XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate

Resoconto stenografico



Seduta n. 73 di Mercoledì 25 gennaio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Gelli Federico , Presidente ... 3 

Audizione del delegato ANCI per l'immigrazione e le politiche per l'integrazione, Matteo Biffoni, sindaco di Prato:
Gelli Federico , Presidente ... 3 
Biffoni Matteo (PD) , delegato ANCI per l'immigrazione e le politiche per l'integrazione ... 4 
Gelli Federico , Presidente ... 9 
Carnevali Elena (PD)  ... 9 
Beni Paolo (PD)  ... 10 
Gadda Maria Chiara (PD)  ... 12 
Moretto Sara (PD)  ... 12 
Sgambato Camilla (PD)  ... 13 
Gelli Federico , Presidente ... 13 
Biffoni Matteo (PD) , delegato ANCI per l'immigrazione e le politiche per l'integrazione ... 14 
Gelli Federico , Presidente ... 19 
Biffoni Matteo (PD) , delegato ANCI per l'immigrazione e le politiche per l'integrazione ... 19 
Gelli Federico , Presidente ... 19 
Biffoni Matteo (PD) , delegato ANCI per l'immigrazione e le politiche per l'integrazione ... 19 
Gelli Federico , Presidente ... 19 
Carnevali Elena (PD)  ... 19 
Biffoni Matteo (PD) , delegato ANCI per l'immigrazione e le politiche per l'integrazione ... 19 
Gelli Federico , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FEDERICO GELLI

  La seduta comincia alle 14.10.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che della presente audizione sarà redatto un resoconto stenografico e che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Audizione del delegato ANCI per l'immigrazione e le politiche per l'integrazione, Matteo Biffoni, sindaco di Prato.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del sindaco di Prato, Matteo Biffoni, delegato ANCI per l'immigrazione e le politiche per l'integrazione.
  In occasione del precedente incontro, svoltosi il 26 ottobre 2016, l'attenzione era incentrata sulle prime notizie relative all'accordo in fase di firma tra l'ANCI e il Viminale per favorire la diffusione dell'accoglienza diffusa. Chiediamo, pertanto, al nostro ospite tutti gli aggiornamenti sul tema e una valutazione complessiva del sistema di accoglienza.
  Il Dipartimento per le libertà civili è stato molto attivo nel primo periodo dell'anno, coinvolgendo con il sistema delle teleconferenze i prefetti di tutte le Regioni nell'illustrazione del Piano di ridistribuzione dei migranti. Cosa si può immaginare, visto con gli occhi degli amministratori locali, per convincere l'intera rete dei comuni a farsi carico in base alle potenzialità e capacità della popolazione sul problema dell'immigrazione?
  Un altro tema di attualità a ottobre era l'approvazione in prima lettura del progetto di legge a prima firma Zampa recante «Misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati». Il testo è, al momento, all'esame del Senato. Chiedo comunque al nostro ospite di volerci aggiornare sulla situazione e sulle problematiche relative ai minori, ricordando che la Commissione ha da poco svolto l'audizione della dottoressa Caprara, responsabile dell'apposita struttura di missione, e che la nostra Commissione ha un gruppo di lavoro, coordinato dall'onorevole Carnevali, che sta lavorando in modo tempestivo e incisivo ad un testo che poi scaturirà in una relazione vera e propria al Governo e al Parlamento su questo delicato tema.
  Anche le informazioni che l'ANCI ci potrà fornire su questo argomento, che investe pienamente proprio i comuni, conoscendo le responsabilità che i sindaci hanno nella gestione dei minori non accompagnati, saranno per noi un contributo importante, che ci servirà nella stesura di questa relazione e di questi approfondimenti.
  Senza dilungarmi oltre, caro sindaco, c'erano altre questioni emerse dalle domande della seduta precedente. Forse alcune saranno anche state superate cronologicamente dalle vicende e dai fatti. Comunque credo che lei abbia un quadro abbastanza completo delle esigenze e del fatto che abbiamo bisogno di essere aggiornati su questo lavoro.
