XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti dell'utilizzo dell'uranio impoverito

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Mercoledì 2 marzo 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Scanu Gian Piero , Presidente ... 3 

Audizione del rappresentante di CONTRAMIANTO e altri rischi – Onlus, Luciano Carleo:
Scanu Gian Piero , Presidente ... 3 
Carleo Luciano , Rappresentante di CONTRAMIANTO e altri rischi-Onlus ... 3 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 9 
Zardini Diego (PD)  ... 9 
Boldrini Paola (PD)  ... 9 
Duranti Donatella (SI-SEL)  ... 10 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 10 
Carleo Luciano , Rappresentante di CONTRAMIANTO e altri rischi-Onlus ... 10 
Boldrini Paola (PD)  ... 11 
Carleo Luciano , Rappresentante di CONTRAMIANTO e altri rischi-Onlus ... 11 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 11 
Carleo Luciano , Rappresentante di CONTRAMIANTO e altri rischi-Onlus ... 12 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 12 
Carleo Luciano , Rappresentante di CONTRAMIANTO e altri rischi-Onlus ... 12 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 12 
Carleo Luciano , Rappresentante di CONTRAMIANTO e altri rischi-Onlus ... 12 
Scanu Gian Piero , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIAN PIERO SCANU

  La seduta comincia alle 8.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del rappresentante di CONTRAMIANTO e altri rischi – Onlus, Luciano Carleo.
  Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del rappresentante di CONTRAMIANTO e altri rischi – Onlus, Luciano Carleo.

  PRESIDENTE. Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta.
  L'associazione di volontariato CONTRAMIANTO e altri rischi ha chiesto di essere audita in questa sede per dare conto di alcuni esiti della propria attività, con riferimento al tema dei rischi derivanti dall'esposizione a diversi agenti patogeni, di cui l'amianto ha rappresentato e rappresenta un rilevante e preoccupante fattore. La finalità dell'associazione è quella dell'abolizione dell'amianto e degli agenti cancerogeni a cui non può essere attribuito valore limite, nonché la difesa dagli effetti sulle persone e sull'ambiente dei fattori di rischio.
  L'associazione non ha scopi di lucro e opera per il pieno rispetto e per la tutela della salute dei cittadini e dei lavoratori esposti all'amianto e alle sostanze cancerogene. Opera per l'assistenza sociale e sociosanitaria con l'esclusiva finalità di solidarietà sociale. Opera per la tutela dell'ambiente dall'amianto e dalle altre sostanze tossiche. In tale ambito promuove e sostiene l'informazione alla cittadinanza e le azioni di tutela sociale individuali e collettive, nonché l'individuazione e la denuncia dei prodotti cancerogeni.
  L'audizione odierna, secondo quanto comunicato preventivamente dalla stessa associazione, sarà volta ad approfondire casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale civile e militare della Marina militare impiegato negli arsenali, a bordo del naviglio militare e in altri enti e stabilimenti della Difesa, tutti esposti all'amianto, nonché del personale dell'industria privata impiegato in attività di cantieristica navale a bordo del naviglio militare, negli arsenali e in altri enti e stabilimenti della Difesa.
  Do, dunque, volentieri la parola al dottor Carleo perché possa svolgere la propria relazione. Prego, dottore.

