XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate

Resoconto stenografico



Seduta n. 99 di Mercoledì 20 dicembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Gelli Federico , Presidente ... 3 

Esame dello schema di relazione sul sistema di protezione e di accoglienza dei richiedenti asilo (relatore: on. Beni) (Esame e approvazione):
Gelli Federico , Presidente ... 3 
Beni Paolo (PD) , relatore ... 4 
Gelli Federico , Presidente ... 7 
Rondini Marco (LNA)  ... 7 
Lorefice Marialucia (M5S)  ... 8 
Carnevali Elena (PD)  ... 9 
Gelli Federico , Presidente ... 10 
Beni Paolo (PD) , relatore ... 10 
Guerini Giuseppe (PD)  ... 11 
Rondini Marco (LNA)  ... 11 
Guerini Giuseppe (PD)  ... 11 
Gelli Federico , Presidente ... 12 
Beni Paolo (PD) , relatore ... 12 
Gelli Federico , Presidente ... 12 

ALLEGATO 1: (Schema di relazione sul sistema di protezione e di accoglienza) ... 13

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FEDERICO GELLI

  La seduta comincia alle 15.05.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che della presente seduta sarà redatto un resoconto stenografico e che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Esame dello schema di relazione sul sistema di protezione e di accoglienza dei richiedenti asilo (relatore: on. Paolo Beni)

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame dello schema di relazione sul sistema di protezione e di accoglienza dei richiedenti asilo, di cui è relatore il collega Beni.
  Voglio ricordarvi che questa relazione è il frutto sostanzialmente di un insieme di lavori elaborati negli ultimi mesi, con particolare riferimento all'importante integrazione portata avanti dai nostri collaboratori sul monitoraggio legato al sistema di raccolta informatizzata predisposto, che ha dato anche riscontri molto interessanti, anzi direi «inediti», come penso confermerà sicuramente il collega Beni.
  Ringrazio tutti i nostri collaboratori per questo lavoro importantissimo fatto perché, nell'arco di pochi mesi, abbiamo raccolto dati e informazioni che, forse, non ha nemmeno il Ministero dell'interno, per il dettaglio e per le specifiche inserite, che spero potranno essere un utile strumento per il nostro lavoro, ma anche eventualmente per una valutazione successiva, ognuno all'interno delle proprie realtà e dei propri schieramenti politici.
  La prima relazione che vi sottoponiamo oggi è stata elaborata dal collega Beni, grazie anche ai nostri collaboratori, ed è la prima delle ultime due relazioni della nostra Commissione, mentre la seconda relazione è lo schema di relazione sulla rilevazione e sulla gestione dei dati relativi al fenomeno migratorio, di cui è relatore il collega Fontana – che oggi non può essere qui, perché, in contemporanea, c'è l'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati. L'onorevole Fontana si è impegnato a partecipare alla nostra seconda seduta, quella di domani mattina alle 8.45, per approvare anche la sua relazione, che presenteremo appunto domani e che è una relazione meramente tecnica sugli aspetti dei dati informativi rispetto al fenomeno migratorio.
  Nello schema di relazione in distribuzione, rispetto alla versione trasmessa via mail, sono state apportate solo modifiche di natura non sostanziale. Le tabelle e i commenti alle tabelle sono stati, infatti, corretti a seguito della trasmissione dei dati della prefettura che ancora non aveva provveduto a inviarli, ma sostanzialmente le informazioni non cambieranno di molto. Pertanto, i dati esposti sono relativi all'intero territorio nazionale e questo è veramente un dato importante. Lo dico perché spesso siamo stati accusati di avere un ruolo marginale rispetto a questo monitoraggio, ma ritengo che, negli ultimi mesi, il lavoro di raccolta informativa sia stato veramente utile e particolarmente importante. Pag. 4
  Avverto altresì che non sono state presentate proposte emendative. L'onorevole Lorefice ha, tuttavia, trasmesso alcuni commenti di natura discorsiva, che sono stati forniti al relatore. Recependo una delle indicazioni, è stato aggiunto, lo scorso 18 dicembre, un paragrafo di aggiornamento sull'approvazione definitiva per il decreto correttivo del decreto legislativo n. 142 del 2015. Si tratta quindi di una sola modifica di natura non tecnica.
  Cedo pertanto la parola all'onorevole Beni, coordinatore del gruppo di lavoro incaricato di predisporre la bozza di relazione sul sistema di accoglienza dei richiedenti asilo, per una sua breve illustrazione. Grazie.