  Anzi, sono qui per aggiungere, rispetto a tutto questo, che la Commissione sta svolgendo un lavoro molto importante di monitoraggio e di mappatura di tutti i centri di accoglienza del nostro Paese. È un lavoro Pag. 4 che abbiamo iniziato proprio ieri, devo dire in maniera molto recente, per capire quali possono essere le situazioni di maggiore delicatezza o complessità nell'individuazione di una serie di requisiti e di criteri che andremo a definire anche con i nostri consulenti della Polizia giudiziaria e con il nostro magistrato.
  Questo proprio perché vorremmo lavorare in modo preventivo, non quando la notizia esce sulla cronaca sui giornali o perché abbiamo segnalazioni di sindaci disperati che, quando non sanno più a chi rivolgersi, si rivolgono alla nostra Commissione chiedendo aiuto. Vorremmo cercare di lavorare in maniera tempestiva e preventiva sul lavoro istruttorio. Credo che questo potrà aiutare, da una parte, il Ministero dell'interno e, dall'altra, anche e soprattutto i comuni in questo monitoraggio e in questo lavoro.
  Ovviamente, se avremo la possibilità anche di incrociare i dati dell'ANCI con le risultanze che possiamo raccogliere dal Ministero dell'interno e dal lavoro ispettivo che i nostri collaboratori potranno fare direttamente con le prefetture, sarà sicuramente un lavoro che si va a integrare, ampliare e arricchire e credo che il prodotto finale potrà essere utile per tutti.
  Mi fermo qui e cedo la parola al sindaco per la sua relazione.

  MATTEO BIFFONI, delegato ANCI per l'immigrazione e le politiche per l'integrazione. Ringrazio il presidente per l'invito e per l'introduzione molto precisa e ringrazio la Commissione, ovviamente, per l'opportunità che segue l'audizione che avevamo svolto qualche mese fa.
  La premessa è questa. È passato un po’ di tempo, nel frattempo è cambiato il ministro, tra le altre cose, e debbo dire che registriamo anche, come ANCI, un approccio nuovo e diverso rispetto alla gestione dei flussi e al momento di accesso verso il nostro Paese.
  Stamattina su un noto quotidiano nazionale c'è un ulteriore passaggio rispetto a una politica che l'attuale Governo sta svolgendo su questo tema, di cui noi, ovviamente, siamo attenti spettatori, perché si riverbera e si scarica poi sui territori. La riapertura dell'ambasciata in Libia e la gestione del fenomeno a livello europeo come stamattina si paventa sono tutte questioni che ci riguardano, anche se non direttamente nella discussione di stamattina, e che segnaliamo, come sistema dei comuni, rispetto a questo tema e a questa difficoltà. Se siete d'accordo, ripartirei molto brevemente facendo un riassunto rispetto a quello che ci siamo detti.
  Sostanzialmente, era l'approccio che probabilmente in Parlamento leggerete anche prima di noi in maniera ufficiale. In realtà, noi sappiamo un po’ come funziona la storia del Piano di riparto delle riorganizzazioni. Per correttezza istituzionale, il Piano di riparto con cui ANCI si è approcciata al ministero è, in questo momento, nelle mani del ministro e della struttura ministeriale. Per rispetto istituzionale, quindi, attendiamo insieme al ministro, perché abbiamo partecipato e siamo stati parte attiva. Abbiamo proposto, abbiamo limato, abbiamo tolto, abbiamo rimesso. È stata una discussione lunga, che proveniva già dalla precedente esperienza ministeriale e che ora ha trovato la sua sostanziale definizione.
  Per correttezza istituzionale, però, non presentiamo il Piano nella specificità dei suoi numeri, semplicemente perché ci sembra corretto che, poiché, ovviamente, l'ultima parola è ministeriale, siano il ministro e il ministero a dare il via libera e a raccontare in maniera definitiva le proposte e l'esito delle discussioni che abbiamo fatto.
  Se siete d'accordo, quindi, al di là di queste brevissime note introduttive, ripartirei dalle questioni rimaste in sospeso. Questo serve per bloccare un percorso, una storia, un'idea che ci eravamo raccontati allora e che adesso ha trovato corpo in quel Piano di riparto, che coinvolge tutti i comuni.