  LUCIANO CARLEO, Rappresentante di CONTRAMIANTO e altri rischi-Onlus. Grazie, presidente. Grazie a tutti voi per quest'audizione, che ci offre l'occasione di entrare nella questione amianto e Marina militare, una questione della quale ci occupiamo da sedici anni a diretto contatto con i lavoratori nei luoghi di lavoro in cui questo pericoloso cancerogeno è stato utilizzato.
  Non entrerò nella questione specifica della sostanza, nota a tutti, i cui effetti cancerogeni sono devastanti per la salute. Il fatto che oggi si sia costituita una Pag. 4Commissione per far luce su questi eventi dannosi per il personale militare e civile della Difesa è certamente un segnale che indica che forse qualcosa nel sistema non ha funzionato, qualcosa che induce a dover fare chiarezza su eventi e questioni. Una di queste questioni è l'amianto.
  Per la nostra esperienza nell'ambito della Marina militare possiamo dire che negli arsenali e nel naviglio militare l'amianto è stato usato ed è stato usato in maniera significativa. Da quando si sapeva che l'amianto provocava gravi danni alla salute in Marina militare ? Per la nostra esperienza, si sapeva già dagli inizi del 1960. Una consapevolezza sugli effetti la ritroviamo in una lettera diretta a un lavoratore che andava in pensione, a cui stavano indicando un'onorificenza. Gli dicevano che già nel 1964 c'erano diversi casi di patologie asbestosiche all'arsenale di Taranto, anche mortali.
  Questa consapevolezza si ritrova anche nello studio del professor Ambrosi, di cui parleremo più diffusamente nel prosieguo dell'audizione, in cui emergono gli effetti di questa sostanza cancerogena ed emerge anche un'altra questione: gli esposti non erano soltanto coloro che maneggiavano direttamente l'amianto, ma anche gli operai che indirettamente venivano esposti a questa sostanza pericolosa. Si tratta, quindi, di esposizione diretta e di esposizione indiretta e lo si sapeva già dal 1960.
  Gli effetti che si sono manifestati sono nelle evidenze dei dati. Basterebbe il solo registro nazionale dei mesoteliomi. Nell'ultimo rapporto, il quinto rapporto, si contano 621 casi di mesotelioma nel settore della difesa militare.
  Mi riferisco ora ai dati nel nostro archivio, all'archivio dell'associazione, che abbiamo contato giorno per giorno sulle persone che si sono rivolte a noi e che ci hanno portato i loro casi, relativamente all'area prevalentemente di Taranto e dell'arsenale di Taranto. Abbiamo 191 casi di patologie asbesto correlate, delle quali 97 tumorali (di cui 55 casi di mesotelioma, per la gran parte pleurici) e 94 casi di patologie non tumorali, tipo asbestosi, placche pleuriche ed ispessimenti.
  Andando ad analizzare la questione nei vari usi di amianto all'interno della Marina militare, possiamo dire sicuramente che l'amianto era utilizzato in maniera ampia. Non poteva essere diversamente, perché l'amianto è una sostanza, dal punto di vista tecnico, estremamente importante per la difesa dal calore e veniva usato come isolante termico, o come insonorizzante. Questo uso lo vediamo ben codificato all'interno, per esempio, già del catalogo sulle guarnizioni del 1961.
  Abbiamo degli atti che dicono che ci sono dei grossi fornitori degli arsenali, come la SIA (Società italiana amianto), che già dal 1909 forniscono gli arsenali di grandi quantitativi di amianto. Questo amianto è stato poi abbondantemente rimosso. Troviamo questo nella risposta all'interrogazione parlamentare dell'allora Ministro della difesa Di Paola, secondo cui ancora nel 2012 vi erano 155 navi nelle quali vi era amianto. Il 20 per cento di queste sono state completamente bonificate e il 44 per cento parzialmente bonificate.
  Ci sono tutti i Piani di bonifica fatti successivamente, con un dispendio di milioni di euro per le bonifiche. Nei nostri atti, per esempio, compare nave Veneto, per la quale già nel 1993 l'ASL di Taranto aveva fatto dei piani di bonifica, con una rimozione di 60 tonnellate di amianto soltanto dalla nave Veneto.
  Secondo un conteggio grossolano dei piani di bonifica e secondo quello depositato nell'arsenale di Taranto nel periodo 1993-2005 sono state rimosse circa 600 tonnellate d'amianto. A La Spezia, secondo un lavoro fatto su 50 unità navali, nel periodo 1995-2000 risultano rimosse da queste navi circa 120 tonnellate di amianto. In questo caso abbiamo anche i luoghi e i posti in cui era stato trovato questo amianto. Non abbiamo, però, delle vere e proprie mappature, tanto che il Ministero della difesa nel 2007 commissiona al RINA la mappatura dell'amianto a bordo delle unità navali.
  Questa questione ci lascia un po’ sconcertati, perché il Ministero della difesa non è un datore di lavoro qualsiasi, ma è Pag. 5un organo che ha competenza tecnica, competenza scientifica e competenza sanitaria. Ha organi propri, che assolvono a tutte queste competenze, tant’è vero che oggi addirittura anche la vigilanza affidata agli SPESAL delle AASSLL è di competenza degli organi di vigilanza del Ministero della difesa. Per esempio, per la Marina è Marivigilanza che ottempera a questa funzione.