  PAOLO BENI, relatore. Grazie, presidente. Cercherò di restituire in maniera sintetica il contenuto di questa relazione, che, come avete visto, è molto ampia, anche come numero di pagine, e che, a differenza delle altre fin qui prodotte sugli hotspot, sui minori non accompagnati, sulla tutela sanitaria o di quella sulla raccolta dati che vedremo domani, spazia sull'intero fenomeno delle migrazioni forzate verso il nostro Paese e delle politiche di accoglienza, che, in conseguenza di ciò, vengono allestite.
  Abbiamo cercato di offrire una visione complessiva del tema dell'asilo dal punto di vista storico-giuridico e delle misure concrete con cui è stato affrontato in Italia, quindi abbiamo provato a mettere a fuoco alcuni aspetti specifici oggetto dell'indagine della Commissione e, infine, esposto alcuni elementi di valutazione e di proposta nella parte conclusiva.
  Vi riassumo brevemente il contenuto della relazione.
  La prima parte è dedicata alla ricostruzione cronologica delle basi giuridiche della disciplina sull'asilo, per come si è evoluta sia in Italia sia in Europa, a partire dalle nozioni stesse di rifugiato e di asilo contenute nella Costituzione italiana e nella Convenzione di Ginevra, da cui il susseguirsi di leggi, dalla prima strutturata del 1989, ossia la legge Martelli, alla c.d. legge Puglia, alla Turco-Napolitano e alla Bossi-Fini del 2002, che ha modificato il testo unico sull'immigrazione, fino all'evoluzione delle norme europee, con il primo regolamento di Dublino del 1990, che attuava la Convenzione di Ginevra, poi Maastricht, Tampere, Dublino II e Dublino III nel 2013, nonché i vari decreti che il Governo italiano ha adottato nel 2005, nel 2007 e nel 2008 in attuazione delle norme europee, fino a quello più recente, che attualmente rappresenta l'ossatura del sistema, ossia il decreto legislativo n. 142 del 2015, modificato appunto come già ricordava il presidente. In ultimo, la giurisprudenza è aggiornata al decreto Minniti della primavera di quest'anno, che contiene disposizioni per accelerare i procedimenti e l'accoglienza dei minori non accompagnati.
  La seconda parte è la più corposa della relazione e descrive gli interventi concreti con cui, sulla base dell'impianto normativo in quel momento vigente, in Italia è stata organizzata l'accoglienza dei richiedenti asilo, a partire dalle prime esperienze legate alla guerra nell'ex Jugoslavia nei primi anni Novanta e dalle prime esperienze di reti territoriali fra istituzioni pubbliche e terzo settore che allora nascevano, fino al Piano nazionale per l'asilo, alla nascita dello SPRAR con la legge del 2002 e all'emergenza del Nordafrica negli anni più recenti, nonché all'ondata migratoria dal 2014 in poi, alla nascita del Tavolo nazionale di coordinamento e all'attuale sistema cosiddetto «dell'accoglienza diffusa».
  La terza parte viene introdotta da due paragrafi, che ho ritenuto di proporre perché credo ce ne sia bisogno. In questi due paragrafi, si prova a mettere ordine nella visione d'assieme del sistema, per esempio con un vero e proprio glossario della nomenclatura della tipologia dei centri (comprese le denominazioni non più usate) e con una rappresentazione schematica – molto schematica, per cui si possono fare molti distinguo – per rendere l'idea delle tappe che, dal punto di vista burocratico, il migrante attraversa dal momento dell'ingresso illegale nel Paese alla uscita dal sistema d'accoglienza.
  Questa parte introduce i focus di approfondimento, che sono cinque. Pag. 5
  Un focus è sui dati relativi alle presenze nel sistema di accoglienza. Confrontando gli anni 2016 e 2017, i dati sono organizzati sia per regione sia per tipologia di centro. Come vedrete dalla tabella, appare chiaro sia l'incremento delle presenze sia l'incremento in misura superiore delle presenze nei CAS, quindi gli squilibri territoriali evidenti fra le regioni. Inoltre, emerge l'evidente difficoltà a coprire tutti i posti disponibili negli SPRAR, cioè negli SPRAR ci sono posti finanziati che non vengono coperti.
  Il focus successivo riguarda la tipologia delle strutture, che sono in larga prevalenza di piccole dimensioni. In questo caso c'è da notare, secondo me – mi limito all'essenziale, ma dalla relazione lo capirete meglio – l'incidenza notevole, pari al 25 per cento, di strutture paralberghiere, come campeggi, alberghi, bed and breakfast eccetera, evidentemente derivanti dalla riconversione di attività commerciali nel campo dei servizi. Questo è un fenomeno di cui tener conto.
  Il successivo focus è sul titolo di possesso delle strutture da parte degli enti gestori e mostra come sia estremamente ridotto il numero di beni demaniali utilizzati. Tenete presente che questi sono i dati avuti dalle prefetture sull'accoglienza gestita attraverso le prefetture stesse, quindi mancano i dati relativi alle strutture governative e, tanto per capirsi, mancano quelli sugli hotspot, che sono a parte. Come dicevo, sono largamente prevalenti le strutture private (per lo più detenute in affitto, perché solo il 6 per cento è di proprietà).
  Un altro focus riguarda un'analisi particolarmente interessante perché, per ogni regione, vediamo il numero dei comuni coinvolti nell'accoglienza e quelli non coinvolti, nonché l'incidenza percentuale dei migranti presenti in relazione alla popolazione residente dei comuni coinvolti e in relazione alla popolazione residente dell'intera regione.
  Da questa tabella, emergono squilibri fra regioni, ma anche squilibri nel numero dei comuni coinvolti e nella percentuale di incidenza, per cui è facile fare un raffronto di queste percentuali con il famoso 2,5 per cento, che sappiamo essere alla base dell'intesa dei comuni con il Ministero.
  L'ultimo focus riguarda le procedure di affidamento e mette in luce, da un lato, una disomogeneità di comportamento fra le prefetture e, dall'altro, un anomalo ricorso all'affidamento diretto in alcune regioni. Inoltre, il numero delle procedure con gara aperta è di gran lunga superiore nelle regioni in cui il sistema d'accoglienza è più distribuito, quindi coinvolge un maggior numero di strutture e di enti gestori: dove ci sono più affidamenti diretti, c'è più concentrazione. Pensiamo alla Calabria, per esempio a Crotone, eccetera.
  I capitoli successivi contengono la parte di valutazioni e proposte. Su queste ultime dirò una cosa in conclusione.
  Proverò a sintetizzare le valutazioni in un elenco di punti piuttosto veloce.
  In primo luogo, notiamo un'evidente divergenza fra il modello astrattamente disegnato dal decreto n. 142, così come modificato anche oggi, e il reale funzionamento del sistema.
  Al secondo punto, precisiamo che il passaggio dalla primissima alla prima e alla seconda accoglienza non avviene nel rispetto dei tempi teoricamente previsti e che la stessa organizzazione dei centri presenta una commistione di funzioni, per cui, talvolta, è difficile fare distinzioni fra prima e seconda accoglienza.
  L'eccessivo protrarsi delle permanenze nelle strutture di prima accoglienza contribuisce ad alimentare questa confusione, ma soprattutto impedisce al migrante di accedere a servizi di cui dovrebbe poter disporre, essendo coinvolto in sostanza in una lunga permanenza, anche di mediazione culturale.
  C'è stato un eccessivo ricorso a Centri di accoglienza straordinaria – questo è il punto principale di sofferenza – come strutture temporanee e di emergenza, per cui i CAS sono, di fatto, divenuti strutture di accoglienza ordinaria, tanto da assorbire l'80 per cento delle presenze. Per il loro carattere temporaneo ed emergenziale, tali centri presentano i maggiori problemi per carenza di servizi, di informazione legale, di Pag. 6mediazione culturale, di insegnamento della lingua e di formazione lavorativa.
  L'eccessivo protrarsi dei tempi di analisi da parte delle Commissioni e, successivamente, dei tempi del ricorso giurisdizionale aggrava ulteriormente questo problema.
  In sostanza, il sistema finisce per garantire l'accoglienza, magari in gran parte dei casi in modo assolutamente dignitoso, con un tetto, un pasto, eccetera, ma si fa molto poco e non si fa tutto quello che la legge già attualmente prevede in funzione dell'inclusione.
  Riguardo alle fasi più recenti, notiamo che ci sono stati positivi interventi legislativi per tentare di ridurre i tempi di attesa e di incentivare il passaggio al sistema SPRAR, per esempio con incentivi anche economici a beneficio dei comuni, ma il problema resta il numero insufficiente dei comuni coinvolti nell'accoglienza volontaria. È necessario, quindi, da un lato rafforzare le procedure di rimpatrio, per esempio investendo sul rimpatrio assistito, e dall'altro lato qualificare il sistema dei CAS, che sono l'anello debole della catena e che devono adeguare lo standard dei servizi al modello SPRAR, come prevede la legge.
  In particolare, si sottolinea la necessità di un salto di qualità su alcune questioni: l'insegnamento della lingua italiana; la mediazione culturale; l'orientamento civico; la formazione professionale; la rilevazione e la validazione delle competenze acquisite; i programmi di avviamento al lavoro. In questo modo, il periodo di accoglienza sarebbe propedeutico all'integrazione, come del resto è scritto nelle linee guida del Piano per l'integrazione presentato dal Governo recentemente.
  Più in generale, riteniamo che si debbano evitare duplicazioni di interventi e sprechi del sistema, migliorando il coordinamento operativo, cosa che si potrebbe fare attribuendo un ruolo in questo senso alle regioni, ruolo di cui oggi, di fatto, non dispongono. Per garantire una più efficace governance complessiva del sistema, nella relazione proponiamo l'istituzione di una specifica struttura di livello nazionale, con funzioni di quella che potrebbe definirsi «Agenzia nazionale per l'accoglienza».
  Infine, proponiamo – questo mi sembra quasi scontato – che la prossima legislatura si faccia carico di aggiornare e di armonizzare la legislazione in materia, riunendo norme che oggi sono eccessivamente frammentate e dispersive dentro un testo unico in materia di asilo, cosa che è possibile fare.
  Questo è in sostanza il contenuto, ma, in conclusione, vorrei aggiungere due parole rispetto alla nota, anche se lascerei all'onorevole Lorefice il compito di illustrarla.
  Devo dire che ho visto con interesse la nota e che, non essendo in forma emendativa, ho avuto difficoltà a recepirla, anche se condivido diverse delle cose e delle valutazioni che ci sono.
  Penso che questa relazione sia molto complessa e molto puntuale e ricca nella prima parte, ma potrebbe essere completata con ulteriori elementi di valutazione e di osservazione nella parte conclusiva. Il problema è semplicemente derivato dal tempo che abbiamo avuto a disposizione, nel senso che, come si dice in gergo, «siamo arrivati un po’ lunghi», per cui avevamo l'esigenza di chiudere il lavoro, anche dal punto di vista dell'elaborazione dei dati. Per esempio, l'onorevole Lorefice faceva notare l'assenza di un riferimento al tema della relocation e al tema dei trasferimenti in Europa, nonché alla situazione italiana in relazione a quella europea, il che è del tutto vero.
  Dal momento che il tempo stringeva e che abbiamo potuto utilizzare il materiale raccolto al punto in cui eravamo arrivati con la nostra indagine sulle prefetture, ci siamo attenuti molto all'analisi dell'accoglienza nei centri, sulla qualità dei servizi e sul funzionamento del sistema nei centri, e non abbiamo affrontato una serie di questioni, che, però, sono estremamente collegate a questi aspetti.
  Non mi sembra che queste osservazioni siano molto in contraddizione con il contenuto della relazione, quanto aggiuntive. D'altra parte, mi sembra doveroso, alla fine del mandato della legislatura e della Commissione, restituire il lavoro fatto dalla Commissione, che non è stato poco. Pag. 7
  In conclusione, ringrazio tutti della collaborazione a questo lavoro e, in particolar modo, tutto lo staff dei collaboratori, che negli ultimi giorni ho costretto – diciamo la verità – a concludere il lavoro di corsa.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Beni.
  Penso di poter interpretare, al di là delle singole posizioni che ogni gruppo esprimerà, un ringraziamento veramente di cuore per quanto fatto dall'onorevole Beni. C'è stato un lavoro importante e molto impegnativo, che sicuramente, se avessimo avuto più tempo, sarebbe stato portato avanti, almeno rispetto agli obiettivi che ci eravamo dati. Abbiamo pensato di poter traghettare questa relazione ai primi giorni di gennaio perché pensavamo che il Parlamento dovesse continuare fino a circa metà gennaio, ma, avendo saputo che i tempi si anticipavano, abbiamo dovuto accelerare.
  Inoltre, voglio dire che anche il lavoro di elaborazione fatto da parte della Guardia di finanza per la raccolta delle informazioni dalle prefetture è stato un lavoro immenso, anche perché non è stato facile contattare tutte le prefetture italiane, una per una, e soprattutto ricevere le risposte. Non è banale il fatto che gli ultimi dati da una prefettura siano arrivati solo stamani.
  Ringrazio anch'io la dottoressa Grassi e tutti i nostri collaboratori e consulenti, che hanno assistito l'onorevole Beni in questa dura prova.
  Farei un giro di interventi, anche rispetto alla relazione dell'onorevole Beni e soprattutto allo schema che vi è stato consegnato, per poi decidere come procedere.