  Si tratta di una proposta che privilegia lo SPRAR e che pone la clausola di salvaguardia come punto di riferimento rispetto alla gestione. Quindi, quei comuni che si approcciano in maniera attiva alla gestione del fenomeno della presenza profughi con progetti propri attraverso lo SPRAR sanno fin dall'inizio qual è il tetto dell'accoglienza in termini di sostegno economico. Pag. 5
  Ribadisco qui la richiesta di ANCI di far diventare strutturale quell'accordo che il precedente Governo, il Governo Renzi, aveva fatto con quei 100 milioni stabiliti per 500 euro a migrante distribuiti ai comuni, che sono in distribuzione ora. Noi chiediamo che diventi strutturale.
  Qui chiediamo e ribadiamo con forza alla Commissione la necessità di sbloccare il turnover per quei comuni che sono coinvolti in questo tipo di attività. Noi ovviamente chiediamo che venga sbloccato del tutto, ma indichiamo almeno i settori che sono coinvolti da questo sistema, come la Polizia municipale, l'anagrafe e i servizi sociali, perché, ovviamente, lì l'impatto è più forte.
  A proposito di questo, per esempio, vengo a uno dei temi cui l'onorevole Rondini, l'onorevole Beni e la stessa onorevole Moretto avevano accennato, la questione del rilascio della carta d'identità che avevamo fatto un tempo.
  La questione è come segue: il tema del rilascio della carta d'identità per noi è un obbligo di legge. Per i comuni, in questo momento, la norma prevede l'obbligo. Noi non abbiamo margini decisionali da questo punto di vista.
  Colgo l'occasione per segnalare qui ad autorevolissimi esponenti del nostro Parlamento le necessità di risorse, in particolare per i comuni piccoli. Vi dovete immaginare che, se un comune di 2.000, 3.000, 4.000 abitanti con un carico all'anagrafe proprio al servizio, allo sportello, parametrato su questo tipo di numeri di abitanti si ritrova all'improvviso a dover gestire 100, 200, 300 situazioni di rilascio di carte d'identità, ovviamente, il sistema rischia di «impallarsi».
  Un problema ancora più grave, su cui vi prego di porre un'attenzione particolare, è il sistema delle cancellazioni. Questo è un percorso che, ovviamente, mantiene sui territori – in realtà, sono meccanismi quasi automatici – situazioni complicate, che non aiutano certamente a gestire il fenomeno.
  L'onorevole Beni diceva dei comportamenti non uniformi dei comuni, che talvolta si muovono in maniera diversa. Purtroppo, molto spesso si fa di necessità virtù, nel senso che la situazione diventa complicata perché è faticosa anche da gestire in alcune circostanze.
  Penso – lo dico perché ormai Roberto ha autorizzato a utilizzarlo in maniera che dire impropria a volte è assolutamente fuori scala – al caso di Bagnoli, in Veneto, dove un comune di poco meno di 2.500 abitanti ha nel proprio territorio un CAS, un centro di accoglienza, con 1.500 persone, cosa che è assolutamente ingestibile. Ora sono arrivati a 900. È a pochi chilometri da Cona, un altro sistema con 3.000 abitanti e un centro da 1.000 persone.
  Questi sono i casi limite. Non è così dappertutto, fortunatamente. Se vogliamo fare un altro esempio, Salsomaggiore Terme si ritrova all'improvviso una situazione, avendo grande disponibilità di alberghi, di numeri assolutamente fuori scala. Il sistema da questo punto di vista rischia di battere in testa, ma, per il momento, è obbligo di legge e, quindi, i comuni devono fare questo.
  Gli onorevoli Rondini e Brescia parlavano della questione legata al coinvolgimento e alla disponibilità dei comuni. Quando poi il percorso del Piano di riparto sarà definito, vedrete. Come sistema ANCI, penso che fisicamente non si possa fare di più. Non penso di reggere fisicamente, nel senso che il sistema è impegnato sui territori ovunque. Il 29 dicembre eravamo in ANCI Lombardia, a cavallo di una settimana piuttosto complessa, con 87 sindaci presenti e non so quanti collegati via Skype per raccontare queste vicende.