  Guariniello, l'ex procuratore di Torino – rimasi un po’ sconcertato da questo – in un suo intervento dice che controllore e controllato sono un po’ la stessa persona. È sempre in capo al Ministero. Noi, comunque, crediamo nel fatto che il Ministero ottemperi effettivamente a questo compito nel migliore dei modi. Chiaramente, non ci mettiamo una cattiva fede. Non potrebbe essere diversamente.
  Che cosa accade all'interno degli stabilimenti militari ? Che cosa accade a bordo delle navi militari ? Quali sono le questioni che emergono per gli effetti causati dall'amianto ? Ritornando allo studio del professor Ambrosi della facoltà di Medicina del lavoro dell'Università di Bari, nel 1968 la Marina militare, sentito il professor Ambrosi, sviluppa uno studio epidemiologico-statistico – dice il professor Ambrosi – sulle malattie causate dall'amianto all'interno degli arsenali. Si ha contezza soltanto di questo studio, perché questo studio è arrivato alla procura di Padova, mentre di uno studio analogo svolto per l'arsenale di La Spezia dall'Università di Genova in collaborazione con quella di Milano non si ha traccia.
  In questo studio che cosa si dice in maniera importante ? Il professor Ambrosi assicura alla Marina militare che gli esiti di questo studio saranno riservati e che di questo studio non dovranno essere informati né gli organi politici, né gli organi sindacali. Si tratta, quindi, di un problema di sanità – noi riteniamo che il problema della sorveglianza sanitaria del personale non sia un problema di difesa nazionale, ma un problema di tutela della salute – come di un problema di difesa nazionale, attribuendogli un'imposizione di riservatissimo e sostenendo di non dover diffondere queste informazioni né alle organizzazioni sindacali, né alle organizzazioni politiche.
  Noi riteniamo che questo sia un fatto grave, in quanto non essendo stati diffusi questi dati e, quindi, non essendo stata attribuita la relativa importanza a questi dati, non si è potuto fare poi un adeguato controllo sanitario del personale.
  Che cosa abbiamo all'indomani di questi dati ? Ero a Padova quando l'ispettore Negrisolo ha riferito di questi fatti il 21 gennaio proprio sulla sorveglianza sanitaria relativa all'arsenale della Marina militare di Taranto, citando l'intero documento che gli è pervenuto in procura.
  Che cosa si dice ? Questo progetto parte in maniera ampia, con il massimo coinvolgimento. Parliamo di uno stabilimento che nel periodo storico contava forse intorno agli 8.000 dipendenti. Vengono esaminati, però, soltanto 250 lavoratori, ossia un 5 per cento della forza lavoro. Di questi lavoratori 69, se non erro, manifestano una patologia possibile o probabile. Sono circa un quarto di questi lavoratori.
  Fra questi lavoratori, nei dati che ci sono riferiti dallo studio e che sono in nostro possesso, non compaiono, per esempio, i coibentatori. Si dice, inoltre – ritorniamo sulla questione – che non è soltanto chi maneggia amianto ad essere esposto, ma lo è anche chi non è direttamente esposto.
  Questo avveniva nel 1968. Che cosa succede dopo, o comunque durante ? Continuano ad essere introdotti grandi quantitativi di amianto all'interno dello stabilimento. Abbiamo il registro delle introduzioni alla giunta di iscrizione dell'arsenale in cui vengono forniti tutti i tipi di amianto: amianto in fogli, amianto in corda, amianto in telo, materassi di amianto e amianto blu, che è pericolosissimo per la salute, molto di più di quello bianco, e che ha effetti ancora più devastanti.
  Dove finisce questo amianto ? Questo amianto finisce in un magazzino amianto. Il magazzino è il 53. Ritengo che forse su questa questione ci si debba un attimo soffermare su quello che accadeva in quel Pag. 6momento al magazzino 53, con le parole di chi questa questione l'ha vissuta. Abbiamo raccolto le testimonianze dei lavoratori.
  Questo lavoratore attualmente non c’è più, perché è deceduto per mesotelioma pleurico nell'anno 2010, a 57 anni. Lui dice: «Voce 21: Quando ero al magazzino di materiali di coibentazione, avevo diretto contatto con l'amianto. All'inizio vi era prevalentemente amianto blu di tutti i tipi (fibretta, materassi, coppelle, nastri, corde e tessuti). Ricordo che, quando arrivavano i TIR e quando si scaricava all'interno del magazzino, tanta era la polvere che non si riusciva a vedere più niente. Il materiale accatastato in grande quantità veniva distribuito a tutti a bordo, all'arsenale e alle ditte».
  Bisogna dire che gli effetti di questo cancerogeno non si riscontrano soltanto nel personale militare o nel personale civile della Difesa, ma anche nei lavoratori delle ditte dell'indotto. C'era un ampio indotto di cantieristica navale che lavorava a Taranto, che lavorava in quegli stessi luoghi e che ha subìto quegli stessi devastanti danni alla salute.
  La dichiarazione che troviamo fatta dalla direzione dell'arsenale dice: «Dagli atti esistenti presso questo servizio risulta che l'operaio – si riferisce sempre alla voce che dicevamo prima – dall'1-6-1972 al 31-12-1984 ha avuto diretto contatto con materiali di amianto presso il deposito di amianto come addetto alla conservazione e distribuzione dello stesso sia ai reparti dell'amministrazione, sia alle ditte private».