  MARCO RONDINI. Grazie, presidente. Intanto, ringrazio il collega Beni per il lavoro fatto, che sicuramente ci offre un documento importante sull'attività svolta dalla Commissione d'inchiesta.
  Al netto dell'interessante disamina della situazione, che troviamo nella prima parte della relazione e che mostra, comunque, delle criticità, c'è una situazione critica che, come a tratti viene sottolineato anche nella relazione, alla fine è divenuta, purtroppo, strutturale e che, secondo noi, offre poco spazio, nonostante le considerazioni conclusive, alla speranza di un miglioramento, se la situazione in generale viene gestita come si è fatto in tutti questi anni.
  Secondo noi questa gestione riflette una linea politica che abbiamo sempre contestato, perché ritenevamo e riteniamo che si sia investito in un sistema d'accoglienza criminogeno, che altrimenti non avrebbe attirato le attenzioni della magistratura.
  Detto ciò, secondo noi la relazione denota, rispetto a un sistema che comunque non funziona, una sorta di assunzione di responsabilità da parte di chi è deputato e siede in questa Commissione e fa parte di questa maggioranza.
  Entrando nel merito di alcune questioni affrontate o non affrontate dalla relazione, non ho presentato proposte emendative però mi unisco anch'io a ciò che è stato osservato dalla collega Lorefice: mancano i dati relativi alle ricollocazioni.
  Stando a ciò che ci viene trasmesso, si attesta il fallimento del piano delle ricollocazioni, anche perché, all'inizio, c'era l'accordo per ricollocare 40.000 persone, ma, allo stato attuale, dai dati che abbiamo, pare che le persone ricollocate siano solamente 10.864. D'altro canto, non poteva essere diversamente, perché la maggior parte dei migranti che arrivano da noi non appartengono a quegli stati che permettono la ricollocazione nel resto dell'Europa. Tant'è vero che le due nazionalità che ricomprendono la quasi totalità dei ricollocati sono quelle di Eritrea e Siria.
  Vorrei fare considerazioni rispetto alle ricollocazioni. Mancano secondo noi i dati relativi alle espulsioni e alle identificazioni. Forse sarebbe stato utile inserirli, anche perché – lo ricordo ai colleghi – dal 2013 a oggi sono 670.000 le persone sbarcate da noi e solamente 420.000 hanno formalizzato una richiesta d'asilo, per cui mancano all'appello 250.000 persone. Ora, stando ai dati che abbiamo, non credo che queste 250.000 persone siano state rimpatriate.
  Una cosa che secondo me potrebbe correggere il collega Beni è quella relativa ai CPR. A pagina 91, nella relazione si dice: «i CPR al momento attivi sono quelli di Bari, Brindisi, Caltanissetta, Torino e Roma». In realtà, stando sempre alle tabelle che ci Pag. 8vengono trasmesse, i CPR sarebbero solamente quattro e non cinque, considerato che in quello di Bari non c'è nessuno.
  Inoltre, il CPR di Caltanissetta, come risulta da notizie di cronaca, sarebbe stato danneggiato, per cui non è più utilizzabile. Di fatto, i CPR oggi in funzione sono solamente quelli di Brindisi, Roma e Torino (come ho detto, escluderei anche quello di Bari perché nei dati che ci vengono trasmessi periodicamente si parla di una capienza teorica di 126 posti, ma il numero di presenze è allo stato attuale è pari a zero). Secondo me, forse sarebbe opportuno quella correzione, che credo si possa fare tranquillamente.
  Vorrei precisare un'osservazione che è già stata ripresa anche dal collega Beni. Oggi, noi sappiamo che i comuni che hanno aderito al modello SPRAR sono solamente 661 su 8.000. Come ha già sottolineato anche il collega Beni, sarebbe opportuno chiedersi perché solamente 661 su 8.000 hanno aderito al modello SPRAR. Forse, l'idea che quelle strutture insistano per troppo tempo sul proprio territorio fa sì che i sindaci decidano di non aderire assolutamente al modello.
  Infine, riteniamo che, anche prima di arrivare alle considerazioni finali, si debba denunciare, come al solito, una linea politica, che è quella di pensare, come dite espressamente nella relazione, a «un inserimento socio-lavorativo, che costituirebbe il punto di svolta per fare incontrare l'esigenza di manodopera anche straniera del Paese, in qualche modo inevitabile, se si considerano i dati sull'invecchiamento medio della popolazione residente e sul generale calo della natalità, e delle aspettative dei migranti».
  Ciò denota, come al solito, il vostro modo di intendere la gestione del fenomeno migratorio, che per voi rimane quella «delle porte aperte», perché si risolverebbe il problema del calo della natalità e perché gli immigrati sopperirebbero alla mancanza di manodopera.
  Faccio sommessamente notare che in Italia abbiamo il 40 per cento dei giovani che sono disoccupati, quindi non si sa dove queste persone dovrebbero trovare lavoro, o meglio che avete aperto una strada grazie all'accoglimento di un emendamento in Commissione bilancio, che permette alle cooperative sociali di godere di sgravi e di un trattamento di privilegio, se assumono immigrati in possesso di permesso di soggiorno, che gli viene rilasciato grazie alla protezione internazionale.
  Apro una brevissima parentesi: ritengo che questa sia una cosa allucinante, perché il permesso di soggiorno di cui è in possesso l'immigrato grazie al riconoscimento della protezione internazionale non è solo quello relativo allo status di profugo, ma anche alla protezione internazionale sussidiaria, per cui dovrebbe essere rinnovato dopo tre anni, alla scadenza.
  In ultimo, manca un dato che secondo me valeva la pena di inserire. Mi riferisco al dato relativo al numero di ricorsi effettuati dagli immigrati.
  Sappiamo che dal 2013 a oggi, su circa 300.000 domande esaminate dalle commissioni territoriali, più del 50 per cento è stato respinto, per cui siamo intorno alle 150.000 domande respinte, il che vuol dire che 150.000 immigrati, che permangono magari per la maggior parte all'interno del sistema d'accoglienza, hanno fatto ricorso. Sarebbe stato interessante sapere quanti realmente hanno fatto ricorso e qual è stato l'esito del ricorso.
  Mi avvio alla conclusione dicendo che ringrazio il collega Beni perché il documento elaborato ci dà la dimensione dell'accoglienza e ci permette di acquisire dei dati altrimenti irreperibili, che, però, attestano secondo noi il fallimento totale del sistema sin qui allestito. Grazie.

