XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti dell'utilizzo dell'uranio impoverito

Resoconto stenografico



Seduta n. 13 di Giovedì 17 marzo 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Scanu Gian Piero , Presidente ... 3 

Seguito dell'audizione del Segretario generale del Ministero della difesa, Carlo Magrassi:
Scanu Gian Piero , Presidente ... 3 ,
Magrassi Carlo , Segretario generale del Ministero della difesa ... 3 ,
Scanu Gian Piero , Presidente ... 9 ,
Magrassi Carlo , Segretario generale del Ministero della difesa ... 11 ,
Scanu Gian Piero , Presidente ... 12 ,
Zardini Diego (PD)  ... 12 ,
Cirielli Edmondo (FdI-AN)  ... 12 ,
Scanu Gian Piero , Presidente ... 14 ,
Catalano Ivan (Misto)  ... 14 ,
Scanu Gian Piero , Presidente ... 14 ,
Capelli Roberto (DeS-CD)  ... 14 ,
Scanu Gian Piero , Presidente ... 15 ,
Rizzo Gianluca (M5S)  ... 15 ,
Carrozza Maria Chiara (PD)  ... 15 ,
Scanu Gian Piero , Presidente ... 16 ,
Magrassi Carlo , Segretario generale del Ministero della difesa ... 16 ,
Scanu Gian Piero , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIAN PIERO SCANU

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori nella seduta odierna sarà assicurata anche mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

(Così rimane stabilito).

Seguito dell'audizione del Segretario generale del Ministero della difesa, Carlo Magrassi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del Segretario generale del Ministero della difesa, il generale Carlo Magrassi, la cui prima parte si è svolta nella seduta del 3 marzo scorso.
  Saluto il generale, anche a nome di tutti voi colleghi, per la sua presenza e saluto anche, sempre a vostro nome, il generale Nicolò Falsaperna, la dottoressa Giovanna Romeo e il tenente colonnello Cesario Totaro.
  Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme della libera audizione e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta.
  Saluto anche i consulenti presenti di questa Commissione e in maniera particolare i signori magistrati che ci fanno da corona.
  Nel corso della seduta del 3 marzo scorso, numerosi componenti della Commissione hanno posto quesiti al signor Segretario generale cui lo stesso si è riservato di rispondere nel prosieguo dell'audizione. Riteniamo che questo accadrà questa mattina.
  Prima di dare la parola al generale Magrassi per consentirgli di fornire le precisazioni richieste, desidero annunciare di aver predisposto alcune ulteriori richieste di informazioni a integrazione di quelle già sviluppate nella seduta del 3 marzo. Sarà mia cura porre questi quesiti, appena il generale Magrassi avrà concluso con l'illustrazione delle proprie argomentazioni.
  Ringraziandola ancora, generale, le do la parola.

