XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti dell'utilizzo dell'uranio impoverito

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 28 di Mercoledì 18 maggio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Scanu Gian Piero , Presidente ... 2 

Audizione congiunta di Gaetano Luppino, Antonio Cancedda, Francesco De Angelis, Salvatore Donatiello, Santa Passaniti, Salvatrice Pirosa:
Scanu Gian Piero , Presidente ... 2 ,
Vito Elio (FI-PdL)  ... 2 ,
Scanu Gian Piero , Presidente ... 2 ,
Luppino Gaetano  ... 3 ,
Scanu Gian Piero , Presidente ... 4 ,
Rizzo Gianluca (M5S)  ... 5 ,
Boldrini Paola (PD)  ... 5 ,
Duranti Donatella (SI-SEL)  ... 5 ,
Vito Elio (FI-PdL)  ... 6 ,
Scanu Gian Piero , Presidente ... 6 ,
Luppino Gaetano  ... 6 ,
Scanu Gian Piero , Presidente ... 6 ,
Luppino Gaetano  ... 6 ,
Scanu Gian Piero , Presidente ... 6 ,
Cancedda Antonio  ... 6 ,
Scanu Gian Piero , Presidente ... 8 ,
De Angelis Francesco  ... 8 ,
Scanu Gian Piero , Presidente ... 9 ,
Donatiello Salvatore  ... 9 ,
Scanu Gian Piero , Presidente ... 10 ,
Passaniti Santa  ... 10 ,
Scanu Gian Piero , Presidente ... 14 ,
Passaniti Santa  ... 14 ,
Scanu Gian Piero , Presidente ... 14 ,
Pirosa Salvatrice  ... 14 ,
Scanu Gian Piero , Presidente ... 15 ,
Zardini Diego (PD)  ... 15 ,
Scanu Gian Piero , Presidente ... 15 ,
Passaniti Santa  ... 16 ,
Scanu Gian Piero , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIAN PIERO SCANU

  La seduta comincia alle 15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione congiunta di Gaetano Luppino, Antonio Cancedda, Francesco De Angelis, Salvatore Donatiello, Santa Passaniti, Salvatrice Pirosa.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione congiunta dei signori: Gaetano Luppino, Antonio Cancedda, Francesco De Angelis, Salvatore Donatiello, Santa Passaniti, Salvatrice Pirosa.
  A nome di tutti i colleghi, vi saluto, se mi è permesso, affettuosamente. Immagino non sia di poco conto lo stato d'animo che vi accompagna in un'occasione che per questa Commissione è estremamente importante.
  Vi ringrazio per essere presenti, perché noi consideriamo questa vostra presenza come un contributo verso la ricerca della verità e, in ragione di questo, verso la ricerca della giusta strada da percorrere.
  Saluto anche i signori esperti che ci accompagnano in questo percorso così delicato, ma altrettanto importante.
  Come è già avvenuto in precedenza, abbiamo invitato in questa sede una rappresentanza dei soggetti interessati dalle patologie connesse all'oggetto della nostra inchiesta, trattandosi di un atto doveroso nei confronti di persone che hanno subìto e stanno ancora soffrendo le drammatiche conseguenze dell'esposizione a fattori patogeni di riconosciuta dannosità.
  Col vostro permesso, darei subito la parola al signor Luppino, che è la persona più distante fisicamente e che purtroppo merita questa precedenza anche perché le sue condizioni di salute non sono esattamente quelle che si augurano a una persona.

  ELIO VITO. Intervengo sull'ordine dei lavori, presidente. Mi scuso con il signor Luppino e con gli altri auditi, prima ancora che con lei e con gli altri colleghi.
  Intervengo per un chiarimento in merito alla seduta, prevista domani, di prosecuzione dell'audizione dei rappresentanti del Consiglio centrale di rappresentanza (COCER). Vorrei chiedere conferma, presidente, che domani i rappresentanti del COCER che lo riterranno risponderanno alle numerose domande che sono state loro rivolte dai commissari nella scorsa seduta e non su altre ipotesi preliminari non strettamente attinenti al lavoro della Commissione.
  Inoltre, vorrei chiedere al signor presidente per quale ragione la scorsa volta è stata invitata solo una delegazione ristretta del COCER e non, come è accaduto in questa legislatura in Commissione difesa, come sa bene, una rappresentanza più ampia.
  A me risulta che ci sono altri rappresentanti del COCER che hanno chiesto di poter conferire con questa Commissione e credo che sia utile farlo.

  PRESIDENTE. Le rispondo volentieri e cercherò di farlo nella maniera più sintetica Pag. 3 possibile, per evitare di trattenere oltremodo il signor Luppino in quelle condizioni.
  Lei sa, anche in quanto ex Ministro, che ci sono le Commissioni di merito e le Commissioni d'inchiesta. Le Commissioni di merito sono tenute a sviluppare le proprie procedure secondo modalità canoniche, mentre le Commissioni d'inchiesta hanno una tale libertà da poter applicare anche l'articolo 82 della Costituzione, a mente del quale può perfino utilizzare i poteri della magistratura.
  Questa Commissione è libera di audire così come la propria sensibilità le suggerisce e non ci sono bardature di nessun tipo che possano esserle imposte.
  D'altro canto, aver invitato all'Ufficio di presidenza ha permesso la presenza di tutte le rappresentanze, senza nessuna invasione pletorica, della quale, se proprio sarà indispensabile, potremmo godere la presenza a valle del lavoro che abbiamo svolto. La ringrazio per l'attenzione.
  Signor Luppino, buon pomeriggio. Ci dica prima di tutto come sta.