  MARIALUCIA LOREFICE. Vorrei aggiungere due parole per ribadire quello che noi abbiamo già messo in evidenza nella mail inviata, che credo sia stata poi condivisa anche con gli altri membri della Commissione.
  Nella nostra piccola esposizione abbiamo fatto presente che secondo noi la relazione, anche per i tempi che abbiamo avuto a disposizione, lo voglio sottolineare, può sembrare superficiale in alcune sue parti. Abbiamo anche fatto presente che, secondo noi, la stessa ricostruzione giuridica Pag. 9 può apparire difettosa in alcuni punti e ne abbiamo elencato alcuni. Abbiamo fatto dei riferimenti normativi ben precisi che secondo noi nella relazione dovevano essere messi in evidenza. Abbiamo anche fatto riferimento ad altre cose: per esempio, la questione degli accordi bilaterali non viene molto approfondita, così come il sistema di monitoraggio viene affrontato in modo piuttosto superficiale.
  Le nostre sono – lo ripeto – critiche che abbiamo voluto condividere con voi, anche perché sappiamo che dietro c'è stato un immane lavoro e che il tempo a disposizione è stato pochissimo. Comunque, al di là di tutto ciò, abbiamo inviato le nostre critiche perché volevamo che rimanesse agli atti il contributo che abbiamo voluto dare, quindi le nostre critiche vogliono essere esclusivamente costruttive.
  Detto ciò, naturalmente ringraziamo tutta la Commissione per il lavoro fatto e precisiamo che, al di là di questo, il Movimento 5 Stelle esprimerà voto favorevole sulla relazione.

