XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del militare Emanuele Scieri

Resoconto stenografico

Seduta n. 41 di Mercoledì 9 novembre 2016

INDICE

(La seduta, sospesa alle 22.05, è ripresa alle 22.15) ... 28

Amoddio Sofia , Presidente ... 28 28

Testo del resoconto stenografico

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PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
SOFIA AMODDIO

La seduta inizia alle 20.30.

Audizione di militari in servizio nella caserma «Gamerra» di Pisa, all'epoca di Emanuele Scieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, i processi verbali delle sedute precedenti si intendono approvati.
L'ordine del giorno reca l'audizione di militari in servizio nella caserma Gamerra di Pisa all'epoca di Emanuele Scieri. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Signor Mesiti, le faccio una breve premessa. Come lei saprà, questa Commissione d'inchiesta sta indagando sulla morte di Emanuele Scieri, avvenuta alla caserma Gamerra di Pisa, in quanto in questi anni è stata sempre richiesta l'istituzione di una Commissione d'inchiesta e l'anno scorso la Camera ha votato l'istituzione di questa Commissione all'unanimità.
Capisco che è difficile ripercorrere i fatti dopo 17 anni, però le chiediamo tutti di fare un enorme sforzo e di raccontarci tutto ciò che lei sa, tutto ciò di cui lei è a conoscenza, anche i minimi dettagli, perché abbiamo bisogno di capire come si sono svolti i fatti.
Lei, ad agosto 1999, era presso la caserma Gamerra. Da quanto tempo e che ruolo rivestiva? Cominci spontaneamente a raccontarci quello di cui lei è a conoscenza.

IVAN MESITI. Ero in caserma quella giornata lì. Sono del terzo scaglione del 1999, quindi a marzo 1999. Sono arrivato a Pisa mi sembra ad aprile, perché ho fatto un mese a Firenze al CAR. Ad agosto ero appena diventato aiuto istruttore di paracadutismo e quella mattina del 13 agosto ero anch'io andato a Firenze a caricare lo scaglione dello Scieri, però non come istruttore ad accompagnare i ragazzi sui pullman, ma ero capomacchina di un ACM con i bagagli.

PRESIDENTE. Cioè, lei non era sul pullman?

IVAN MESITI. No, ho fatto solo una piccola parte del viaggio sul pullman, perché un pullman si era guastato ed eravamo tornati indietro. Adesso non mi ricordo bene com'era andata. Comunque ero capomacchina di un ACM e poi a metà viaggio ero salito anch'io su un pullman.

PRESIDENTE. Sì, e che cosa è successo sul pullman quel giorno?

IVAN MESITI. Di particolare niente. Era stato poi detto che c'era del riscaldamento... che era troppo caldo... che c'erano i riscaldamenti accesi. Adesso non me lo ricordo questo, però, essendo anche agosto, il caldo era anche...

PRESIDENTE. Il caldo di agosto va bene. Lei ha appena detto che c'erano i riscaldamenti accesi. Che cosa è accaduto quel giorno?

IVAN MESITI. Non so se erano... perché dicevano che erano guasti. Adesso io non me lo ricordo.

PRESIDENTE. La prego di fare uno sforzo di memoria, perché è importante questo punto.

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IVAN MESITI. Sì, ripeto...

PRESIDENTE. Com'è avvenuto il viaggio da Scandicci, da Firenze, a Pisa? È avvenuto in pullman, ma in che maniera è avvenuto? Che cos'è accaduto sui pullman?

IVAN MESITI. Ai ragazzi penso niente di che. Erano solo stati fatti sedere come era poi stata definita la posizione della sfinge, seduti... però alla fine seduti composti, senza...

PRESIDENTE. Chi l'aveva ordinato questo?

IVAN MESITI. Penso o i caporali o i graduati che erano sul pullman, quando sono saliti a Firenze.

PRESIDENTE. Ma lei non era un caporale graduato?

IVAN MESITI. Sì, però io su quel pullman, quando sono salito, sono salito anch'io alla fine come passeggero e non ho dovuto ordinare, non ho dovuto fare niente con nessuno. Non era un mio compito comunque l'accompagnamento dei ragazzi.

PRESIDENTE. Lei, durante le indagini, è stato sentito?

IVAN MESITI. Io sono stato sentito una volta sola, dopo che mi ero congedato, a gennaio. Adesso la data precisa non la ricordo. Comunque, fino a quando non ci siamo congedati, non c'era mai arrivato nessun avviso, mai niente.

PRESIDENTE. Quindi, lei è stato sentito non nell'immediatezza dei fatti, dopo la morte di Emanuele Scieri, ma dopo che lei si è congedato?

IVAN MESITI. Dopo gennaio, sì.

PRESIDENTE. Gennaio 2000?

IVAN MESITI. Sì.

PRESIDENTE. E che cosa ha dichiarato allora?

IVAN MESITI. Allora avevo anche paura a dichiarare, perché io quella sera lì ero fuori, in libera uscita e, poi, dello Scieri l'ho saputo solo il giorno che è stato trovato morto. Io quella sera ero in libera uscita. Sono andato a far cena con dei commilitoni e siamo rientrati molto tardi, anzi in orario anche che non era...

PRESIDENTE. Cioè lei il 13 sera, la sera che è arrivato Emanuele Scieri in caserma Gamerra, era in libera uscita?

IVAN MESITI. Sì.

PRESIDENTE. Ed è rientrato poi a dormire in caserma?

IVAN MESITI. Ero proprio in licenza per i giorni di Ferragosto e rimontavo di servizio il lunedì come nucleo controllo cucina.

PRESIDENTE. No, la mia domanda è: lei il 13 sera era in licenza o era nella caserma Gamerra?

IVAN MESITI. Ero in licenza. Sono rientrato poi nella notte...

PRESIDENTE. Nella notte quale?

IVAN MESITI. Sempre tra il 13 e 14. Il 13 sera siamo andati in licenza e il sabato mattina presto siamo rientrati. Dovevano averci preso anche il nome. L'ufficiale di picchetto all'ingresso ci ha anche preso i nominativi perché era un orario in cui non si sarebbe...

PRESIDENTE. Nonostante fosse in licenza, lei è andato a dormire in caserma. È così?

IVAN MESITI. Sì.

PRESIDENTE. Giusto?

IVAN MESITI. Sì.

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PRESIDENTE. Quindi, il 13, 14, il 15 e il 16 sera lei dorme in caserma.

IVAN MESITI. Sì.

PRESIDENTE. È così?

IVAN MESITI. Sì.

PRESIDENTE. Nonostante fosse in licenza. Al microfono, si avvicini.

IVAN MESITI. Sì, sì.

PRESIDENTE. Non si preoccupi. Guardi la Commissione.
Senta, capitava spesso che molti militari, pur essendo in licenza, invece si trovavano a dormire in caserma e usufruivano dei letti della caserma, pur essendo formalmente in licenza?

IVAN MESITI. Non so, adesso non mi ricordo se era così usuale, ma capitava, mi sembra.

PRESIDENTE. Capitava.

IVAN MESITI. Mi sembra che ogni tanto capitasse che...

PRESIDENTE. Lei con chi era in licenza quella sera del 13?

IVAN MESITI. Di sicuro, ai tempi era caporalmaggiore, perché era un VFB, Francesco Simula. Adesso dovrebbe essere...

PRESIDENTE. Simula era in licenza e dormiva, invece, in caserma anche lui?

IVAN MESITI. Io adesso non so se lui era in licenza, però lui era un VFB e, quindi, penso avesse proprio tipo...

PRESIDENTE. Si ricorda Tatasciore e Cinelli?

IVAN MESITI. Sì.

PRESIDENTE. Chi erano Tatasciore e Cinelli?

IVAN MESITI. Erano dei miei commilitoni dello stesso scaglione.

PRESIDENTE. Ed erano anche loro...

IVAN MESITI. Anche loro aiuto istruttori di paracadutismo.

PRESIDENTE. Anche loro erano formalmente in licenza e, invece, si trovavano a dormire il 13 notte?

IVAN MESITI. Non lo so. Non mi ricordo.

PRESIDENTE. Non si ricorda.
È sicuro che lei non ha imposto la posizione della sfinge a tutti i paracadutisti che viaggiavano sul pullman n. 2 che portava gli allievi da Firenze a Pisa?

IVAN MESITI. Sì, io non ho imposto niente, perché sono salito penso oltre la metà del viaggio.

PRESIDENTE. Ma lei ha subito un procedimento disciplinare?

IVAN MESITI. Sì. Ci avevano...

PRESIDENTE. Per quale motivo?

IVAN MESITI. Perché, quando eravamo lì, ci avevano messo tutti, alla fine, nel mezzo e hanno detto che c'erano state queste imposizioni, però non tutti si ricordavano e, secondo me, hanno fatto poi un...

PRESIDENTE. Ce lo spieghi meglio, la prego.

IVAN MESITI. Nel senso che i ragazzi probabilmente non si ricordavano neanche bene chi fossero a dire le cose o meno e, quando ci hanno visto, anche perché ci hanno visto per poco tempo, ci hanno, alla fine, additato un po’ a tutti. Erano state fatte fare anche delle dichiarazioni ai ragazzi del viaggio e di tutto e hanno fatto un po’ i nomi di tutti i caporali istruttori.

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PRESIDENTE. Chi erano i caporali istruttori in quel viaggio insieme a lei?

IVAN MESITI. Non me li ricordo, i nomi.

PRESIDENTE. Si ricorda che eravate lei, cioè il signor Mesiti, Tatasciore e Cinelli nello stesso pullman, tutti e tre caporali?

IVAN MESITI. Mi ricordo che loro c'erano, ma non mi ricordo se eravamo sullo stesso pullman.

PRESIDENTE. Però si ricorda che c'erano quel 13 agosto nel trasporto in pullman delle nuove reclute?

IVAN MESITI. Mi ricordo che... sì, perché eravamo andati noi insieme, però non mi ricordo se erano su quel pullman dove sono salito poi io e cosa era successo.

PRESIDENTE. Lei non si ricorda che ha riferito, il 5 gennaio del 2000, quando è stato sentito dal procuratore della Repubblica, di aver ordinato ai militari di assumere la posizione della sfinge «per evitare che facessero confusione e che dessero l'impressione di essere in gita scolastica?».

IVAN MESITI. No, non me lo ricordo.

PRESIDENTE. Non si ricorda questo?

IVAN MESITI. No.

PRESIDENTE. E adesso che io gliel'ho letto, se lo ricorda?

IVAN MESITI. No.

PRESIDENTE. E allora chi è che impartì quest'ordine di tenere la posizione eretta della sfinge, cioè le mani sulle ginocchia e la schiena staccata dal sedile del pullman? Chi la ordinò questa posizione?

