XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti dell'utilizzo dell'uranio impoverito

Resoconto stenografico



Seduta n. 41 di Mercoledì 11 gennaio 2017

INDICE

Seguito dell'audizione del dottor Paolo Pasquinelli:
Scanu Gian Piero , Presidente ... 3 
Pasquinelli Paolo  ... 3 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 4 
Pasquinelli Paolo  ... 4 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 5 
Pasquinelli Paolo  ... 5 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 5 
Pasquinelli Paolo  ... 5 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 5 
Pasquinelli Paolo  ... 5 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 5 
Pasquinelli Paolo  ... 5 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 5 
Pili Mauro (Misto)  ... 5 
Pasquinelli Paolo  ... 6 
Pili Mauro (Misto)  ... 6 
Pasquinelli Paolo  ... 6 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 6 
Pasquinelli Paolo  ... 6 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 6 
Pasquinelli Paolo  ... 6 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 6 
Pasquinelli Paolo  ... 6 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 7 
Pili Mauro (Misto)  ... 7 
Pasquinelli Paolo  ... 7 
Pili Mauro (Misto)  ... 7 
Pasquinelli Paolo  ... 7 
Pili Mauro (Misto)  ... 7 
Pasquinelli Paolo  ... 7 
Pili Mauro (Misto)  ... 7 
Pasquinelli Paolo  ... 7 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 8 
Rizzo Gianluca (M5S)  ... 8 
Pasquinelli Paolo  ... 8 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 8 
Rizzo Gianluca (M5S)  ... 8 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 8 
Pasquinelli Paolo  ... 8 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 9 
Rizzo Gianluca (M5S)  ... 9 
Pasquinelli Paolo  ... 9 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 9 
Rizzo Gianluca (M5S)  ... 9 
Pasquinelli Paolo  ... 9 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 10 
Rizzo Gianluca (M5S)  ... 10 
Pasquinelli Paolo  ... 10 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 10 
Pasquinelli Paolo  ... 10 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 10 
Pasquinelli Paolo  ... 10 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 11 
Carrozza Maria Chiara (PD)  ... 11 
Pasquinelli Paolo  ... 11 
Carrozza Maria Chiara (PD)  ... 11 
Pasquinelli Paolo  ... 11 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 12 
Pasquinelli Paolo  ... 12 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 12 
Pasquinelli Paolo  ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 13 
Pasquinelli Paolo  ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 13 
Pasquinelli Paolo  ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 13 
Pasquinelli Paolo  ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 13 
Pasquinelli Paolo  ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 13 
Pasquinelli Paolo  ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 13 
Pasquinelli Paolo  ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 13 
Pasquinelli Paolo  ... 13 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 14 
Pili Mauro (Misto)  ... 14 
Pasquinelli Paolo  ... 14 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 14 
Pasquinelli Paolo  ... 15 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIAN PIERO SCANU

  La seduta comincia alle 14.30.

Seguito dell'audizione del
dottor Pasquinelli.

  PRESIDENTE. Buon pomeriggio a tutti.
  Alcuni colleghi, direi la quasi totalità, hanno fatto in modo di farmi pervenire delle scuse per impegni che hanno dovuto assumere presso altre Commissioni. Ringrazio il collega Vito per la puntualità. Diamo inizio ai lavori.
  Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del dottor Paolo Pasquinelli, che saluto a nome personale e dell'intera Commissione, e ringrazio per questa seconda puntata alla quale si è reso disponibile.
  Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta.
  L'audizione odierna costituisce il seguito dell'audizione già svolta lo scorso 9 novembre. Ricordo che il dottor Pasquinelli si è occupato degli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti e non ionizzanti, svolgendo per un rilevante periodo attività di collaborazione con il CRESAM (Centro ricerche, esperienze e studi per applicazioni militari), in seguito divenuto CISAM (Centro interforze studi e applicazioni militari).
  Dottor Pasquinelli, anche a nome dei colleghi che sono appena arrivati, le rivolgo il benvenuto, avendo ringraziato i colleghi per la loro presenza, e le do subito la parola, pregandola, qualora avesse necessità e piacere di aggiungere altre dichiarazioni a quelle che ha già reso in occasione della sua prima audizione, di farlo.
  Vedo che ha già fatto impostare una slide, dal che deduco che voglia partire proprio da questa. Grazie ancora. A lei la parola.