  I dati che ho riferito rispetto alle patologie che si sono sviluppate non indicano che ci si sia ammalati di più in un gruppo di lavoratori che in un altro. I lavoratori sono variamente coinvolti. Ci sono tutti i profili professionali e tutte le mansioni svolte. Per tutti questi lavoratori qual era la sorveglianza sanitaria fatta ?
  Abbiamo fatto diverse decine, per non dire centinaia, di accessi agli atti e abbiamo visionato tutto il materiale relativo a questi lavoratori. Quello che emerge, almeno da questi atti, è che prima del 1970 sembra che non ci sia stata sorveglianza sanitaria. Non troviamo cartelle sanitarie. Dal 1970 troviamo una sorveglianza sanitaria fatta dall'ENPI, col medico del lavoro dell'ENPI. Ci risulta poi una sorveglianza sanitaria fatta dai medici militari.
  Con l'introduzione del decreto legislativo n. 626 e con la figura del medico competente questo compito non poteva essere più svolto dai medici del lavoro del Ministero della difesa, che – ricordiamo – ha competenza sanitaria propria. La legge n. 833 del 1978 sui Servizi sanitari nazionali ha lasciato fuori dai controlli sanitari il Ministero della difesa, che svolge tutti questi compiti con organi sanitari propri, perché, come ricordavo prima, aveva competenza su questa questione.
  Con l'introduzione, nel 1994, del decreto n. 626, non avendo i medici competenti, il Ministero della difesa affida questo compito a medici esterni competenti e del lavoro. Dopo un breve periodo di un primo medico, il secondo medico che viene rimane in carica per un lungo periodo, sino al 2008. Successivamente a quel periodo si costruisce in casa la figura del medico del lavoro e, quindi, si affidano le competenze ai medici militari, che sono tuttora coloro che svolgono quest'attività di sorveglianza sanitaria.
  Rispetto alla sorveglianza sanitaria quant’è la sorveglianza sanitaria che si è fatta all'interno dello stabilimento ? Abbiamo detto che inizialmente era stata svolta dall'ENPI. Poi intervengono a caduta gli altri medici, a vario titolo, militari e civili. Abbiamo un atto in cui si dice che su tutto il personale era stata svolta attività di sorveglianza sanitaria per esposti all'amianto, con RX e spirometria. Questo nel 2002.
  Dopodiché, però, viene istituita nel 2006 una Commissione che chiede chi sono gli ex esposti all'interno dello stabilimento. Non si riesce a capire se fossero tutti ex esposti, oppure se sia stato un modo di anticipare un po’ questi esiti.
  Per quanto riguarda il registro dei cancerogeni, la sua creazione è stata effettuata nello stabilimento decenni dopo Pag. 7rispetto all'istituzione per legge. La questione avrebbe dovuto essere affrontata in maniera tempestiva, ma così non è stato.
  Un altro elemento di cui non si è fatto subito uso è il libretto individuale sanitario e di rischio previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 146 del 1975. Nel 1975 si istituisce un libretto sanitario e di rischio per il personale pubblico. In questo libretto andavano annotati i rischi a cui il lavoratore veniva esposto e per cui veniva pagato. Veniva pagato, infatti, per determinati rischi per gruppi e per voci. In base a questi rischi e a queste voci si compilava questo libretto e il lavoratore era sottoposto ad un'attività di sorveglianza sanitaria.
  Fra le varie voci c'era anche il gruppo 4, voce 4: «prestazioni di lavoro che comportano un'esposizione diretta e continua a polveri industriali silicee e di amianto e loro composti e derivati».
  Il fatto che si lavorasse l'amianto e che il personale dovesse essere sottoposto a sorveglianza sanitaria dell'amianto è noto anche nelle schede compilate dall'ENPI, perché, oltre ai caratteri generali di rischio previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 1956, che valevano dappertutto, anche per il personale civile della Difesa, ci sono alcune schede, che ho messo anche nell'area documentale negli accessi, di sorveglianza sanitaria attuata per il rischio silicosi e asbestosi.
  Penso di aver fornito un quadro complessivo e generale di quella che può essere stata la questione amianto. Un ultimo punto che rimane, almeno per quanto riguarda sorveglianza ed ex esposti, è la questione dei dispositivi di protezione individuale, ossia le maschere di protezione.
  Nel decreto interministeriale del 10 luglio 1980 sugli indumenti protettivi antinfortunistici da lavoro per operai e dipendenti del Ministero della difesa non soltanto troviamo che alcune figure professionali non erano dotate di adeguati dispositivi di protezione, ma troviamo anche che molti dei DPI erano di amianto, tipo guanti, grembiuli e stivali. Tutto questo materiale ce lo siamo ritrovato, per esempio, in alcuni atti relativi all'arsenale di Brindisi sullo smaltimento dei materiali, in cui troviamo tutti questi indumenti: «17 paia di scarpe...». I numeri esatti non li ho di fronte e, quindi, non li posso citare, ma li ritroviamo pari pari.
  Non soltanto, quindi, non c’è stata un'adeguata difesa dalle polveri di amianto, in più ci possono essere state esposizioni aggiuntive provocate dagli indumenti protettivi di amianto. Chiaramente quello che diciamo è quanto risulta all'associazione dall'area documentale dell'associazione stessa. Vorremmo essere smentiti su questo, ma così non ci sembra.