  Il coinvolgimento c'è e c'è stato, ma politicamente vorrei segnalare e sottolineare un tema. Penso di poterlo fare senza causare un incidente diplomatico con il ministero. Tutto si basa sulla volontarietà dell'adesione. Il Piano di riparto e il sistema SPRAR sono volontari. Nessuno metta in discussione la volontarietà, perché la discussione c'è stata anche al tavolo ministeriale. È volontario, è uno strumento della politica. Noi non costringeremo nessuno, come sistema ANCI, ad aderire a questo tipo di percorso. Lo rimettiamo alla sapienza, alla saggezza e al posizionamento Pag. 6politico del sindaco e delle amministrazioni che gestiscono i territori.
  Poi, come tutti noi, saremo sottoposti alla valutazione dei nostri concittadini, che può darsi preferiscano avere un sistema come quello attuale, che è gestito sostanzialmente dai prefetti, oppure entrare nel sistema SPRAR, gestito dalle amministrazioni comunali.
  La disponibilità e il coinvolgimento dei comuni, che pur c'è stato – sono stato a Vicenza, in provincia di Vicenza; non ricordo più dove sono andato, ormai faccio il «turista della democrazia»; adesso andiamo in Molise – sono uno strumento che mettiamo a disposizione, su cui poi i sindaci e le amministrazioni decideranno cosa fare.
  Gli onorevoli Brescia, Gadda e Moretto ci chiedevano della qualità dei servizi, dell'albo delle cooperative o comunque come si gestisce questo tipo di situazione. L'onorevole Carnevali chiede sulla formazione del personale.
  Penso che siamo tutti concordi sul fatto che non, potendo tecnicamente escludere qualcuno dai bandi, possiamo però creare – questo l'abbiamo già chiesto, come sistema ANCI – una sorta di black list, un sistema di espulsione e di allontanamento di coloro che non gestiscono bene e non mantengono quello che nei bandi viene promesso. Chi non lo fa viene iscritto e viene segnato.
  Segnalo, però, come spunto di riflessione, che il passaggio, che ci auguriamo massiccio, al sistema SPRAR dovrebbe in automatico quantomeno abbattere il pericolo che, invece, si riscontra, giustamente, in base alle osservazioni che sono state fatte, nell'attuale sistema. In questo momento storico è ovvio che c'è il bando della prefettura, e che Dio ce la mandi buona.
  Uscendo dal luogo comune, la stragrande maggioranza dei gestori dei centri di questo Paese sono persone che fanno il loro mestiere in maniera più che dignitosa e rispettosa delle norme, delle leggi e della deontologia professionale. Sono capitati anche sistemi – è inutile citare quello più noto e famoso, ma ce ne sono anche altri in giro per l'Italia – di altro tipo. Certo, in un sistema in cui c'è un bando aperto può succedere di tutto.
  L'idea dello SPRAR è anche questa, perché sarebbe l'amministrazione comunale ad agire direttamente, se ha la forza e la voglia di farlo, oppure ad accompagnare quel progetto a soggetti conosciuti e valutati e, creando quel tipo di progetto, può immediatamente avere il controllo che altrimenti potrà avere più difficilmente, perché in questo momento i bandi sono della prefettura. Un'amministrazione comunale può intervenire in maniera più efficace e immediata avendo sott'occhio il progetto che è stato valutato e finanziato dal sistema centrale. L'idea del passaggio massiccio a questo sistema, secondo me, può aiutare in questo.
  Poi se sia utile una bad list non lo so. Troviamo il modo di fare segnalazioni di espulsione dal sistema di quegli operatori. In questo caso vorrei segnalare, non essendo pacchi ma persone, che c'è necessità di un livello molto più alto di serietà, che diventa fondamentale.
  Segnalo anche qui che qualche mese fa ANCI nazionale, insieme alle cooperative del terzo settore e al Ministero dell'interno, ha sottoscritto un accordo di programma, una sorta di protocollo d'intesa, sulle buone pratiche e sugli standard minimi di livello che anche gli operatori si impegnano a mettere in campo nel momento in cui c'è l'intervento sui territori. Ovviamente, vi rientrano la formazione personale e tutto quello che può essere. Abbiamo bisogno di operatori qualificati.