  CARLO MAGRASSI, Segretario generale del Ministero della difesa. Signor presidente e onorevoli membri di questa Commissione, grazie di questo altro momento. Desidero appunto ringraziarvi per permettermi di rispondere ai quesiti che ho raccolto durante la scorsa audizione del 3 marzo.
  Come ho detto al termine della scorsa audizione, dopo aver ascoltato le numerose domande che la Commissione ha voluto rivolgermi, ho percepito e apprezzato la forte volontà di approfondire e di andare oltre le risultanze dell'indagine condotta dalle precedenti Commissioni parlamentari.
  Tuttavia, come avevo preannunciato, una grande quantità di domande che mi è stata rivolta esula dal mio settore di competenza. Il Ministero della difesa, infatti, è un organismo articolato, come è ben noto a questo onorevole consesso, in tre aree: quella tecnico-operativa, quella tecnico-amministrativa e quella tecnico-industriale. Inoltre, la ripartizione delle relative competenze è abbastanza complessa.
  Per questo motivo, dopo aver analizzato le domande che mi sono state rivolte, ho ritenuto di accogliere il suggerimento che il presidente mi ha fornito, nel suo intervento Pag. 4di chiusura della scorsa audizione, e mi sono fatto interprete, nei confronti dell'area operativa del Dicastero, di tutti quei quesiti che non attengono strettamente al settore di mia competenza.
  Mi riferisco in particolare ai quesiti riguardanti l'impiego operativo dei militari in teatri di guerra e a quanto mi è stato chiesto, per esempio, sui protocolli d'impiego, sull'eventuale uso di armi e di Stati alleati, sull'esposizione a sostanze nocive e sui sistemi di protezione individuale. Mi riferisco anche alla sanità militare e nello specifico, per esempio, ai vaccini e al loro uso, ai protocolli in essere, alle indagini epidemiologiche condotte, alla gestione del contenzioso per risarcimento dei danni provocati dalle esposizioni a sostanze nocive, nel cui ambito è stato audito il generale Tomao, e infine ai poligoni e alle misure di tutela dell'ambiente.
  Arrivando alle tematiche che attengono alla competenza del Segretariato generale, vorrei fornire risposta ai quesiti riguardanti le seguenti tematiche: la sicurezza sul lavoro; le cause di servizio per il personale militare; gli indennizzi al personale civile esposto a sostanze nocive; le procedure del cosiddetto «Green public procurement»; le bonifiche delle unità navali dall'amianto.
  Quanto al tema della sicurezza sui luoghi di lavoro, il Presidente mi ha rivolto numerosi quesiti, in relazione ai quali cercherò di fornire elementi che integrano quanto già illustrato sull'argomento alla Commissione il 3 marzo scorso.
  Mi sembra giusto, in primo luogo, cominciare a rispondere, fornendo maggiori elementi relativamente a quale sia l'attività affidata all'Ufficio antinfortunistica del Segretariato generale nonché la tipologia e l'ambito di applicazione delle direttive emanate dallo stesso.
  Il Segretariato generale – Direzione nazionale degli armamenti, sulla base delle attribuzioni conferite dall'articolo 103 del Testo unico dell'ordinamento militare, predispone direttive di indirizzo sulla materia antinfortunistica, al fine di orientare i competenti organi delle Forze armate nell'applicazione della normativa in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, evidenziando i princìpi applicativi contenuti nelle norme in materia di prevenzione, definendo procedure di sistema, individuando corretti flussi informativi e promuovendo l'attività di formazione specifica.
  Ciascuna delle Forze armate, nell'ambito della propria competenza specifica, declina poi tali direttive, fornendo agli enti dipendenti gli specifici contenuti tecnici applicativi, ed effettua le verifiche con i propri organismi di controllo.
  Inoltre, l'Ufficio antinfortunistica organizza e coordina i servizi di vigilanza per l'antinfortunistica delle Forze armate e assolve direttamente le funzioni di vigilanza per i soli enti dell'area tecnico-amministrativa e tecnico-industriale, cioè degli stabilimenti dipendenti dell'Agenzia industrie difesa. Tale ufficio cura la tenuta dell'elenco degli esperti qualificati e dei medici autorizzati e coordina le attività di formazione nel settore di specifico interesse dello stesso.
  Pertanto, l'ufficio è impegnato nel predisporre atti, direttive e documentazioni, finalizzati a realizzare, nei luoghi e nelle aree di lavoro degli ambiti di intervento delle Forze armate, le condizioni equivalenti di tutela della salute e della sicurezza del personale della Difesa, in costante coordinamento con i competenti organi delle Forze armate.
  Dicendo «condizioni equivalenti», intendo riferirmi al fatto che, poiché la normativa generale, ex decreto legislativo n. 81 del 2008, trova applicazione per la difesa con delle eccezioni, occorre declinare tali princìpi generali nel contesto delle attività istituzionali e operative dello strumento militare. Tuttavia, su questo argomento vorrei soffermarmi tra poco.
  Per quanto riguarda la domanda sul Comitato per la prevenzione e il controllo delle malattie, sviluppate le necessarie verifiche, rappresento che, sulla base delle determinazioni del Ministro pro tempore adottate anche su indicazioni contenute nel parere espresso dalla competente Commissione parlamentare di inchiesta, nella seduta del 9 gennaio 2001, tale Comitato ha cessato la propria dignità a decorrere dal 1° luglio 2013. Pag. 5
  Mi è stato inoltre chiesto di esprimere un parere su quale sia la convenienza nonché l'efficacia del regime speciale, in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, che si applica alle Forze armate, nell'attuazione della prevenzione e della vigilanza. Credo occorra partire sempre dalla constatazione che la normativa generale, secondo l'articolo 3 del decreto legislativo n. 81 del 2008, trova applicazione, alla Difesa, tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato e alle peculiarità organizzative individuate nell'apposito Regolamento.
  Nella fattispecie, le cosiddette «particolari esigenze», ossia gli ambiti nei quali si applica il cosiddetto «regime speciale», sono state individuate nell'unicità di comando e di controllo, nella capacità e nella prontezza di impiego della forza, nella tutela della riservatezza delle informazioni nonché nella necessità di adottare particolarità costruttive e di impiego, relativamente agli equipaggiamenti, ai sistemi d'arma, ai mezzi e in generale ai materiali d'armamento.
  Ovviamente, in ambiti diversi da quelli espressamente individuati dalla norma o per gli aspetti che non afferiscono ad attività tipiche delle Forze armate, trova completa applicazione la normativa generale.
  Il Regolamento inoltre individua, in relazione alle citate «particolari esigenze», le diverse fattispecie delle cosiddette «norme di tutela tecnico-militare», come per esempio le procedure tecnico-operative adottate nell'ambito di accordi di standardizzazione e di cooperazione internazionale, le norme tecniche relative alla conduzione e all'impiego di mezzi, l'utilizzo di infrastrutture e di sistemi d'arma nonché le procedure d'azione individuate dai comandanti per l'esecuzione di specifici compiti o missioni.
  Peraltro, le citate norme di tutela tecnico-militare devono essere sempre sorrette da motivazioni certe e oggettivamente documentabili delle ragioni tecniche e organizzative che impediscono l'applicazione della norma generale nonché essere in grado di conseguire la massima sicurezza del personale nelle sue specifiche condizioni di impiego.
  Lo speciale regime si giustifica perché sembra rappresentare il migliore strumento di tutela a presidio della salute e della sicurezza del personale militare, opportunamente adeguato dallo stesso comandante a ciascuna circostanza o situazione addestrativa o operativa, anche estrema, laddove nessuna norma generale sarebbe efficacemente applicabile, quindi sembra riempire di fatto un vuoto regolamentare. D'altronde, il legislatore ha previsto simili modulazioni della norma generale anche per altri organismi pubblici, quali per esempio le Forze di polizia e i Vigili del fuoco e per i quali si riconosce uguale necessità di modellare la regolamentazione di sicurezza, al fine di conseguire obiettivi equivalenti di tutela del personale.
  Riguardo alla convenienza e all'efficacia del regime speciale previsto per la vigilanza, osservo che, in coerenza con quanto appena illustrato, l'attività di vigilanza affidata a organismi sanitari o tecnici, istituiti presso l'amministrazione, risulta efficace, sia per la competenza del personale ispettivo sulle attività, sulle attrezzature e sulle procedure tipiche dello strumento militare sia per poter coniugare la necessità di assicurare la vigilanza e quella di tutelare particolari vincoli di riservatezza e operatività.
  La vigilanza interna, comparata con quella esercitata dagli organismi di controllo con competenza generale, risulta efficace e mirata, specialmente in quelle attività più pericolose attinenti l'impiego di mezzi, di sistema d'arma e di esplosivi o analoghe situazioni per le quali siano richieste specifiche competenze di elevata qualificazione tecnica, non rinvenibili al di fuori della Difesa.
  Oltre a ciò, il fatto di aver demandato le funzioni ispettive a organismi sanitari e tecnici interni, nonostante la valutazione non si possa basare su un periodo di ampio respiro, in quanto la normativa è entrata in vigore alla fine del 2010, sembra aver prodotto un concreto miglioramento delle consapevolezze e degli atteggiamenti positivi nei confronti della prevenzione, anche perché la possibilità di disporre di dati aggregati e completi, relativi all'esito delle singole Pag. 6 ispezioni, ha favorito l'analisi dei fenomeni infortunistici e ha promosso interventi mirati di prevenzione.
  Riguardo all'ultimo quesito sulla tematica della sicurezza nei luoghi di lavoro, ossia quello riguardante il piano dei rischi degli stabilimenti della Difesa e le verifiche cui lo stesso è soggetto, mi risulta che, secondo quanto previsto dalla normativa generale, il documento di valutazione dei rischi sia un atto cognitivo che ricade sotto la diretta ed esclusiva responsabilità del datore di lavoro o comandante e che il controllo sulla sua adeguatezza venga esercitato in sede di ispezione da parte dell'organo di vigilanza che, nel caso rilevi insufficienze nella valutazione dei rischi o nella redazione dello stesso documento e nelle conseguenti misure adottate, eleva la prevista sanzione e impartisce le necessarie prescrizioni correttive.
  Venendo, invece, al tema delle cause di servizio del personale militare, è stato chiesto dall'onorevole Ivan Catalano e dall'onorevole Giulia Grillo quanti siano i militari che hanno avanzato domanda per il riconoscimento della causa di servizio, per quali patologie e quali siano i costi conseguenti.
  Inoltre, è stato chiesto dall'onorevole Gianluca Rizzo quali possano essere i motivi di discordanza fra i giudizi delle commissioni medico-ospedaliere e il comitato di verifica.
  In merito alla prima domanda, posso dirvi che la dottoressa Paolotti, nel corso della sua audizione del 9 marzo, ha riferito sul numero complessivo dei procedimenti relativi alle istanze presentate per ottenere l'attribuzione dello status di equiparato alle vittime del dovere e sui conseguenti benefici, suddivisi per appartenenza a ciascuna Forza armata e per tipologia di fattore espositivo e di infermità. La dottoressa ha fornito anche i dati percentuali sull'incidenza delle varie malattie neoplastiche.