  Ritornando sui DPI e sugli accessi fatti, anche in questo caso non ci risultano forniti DPI antecedenti al 1991, se non occasionalmente. I lavoratori che hanno vissuto nella loro esperienza questo dramma e che abbiamo sentito ci dicono che, qualora venivano distribuiti, venivano distribuite soltanto delle mascherine di carta. Torno a ripetere, per quanto riguarda il nostro archivio è così. Successivamente al 1990 risultano comunque forniti dei DPI. Non sistematicamente, ma risultano. Questa questione riteniamo sia stata abbastanza ampia.
  Vorrei fare un inciso per quanto riguarda la questione del personale militare. Per il personale militare, anche sulla questione dell'insorgenza di patologie, forse c’è un aspetto che potrebbe essere concausa di queste patologie. Mi riferisco all'utilizzo e all'uso di alcol e di sigarette nel Corpo. Questi due elementi venivano forniti normalmente, come razioni, da parte del Ministero della difesa, che non favoriva la dissuasione né dall'alcol, né dal fumo di sigaretta. Anzi, più si stava in navigazione, più razioni si ricevevano.
  Questo potrebbe essere anche un elemento aggiuntivo, specialmente quando ci troviamo di fronte del personale esposto non soltanto ad amianto, come i motoristi navali, ma anche a IPA derivanti da idrocarburi di nafte e benzine. Sconfiniamo un po’ dalla questione amianto, ma non si possono escludere effetti moltiplicativi con l'amianto nell'insorgenza delle patologie.Pag. 8
  C’è un'altra questione, almeno per quanto riguarda il nostro archivio, che pure riteniamo possa essere mancante di molte parti. Per esempio, ai 55 casi di mesotelioma dovrebbero corrispondere 150 casi di cancro polmonare e, invece, questi casi non li troviamo. Non li troviamo così diffusi. Si dice che solitamente nello stesso ambito di esposizione ad un caso di mesotelioma corrispondano tre casi di cancro polmonare. Noi ne abbiamo di meno. Lo stesso vale anche per altre patologie di tipo renale, delle quali un recente studio dell'Istituto Ramazzini di Bologna, che abbiamo citato, rende l'evidenza. Si parla non soltanto di mesotelioma, non soltanto di cancro della laringe e dell'ovaio, ma anche di cancro ai reni ed alla vescica.
  Un'ultima questione che vorremmo portare all'attenzione è quella delle esposizioni dei familiari. Con riferimenti a quel famoso materassaio del 1964 morto successivamente negli anni Settanta di asbestosi pleurica, la figlia nel 2008 è morta di mesotelioma pleurico.
  Abbiamo un ulteriore caso segnalato dal RENAM-COR Puglia relativo al figlio di un elettricista dell'arsenale della Marina militare di Taranto.
  Nei nostri archivi compare anche un caso di ispessimento pleurico in una signora vivente il cui marito ha fatto il saldatore, anche lui affetto da fibrosi polmonare derivante dall'esposizione all'amianto. La signora ha fatto lavoro scolastico. Non ha avuto esposizione, o almeno non sono note esposizioni aggiuntive, come neanche per la figlia del materassaio.
  C’è anche un altro caso, sempre in una signora moglie di un operaio morto di cancro polmonare per esposizione all'amianto, che ha avuto un cancro all'ovaio e c’è un caso di una signora deceduta di neoplasia pleurica con il marito carpentiere in ferro deceduto di cancro polmonare.
  Riteniamo che questo quadro possa essere significativo delle lesioni subite dal personale. Questo personale era stato reso edotto degli eventuali rischi ? A noi non risulta. Risulta reso edotto solo dal 2002 con corsi fatti da Civilscuoladife sui rischi provenienti da agente cancerogeno amianto su un'attività.
  In precedenza la procura di Taranto, che si era occupata di un caso di decesso di un congegnatore meccanico esposto all'amianto, aveva concluso, su attestazioni della direzione dell'arsenale, che non erano state fornite né informazioni né DPI, né il soggetto era stato sottoposto a sorveglianza sanitaria: questo non lo dice lo SPESAL, ma la stessa Direzione dell'arsenale.
  Veramente per concludere – impiego due minuti, presidente, davvero – mi soffermo sulle questioni dei diritti previdenziali degli esposti. Abbiamo un alto contenzioso in atto per la questione delle vittime del dovere. Ormai in copia/incolla il comitato di verifica delle cause per le vittime del dovere indica per il personale civile il fatto che non sia stato in missione.
  Già nel 2013 abbiamo portato all'attenzione del Ministero della difesa – abbiamo fatto anche un incontro a Roma – 23 casi in cui chiediamo di spiegarci come mai ad alcuni sia stato concesso il diritto e ad altri no. Ci sono casi perfettamente sovrapponibili e non ci sembra esistano queste differenze. Secondo me, questo punto andrebbe chiarito, e andrebbe chiarito prima di istituire un procedimento. Perché me lo dici, alla fine, se il discrimine è quello ?
  Un'altra questione che riteniamo ancora più grande è il fatto della causa di servizio. Per il diritto alle vittime del dovere c’è la necessità di avere la causa di servizio. Noi lo diciamo, ma è stato chiarito anche con un'interrogazione parlamentare che la causa di servizio è la procedura di causa di servizio per avere il diritto di vittime del dovere, non la causa di servizio in se stessa. Si tratta di un diritto che con la legge Monti del 2011 i pubblici dipendenti non hanno. Si creerebbe così una differenza fra il personale in servizio nel 2011 e quello che è andato via prima.
  Grazie.