  Segnalo, come prima esperienza pilota, che l'Università di Firenze, in collaborazione con il comune di Prato e con gli enti gestori attuali del sistema dei CAS sul territorio, ha istituito un vero e proprio master in gestione dell'accoglienza. L'Università di Firenze ha avviato un progetto pilota e noi abbiamo messo a disposizione le mie strutture e il mio territorio. Vediamo quello che sarà.
  Ovviamente, però, si torna alla qualità e alla capacità di risposta degli operatori che ci sono. Se uno fino al mese prima ha fatto il pizzaiolo, probabilmente sul fatto che sia il miglior gestore di CAS dell'universo qualche Pag. 7 perplessità ce l'ho. Se, invece, è una struttura che ha fatto questo di mestiere o che comunque ha gestito disabilità e ha operato in questo campo, è molto più facile che abbia un approccio positivo a questo tipo di gestione.
  L'onorevole Carnevali chiedeva di flessibilità e turnover degli enti locali. Dio la benedica, nel senso che noi lo ribadiamo con forza e lo chiediamo perché, oggettivamente, l'anagrafe è questa. Sapete che, nel momento in cui c'è l'introduzione, poi bisogna accompagnarli con le forze dell'ordine ed è meglio la Polizia municipale, secondo me, delle forze dello Stato, benché facciano altro.
  Ne abbiamo bisogno ai servizi sociali, perché tecnicamente, se si vuole avere un controllo, c'è bisogno di persone qualificate ed esperte che rispondano all'amministrazione comunale. In merito, quindi, ribadiamo la richiesta, se possibile, ad avere uno sblocco della capacità assunzionale, almeno nei settori più esposti.
  L'onorevole Patriarca faceva riferimento alla puntualità nei pagamenti. Credo che, dopo una fase complicata, adesso la situazione – per quanto ne sappiamo noi – dovrebbe essere in fase di risoluzione. I soldi sono arrivati. Se ci sono casi, siamo noi i primi a essere interessati, ma almeno nel sistema ANCI particolari tensioni non ci sono state segnalate, mentre c'è stato un periodo, probabilmente soprattutto nel momento dell'audizione, in cui c'erano delle difficoltà non banali ed era tutto bloccato.
  Per esempio, l'onorevole Patriarca ci parlava di una migliore comunicazione delle esperienze dello SPRAR. Siamo stati, anzi i colleghi sono stati – io non sono potuto andare – al Parlamento europeo prima delle vacanze di Natale e stiamo facendo interviste ai sindaci che hanno già questo tipo di esperienza sul territorio.
  Segre ha vinto il bando di concorso per realizzare un documentario, un docu-film, su questo tipo di esperienze. Proveremo a lanciare il tema anche in maniera massiccia. Cerchiamo di raccontarlo il più possibile, consapevoli che questo non è un tema esattamente popolare. Non è che porti tutte queste pacche sulle spalle e tutti questi consensi. È complesso da raccontare. È molto più facile raccontare altro.
  Ve lo posso assicurare, perché lo vivo quotidianamente. Il tema è molto complesso. Capiamo che è fondamentale per il futuro di questo Paese, perché tanto è così e sarà così per un altro po’, ma è molto difficile da raccontare. Noi ci stiamo strutturando per provare a fare il più possibile comunicazione a questo riguardo.
  Come inciso veloce, finché ci regge Papa Francesco non è poco. Io ero uno degli 80 sindaci invitati in Vaticano ai primi di dicembre insieme a tutti i sindaci europei, un'occasione strepitosa. Finché ci regge il Papa, non è poco.
  L'onorevole Moretto suggeriva l'incrocio delle banche dati. Siamo assolutamente favorevoli. Non è facile la burocrazia italiana, è piuttosto complicata, ma oggettivamente, sì, abbiamo la necessità di essere il più possibile snelli da questo punto di vista nella gestione del fenomeno.
  Soprattutto occorre l'incrocio tra banche dati dei comuni. Torno a dire, le grandi città strutturate ne hanno meno bisogno, ma, poiché poi il fenomeno ricade anche su comuni più piccoli, su comuni che hanno un'organizzazione minore, il fatto di poter mettere in fila le informazioni diventa fondamentale.
