il codice sorgente, ha difficoltà a vedere come è pensato il sistema?
  L'ultima domanda riguarda le risorse. La collega accennava alla spesa fatta per la struttura del commissario. Lei ha parlato del fatto che non soltanto non c'è stato un coinvolgimento di tutti gli attori anche economici, quindi anche soggetti privati fornitori di servizi, ma non c'è stato neanche un coinvolgimento degli utenti, banalmente tradendo anche i princìpi basilari di chi fa questo mestiere.
  Mi chiedo, però, se c'è anche un tema di risorse. Perché non è stato pensato un sistema, per esempio, nel quale il sistema centrale, nel momento in cui ancora non è entrato come master, si sincronizza e costringe l'operatore, il comune ad avere un doppio inserimento? È stato un problema anche di risorse o di interpretazione della norma? Nel momento in cui si è detto di fare l'anagrafe, bisognava specificare anche come gestire il transitorio? Mi sembra quasi un assurdo, sul piano normativo, scendere in un livello di dettaglio così importante, o questo era previsto in qualche regolamento, decreto attuativo? Vorrei capire se il tema delle risorse economiche ha inciso nel fare le cose in economia, e quindi anche nel farle un po’ male, forse.

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Parto dall'ultima domanda.
  Io direi che abbiamo speso anche troppo. A me risulta che, ad oggi, i contratti in Pag. 14affidamento diretto, come è giusto che sia – è una società in house tra Ministero dell'interno e Sogei – per il mantenimento INA-SAIA e ANPR abbiano raggiunto circa i 20 milioni per realizzare un software da capo, che però non è particolarmente innovativo, come dicevo. Ce ne saranno sessanta di software con le stesse specifiche funzionali in giro, perfettibili, perché sono tutti vecchi, ma ci sono, e costano non più di 50 mila euro di manutenzione l'anno ai comuni. Queste sono le tariffe dei software dei servizi demografici. Mi sembra che per ANPR il costo di progettazione e realizzazione sia molto elevato. E dall'altra parte, non sono state previste risorse nella norma, come dicevo, per l'adeguamento dei comuni. Facciamo anche finta che il prodotto realizzato da Sogei domani improvvisamente sia perfetto: se non altro per chiudere il contratto con il mio fornitore, fare la formazione ai miei operatori, io comune ho dei costi, non è vero che non li ho, e questi non sono previsti. Nella norma è scritto espressamente che i comuni devono aderire entro una certa data, che poi non è stata rispettata, perché non è stato realizzato il prodotto, senza oneri aggiuntivi.
  Essendo stato fatto da capo, credo che il codice sia «aperto», nel senso che non è stato acquistato da fornitori esterni. Non credo però che sia visibile, valutabile, copiabile o manipolabile da soggetti diversi da Sogei. Non mi risulta. Mi risulta, però, che a un certo punto, pensando che questo avrebbe favorito il subentro dei comuni, sono state offerte due modalità di utilizzo dell'ANPR ai comuni: una con la web application, che doveva essere l'unica; una con i web service. Abbiamo fatto questa furbata, abbiamo detto: bene, tu non vuoi cambiare il tuo sistema perché ti piace tanto? Allora utilizza i web service. Peccato che se la web app funziona poco, quelli non funzionano per niente, perché sono tanti i sistemi con cui devono dialogare e questo crea molti problemi. A quel punto, abbiamo speso, sempre che non spendiamo di più, cosa che prevedo – visto che ancora tutta la parte dello stato civile non c'è – 20 milioni per fare un'applicazione centrale, e continuiamo a pagare tutti i software locali, perché i comuni usano ancora i loro sistemi. I comuni, se usano i web service, evitano di fare la formazione, continuano a lavorare come prima, nell'ipotesi – credo remota – che i fornitori privati di software a loro spese adeguino il loro software per parlare attraverso web service con l'applicazione fatta da Sogei costata 20 milioni. Non mi pare che ci sia un problema di risorse economiche su questo. Mi pare che ci sia un problema di come vengono utilizzate.
  La seconda domanda era sugli strumenti normativi? Veramente non lo so. Non è proprio il mio mestiere.