  PAOLO PASQUINELLI. Ricambio i saluti al presidente e ai commissari e ringrazio per questa nuova chiamata, alla quale ho risposto con il solito entusiasmo e il rispetto della Commissione e dell'istituto che rappresenta.
  La prima slide l'ho presentata la volta scorsa. Devo fare una piccola aggiunta. Qui manca una zona abbastanza particolare, ossia Mitrovica, di cui avevo già esposto la volta scorsa. Mi preme dire, però, ai commissari che tutto quello che ho esposto la volta scorsa e che era stato oggetto di conferenze sia in Università, sia in Congressi internazionali e nazionali, anche NATO, è disponibile. Pertanto, se c'è qualcuno che dovesse ricordare in particolare alcuni aspetti, sono disposto e disponibile a rimostrare quello che la volta scorsa era stato proiettato, senza togliere che, se qualcuno non c'era la volta scorsa, può essere aggiornato a richiesta.
  Ho fatto questa slide perché vediate quanti posti sono stati da me visitati sotto il mandato del COI e del CISAM per fare delle verifiche ambientali che riguardavano gli aspetti degradanti o degradabili della situazione del Kosovo.
  Questa è la slide che ho presentato la volta scorsa, ma, per far ben capire qual è l'ampiezza delle zone dove sono stato, che sono state registrate puntualmente da organismi effettivi NATO, vi mostro proprio la cartina con i punti. Potete ben vedere la Pag. 4vastità della zona kosovara, di cui ci siamo interessati, come CISAM, anche dal punto di vista radiologico, che non mi riguardava personalmente, anche se molti aspetti li ho curati in assenza di colleghi che erano impegnati in altre parti. Ho fatto principalmente indagini e ricerche di tipo biologico-ambientale che riguardavano soprattutto l'aria e l'acqua.
  Ora vi faccio vedere come dall'aspetto geografico sia possibile notare che la zona del Kosovo, nel suo completo aspetto geografico, è circa una volta e mezzo, o quasi due, la Toscana. La parte che riguarda gli insediamenti controllati dal contingente italiano è proprio quella che vi sto mostrando. I punti di visibilità blu sono le mie indagini sulla parte acquifera, gli asterischi di tipo giallo sono la parte aerea.
  Questa mappa è stata sviluppata dalla NATO ed è un documento non riservato, che quindi posso mostrare, perché tutti questi punti sono stati tratti dalle mie esperienze e dalle mie visite. Vi mostro, quindi, quanta zona del Kosovo fosse stata da me monitorata su questi due aspetti. Uno riguarda le acque e, quindi, la batteriologia delle acque, l'inquinamento complessivo delle acque, i metalli pesanti e non pesanti delle acque, anche i metalli tossici. L'altro, soprattutto, concerne l'aria. Come ho mostrato la volta scorsa, riguardava la parte del pulviscolo atmosferico, quindi tutta la parte di sospensione e risospensione dell'aria. Oltre ai metalli pesanti e ai metalli tossici, c'era anche la parte che riguardava gli aspetti delle polveri sottili e non sottili.
  Le mie erano indagini di polveri totali, perché in alcune zone, come ho detto la volta scorsa, c'erano due grandi fattori di rischio. Uno era Obilic, una grande centrale a lignite che riforniva praticamente il Kosovo e anche altre zone dell'ex Jugoslavia e della Serbia. L'altro, invece, era Mitrovica, nella parte alta della slide, dove c'erano una delle più grandi miniere estrattive di metalli dei Balcani e due industrie siderurgiche che trasformavano i metalli in prodotti lavorati, in prodotti finiti.
  Su queste due zone c'era un grande impegno di tipo ambientale per quanto riguardava sia le polveri, sia il piombo, come vi ho fatto vedere la volta scorsa. Leggendo, oltre che qualitativamente, anche quantitativamente – se vi ricordate, vi ho fornito i numeri – c'erano delle situazioni talvolta critiche e che talvolta superavano i limiti consentiti dalle leggi italiane. Pur essendo in Kosovo, infatti, le leggi di riferimento erano quelle italiane.
  Con questo ho concluso l'aggiunta che il presidente mi ha sollecitato a mostrare, anche dietro mia richiesta. Aspetto ora le vostre domande, le vostre considerazioni oppure i vostri commenti.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, dottore. Iniziamo senz'altro. Prima, però, vorrei essere certo che tutta la documentazione alla quale ha fatto riferimento il dottor Paolo Pasquinelli venga acquisita nella disponibilità della Commissione. Se già non l'avessero fatto la volta scorsa, invito la dottoressa Lai e i responsabili dell'Ufficio archivio a voler gentilmente provvedere in questa direzione.
  Vorrei fare subito qualche domanda. Appena i colleghi ne avessero desiderio, mi facciano cenno cosicché possa dar loro la parola.
  Caro dottor Pasquinelli, nella sua audizione del 9 novembre lei ha riferito che «il commitment – è lei che parla – del mio lavoro è stato prevalentemente del CISAM attraverso il Ministero della difesa e il Centro operativo interforze, cioè il COI, al quale – lei dice – dovevo relazionare».
  Le sue relazioni – qui arriviamo alla prima domanda – furono stese in forma di rapporti dei quali esiste tuttora conservata la documentazione? In caso affermativo, presso quale organismo si troverebbero questi rapporti?

  PAOLO PASQUINELLI. Tutti i rapporti che ho fatto e che sono stati trasferiti dal CISAM al COI sono conservati in un armadio pieno al COI. Il Centro operativo interforze contiene tutte le mie documentazioni, che partono addirittura dal 2001 fino al 2006. Praticamente molta di questa documentazione sta lì. Ho mostrato, però, soltanto le cose che ho discusso in congressi e conferenze, che quindi sono «certificate».

Pag. 5

  PRESIDENTE. La domanda è questa: le relazioni che ha svolto, avendo avuto relativo incarico da parte sia del CISAM, sia del COI, le ha fatte pervenire al COI...?

  PAOLO PASQUINELLI. Tramite il CISAM.

  PRESIDENTE. Per quanto di sua conoscenza, si troverebbero tutte presso il COI.

  PAOLO PASQUINELLI. Certamente.

  PRESIDENTE. Grazie molte.
  Passo alla seconda domanda. A seguito della sua attività nei vari teatri quali iniziative, per quanto lei possa saperne, vennero prese all'epoca a seguito dei suoi controlli e da chi?

  PAOLO PASQUINELLI. Io ho mostrato una slide in cui i miei consigli furono recepiti primariamente dal comandante del distaccamento che era in operazione di peacekeeping in Kosovo. Primariamente, quando si trattava di decisioni abbastanza banali, che riguardavano la dismissione di determinati oggetti, la loro sostituzione o il miglioramento di situazioni abbastanza semplici, c'era l'intervento del comandante.
  Quanto ad altre situazioni, per esempio relative al mio suggerimento di ridurre i tempi di permanenza a Mitrovica, furono prese decisioni di alto livello, ragion per cui io feci la segnalazione, ma mi sono accorto che successivamente queste segnalazioni erano state recepite.
  La slide che ho mostrato la volta scorsa, e che avete sotto documentazione, mostra quelli che erano stati i miei suggerimenti, che andavano dalle banalità a questioni piuttosto impegnative. Se questa non la soddisfa come risposta, mostro la slide.

  PRESIDENTE. Per adesso va bene. Poi torniamo al discorso del turnover, di cui lei ci ha parlato in maniera molto ampia ed efficace.
  Restando alla domanda, i rapporti che abbiamo visto lei inviava al CISAM, il quale li ha poi fatti recapitare al COI, in loco lei li consegnava direttamente ai referenti militari che si trovavano sul posto, oppure lo faceva una volta rientrato nel nostro Paese?