  GAETANO LUPPINO. Benino, signor presidente. Io ringrazio lei e gli onorevoli componenti di questa Commissione per la possibilità di essere audito.
  Premetto che nel 2003 e nel 2004 sono stato impiegato presso il reggimento dei Carabinieri Multinational specialized unit (MSU) sia in Bosnia-Erzegovina che in Kosovo, a Pristina, e avevo compiti prettamente operativi. I miei compiti erano la ricerca di latitanti, armi, munizioni e materiali esplosivi e di ordine pubblico.
  Dopo il mio rientro in patria, nel 2008, purtroppo, durante una visita medica prevista dal protocollo Mandelli, mi è stato diagnosticato un melanoma in forma grave, motivo per cui sino alla data odierna sono stato sottoposto a cinque interventi chirurgici, vari cicli di chemioterapia e cure palliative.
  Nell'ultimo intervento effettuato presso l'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) San Martino di Genova nel novembre 2014, purtroppo, mi è stato asportato completamente il pancreas e parte del colon, e mi è stata fatta una vasectomia dello stomaco, del fegato e delle vie biliari.
  Attualmente sono in cura presso il reparto di oncologia dell'IRCSS di Genova, dove ogni venti giorni effettuo una chemioterapia particolare.
  Le mie condizioni di salute sono precarie e le mie aspettative di vita lasciano molto a desiderare. Oggi ho 46 anni, sono sposato e ho una figlia di quindici anni.
  Se mi è permesso, vorrei esprimere il mio disappunto, come molti altri colleghi che si trovano nelle mie condizioni di salute a seguito di rientri da teatri operativi, per come è stata trattata la mia domanda per il riconoscimento della causa di servizio.
  Dopo che ho presentato la domanda, il comitato di verifica presso il Ministero dell'economia e delle finanze mi ha risposto con un foglio ciclostilato, che io voglio mostrarvi, in cui scriveva: «Si esprime un parere negativo, in quanto la patologia non può ritenersi riconducibile alle particolari condizioni ambientali e operative di missione».
  Per questo motivo, io mi sono dovuto rivolgere a un giudice del lavoro presso il tribunale di Savona, il quale ha nominato una consulente tecnica d'ufficio, la quale ha stabilito che la mia patologia tumorale era conseguenza delle mie missioni all'estero.
  Mi è stata riconosciuta un'invalidità del 77 per cento e sono stato posto in congedo, perché non ritenuto più idoneo al servizio militare incondizionato, neanche nei ruoli civili.
  Vorrei precisare che nel frattempo mia moglie, che era titolare di un'attività artigianale, ha dovuto chiudere l'attività, per potermi assistere e accudire nelle lunghe e delicate degenze. Ogni giorno mi recavo a Genova a mie spese per effettuare la chemioterapia e gli interventi, senza ricevere nulla.
  Comunque, io, signor presidente, se mi è permesso, vorrei mostrarvi il rapporto informativo redatto dagli uffici del reggimento MSU in Bosnia. È un ciclostilato illeggibile, dove non c'è scritto nulla e dove, a ogni domanda, viene risposto esclusivamente Pag. 4 con queste parole: «non desumibile», «negativo», «negativo», «non desumibile», «negativo», «non ci sono dati», «non c'è nessun dato utile».
  Le mostro anche il rapporto informativo redatto in Kosovo, dove ci sono vari punti specifici. È completamente vuoto. È stato firmato e redatto. Ci sono domande, quali «esposizione del soggetto che possa aver utilizzato veicoli o che occasionalmente possa essere...». Guardi, è completamente vuoto, non è barrato. Ci sono «sì» e «no», ma non viene messa una crocetta.
  A questo punto io mi domando: come può un comitato di verifica aver preso una decisione su dei documenti importantissimi dove non è riportato nulla? Su quali basi?
  Questo è il motivo per cui ho dovuto far causa al Ministero. Ho vinto in primo grado e il Ministero è stato condannato, ma, non contento, si è rivolto in appello. Siamo andati in appello a Genova, ma l'appello è stato rigettato.
  In appello sono comparsi dei documenti firmati dal mio comandante di plotone, dal mio comandante di compagnia e dal mio comandante di squadra, dove dichiaravano che in Bosnia-Erzegovina, in Kosovo, nell'ex Jugoslavia non è stato usato uranio impoverito. Il presidente della Corte d'appello non ha neanche accettato questi documenti, non avendo loro nessun titolo giuridico, specifico o medico per affermare questo.
  Comunque, signor presidente e onorevoli componenti, il Ministero, dopo l'appello, nel 2014, sei anni dopo, mi ha finalmente risarcito per quanto è stato condannato.
  Nonostante questo, signor presidente, io oggi sono stato citato in Cassazione. Il Ministero è andato in Cassazione! Siamo in Cassazione! Il Ministero ha dovuto pagare 15.000 euro di spese legali al mio avvocato, ha dovuto pagare la CTU nominata dal tribunale, mi ha dovuto liquidare 18.000 euro di interessi in questi anni e mi ha portato ancora in Cassazione.
  Io, nel frattempo, non ho più il pancreas e sono diventato diabetico. Le dico la verità: a novembre nell'ultimo intervento mi hanno operato perché ho pregato di essere operato, ma le mie aspettative di vita sono molto brevi, in quanto, purtroppo, la lesione mi ha colpito un'arteria, che è stata dichiarata inoperabile anche a Verona, al centro pancreatico italiano.
  Io adesso vivo di chemioterapia, non posso mangiare e bere nulla. Signor presidente, ho 46 anni, sono un padre di famiglia e non mi vergogno a dirlo: io porto il pannolino. Non posso lavorare, non posso mangiare, non posso fare nessuna attività sportiva.
  Ho dovuto affrontare spese legali, ho dovuto prendere un medico legale. Mia moglie ha dovuto chiudere l'attività per starmi vicino. Non ho mai ricevuto una lettera o una telefonata da parte del Ministero, un biglietto dove qualcuno mi chiedesse se fossi vivo o morto. Era il 2008, ora è il 2016 e siamo ancora in Cassazione.
  Prendo una pensioncina, che mi danno in base ai miei 27 anni di servizio. Mi sono arruolato giovanissimo e sono sempre stato bene. Prendo una pensione. L'INPS, poiché siamo in Cassazione, non mi riconosce ancora la pensione privilegiata. Il Ministero dell'interno, dal 2008 a oggi, non mi ha mai versato l'assegno vitalizio. Mi devono dare otto anni di arretrati.
  Tutte queste spese burocratiche e legali avrebbero potuto essere evitate. Questi soldi avrebbero potuto essere usati per indennizzare altri militari, invece il Ministero della difesa mi ha portato in Cassazione.
  Questo voglio dire. Sono documenti che ho qui, signor presidente. Quello che dico è qui. Questo è il mio libretto sanitario. Prima di partire sono stato sottoposto a una decina di vaccini nel giro di venti giorni, tra cui dei vaccini che l'AIFA ha dichiarato altamente tossici. Qualsiasi esperto epidemiologo sa che procurano un'immunodepressione e che il sistema immunitario ne subisce le conseguenze.
  Io sono partito che stavo bene e sono tornato ammalato. Non sono l'unico, siamo in 3.000, presidente, e 300 sono morti. Ho molti amici che sono morti, che erano con me all'estero.

  PRESIDENTE. Signor Luppino, la sua testimonianza è talmente toccante da farci Pag. 5provare sconcerto e insieme vergogna per le evidenti ingiustizie che ha subìto.
  Benché non sia previsto nelle modalità di svolgimento, mi permetterà di dare la parola ai colleghi che vorranno intervenire, perché immagino che abbiano il piacere di rivolgerle almeno un saluto, che sia nello stesso tempo una sincera manifestazione di solidarietà e di una decisa e inarrestabile volontà di fare in modo che si possa porre rimedio, per quello che sarà possibile, nei suoi confronti e nei confronti delle altre persone che si trovano nelle sulle condizioni.
  Chiedo ai colleghi se intendono intervenire, anche per un saluto. Mi pare che il signor Luppino lo meriti.

  GIANLUCA RIZZO. È un po’ difficile intervenire adesso. Credo che la sua testimonianza abbia sconvolto tutti. Vedo le facce dei commissari e il silenzio che è calato in questo momento. Così come ha anticipato il presidente, le esprimiamo la nostra più assoluta solidarietà.
  Ascoltando le sue parole, la prima cosa che mi è venuta in mente è: follia. È una situazione veramente allucinante. Da parte nostra ha tutta la solidarietà.
  Ne approfitto anche per chiedere la possibilità di avere la documentazione che ci ha mostrato. Ovviamente da qui non si vede. A parte la risoluzione, vorrei avere i due rapporti informativi e anche una copia del libretto sanitario.
  Io per il momento mi fermo qui. Se mi verrà in mente qualche domanda da porle, riprenderò la parola, con la disponibilità del presidente.

  PAOLA BOLDRINI. Io parlo a nome del gruppo del Partito Democratico e rivolgo al signor Luppino una manifestazione di solidarietà. Noi gliela diamo sicuramente e sentitamente.
  La sua testimonianza ci colpisce molto. Lei avrà sentito il silenzio che è calato, perché, mentre lei parlava, noi pensavamo a tutto quello che abbiamo già ascoltato, anche in altre audizioni, durante le quali i dirigenti ci hanno detto: «Noi dobbiamo ricostruire un patto di fiducia».
  Noi vorremmo ricostruire questo patto di fiducia tra lo Stato e i militari che hanno svolto il loro servizio per lo Stato, in particolare le persone che, come lei, ancora in questo momento non sono riconosciute per il servizio che hanno svolto e per quello che purtroppo stanno subendo. Lo stiamo facendo come Commissione e le possiamo garantire che ci stiamo lavorando molto e vorremmo che persone come lei potessero avere almeno una soddisfazione.
  Da parte nostra c'è sicuramente un'accoglienza per quello che lei ha fatto e che sta facendo insieme ai suoi colleghi, per non farla sentire solo. So che questo tragitto che voi state facendo, come abbiamo già detto in altre audizioni, fa sentire sole le persone, che hanno già il problema della salute, che è un bene primario che deve essere garantito e sancito dalla Costituzione. Questa solitudine le fa sentire che sta combattendo da solo, quasi come fosse il nemico dello Stato, non un servitore dello Stato.
  Mi fermo qui. Chiedo, se è possibile, di avere tutte le documentazioni in suo possesso, per confrontarci su quanto noi abbiamo già ascoltato in audizione. Le faccio tantissimi auguri, veramente di cuore.