  DIEGO DE LORENZIS. Però, mi scusi se La interrompo. Quando presiedeva AgID che poteri avrebbe voluto avere per cercare un coordinamento maggiore?

  PRESIDENTE. Aggiungo io un punto su questo, che mi ero segnato. Giustamente, ha detto che AgID non ha la necessaria autorevolezza. La domanda è: come mai non ha la necessaria autorevolezza, visto che, in virtù della legge, AgID ha una serie di compiti? In che cosa, alla fine, si concretizza, si potrebbe concretizzare quest'autorevolezza? Chi ha l'autorevolezza, a questo punto, se non...?

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Intanto, AgID è, in realtà, un dipartimento della Funzione pubblica, che già non è un soggetto con una leadership particolarmente spiccata all'interno del Consiglio. Non dipende dalle persone. Il peso del Ministero della salute, del Ministero dell'economia non è lo stesso di quello della Funzione pubblica, totalmente a prescindere dalle persone che rivestono quella carica.

  FEDERICO D'INCÀ. Lei ha perfettamente ragione. In quale periodo è stata direttore di AgID?

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. A cavallo tra il 2014 e il 2015.

Pag. 15

  FEDERICO D'INCÀ. Un anno, praticamente.

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Sì.

  FEDERICO D'INCÀ. Quante persone lavorano per AgID?

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Ottanta.

  FEDERICO D'INCÀ. Ottanta, in questo momento.

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Oggi non lo so, perché è stata fatta qualche assunzione a tempo determinato.

  FEDERICO D'INCÀ. La sua disamina di oggi è più quella di un consulente a cui abbiano chiesto un'analisi della problematica, ma non di una persona che è stata direttore all'interno. È vero, ha detto che c'era una frammentazione, che avete trovato che mancava il civile, l'elettorale, la leva, che c'era il problema per quanto riguarda Ferrovie dello Stato, Alitalia. Avete spinto il ministero, i ministeri competenti? Immagino di sì, in maniera molto forte.

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Assolutamente sì.

  FEDERICO D'INCÀ. Le risposte che avete avuto sono sempre state «facciamo dopo», negative, positive, di lentezza, di incomprensione?

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. È un problema di priorità, no?

  FEDERICO D'INCÀ. I decreti attuativi mancavano, ma io mi aspetterei un po’ di più; da cittadino che lavora nell'informatica, ho visto tutte le aziende che ha nominato. Mi trovo difficoltà, però, a pensare che lo Stato non riesca, in nessuna maniera, a convergere con delle persone che abbiano dell'esperienza maturata in campi di lavoro e in una visione per raggiungere un obiettivo.

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Le cose di cui stiamo parlando, nella mia esperienza – per carità, mi sono dimessa, quindi sono una di quelle che può dire che magari non ero capace io...

  FEDERICO D'INCÀ. Non voglio dire questo. Ho detto semplicemente che si vede...