  Ritengo, quindi, che al quesito sia stata fornita risposta dal titolare della competente articolazione del Segretariato generale. Nel caso in cui la Commissione ritenesse utile acquisire altri dati, suggerisco, pur rimanendo io stesso a completa disposizione, di valutare l'opportunità che ulteriori quesiti sulla tematica, previa definizione di parametri specifici, siano rivolti in prima persona alla dottoressa Paolotti che, essendo la diretta detentrice di tali informazioni, potrà assicurare piena collaborazione per fornire alla Commissione tutti i dati ritenuti utili.
  In relazione al secondo quesito circa l'ipotesi di un contrasto di giudizio tra i due organismi, va evidenziato che le loro valutazioni riguardano ambiti diversi.
  Le commissioni medico-ospedaliere – tematica già affrontata dal generale Tomao – effettuano, infatti, la diagnosi dell'infermità, comprensiva possibilmente anche del giudizio eziopatogenetico nonché del momento della conoscibilità della patologia, ed esprimono un giudizio sanitario sulla percentualizzazione dell'invalidità.
  Il Comitato di verifica per le cause di servizio, invece, accerta solo la sussistenza o meno del nesso causale, ossia la riconducibilità all'attività lavorativa delle cause che hanno provocato l'infermità.
  È innegabile che possa succedere che, effettuata la diagnosi dell'infermità da parte della commissione medico-ospedaliera, il Comitato si esprima negativamente sulla riconducibilità all'attività lavorativa e che il suo giudizio impedisca il riconoscimento della causa di servizio.
  Tuttavia, questa è un'evenienza possibile nel procedimento per riconoscimento dalla causa di servizio in generale che non credo sia possibile classificare come discordanza tra i loro giudizi, in quanto i citati organi si pronunciano in ordine a profili diversi della problematica: mentre è accertato che il soggetto è innegabilmente affetto dalle infermità, nondimeno si esclude che questa sia riconducibile ad un fatto di servizio.
  Su questo argomento vorrei aprire, però, una parentesi perché credo che sia uno dei nodi importanti dell'attività della Commissione.
  Di fatto, il rapporto fra lo Stato e il militare, cioè la persona chiamata ad operare in condizioni al di fuori della normale attività di lavoro, storicamente è sempre stato improntato su un patto: io ti chiedo di svolgere qualcosa che pone a rischio la tua Pag. 7vita e io ti garantisco che, se succede qualcosa, mi prenderò cura di te oppure onorerò le tue spoglie e mi prenderò cura della tua famiglia o di chi rimane. Questo è il patto che è essenziale perché garantisce quella fiducia necessaria.
  Ho analizzato la normativa e ho la percezione che ognuno applichi quanto richiesto. Tuttavia, effettivamente il livello di contenzioso presente è tale da dimostrare che qualcosa rischia di minare questa fiducia che è essenziale perché si producono due risultati. La fiducia è essenziale perché il militare è il garante della sicurezza dello Stato e perché si generano poi dei costi evidenti di contenziosi che devono essere sostenuti dallo Stato o da qualcuno.
  Io credo che, anche se tutto avvenisse secondo quanto previsto, sia appunto questo consesso che ho di fronte a dover individuare gli strumenti per superare le normative vigenti che possono generare questa situazione e individuare la quadratura del cerchio per garantire appunto questo patto, questa fiducia e la tutela del singolo, perché tale situazione riporta a quel dolore di cui parlavamo.
  Ecco perché io mi sono reso disponibile e perché credo in questa iniziativa che sto vedendo. Dobbiamo partecipare perché dobbiamo riportare questi rapporti alla giusta condizione. Non so se sono riuscito a spiegare chiaramente quello che volevo dire, però lo spero, perché è un aspetto importante. Credo che questa sia la funzione massima che possa avere solo una visione politica, che non è una visione puramente scientifica, ma una visione che trascende la semplice applicazione delle conoscenze scientifiche odierne.
  Ne è un esempio il passaggio della Commissione Costa quando è stato individuato il nesso di probabilità. Quello è stato un passaggio successivo che è andato al di là dell'aspetto scientifico puro, perché l'aspetto scientifico puro ragiona in termini di numeri, di dati e di conoscenze, mentre il Parlamento lo supera, con un discorso che appunto si allarga, comprendendo i grandi interessi dello Stato che devono essere tutelati e gli interessi del singolo.
  In tal senso, io mi rendo disponibile a collaborare con tutta la conoscenza di cui la mia organizzazione dispone perché si possa raggiungere questo risultato che nei fatti, oggi, non appare così evidente.
  Mi è stato chiesto – procedo con la lettura – da parte dell'onorevole Diego Zardini di fornire un approfondimento sull'argomento delle procedure di Green public procurement e in particolare di fare un raffronto tra la loro efficacia oggi rispetto al passato.
  Ho già accennato a come il Segretariato generale abbia avviato un'azione di stimolo e di coordinamento per le dipendenti articolazioni che si occupano di procurement, ivi incluso quello in materia di armamenti ove sussistano margini di flessibilità, al fine di verificare la possibilità di inserire criteri di qualificazione ambientale nell'attività di acquisizione di beni e servizi.
  Tali princìpi e criteri generali di qualificazione ambientale degli acquisti contenuti nel codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 163 del 12 aprile 2006 (in vari articoli), sono stati destinati dal piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione, adottato con il decreto interministeriale dell'11 aprile 2008 nonché dai singoli decreti emanati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che individuano, rispetto a specifiche categorie merceologiche che sono oggetto di appalto, i criteri ambientali minimi volti a qualificare l'acquisto lungo l'intero ciclo di vita del servizio o del prodotto.
  Da poco, è invece entrato in vigore l'articolo 68-bis del codice degli appalti, come introdotto dalla legge n. 221 del 28 dicembre 2015, cioè il cosiddetto «collegato ambientale», che prevede l'obbligo per le amministrazioni pubbliche di inserire, nelle specifiche tecniche, delle procedure di appalto di certi beni o servizi.
  È difficile, dunque, fare bilanci sull'efficacia della procedura in esame, in considerazione del fatto che il tempo in cui sono state sperimentate queste procedure non è molto, ma ritengo di poter dire che si tratti di princìpi sui quali, in questi anni, si è via Pag. 8via creata una crescente consapevolezza e un'attenzione nella Difesa.
  Lo testimonia la circolare SDM-L-015 del 2011, recante la direttiva ambientale della Difesa che, in ambito di Segretariato generale, ha trovato riscontro in numerose iniziative: la circolare del 2011 in materia di Green public procurement con riferimento agli acquisti nel settore tessile, arredi, illuminazione e strumenti informatici; la costituzione presso il Segretariato generale di un gruppo di lavoro per l'applicazione della direttiva SMD-L-015 nell'area tecnico-amministrativa; le linee guida adottate dal Segretariato generale della Difesa nel 2013 per il risparmio energetico; la riduzione e l'ottimizzazione dei consumi; l'efficientamento energetico degli edifici e degli impianti nell'area tecnico-amministrativa.
  A oggi, inoltre il Ministero della difesa ha sperimentato le procedure in questione nei seguenti ambiti.
  Innanzitutto, lo ha fatto con l'acquisto, nel 2012, di vetture da ricognizione per le quali è stato valorizzato il possesso della certificazione del rispetto dei requisiti, dettati dalla norma sui sistemi di gestione ambientale e indicati dallo standard internazionale ISO 14001.
  Poi, c'è stato l'acquisto di munizionamento cosiddetto «green», ossia di minor impatto ambientale e di maggior sicurezza dell'operatore durante il loro utilizzo, garantendo comunque le caratteristiche tecniche e le prestazioni richieste. Tale acquisizione è iniziata nel 2012 per alcuni calibri, mentre per altri siamo ancora in fase di collaudo.
  Per l'efficientamento energetico è stata creata nel 2015 una Struttura di Progetto energia che opera in coordinamento con l'articolazione del Segretariato generale competente in materia di lavori e genio militare. In particolare, oltre alla realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, sono stati posti in essere efficientamenti energetici in alcune caserme.
  Segnalo, inoltre, che, nel rispetto del decreto legislativo n. 192 del 19 agosto 2005 che impone a tutte le progettazioni di lavori il rispetto dei requisiti minimi sulle prestazioni energetiche, è stato realizzato, per esempio, il Comparto A di Centocelle che è in fase di elaborazione, in relazione alla recente entrata in vigore del citato «collegato ambientale». Inoltre, abbiamo realizzato una direttiva per fornire indicazioni operative a tutti gli operatori per implementare procedure di Green public procurement nel settore degli appalti dei lavori.
  Oltre a ciò, la Difesa da qualche anno è impegnata nel finanziamento di specifici progetti di ricerca, nell'ambito del piano nazionale della ricerca militare, relativi al settore delle bonifiche ambientali da metalli pesanti, metalloidi e sostanze radioattive, a quello dello smaltimento ecosostenibile del materiale bellico e a quello sopra citato del cosiddetto «munizionamento green», con i quali si cerca di fornire un apporto qualificato alla soluzione delle problematiche di impatto ambientale.
  Infine, sulla problematica delle bonifiche da amianto mi è stato richiesto un aggiornamento sullo stato di avanzamento delle bonifiche sulle unità navali dall'onorevole Donatella Duranti e una informazione specifica circa il fatto che, per tali bonifiche operate nei cantieri navali, ci siano dei protocolli e delle certificazioni dall'onorevole Paola Boldrini.
  Relativamente al primo quesito, confermo quanto accennato nel corso della precedente audizione circa il fatto che, per le unità navali, la bonifica da amianto, nonostante sia iniziata da tempo, non può considerarsi ancora conclusa e che, per quelle unità in cui vi sono ancora materiali contenenti amianto, lo stesso è stato mappato e messo in sicurezza da personale qualificato che effettua verifiche e controlli periodici, in attesa della sua rimozione.
  Premesso che la competente articolazione del Segretariato generale si occupa dell'affidamento a ditte private delle opere di bonifica, mentre la pianificazione delle attività, anche dal punto di vista finanziario, è devoluta alle Forze armate, il processo di stesura delle mappature sull'amianto, iniziato a partire dal 2007 e a cura del Registro italiano navale, ha interessato Pag. 9167 unità. Al 31 gennaio del 2016, le attività di bonifica hanno interessato complessivamente 145 unità navali.
  Al termine dell'attività di bonifica, è prevista, per ciascuna unità navale, la redazione di una mappatura in versione post bonifica che attesti le attività eseguite e fornisca indicazioni di materiali contenenti amianto potenzialmente residuo.
  In ogni caso e nell'ambito delle misure di prevenzione, le suddette unità sono sottoposte a verifiche periodiche dell'assenza di fibre di amianto nell'atmosfera di bordo, condotte secondo i previsti protocolli.
  Rispetto ai protocolli seguiti e alla certificazione richiesta per i lavori di bonifica nei cantieri navali, mi risulta che i servizi di bonifica siano affidati a ditte specializzate che operano in regime di qualità ISO 9001 del 2008 e ISO 14001 sul Sistema di gestione ambientale.