  Il sistema della privacy non è banale, ma va trovato un modo, perché anche qui si sta parlando di un settore molto particolare. Capisco i dati sensibili, ma siamo in una situazione molto più complessa.
  Gli onorevoli Beni e Gadda ponevano un tema, giustamente, piuttosto complesso, che è quello dei rimpatri. Paolo Beni ci chiedeva che cosa succede a chi riceve il diniego alla domanda di protezione.
  La situazione è la seguente. Voglio essere molto chiaro. Noi abbiamo una situazione per cui, in questo momento, al di là di tutto, siamo in un regime regolamentato da una legge che si chiama Bossi-Fini, così conosciuta. Abbiamo un sistema che prevede, in questo momento storico, tre passaggi, tre livelli di valutazione della domanda di status.
  Le Commissioni territoriali ora, dopo l'intervento del precedente Governo, su sollecitazione Pag. 8 di ANCI, sono state potenziate. Penso al caso toscano, dove alla Commissione di Firenze è stata aggiunta la Commissione di Livorno. Quindi, ne lavorano due, con tempi di risposte che sono oggettivamente europei, di tre o quattro mesi. Ci può stare. Sono numeri assolutamente congrui.
  Il problema viene dopo, e anche su questo stiamo sollecitando una risposta. So che sia il Ministro Minniti, sia il Ministro Orlando ci stanno lavorando, perché poi si entra nella fase dei ricorsi della giustizia ordinaria. Da lì si aggiungono a quei tre o quattro mesi di risposta delle Commissioni un altro anno o anno e mezzo.
  Questo significa avere sul territorio, in questo momento, persone che restano mediamente 18, 24 o 26 mesi prima di sapere esattamente che cosa siano. Faccio notare che stanno arrivando. Questo non è più un alibi, perché gli sbarchi del 2014 sono in definizione, per la grande maggioranza sono in definizione.
  Realisticamente, anche al termine dei percorsi di ricorso, consideriamo che le Commissioni accolgono circa il 20-25 per cento in primo grado – chiamiamolo così; non so come definirlo – dello status, che non è necessariamente l'asilo. Può essere anche un'altra forma di protezione. Sull'80 per cento dei dinieghi di chi ricorre, un ulteriore 20 per cento viene accolto in fase successiva. Queste sono, più o meno, le percentuali. Poi c'è un pezzo del 60-65 per cento di dinieghi.
  Tecnicamente, in questo momento storico, per come funziona la norma, questi soggetti sono clandestini e, secondo la legge Bossi-Fini, devono essere allontanati dal territorio. Questa è la situazione.
  In merito ognuno di noi ha la propria sensibilità e la propria idea. Ci sono proposte di vario genere. Ne possiamo discutere. Possiamo fare un ragionamento. C'è la valutazione sui nuovi CIE proposti dal Ministro Minniti. Ci sono una serie di ipotesi in campo. Ci sono alcuni miei colleghi che spingono per l'umanitario e ci sono miei colleghi che, piuttosto che dare all'umanitario, sono pronti a barricarsi in Palazzo comunale con le bombe a mano.
  La situazione è variegata, però dobbiamo essere realisti e coerenti verso di noi. Tecnicamente, oggi, 25 gennaio 2017, il soggetto che al termine dell'iter è clandestino è da allontanare dal territorio. Punto.
  Io qui mi fermo. Questa è una Commissione d'inchiesta. Non credo che sia il caso, ma siamo disponibili a fare valutazioni politiche su che cosa significa ciò. Segnalo solo che è necessario – nel Piano di programma e nell'accordo di programma ne abbiamo discusso e vorrei dire che ne abbiamo concordato con il Ministero dell'interno – chiedere a ognuno di fare la propria parte, perché, se la scelta del ministero, del Governo e del Parlamento è di mantenere in vigore questo tipo d'approccio, è necessario essere coerenti con questo tipo di approccio.