Pag. 9

  PRESIDENTE. Grazie a lei, dottor Carleo. La sua relazione è stata estremamente interessante. Sono convinto che ci impegnerà ben oltre la seduta odierna.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DIEGO ZARDINI. Grazie, presidente. Anch'io ringrazio per questa relazione davvero molto interessante, dettagliata e – mi viene da dire – calzante rispetto anche ad alcune delle linee programmatiche che questa Commissione si era posta qualche settimana fa. Convince ancor di più che una delle missioni che dobbiamo cercare di perseguire sia quella di concretizzare anche per il personale militare l'articolo 32 della Costituzione.
  L'abbiamo già detto fra di noi. Emerge con chiarezza come anche in questo comparto, così come, in realtà, purtroppo, in tanti altri comparti nel privato, le normative già avanzate che c'erano negli anni Cinquanta (la n. 303 e la n. 547) siano rimaste, per lo più, lettera morta fino alle prime direttive comunitarie e, quindi, poi alle leggi di attuazione degli anni Novanta.
  Fino a quel periodo, purtroppo, in precedenza c’è stata una lacunosa attuazione pratica e concreta, dall'informazione, alla formazione, alla tutela con ausilio dei Dispositivi di protezione individuale, fino a una sorveglianza sanitaria assolutamente superficiale e a una registrazione della stessa altrettanto lacunosa.
  Uno degli obiettivi che abbiamo è proprio quello di immaginare anche qualche riforma normativa che consenta una parificazione di tutti i lavoratori del pubblico e del privato e anche di un settore particolare e speciale come può essere quello militare. Credo che il vero compito, oltre che fare chiarezza, che è essenziale, e approfondire le sollecitazioni che ci sono arrivate stamattina, che è essenziale per fare un quadro chiaro, sia quello per cui alcuni degli spunti che abbiamo ricevuto saranno elaborati e analizzati anche con alcuni dei nostri consulenti, che sono stati scelti e individuati appositamente per questo obiettivo. Da questo punto di vista penso che almeno una parte di noi che è disponibile sia opportuno che lavori in questo senso.

  PAOLA BOLDRINI. Anch'io ringrazio il dottor Carleo per questa esposizione. Mi ricollego, ovviamente, a quanto ha detto il collega Zardini perché effettivamente il tema dell'amianto è risalito agli onori della cronaca in maniera così pressante grazie alle associazioni, devo dire. È accaduto grazie alla sua associazione, ma penso anche ad altre associazioni che si sono fatte carico di mettere al corrente le Istituzioni che hanno usato amianto nel tempo. Ho visto anche i servizi. Sembrava di aver scoperto chissà che. Poi alla fine ci siamo accorti che abbiamo utilizzato materiali che, invece, sono dannosi oltremodo.
  La mia domanda, in particolare – ha già detto il collega Zardini – era questa: poiché l'associazione ha riscontrato che i casi di mesotelioma sono inseriti anche nel registro dei mesoteliomi, mi faceva piacere sapere come arrivavano i dati dal punto di vista dell'ambito militare. Poiché esiste un registro nazionale che ha tutto un suo organigramma perché arrivino i dati, volevo capire se mi sa dire come potevano essere inviati questi dati anche dal punto di vista militare. C’è proprio una distinzione.
  Peraltro, come diceva, esiste la difficoltà di fare individuare il tema che i danni possano derivare da attività di servizio, ossia militare, e soprattutto mi preoccupano anche i dati indiretti che arrivano da un lavoro più civile. Penso ai lavoratori dei magazzini, che non sono direttamente esposti durante il lavoro di servizio proprio militare.
  L'ultima domanda riguarda la mappatura. Ho visto che ci sono – forse di questo la nostra Commissione si occuperà in seguito – le mappature delle navi che sono state bonificate e di quelle che sono ancora in corso di bonifica. Vorrei sapere, se hanno già contezza – ho visto l'interrogazione del 2012 – se nel frattempo hanno avuto altri dati rispetto al continuo della bonifica delle navi.
  Grazie.