IVAN MESITI. Ripeto, non mi ricordo se erano i miei compagni che mi ha detto lei, Tatasciore e Cinelli, se erano stati loro o meno, ma non mi ricordo se sul pullman ero con loro. Questo proprio non lo so. Non me lo ricordo, non è che non lo so.

PRESIDENTE. Io le contesto che lei, nel verbale del 27 agosto 1999, ha dichiarato – così rimane a verbale – «per evitare che gli allievi facessero confusione e dessero l'impressione che si trattasse di una gita scolastica, li abbiamo fatti sedere con le mani sulle ginocchia tenendo lo sguardo avanti».
Poi qualcun altro ci ha detto in questa Commissione che avete acceso l'aria condizionata il 13 agosto 1999 e avete obbligato 69 persone a viaggiare con l'aria condizionata accesa, con i finestrini chiusi... l'aria calda, scusate, l'aria calda accesa, i finestrini chiusi e il basco in testa. Corrisponde o no questo a verità?

IVAN MESITI. Se è stato detto, sicuramente è così. Io adesso, però, sinceramente non me lo ricordo di averlo detto io. Probabilmente la mia è stata una cosa di ricomporre se qualcuno non era più in quella posizione, però sicuramente... se sono salito dopo, probabilmente qualcuno aveva già ordinato questa posizione.

PRESIDENTE. Certo. A suo modo di vedere, questo era un ordine legittimo? Secondo la sua opinione.

IVAN MESITI. Non mi sembra... visto che comunque tutti dicono che era un po’ la cosa dell’élite dell'Esercito italiano, se c'era anche un po’ di ordine e posizione composta o meno non...

PRESIDENTE. Ci spieghi meglio. Prego, si rivolga alla Commissione.

IVAN MESITI. A non vedere comunque tipo un pullman di ragazzini che fanno il «devasto» su un pullman.

PRESIDENTE. Vabbè, si può certamente dire «Rimanete composti», ma non «Staccate la schiena dallo schienale e rimanete rigidi per due ore e mezza di viaggio – non so quante siano adesso le ore di viaggio – accesa l'aria calda il 13 agosto, chiusi i finestrini». Il basco in testa posso capirlo Pag. 6per una questione di ordine, ma tutto questo... Non si ricorda che il tenente Amoriello poi salì, ad un certo punto, e aprì i finestrini dei due pullman?

IVAN MESITI. No, non me lo ricordo.

PRESIDENTE. Non se lo ricorda. Le ho chiesto: questo, secondo lei, è un ordine legittimo?

IVAN MESITI. Probabilmente, a fatti compiuti, ormai direi di no.

PRESIDENTE. Direbbe di no.
Lei adesso che lavoro fa?

IVAN MESITI. Io sono un maestro di sci e un allenatore di sci e operaio nei mesi estivi.

PRESIDENTE. Ha figli, famiglia?

IVAN MESITI. Ho due bambine di 13 e 12 anni e un bimbo di 10 mesi.

PRESIDENTE. Ma non si è accorto della sofferenza delle reclute dovuta proprio a questa posizione che era stata imposta e a quest'alta temperatura del pullman?

IVAN MESITI. No, anche perché non mi sembra che ci siano state poi delle lamentele durante il viaggio, che io mi ricordi.

PRESIDENTE. Nessuna lamentela.
Lei ha subìto un processo con una condanna penale?

IVAN MESITI. No.

PRESIDENTE. No?

IVAN MESITI. Non c'è stato il processo, no. Visto che erano state fatte queste dichiarazioni dai ragazzi...

PRESIDENTE. Lei è proprio sicuro che non ci sia stato il processo?

IVAN MESITI. Io in tribunale non sono mai finito. Questo sono...

PRESIDENTE. Ha messo un avvocato. È stato...

IVAN MESITI. Sì, perché ci era stato consigliato di patteggiare.

PRESIDENTE. Quindi, ha patteggiato.

IVAN MESITI. Sì, però non c'era stato...

PRESIDENTE. Lei ha patteggiato la pena per questi fatti?

IVAN MESITI. Sì.

PRESIDENTE. Sì o no?

IVAN MESITI. Sì, sì.

PRESIDENTE. Bene, allora, il patteggiamento della pena è un processo, anche se lei non si è mai presentato.

IVAN MESITI. Questo...

PRESIDENTE. Non lo sapeva?

IVAN MESITI. No, non lo sapevo, però tipo...

PRESIDENTE. Lei ha subìto un processo e una condanna a mesi 6 di reclusione, sospesa.

IVAN MESITI. Che poi mi erano stati revocati... levati. Forse un anno dopo mi è arrivato un ufficiale giudiziario a casa, probabilmente perché nei fatti che era in mezzo ero quello che c'entrava meno di tutti.

PRESIDENTE. Ascolti, signor Mesiti: lei è stato condannato a 6 mesi di pena con patteggiamento. Il patteggiamento lei lo sa che cos'è?

IVAN MESITI. Sì... no, però...

PRESIDENTE. Gliel'ha spiegato il suo avvocato cos'è il patteggiamento?

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IVAN MESITI. Sì, però a me avevano detto che non era tipo un'ammissione di colpa.

PRESIDENTE. È una pena. È un processo penale con l'applicazione di una pena di reclusione, cioè di carcere con pena sospesa.

MARIA GAETANA GRECO. È una sentenza di condanna.

PRESIDENTE. È una sentenza di condanna, certo.

IVAN MESITI. Okay, però circa un anno dopo a questa cosa mi è arrivato un ufficiale giudiziario, rilevandomi questa condanna. Non è più... adesso io ai fogli... Comunque mi erano stati levati. Questi 6 mesi mi erano stati ridati. Mi avevano dato, mi sembra, se non sbaglio, un anno di libertà controllata.

PRESIDENTE. Le hanno applicato la pena sostitutiva della libertà vigilata, cioè lei non è andato a finire in carcere, ma ha avuto una condanna per questi fatti, per i finestrini chiusi e per l'imposizione della cosiddetta posizione della sfinge. Quindi, lei, oggi, a distanza di tempo, con la sua maturità acquisita adesso, dopo tanti anni, ritiene che quello fosse un ordine illegittimo?

IVAN MESITI. Probabilmente sì. Adesso probabilmente sarebbero azioni che magari non farei più.

GIOVANNA PALMA. Probabilmente. Mi scusi, quindi riconosce che all'epoca l'ha fatto. Lei prima sosteneva che non si ricordava.

IVAN MESITI. Non mi ricordo se l'ho fatto. Sinceramente, non mi ricordo. Sicuramente, dovessi farlo adesso, probabilmente non sarei più su quell'ottica lì. Magari userei altre metodologie.

PRESIDENTE. Voglio specificare che noi non possiamo fare riferimento a nomi di precedenti auditi in Commissione perché i verbali precedenti sono stati secretati.

GIANLUCA FUSILLI. Genericamente sì.

PRESIDENTE. Genericamente, ma comunque possiamo evitare di fare riferimento alle precedenti audizioni.
Lei ha dichiarato, il 5 febbraio 2000, che la sera del 13 dormì in caserma, nonostante fosse in licenza e mi ha appena detto che spesso accadeva che militari dormissero in caserma pur essendo in licenza.

IVAN MESITI. Mi sembra che succedesse.

PRESIDENTE. Quando lei è rientrato la notte, è stato identificato, oppure, semplicemente perché lei era già un caporale, non occorreva che mostrasse il tesserino?

IVAN MESITI. Quando siamo rientrati la notte?

PRESIDENTE. Sì.

IVAN MESITI. Siamo stati segnalati perché l'ufficiale giudiziario aveva preso...

PRESIDENTE. L'ufficiale giudiziario? Stiamo parlando della caserma.

IVAN MESITI. Scusi, l'ufficiale di picchetto ci aveva – mi sembra – preso i tesserini, o comunque ci aveva segnalato, perché era un orario in cui non si sarebbe potuti entrare in caserma. Adesso non mi ricordo se bisognava entrare tipo dopo le 6 del mattino e siamo entrati prima. Adesso non mi ricordo bene come funzionasse.

PRESIDENTE. Andiamo con quest'ordine, se voi siete d'accordo. Finiamo ogni domanda a tema. Se qualcuno vuole intervenire sul tema del trasporto da Scandicci-Firenze alla Gamerra, può farlo. Poi passiamo a un altro argomento. Su questo tema, del trasporto e della posizione della sfinge, ci sono domande da fare?
Ne ha una l'onorevole Zappulla.

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GIUSEPPE ZAPPULLA. Buona sera, intanto. Più che una domanda, ho una considerazione rispetto alle risposte che lei ha fornito poco fa.
Mentre l'ascoltavo, riflettevo sul fatto che a me capita, come a tutti i cittadini magari, di dimenticare di pagare una multa. Quando mi viene notificato il ritardo del pagamento di una multa per qualsiasi cosa, le confesso che non ci dormo la notte. Lei sembrava non ricordare che ha subìto una condanna penale, poi comminata. Il patteggiamento significa ammissione di colpa.
La cosa che mi lascia perplesso, oltre al fatto che lei non ricorda una cosa così grave nella sua personale vita... La domanda è un'altra. Poi ho sentito che lei dice che probabilmente non lo farebbe più. Lei ha ancora dubbi sul fatto che tenere 50-60 ragazzi il 13 agosto su un pullman con i finestrini chiusi e con quella temperatura in quella posizione della sfinge fosse un atto che non c'entrava nulla con la disciplina, ma era un atto di violenza? La si può chiamare come si vuole, violenza psicologica o violenza fisica. Lei, da questo punto di vista, ancora ha dei dubbi?

IVAN MESITI. No, no, io – ripeto – sul riscaldamento non mi ricordo se era rotto il riscaldamento. Sicuramente non farei accendere il riscaldamento il 13 agosto, anche perché comunque sul pullman c'ero anch'io e, se fa caldo per loro, fa caldo anche per me, come poteva far caldo per il tenente Amoriello. Ci mancherebbe. Non sono masochista. Su quello sono sicuro.

GIUSEPPE ZAPPULLA. Li ha cancellati i dubbi, insomma.

IVAN MESITI. Ripeto, sul riscaldamento io non mi sono neanche pronunciato. La posizione probabilmente sì. Adesso probabilmente è una posizione che, a vedere così, si dice che è violenta. Magari ai tempi, quando uno è un ragazzino, non la vede così, perché comunque a vent'anni uno è un ragazzo e magari non si vedeva questa cosa così dura, così...

GIUSEPPE ZAPPULLA. A lei non risulta che ci sia stato qualcuno nei due pullman che si sia lamentato anche in modo sommesso, in modo particolarmente – diciamo così – non evidente, ma che si sia lamentato di quella condizione con cui venivano...?

IVAN MESITI. Sinceramente, io non me lo ricordo. Al momento mi sembra che nessuno abbia detto niente, però non ci voglio mettere la mano sul fuoco. Non me lo ricordo.