  DONATELLA DURANTI. Saluto anch'io il signor Luppino e lo ringrazio per questa sua testimonianza e soprattutto per la grande dignità che ha dimostrato. Noi non abbiamo dubbi che le persone che sono abituate a servire lo Stato siano persone di grande dignità, però lei oggi ha dato a tutti noi una lezione e ci ha ricordato che non è esattamente vero quello che ogni tanto i vertici militari raccontano e che hanno raccontato anche in questa Commissione durante le audizioni, ovvero che il fattore umano è il fattore principale nelle Forze armate.
  Lei e i suoi colleghi che si sono ammalati o che addirittura, purtroppo, sono morti siete la testimonianza che spesso l'uomo non è al centro.
  Noi, come hanno già detto i miei colleghi e il presidente, vogliamo provare a fare il nostro dovere, restituendo verità e giustizia a tutti quelli che, come lei, in questo momento si sentono abbandonati dallo Stato. Pag. 6
  Se le può essere di conforto, ci sono anche tanti che sono dalla sua parte. Noi proveremo a fare il nostro dovere, sapendo anche le difficoltà che lei ha ancora di fronte. Non so in quale maniera potremo essere di conforto a questa sua difficile situazione, però sappia che la nostra solidarietà è piena e sincera. La ringrazio nuovamente, perché ci aiuterà a fare il nostro dovere.

  ELIO VITO. Mi unisco anch'io al saluto e all'abbraccio al signor Luppino. Mi pare che la cosa più importante che ci è stata chiesta, al di là delle motivazioni e delle funzioni della nostra Commissione, sia la richiesta che l'amministrazione della Difesa receda dal suo resistere nei confronti del signor Luppino.
  Io credo che questa richiesta del signor Luppino possa essere il senso dell'audizione odierna e che la nostra Commissione, nei limiti e con le caratteristiche che gli sono proprie, possa condividerla, farla propria e trasmetterla all'amministrazione della Difesa.
  Credo che questo garantirebbe quelle condizioni di serenità e di giustizia che il signor Luppino chiede, ma sarebbe anche un segnale da parte dell'amministrazione della difesa di una sensibilità che so non essere estranea all'amministrazione stessa.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, prima che si concluda il nostro collegamento, signor Luppino, vorrei chiederle se vuole aggiungere qualcosa, non solo in termini di saluto, ma eventualmente anche come considerazione di chiusura.

  GAETANO LUPPINO. Signor presidente, io non mi sento in grado di consigliare qualcosa a voi. L'unica cosa che posso dire è che io ho giurato fedeltà 27 anni fa e che oggi, anche essendo malato, dopo tutto quello che ho subìto e sto subendo – glielo dico col cuore in mano – sarei disposto a morire per l'Italia, perché sono un soldato e credo nei valori della democrazia, quei valori che mi hanno fatto andare in missione all'estero.
  Da padre di famiglia e da uomo, per rispetto verso mia moglie e mia figlia, devo vincere questa battaglia. Dopodiché, potrò andare a riposare, ma solo dopo. È questo che chiedo. Grazie per avermi audito.

  PRESIDENTE. Siamo noi che la ringraziamo e la salutiamo, pregandola di non considerare inutile il tempo che ha trascorso con noi. Sono convinto che finalmente il Parlamento saprà dare una risposta a lei e a tutti coloro che, purtroppo, si trovano nelle sue condizioni. Ci saluti la sua famiglia. Grazie.

  GAETANO LUPPINO. Volentieri. Grazie a voi tutti.

  PRESIDENTE. Benché non sia particolarmente facile, continuiamo i nostri lavori, chiedendo al signor Antonio Cancedda, che mi sta accanto, di voler cortesemente prendere la parola per offrirci la propria testimonianza.