  Inoltre, mi risulta che le ditte affidatarie siano in possesso dell'iscrizione all'albo dei gestori ambientali della regione di appartenenza per la categoria 10 per le attività di cui alla lettera b), cioè di bonifica di beni contenenti amianto effettuata sui seguenti materiali: materiali d'attrito; materiali isolanti; pannelli; coppelle; carta, cartone eccetera; contenitori a pressione; apparecchiature fuori uso; altri materiali incoerenti contenenti amianto, di cui all'articolo 8 del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 406 del 28 aprile 1998 e alla deliberazione del Comitato nazionale dell'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti, in data 30 marzo 2004.
  Le specifiche tecniche di ogni contratto, sottoscritto dalla Difesa, impongono alle ditte aggiudicatrici di svolgere i servizi di bonifica nel rispetto delle vigenti norme in materia.
  Spero di aver fornito in questa mia esposizione sufficienti elementi di risposta ai quesiti che mi sono stati rivolti dalla Commissione e ribadisco comunque la mia piena disponibilità, come detto, a fornire ulteriori informazioni di specifico interesse.
  Concludo rinnovando il mio personale ringraziamento al Presidente e a tutti i membri della Commissione.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, signor generale.
  La relazione è stata sviluppata con il consueto rigore, anche se, permettendomi una battuta, mi verrebbe da dire che dà il meglio di sé quando parla a braccio perché l'inciso – potremmo definirlo così – che ha voluto offrirci, parlando a braccio, costituisce la vera essenza del rapporto che noi, come Commissione, intendiamo sviluppare con il Paese, con le Forze armate e più in generale con il Parlamento che ci ha delegati a svolgere questa funzione.
  Lei ha fatto molto bene a parlare della mancanza di fiducia che in molti ambiti si sta vivendo, fra la società civile e lo Stato. Ciò che accade è nella percezione dei sensi di tutti quanti noi, non solo degli osservatori addetti ai lavori, e talvolta assume dei connotati preoccupanti che credo lei abbia fatto molto bene in qualche modo a mettere in rilievo, anche perché, signor generale e graditi ospiti, le ultime audizioni sono state quasi un crescendo rossiniano di manifestazioni di particolare perfezione nell'assolvimento di determinati compiti.
  Questo non può che farci piacere, ma ci fa piacere fino a quando, come lei giustamente ci ha fatto osservare stamattina, non si impone, tuttavia, la necessità di cambiare le modalità, quindi di produrre atti normativi che regolino, diversamente da quanto accade ora, il tipo di rapporto all'interno delle Forze armate e complessivamente all'interno della erogazione dei servizi verso i cittadini. Stiamo parlando di quei cittadini lavoratori che hanno svolto o stanno svolgendo la loro attività presso le Forze armate.
  Il suo è un contributo che noi apprezziamo molto e per il quale la ringraziamo.
  Vorrei aggiungere, prima di dare la parola ai colleghi, naturalmente con la consueta libertà di poterci rispondere in altra sede, alcune osservazioni.
  Forse qualcuna di queste, in qualche modo, può essere stata assorbita dalla relazione che ha appena letto, ma altre sicuramente non lo sono state. Pag. 10
  Io poi le consegnerò questo elenco che farà parte integrante anche del verbale di questa riunione.
  Relativamente alla sicurezza del lavoro nelle Forze armate, quali sono gli atti formali con i quali viene individuato, nel contesto delle Forze armate, il datore di lavoro? Una volta individuato il datore di lavoro, egli dispone di autonomia gestionale e di spesa, ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 81 del 2008? Inoltre, se non possiede autonomia gestionale o di spesa, la figura del datore di lavoro nelle Forze armate coincide, dunque, con l'organo di vertice e quale è tale organo? Il datore di lavoro individuato nell'ambito delle Forze armate ha il potere di sospendere l'attività insicura, come previsto dalla normativa sopra richiamata, o deve chiedere autorizzazione in tal senso ai comandi superiori e, in tal caso, come vengono individuati?
  Sulla sorveglianza sanitaria nell'ambito delle Forze armate, vorrei sapere: chi la esercita? Chi sono i medici competenti e chi li designa?
  Sul servizio di prevenzione e protezione all'interno delle Forze armate e sulla figura del responsabile dello stesso, può dirmi come è organizzato tale servizio? Chi ne designa il responsabile e quali titoli deve possedere, ex articolo 32 del decreto legislativo n. 81 del 2008? Il soggetto che viene designato come responsabile ha compiti operativi?
  Sulla valutazione dei rischi, a chi spetta, all'interno delle Forze armate, l'elaborazione del relativo documento? Chi provvederà all'aggiornamento del documento di valutazione dei rischi, ex articolo 29 del già citato decreto legislativo?
  Sulla formazione dei lavoratori, può dirmi chi provvede a tale incombenza? Chi verifica l'apprendimento secondo un criterio di effettività?
  Circa i ruoli e gli incarichi che è punto già trattato, ma forse, alla luce di queste richieste, potrebbe anche essere implementato, qual è il ruolo del Segretario generale del Ministero della difesa, nell'ambito della prevenzione e della sicurezza sul lavoro nelle Forze armate?
  Nell'audizione del 3 marzo 2016, è stato riferito che il Segretario generale «fornisce direttive di indirizzo in materia di antinfortunistica e prevenzione sui luoghi di lavoro, medicina e igiene del lavoro, orientando gli organi che, nell'ambito delle Forze armate, sono deputati all'applicazione della normativa in materia, a eccezione dei profili sanitari di competenza dell'Ispettorato generale per la sanità militare».
  In merito, la mia domanda è: quale specificità hanno tali direttive? Inoltre, il datore di lavoro militare ha l'obbligo di attenersi a tali direttive? Chi provvede a elaborare e pubblicare tali direttive in materia di sicurezza? Quali direttive sono state emanate, in quali materie e quando?
  Considerato che, ai sensi dell'articolo 106, comma 1, lettera c) del D.P.R. n. 90 del 2000, il I reparto del Segretariato si occupa di antinfortunistica e prevenzione, quali misure di prevenzione antinfortunistiche e di tutela della salute dei militari italiani sono state prese per le missioni all'estero?
  Sull'elenco dei quesiti di interesse, quante ispezioni in materia di sicurezza sul lavoro sono state effettuate dal Segretariato generale? Quante sanzioni sono state irrogate, di quale tipo e per quali violazioni? Quante segnalazioni sono state fatte all'autorità giudiziaria e per quale tipo di violazioni? Le chiedo, preferibilmente, di classificarle per tipologia della situazione di rischio rilevata.
  Inoltre, a che punto sono le bonifiche sugli immobili della Difesa, quanto all'amianto, e quando sono cominciate? Esistono protocolli al fine di controllare gli stati di avanzamento? In caso affermativo, questa Commissione sarebbe interessata ad acquisire i relativi protocolli.
  Qual è la dipendenza disciplinare dei militari addetti agli ispettorati, per l'antinfortunistica e per la sicurezza nei luoghi di lavoro? Chi redige le loro note caratteristiche? Come si può assicurare o incrementare il loro di livello di autonomia?
  Quali sono e sono stati i rapporti e gli scambi di informazioni e di esperienze con i Paesi alleati per le problematiche della sicurezza e in particolare sull'amianto? Pag. 11Sono mai stati tenuti corsi presso la Scuola interforze per la difesa NBC circa l'uranio impoverito? Esistono pubblicazioni o manuali in tal senso e, se esistono, da quanto tempo?
  Sempre nella precedente audizione, il Segretario generale ha affermato che non gli risulta che siano mai stati acquistati per le Forze armate italiane armamenti contenenti uranio impoverito. Sulla base di quanto risulta al Segretariato, quali sono i componenti degli armamenti acquistati e in particolare quelli dei proiettili usati nelle missioni italiane all'estero e nei poligoni, con particolare riguardo alla possibile liberazione di sostanze patogene?
  Dalla documentazione acquisita nelle precedenti audizioni e da numerose sentenze, risulta che proiettili con uranio impoverito siano stati usati da Forze armate alleate per le missioni all'estero. Le autorità italiane ne furono informate e in quali tempi?
  A chi è demandato il controllo sulla corretta somministrazione dei vaccini? I nostri sistemi di protezione sono simili a quelli delle Forze armate alleate? Si conoscono i dati delle indagini e degli esami epidemiologici svolti dalle autorità militari dei Paesi alleati?
  Infine, avremmo piacere di poter ricevere l'elenco dei poligoni, quindi anche delle aree addestrative, con le relative mappe dei comuni confinanti e la tabella dei risarcimenti e delle compensazioni previste per le cause di servizio e per le patologie minori.
  Naturalmente resta inteso, signor generale, che nell'eventualità che qualcosa non ricadesse esattamente nell'ambito della sua giurisdizione, facciamo come abbiamo fatto in questa occasione.
  La ringrazio e do parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  CARLO MAGRASSI, Segretario generale del Ministero della difesa. Chiedo scusa. Nella mia introduzione, ho saltato alcune pagine, per cui, se mi è concesso, vorrei rispondere a una domanda fatta dall'onorevole Donatella Duranti, circa la difficoltà di riconoscere ai lavoratori civili della Difesa, che sono stati esposti all'amianto, i diritti previsti dalla normativa sulle vittime del dovere.
  A causa delle modifiche che sono intervenute negli anni alla normativa sulle cause di servizio, mi risulta in effetti che, in base alla legislazione vigente, tale riconoscimento appare possibile solo limitatamente a pochi casi specifici. In particolare, per l'attribuzione dello status di equiparato alle vittime del dovere, di cui all'articolo 1, comma 564, della legge n. 266 del 2005, a pubblici dipendenti che abbiano contratto infermità in occasione di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali, è necessario che le stesse siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali e operative.
  Pertanto, stante il fatto che per la stessa norma il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio è propedeutico all'attribuzione dello status di equiparato alle vittime del dovere, dopo l'entrata in vigore dell'articolo 6 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, che ha disposto l'abrogazione degli istituti dell'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio, del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata, con esclusione del personale del Comparto sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico, è risultato impossibile estendere tali benefici a tutti i dipendenti dello Stato non appartenenti al citato comparto.
  Su questo punto, la competente articolazione del Segretariato generale della Difesa ha interpellato, a suo tempo, la Presidenza del Consiglio dei ministri Dipartimento della funzione pubblica che, agli inizi del 2013, si è espresso negativamente sulla possibilità di estensione dei benefici.
  Successivamente, la questione è stata sottoposta al tavolo tecnico per l'attuazione della normativa delle vittime del dovere, di cui al D.P.C.M. del 22 dicembre 2008, che ha demandato alla Difesa di sottoporre la questione all'Avvocatura generale dello Stato. L'Avvocatura, nel condividere il parere espresso dal Dipartimento della funzione pubblica, ha lasciato però aperta la possibilità Pag. 12 di procedere all'accertamento della causa di servizio solo nei confronti di quei dipendenti per i quali la patologia sia stata criticamente riscontrata prima dell'entrata in vigore della legge n. 201 del 2011.
  Chiedo scusa di questa omissione.