PRESIDENTE. Si sono prenotati l'onorevole Fusilli e poi l'onorevole Prestigiacomo su questo punto.

GIANLUCA FUSILLI. Intanto buonasera e grazie. Signor Mesiti, solo per metterci anche d'accordo su come svolgere questa audizione, io non ho domande da farle. Ho da farle qualche contestazione, così capiamo il livello della serietà della sua convocazione qui questa sera.
Intanto non è che qualcuno si è lamentato. Ci sono 23 dichiarazioni di ragazzi in un procedimento giudiziario che ha portato alla sua condanna. Non qualcuno, 23 persone con dichiarazioni concordanti.
Nello specifico, per quel che riguarda il suo ruolo – lei non lo ricorda; adesso glielo ricordo io che ha fatto quel giorno. Le leggo le dichiarazioni agli atti di un ragazzo su quel pullman, tra le altre cose, per circostanze casuali – l'ho visto solo adesso – nato nella mia stessa città, ma non c'entra nulla.

PRESIDENTE. In generale.

GIANLUCA FUSILLI. In generale, sì. Non ho detto chi è.
«Poco prima della partenza, due caporali dell'altro pullman, che ho saputo successivamente chiamarsi Mesiti e Cinelli, mentre eravamo ancora in sosta, saliti a bordo, ci ordinavano di tenere durante il viaggio un atteggiamento che era la posizione della sfinge». Nello specifico, in una di queste dichiarazioni c'è scritto che chi ha fatto chiudere i finestrini è stato esattamente lei.
Quindi, non è che lei ha avuto un ruolo marginale, irrilevante e non se lo ricorda. Pag. 9Lei è stato uno di quelli che hanno – giusto o sbagliato che fosse; sbagliato, perché ha subìto poi una condanna penale per patteggiamento – ordinato quella posizione. Ha chiuso i finestrini e probabilmente ha provveduto anche ad aprire l'aria condizionata e si è accertato durante lo svolgimento del viaggio che la posizione fosse mantenuta e, fino a quando non è arrivato il tenente Amoriello, dopo che il pullman si era rotto, a riaprire i finestrini, ha fatto sì che quei ragazzi con 40 gradi all'ombra fuori alle 10, le 11, le 12 del 13 agosto viaggiassero con l'aria condizionata calda.
Anche nei nostri rapporti di correttezza noi rispettiamo molto il contributo che lei vorrà darci. Partiamo, però, da punti fermi, perché altrimenti utilizziamo male il suo tempo e anche il nostro. Questo è quello che è stato accertato e questo è quello che è dichiarato agli atti. Magari faccia un po’ di memoria su questo punto, perché così ci aiuta a fare memoria anche del pezzo successivo della giornata, che ci interessa molto di più di questo. Ci interessa molto di più di questo sa perché? Perché questo ha già avuto una sua verità giudiziaria, nel senso che tre persone, come risulta agli atti giudiziari, e precisamente due caporali istruttori e lei, sono state condannate per patteggiamento a una pena detentiva di 6 mesi di reclusione, che poi è stata commutata in altra pena, quale quella che ci ha poi riferito lei.
Il mio intervento era per precisarle che le chiediamo lo sforzo, per il tempo ad esso successivo, quello che più ci riguarda, perché noi non stiamo facendo una Commissione d'inchiesta sull'atto di nonnismo, o chiamiamolo come vogliamo... Lo chiamo nella maniera giusta: concorso personale in violenza contro inferiore aggravata in concorso. Così si chiama il reato penale. Non le chiediamo quello, perché di quello abbiamo già l'accertamento giudiziario. Quello ci serve a ricostruire il clima che poi ha determinato in quella caserma, quello stesso giorno, la notte di quello stesso giorno, la morte di Emanuele Scieri.
Quindi, facciamo memoria della mattina. Lei ricostruisca mentalmente la mattinata, con puntualità, perché i dati sono puntuali anche circa la sua responsabilità, così ci aiuta meglio a capire quello che è accaduto nel corso della giornata.

PRESIDENTE. Interviene l'onorevole Prestigiacomo e poi magari risponde. Ha una domanda specifica sul punto, onorevole Prestigiacomo?

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Io vorrei andare un attimo avanti.

PRESIDENTE. Passiamo ad un altro argomento?

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Sì, passiamo all'oggetto della convocazione. Abbiamo preso atto che il signor Mesiti non ha ancora la consapevolezza della gravità del fatto per il quale ha subìto una condanna e che addirittura ha ancora delle perplessità sul fatto che oggi farebbe o non rifarebbe. Ha parlato di «probabilmente». Questo ci lascia molto sgomenti, perché quello, di fatto, è stato un atto di sopruso, che le ha comportato una condanna penale.
Lei è consapevole che qui è obbligato a dire la verità e, quindi, la preghiamo di collaborare. Io volevo chiederle se lei può innanzitutto spontaneamente – poi magari le faremo delle domande specifiche – parlarci di Emanuele Scieri, cosa ricorda del viaggio e di tutta la vicenda di Emanuele Scieri, come l'ha vissuta, cosa ha scambiato con i suoi commilitoni, i commenti fatti. Può spontaneamente, innanzitutto, raccontare come lei ha vissuto la vicenda di Emanuele Scieri?

IVAN MESITI. Nello specifico il ragazzo non me lo ricordo, a parte quando vedo delle foto, perché comunque sono stati con noi giusto quella mattina lì fino al pomeriggio che sono andati in libera uscita. Io la persona, nello specifico, è impossibile identificarla o ricordarmela. Io me lo ricordo solo se lo vedo sulle foto.
A parte queste cose del viaggio con noi, i ragazzi sono stati poi tutta la mattinata, fino al pomeriggio, per ritirare il «cubo» e fare tutti i giri che dovevano fare quando Pag. 10entravano a Pisa. Poi sono andati in libera uscita e mezzo scaglione in licenza adesso non mi ricordo se 7 o 10 giorni.
Dovessi dirle che mi ricordo di Scieri come persona, no, non posso dirglielo. È una persona che io non ho conosciuto. Non mi ricordo né se era sul pullman dove ero salito io. Quello non lo so io. Io dello Scieri non mi ricordo.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Non si ricorda di averlo incontrato, però della vicenda penso che si ricorderà. O no?

IVAN MESITI. Scusi? Della vicenda...?

PRESIDENTE. L'onorevole Prestigiacomo le ha chiesto dalla vicenda della morte di Emanuele Scieri. Che cosa sa?

IVAN MESITI. Noi eravamo stati interrogati solo dopo che ci avevano congedati, perché appunto c'erano le indagini per un presunto omicidio, però in caserma io sinceramente...

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Scusi, lei quando si è congedato?

IVAN MESITI. A gennaio, gennaio 2000.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. E quando è stato interrogato? Dopo che è stato congedato.

IVAN MESITI. Dopo.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Io non le ho chiesto l'oggetto dell'interrogatorio, perché sono atti di cui la Commissione dispone. Quindi, noi siamo a conoscenza di quello che lei ha dichiarato. Io le sto chiedendo come lei ha vissuto il caso della morte di Emanuele Scieri. Non credo che sia un fatto che accade tutti i giorni...

IVAN MESITI. No, ci mancherebbe.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. ...la morte in circostanze così drammatiche di un...

IVAN MESITI. Quando l'abbiamo saputo...

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Quando l'ha saputo? Me lo racconti. Faccia un po’ di sforzo e un po’ di mente locale.

IVAN MESITI. Io l'ho saputo quando è stato trovato il lunedì...

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Lei non ha saputo che non aveva risposto al contrappello.

IVAN MESITI. Bravissima. Ecco...

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Ecco. Con calma, perché qui c'è tutto il tempo.

IVAN MESITI. So che appunto, quando erano passati al contrappello, lo Scieri non c'era ed era stato segnalato come mancato rientro. Però è finita lì, nel senso che nessuno è andato a cercarlo o meno, anche perché mi sembra che vengano poi avvisati, non so...

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Aspetti, con calma. Lei deve fare uno sforzo per cercare di ricostruire i fatti con anche una descrizione più puntuale. Quando ha saputo che Emanuele non rispondeva al contrappello? La stessa sera del 13 agosto?

IVAN MESITI. No, perché io quella sera lì ero in licenza. Ero fuori della caserma. L'ho saputo...

STEFANIA PRESTIGIACOMO. ...quando è rientrato. Ma lei era fuori fisicamente? Alcune persone risultavano in licenza, però poi erano dentro la caserma.

IVAN MESITI. No, ero fuori. Siamo andati fuori a cena e poi a ballare per Pisa.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. La sera del 13.

IVAN MESITI. La sera del 13. Ai tempi, con il caporalmaggiore, di sicuro Francesco Simula. Gli altri adesso non me li ricordo. Pag. 11E a ballare poi avevo incontrato altri militari di carriera.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. A che ora è rientrato? Nella mattinata?

IVAN MESITI. A notte fonda, probabilmente tra le 3 e le 5 del mattino, tra le 3 e le 6 del mattino, perché siamo rientrati in un orario che non si sarebbe neanche potuti rientrare, tant'è vero che l'ufficiale di picchetto aveva preso i nominativi perché non era un orario che si sarebbe potuti entrare. Avremmo dovuto aspettare adesso non mi ricordo se dopo le 6 o...

STEFANIA PRESTIGIACOMO. E cosa avete fatto? Siete entrati e siete subito andati in camerata.

IVAN MESITI. Siamo andati a dormire, sì.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. E non avete saputo, quindi, la notte stessa, della mancata risposta...?

IVAN MESITI. No, anche perché noi...

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Quando l'ha saputo, l'indomani mattina, della mancata presenza al contrappello di Emanuele Scieri?

IVAN MESITI. Sì, questo probabilmente il giorno...

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Non probabilmente, provi a...

IVAN MESITI. Non me lo ricordo. Sicuramente...

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Ma che un ragazzo era sparito era una cosa di cui si parlava tra di voi. Non era un fatto...

IVAN MESITI. Sparito... mancato rientro in caserma. Tutti i giorni ci sono dei mancati rientri di gente che magari non vogliono stare... gente che magari non voleva neanche fare il militare.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Quindi, lei non si è neanche informato?

IVAN MESITI. No. Non spettava neanche a me informarmi perché era mancato.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Lei, quella notte, quando è rientrato, non ha notato nulla, non ha incontrato nessuno, non ha visto nulla di particolare, movimenti, gente?

IVAN MESITI. No, perché a quell'orario lì a girare per la caserma ci può essere il corpo di guardia che fa il giro.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. L'ha visto, lei, il corpo di guardia?

IVAN MESITI. No, perché dall'ingresso della Gamerra ad arrivare in compagnia saranno stati una settantina di passi.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Quando avete cominciato a prendere coscienza che era sparito un ragazzo e che poteva...?