Pag. 10

  DONATELLA DURANTI. Anch'io voglio ringraziare il dottor Carleo, di cui conosco l'impegno profuso in tutti questi anni, ossia l'impegno dell'associazione che oggi qui rappresenta. Alcune cose sono state già dette dal collega Zardini e dalla collega Boldrini.
  Nella lettura della relazione, ovviamente, l'associazione Contramianto ci chiede di estendere l'attenzione anche all'evidenza dell'uso di amianto nei mezzi aerei e terrestri. In particolare, l'associazione si è occupata della presenza di amianto negli arsenali della Marina militare e a bordo delle unità navali, ma sappiamo che l'uso dell'amianto era effettuato anche all'interno dei mezzi aerei e terrestri, dell'Aeronautica e dell'Esercito. Proprio per ricollegarmi alle cose che diceva il collega in precedenza, abbiamo la necessità di concretizzare l'articolo 32 in riferimento ai militari.
  Per quello che riguarda le questioni che sono state poste, intanto come Commissione faremo uno studio approfondito in riferimento a questo tema ed anche al fatto che ci sono alcune questioni che ci vengono segnalate oggi, ma che conoscevamo, che sono risolte, a cominciare dall'applicazione della normativa per il riconoscimento di vittime del dovere alla procedura – anch'io sono molto d'accordo – delle cause di servizio. Altrimenti faremmo una doppia ingiustizia in riferimento ai lavoratori pubblici ai quali si applicava la precedente normativa sulle cause di servizio.
  È necessario fare un approfondimento anche sulle linee guida in riferimento alla sorveglianza sanitaria a cura del Ministero della difesa di Marivigilanza, mi permetto di dire anche in riferimento alle risorse assegnate a questo ente.
  C’è un passaggio nella relazione in cui si fa riferimento anche ai processi penali, alla loro durata e, quindi, anche alla prescrizione. Penso che anche qui dovremmo fare una riflessione in riferimento ai tempi di prescrizione, perché generalmente questi processi sono molto utili.
  Per chiudere, penso che la Commissione, come diceva il presidente, dovrà tornare su questa evidenza rispetto alla tematica in ambito difesa dell'amianto. Alcune riforme normative le possiamo proporre.
  Inoltre, penso che, per esempio, tra i soggetti da audire nel prosieguo della nostra attività potremmo inserire anche Marivigilanza per comprendere un po’ meglio, non solo dal punto di vista della sorveglianza sanitaria degli esposti all'amianto e degli ex esposti all'amianto, anche tutta la tematica delle bonifiche.
  Nel ringraziare nuovamente il dottor Carleo, penso di poter dire a nome di tutta la Commissione che il nostro impegno da questo punto di vista sarà importante. Credo che dovremo anche organizzare delle visite specifiche ad altri arsenali, perché nella relazione si fa riferimento anche ad Augusta e a La Spezia. L'ambito va esteso, oltre che all'arsenale di Taranto, anche agli altri arsenali del nostro Ministero.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, collega. Se non ci sono altri interventi, sentiamo il dottore. Poi vorrei porle io qualche quesito molto breve e semplice.
  Do la parola al dottor Carleo per la replica.

  LUCIANO CARLEO, Rappresentante di CONTRAMIANTO e altri rischi-Onlus. Sulla questione RENAM, che diceva l'onorevole Boldrini, sulla questione dei dati RENAM e di come arrivavano nel flusso informativo, abbiamo il RENAM nazionale e poi ci sono i COR, i Centri operativi regionali. Ogni COR è organizzato in maniera propria.
  Attualmente questa è una questione non più indipendente. Mentre prima i RENAM facevano parte dell'ISPESL, con l'abolizione dell'ISPESL sono andati a finire tutti sotto INAIL. Anche in quel caso un istituto assicuratore che avrebbe dovuto svolgere soltanto compiti assicurativi, svolge anche compiti di controllo. Dunque, è la stessa assicurazione che quantifica il danno, cosa cui invece inizialmente nella n. 833 erano deputate le AASSLL. Le Pag. 11AASSLL avrebbero dovuto avere questo compito, mentre attualmente l'ISPESL accentra anche il registro dei mesoteliomi.
  Comunque, tutti i flussi informativi, al di là che si tratti di personale militare o civile, arrivano anche dagli ospedali e dalle AASSLL, indipendentemente dalle denunce di malattie professionali INAIL. Oltretutto, i medici che avrebbero l'obbligo di denunciare le malattie professionali nella grandissima parte dei casi non le denunciano, con un grosso danno per i lavoratori, per le vittime, e per gli eredi, perché, non denunciando la malattia professionale, a quel punto non possono avere i diritti.
  Non so se ho risposto su quella richiesta.

  PAOLA BOLDRINI. Vorrei una precisazione. Quali medici non denunciano le malattie professionali ? È importante, perché ha parlato di AASSLL.