  ELENA CARNEVALI. Faccio un intervento conclusivo, anche perché con la seduta di domani, di fatto, si conclude il lavoro di questa Commissione, per cui ci tengo particolarmente che venga lasciato agli atti che a noi è spettato un compito molto complesso, vista anche la complessità dei modelli organizzativi e delle modifiche che abbiamo fatto a livello legislativo.
  In merito, abbiamo delle divergenze di natura politica, come nella buona democrazia avviene, per cui noi riconosciamo il grande sforzo fatto dal Governo per superare quello che è stato l'approccio fino ad adesso, cioè un approccio di tipo emergenziale, per attestarsi sulla costruzione di un modello che potesse essere non solo strutturale, ma anche compatibile o sostenibile con le realtà territoriali.
  Dico che il lavoro di questi anni ci ha permesso anche di fare un approfondimento dal punto di vista legislativo. Faccio riferimento anche alla relazione del collega Beni e lo ringrazio per il lavoro svolto. A mio giudizio, è positiva e molto utile la ricognizione fatta sull'evoluzione legislativa per quel che riguarda il capitolo su rifugiati e riconoscimento di asilo e sulle necessità delle modifiche a livello europeo, che peraltro continuiamo ad attendere. Speriamo che, dopo le difficoltà tedesche, nelle relazioni con gli altri Paesi europei, si possa arrivare a un aggiornamento che superi il fatto che è l'Italia in particolare quella che si fa totalmente carico del problema dell'accoglienza.
  Detto ciò, voglio ringraziare lo staff di tutti gli uffici e i consulenti. Credo che siamo stati una buona squadra e che ci sia stato un buon rapporto, non solo professionale, che ci ha aiutato con competenza.
  Entrando nel merito della relazione, davvero le va dato un riconoscimento, anche per la celerità e il poco tempo con cui è stata fatta.
  Innanzitutto, parto da una premessa: a me ha molto colpito un aspetto, per cui vorrei fare una sottolineatura. Oltre alle tipologie di accoglienza, nella relazione, a pagina 104, si fa riferimento alle presenze nello SPRAR e viene evidenziato che sono 661 gli enti locali attualmente disponibili. A me hanno molto colpito: il numero dei progetti, il totale dei posti disponibili e i posti occupati. Emerge dalla relazione una disponibilità di posti SPRAR che, in qualche modo, sembra essere in contraddizione con l'esigenza di passare da un modello di prima accoglienza a un modello di accoglienza strutturato.
  Pur nei miglioramenti che il sistema ha fatto nel suo complesso, anche grazie all'azione ministeriale soprattutto dell'ultimo periodo, è stata adottata questa scelta, in accordo con gli enti locali – anche perché non dimentichiamoci mai che lo SPRAR è una tipologia di servizio che parte dall'approccio volontaristico degli enti locali, per cui c'è il mantenimento di una sorta di titolarità che rimane in capo agli enti locali – condivisa, se non ricordo male, anche all'interno di ANCI, di far trovare, di fatto, accoglienza dei posti SPRAR alle situazioni che man mano avessero delle certezze sul piano giuridico; la metto in questi termini.
  È chiaro che ci lascia un po’ perplessi notare la disponibilità di 6.000 posti e contemporaneamente una vocazione che abbiamo sempre detto di volere attestare Pag. 10molto di più su un sistema che possa soprattutto – basta vedere le pagine successive per capire di quanti grandi centri stiamo parlando – alleggerire il numero e migliorare la qualità dell'accoglienza in alcuni centri, come i CAS.
  Questo rimane agli atti e alla storia perché non possiamo fare altro, però credo che sarebbe opportuno, da questo punto di vista, un approfondimento sui modelli organizzativi.
  Riguardo agli altri temi sottolineati, credo ci sia stata una capacità analitica, che va incontro al lavoro che state facendo anche grazie al supporto della Guardia di finanza. Rispetto alle tipologie e alle strutture, ancora tutto è da vedere perché ci possono essere le più svariate tipologie rispetto ai modelli di utilizzo.
  Ci sono anche alcune criticità sul numero di ricollocamenti e di rimpatri volontari assistiti, per i quali, peraltro, abbiamo visto un incremento non irrilevante rispetto alle condizioni precedenti. Tuttavia, rimane sempre il tema della distribuzione nell'accoglienza perché si evidenzia come ancora siano alcune regioni a farsene carico.
  Credo che vada dato atto, merito e riconoscimento al lavoro fatto per questa relazione, che sembra essere anche conclusiva rispetto a quello che abbiamo visto. Devo dire che questo vale anche per quel che riguarda le valutazioni conclusive. Le ultime pagine, che definirei molto politiche, riguardo alla necessità di capire che cosa serve per intervenire, sono una traccia a mio giudizio più che condivisibile e che peraltro non ci ha mai visto mai molto distanti all'interno della Commissione stessa.
  Concludo, quindi, ringraziando del lavoro. Credo che, con la relazione conclusiva, possiamo lasciare agli atti del Parlamento un buon lavoro da parte di questa Commissione e del nostro presidente. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Carnevali, anche per le ultime parole.
  Lascio la parola per una brevissima replica all'onorevole Beni, in risposta alle cose che sono state dette, e poi passiamo alla votazione della relazione.