IVAN MESITI. Quando l'hanno trovato, lunedì mattina. Purtroppo, l'hanno trovato morto, perché mi sembra che nelle caserme dopo o il terzo o il quinto giorno viene dato il... da mancato rientro passa a disertore e allora, a quel punto, dalla caserma si attivano, mi sembra, a chiamare i Carabinieri del paese di chi ha fatto questo mancato rientro per poi andare a cercarlo, se no prima non penso che nessuno si mobiliti ad andare... come mancato rientro, perché magari poteva essere anche stata male ed essere finita in ospedale una persona.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Quindi, lei ha preso atto del fatto grave soltanto il lunedì mattina. La domenica non avete parlato con nessuno, non avete commentato?

IVAN MESITI. No, perché non...

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Lei Cinelli e Tatasciore li conosce, no?

Pag. 12

IVAN MESITI. Sì, me li ricordo, sì, sì.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Che rapporto aveva con Cinelli e Tatasciore?

IVAN MESITI. Eravamo commilitoni. Eravamo dello stesso scaglione e, quindi, avevamo fatto il CAR tutti insieme.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Eravate molto amici, eravate legati, vi frequentavate in maniera più assidua rispetto ad altri commilitoni?

IVAN MESITI. No, forse era venuto un paio di volta in licenza a casa mia Cinelli.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Quindi, avevate stretto una forte amicizia, perché, per andare in licenza e ospitarsi a casa, vuol dire che c'era una sintonia.

IVAN MESITI. Sono amicizie...

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Lei aveva un cellulare?

IVAN MESITI. Sì.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Usavate frequentemente telefonarvi tra di voi? Era possibile utilizzare il cellulare in caserma?

IVAN MESITI. Non durante l'orario addestrativo. Poi, quando uno era in compagnia o in libera uscita, il cellulare si poteva usare normalmente.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. In questo gruppetto chi eravate, lei, Cinelli, Tatasciore? Qual era il gruppetto? Com'era composto il gruppetto?

IVAN MESITI. Non c'era un gruppo, una compagnia fissa. Eravamo lì anche perché si dormiva tutti nella stessa camerata. C'erano loro come c'erano altri caporali o caporalmaggiori che erano VFB...

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Chi era un po’ la figura del leader in questo gruppo? Chi era quello un po’...?

IVAN MESITI. Tra di noi eravamo tutti al pari, anche perché comunque dello stesso scaglione e comunque anche dello stesso grado militare. Non è che... non c'era...

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Eravate preoccupati prima degli interrogatori? Il fatto che era successo quell'episodio nel pullman vi creava una particolare tensione? Avete mai pensato che quel fatto potesse essere in qualche modo collegato alle indagini che si stavano facendo sulla morte di Emanuele Scieri?

IVAN MESITI. No, perché, non essendo mai stati convocati prima del congedo, quando ci hanno chiamato...

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Quando siete stati interrogati, vi siete messi d'accordo sulla versione da dare? Avete parlato prima di fare gli interrogatori? Vi siete consultati tra di voi?

IVAN MESITI. No. Direi di no, perché io, da Cuneo, e loro adesso non mi ricordo di dove sono...

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Cinelli non l'ha mai chiamata per dirle qualcosa?

IVAN MESITI. Non mi sembra, no.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Ne è sicuro?

IVAN MESITI. Sicuramente ne abbiamo parlato anche, ma adesso che cosa ci possiamo essere detti non me lo ricordo, sinceramente.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Faccia uno sforzo.

IVAN MESITI. Non mi ricordo. Sinceramente, non mi ricordo se ci eravamo parlati durante il militare, ma neanche durante il militare, perché appunto noi della questione di Scieri, fino al giorno in cui ci siamo congedati, non ci hanno mai chiesto niente. Eravamo stati chiamati in caserma appunto per il fatto del viaggio, Pag. 13che ci erano stati dati questi 15 giorni di rigore e finita lì. Pensavamo fosse finita lì. Poi dopo, a gennaio, quando ci siamo congedati, ci erano arrivati quegli avvisi.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. C'è molto ancora da chiederle, signor Mesiti. Lascio la parola ai colleghi perché continuino gli altri e poi magari mi riservo.

GIANLUCA FUSILLI. Dal suo sguardo colgo l'avvertenza della generalità delle contestazioni, presidente.
Signor Mesiti, cerchiamo di aiutarci vicendevolmente a fare un po’ memoria. Intanto abbiamo chiarito il fatto della mattina. Adesso lo ricorda un po’ meglio, insomma. Diciamo di sì, dai.
Entriamo, invece, nello specifico di quello che accadeva in caserma. Io ho una curiosità. Mi sono fatto un convincimento che quello che è accaduto la mattina... Lei, prima, ha fatto un'affermazione. Il collega Zappulla e la collega Prestigiacomo ne hanno sottolineato una parte. Io sottolineo la prima parte.
Nella prima parte della sua riflessione su quello che accadde la mattina del 13 di agosto, quindi durante il trasferimento, lei ha risposto, a una precisazione della presidente: «Beh, sa, noi eravamo un corpo di élite dell'Esercito italiano. Che si dovesse viaggiare ordinati sul pullman credo che fosse doveroso, in quanto non poteva sembrare la gita dei ragazzi diciottenni». Lei parlò di gita scolastica a suo tempo, ma anche qui ha riconfermato: «Non si poteva...» Ha detto un termine che non ho compreso bene, ma diciamo non poteva essere una gita da luna park, insomma. Bisognava far capire che c'era un corpo di élite.
La domanda che le faccio è questa: quella modalità di svolgimento del viaggio – torno prima al viaggio per poi farle capire dove vuole arrivare il mio ragionamento con qualche domanda più precisa – quindi quella posizione, il basco in testa, non so se l'aria condizionata accesa perché quella la considero, dal mio punto di vista, una grande stupidaggine, ma quella posizione, il basco in testa, l'ordine nel pullman non posso pensare che fosse frutto della vostra immaginazione, ma una sorta di rito durante il trasferimento che magari, ogniqualvolta si andavano a prendere le nuove reclute, proprio perché era un corpo di élite dell'Esercito italiano, in qualche modo, era un modo per far comprendere ai nuovi arrivati che la caserma nella quale si andava richiedeva il rispetto rigoroso di alcune norme.
La domanda che le faccio: durante il suo di trasferimento dai Lupi... però mi deve rispondere tenendo sempre conto, signor Mesiti, che lei non è il primo a venire qui. Noi avremmo potuto porre la stessa domanda anche ad altri suoi commilitoni. Quindi, la pregherei di risponderci con estrema sincerità. Questo «rito» – che io chiamo di iniziazione all'ingresso della Gamerra, quindi posizione della sfinge, basco in testa, assoluto silenzio, sguardo dritto, divieto di addormentarsi – è stato praticato anche a lei, quando fece il trasferimento dalla Lupi di Toscana alla Gamerra, da altri chiaramente, non dagli stessi caporali inquadratori? Lo ricorda? Sono passati 17 anni. Non c'è nessun problema di responsabilità penale. Oppure ve lo siete inventati lei, Mesiti, e Tatasciore, di far viaggiare le persone in quel modo? Se no, dovrei supporre questo, ma, siccome credo che lei sia una persona intelligente... Oggi è anche padre e, quindi, ha anche una maturità superiore. O avete praticato a quei ragazzi quello che era stato praticato su di voi e che sapevate normalmente praticato a tutti quelli che si trasferivano per i 30 giorni di addestramento?
È chiara la domanda?

IVAN MESITI. Sì, sì.

GIANLUCA FUSILLI. Perfetto. Con sincerità, eh.

IVAN MESITI. Guardi, sono qua non per prendere in giro nessuno...

GIANLUCA FUSILLI. No, per l'amor di Dio.

IVAN MESITI. ... ma proprio perché, se è veramente successo qualcosa al ragazzo, esca.

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GIANLUCA FUSILLI. Purtroppo è successo: è morto.

IVAN MESITI. No, ma successo se era un incidente o se è stato veramente ammazzato. Non so io questo. Spero che...

GIANLUCA FUSILLI. Noi siamo qui proprio per cercare di comprendere.

IVAN MESITI. Infatti sono qua, se posso, per dare quello che mi ricordo che...

GIANLUCA FUSILLI. Mi risponde, intanto, alla domanda? Lei ricorda il suo viaggio di trasferimento?

IVAN MESITI. Vagamente. Mi sembra di avere anch'io tenuto quella posizione lì, però non...

GIANLUCA FUSILLI. Benissimo, benissimo. È sufficiente questo, guardi. Non avevo dubbi sul fatto. A meno che voi tre non foste particolarmente creativi nella richiesta del rispetto della disciplina che il Corpo dei paracadutisti imponeva, per ragionevolezza, posso pensare che aveste già avuto modo di verificare che quella era la disciplina da tenere.
Adesso mi lego, invece, alla domanda che voglio farle. La consapevolezza di far parte di un Corpo di élite dell'Esercito italiano e il rispetto rigoroso della disciplina io credo, ma lo chiedo a lei, che non imponesse solo il rispetto del rito iniziale del trasferimento in pullman. C'erano anche altre pratiche, all'interno della vita militare quotidiana, delle quali, sempre genericamente, noi siamo venuti a conoscenza nel corso di questi mesi di lavoro, che erano, a loro volta, legate al fatto di far parte del Corpo dei paracadutisti. Tra queste pratiche, ad esempio, noi ricordiamo le flessioni.
È vero o non è vero che era frequente che militari anziani – e lei era ascrivibile a quella categoria, altrimenti non l'avrebbero mandata a Firenze a sorvegliare i nuovi arrivati – avevano come abitudine reciproca di imporre le pompate cosiddette ai militari più giovani come atto non di prevaricazione, ma come atto di conferma di un'autorità gerarchica derivante dall'anzianità legata all'appartenenza al Corpo dei paracadutisti?

IVAN MESITI. Le flessioni erano anche un modo di regolare addestramento...

GIANLUCA FUSILLI. Non sto parlando del regolare addestramento. Sto parlando, durante la giornata, al di fuori del regolare addestramento. Era o non era in uso agli anziani entrare nella camerata e far fare la flessione a tutte le reclute?

IVAN MESITI. Sì, capitava che ogni tanto...

GIANLUCA FUSILLI. Poteva capitare. Ricorda qualche altra modalità? Questa chiaramente non ha niente a che fare col nonnismo. Adesso qui parliamo al limite di espressione di machismo, niente di straordinario. Lì stiamo parlando di atti che hanno a che fare con la tipicità del Corpo, cioè dimostrare di essere virili, uomini. Una parte sono le flessioni. Ricorda qualche altra pratica?

IVAN MESITI. So che è stato fatto forse anche lì ancora a Firenze, quando si caricavano i ragazzi, tipo strappare l'ultimo bottone della mimetica.

GIANLUCA FUSILLI. Si chiamava «battesimo», per caso?