  PRESIDENTE. Grazie, generale.
  Do la parola al collega Zardini.

  DIEGO ZARDINI. Grazie, presidente. Anch'io ringrazio il generale per la relazione molto dettagliata, anche in risposta alle domande che ho posto la volta scorsa.
  Penso di poter dire che alcune delle domande che ha inoltrato ora il presidente siano le domande che molti dei commissari hanno maturato non solo durante lo svolgimento della relazione che ci ha fatto la volta scorsa o in quella di oggi, ma anche alla luce delle ulteriori audizioni che abbiamo effettuato in queste settimane.
  Penso che le domande sottintendano sostanzialmente una volontà di comprendere l'effettività di una situazione che, allo stato odierno e in base alle audizioni che abbiamo ascoltato, appare estremamente efficiente, efficace e forse migliorativa rispetto al passato, quindi in particolare io mi soffermerei sull'importanza di una delle domande che ha fatto il presidente e che era venuta in mente anche a me.
  Questa domanda riguarda la presenza di eventuali sanzioni per chi ha ruoli di responsabilità, per esempio, nella redazione del documento di valutazione dei rischi e nell'adozione delle misure preventive.
  Uno dei temi cruciali, secondo l'opinione che mi sto formando insieme ai colleghi del Partito Democratico, è che il tema importante della vigilanza si incrocia con il tema della terzietà. Il tema della terzietà della vigilanza, per l'efficacia di tutto l'impianto, è essenziale.
  Sarebbe necessario comprendere anche se e quanto funziona il modello attraverso le sanzioni, e se questa effettività è riscontrabile anche nei fatti.
  È stato citato il decreto legislativo n. 81 del 2008 che è quello vigente in materia di sicurezza e salute sul lavoro, però noi sappiamo che alcuni scenari sono evidentemente antecedenti al 2008. In particolare, la normativa precedente era il decreto legislativo n. 662 del 1996, entrato in vigore il 1° gennaio 1997. Tuttavia, siamo in un periodo storico, prima del 1997, in cui alcuni scenari erano ulteriormente anteriori e dove, anche nel settore privato che io ho frequentato nella mia vita precedente a quella del parlamentare, vi era un grado di adempimento inferiore.
  Sarebbe interessante comprendere anche, se possibile, un excursus storico degli adempimenti, visto che tra l'altro l'articolo 3 del 1981 da lei citato ha forse innovato rispetto al comparto delle Forze armate, per quanto riguarda la normativa sulla sicurezza sul lavoro, perché la 626, se non ricordo male, era estremamente più blanda e la specialità delle Forze armate era ancora più rilevante rispetto alla generalità.
  Lo dico perché credo che il principio generale della sicurezza equivalente, anche per il comparto delle Forze armate, sia l'elemento essenziale per poter assolvere all'articolo 32 della Costituzione che è uno dei principi cardine che si è posta questa Commissione in questo mandato.
  Secondo me questi punti in aggiunta, se si vuole, all'elenco che ha fatto il Presidente possono essere gli elementi focali per poi attuare le modifiche normative rese palesi anche dal suo intervento di stamattina che abbiamo particolarmente apprezzato.