  PAOLO PASQUINELLI. Ci sono due aspetti. Il primo aspetto è la conferenza finale che facevo con il comandante e con tutto il reparto dentro un'aula magna, oppure in una zona abbastanza capiente di personale. Mostravo primariamente a loro quello che sarebbe stato poi l'elaborato, ovviamente ampliato quando tornavo al CISAM, perché in quel momento soltanto analisi batteriologiche e di pochi altri tipi potevano essere risolte nell'ambito di una quindicina di giorni. Quando tornavo al CISAM, precedentemente c'erano dei laboratori specializzati (sono stato anche direttore dei laboratori di radiopatologia e radiotossicologia), che a loro volta iniziavano a fare delle analisi.
  In realtà, le analisi più complicate e complesse, quelle che riguardavano i metalli sia pesanti, sia tossici, venivano fatte con una convenzione a Castel Romano dal Centro meteorologico italiano, che era il certificatore assoluto di tutte le misure. Quindi, le misure che io fornivo – come ho detto, alcune potevano essere fornite immediatamente e altre, invece, no – successivamente venivano certificate. Andavo spesso a Castel Romano di persona per seguire anche queste analisi, che venivano fatte con il CPMS, uno strumento abbastanza sofisticato e complicato da gestire, che noi non avevamo al CISAM. Avevamo altri tipi di strumenti, che però non avevano la sensibilità – diciamo così – esasperata per poter fare determinate analisi di microquantità.

  PRESIDENTE. Darei subito la parola al collega Pili e, successivamente, al collega Rizzo.

  MAURO PILI. Grazie, presidente. Nell'ordine, la prima domanda è: quando è stata la prima volta che lei ha fatto un sopralluogo in Kosovo e su mandato di chi? Che tipo di riscontri ha fatto per quanto riguarda il torio e aveva la strumentazione necessaria per fare quel tipo di Pag. 6rilievi in quelle aree? Ha fatto riscontri sull'equipaggiamento dei militari italiani sia a Gjacova, sia a Pristina, nelle basi fondamentali e nelle operatività sui luoghi che lei ha indicato? Avevano già degli equipaggiamenti in maniera netta evidenti per fronteggiare possibili patologie o rischi sull'area?

  PAOLO PASQUINELLI. Con riguardo alla prima domanda, ossia quando, è stato il 2001 il momento in cui ho cominciato a fare le analisi. C'era stata un preliminare di visione, penso nel novembre del 2000 o ai primi del 2001, per prendere visione della situazione. Poi, però, le analisi sono cominciate nel 2001, con le indagini.

  MAURO PILI. Può ricordare il mese del 2001?

  PAOLO PASQUINELLI. Il mese dovrebbe essere... Non ne ho la certezza, me lo permetta, perché è già passato un determinato numero di anni. Credo, se non ricordo male, che fosse maggio 2001.

  PRESIDENTE. Potrebbe essere maggio 2001.

  PAOLO PASQUINELLI. Potrebbe. Non ho documentazione. L'avevo, ma non era certificabile. Ho anche delle immagini e delle fotografie che mi sono rimaste nel computer o in qualche CD, ma non ho ritenuto opportuno mostrarle, perché non erano state oggetto di documentazione certificata, come sono queste che mi sono rimaste. Questa è la risposta alla prima domanda.
  Il torio non è stato assolutamente, che io sappia, né da me, né da altri verificato e neanche trovato, perché si parla di uranio depleto. Difficilmente si va a cercare il torio. Come ho detto nella nelle mie slide, il che è verificabile anche dall'UNEP e da tanti altri soggetti che hanno fatto delle analisi, oltre all'uranio in alcuni suoi radioisotopi, sono stati trovati altri radionuclidi, di cui vi ho parlato e di cui, se volete, poi riparleremo. Questo per quanto riguarda la seconda domanda.
  La terza domanda riguarda l'equipaggiamento. Per l'equipaggiamento ho mostrato una situazione in cui i ragazzi della NBC operavano in maniera abbastanza professionale, ma dal punto di vista dei DPI e delle protezioni personali, non tocca a me giudicare se lo fossero o no. La mia sensazione è che una tuta bianca del tipo da imbianchino, o qualcosa di simile... Mi lasciava un po’ perplesso. Io non ho la capacità di verificare se le tute da imbianchino potessero essere sufficienti per poter schermare alcuni aspetti oppure per evitare contaminazioni di manipolazione o altre cose.
  Di più non posso dire.

  PRESIDENTE. Dottore, mi perdoni se la interrompo. Questa è un'audizione libera. Non è un'audizione di tipo testimoniale. La sua è una libera audizione. Pertanto, lei è anche nella condizione di potersi permettere di esprimere una sua valutazione. Un uomo di scienza come lei, per quanto sia anche prudente nel fare le valutazioni, un'idea se l'è fatta.
  Senza che questo possa diventare un motivo di scandalo o una ragione particolarmente delicata da far pesare in non so quali contesti, è importante che lei risponda alla Commissione. Il senso della domanda del collega Pili era molto pertinente ed esplicito: sulla base della sua esperienza e, prima ancora, della sua conoscenza, lei ritiene che quelli fossero equipaggiamenti adeguati oppure no?

  PAOLO PASQUINELLI. Rifletto un attimo prima di rispondere, perché so benissimo che le cose poi vengono divulgate e scritte e già si leggono anche su Internet.

  PRESIDENTE. Il suo è un punto di vista.

  PAOLO PASQUINELLI. Il mio punto di vista è che, in determinate situazioni, secondo me, non erano adeguate. In altre situazioni magari potevano anche essere adeguate, perché la conoscenza completa di un territorio non la si ha mai, se non Pag. 7quando ci si accerta che lì c'è veramente una contaminazione.
  Questa è la mia risposta, che potete anche prendere e scrivere dove volete, se la registrate, ovviamente.

  PRESIDENTE. Grazie, sì.

  MAURO PILI. Se posso, vorrei un attimo approfondire, presidente.
  Lei arriva nell'ipotetico maggio 2001 e fa già un riscontro della tipologia di abbigliamento di tutto il personale presente in Kosovo italiano, o soltanto dell'NBC? Questo è un aspetto delicato, perché è evidente che i militari italiani erano schierati in alcune realtà dislocate rispetto a Pristina e Gjakova, ma operavano in gran parte delle aree che lei ha indicato.
  La domanda che io ho posto adesso lei l'ha articolata parlando di NBC. Queste tute da imbianchino riguardavano l'NBC o tutti i 600 militari impegnati in quella missione?