  ANTONIO CANCEDDA. Grazie, presidente e signori commissari, per avermi invitato a esprimere il mio punto di vista e a narrare la mia storia, che fortunatamente ho riportato in una relazione, che vi consente di avere, almeno per sommi capi, delle indicazioni sul mio excursus.
  Ci tengo a rimarcare che sono entrato nell'Esercito quando avevo sedici anni; ero un bambino, più che un adulto. Sono diventato uomo dentro l'Esercito.
  Uno dei primi valori che mi sono stati inculcati è stato la dignità, anche se fortunatamente provengo da una famiglia in cui questi valori erano fondamentali, una famiglia di militari, tra cui un generale dei Carabinieri, unico sardo ancora fra i Carabinieri, che è cugino di mia moglie. Al di là di questo, ho la soddisfazione di avere un fratello che si è arruolato subito dopo di me, che ha raggiunto il grado di maresciallo, fortunatamente, e si è congedato.
  Io dall'età di sedici anni sono stato nell'Esercito e a diciassette anni e mezzo sono stato nominato responsabile di un reparto di elettromagnetisti. Gli elettromagnetisti oggi, in termini spicci, si potrebbero definire Pag. 7 degli elettrauti un po’ sui generis, perché lavoravamo su dei mezzi corazzati. Tra il mezzo corazzato e l'aereo c'è molta similitudine, perché a entrambi non è consentito fermarsi. Per quanto uno sia a terra e l'altro in volo, ci sono dei dispositivi e degli impianti che consentono di garantire questo.
  A diciassette anni e mezzo, vuoi la passione per i motori, vuoi la passione per quel tipo di attività, sono andato a fare il professionista. Eravamo in tempi di pace, non c'erano missioni di guerra o di pace, come sono normalmente chiamate.
  Sono stato inviato a Capo Teulada diverse volte nell'arco degli ultimi due anni della mia attività nell'Esercito. Lì ritiravamo i carri dal Centro addestramento unità corazzate (CAUC). Allora i reparti non portavano con loro i carri, come succede oggi, ma li noleggiavamo al CAUC, cioè al poligono, il quale ci dava in dotazione questi mezzi. Noi li controllavamo e li davamo in dotazione alle truppe che dovevano fare l'esercitazione. Quotidianamente li manutenzionavamo e questi carri rientravano dall'esercitazione.
  Le chiamo «esercitazioni», ma in realtà erano dei veri e propri scontri a fuoco. Il più delle volte erano delle attività congiunte, ossia delle vere e proprie operazioni NATO. Non so che tipo di servizio abbiano svolto alcuni generali che ci sono oggi e cosa gli sia stato insegnato all'Accademia. Io sono stato all'Accademia dei sottufficiali e ho fatto il primo corso per allievo sottufficiale. Mi hanno insegnato la dignità, il rispetto delle persone, degli esseri umani, dei vivi, ma in particolar modo dei morti. Quando sento dei generali che parlano di ragazzi che fumavano e che possono essere stati colpiti dalla malaria, sono allibito. Questo è vilipendio ai morti, è vilipendio alla famiglia.
  Signori, il popolo italiano ha dato mandato al Parlamento italiano perché perseguiate queste persone. Che siano illustri professori o altro non mi interessa, devono avere rispetto per la vita umana. Voi sapete bene che alcune delle persone che avete audito – ho seguito le audizioni – non hanno rispetto per la vita umana. Ci stanno prendendo in giro. Io vorrei che da domani, dalla prossima audizione, il primo che venisse qui a raccontare storielle tipo che bevevano e fumavano...
  In Sardegna hanno mai vaccinato le pecore? Sì, per la blue tongue, che non ha niente a che vedere con i vaccini che vengono fatti agli esseri umani. Allora, mi spiegassero quante dosi di vaccino hanno fatto i pastori. Il concetto che ho io è che qui, con la storia dei vaccini, della multifattorialità, della ricerca di un qualcosa che ha determinato 3.000, 4.000, 5.000 morti...
  Parliamo di militari, signor presidente, ma ci siamo dimenticati che c'è anche il discorso dei civili, perché nelle aree dove si è sparato si è andati a colpire anche i civili.
  La realtà è che l'uomo della strada, come me, che, per quanto abbia avuto un trascorso... Volevo salutare il collega, che, povero lui, mi ha persino commosso, che sta vivendo da qualche anno queste vicissitudini. Io le sto vivendo da 45 anni.
  Quando mi sono presentato alle visite mediche con una carriola con dentro tutta la documentazione – solo quella oncologica è un faldone – la prima cosa che mi ha detto un colonnello è stata questa (testuali parole): «Perché è andato via dall'Esercito?»
  All'epoca l'onorevole Cossiga, che era amico di mio padre, era Sottosegretario alla difesa. Siccome in casa la situazione era particolare, chiesi per cortesia di poter avere l'avvicinamento. Anziché avvicinare me, avvicinarono un altro, come si era soliti fare. Ero troppo bravo, servivo nel reparto in cui ero e chiaramente non mi hanno spostato. Questo è un altro discorso.
  Posso io oggi, dopo cinquant'anni... . Ho subìto un ultimo intervento al polmone per un carcinoma, sempre in conseguenza delle chemioterapie e delle radioterapie che ho fatto in quantità industriale. Quando le hanno fatte a me, la chemioterapia e la radioterapia non erano quelle che vengono esercitate oggi. Io l'ho vissuto sulla mia pelle.
  Per quarant'anni mi sono dedicato agli ammalati. Ho tolto spazio a me e alla mia famiglia per un semplice motivo, perché Pag. 8riconoscevo che il Padreterno mi aveva lasciato vivo.
  Non è facile, dopo tutto quello che ho passato io, potersi vantare di poter parlare qui in Commissione. Per me è un privilegio, anche se lo considero un grosso danno a mia moglie e ai miei figli. Infatti, se il Padreterno mi avesse tolto dai piedi – scusate la bassezza del discorso – mia moglie e i miei figli forse avrebbero vissuto meglio, perché a distanza di quattro o cinque anni ogni tanto ce n'è una, come il cuore che non va. Mi dicono «facciamo un trapianto di cuore», «ma no, ti apriamo qui», «vai al San Raffaele», «basta quello, c'è un carcinoma maligno, ma poi c'è quell'altro».
  Quante medicine! Io ho fatto un elenco e vi ho mandato qualche indicazione di questo tipo. Vi ho messo in fotocopia tutte le mie vicissitudini, che sono le vicissitudini di tutti.
  Può una persona, che è un illustre professore, un illustre generale, venire qui e raccontare al popolo italiano che le zanzare possono aver influito? Signori, siete onorevoli! Potete permettere che un insigne professore dica che noi bevevamo, che fumavamo troppo? Se parlassi con dei ragazzi per strada, potrei dire: «Forse hai sbagliato pusher».
  Di cosa vogliamo parlare? Bisogna che questa Commissione... . Io so che ne avete l'autorità e confido nel presidente, che ha dimostrato l'incisività necessaria per arrivare a questo. So che sarete capaci di impedire a questa gente di venire qui a menar il can per l'aia. Non è accettabile.
  Noi, tutte le vittime che fanno capo all'Osservatorio militare, abbiamo deciso di dare mandato di denunciare tutti coloro che hanno il coraggio di insistere su questo. Chiedo cortesemente che questa Commissione... .
  Scusate il tono di voce, io mi accaloro. Anche questa è una conseguenza di quel popò di roba che mi hanno sbattuto e continuano a sbattermi in corpo.
  Sta di fatto che non consentiremo più il vilipendio delle nostre famiglie e dei nostri morti. Il rispetto dei morti non può essere messo in discussione. Scusatemi tanto.

  PRESIDENTE. Grazie, signor Cancedda. Nella parte conclusiva torneremo su questo. Noi abbiamo il dovere di ascoltare, ma abbiamo anche il dovere di dividere il grano dal loglio e di fare in modo che portino la crusca presso altri.
  Do la parola al signor Francesco De Angelis.

  FRANCESCO DE ANGELIS. Buonasera, signor presidente. Sono un brigadiere dei Carabinieri in congedo, ho cinquant'anni e sono in pensione dal 31 marzo 2015.
  Egregi membri della Commissione, vi ringrazio innanzitutto dell'invito offertomi. Sono qui per rappresentare le mie istanze, ma anche per dare voce a quei tanti colleghi che, come me, si sono ammalati a seguito delle missioni svolte all'estero.
  Ritengo di aver servito lo Stato fino in fondo durante la mia lunga e onorata carriera di carabiniere, attraverso numerose missioni operative, anche in teatri di guerra.
  Tuttavia, mi dispiace ammettere che oggi mi sento abbandonato dalla mia amministrazione, che nulla ha fatto per riconoscermi quei benefici che spettano di diritto a chi, come me, ha svolto il suo lavoro ponendo a rischio la propria incolumità.
  Nonostante sia evidente il nesso eziologico tra la mia infermità e le particolari condizioni ambientali e operative del servizio da me prestato, lo Stato ha rigettato la mia richiesta di dipendenza da causa di servizio, con motivazioni del tutto apodittiche e prive di fondamento, signor presidente, impedendomi di far valere un diritto previsto dalla legge.
  Per tale ragione, vi chiedo di voler riconsiderare la mia situazione e di concedermi, anche in autotutela, la possibilità di accedere ai benefici della vittima del dovere, sussistendone tutti i presupposti di legge.
  Signor presidente, io ho depositato una memoria, nella quale ci sono i rapporti informativi delle missioni da me espletate all'estero ed è indicata tutta l'attività da me svolta in Bosnia, in Kosovo e in Albania.
  Per la malattia di cui soffro, pratico una terapia salvavita giornaliera. Senza di questa, io sarei un soggetto a rischio di vita ogni giorno. Sono monitorato dall'ASL di Pag. 9competenza per territorio e sono seguito dal reparto di oncologia del Pascale di Napoli. Senza di loro, forse io oggi non sarei qui a parlare con voi.
  Vi ringrazio di nuovo per aver sentito l'esigenza di ascoltarmi, come carabiniere che ha servito lo Stato con onore e non avrebbe mai voluto andar via dall'Arma dei carabinieri a cinquant'anni. Io avrei dato ancora tutta la mia vita per l'Arma, che mi sta vicino e mi segue.
  Tuttavia, da quando ho ricevuto la risposta negativa del comitato di verifica, che mi diceva che non mi veniva riconosciuta la dipendenza da causa di servizio, a norma di legge, signor presidente e signori membri, mi chiedo quale legge non mi riconosca la causa di servizio. Non c'è un motivo, non c'è una legge, non c'è un articolo. Le leggi in Italia sono tante, presidente. A quale legge posso appellarmi? Loro dicono «a norma di legge».
  In questo caso io posso dire – scusatemi se lo ribadisco – che sono invalido al 100 per cento per la malattia che soffro, riconosciuto dall'INPS. Vado avanti quotidianamente per me, per gli altri colleghi che non ci sono più e per quelli che ci sono, come il collega che ho visto adesso in udienza, per portare avanti un diritto nostro, signor presidente.
  La legge che ci viene menzionata da questi signori che legge è? O forse l'amministrazione pensa: «Diciamo così e stiamo a posto»?
  Perché io mi devo rivolgere a un avvocato per vedere riconosciuto un mio diritto? Non ho i soldi per andare dall'avvocato, signor presidente, però il mio diritto è sancito dalla legge e dalla Costituzione italiana.
  Nella memoria che ho consegnato, signor presidente, indico come vivo la mia malattia giornalmente. Ho scritto una lettera al Presidente della Repubblica e l'ho divulgata a mezzo stampa nel paese dove vivo.
  Vorrei aggiungere un'ultima cosa. Lo Stato mi ha negato un diritto, però nessuno si è mai preoccupato di dire: «C'è quel brigadiere che non aveva un polmone, aveva una metastasi cerebrale, seguiva una terapia salvavita. Andiamo a vedere se è morto o vivo». Non si è visto nessuno.
  Cosa siamo per lo Stato noi, che abbiamo dato tanto? Niente? Spazzatura? Oggi io mi sento così, perché comunque sono stato abbandonato. Mi hanno detto di no e stanno a posto così. La situazione è chiusa, arrivederci e grazie. Ci sta o non ci sta? È finita così.
  Vi ringrazio di nuovo, signor presidente e signori membri della Commissione. Grazie di quello che fate per noi.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, signor De Angelis. Sia gentile, a conclusione dell'incontro, lasci la documentazione di cui ci ha parlato ai funzionari.
  Do la parola al signor Salvatore Donatiello.