  Diversamente, segnalo – è abbastanza banale, ma mi sento in dovere di ripeterlo, rappresentando tutte le sensibilità e i comuni di questo Paese – che tecnicamente noi abbiamo degli irregolari sul territorio, senza la possibilità di intervenire, se non, per esempio, come fa la Regione Toscana, con il pronto soccorso e con le cure mediche non eludibili, senza la possibilità di dare in alcun modo, con tutto ciò che comporta. Si tratta non solo dell'impossibilità di lavorare per coloro che mai avessero trovato un posto di lavoro, ma anche dell'incapacità di poter dare risposta con i servizi sociali, con tutti i problemi, i disagi e i pericoli che questo comporta.
  Questo alla Commissione di inchiesta lo segnalo perché conduce l'inchiesta e questa è la situazione. Delle due l'una: o si mette in piedi un ragionamento alternativo a questo oppure è necessario che a questo si dia una risposta, se questo è l'impianto che si vuole mantenere, altrimenti rischiamo di non reggere l'urto di una situazione che adesso sta arrivando a compimento.
  Segnalo alla Commissione d'inchiesta anche un altro aspetto. Per esempio, Prato e Firenze – due città a caso – hanno ancora sul proprio territorio, senza sapere esattamente come andrà a finire, i mitici sbarchi della primavera del 2011. Queste sono persone. Bisogna dire qualcosa a questa gente. Io sono abbastanza in imbarazzo: bisogna Pag. 9dire sì o no, come o quanto, perché così non può funzionare. Non si può prendere in ostaggio la vita della gente. Su questo bisogna essere chiari fra di noi.
  Capisco le difficoltà del rimpatrio, per cui c'è la necessità degli accordi bilaterali e c'è la necessità di intervenire con l'Europa. Noi non abbiamo un accordo di rimpatrio con la Repubblica Popolare Cinese, ma sfido a trovare un cinese sbarcato da un gommone o arrivato a piedi dai Balcani. Poiché la Repubblica Popolare Cinese è un Paese che ha un suo perché, non si esce senza visto dalla Repubblica Popolare Cinese. Si sa chi esce, ma, quando c'è da farli rientrare, decide il Governo della Repubblica Popolare Cinese. Se uno è senza documenti e lo individuano come un vietnamita, in Cina non ci rimette piede, con tutto ciò che comporta, per uscire dal luogo comune degli africani o del Subsahara.
  Questo è un tema su cui bisogna fare una riflessione, perché, oggettivamente, la clandestinità comporta determinate conseguenze. La Bossi-Fini prevede l'allontanamento dal territorio. Lo faccio presente alla Commissione d'inchiesta e dico anche che, come abbiamo detto al ministro, nel sistema dei comuni su questo chiediamo la massima coerenza con la scelta che facciamo. Se modifichiamo la scelta, ne discutiamo in tempi rapidi e la modifichiamo. Se manteniamo questa, dobbiamo attrezzarci per far sì che questa sia la risposta dello Stato, altrimenti rischiamo che anche il buono che viene fatto si disperda in una situazione complessa e di difficoltà.
  Mi sembra che queste fossero, più o meno, le domande che erano venute fuori l'altra volta. Poi, se c'è qualcosa da aggiungere, fatemelo pure sapere.

  PRESIDENTE. Grazie, sindaco, per questo intervento e per questa relazione. Sicuramente i colleghi avranno da farle alcune domande. Si è già iscritta la Presidente del Gruppo.
  Prego, onorevole Carnevali.

  ELENA CARNEVALI. Grazie. Ne approfitto perché so che altrimenti continuiamo a farci le domande e a darci le risposte.
  Ovviamente, noi siamo tra coloro che pensano che l'impianto che il Sindaco Biffoni ci ha spiegato sia un impianto che questa Commissione persegue da tempo, sia dal punto di vista culturale, sia dal punto di vista dei modelli organizzativi, al netto delle enormi difficoltà che abbiamo avuto. Confermo non solo la sensazione, ma anche la realtà di un cambio di gestione, di direzione e di marcia con il nuovo ministro.
  Detto questo, più che fare della dialettica, devo porre delle domande su alcune questioni. C'è stato un dibattito che ha coinvolto anche alcuni deputati sulla questione relativa al contributo di 500 euro.