  PAOLO PASQUINELLI. Posso risponderle con certezza. Io ero aggregato ed ero il tutor – se lo vogliamo dire con un termine più elegante – del gruppo NBC e con loro mi muovevo. Ovviamente, c'era anche la scorta. C'era la scorta dell'MSU, che erano i Carabinieri, che a volte, in qualche modo, proteggevano me e anche il gruppo NBC. Altre volte, invece, era lo stesso gruppo NBC che faceva anche da scorta al sottoscritto. Prevalentemente ho lavorato e operato con l'NBC, che potrebbe essere una squadra SIBCA o un'altra squadra, ma sempre facente parte dell'NBC.
  Le mostro anche un'immagine, così si può rendere conto di quello che mi ha chiesto. Questo è un prelievo a una stazione di lancio dell'acquedotto di Bjelo Polje, di cui io sono stato anche uno dei controllori, forse l'unico controllore per quanto riguarda la purezza delle acque.
  Le faccio vedere ancora altre situazioni. Queste sono situazioni veramente non complicate, perché eravamo dentro un impianto, ma ce ne sono altre. Queste sono, invece, situazioni di carattere generale.
  Lei non c'era la volta scorsa?

  MAURO PILI. No.

  PAOLO PASQUINELLI. Queste sono situazioni di carattere generale abbastanza comuni, perché sono inquinamenti... Da una parte, come può vedere, c'è una carriola che raccoglie scarti di un flocculatore, dall'altra ci sono ammassi di bombole buttate lì, ma queste sono situazioni normalissime dal punto di vista non radiologico. Da quest'altra parte è lo stesso.
  Se poi volesse anche scorrere queste, sono le misure qualitative che ho fatto, ma si va fuori dalla domanda che mi ha fatto. Credo di essere stato esaustivo. Se non lo sono stato, mi riprenda e avrò piacere di risponderle.

  MAURO PILI. Oltre a queste situazioni, laddove c'era l'ipotesi che si potessero individuare dei radionuclidi, l'equipaggiamento dell'NBC era lo stesso che abbiamo visto in queste immagini o cambiava?

  PAOLO PASQUINELLI. Aspetti. Glielo faccio vedere. Mi conceda qualche minuto, perché è una slide importante. La risposta deve essere contemporanea alla domanda, altrimenti si può equivocare.

  MAURO PILI. Concludo con l'ultima domanda. Lei era a conoscenza di una disposizione dell'esercito americano trasmessa attraverso il Pentagono alle autorità italiane per quanto riguarda l'equipaggiamento dei militari presenti in Kosovo?

  PAOLO PASQUINELLI. Questa domanda è più pertinente verso gli organi superiori a me. Io sono stato un ricercatore del CISAM, sia di ricerca di base, sia di ricerca applicata. Ciò che viene distribuito a livelli NATO di riservatezza oppure di confidential a me non arrivava.
  Comunque sia, queste cose necessariamente le ho lette, ma non le ho verificate, perché con il contingente statunitense ho avuto modo di rapportarmi soltanto in conferenze come questa. Quando qualcuno mi ha fatto delle domande, ho risposto, ma non ho partecipato a operazioni insieme ai gruppi americani o inglesi, che probabilmente, Pag. 8 da quel che si legge, erano equipaggiati in una maniera diversa dalla nostra e forse più consona a quelle situazioni.

  PRESIDENTE. Collega Rizzo, prego.

  GIANLUCA RIZZO. Grazie, presidente. Ringrazio anche il professor Pasquinelli. Per le mie domande prendo spunto da un'audizione presso questa Commissione del 30 marzo 2016 e, nello specifico, dall'audizione del caporal maggiore Ferrara del 7° NBC, che tra l'altro ha dichiarato di essere stato con lei durante la missione in Kosovo nel 2005.
  Durante questo periodo avete fatto diverse rilevazioni, una in particolare a Gjakova, in un vecchio bunker. Ferrara ha riferito che lo spettrometro di massa nelle vicinanze di un dardo di uranio rilevava cesio 137. A cosa è dovuto tale risultato?
  Continuo con le domande?

  PAOLO PASQUINELLI. No, vorrei rispondere subito a questa domanda.
  Dunque, il caporal maggiore – mi sembra – Ferrara in due occasioni ha collaborato come me e con il gruppo NBC. In un'occasione con lui e in altre occasioni con altri colleghi ho verificato la presenza nel foro – attenzione a quello che dico – dove c'era stata la penetrazione del dardo di uranio depleto, o, come si suol dire, di uranio impoverito, di cesio 137 monitorato e rilevato da strumentazioni adeguate, che mostravano proprio il picco del cesio. Lo strumento andava a fondo scala proprio nella zona immediatamente vicina, quindi a 2-3 centimetri da dove c'era stato il foro.
  In altre situazioni, invece, a distanza di un mese o di due mesi non c'era la presenza di cesio. Evidentemente quel cesio non era un cesio dovuto alla ricaduta radioattiva di Cernobyl e tutto il resto, ma era cesio di provenienza particolare dei dardi.
  Lei sa benissimo – oppure glielo dico io – che ci sono due tipi di uranio depleto. C'è il cosiddetto uranio depleto pulito e c'è il cosiddetto uranio depleto sporco. Non è detto che l'uranio depleto pulito non provochi guai, ma l'uranio depleto sporco è derivato da che cosa? Da un riprocessamento di combustibile nucleare esaurito, da un reprocessing.
  Tra l'altro, lo dico perché, insieme al collega Armando Benedetti, quando eravamo giovani, abbiamo partecipato alla costruzione di un piccolo impianto pilota di reprocessing.
  Il cesio 137 è uno degli elementi di fissione che derivano da un nucleare che viene riprocessato. Quindi, sicuramente quello era uranio depleto sporco. Poi l'UNEP ha certificato questo, non solo le misure a cui lei si riferisce, che ho verificato e che ho mostrato proprio qui con le slide.
  C'è da dire che, insieme al cesio 137, l'UNEP e poi anche successivamente nel libro – se non ricordo male; ho una memoria incredibile – del professor Nobile c'è una tabella presa dalle analisi che abbiamo fatto al CISAM, dove, oltre all'uranio e al cesio, ci sono anche altri due elementi che sono abbastanza problematici.
  Spero di aver risposto esaustivamente alla sua domanda.

  PRESIDENTE. Collega Rizzo, ha altre domande da fare?

  GIANLUCA RIZZO. Sì, ne avevo altre, ma ha già risposto.
  Le volevo chiedere una cosa. Durante l'audizione sempre del 30 marzo il caporal maggiore Ferrara depositò in segreteria la foto di un container contenente dardi di uranio impoverito all'interno del Villaggio Italia. Il CISAM era a conoscenza di ciò? Se sì, che pericolo rappresentava per la salute dei nostri soldati?
  Se vuole, faccio l'altra domanda, così poi magari chiudiamo, oppure risponde.