  LUCIANO CARLEO, Rappresentante di CONTRAMIANTO e altri rischi-Onlus. Indistintamente. Penso che sia una questione proprio professionale. Un oncologo che visita un paziente e gli trova un mesotelioma difficilmente ci è capitato che abbia denunciato anche la malattia professionale, perché probabilmente si occupa della malattia. Anche se c’è l'obbligo della denuncia di malattia professionale e c’è anche l'obbligo di segnalazione agli SPESAL e, casomai, per danni alle procure, questa situazione a noi risulta che piuttosto frequentemente non venga segnalata.
  Per esempio, con riferimento ai casi che abbiamo trattato su Taranto, c’è stato un periodo in cui venivano segnalati agli SPESAL due o tre casi. Poi, a un certo, gli SPESAL non hanno avuto più segnalazioni da parte dei medici, al di là dell'interessamento che ci può essere stato da parte della procura.
  Attualmente, se una persona si ammala in Marina militare – parliamo di personale civile, ma anche del personale militare – e la procura avvia una procedura di polizia giudiziaria di inchiesta, chi svolge quest'attività non è l'ASL, ossia non è lo SPESAL dell'ASL, ma è Marivigilanza, lo stesso organo interno. Al di là del fatto che siamo sicuri che l'organo si comporti in maniera adeguata e professionale per quelli che sono gli obblighi di legge, questo risulta un fatto piuttosto strano. È strano che lo faccia l'organo interno, oltretutto gerarchicamente sottoposto, perché a capo di Marivigilanza c’è un comandante di grado inferiore a quello che potrebbe essere un ammiraglio.

  PRESIDENTE. Intanto grazie per le risposte che ha voluto fornirci. Vorrei fare brevemente qualche considerazione e, nel contempo, invitare, se fosse possibile, i colleghi che fanno parte dell'Ufficio di presidenza – praticamente quasi tutti – a volersi trattenere qualche minuto per una comunicazione di servizio, potremmo dire sull'ordine dei lavori.
  Il dottor Carleo oggi ci ha consentito di entrare nel vivo di uno dei pilastri dell'attività che dobbiamo svolgere come Commissione. Certamente non da noi, che ne facciamo parte, ma da gran parte della stessa comunità politica la nostra Commissione d'inchiesta viene considerata impegnata esclusivamente nell'ambito dell'uranio impoverito. Viceversa, quello dell'amianto è un filone assolutamente pertinente con il nostro lavoro. La relazione che ha svolto stamane il dottor Carleo ce ne ha dato un'evidentissima dimostrazione.
  La relazione ci ha permesso anche – in maniera vivissima, mi verrebbe da dire – di tornare su un problema che è di carattere procedimentale, ma che poi di fatto diventa di merito. È quello della commistione di ruoli fra controllore e controllato. Senza azzardare giudizi di carattere particolarmente impegnativo e gravoso sul lavoro svolto, è evidente che l'amministrazione della Difesa svolge, in una logica di autoreferenzialità, entrambi i ruoli ed è altrettanto evidente – questo ovviamente vale per tutta l'attività – che una condizione di questo tipo non può permanere. Non può permanere perché l'azione di prevenzione, ma anche di deterrenza, si deve sviluppare a trecentosessanta Pag. 12gradi e ha proprio nelle modalità di controllo, di verifica e di vigilanza uno dei propri punti di forza.
  Grazie infinite, quindi, dottore, per questa importante relazione e testimonianza. Credo che presto, magari in contesti diversi, forse un po’ più operativi e più dedicati, le chiederemo di tornare. Intanto però vorrei acquisire la sua disponibilità relativamente all'archivio che ha più volte citato. Immagino che si tratti di un archivio estremamente ricco. Le chiedo se avesse piacere di metterci questo archivio a disposizione, nell'eventualità in cui dovessimo ritenere di approfondire alcuni aspetti, soprattutto dal punto di vista statistico.
  La ricostruzione che ha fatto stamane è stata talmente di dettaglio e talmente ricca di riferimenti e di rimandi anche alla disponibilità che è nel vostro archivio che non possiamo non averne preso conoscenza e, conseguentemente, non possiamo non approfondire alcune cose che ci ha riferito. Mi vuole gentilmente dare una risposta seduta stante ?

  LUCIANO CARLEO, Rappresentante di CONTRAMIANTO e altri rischi-Onlus. Abbiamo portato la documentazione riferita sugli allegati. L'abbiamo sia su supporto cartaceo, sia su file, per una più facile lettura.

  PRESIDENTE. Questo è già acquisito. Ce lo studiamo.

  LUCIANO CARLEO, Rappresentante di CONTRAMIANTO e altri rischi-Onlus. Per il resto, abbiamo sicuramente disponibile tutta l'area documentale, perché l'abbiamo già prodotta alla procura di Padova su questa questione. Abbiamo sia i casi, sia l'area documentale. Quel materiale è già definito. Sono 104 i casi.

  PRESIDENTE. Comunque, ci sta assicurando la sua disponibilità.

  LUCIANO CARLEO, Rappresentante di CONTRAMIANTO e altri rischi-Onlus. È chiaro. Vi assicuro il massimo della disponibilità e vi ringrazio, anzi, di averci fatto questa richiesta. I documenti servono e sono finalizzati a quello che può essere il loro utilizzo.
  Comunque, presidente, se possibile, le vorrei dire alcune cose in sede riservata.

  PRESIDENTE. È assolutamente possibile. Adesso segretiamo i lavori e procediamo.

  I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica.

  PRESIDENTE. Ringraziando il nostro ospite, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.38.