IVAN MESITI. Sì, forse sì. Quello e qualcuno strappava dove si appiccica il grado. Sulla mimetica nuova c'era una specie di velcro. Veniva strappato e passato per graffiare un po’ la guancia, seguito – mi sembra – con due pugni sul petto.

GIANLUCA FUSILLI. Altra pratica, insomma, di rito.
Adesso le faccio una domanda più precisa. È possibile che, sempre tra questi riti, e adesso non esattamente legati all'anzianità, magari proprio in una competizione tra commilitoni anche dello stesso grado per dimostrare maggiore abilità rispetto ad Pag. 15altri, quindi non necessariamente nei confronti delle reclute, uno dei riti potesse essere – e anche qui le chiedo estrema sincerità, ricordandole che lei non è il primo audito; sono sei o sette mesi, forse otto mesi, che stiamo lavorando ascoltando persone – anche legato alla capacità di arrampicarsi sulle scale senza l'utilizzo dei piedi, cioè che i più prestanti, quelli più forti, quelli che volevano dimostrare di essere più forti potevano anche, come prova di forza, dimostrare di potersi arrampicare su una scala senza l'utilizzo dei piedi? O con l'utilizzo dei piedi, o solo con l'uso delle braccia, diciamo?

IVAN MESITI. Questo non potrei dirle... non lo so. A me non è mai stato fatto.

GIANLUCA FUSILLI. Io non dico se lei... Le risulta, per informazione, perché gliel'hanno raccontato, perché l'ha visto, che sia capitato di arrampicarsi...?

IVAN MESITI. No, per me è proprio una cosa nuovissima. Mai sentita dire questa cosa qua, veramente.

GIANLUCA FUSILLI. È sicuro di questo?

IVAN MESITI. Sì. Sì.

GIANLUCA FUSILLI. Ci riflette un altro attimo?

IVAN MESITI. Posso rifletterci. Su questo io non ho mai saputo niente di questa cosa qua.

GIANLUCA FUSILLI. No. È sicuro che non ha mai saputo nulla di questa cosa qui?

IVAN MESITI. Sì.

GIANLUCA FUSILLI. Sempre utilizzando il criterio della genericità, lei è stato interrogato, durante il procedimento giudiziario, dalla Polizia giudiziaria, dai Carabinieri che si occupavano dell'indagine. Lei ricorda il suo interrogatorio, dove è avvenuto, in che periodo?

IVAN MESITI. L'unica volta che sono andato mi sembra a Pisa, se non...

GIANLUCA FUSILLI. Me lo dica lei.

IVAN MESITI. Sì, sono sicuro a Pisa.

GIANLUCA FUSILLI. Nella mia vita dai Carabinieri sono andato per denunciare lo smarrimento dei documenti. Non ho mai avuto l'esperienza di andare a fare interrogatori per reati penali, almeno fino a questo momento, e spero che non mi capiti mai.
Si ricorda cosa le chiesero i Carabinieri? Quale fu il contenuto delle loro domande? Io, prima, le ho chiesto se era in uso, all'interno della caserma, un rito, anzi non un rito, ma una modalità con la quale chi aveva maggiore prestanza cercava di dimostrare la sua supremazia anche salendo sulla scala attraverso l'utilizzo del braccio. Lei mi ha detto: «No, non mi risulta. Non ne ho mai sentito parlare, né me l'ha mai chiesto nessuno». Mettiamola così.
Lei si ricorda cosa le chiesero i Carabinieri durante quell'interrogatorio?

IVAN MESITI. Mi chiesero di raccontare la giornata e quando avevo saputo che era morto Scieri.

GIANLUCA FUSILLI. E non fecero mai riferimento, durante l'interrogatorio, al fatto che... non le fecero mai una domanda simile a quella che le ho fatto io adesso?

IVAN MESITI. Non me lo ricordo.

GIANLUCA FUSILLI. Non le chiesero se lei avesse mai visto o avesse mai praticato la scalata della scala, magari dall'esterno, per dimostrare la sua prestanza fisica?

IVAN MESITI. Non mi ricordo se me l'hanno chiesto.

Pag. 16

GIANLUCA FUSILLI. Non se lo ricorda se gliel'hanno chiesto?

IVAN MESITI. No, non me lo ricordo. Ripeto, per me è una cosa nuova. Le scale quelle...

GIANLUCA FUSILLI. Come le stava dicendo prima la collega Prestigiacomo, lei aveva un particolare rapporto di amicizia, diciamo una comunanza amicale, con il caporale Cinelli, con il quale, sempre genericamente... Anche su questo dobbiamo mantenere l'assoluta genericità? Su tutte? Bene... con assoluta genericità, aveva anche delle conversazioni telefoniche con il caporale Cinelli.
Potrebbe darsi che durante queste conversazioni telefoniche lei abbia fatto riferimento anche al contenuto delle domande che le fece la Polizia giudiziaria, tra le altre cose, credo anche contravvenendo a un obbligo di legge, perché normalmente, quando si è ascoltati dalla Polizia giudiziaria, si ha l'obbligo del segreto? Adesso non so come sia stato sentito lei.
Mi permetto di rifarle nuovamente la domanda. Poi valuteremo, perché, se non le possiamo fare la contestazione, non la facciamo.

PRESIDENTE. Onorevole Fusilli, può fare la domanda, la domanda chiara, la domanda all'audito?

GIANLUCA FUSILLI. La domanda già l'ho fatta.

PRESIDENTE. Qual è la domanda?

GIANLUCA FUSILLI. La domanda già l'ho fatta e cioè: le è mai capitato di verificare di persona o di sentire dire che uno dei riti, una delle prove di forza era quella della salita della scala? Mi ha risposto dicendo che non ne ha mai sentito parlare.

PRESIDENTE. Era passato, lei, a un'altra domanda.

GIANLUCA FUSILLI. No, non ero passato a un'altra domanda. Sono passato all'individuazione del fatto che «Non ne ho mai sentito parlare» è una risposta che non esattamente corrisponde a notizie coperte da segreto, delle quali non possiamo parlare e che non possiamo contestare.

PRESIDENTE. Sulla scala?

GIANLUCA FUSILLI. Beh, io ho chiesto: le ha mai chiesto qualcuno se lei ha fatto uso della scala? La risposta è stata no.

PRESIDENTE. Se lui ha già risposto in sede di SIT, di sommarie informazioni, lei glielo può contestare.

GIANLUCA FUSILLI. Benissimo. Allora posso contestarlo.

PRESIDENTE. Se lui ha risposto. Se ha risposto il Mesiti, lei può contestare. Può contestare quello che ha risposto Mesiti in fase di indagine.

GIANLUCA FUSILLI. Posso contestare non la risposta, ma il contenuto di un'intercettazione acquisita.

PRESIDENTE. Se c'è Mesiti, sì, certo. Lo sto solo puntualizzando, anche per il verbale. Se c'è Mesiti, sì.

GIANLUCA FUSILLI. Allora le contesto il contenuto di un'intercettazione telefonica, specificatamente tra lei e Cinelli, del 3 febbraio 2000, che è corrispondente al periodo in cui lei è stato ascoltato dalla Polizia giudiziaria.
Lei ha chiamato il caporale Cinelli e, in questa conversazione, al caporale Cinelli chiede: «Ma ti hanno chiamato?». Lui risponde: «A mezzogiorno». «E sei dovuto andare? A me hanno dato un po’ di preavviso». «No, a me mi hanno detto “Vatti a fare un giro e a mezzogiorno torna”. Pensa te». Lei gli domanda: «Ah, sei andato là e ti hanno detto di fare un giro e poi sei ritornato per farti interrogare». Lascio perdere il giudizio, che era un giudizio che lei dà, ma immagino che fosse determinato dalla concitazione. «Comunque – lei dice a Cinelli la prima volta – ti hanno chiesto Pag. 17solo se ti hanno fatto salire sulla scala?» dice lei a Cinelli. Lui risponde: «Eh?» «Ti hanno chiesto se sei salito anche te sulla scala?» E Cinelli risponde: «Sì».
Quindi, la stessa domanda che le ho fatto io oggi è stata fatta sia a lei, sia a Cinelli, perché evidentemente c'era...

IVAN MESITI. Io non mi ricordo se è stata chiesta questa...

GIANLUCA FUSILLI. Evidentemente c'era un dubbio da parte degli investigatori che la pratica del salire sulla scala fosse una pratica frequente all'interno del vostro...

IVAN MESITI. Io le ripeto che non mi ricordo se era stata fatta questa domanda e le posso giurare su chi e cosa vuole che a me mai nessuno mi ha fatto salire su questa scala e mai nessuno mi aveva detto che c'era questa cosa qua. Su questo sono non sicuro, ma...

GIANLUCA FUSILLI. Non su quella scala. La domanda non è precisamente... C'erano anche altre scale dentro la caserma.

IVAN MESITI. Noi l'unica cosa che salivamo senza i piedi era la corda dentro alla palestra per l'addestramento.

GIANLUCA FUSILLI. Capitava, ad esempio, che nel tempo libero, quindi non esattamente durante il servizio, come goliardia tra di voi, si praticasse magari di usare la corda per salire?

IVAN MESITI. No, perché la palestra comunque era chiusa. Non è che uno potesse entrare in palestra quando voleva.

GIANLUCA FUSILLI. Lei ha mantenuto rapporti con i suoi commilitoni, con Cinelli, Tatasciore o altri commilitoni, in questi anni?

IVAN MESITI. No, a parte tramite i social network. C'è l'amicizia in comune su questa... però non è che ci si sente.

GIANLUCA FUSILLI. Quindi, lei è su una piattaforma. Ricorda il nome del gruppo di Facebook?

IVAN MESITI. No, tipo Facebook... con Cinelli siamo amici su Facebook, ma...

GIANLUCA FUSILLI. Non vi siete mai reincontrati.

IVAN MESITI. No, no.

GIANLUCA FUSILLI. Vi siete sentiti in questi giorni, magari?

IVAN MESITI. No.

GIANLUCA FUSILLI. E con Tatasciore?

IVAN MESITI. Mai più né visto, né sentito, neanche su Facebook. Niente.