  PRESIDENTE. Ha inquadrato la domanda, dottore?

  PAOLO PASQUINELLI. Sì, l'ho inquadrata e sto cercando, perché le risposte ci sono. Rispondo a braccio.
  Il contenitore di cui lei parla era un container di tipo marittimo, di quelli che adoperano le navi, e si trovava a Bjelo Polje, decentrato rispetto alla zona dove erano gli alloggi militari. In questa occasione Pag. 9 fui sollecitato dal COI e dal CISAM – Armando Benedetti se lo ricorderà – in qualche modo (io non sono e non ero un esperto qualificato; non ero un fisico sanitario, ma un biologo), di osservare e, secondo quanto mi era stato chiesto dal comandante del contingente italiano in quel momento, e al limite di fornire dei consigli su come operare in questa situazione.
  C'è un'immagine, che ho proposto la volta scorsa, in cui mi sono collocato a 80 metri su una collinetta per vedere cosa stesse succedendo e come si comportassero i gruppi NBC. Peraltro, il gruppo NBC, al di là delle questioni che riguardano l'equipaggiamento e tutto il resto, è un gruppo abbastanza esperto e, quindi, faceva misurazioni prima di entrare nel container all'esterno per vedere la misura di radioattività.
  Poi ci fu l'apertura del container e misure anche all'interno, che ovviamente non ho registrato perché non competeva a me. Competeva al gruppo NBC fare le misurazioni e registrarle e altrettanto capire cosa ci fosse dentro questo container, che peraltro esisteva e penso sia stato, come ho detto l'altra volta, o ripreso dagli Stati Uniti in qualche modo, oppure smaltito in altro modo. Non so dire le fasi successive. So soltanto dire che ho assistito a questo tipo di loro intervento.
  Credo di essere stato esaustivo. Ora, però, se c'è la possibilità, riguardiamo le slide.

  PRESIDENTE. Le guardiamo dopo.
  Collega, intende aggiungere un'altra domanda?

  GIANLUCA RIZZO. Sì, grazie, presidente. Ritornando sul tipo di equipaggiamento del nucleo NBC, ricordo che si parlò dell'utilizzo di dosimetri da parte dei militari dell'NBC. Dopo l'utilizzo questi dosimetri venivano consegnati al CISAM? Se sì, potrebbe spiegarci meglio il loro funzionamento e cosa è stato scoperto dal loro studio?

  PAOLO PASQUINELLI. La domanda me l'aspettavo perché, onestamente, anch'io ho elaborato – tipo radar – le possibili domande che potevano venir fuori.
  Intanto ci sono da dire due cose sulla dosimetria. La dosimetria con il dosimetro che viene portato davanti all'indumento è valida ed è tuttora adoperata per irraggiamenti di tipo gamma e di tipo beta, mentre non è assolutamente valida per complicazioni o contaminazioni di tipo alfa.
  Fondamentalmente l'uranio depleto o i suoi danni li andiamo a cercare insieme agli altri di cui ho citato prima. Prevalentemente è un radioisotopo alfa-emettitore. Pertanto, i dosimetri che venivano rilasciati e posizionati sui vestiari servivano soltanto per dosi massicce che potevano capitare, ma che non so se siano capitate.
  Perché non lo so? Perché al CISAM c'è un reparto di dosimetria che fornisce i dosimetri e fa le letture. Tali letture sono – diciamo così – oggetto di riservatezza e, quindi, non sono divulgabili ad altre persone, se non a personale estremamente autorizzato a leggere i risultati. Su questo aspetto non so rispondere. Dico, però, che i dosimetri, mi sembra dopo un paio d'anni, vennero loro forniti e ritirati ogni volta e consegnati al CISAM. Questo è quello che sicuramente posso dire.

  PRESIDENTE. Grazie.
  Continuiamo. Le pongo un'ultima domanda.

  GIANLUCA RIZZO. Le ultime due. Sarò velocissimo.
  A proposito di CISAM, sa se sono mai state effettuate delle analisi delle acque marine vicino all'Isola Maddalena perché meta di sottomarini nucleari di altri Stati? Se sì, avete mai individuato qualche tipo di inquinamento dovuto a quest'attività?

  PAOLO PASQUINELLI. Anche al CISAM ci sono dei compartimenti stagni che per riservatezza non comunicano tra loro, oppure comunicano raramente. So per certo che analisi a La Maddalena sono state fatte e che sono state fatte con grande frequenza, con una frequenza elevata e con grande attenzione. Di più non so dire. Non Pag. 10so se sono stati trovati inquinamenti o non inquinamenti.
  Questo dipende dalle misure che sono state fatte dalla sezione di radioprotezione del CISAM, di cui io non facevo parte. Io ho diretto il laboratorio di radiopatologia e radiotossicologia e successivamente sono stato impegnato, dal 2001 al 2006, come biologo ambientale in zone di teatri operativi, in funzione del fatto, tra l'altro, che oltre che avere esperienza in questi settori, ero anche un biologo iscritto all'Ordine dei biologi.
  Come ho detto la volta scorsa, quando si fanno delle certificazioni come quelle che abbiamo fatto insieme ad Armando Benedetti a Butmir, possiamo essere considerati come CTU. Quindi, in funzione delle nostre firme, che sono firme di certificatori, si possono prendere delle decisioni.
  Mi sembra di aver risposto. Se c'è qualche altra obiezione rispetto alla mia risposta...

  PRESIDENTE. C'è un'altra domanda del collega Rizzo.

  GIANLUCA RIZZO. Sarò veramente velocissimo.
  Ritornando agli studi effettuati presso i teatri operativi, sulla base di che cosa sono iniziati questi studi? Su input del Ministero della difesa o su iniziativa del CISAM?

  PAOLO PASQUINELLI. Il CISAM non si muove mai da solo e, quindi, ha degli organi gerarchici da cui dipende. In quel momento dipendevamo da NAVISPELOG, che era una branca del Ministero della difesa legata soprattutto alla Marina. Ogni volta che c'era un intervento da fare era sempre un intervento gestito in maniera gerarchica con dipendenze.
  Poi ci sono stati dei momenti in cui magari il CISAM suggeriva di fare qualcosa, ma questo è normale in un istituto di ricerca di grosso prestigio – mi permetto di dirlo – come il nostro fino a poco tempo fa. Ora, purtroppo, è un po’... lasciamo andare.