  EDMONDO CIRIELLI. Innanzitutto, io vorrei ringraziare il signor generale perché, secondo me, nella sua ampia e approfondita relazione ha colto un tema essenziale che deve caratterizzare anche la mission di questa Commissione.
  Il tema vero è che il problema appare soprattutto un problema di mancata assistenza e vicinanza ai militari, nella gestione delle vicende di salute conseguenti o a causa del servizio.
  Dico conseguenti o a causa del servizio perché – magari questo può sfuggire ad altri colleghi che hanno un'esperienza di vita diversa – il rischio è insito nell'attività militare o delle Forze dell'ordine.
  Faccio un esempio banale che, secondo me, può servire per capire: se un carabiniere Pag. 13 per fare un intervento urgente è costretto di notte a buttarsi in un torrente, si ammala e muore di polmonite, possiamo mai metterci a valutare se la polmonite colpisce con incidenza maggiore quella fascia di età di persone?
  È chiaro che la polmonite può prendere chiunque, però non chiunque sia costretto di notte d'inverno, magari sulle Alpi, per inseguire un delinquente o per salvare una persona, a buttarsi in un torrente, così come, nell'emergenza di uno scenario di guerra, il problema principale del rischio, visto che si parla molto di rischi, non è che tu sei esposto a sostanze patogene, ma che ti sparano o che arriva una granata e muori.
  La rapidità di scelta in situazioni drammatiche espone di per sé il militare, oltre al rischio primario che è quello di perdere la vita o di avere una menomazione per effetto diretto della sua prestazione di servizio, a tutta un'altra serie di vicende.
  Veniamo alle cause di cui parliamo, cioè per esposizione all'amianto o alle nanoparticelle. È evidente che i militari, soprattutto quelli che sono impegnati in scenari bellici, siano esposti ad ambienti insalubri, a prescindere dalla volontà dell'organizzazione, per cui non è che si possono trattare i rischi derivanti dal lavoro in un'acciaieria esattamente come si può affrontare l'esposizione ai rischi di un intervento in Afghanistan, dove magari il giorno prima è stato fatto un bombardamento a tappeto degli americani o di altri.
  Con questo nessuno vuole togliere le responsabilità a chi magari non attua tutte le misure necessarie, cosa che magari altre Forze armate hanno fatto meglio, oppure ha acquistato direttamente materiali consapevolmente pericolosi per la gestione della vita logistica o operativa delle Forze armate. Queste sono tutte responsabilità che vanno accertate, però io credo che, se noi pensiamo di burocratizzare ulteriormente e responsabilizzare ulteriormente la catena di comando per cercare delle responsabilità, non andiamo al cuore del problema. Il datore di lavoro militare non è come il datore di lavoro dell'ingegnere che garantisce la legge n. 626 nelle miniere perché sono cose diverse.
  Io credo che noi abbiamo dato, nelle altre legislature, già una prima risposta, pur non riconoscendo un nesso diretto tra i due fenomeni, e abbiamo detto che c'è una probabilità.
  Credo che la politica debba dare, grazie a questi suggerimenti, delle adeguate strumentazioni giuridiche, normative ed economiche per fare tante cose.
  Bisogna ovviamente valorizzare le responsabilità e accertarle sicuramente, con intelligenza e non solo allo scopo di scaricare una responsabilità dello Stato perché poi si dice che lo Stato se ne lava le mani e che la colpa è del generale che non ha adottato tutte le misure adeguate. Il militare rimane solo a morire in un lettino e a combattere con la Commissione medico-ospedaliera o, per fare la chemioterapia, si deve preoccupare di cercare il certificato medico oppure la dichiarazione e combattere con la burocrazia, mentre sta facendo già un altro combattimento. Peggio ancora, ci sono alcune regioni che, da un certo punto in poi, non gli consentono più di andare a fare la chemioterapia perché non si pagano più i privati, mancando i fondi. Quel militare che nel pubblico non la può fare e al quale nel privato non la garantiscono deve anche pagarsela.
  Penso che la struttura militare debba, per quello che può il Segretario generale specifico, individuare un percorso di accompagnamento totale dei militari che, direttamente o indirettamente, a causa del servizio si trovano esposti a situazioni patogene per la propria salute, a prescindere insomma dai dati specifici.
  La ringrazio molto. Non ho fatto tantissime domande, ma ho posto alcuni interrogativi un po’ a tutti, anche perché mi ritrovo su molte delle domande più tecniche fatte dal Presidente, però credo che, se non andiamo al cuore del problema, poi alla fine non raggiungeremo l'obiettivo che penso noi vogliamo raggiungere e che è quello di non lasciare soli i militari, come lei ha colto bene.