GIANLUCA FUSILLI. Nei giorni successivi il ritrovamento del cadavere di Scieri emerge, anche dal contenuto delle intercettazioni telefoniche, che voi eravate preoccupati che qualcuno potesse in qualche modo collegare gli avvenimenti della mattina con l'evento della sera, col quale siamo certi che lei non c'entra nulla, quindi non è che sto facendo... Immagino, però, che uno potesse essere preoccupato perché si era in qualche modo stati messi sotto inchiesta per un atto «di prevaricazione» nei confronti delle reclute. Una di quelle reclute, la sera stessa di quella giornata, era deceduta in ipotesi oscure, e ancora oggi non chiare, quindi la preoccupazione era comprensibile.
Nei giorni successivi, nel mese successivo, quando vi arrivò l'avviso di garanzia per i fatti della mattina, con Tatasciore... con Cinelli è certo, perché ci sono i tabulati telefonici, ma con Tatasciore, con Cinelli e con l'altro commilitone comunque coinvolto nella vicenda, anche se poi oggetto di archiviazione per quanto riguarda la posizione personale, ne avete parlato, vi siete trasferiti informazioni? Lei un'idea su com'è morto Emanuele Scieri dentro quella caserma, escludendo, perché è esclusa da tutti gli atti giudiziari, l'ipotesi del suicidio Pag. 18– non si è suicidato Emanuele Scieri – un'idea su che cosa è accaduto quella sera, senza indicare fatti, anche un'idea personale, se l'è data, se l'è fatta?

IVAN MESITI. Sì.

GIANLUCA FUSILLI. Cosa può essere successo, secondo lei, aiutandoci, eh?

IVAN MESITI. Per me poteva essere un incidente.

GIANLUCA FUSILLI. Un incidente come? Magari uno cade...

IVAN MESITI. Magari è salito e scivolato giù. Io non ne ho idea. A me fa proprio strano che quella sera lì qualcuno possa avere ammazzato questo ragazzo.

GIANLUCA FUSILLI. Non stiamo parlando di ammazzare.

IVAN MESITI. Di omicidio. Se non è suicidio e non è un incidente... E poi le indagini erano su quello. Per noi poteva essere solo un incidente.

GIANLUCA FUSILLI. Una bravata finita male?

IVAN MESITI. Probabilmente sì. Io non mi sarei neanche sognato di salire su quella scala. Poi...

GIANLUCA FUSILLI. Per adesso ho terminato.

PRESIDENTE. L'onorevole Greco si era già prenotata e poi l'onorevole Zappulla.

MARIA GAETANA GRECO. Pensavo volesse fare qualche domanda lei, presidente.
Lei aveva buoni rapporti con Cinelli e Tatasciore all'interno della sua permanenza alla caserma?

IVAN MESITI. Sì, quelle amicizie che si formano al militare, niente di...

MARIA GAETANA GRECO. Sì, ma era più amico di Cinelli o di Tatasciore?

IVAN MESITI. Forse andavamo più d'accordo con Cinelli, anche perché Tatasciore, da come me lo ricordo io, era una persona molto chiusa, molto schiva.

MARIA GAETANA GRECO. Lei ha avuto modo di parlare telefonicamente con Cinelli del suo interrogatorio a Pisa?

IVAN MESITI. Sì. Ha anche letto la conversazione il collega...

MARIA GAETANA GRECO. Cosa vi siete detti? Si ricorda?

IVAN MESITI. No.

MARIA GAETANA GRECO. Allora magari, in aiuto alla memoria, glielo ricordo io. Glielo leggo. Lei chiede: «Hanno chiamato qualcun altro oggi, tipo per interrogarli?» «No, domande del cazzo mi facevano per Scieri. Sì, per Scieri, però cosa ho fatto quella sera, queste cose qua». «Ma sei andato alla procura, a La Spezia?» «No, ai Carabinieri di Pisa e comunque mi hanno detto cosa avevo fatto quella sera, se ero uscito, queste cose qua. Hai capito?» «Ma non hanno chiamato nessun altro?» «No, nessuno per ora, perché forse chiamano anche Tatasciore». «E me no?» «Non lo so, non me l'hanno detto». «Ma sei uscito da solo quella sera?» «Io ho detto con Tatasciore, perché sono uscito insieme io e Tatasciore».
Quindi, lei dice che Cinelli quella sera non c'era. Lei si ricorda se c'era quella sera Cinelli, la sera del 13?

IVAN MESITI. Non me lo ricordo. Ripeto, quella sera mi ricordo che ero a cena con Francesco Simula, però degli altri no.

MARIA GAETANA GRECO. Ma lei perché precisa di non avere tirato in ballo Cinelli e dice: «Io ho detto solo che ero con Tatasciore»? C'era Tatasciore con lei?

IVAN MESITI. Non me lo ricordo.

Pag. 19

MARIA GAETANA GRECO. Lei dice questo in una telefonata intercettata, quindi è lei che parla.

IVAN MESITI. Ci mancherebbe, però non me lo ricordo. Non mi ricordo. Ripeto, come ho detto già ancora prima che leggesse queste cose qua, già prima ho detto che mi ricordo che ero a cena con Francesco Simula, che era un VFB e adesso sarà anche un militare di carriera, ma degli altri chi era uscito con noi, chi c'era a cena con noi non me lo ricordo.

MARIA GAETANA GRECO. Lei non ricorda di aver detto a Cinelli: «Io ho detto che ero con Tatasciore»?

IVAN MESITI. Avrò detto che ero con Tatasciore perché probabilmente ero uscito con Tatasciore.

MARIA GAETANA GRECO. E Cinelli c'era?

IVAN MESITI. Non me lo ricordo.

MARIA GAETANA GRECO. «Forse chiamano anche lui adesso. Hai capito?» Lei continua: «E quindi digli a Tatasciore che non si preoccupa se lo chiamano.» «Okay» le risponde Cinelli. «E digli che...»

PRESIDENTE. A che pagina sta leggendo?

MARIA GAETANA GRECO. A pagina 7 di 13. «E digli che al contrappello dormivamo tutti e due, perché io ho detto che al contrappello io dormivo e anche lui forse». Quindi, lei suggerisce questa versione. Lei, in pratica, interloquendo con Cinelli...

PRESIDENTE. Onorevole Greco, deve leggere, però, la legenda, perché altrimenti... È Cinelli che chiede al signor Mesiti.
Cinelli le ha mai chiesto: «Digli al contrappello che dormivamo tutti e due, perché io ho detto che dormivo e anche lui forse»? Cinelli chiede a lei di dire a Tatasciore che, quando verrà interrogato, dormiva anche lui. Se lo sta ricordando questo?

IVAN MESITI. No.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Poi c'è quella frase...

PRESIDENTE. Intanto finiamo questa frase.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. «Se no, addio».

PRESIDENTE. E lei risponde «Okay». «Digliele queste cose, così quando va là, se no gli dice qualche altra cosa e addio». Se lo ricorda lei questo?

MARIA GAETANA GRECO. Che significa «Addio»? Che significa «Addio», se gli chiedono altre cose?

IVAN MESITI. Non so. Sinceramente, non mi ricordo...

MARIA GAETANA GRECO. Non si ricorda?

IVAN MESITI. Non mi ricordo che mi avessero chiesto queste cose qua, di dire...

MARIA GAETANA GRECO. No, no, questa è un'intercettazione e, quindi, lei parla liberamente.

IVAN MESITI. Va benissimo. Non sto negando di aver...

MARIA GAETANA GRECO. Che significa «Addio»? Perché c'è questa preoccupazione se chiedono altre cose, di fornire una versione discordante? Qual era la verità che non bisognava dire?

IVAN MESITI. Probabilmente anche loro erano in licenza e non dovevano essere in caserma.

MARIA GAETANA GRECO. Lasci stare questo discorso. Se lei dice «dormivano», dove dormivano, in caserma?

Pag. 20

IVAN MESITI. Sì.

PRESIDENTE. È Cinelli che dice a lui.

IVAN MESITI. Io ero fuori. Sono loro che mi stanno chiedendo di dire che erano in casa a dormire, che stavano dormendo al contrappello.

MARIA GAETANA GRECO. Perché le chiedevano questo?

IVAN MESITI. Perché probabilmente... boh, non lo so, però anche lì loro probabilmente erano in licenza e non dovevano essere in caserma.

MARIA GAETANA GRECO. Che significa «Se no, addio»?

IVAN MESITI. Non lo so.

MARIA GAETANA GRECO. «Se no, sono problemi» significa, così, tradotto secondo logica.

IVAN MESITI. Questo bisognerà... non so se li avete già sentiti o meno, ma bisognerebbe chiedere a loro cosa vuol dire «Addio». Io...

PRESIDENTE. Ha altre domande, onorevole Greco?

MARIA GAETANA GRECO. Sì, un attimo che sto...

PRESIDENTE. Mi inserisco un attimo, nell'attesa.
Lei è stato dieci mesi in caserma. È così?

IVAN MESITI. Sì, alla Gamerra.

PRESIDENTE. Alla Gamerra, alla Gamerra. Ha visto compiere atti di nonnismo?

IVAN MESITI. Se ci riferiamo alle flessioni, allora sì.

PRESIDENTE. Queste flessioni venivano fatte anche a mani nude a terra, sul selciato?

IVAN MESITI. Le flessioni si fanno a terra, sì.

PRESIDENTE. A terra fuori intendo, nell'asfalto della caserma.

IVAN MESITI. Sì, tutti i giorni, anche durante l'orario addestrativo viene...

PRESIDENTE. Durante l'orario addestrativo. Fuori dall'orario addestrativo veniva obbligato qualcuno a fare le flessioni a pugni chiusi e non a mani aperte? Lei l'ha mai visto o l'ha saputo? A pugni chiusi sul selciato, non a mani aperte. Succedeva questo? L'ha visto?

IVAN MESITI. Quello di pugni chiusi o mani aperte...

PRESIDENTE. Pugni chiusi vuol dire con le nocche direttamente sull'asfalto.

IVAN MESITI. Sì, sono vari modi di fare le flessioni.

PRESIDENTE. Questo lei l'ha visto fare, a pugni chiusi sul selciato?

IVAN MESITI. Mi sembra di sì, come venivano fatte magari con le mani più strette o le braccia più larghe, però sono varie maniere di interpretare...

PRESIDENTE. In che cosa consisteva l'addestramento in caserma, a parte fare le flessioni?

IVAN MESITI. Le prove, anche proprio per potersene andare al lancio, erano di flessioni...

PRESIDENTE. Dove venivano fatte?

IVAN MESITI. Le prove mi sembra avvenissero in palestra.

Pag. 21

PRESIDENTE. In palestra. E fuori dalla palestra c'era un percorso di addestramento?

IVAN MESITI. Sì, a volte anche sul piazzale El Alamein. Ci si addestrava lì.

PRESIDENTE. Sul piazzale dell'alzabandiera?

IVAN MESITI. Sì.

PRESIDENTE. E poi dopo, la mattina, dove facevate il percorso di addestramento?

IVAN MESITI. Il percorso di addestramento, tipo, se si andava a correre, si andava a correre nei campi dietro la caserma.

PRESIDENTE. Sempre dentro il recinto della caserma?

IVAN MESITI. No, fuori dei muraglioni della caserma...

PRESIDENTE. Fuori dalle mura.

IVAN MESITI. Sì, lì vicino dove ci sono le torri di lancio, la simulazione di lancio.

PRESIDENTE. Lì che cosa c'era? C'era un campo aperto?