  PRESIDENTE. Grazie.
  Dottor Pasquinelli, l'incarico che le è stato conferito – la prego di essere preciso nel fornirci questa risposta – era orientato e, quindi, finalizzato al controllo ispettivo oppure era un incarico di consulenza?

  PAOLO PASQUINELLI. Un incarico di consulenza si dà a un privato oppure a una struttura che non appartiene al Ministero della difesa, una struttura terziaria. Io ero un dipendente del CISAM, del Ministero della difesa, e, quindi, come tale non ero un consulente. Mi veniva ordinato gerarchicamente di fare alcuni interventi, a cui dovevo rispondere.
  Nello Statuto dei dipendenti pubblici c'è questa dipendenza gerarchica. Non è possibile prendere iniziative e andare da soli, oppure essere commissionato con tutte queste cose. Io e i miei colleghi, pur avendo avuto delle grossissime responsabilità, non abbiamo mai ricevuto se non encomi, come nel mio caso e come penso in altri, e poi lì finiva il discorso. Non era una consulenza pagata, retribuita.

  PRESIDENTE. La ringrazio per la puntualizzazione. In effetti, di questi tempi si può essere portati a pensare male, ma l'obiettivo della mia domanda era un altro, non quello di sapere se lei avesse o meno ottenuto degli emolumenti extramoenia. Tutti sappiamo che lei è persona seria, ma rileva per noi estremamente importante – lei in parte ha risposto – che lei agiva su incarico che le veniva conferito dai suoi superiori e svolgeva di fatto funzioni ispettive, non di consulenza.

  PAOLO PASQUINELLI. Il mandato COI era un mandato preciso. Ho in cartella il mandato. Ciascuna di queste mie missioni prevedeva un documento riservato che il COI spediva al CISAM e il CISAM mi trasmetteva. C'erano dei compiti piuttosto precisi e limitati. A quello mi dovevo attenere e questo dovevo giustificare.
  Uno di questi rapporti iniziali lo potrei documentare. Lo documenteremo eventualmente, se me lo chiede, in maniera riservata perché questi documenti erano tali.

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  PRESIDENTE. Sulla riservatezza possiamo vedere in altra sede. La ringrazio per la risposta e do subito la parola alla collega Carrozza.

  MARIA CHIARA CARROZZA. Grazie, presidente. A questo punto, vorrei fare una precisazione. Non esisteva un mansionario generale o un organigramma funzionale in cui il suo ufficio aveva un ruolo su tutte le missioni, ma per ogni missione, secondo la specificità della missione, lei riceveva degli ordini diversi in termini di cosa effettuare. Aveva un incarico ad hoc, non un incarico in una specie di organigramma che stabilisce che, ogni volta che c'è una missione, si fanno dei controlli sulle cose e sulle persone. Sulle cose lo posso capire, perché dipende anche dall'ambiente, ma sulle persone, rispetto ai danni alla persona, c'è un determinato numero di verifiche che devono essere fatte.

  PAOLO PASQUINELLI. Rispondo in maniera precisa su questo aspetto. Il mio incarico non era legato alle persone e al danno o a qualcosa che loro potessero ricevere. Il mio incarico era legato all'analisi ambientale di situazioni che si stavano verificando in Kosovo, in Iraq o in Afghanistan, oppure quella volta in Bosnia.
  Le mie competenze erano conosciute dal CISAM e dal COI. Su quelle competenze dovevo svolgere il lavoro. Loro indicavano determinati aspetti in funzione delle competenze che avevo nell'ambito dei suggerimenti che CISAM aveva fornito loro con riguardo a me come persona che avrebbe potuto sviluppare al meglio quello che era chiesto.
  Devo dire, però, che il mandato COI era un mandato preciso, relativo ad analisi delle acque e analisi del particolato atmosferico. Successivamente, in funzione di alcune rimostranze che avevano avuto dagli organismi del Kosovo, fu ampliato in analisi del piombo, che poteva essere una delle sorgenti di rischio multifattoriale e di situazioni di sinergia efficace. Poteva essere questo.
  Ancora di più, a mano a mano che si andava avanti, il mandato era abbastanza largo, ma largo dove? Nella geografia. Non mi limitava più a Peć o a Pristina, ma, in funzione di quello che veniva loro segnalato da altri organismi internazionali, si estendeva a Mitrovica, a Prizren, a Goracevac e alle località che vi ho fatto vedere.
  Il mandato non era mai estremamente preciso se non nelle mie competenze ed era più largo in funzione di quelle che potevano essere le zone da verificare. Di più non saprei dire. Magari, se vuol sapere qualcosa di più preciso, me lo dica. Può darsi che abbia semplificato la risposta alle sue domande.

  MARIA CHIARA CARROZZA. No, mi riferisco al fatto se esista una procedura. Poiché vengo da un mondo ingegneristico, sono abituata all'esistenza di una procedura definita: si va in un dato ambiente, si fanno determinate misure e si riporta l'esito delle misure a determinati certi organi. Queste misure sono fisse?