  SALVATORE DONATIELLO. Grazie per l'opportunità. Racconto brevemente la mia esperienza.
  Io vengo incorporato nel 2002, avevo 21 anni. Faccio un vero e proprio concorso, con le prove scritte, ma soprattutto con le prove mediche, e porto la radiografia. Due anni prima vincevo il campionato italiano di thai boxe, quindi ero un agonista.
  In seguito, vengo mandato in una caserma a fare un duro addestramento psicofisico, dove vengo vaccinato due volte per mancanza di personale. I miei colleghi addirittura dopo queste vaccinazioni spesso svenivano o avevano la febbre. Anch'io ho avuto delle mancanze.
  Dopo questi tre mesi di addestramento, mi viene data la destinazione: artigliere addetto ai mezzi di lancio nella caserma del 131° reggimento di Vercelli.
  Eravamo circa 400 unità e abbiamo fatto diversi addestramenti, come il collega, a Capo Teulada. Questi addestramenti duravano circa due o tre mesi. Siamo stati a stretto contatto con il terreno. Facevamo degli addestramenti sul terreno e abbiamo dormito a pochi centimetri dallo stesso terreno dove era stato sparato un po’ di tutto, come diceva il collega. C'erano gli americani, hanno fatto delle missioni NATO, hanno sparato missili Tomahawk.
  Infatti, nel prelievo eseguito dalla mia neoplasia si rilevano nichel, ferro, acciaio, Pag. 10silicio, torio, che si trova nei missili Tomahawk, e tutta la componentistica dei metalli pesanti che formano le armi. Li hanno trovati in quantità massiccia.
  Dopo questi addestramenti, mi viene una tosse infernale. Mi reco presso l'infermeria e la prima volta mi dicono che ho la rinite allergica. Ve lo giuro. Dio mi fulmini se dico una fesseria. Mi dissero che avevo la rinite allergica e presi delle pillole. In seguito, ritorno nuovamente e mi prescrivono altre cose.
  Intanto, questa tosse infernale aumenta e decido io, a mie spese, di andare fuori a fare una radiografia a raggi x (RX). Nell'RX compare una massa tumorale nera enorme, di 14,7 centimetri, e mi ricoverano di urgenza. Per fortuna riesco a farmi ricoverare d'urgenza e inizio un ciclo di chemioterapia intensiva e sperimentale.
  Fortunatamente, adesso ho solo un residuo, ma comunque questo mi ha comportato una serie di problemi che ancora ho.
  Vengo messo in malattia per circa due anni. Mi promettevano: «Non ti preoccupare, noi seguiamo il tuo caso. Ti diamo la pensione, il lavoro».
  Dopo i due anni, mi rivolgo all'avvocato Angelo Fiore Tartaglia con l'Osservatorio. All'improvviso, dopo due settimane, vengo convocato e mi riformano, dicendomi che io dovevo andare a casa, perché non ero buono a fare niente. Dopo aver vinto un concorso e prima di entrare in servizio permanente, vengo mandato a casa.
  Dopo un anno e mezzo non mi danno la causa di servizio, assolutamente niente. Pertanto, devo provvedere io alle spese sanitarie, dello psicologo eccetera.
  Adesso sono più di dieci anni che combattiamo e non mi è stato assolutamente riconosciuto nulla.
  Io chiedo a questa Commissione una cosa molto semplice: fare qualcosa per tutti i malati, per le prime necessità. Io non sono un esperto né uno scienziato. Bisogna fare qualcosa, perché siamo in 3.000, al di là di chi sia la colpa o meno. Chiedo di fare qualcosa per noi, un canale privilegiato, una sorta di reintegro, anche parziale, alla vita, che ci è stata un po’ tolta.
  Io di sicuro non posso fare un lavoro fisico, quindi magari trovare una sorta di... .
  Questo è in sintesi e poi ho lasciato una mia relazione. Grazie a tutti.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, signor Salvatore. Ascoltiamo la signora Santa Passaniti, che è madre di Francesco Finessi che purtroppo non c'è più. Mi pare sia presente qui anche suo marito, che salutiamo. Prego, signora, a lei la parola.