  PAOLO BENI, relatore. È doveroso un chiarimento su due cose. Sulla questione che citava la collega sugli SPRAR, si parla di posti vuoti, anche se si tratta di un termine brutto, perché è quello usato nelle tabelle del servizio centrale, il che non vuol dire che sono vuoti, ma che si tratta di posti che, anche se non ci sono, sono finanziati.
  Il sistema SPRAR funziona in questo modo: i posti disponibili sono quelli che il Ministero ha finanziato, ma il problema è che non ci sono abbastanza progetti dei comuni per riempire quei posti, cioè i posti ci sarebbero in linea teorica, ma non ci sono posti concreti dove mandare la gente perché non ci sono i progetti dei comuni, quindi ci sono 6.000 posti finanziati e non usati.
  Questo testimonia lo sforzo del Governo di andare nella direzione degli SPRAR e di rafforzarli e testimonia il fatto che, purtroppo, i comuni ancora non aderiscono a sufficienza, quindi i prefetti mandano i migranti ai CAS, eccetera. Lo dico perché il meccanismo funziona in questo modo.
  Per rispondere all'onorevole Rondini, sulla questione delle espulsioni, da pagina 77 a pagina 91, c'è una parte sui rimpatri e via dicendo. Sulla questione cui lui faceva riferimento per i CPR, magari possiamo prendere il suggerimento come correzione formale e fare un'indagine per vedere se c'è un errore. Noi ci siamo attenuti, alla data del 22 novembre, ai dati del Ministero. Può darsi anche ci sia stato un errore perché può bastare che magari da Bari in quel momento si trasferiscono tutti quelli che c'erano, per cui, anche se la settimana successiva arriva qualcuno, in quel momento il Centro di Bari risulta vuoto.
  Magari lo verifichiamo, anche perché, quando siamo stati a Bari, nel CIE c'era gente.
  C'è un'altra considerazione che vorrei fare e che è più di merito. Capisco le osservazioni che sono state fatte e che ho detto anch'io – ma potrei aggiungerne altre – sulle parti mancanti. Attenzione, sul fatto che la relazione sia incompleta sono d'accordo, se lo diciamo dal punto di vista di un modo di vedere il tema. Anch'io vorrei Pag. 11collegare all'oggetto di indagine della Commissione tutta una serie di questioni, che riguardano, per esempio, il tema della relocation o gli accordi bilaterali con la Libia, quindi le politiche dell'immigrazione, ma il mandato di questa Commissione non era di questo tipo.
  L'impostazione ambiziosa della relazione ci portava anche a sconfinare e forse, se ci fosse stato più tempo a disposizione, saremmo anche un po’ sconfinati su quel versante, ma questo ci avrebbe creato anche più problemi nella discussione perché, comunque, il mandato che noi abbiamo non è di fare un'indagine e una discussione sulle politiche dell'immigrazione, ma di fare un'inchiesta e un'indagine sulla gestione operativa del servizio di accoglienza nei centri che in Italia ci sono.
  Possiamo spingerci a una valutazione sul funzionamento del sistema nel suo complesso e sulla sua funzionalità, che deve avere una prospettiva di integrazione. La mia è un'affermazione politica, su cui, con Rondini, non ci troviamo più sul piano politico, però posso dire che, più di quello che abbiamo detto dal punto di vista delle politiche dell'immigrazione, non si poteva dire. In tal senso, la relazione è incompleta, ma lo doveva essere per forza.
  Non so se sono riuscito a spiegarmi, ma mi fermo qui.