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Il problema è che la digitalizzazione dovrebbe essere una priorità. Scevra da qualunque valutazione di tipo politico, da cittadina, che io ricordi, l'unico periodo in cui c'è stata un'effettiva accelerazione delle cose, è stato quando c'è stato un Ministro dell'innovazione. Le risorse che sono state investite, – poi purtroppo spese spesso anche male –, nel periodo del Ministro Stanca non ci sono state più. Avere un soggetto che dica al Ministro dell'interno «adesso basta» e possa dirgli che bisogna far accadere delle cose... Finché l'Agenzia è un dipartimento di un ministero, non è neanche un’authority, non può fare molto. Lei non ha idea dello sforzo che è stato necessario per fare approvare il regolamento del Sistema Pubblico di Identità Digitale da parte del Garante per la privacy, che ha un potere decisionale. Tu puoi fare quello che ti pare, ma se loro pensano che quel regolamento non va bene, per motivi anche corretti dal loro punto di vista, non si va avanti. E non si riesce a contemperare le ragioni della privacy con altre ragioni se non c'è un soggetto con pari potere decisionale dall'altra parte. Ci abbiamo messo oltre tre mesi per approvare il regolamento SPID, ma andandoci tutti i giorni, continuamente.
  Quando c'è stato lo «sblocca Italia» per la banda ultralarga, io ho passato le notti a scrivere documenti. Una delle cose che non vi ho detto riguarda l'Agenzia, ma, in generale, anche le politiche di digitalizzazione. Quando sono stata nominata direttore generale, l'Europa ci aveva appena bocciato le condizionalità ex ante per la Pag. 16programmazione dei fondi FESR dell'OT2, l'obiettivo tematico dell'agenda digitale. Questo significava che non si poteva programmare, quindi bisognava riscriverle, cosa che è stata fatta. Allora, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Delrio è stato molto d'aiuto in questo. Sono stati fatti due documenti, sulla crescita digitale e il piano nazionale banda ultralarga. Quando si andava a parlare con il Ministero dello sviluppo economico delle politiche sul catasto, sul sottosuolo, decideva lui. Non decide l'AgID. L'AgID può fare tutte le raccomandazioni del caso, ma non è un’authority, quindi non emana regolamenti coercitivi.
  Se ci si mette molta energia, ma proprio tanta, e si fa «il giro delle sette chiese» tutti i giorni, si riesce a spuntare qualcosa, sennò non ce la si fa, ma non perché gli altri siano «cattivi», bensì perché la priorità di questi argomenti nell'agenda di quasi tutti i soggetti decisori è abbastanza bassa. Non si va a perorare la causa della fabbrica che ha chiuso o dell'assunzione dei precari nella scuola. Si va a parlare di qualcosa che per i più è ancora un «nice to have», e non si ha molto potere di farlo accadere.

  FEDERICO D'INCÀ. Mi fa un esempio di un'anagrafe, a livello europeo, che funziona in maniera corretta?

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Credo che l'unica simile alla nostra e che funzioni, peraltro agganciata a un sistema pubblico di identità digitale, sia quella danese. Di quella francese, che sarebbe simile alla nostra, non so. Le altre che funzionano non sono anagrafi come la nostra. L'anagrafe com'è fatta in Italia credo ci sia solo in Francia. Il nostro diritto amministrativo è ancora quello napoleonico. Se non ci fosse stato Napoleone, avremmo una forma dello Stato diversa. È proprio così. Per cui l'unica che non è proprio uguale, ma molto simile, è l'Anagrafe francese, che credo però sia stata unificata su base nazionale. Non conosco, però, il loro livello di digitalizzazione.
  In Danimarca, hanno un'Agenzia come l'AgID e hanno fatto un ottimo lavoro di integrazione delle anagrafi, simile a quello dell'ANPR, ma fatta su web application, quindi tutti quelli che si connettono all'Anagrafe accedono alla stessa cosa, e l'hanno connessa direttamente al sistema di identità digitale danese. Quello che nella nostra norma diventa il domicilio digitale, che però nella nostra norma è una PEC, un'e-mail, un po’ quello che ti pare, lì è di default il login che viene distribuito a tutti i cittadini e che, peraltro, essendo stato fatto da un soggetto bancario, funziona anche per il conto in banca.

  FEDERICO D'INCÀ. È stato fatto da un soggetto bancario?

  ALESSANDRA POGGIANI, ex direttore generale di AgID. Sì, hanno bandito una gara, vinta da una specie di SIA danese, e quindi è lo stesso per la banca e per lo Stato.

  PRESIDENTE. Sottolineando che, almeno a me, non risulta che esista, nell'ordinamento giuridico, un principio per cui i ministeri hanno differente peso, per quanto chiaramente non metta in dubbio quello che ci è stato raccontato, vorrei che venisse stigmatizzato il fatto che, se è vero che lo Stato funziona così, funziona in contrasto con i princìpi della Costituzione.
  Ringrazio la dottoressa Poggiani e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.15.