  SANTA PASSANITI. Illustrissimo signor presidente, illustri commissari, consulenti, dapprima ritengo doveroso ringraziarvi per l'opportunità di riferire in questa Commissione, e in secondo luogo per la possibilità offertami di esprimere quanto a mio giudizio unisce causalmente la patologia di mio figlio, che lo ha condotto a morte, con il servizio militare e le vaccinazioni.
  1° dicembre 2002: da allora la mia vita e quella della mia famiglia è dedicata ad un solo scopo, cioè sapere perché Francesco non c'è più. È partito sano per il servizio militare e subito dopo il congedo la scoperta della tremenda malattia che l'ha portato alla morte.
  Francesco è deceduto in un'anonima camera del dodicesimo piano del nosocomio San Martino dell'ospedale di Genova. Scartavamo l'ipotesi dell'uranio perché mio figlio non era stato nei Balcani, anche se ha partecipato a qualche esercitazione nei poligoni, così come previsto dai regolamenti addestrativi della Difesa.
  Si parlava sempre dei militari deceduti a causa dell'uranio impoverito, ma un giorno, il 12 febbraio 2002, durante la trasmissione Striscia la notizia fummo colpiti dalle parole del dottor Leggiero, ospite di Ezio Greggio, che annunciava la sospensione del vaccino Neotyf, e la conclusione fu «Ma che uranio, che uranio!».
  Io ricordavo che mio figlio aveva detto che tra le vaccinazioni fatte durante il servizio di leva, oltre alle iniezioni, gli erano state date quattro compresse da prendere la sera a giorni alterni. Controllai la scheda vaccinale di Francesco e vidi che era presente il Neotyf ma, a differenza delle altre Pag. 11somministrazioni, al posto della data c'era un asterisco ambiguo.
  Ricordando le parole di Francesco sapevamo che lo aveva fatto e soprattutto ci siamo resi conto che le pastiglie somministrate erano quattro, anziché tre come previste nel blister, perché la confezione del Neotyf e del Vivotif, entrambi vaccini antitifici, sono in blister da tre compresse. Già di per sé questa è un'anomalia, perché vi è stata una sorta di overdose non prevista nei protocolli vaccinali. Non solo: addirittura il Neotyf gli è stato risomministrato nuovamente nella caserma di Belluno dopo sei mesi, sebbene la copertura immunitaria di questo vaccino sia di tre anni (dopo parlerò dei problemi dei vaccini fatti a breve distanza).
  Contattai un genitore che, come noi, pochi mesi prima aveva perso il figlio. Mi inviò una lettera, presumevo fosse la scheda vaccinale, invece erano gli esami eseguiti dall'Università di Modena e Reggio Emilia. Fummo colpiti dalla quantità di metalli contenuti nelle cellule di questo ragazzo e così facemmo anche noi analizzare le cellule staminali e lo sperma di mio figlio.
  Nello sperma la quantità di piombo era elevatissima, insieme a carbonio, silicio, sodio, magnesio, alluminio, titanio, ferro, cromo, calcio, cobalto, antimonio. Nel sangue detriti da 0,5 micron contenenti carbonio, antimonio, fosforo, cobalto, rame e zinco.
  La presenza di questi composti in sedi così interne del corpo, lo sperma e le cellule staminali, sta a indicare una disseminazione in tutto il corpo umano. La IARC (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) dell'Organizzazione mondiale della sanità ha stabilito che tali particelle sono cancerogene certe.
  Inspiegabile era anche la quantità di carbonio, silicio, titanio, ferro, cloro, magnesio, alluminio, zirconio, stronzio, afnio, bismuto e il picco altissimo di piombo contenuti nei vaccini antitifici Typhim Vi e Vivotif, che ero riuscita a reperire e che ho fatto analizzare all'Università di Modena e Reggio Emilia. Detti vaccini, analizzati all'Università di Modena a firma della dottoressa Gatti, sono stati consegnati all'Università di Modena integri, quindi nessun tipo di inquinamento esterno ha potuto interferire.
  Iniziò per noi una ricerca, un voler sapere che diventò ragione di vita. Mio figlio era morto per una malattia provocata, qualcuno gli aveva messo le mani addosso, qualcuno gli aveva iniettato dei metalli non compatibili con la vita. Contattai il maresciallo Leggiero che avevo visto in tv, andai a Roma a parlare con altri genitori di militari che avevano perduto i loro figli, conobbi la vedova Meloni, ebbi da lei la scheda vaccinale del marito deceduto nel 2001. Questi aveva fatto nel 1999 fra le altre vaccinazioni anche il Neotyf.
  Lei mi invitò ad Orvieto per una commemorazione del marito e qui mi presentò il dottor Leggiero, che mi disse che il caso di Francesco esulava dagli altri perché non era stato nei Balcani, ma che avrei potuto contattare l'avvocato Tartaglia. Così facemmo, e proprio nel suo studio scoprimmo l'esistenza del dottor Montinari Massimo, che aveva effettuato diverse perizie sui militari. L'avvocato Tartaglia ci disse che avrebbe valutato, e nell'occasione, dispiaciuto della tragedia accaduta in famiglia, non volle alcun compenso sulla consulenza, e questa sua sensibilità l'abbiamo apprezzata molto.
  Mi recai a Roma dal senatore Bucciero, che già nel 2001 assieme al senatore Caruso lottava in Senato per la sospensione delle vaccinazioni killer ai militari (ovviamente ogni cosa che io dico è dimostrata con degli allegati, sia quelli che ho reperito in Senato riguardo alle Commissioni, sia quelli delle procure, quindi quello che dico è tutto scritto e documentato).
  Il senatore Bucciero da me interpellato chiese al Ministero della salute il motivo della sospensione del Neotyf. Rimase senza risposta per un anno, finché la risposta fu «motivi di mercato», un'ottima scusa per evitare che la magistratura potesse indagare.
  Francesco il 17 settembre del 2000 era partito felice, entusiasta di fare il militare, addirittura voleva fare il volontario e aspettava di essere chiamato da un momento all'altro. Le cose però purtroppo non sono Pag. 12andate così, forse sarebbe stato più sicuro in Kosovo, visto che i militari ammalati che non sono andati all'estero sono oltre 4.000, dati riportati dalla dottoressa Paolotti in questa Commissione, che lei, Presidente Scanu, presiede.
  Francesco ha svolto tutto il servizio di leva a Belluno. Ebbe un episodio febbrile durato una settimana dopo il CAR, il Centro addestramento reclute, che effettuò, come da protocollo addestrativo, anche nei poligoni di Merano.
  I mesi successivi erano stati tranquilli, era giovane e sano come tutti i ragazzi di vent'anni. Le cose cambiarono circa a metà percorso della sua vita militare. Inizia una spossatezza dapprima lieve poi sempre più seria, accompagnata da severo dimagrimento.
  Si congedò nel luglio 2001 e a novembre dello stesso anno la diagnosi atroce di linfoma non Hodgkin. Un anno di tremenda malattia con chemioterapia, radioterapia, trapianto di midollo osseo donato dal fratello. In data 1° dicembre 2002 il decesso all'ospedale di Genova.
  L'iter della malattia di Francesco è uguale a quello di moltissimi altri militari, sia che siano stati in missioni, sia che siano rimasti in patria. Mio figlio era rientrato purtroppo in un elenco lunghissimo che era stato definito «strage di militari», una strage che ancora oggi nessuno ha saputo spiegare.
  Si tenta di nascondere, di scappare da quelle che sono le responsabilità. Troppi sono i decessi. Potevano fare qualcosa ma non l'hanno fatto. Molte di queste morti potevano essere evitate già nel 2001: bastava ascoltare chi diceva «basta, sospendete le vaccinazioni killer ai militari», ma falsità e grossi interessi li hanno fatti perseverare, con protocolli vaccinali mai controllati, poco rispettati, vaccinazioni fatte a completo arbitrio del medico.
  Mio figlio per esempio era stato chiamato una settimana dopo le altre vaccinazioni, da solo, e gli è stata iniettata l'antitetanica. Chiedetevi perché un medico dovrebbe chiamare un ragazzo per un vaccino per cui era già coperto fino al 2005, come da libretto ASL, e solo lui. Cosa c'era in quel vaccino? Chi ha dato l'ordine a quel dottore e perché?