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  PRESIDENTE. Abbiamo ancora pochi minuti, quindi vi chiedo gentilmente di farne buon uso.

  IVAN CATALANO. Grazie, presidente. Vorrei fare delle domande in merito al medico competente, di cui all'articolo 257 nel D.P.R. n. 90 del 2010.
  Vorrei capire innanzitutto quali sono i limiti dell'autonomia piena del medico competente che il citato articolo, al comma 1, definisce, appunto nell'ambito militare, e quali sono gli atti normativi regolamentari con cui la Difesa ha definito questa autonomia piena, cioè se sono stati fatti dei regolamenti in questa direzione.
  Nell'ambito dei dati che il medico competente ha rispetto alla salute dei militari, che cosa contengono le cartelle sanitarie costruite dal medico competente e come sono determinate? I dati come sono determinati, cioè quali dati devono contenere queste cartelle? Come sono standardizzati i dati? Con quali atti normativi regolamentari la difesa ha stabilito come devono essere raccolti questi dati? Come vengono archiviati?
  Inoltre, dato che nella scorsa audizione ci è stato riferito dall'IGESAN che esiste un registro elettronico dei dati sanitari, vorrei capire se questi dati venivano archiviati nel registro elettronico dei dati sanitari.
  Nell'ambito dell'autonomia piena del medico competente, vorrei sapere che poteri ha il medico competente, in collaborazione col medico che sottopone al militare la profilassi vaccinale, rispetto a quest'ultimo nello stabilire se un militare può essere soggetto a un rischio dovuto alla sua anamnesi, per esempio, nella somministrazione di determinati vaccini. Vorrei sapere se il medico competente ha un potere o meno perché la legge dice che deve anche tenere conto dei rischi, quindi vorrei capire che poteri ha il medico competente rispetto a un medico che sottopone, secondo il protocollo, la profilassi vaccinale a un militare e chiaramente quali sono tutti gli atti normativi che regolano questo potere, se dovesse averlo.
  Le chiedo che interscambio di informazioni c'è tra i dati che il medico competente conserva e custodisce, secondo la tutela della privacy, e i dati che sono contenuti nel registro elettronico, rispetto ai dati sanitari del militare, e se c'è interoperabilità tra queste informazioni.
  Le chiedo anche se i due medici, cioè il medico competente e il medico che sottopone a profilassi sanitaria il militare, possono accedere in consultazione ai dati in possesso di entrambi.
  Inoltre, se questo non accade, vorrei sapere il perché e, se accade, come è stata definita, a livello di atto normativo e regolamento interno alla Difesa, questa possibilità. Chiaramente, se e quando risponderà a queste domande, dovrebbe fornirci anche gli allegati in riferimento agli atti normativi, per cui le chiediamo di allegarli alla risposta e non solo di citarli, così abbiamo già la documentazione senza doverla richiedere. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Abbiamo ancora tempo perché si dovrebbe votare alle 10, quindi do la parola agli altri colleghi iscritti.