  GIUSEPPE GUERINI. Vorrei intervenire brevissimamente, anche perché alcune considerazioni sono state già fatte dal relatore. Mi ricollego a quanto lei ha detto in coda al suo intervento.
  Il convitato di pietra di questa relazione è la modalità con la quale l'Italia, inserita nell'Unione europea, si è trovata a gestire il flusso e l'ondata migratoria di questi ultimi cinque anni, con i relativi numeri. Lo dico perché, al netto di ciò, si dovrebbe anche specificare che ci dovremmo concentrare su come è stata gestita l'accoglienza.
  Collegandomi a quanto diceva il relatore e a quanto diceva il collega Rondini, vorrei dire che è abbastanza stupefacente sentire che venga evocato o contestato il numero esiguo di posti degli enti locali che aderiscono alla rete SPRAR. Lo dico perché, se poniamo mente a quello che succedeva anche solo cinque o sei anni fa con la prima emergenza del Nordafrica e, oltretutto, se poniamo mente anche alla resistenza netta ed esplicita di molte forze politiche e delle loro amministrazioni locali nei confronti di questo progetto, che peraltro questo Governo ha sostanzialmente portato a un finanziamento completo, la risposta alla domanda che si poneva l'onorevole Rondini «perché sono così pochi gli enti locali» è che ci sono forze politiche che esplicitano in maniera chiara e netta la loro contrarietà a ospitare centri SPRAR perché ritengono che non sia una cosa che devono gestire.