  Vaccini pieni di metalli, vaccini inutili, vaccini che da nessuna altra parte del mondo venivano più somministrati, vedi Morupar sospeso nel 2006, che l'Italia era l'ultima nazione a praticare ancora dopo il Brasile (ovviamente ci sono gli allegati anche qui). Vaccini che non andavano fatti perché c'era già un'immunizzazione attiva verso quella malattia. Per rendersene conto bastava fare l'anamnesi ai soldati.
  Mio figlio ha fatto il Morupar, il vaccino morbillo rosolia e parotite, ma il ragazzo ricordava benissimo, perché li ha fatti a 11 anni, sia il morbillo che la parotite. L'antitetanica era coperto, quindi in pratica tre vaccini inutili sono stati rifatti.
  La necessità di identificare la causa non deve essere concentrata solo nell'uranio, infatti le numerose sentenze di condanna al Ministero della difesa non parlano solo di probabile causa di uranio, ma citano l'effetto teratogeno delle vaccinazioni senza consenso informato, senza il rispetto dei protocolli, anche se ancora nessuno ha fatto presente che quei vaccini rinvenuti nei tessuti patologici dei militari potrebbero essere gli stessi che si trovano nei vaccini analizzati dall'Università di Modena e più recentemente nel laboratorio della dottoressa Gatti, Nanodiagnostics oggi.
  Chiedo infatti formalmente che su questo argomento venga ascoltato da questa Commissione il dottor Stefano Montanari, che peraltro ha già denunciato due volte ai NAS, sia a Roma che a Modena, il ritrovamento di questi metalli in ventotto vaccini da lui esaminati. Sia ben chiaro: i vaccini militari e quelli utilizzati in ambito civile sono uguali, così come confermato in questa Commissione dal Presidente dell'AIFA e dell'Istituto superiore della sanità stessa.
  Quindici anni di Commissioni, esperti pagati, dopo tredici anni dalla scomparsa di mio figlio non permetto più che mi si chiuda la porta in faccia e denuncio quanto segue. Già nel 2001 in seduta i senatori Bucciero e Caruso dissero: «sospendete le vaccinazioni killer ai militari», si arriva al 2005, III Commissione presieduta da Paolo Pag. 13Franco, uranio e soltanto uranio, tutti lo cercano e nessuno lo trova.
  Si nominano i vaccini, fino a quando, dopo aver scritto, parlato, chiesto, viaggiato, documentato, bussato a tante porte, vengo ascoltata dal senatore Bonatesta, che mi dà la possibilità di essere audita in Commissione d'inchiesta il 1 dicembre 2005, che fra l'altro è anche la data in cui è mancato mio figlio.
  Io parlo di ciò che è stata la vita di mio figlio fino a quando non è partito per il servizio militare, di ciò che è successo durante il servizio di leva e di ciò che è stato fatto con le sue cellule staminali e lo sperma dopo il decesso, fatti esaminare dall'Università di Modena.
  Dopo un mese dalla mia audizione la Commissione decide di fare chiarezza su quanto ho affermato e indice una riunione informale sulle problematiche delle vaccinazioni. Questo è stato il 19 gennaio 2006, come testimoniato dagli stenografici.
  La dottoressa Gatti già nel 2004 sapeva dei vaccini e non ha detto nulla per un intero anno di Commissione, fino alla mia audizione, dopo la quale ammetteva nella seduta del 19 gennaio 2006 di aver esaminato due vaccini. Riporto le sue testuali parole: «i due vaccini da me esaminati come dal rapporto che io feci allora», ma in realtà i vaccini che la dottoressa aveva esaminato erano cinque.
  Successivamente la Procura di Bolzano, con procedimento penale in corso, è riuscita a venirne in possesso requisendoli. Malgrado la Commissione avesse acquisito questa documentazione, non hanno fatto analizzare i vaccini e nemmeno hanno denunciato quello che c'era dentro.
  Inoltre il colonnello Ghinelli della Medicina militare di Padova sempre nella stessa Commissione ha detto di aver riscontrato in alcuni militari dopo le vaccinazioni la presenza delle gammopatie monoclonali, patologie di ultrasessantacinquenni, non di ragazzi di vent'anni, dopo essere stati vaccinati. C'erano quindi le avvisaglie per poter fare qualcosa.
  A conclusione di questa Commissione è stato preso l'impegno da parte di componenti (Demasi) di indagare sulle vaccinazioni come prima cosa nella legislatura seguente.
  Sono stata a Roma in Senato, ho corso disperatamente da una città all'altra, ho passato ore d'attesa dietro le porte di politici, affinché qualcuno per intercessione mi facesse parlare con la senatrice Menapace. Il ricordo di mio figlio è stato velato in qualche modo dalla ricerca disperata di trovare le persone giuste, che mi potessero aiutare a rendergli giustizia, a rendere giustizia a questi figli sani di vent'anni che andiamo a piangere nei cimiteri grazie allo Stato italiano e alle case farmaceutiche.
  Proprio lo Stato con i suoi Presidenti che neppure rispondono alle lettere e che mi fanno chiamare dalla DIGOS quando si apprestano a visite nella mia zona. Addirittura la DIGOS di Roma mi ha segnalato come presunta persona eversiva solo per aver chiesto un colloquio con uno dei consiglieri del Presidente Mattarella (dopo ho la risposta per chi volesse vederla).
  Accuso il Ministero della salute e il Ministero della difesa perché i militari continuano a morire. Chiunque avrebbe fatto immediatamente esaminare i vaccini, non solo se si fosse presentata la possibilità che fossero la causa di questa strage, ma a maggior ragione visto che lo gridavano scienziati più che autorevoli in uno stato di emergenza umanitaria.
  La Difesa ultimamente si difende affermando che i linfomi sono di possibile causa virale. Signor Presidente, commissari, cosa contengono i vaccini oltre ai metalli pesanti? I vaccini contengono virus, uccisi o vivi attenuati, quindi anche sotto questo di punto di vista la responsabilità è sempre e comunque della profilassi vaccinale e quindi della Difesa, che è il datore di lavoro dei militari, e del Ministero della salute che non ha vigilato.
  Presidenti e commissari, faccio presente che prima il Tribunale di Belluno, poi la Corte d'appello e di recente la Corte Suprema di Cassazione ha condannato il tenente colonnello Marchetti, ufficiale medico che somministrò i vaccini a mio figlio non trascritti e che falsificò documenti sanitari, a tre anni di reclusione, che purtroppo si sono prescritti, ma comunque la Pag. 14Corte d'appello e la Cassazione ritengono che permangano le responsabilità civili, laddove la prescrizione del reato non è l'assoluzione.
  Vorrei sapere che misure disciplinari siano state adottate nei confronti di questo medico e chiedo a questa Commissione che il Ministero della difesa venga a rispondere e a riconoscere mio figlio vittima del dovere, perché un dipendente medico è stato condannato definitivamente, gli errori degli ufficiali medici hanno un datore di lavoro e le responsabilità sono del Ministero della difesa.
  Presidente, mi chiedo come mai nessun militare malato rimasto in Italia o civile sia stato riconosciuto, nonostante la legge lo preveda. Si è chiesto il perché? Verifichi l'attendibilità delle mie dichiarazioni attraverso il Ministero competente. Mi metto a disposizione di questa Commissione per eventuali informazioni, che ritengo gravi per le finalità dell'inchiesta.
  In ragione di tale inspiegabile e inspiegata perseveranza ho ritenuto di chiedere, e grazie alla vostra disponibilità mi è stato concesso, di riferire a questa eccellentissima Commissione sulla vicenda che mi vede coinvolta. Tale richiesta nasce della ferma convinzione che la indubbia preparazione scientifica dei suoi componenti contribuirà in modo decisivo a gettare luce su questa mia assai sofferta circostanza.
  Ho finito. Questo è quello che ho scritto, perché avevo paura di parlare a braccio, perché ormai gli anni avanzano e rischio di saltare da una parte all'altra.