  PAOLO PASQUINELLI. Certamente. Sono rigorose, anzi, le misure che ho fatto seguono gli standard di tipo europeo. Addirittura da analisi batteriologiche ci sono degli standard di KFOR, la forza del Kosovo che gestisce tutti questi aspetti. Non siamo in un aspetto privato, ma in un aspetto bellico. Le procedure le ho sempre standardizzate secondo quelli che sono i metodi. Se si ricorda, ho detto che per alcune analisi andavo a Monte Romano, dove c'è il Centro meteorologico.
  Lei mi chiede se fosse strutturato precisamente tutto. Tutto è impossibile. In quei posti uno potrebbe andar dieci volte e dieci volte troverebbe situazioni diverse, perché cambiano le situazioni ambientali, i venti e tutto il resto.
  Quindi, non è possibile fare una statistica a due sigma, come ho detto l'altra volta, al 98 per cento di probabilità. Bisogna arrangiarsi, ma nelle metodologie precise che sono garantite da standard internazionali. Che siano standard KFOR, UNI o qualcos'altro, è lo stesso, soprattutto nel rispetto dei limiti massimi consentiti dalle leggi italiane, questo sì.
  Di più non so dirle. Sono un biologo, ragion per cui sono uno che forse spazia un Pag. 12po’ di più, anche se mi piace moltissimo la matematica. C'è da vedere tutto nell'ambiente, dai licheni, su cui sono abbastanza ferrato, per non dire esperto, alle acque, alla batteriologia, alle muffe.
  Addirittura in una situazione fui preso da medici veterinari e portato dentro una panetteria perché temevano che il pane che veniva fatto... Ho trovato degli animaletti, dei curculionidi, dentro la farina. Feci cambiare farina.
  In sostanza, non era un mandato preciso del COI. Ero lì. Come ho detto la volta scorsa, ero sì mandato dal COI, ma potevo essere alle dipendenze anche del comandante del distaccamento. Il comandante di distaccamento mi chiedeva se potessi fare una determinata cosa. Sicuramente mi prestavo a dare una mano, anche perché poi le responsabilità non erano di uno che stava lì tutti i giorni. Andavo lì una quindicina di giorni o al massimo venti e poi tornavo. La mia decisione era «terziaria», se si vuol tirare troppo l'elastico, di una terziarietà. Loro stavano lì e, quindi, potevano dire che c'era da cambiare farina.
  Questo è un esempio banalissimo, ma che fa capire che, quando siamo in quei posti, c'è di tutto e di tutto un po’. Di più non so dirle.

  PRESIDENTE. Dottore, lei ha riferito nella precedente audizione che le concentrazioni di piombo aerodisperso superavano abbondantemente i limiti, soprattutto vicino a qualche compound, in particolare vicino al distaccamento di Mitrovica. A seguito di quanto ha potuto rilevare in quella circostanza, le risulta che siano state adottate le conseguenti misure?

  PAOLO PASQUINELLI. La domanda è subito anticipata da questa mia slide, dove si vede che a Mitrovica c'è una variabilità che va da una concertazione espressa in microgrammi per metro cubo da 0.29 (niente di particolare, perché il limite massimo della legge italiana è 0.5), a 4.22.
  Come ho detto prima, una statistica precisa del numero delle volte che ho verificato questo non è possibile farla, perché per andare a Mitrovica ci sono addirittura 500 chilometri da Prizren. Andare e tornare in quei posti con la scorta non è tanto facile.
  Comunque sia, questi superamenti di valori limite li ho trovati a Mitrovica e anche a Pristina. Perché? I motivi ci sono. A Mitrovica, come ho avuto modo di dirvi, c'è una delle più grandi miniere dei Balcani e ci sono anche, associate, due grandissime fonderie che usano fusioni per estrarre il metallo e utilizzare le filiere di quel tipo. Queste ciminiere, che non sono certamente le nostre, che hanno un abbattimento di [incomprensibile] ho detto adesso, rigurgitavano assolutamente...
  Ho fatto l'intervento insieme ai francesi, perché quella è zona francese. Io andavo a Mitrovica perché c'era un’enclave di serbi dentro una zona albanese, kosovara ma ormai definita Albania. La zona era gestita dai francesi. I francesi, dopo che furono rilevate queste esuberanze, questi valori extra limite, tentarono di chiudere una delle due ciminiere di queste fonderie, ma erano grandissime. Vi ho mostrato anche una slide in cui si vede la dispersione di queste scorie di materiale buttate proprio senza controllo nell'ambiente. Questo è stato.
  A Pristina, invece, c'era la centrale di Obilic, che aveva due grosse centrali elettriche che funzionavano a lignite. Anche lì non c'era l'abbattimento delle polveri, c'era proprio un'emissione incredibile di polveri. Quindi, c'era piombo a tutto spiano sia a Pristina, sia a Mitrovica. Le volte che ho trovato ve lo ho mostrate e le avete tutte registrabili nelle mie slide precedenti o nei documenti che vi ho fornito.
  Quindi, 0.5 è il limite massimo. Io ho trovato 6 esuberanze di piombo nelle volte che sono andato. Potrebbero essere insignificanti rispetto a 100, ma sono sicuramente dei dati di fatto che ho misurato.

  PRESIDENTE. A proposito di questi dati di fatto – lei li ha definiti, così facendo, in maniera, mi pare, molto compiuta – sempre restando nell'ambito dell'inquinamento da piombo, lei ha riferito di aver suggerito (leggo testualmente) «di mandare via il più rapidamente possibile il personale che operava in quella zona, facendo un turnover molto breve, e di sottoporre all'esame della Pag. 13piombemia chi rientrava in Italia da Mitrovica».
  La domanda è: le risulta che le indicazioni da lei fornita ebbero seguito? Vennero adottate protezioni individuali o, come riferito, l'unica misura adottata fu quella di aumentare il turnover dei militari in quelle zone? È chiara la domanda?

  PAOLO PASQUINELLI. È chiara anche la dizione che ho dato la volta scorsa. Il suggerimento di aumentare il turnover – diciamo così – ossia di ridurre il tempo di permanenza, derivava dal fatto che lì ci stavano un anno. Poiché avevo trovato questo tipo di inquinamento, era proprio impensabile che le persone si sottoponessero a «stress» legati al piombo o a qualcos'altro o al particolato per un anno intero. Pertanto, avendo avuto dei contatti con l'NBC francese e rendendomi conto che loro ci stavano quattro o al massimo sei mesi, il suggerimento venne immediato da parte mia. Non potevo ignorare questa situazione.
  Tra l'altro, il rapporto l'ho avuto con un Colonnello parigino, una persona e un chimico eccezionale. Con lui capii che loro ci stavano poco.

  PRESIDENTE. Lei ebbe modo di riferire...

  PAOLO PASQUINELLI. Certamente.

  PRESIDENTE. Verbalmente o per iscritto?

  PAOLO PASQUINELLI. Per iscritto.

  PRESIDENTE. A chi inviò questa sua richiesta scritta?

  PAOLO PASQUINELLI. Tutte le mie cose, come le ho detto prima, sono state passate prima...

  PRESIDENTE. Per ciò che è di sua conoscenza, dottore, furono raccolte queste sue istanze e in che misura?