  ROBERTO CAPELLI. Grazie, presidente. Non occuperò tutto il tempo da qui alle 10 ovviamente, anzi raccolgo il suo invito alla sintesi.
  Ringrazio il generale per la sua relazione, ma soprattutto per l'interlocuzione a latere della relazione.
  Io vorrei soffermarmi su quella, raccogliendo secondo me il suo invito e il suo appello, cioè dobbiamo mettervi nelle condizioni di rispettare quel patto, quindi fornire mezzi e condizioni perché quel patto venga sempre più rispettato e, se qualcosa è mancato nel passato, questa Commissione di merito ha l'obbligo di fare le dovute indagini e le analisi.
  Certo, a me – e credo a tutti noi – interessano molto le proposte perché quanto si è rotto in quel patto venga ricostituito, riagganciato e saldato e perché non possa avvenire nel prossimo futuro tale rottura.
  C'è poco da dire e da aggiungere alle domande formulate dal presidente. Vorrei fare solo una specificazione, andando a memoria. C'è una domanda in cui si dice «per quanto attiene l'uso dell'uranio impoverito, Pag. 15 anche da parte di Forze alleate nelle missioni» cui aggiungerei «l'uso dell'uranio impoverito anche da parte delle Forze alleate nei poligoni». Lo specifico perché nella precedente audizione si è detto che non sempre noi conosciamo quale tipo di armamenti vengono utilizzati dalle Forze alleate che prendono – per così dire – in fitto il poligono. Queste hanno anche l'obbligo delle bonifiche successive, ma non sappiamo come le fanno e a che livello vengono fatte, perciò integrerei, se il Presidente lo consente, questa precisazione.
  Inoltre, riguardo alle proposte, io solleciterei, magari in una fase successiva, che ci affiancaste nelle proposte. Le chiedo, per esempio, se non ritiene opportuno – provo a sintetizzare per la ristrettezza dei tempi – una correlazione molto più efficace e molto più pregnante tra sanità pubblica e sanità militare che credo possa portare a economie di scala, ma anche al supporto di maggiori e utili professionalità e all'integrazione di professionalità e di specialità tra gli operatori sanitari pubblici e gli operatori sanitari militari. Mi limito a questo rispettando le indicazioni del presidente. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, collega. Il generale, mentre lei parlava, ha avuto la cortesia di dirmi che la sua interpretazione è stata assolutamente corretta.

  GIANLUCA RIZZO. Ringrazio il generale Magrassi per l'ampia relazione e per le risposte che ci ha portato.
  Avrei uno spunto di riflessione, partendo dall'elenco delle domande interessantissime e ampie del presidente Scanu, tra l'altro in aggiunta a quanto detto dal collega che mi ha preceduto sui poligoni. Nelle precedenti Commissioni fu accertato che le ditte che affittavano i poligoni produssero delle autocertificazioni sui materiali bellici usati. Mi chiedo se è possibile averle. Credo di essere stato abbastanza breve e nei tempi.

  MARIA CHIARA CARROZZA. Grazie, generale. Io vorrei fare sono una domanda molto sintetica perché ho ascoltato la sua relazione e l'ho anche riletta, ma secondo me ci sono tre punti da approfondire.
  Innanzitutto, ci sono il tema della sicurezza sul lavoro e la questione del regime speciale che compete ai militari e, come lei ha detto, anche ai Vigili del fuoco e alla Polizia. Poi, c'è la sua giustificazione che condivido del fatto che occorre un regime speciale per i militari, per quello che riguarda la sicurezza sul lavoro.
  Tuttavia, la domanda che mi pongo è: come è organizzata questa sicurezza sul lavoro? Lo chiedo perché la sua descrizione è stata abbastanza generale, per cui credo che noi abbiamo necessità di avere maggiori dettagli. In effetti, pur esistendo una giustificazione sulla condizione particolare, è chiaro che, alla luce anche di quanto è avvenuto e di quanto discutiamo qui in questa Commissione, noi vorremmo sapere effettivamente per questo regime anche di controllo interno – e qui è il secondo punto – chi vigila sulla sicurezza sul lavoro. Inoltre, gli organismi di controllo devono essere tutti interni al Ministero della difesa oppure occorre anche affidarsi a un ente terzo per farlo?
  L'altro aspetto riguarda il Comitato per la prevenzione e il controllo delle malattie che poi è collegato alla sicurezza sul lavoro, cioè, nelle conseguenze di questo regime speciale e dell'esposizione e quindi sui militari, la prevenzione e il controllo che effettivamente queste norme siano sufficienti e che anche tutti i piani di rischio siano sufficienti a prevenire poi eventuali insorgenze di malattie che invece, adottando piani di rischi diversi o anche misure protettive diverse, possono essere evitate.
  Lo dico perché secondo me il nodo è appunto questo e si riferisce al patto che lei ha citato. Il punto è se il patto si è rotto perché poteva essere fatto qualcosa di più in certe circostanze e se il controllo soltanto interno può portare a rompere questo patto perché un organismo, come il Ministero della difesa, al tempo stesso assume tutti i ruoli, cioè il ruolo di prevenzione, quello di regolare la sicurezza sul lavoro e di verificare che questo sia effettivamente stato fatto nel modo più opportuno. Pag. 16
  Ci dobbiamo domandare, anche in funzione pro futuro e non soltanto guardando retrospettivamente a quello che è avvenuto, se non occorra modificare queste tre missioni inserite all'interno del Ministero della difesa e eventualmente identificare delle possibili modifiche da proporre al Parlamento. Non so se sono stata chiara.

  PRESIDENTE. L'orologio ci suggerisce di concludere qui.
  Vorrei ringraziare i colleghi per le domande particolarmente opportune ed efficaci che sono state poste e comunicarle, signor generale, che lei avrà il privilegio di tornare per una terza volta. Questa è una cosa che le fa onore perché non a tutti riconosciamo questo privilegio, quindi avrà la cortesia di organizzare, per come è possibile, le risposte per un futuro incontro che naturalmente faremo dopo Pasqua, quindi non le chiederemo di venire durante le brevi vacanze pasquali.
  Insieme a lei, per l'eccellente contributo che ha voluto offrirci, vorrei ringraziare anche tutti i signori che l'accompagnano.
  Vorrei ringraziare i magistrati che non ho nominato poco fa, ma lo faccio ora: i dottori Guariniello, Izzo, Mura, Nuccio, Dini e Papa. Ringrazio anche il nostro consulente, il dottor Strinati.
  Vorrei infine chiedere ai colleghi la cortesia di trattenersi solo due minuti per un Ufficio di presidenza.
  Prima di salutarla, visto che lei è generale dell'Aeronautica militare, le debbo dire che molti di noi, in questa Commissione, dopo alcune audizioni in cui forse l'autoreferenzialità è stata esercitata in maniera al limite della patologia, ci stavamo un pochino scoraggiando perché abbiamo pensato che forse non siamo stati capaci di rappresentare la nostra volontà che è quella di costruire assieme per poi fare nuove norme.
  Lei ci ha incoraggiati stamattina relativamente all'intesa perché, con quell'inciso a braccio che praticamente quasi tutti i colleghi hanno avuto la sensibilità di riprendere, ha fatto riprendere quota alle nostre aspettative riguardo a questa interlocuzione. Anche per questo, come premio, la faremo tornare una terza volta. Grazie.

  CARLO MAGRASSI, Segretario generale del Ministero della difesa. Grazie a tutti.

  PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.40.