IVAN MESITI. Cos'era, un campo di grano? Comunque, si facevano un paio di giri intorno per fare i 5.000 metri.

PRESIDENTE. È possibile che qualcuno riuscisse a uscire dalla caserma senza passare dalla porta carraia, per esempio da lì?

IVAN MESITI. Secondo me, era possibile.

PRESIDENTE. Da dove era possibile uscire?

IVAN MESITI. Da quel cancello dove si usciva per andare a correre, secondo me. Non sono sicuro...

PRESIDENTE. Prima di andare a correre c'era un cancello?

IVAN MESITI. Sì. Al posto della porta carraia lì dietro c'era una cancellata che veniva aperta, dove si usciva per andare a correre.

PRESIDENTE. E questa è vicino alle torri di lancio.

IVAN MESITI. Sì, mi sembra dietro la zona... dietro la palestra. Adesso, precisamente la posizione del cancello non me la ricordo.

PRESIDENTE. Lei è a conoscenza che qualcuno è stato anche punito per essere uscito dalla caserma Gamerra, fuori orario e senza ovviamente autorizzazione e senza passare dalla porta carraia?

IVAN MESITI. No.

PRESIDENTE. Non lo sa?

IVAN MESITI. No.

PRESIDENTE. Lei ha saputo, ha visto se nella caserma Gamerra circolava droga?

IVAN MESITI. Non lo so.

PRESIDENTE. Non lo sa.

IVAN MESITI. No, non lo so. Io non ne faccio uso e non ne ho mai fatto uso, quindi...

PRESIDENTE. Non le ho chiesto se lei faceva uso, ma se altri facevano uso di droga.

IVAN MESITI. No, non lo so questo.

PRESIDENTE. Non lo sa. Non ha mai visto nessuno fumare, spinelli ovviamente?

IVAN MESITI. No.

PRESIDENTE. Sa come funzionava il magazzino di casermaggio? Chi c'era al Pag. 22magazzino di casermaggio, lo sa? Non lo sa.

IVAN MESITI. So che c'erano militari. Il casermaggio è dove si ritirava il «cubo».

PRESIDENTE. Sì.

IVAN MESITI. Mi ricordo che, quando siamo andati quella mattina lì, i ragazzi stavano in fila lì. Entravano uno alla volta e ritiravano...

PRESIDENTE. Questa torretta dove è stato trovato Emanuele Scieri lei l'ha vista?

IVAN MESITI. Sì, perché è impossibile non vederla.

PRESIDENTE. Era una torretta... a cosa serviva questa torretta?

IVAN MESITI. Per l'asciugatura dei paracadute.

PRESIDENTE. Veniva utilizzata?

IVAN MESITI. Credo di sì. Non sono mai entrato io dentro.

PRESIDENTE. Non è mai entrato.

IVAN MESITI. Però credo di sì, perché i paracadute, quando venivano lavati...

PRESIDENTE. Questa torre si trova di fronte al magazzino di casermaggio?

IVAN MESITI. Sì.

PRESIDENTE. Il magazzino di casermaggio è un luogo abbastanza frequentato? Non si andava lì a prendere il «cubo» e a cambiare le lenzuola?

IVAN MESITI. Sì, si andava solo per quello. Camminando lungo il perimetro della caserma, si poteva entrare, perché era una zona aperta, perché c'era il casermaggio.

PRESIDENTE. Quindi, la torretta era una zona abbastanza frequentata, la torretta dove è stato trovato Emanuele Scieri?

IVAN MESITI. Non frequentata, ma, se uno ci andava, uno ci poteva accedere senza nessun problema, perché era tutto aperto. L'unica cosa è che li venivano ammucchiati tavolacci e armadietti rovinati e poi, di fronte, c'era la recinzione della pizzeria della caserma.

PRESIDENTE. Ma il magazzino di casermaggio che sta di fronte alla torre dove sta la scala al di sotto della quale è stato trovato Emanuele Scieri era un luogo frequentato oppure no, secondo lei? Non andavano lì a prendere il «cubo» tutte le reclute che arrivavano?

IVAN MESITI. Sì, però lo ritiravano... l'hanno ritirato quella mattina lì che sono stati portati a Pisa e poi bon.

PRESIDENTE. Poi il cambio delle lenzuola... da dove venivano prese le lenzuola per il cambio delle varie camerate, non dico tutti i giorni?

IVAN MESITI. Mi sembra sempre lì.

PRESIDENTE. Nel magazzino di casermaggio.

IVAN MESITI. Mi sembra di sì. C'erano forse degli orari di apertura. Se uno aveva le lenzuola sporche, poteva andare.

PRESIDENTE. I miei colleghi le hanno chiesto che cosa lei ha appreso, che cosa ha saputo della morte di Scieri. Il 16 agosto viene ritrovato questo corpo. Lei era presente in caserma?

IVAN MESITI. Sì, perché, quando me l'hanno detto...

PRESIDENTE. Che cosa è successo il 16 agosto? Ce lo racconti.

IVAN MESITI. Il 16 agosto, il lunedì, quindi?

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PRESIDENTE. Sì. È venuto qualcuno da lei a dirle che cosa era successo? L'ha visto? Era lì?

IVAN MESITI. Io stavo smontando di servizio... Non era che smontavo di servizio. Andavo in pausa perché quella mattina lì montavo di servizio in cucina come nucleo controllo cucina. Ero in pausa e stavo andando in camerata a riposare. Qualcuno – adesso non mi ricordo chi – si è affacciato dalla finestra, dicendomi che era stato trovato un ragazzo morto.

PRESIDENTE. Lei in quale camerata dormiva?

IVAN MESITI. Noi eravamo... adesso non mi ricordo che compagnia. Forse era la compagnia...

PRESIDENTE. La prima compagnia.

IVAN MESITI. La prima compagnia del reparto corsi. Noi dormivamo in mansarda, mi sembra.

PRESIDENTE. Quindi, lei non era nella stessa camerata di Scieri?

IVAN MESITI. No. Noi caporali eravamo a parte.

PRESIDENTE. In ogni camerata dei paracadutisti, degli allievi, c'era un caporale addetto al controllo?

IVAN MESITI. Mi sembra di sì, che ci fosse.

PRESIDENTE. Quindi, in ogni camerata dove c'erano le nuove reclute dormiva almeno un caporale.

IVAN MESITI. Mi sembra di sì, ma non ricordo questo come fosse. Noi, però, eravamo nelle mansarde, diciamo.

PRESIDENTE. Quindi, dopo il ritrovamento del corpo, che cosa avete appreso, cosa avete saputo, che voci circolavano in caserma?

IVAN MESITI. Al momento, subito niente di particolare, perché...

PRESIDENTE. Subito no. E qualche giorno dopo?

IVAN MESITI. Hanno incominciato con queste domande...

PRESIDENTE. Ma lei non è stato interrogato qualche giorno dopo. È stato interrogato dopo sei mesi.

IVAN MESITI. Sì, questo sì.

PRESIDENTE. Quindi, ad altri che venivano interrogati lei avrà chiesto: «Cosa ti hanno chiesto? Cosa vogliono sapere? Cosa si sa?»

IVAN MESITI. No, perché siamo stati chiamati tutti dopo che ci siamo congedati.

PRESIDENTE. No, forse non sono chiara nella domanda. Emanuele Scieri è stato trovato il 16 agosto. Il 17, 18, 19, 20... Lei è stato sentito a febbraio o a gennaio dell'anno dopo, cioè del 2000. Emanuele Scieri è morto il 16 agosto 1999. Dal 16 agosto 1999 fino a quando lei si è congedato sono passati sei mesi.

IVAN MESITI. Sì.

PRESIDENTE. In questi sei mesi sono stati ascoltati numerosi paracadutisti. Lei è stato in caserma, quindi qualcuno sarà venuto da lei a dirle: «Sono stato chiamato in procura. Sono andato dai Carabinieri. Mi hanno chiesto questo e mi hanno chiesto quest'altro». Cosa si diceva della morte di Emanuele Scieri? È una domanda semplicissima.

IVAN MESITI. Ripeto, in procura così probabilmente anche gli altri sono stati chiamati solo dopo, a gennaio.

PRESIDENTE. No, no, sono stati chiamati durante quei mesi, da agosto a dicembre, ed erano suoi...

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IVAN MESITI. Probabilmente dei compagni di Scieri.

PRESIDENTE. E lei non aveva rapporti con loro?

IVAN MESITI. No.

PRESIDENTE. Ma lei non era un caporale istruttore? Non faceva le istruzioni per i corsi dei paracadutisti? E non aveva sotto di sé le nuove reclute?

IVAN MESITI. Sì, però sotto di noi stavano praticamente nel periodo che si addestravano per andare al lancio. Poi, una volta effettuati i lanci, venivano destinati o per le altre caserme della Toscana dei paracadutisti, o magari qualcuno rimaneva a Pisa...

PRESIDENTE. Quindi, lei istruiva solamente nuove reclute appena arrivate?

IVAN MESITI. Sì. Poi io non ho più avuto rapporti con reclute di leva, ma...

PRESIDENTE. Ascolti, però le reclute che lei aveva portato insieme a Tatasciore e Cinelli dalla caserma Lupi di Toscana alla caserma Gamerra erano appena arrivate quel giorno. Quindi, poi lei ha istruito tutte le reclute arrivate insieme a Emanuele Scieri il giorno 13 agosto 1999. Le ha istruite per un mese. Giusto?

IVAN MESITI. Sì.

PRESIDENTE. È così?

IVAN MESITI. Sì.

PRESIDENTE. Bene. Ci risulta che le nuove reclute venissero affidate alla responsabilità dei caporali. Lei era un caporale. Quindi, con queste nuove reclute, compagni di Emanuele Scieri, è possibile che lei non abbia mai parlato della morte di un ragazzo avvenuta dentro le mura della caserma?

IVAN MESITI. Sì, perché non avevamo rapporti con i ragazzi. A parte nell'orario addestrativo, poi non ci si trovava con i ragazzi o fuori dalla caserma.

PRESIDENTE. Che cosa ha sentito dire sulla morte di Emanuele Scieri?

IVAN MESITI. Sinceramente, che cosa si diceva non me lo ricordo.

PRESIDENTE. Muore un ragazzo all'interno di una caserma – non fuori dal perimetro, dentro il perimetro – e lei mi sta dicendo che in caserma non se n'è parlato assolutamente.

IVAN MESITI. No, sicuramente se ne parlava.

PRESIDENTE. Quindi, io le chiedo che cosa lei ha appreso, anche per sentito dire.

IVAN MESITI. Ognuno diceva probabilmente la sua.

PRESIDENTE. Cosa si diceva?

IVAN MESITI. Un po’ tutte le ipotesi che si potevano... come ho detto anch'io prima, che, secondo me, poteva essere un incidente.

PRESIDENTE. Non secondo lei. Che voci circolavano dentro la caserma?