  PAOLO PASQUINELLI. Sì, da quello che io so, perché poi sono tornato a Mitrovica e non c'era più il nostro distaccamento dei Carabinieri a difendere quella enclave. Erano stati trasferiti nei compound dei francesi. Se non altro, erano proprio sotto la zona più esposta al piombo e sono stati spostati.
  Per quanto riguarda il turnover, questo fu messo in atto perché trovai poi uno di questi Carabinieri dell'MSU a Peć. Quasi quasi ci rimase male, perché praticamente – non mi prendete sul serio – si erano quasi affezionati a star lì un anno intero, anche perché ci sono anche altri aspetti che potrebbero essere valutati, ma io facevo il mio lavoro. Anche se lui mi avesse accusato di essere intervenuto, a me sarebbe interessato poco.

  PRESIDENTE. Grazie, dottore.
  Per quanto lei ha potuto verificare, per quanto naturalmente possa ricordare, quanti furono i militari che rimasero almeno un anno lì?

  PAOLO PASQUINELLI. Le mia prima visita a Mitrovica è stata nel 2002, penso, fino credo al massimo al 2003. Queste cose, onestamente, non erano di mia competenza, però poi non li ho più trovati, perché, quando sono tornato...

  PRESIDENTE. Rimase colpito, ovviamente, da questa duplice considerazione: la situazione ambientale grave...

  PAOLO PASQUINELLI. Complicata.

  PRESIDENTE. ... e l'esposizione per un periodo fino a un anno dei nostri militari.

  PAOLO PASQUINELLI. Sì, ma non fu una mia iniziativa intellettuale. Fu un confronto che mi dette la possibilità di fornire questo suggerimento. Io sono galileiano, nel senso che vengo da Pisa. Per me le cose devono essere verificate, controllate e poi riprodotte.
  La riproducibilità era data dal fatto che mi ero confrontato con altri più importanti, perché la zona di Mitrovica non era zona di competenza italiana, ma di competenza Pag. 14 francese, tant'è che successivamente i francesi hanno fatto una bonifica incredibile a Mitrovica. Quando sono andato nel 2006, non ho trovato più nessuno di loro e, quindi, ho capito che non erano nell’enclave. Allora sono andato a trovarli nel compound francese.
  Di più non so dire.

  PRESIDENTE. Io avrei finito.
  Ci sono domande? Vedo che il collega Pili vuole porne. Ne facciamo una, perché poi abbiamo l'Ufficio di presidenza.

  MAURO PILI. Sì. Sarò velocissimo, presidente. La faccio complessiva.
  Volevo sapere se lei, prima di andare sul posto, ha preso coscienza del tipo di armi e di munizioni utilizzate in quel teatro di guerra, se ha analizzato le zone di massima di arrivo colpi e se ha cercato di capire una tracciabilità dei residui di queste armi e di queste munizioni.

  PAOLO PASQUINELLI. Cominciamo dalla parte terminale. La zona più complicata, che io ho definito un girone dantesco l'altra volta – non so se lei c'era – è quella di Gjakova, o Đakovica, a seconda se si adopera il termine albanese o serbo, laddove c'era una spianata di penso che fossero 300 metri per 200 di cemento traforato da penetratori o dardi di uranio depleto. Mi sembra che 100-140 fossero segnati proprio con dei cerchietti rossi. Prima di me erano passati, ovviamente, esperti qualificati e fisici sanitari, che avevano verificato queste puntuali zone.
  Perché dico puntuali? Perché, insieme ai dardi di uranio depleto, venivano sparati anche dardi che non erano di uranio depleto, quindi c'era a volte la casualità di trovare un foro con complicazioni di tipo radiologico e accanto magari un altro che non le aveva. Questo non voleva dire che ci fossero stati due bombardamenti diversi.
  Tornando a quello che lei dice, la verifica l'ho fatta andando insieme al gruppo NBC in un'occasione in cui io facevo dei prelievi di licheni e sull'unico albero che alla fine era seccato. Gli altri ricercatori di altri Paesi, a forza di fare prelievi, hanno fatto seccare l'albero. Non si può dire che sia seccato per altri motivi. Uno levava una foglia, l'altro levava un lichene, l'altro levava un pezzo di corteccia e alla fine l'albero è seccato da sé.
  Quindi, mi sono reso conto che c'erano tutti questi aspetti e il gruppo NBC faceva delle indagini con i suoi strumenti nei vari fori per accertare questa cosa.
  Non solo, mi sono reso conto e ho documentato che lo sbriciolamento del cemento aveva provocato una serie di ghiaiottolato e di polveri che potevano essere rimessi in sospensione. Quindi, oltre al fatto del foro, c'era anche questa possibilità, non remota ma possibile e probabile, di risospensioni di queste polverulenze e di questi piccoli granelli di cemento sbriciolato dal dardo.
  Non solo, ho partecipato, comandato dal COI, al recupero di un pezzetto di dardo per far capire meglio a chi faceva le analisi che tipo di inquinanti radiologici ci fossero. In quel caso, è dovuto intervenire il gruppo del Genio, con degli attrezzi veramente incredibili, per forare questo cemento fino a 20-30 centimetri, per recuperare un pezzetto del dado che era rimasto. Come sapete, i dardi sono piroforici, quindi sono come pezzi di ferro che entrano dentro il burro. Questo è.
  Mi sono reso conto a posteriori di questo; ad «anteriori» sapevo benissimo che tipo di problematica potevo incontrare, ma non ne conoscevo, ovviamente, gli aspetti quantitativi, se non leggendo qualcosa ogni tanto, ma niente di più.

  PRESIDENTE. Ringrazio il nostro gradito ospite, dottor Paolo Pasquinelli, per questa seconda audizione. Non me la sento di escludere che ci possa essere eventualmente un altro appuntamento, perché lei, dottor Pasquinelli, ci ha messo nella condizione di apprendere cose estremamente importanti. A mio giudizio, ha dimostrato di voler collaborare con la Commissione non solo per un suo preciso dovere di carattere deontologico, ma anche per la volontà – mi pare esplicita – di consegnare al Parlamento quanti più elementi possibile per metterlo nella condizione di fare il proprio dovere. Pag. 15
  Quindi, la ringrazio e la saluto a nome dei colleghi, che sono invitati a trattenersi per un veloce Ufficio di presidenza.
  Grazie a tutti.

  PAOLO PASQUINELLI. Ringrazio voi dell'accoglienza e di avermi posto delle domande alle quali ho potuto rispondere.

  PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.55.