  PRESIDENTE. Grazie molte, signora. Acquisiamo agli atti la sua relazione.

  SANTA PASSANITI. Posso aggiungere una cosa? Il Presidente della Repubblica mi scrive: «Questo Segretario generale non ha titolo ad effettuare ulteriori interventi nel rispetto del principio di separazione dei poteri, sancito dalla Costituzione italiana e dall'autonomia decisionale dei dicasteri della Repubblica. Al Parlamento risale altresì la competenza per l'esame di ogni eventuale proposta di modifica alla vigente normativa relativa alle vittime del dovere e alle vittime di servizio».

  PRESIDENTE. Grazie, signora. Non abbiamo trovato niente di eversivo nel suo comportamento. Se c'è qualcosa di eversivo, è nel mancato rispetto delle leggi della nostra Carta costituzionale.
  L'ultimo intervento sarà quello dalla signora Salvatrice Pirosa, moglie dell'appuntato scelto dei Carabinieri Bongiovanni Giuseppe, in servizio in Bosnia nel 2000, che purtroppo non è più presente tra noi.
  Prego, signora, a lei la parola.

  SALVATRICE PIROSA. Grazie a voi di essere stata interpellata in questa Commissione. Vi racconto brevemente questa nostra storia. Sono la signora Pirosa Salvatrice, la vedova dell'appuntato scelto dei Carabinieri Bongiovanni Giuseppe. Oggi parlo in nome suo e in nome dei miei tre figli.
  Mio marito nel luglio del 2000, mentre svolgeva una missione all'estero per conto della NATO SFOR in Bosnia ed Erzegovina quale autista del III Plotone e interprete, dormiva in vecchi magazzini abbandonati, vecchie caserme che erano state bombardate durante la guerra. Ha accusato i primi dolori alla schiena, al fianco sinistro, agli arti inferiori, iniziando addirittura a zoppicare. Ha sostenuto questo stato fisico fino al suo rientro in patria.
  Nel settembre 2000 è iniziato il calvario di mio marito, a cui dopo una serie di accertamenti medici è stato diagnosticato un cordoma vertebrale, un raro tumore osseo resistente alla radioterapia, che va asportato chirurgicamente. Mio marito è stato infatti sottoposto a ben cinque delicati interventi chirurgici, l'ultimo dei quali è stato effettuato nel novembre del 2005. Dall'esame istologico del cordoma è risultato un elevato livello di ferro e di materiali pesanti, che nemmeno un minatore presenta dopo anni di lavoro in miniera.
  Nonostante le cure mediche, mio marito è venuto a mancare nell'ottobre del 2007, lasciandomi con tre figli piccoli da crescere, presidente. Fin dall'inizio della malattia di mio marito è iniziata una battaglia legale, sostenuta con l'avvocato Angelo Fiore Tartaglia, per il riconoscimento di una causa di servizio a mio marito, tutt'oggi ancora negata non solo a me, ai miei figli, ma a Pag. 15tutte le famiglie a cui sono morti i loro cari per aver servito lo Stato.
  Caro presidente, cari membri della Commissione, io mi sento molto – dico molto – abbandonata da tutti, dalle istituzioni, non solo come moglie, ma soprattutto come mamma, che negli anni ha affrontato numerosi sacrifici per crescere da sola i suoi tre figli, in particolare il più piccolo, al quale è stata diagnosticata un'ipoacusia bilaterale, ovvero la perdita dell'udito di entrambi gli orecchi, a cui non viene riconosciuta nemmeno l'invalidità civile.
  I tempi della giustizia, lo capisco, sono lunghi. L'indifferenza dello Stato Maggiore invece è immediata e mortificante, il Comitato di verifica dice che non è causa di servizio per mio marito, mentre con altri nella stessa situazione lo ha confermato, e non voglio credere che sia solo per il fatto che erano ufficiali e mio marito solo un maresciallo.
  Dalla rappresentanza militare, che ho sentito essere vicino alle vittime, nessun segnale, solo indifferenza e suggerimenti a non fare causa. Questo è quello che avrebbero voluto.
  Ai miei figli è stato strappato il padre dallo Stato, quindi vi chiedo: questo Stato cosa farà per loro? Continuerà ad ignorare le mie e le loro richieste?
  Mio marito continua a morire ogni giorno e continuate a negare che è morto per servire lo Stato. Perché non ammettete il vostro errore e rendete onore e giustizia ad un uomo che amava il suo lavoro ed è morto per questo? Quanti altri servitori dello Stato devono morire per vedere riconosciuti i nostri diritti? Non bastano 322 uomini che ad oggi hanno perso la vita, caro presidente?
  Nonostante tutto, mio marito è andato a fare questa missione con tutto il cuore. Sono venuta a scoprire il lavoro che faceva, che andava anche fuori di notte per dare da mangiare a dei bambini che vivevano sotto questo coso. Diceva: «voglio fare del bene, lo sto facendo con amore e lo faccio perché ho dei figli e credo in questa cosa», ma mio marito è tornato da lì che già stava malissimo. Due mesi di radioterapia ai protoni anche negli Stati Uniti, che, come avete capito, non sono serviti a niente.
  Mi è stata negata qualsiasi cosa, anzi mi hanno ridotto addirittura la pensione. I miei figli sono tre ragazzi che non lavorano, ditemi voi come dobbiamo andare avanti.
  Questo è quello che vi chiedo, solamente di lavorare bene. Grazie mille di avermi ascoltato.

  PRESIDENTE. La ringraziamo noi, signora, come ringraziamo tutti voi. Fra qualche minuto dovrebbero iniziare le votazioni in Aula, per cui, nostro malgrado, siamo costretti a non porre eventuali domande, tuttavia credo che ci sia il tempo per un veloce saluto, una veloce considerazione da parte dei colleghi rimasti.

  DIEGO ZARDINI. Grazie, presidente. Anch'io ringrazio tutti i convenuti e ovviamente esprimo la massima solidarietà da parte del Gruppo del Partito Democratico. Assicuriamo una cosa soltanto, oltre ad avervi ascoltato con grandissima attenzione e aver cercato di predisporre i lavori di questa Commissione affinché sia davvero l'ultima Commissione d'inchiesta e riesca a dare le risposte perché la vostra sofferenza che traspare anche dalle vostre parole trovi soddisfazione, e il ruolo che ci è stato affidato anche dal Parlamento possa essere assolto pienamente, introducendo nel nostro Paese anche delle modifiche normative che consentano di non avere più casi come i vostri. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, collega. Se non ci sono altre richieste d'intervento, vorrei fare una breve considerazione. Riprendo un'espressione che ho voluto usare nei confronti del signor Luppino, interpretando non solo il pensiero, ma anche il desiderio convinto di tutti i colleghi: vi assicuriamo che oggi non avete perso tempo.
  Abbiamo voluto ascoltarvi, non solo sentirvi, ma ascoltarvi con grande attenzione, perché noi abbiamo il dovere, ma soprattutto la volontà di farci carico dei vostri problemi e di quelli che hanno colpito, hanno accompagnato e tuttora accompagnano Pag. 16 le famiglie che vivono la stessa vostra condizione di dramma.
  Questo non significa che a noi venga data direttamente la possibilità, lo strumento per poter intervenire in ciascun caso e in ciascuna situazione, però, come ha appena detto il collega Zardini e tutti noi pensiamo, questa dovrà essere l'ultima Commissione. Come voi sapete, è la quarta Commissione e dovrà assolutamente essere l'ultima, perché nel frattempo la gente muore, perché nel frattempo ci sono famiglie abbandonate, perché nel frattempo si consumano ingiustizie rispetto alle quali il Parlamento, che ha voluto questa Commissione, non intende stare fermo.
  Noi vi chiediamo di non abbassare la guardia, di continuare a combattere fino a quando non avrete giustizia, ma vi chiediamo anche, senza che questo comporti minimamente una rinuncia alle vostre battaglie, di darci ancora un poco di fiducia.
  Purtroppo, come la storia ci insegna quando ci richiama a considerare che le guerre si fanno spesso fra poveri, le dittature comportano l'utilizzo della forza che viene perpetrato dai soldati che sono figli di poveri, e questa forma di violenza viene attuata nei confronti del popolo, che per definizione non è razza padrona e comunque non è espressione di ambiti di benessere, se non addirittura di forme di consistente proprietà.
  Talvolta succede che, oltre alla guerra fra poveri, si faccia anche la guerra fra ammalati, e spesso nel web si leggono cose che personalmente preferirei non leggere, perché si trova anche il modo, a mio giudizio sbagliando, di creare contrapposizioni fra persone sfortunate, creando una forma di competizione fra chi ritiene di avere già dato e che ritiene di avere già avuto. Mettiamo da parte queste cose.
  Vi prego di convincervi che noi non ci fermeremo di fronte a niente, non ci faremo condizionare da niente e da nessuno. Vi prego, però, di convincervi anche che in questo momento siamo dell'avviso che il Parlamento vorrà cambiare le regole.
  Tra qualche giorno presenteremo le nostre proposte al Parlamento e siamo fiduciosi che il Parlamento, come casa degli italiani, vorrà dare le giuste risposte. Qualora questo non dovesse accadere, vi assicuro che in futuro non ci troveremo in parti diverse, ma ci troveremo a fianco a voi per combattere la stessa battaglia.
  Grazie di cuore per la vostra presenza. Signora, lei vuole aggiungere qualcosa. Prego.

  SANTA PASSANITI. Si vocifera che si pensa di dare il tutto in mano all'INAIL. Io non sono in grado di dire se fate bene o non fate bene, perché indubbiamente farete quello che ritenete opportuno, però a mio parere dalla padella si finisce nella brace. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie per questo suo contributo, signora, però le assicuro che, facendo il fuoco, siamo abbastanza accorti e che, se ci sarà qualcuno che dovrà aver paura di bruciarsi, non saranno di sicuro gli ammalati. Se ci sarà una padella e ci sarà la brace, non sarà certamente per friggere coloro che già stanno friggendo di sofferenza.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.15.