  MARCO RONDINI. (Fuori microfono) Su 8000 comuni sono 600!

  GIUSEPPE GUERINI. Esatto, i comuni 600, ma sono in aumento nel trend. Questo accade anche perché ci sono – lo ripeto – alcune forze politiche che ritengono legittimamente dal loro punto di vista che lo SPRAR sia un modo per portarsi in casa un problema, invece che risolverlo.
  La stessa considerazione vale per il tema sollevato sui benefici fiscali. Peraltro, tali benefici sono esigui e lo dico con grande rammarico perché sono il primo firmatario dell'emendamento cui faceva riferimento l'onorevole Rondini.
  Avrei auspicato che i fondi fossero un po’ più consistenti, ma purtroppo non lo sono perché, anche in questo caso, delle due, l'una: lamentarsi che i cittadini richiedenti protezione sono in giro tutto il giorno a non fare nulla e poi impedire che abbiano degli sgravi fiscali per lavorare in cooperative sociali di tipo B, che ricordo sono quelle che cercano di offrire lavoro a categorie svantaggiate, come tossicodipendenti o detenuti che siano affidati ai servizi sociali o persone con svantaggio fisico-psichico, e immaginare che questa possa configurarsi come una concorrenza nei confronti della disoccupazione italiana, è, secondo me, un modo abbastanza evidente di non avere presente quali siano le dinamiche dell'occupazione italiana.
  Prima è stato evocato il fatto che il 40 per cento dei nostri giovani non ha lavoro, Pag. 12ma, se il giovane italiano, magari con una laurea e un master, si mette a fare concorrenza al richiedente asilo, forse, nelle dinamiche dell'occupazione, c'è qualcosa che non ci è chiaro. O perlomeno io la vedo in una maniera un po’ diversa.

  PRESIDENTE. Si aprirebbe una lunga e altra trasmissione, ma mi fermerei qua. Direi di poter concludere in questo modo: ci facciamo carico delle eventuali verifiche sulla questione dei CPR e, se mi posso permettere, collega Beni, potremmo anche magari specificare meglio le tabelle, anche perché non vorrei che la relazione diffusa venisse compresa in maniera non corretta.

  PAOLO BENI, relatore. Basta che si chiarisca da qualche parte nella legenda che una cosa sono i dati che riguardano tutto il sistema, ossia i 172.000 ospiti, ma altra cosa sono i dati delle indagini delle prefetture che non includono i centri governativi.

  PRESIDENTE. Certo. Facciamo queste puntualizzazioni di natura tecnica in modo tale che siano evidenti e chiare a tutti.
  Prendo per scontate quelle dei gruppi come dichiarazioni di voto, ma, se volete, vi do anche la parola come dichiarazione di voto, il che mi sembra obiettivamente superfluo, visto che, fra l'altro, fra poco inizieranno anche altre audizioni, in cui noi siamo tutti impegnati.
  Pongo in votazione lo schema di relazione.
  È approvato.

  Ringrazio nuovamente il collega Beni. Ci aggiorniamo domani alle 8.45 per l'ultima seduta della nostra Commissione. Spero che domani si possa anche festeggiare per un piccolo saluto fra di noi.
  Dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 16.

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ALLEGATO

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