IVAN MESITI. Se non ricordo male, tutti dicevano che poteva essere un incidente. Ognuno si faceva una propria idea.

PRESIDENTE. Lei sa se la sera del 14 notte, alle 5.30 del mattino c'è stata una visita ispettiva del Generale Celentano?

IVAN MESITI. Non me lo ricordo questo, io.

PRESIDENTE. Non se lo ricorda? Il Generale Celentano è il generale di tutta la Folgore.

IVAN MESITI. Sì.

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PRESIDENTE. Ma lei non ha mai visto se il Generale Celentano è mai venuto nella caserma Gamerra a fare una visita straordinaria?

IVAN MESITI. Non me lo ricordo.

PRESIDENTE. E non l'ha neanche sentito dire?

IVAN MESITI. Al momento non me lo ricordo. Mi ricordo del Generale Celentano.

PRESIDENTE. Quante volte l'ha visto, in vita sua, il Generale Celentano?

IVAN MESITI. Forse un paio di volte, anche perché mi sembra, se non ricordo male, di aver fatto anche un lancio col generale.

PRESIDENTE. Lei ha mai letto il libro che ha scritto il Generale Celentano?

IVAN MESITI. No.

PRESIDENTE. Sa quale libro è?

IVAN MESITI. No.

PRESIDENTE. Lei conosce Panella?

IVAN MESITI. Panella?

PRESIDENTE. Panella, un certo Panella, militare.

IVAN MESITI. No.

PRESIDENTE. Conosce Ioanna?

IVAN MESITI. No.

PRESIDENTE. Conosce Viberti?

IVAN MESITI. Viberti me lo ricordo.

PRESIDENTE. Ha mai sentito parlare di Viberti?

IVAN MESITI. Sì.

PRESIDENTE. E cosa ha sentito dire di Viberti?

IVAN MESITI. Che era considerato un po’ il supertestimone, perché quella sera lì dicevano che era rientrato insieme a Scieri, Viberti, quella sera lì.

PRESIDENTE. Quindi, qualcosa si discuteva in caserma.

IVAN MESITI. Questo, però, l'ho appreso forse, mi sembra, dopo, quando ero stato interrogato giù a Pisa.

PRESIDENTE. È possibile che nella caserma, dopo che è morto un ragazzo dentro le mura della caserma – lo sottolineiamo sempre – nessuno dei graduati abbia chiamato tutti i caporali, abbia chiamato tutti gli ufficiali, facendo una riunione e cercando di sapere, anche da un'indagine interna, che cosa fosse avvenuto? Nessuno vi ha mai radunato dicendovi: «Sapete qualcosa di questo caso?».

IVAN MESITI. No.

PRESIDENTE. Mai nessuno?

IVAN MESITI. L'unica volta che ci hanno chiamati è quando ci hanno assegnato quel 15 giorni di rigore per il trasferimento, però noi pensavamo che fosse finita lì. Poi, a gennaio erano arrivati gli avvisi di andare come persone informate dei fatti giù a Pisa.

PRESIDENTE. Ci sono altre domande? Zappulla e Baroni.

GIUSEPPE ZAPPULLA. Ho solo una brevissima considerazione e poi delle domande in parte già fatte.

PRESIDENTE. Abbiamo un altro teste.

GIUSEPPE ZAPPULLA. Sì, sì. Per quanto mi riguarda, sarò estremamente breve.
La sensazione che io ho – non le nascondo – è che lei in qualche modo sia preoccupato nel rispondere alle domande, mentre, per quanto mi riguarda e per quanto Pag. 26ci riguarda, noi la consideriamo una «presenza nostra alleata», cioè una persona che ci può dare una mano d'aiuto. Quindi, non deve avere alcuna preoccupazione delle domande che le facciamo. Questo glielo dico perché proprio trasferisce e traspare dalle sue risposte questa sorta di preoccupazione.
Probabilmente, le chiedo – la prima domanda è questa; le altre sono... – non è che questa sua preoccupazione nasce dal fatto che dalle intercettazioni che dai colleghi sono state riportate a lei viene in qualche modo chiesto di raccomandare ad altri di dare una versione dei fatti quando vengono a essere interrogati, quella di dire che al contrappello dormivano tutti e due e che, altrimenti, addio? È un segnale di chi evidentemente è preoccupato. Chi le sta dicendo questo e le sta raccomandando di trasferire questo genere di informazione in qualche modo è preoccupato che venga fuori che loro non dormivano in quelle ore.
Lei, per esempio, in quell'occasione si è posto la domanda del perché le ponessero e le indicassero questa cosa? Se l'è posta la domanda del perché fossero preoccupati?

IVAN MESITI. No, sinceramente no. Non riesco neanche a capire perché mi avessero chiesto una cosa del genere. O perché appunto dovevano essere anche loro in licenza e non sarebbero dovuti stare magari in giro per la caserma.

GIUSEPPE ZAPPULLA. In questo caso anche lei doveva essere preoccupato, allora.

IVAN MESITI. Io ero fuori, però.

GIUSEPPE ZAPPULLA. Ma poi è rientrato pure in caserma, anche se a tarda ora. Probabilmente la preoccupazione è perché loro erano in caserma nelle ore in cui era scomparso Scieri.

IVAN MESITI. Può anche essere.

GIUSEPPE ZAPPULLA. Può darsi che sia questa la preoccupazione?

IVAN MESITI. Può darsi. Magari ci troviamo in mezzo a un casino o a un fattaccio che non ci riguarda. Io questo non lo so.

GIUSEPPE ZAPPULLA. Lei diceva, poco fa, rispondendo a una domanda che le faceva – credo – il presidente, ossia se lei conosce la zona della torretta, di sì, se non sbaglio.

IVAN MESITI. Sì, per forza.

GIUSEPPE ZAPPULLA. Le risulta che quella zona fosse frequentata in orari strani?

IVAN MESITI. No. Non lo so. Di notte in caserma non giravo. Quando era l'ora del contrappello, io me ne stavo in camerata. Non so se qualcuno si radunava in quella zona là. Comunque era una zona buia della caserma, perché era proprio in fondo.

GIUSEPPE ZAPPULLA. Proprio perché è una zona buia può darsi che potesse essere una zona dove magari la sera ci si vedeva per scambiare qualche opinione o per fumare qualche spinello o per scambiarsi delle sostanze stupefacenti.

IVAN MESITI. Ripeto, io, non facendone uso...

GIUSEPPE ZAPPULLA. No, non le ho detto lei... Torno alla considerazione iniziale. Lei deve stare tranquillo, perché non le poniamo la domanda in termini diretti. Le chiediamo se le risultava.

IVAN MESITI. No, no, non mi risulta, anche perché, appunto, non usando, non avevo né interesse di cercare, né di unirmi magari a chi si poteva fare degli spinelli o anche altro. Io non lo so. Io non ne ho mai fatto uso.

GIUSEPPE ZAPPULLA. Lei, però, non esclude che quella potesse essere anche una zona dove si vedevano e si incontravano di sera, per esempio, Cinelli e Tatasciore, tanto per fare dei nomi così?

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IVAN MESITI. Potrebbe essere. Potrebbe essere.

GIUSEPPE ZAPPULLA. Non le risulta, ma non lo esclude.

IVAN MESITI. No, io degli altri non posso dire cosa potessero fare. Non lo so.

GIUSEPPE ZAPPULLA. Quindi, non le risulta neanche che circolasse droga in caserma.

IVAN MESITI. No, a mio avviso no.

GIUSEPPE ZAPPULLA. E che da quell'ingresso a cui lei faceva riferimento poco fa potessero non solo uscire, ma potessero anche entrare persone che non erano militari. Le risulta?

IVAN MESITI. Potrebbe anche essere. Potrebbe anche essere.

GIUSEPPE ZAPPULLA. Potrebbe o le risulta in qualche modo, anche per sentito dire, che questo...?

IVAN MESITI. No, io non so, come mi ha chiesto la signora, che c'era stata della gente punita perché era uscita senza permesso da lì. Io questo non l'ho mai saputo e non lo so, però – ripeto – secondo me era possibile farlo, perché era una zona... Non vorrei mettere la mano sul fuoco, ma quel cancello non so neanche se era sempre chiuso completamente e perfettamente a chiave.

GIUSEPPE ZAPPULLA. Le faccio di nuovo la stessa domanda e poi finisco, presidente. La stessa domanda è perché mi sto interrogando a mano a mano che leggo e vedo queste risposte e queste intercettazioni. Perché, secondo lei, Cinelli le ha chiesto di raccomandare e di raccontare una certa versione dei fatti?

IVAN MESITI. Non ne ho idea. Non ne ho idea.

GIUSEPPE ZAPPULLA. Cosa è successo quella sera, secondo lei?

IVAN MESITI. Non ne ho idea. Ripeto, come ho detto già prima, mi ricordo che Tatasciore era una persona molto schiva e chiusa ed era una persona che usciva molto poco. Quando stava in caserma poi era sempre in branda. Quello me lo ricordo molto bene. Però di quella sera lì se poi loro sono andati in giro o meno non lo so e non so perché mi abbiano chiesto quella cosa lì.

GIUSEPPE ZAPPULLA. Mi fermo qui, presidente.

MASSIMO ENRICO BARONI. Signor Ivan Mesiti, le voglio fare una domanda molto diretta: quante volte ha mentito in questa sede?

IVAN MESITI. Penso mai.

MASSIMO ENRICO BARONI. Pensa mai. E quante volte, invece, non ha risposto in maniera diretta alle domande che le abbiamo fatto?

IVAN MESITI. Mi sembra di essere abbastanza diretto.

MASSIMO ENRICO BARONI. Presidente, chiedo la secretazione dell'ultima parte dell'audizione.

PRESIDENTE. Da questo momento in poi?

MASSIMO ENRICO BARONI. Sì, da questo momento in poi.

PRESIDENTE. Va bene. Siete tutti d'accordo a secretare? Sì. Va bene. Apprezzate le circostanze, propongo di proseguire l'audizione odierna in seduta segreta.

La Commissione delibera quindi all'unanimità di procedere in seduta segreta.

(I lavori proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

Pag. 28

PRESIDENTE. Ringrazio il signor Mesiti e sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa alle 22.05, è ripresa alle 22.15.

PRESIDENTE. Apprezzate le circostanze, propongo di proseguire l'audizione odierna in seduta segreta.

La Commissione delibera quindi all'unanimità di procedere in seduta segreta.

(I lavori proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di intervenire, dopo aver ringraziato l'audito, dichiaro conclusa l'audizione. Ricordo che la Commissione tornerà a riunirsi lunedì 19 dicembre 2016, alle 15, per l'audizione di militari in servizio nella caserma Gamerra di Pisa, all'epoca di Emanuele Scieri. Dichiaro conclusa la seduta.

La seduta termina alle 23.35.