  In questo momento siamo d'accordo sul fatto di renderla magari una misura strutturale, con una doppia lettura. Da un lato, stiamo insistendo per fare in modo che più sindaci si attrezzino e partecipino al sistema SPRAR. Questo meccanismo di premialità rischia di non essere un incentivo per andare verso questo orizzonte. Si rischia, quindi, di ritornare non dico a premiare, ma a fare una sorta di compensazione su cui, senza programmazione, alla fine si ha il problema sul proprio territorio. La domanda è se anche voi avete fatto questa riflessione e se l'avete fatta anche con il ministero.
  La seconda domanda riguarda la questione delle decadenze e del rilascio della carta d'identità. Sul secondo punto, sulla carta d'identità, non ci sono solo regole che sono di livello nazionale. Siamo nel campo delle regole internazionali. Pertanto, modifiche a queste procedure, francamente, le vedo un po’ difficili. Può essere, però, che qualche margine ci sia, nonostante questo. Ciò consente e presenta il vantaggio almeno di sapere chi si ha sul proprio territorio e offre comunque la possibilità di avere accesso ai servizi che di norma vengono pagati dallo Stato.
  Per quanto riguarda, invece, il tema della decadenza, debbo dirvi che personalmente ho seguito molto sia l'uno, sia l'altro, anche su sollecitazione di molti sindaci. Nell'ultima mozione che abbiamo votato in Aula, alla Camera, la settimana scorsa, questo è uno tra gli impegni di cui abbiamo chiesto al ministro dell'interno si facesse Pag. 10carico all'interno del pacchetto giustizia che dovrebbe arrivare.
  Una questione su cui ci piacerebbe sentire un po’ la vostra opinione riguarda i lavori socialmente utili e la formazione, tema che è stato nel dibattito recentemente. Ovviamente, esprimo una posizione personale. Penso che abbia molto più senso e non si limiti solo alla costituzione di un patto civico e sociale tra chi accoglie e gli accolti e a una sorta di «restituzione». Penso che vada oltre questo, nell'ottica di garantire più facilmente i processi di inclusione e di formazione.
  Dovremmo vederlo con il combinato disposto dell'ultima questione che il sindaco ci ha detto, ossia che, alla fine, dobbiamo decidere quale modello scegliere rispetto alla regolarizzazione. Possono anche essere – peraltro, alcuni Paesi, senza nasconderlo, lo fanno – una sorta di investimento rispetto a nuove generazioni. Ovviamente questo ha qualche impatto, ma mi sentivo di chiedere che cosa ne pensa.
  Aggiungo due ultimissime cose sulla questione degli standard. Il riferimento è soprattutto alla questione dei minori stranieri non accompagnati. In merito abbiamo un riferimento alla legislazione nazionale, in particolare alla legge n. 328, che dà la possibilità, anzi lascia la scelta, per via costituzionale, dei modelli organizzativi alle Regioni.
  Che cosa comporta questo? Comporta che, soprattutto nel caso di minori non accompagnati, abbiamo strutture accreditate con standard particolarmente alti, quando abbiamo 17.000 minori di cui 10.000, di cui sappiamo, sono soprattutto adolescenti dai 15, 14 e 17 anni.
  Molto probabilmente, si potrebbe pensare di riuscire anche ad avere modelli organizzativi che garantiscano standard molto alti dal punto di vista della formazione, dell'emancipazione, dell'autonomia e dell'alfabetizzazione, non necessariamente avendo come modello quello classico che abbiamo adesso, che riguarda le comunità per minori con standard che costano ai comuni 90-100 euro giornalieri.
  Da questo punto di vista insisto fortemente e metteremo questo punto anche nella sintesi della relazione che stiamo preparando, perché, secondo me, il passaggio dovrebbe essere dall'accordo che è stato fatto tra ANCI e Ministero dell'interno per tutta la filiera degli argomenti che abbiamo trattato. La stessa cosa dovreste farla in accordo con le Regioni e con il ministero, perché questo tema va affrontato.
  In relazione all'impatto e alla resistenza, devo dirvi, peraltro, che qui non c'è una resistenza solo a non avere migranti. C'è una resistenza a non avere migranti minori, perché hanno un impatto soprattutto per le doverose politiche che dobbiamo ai minori, non solo perché abbiamo le convenzioni internazionali, ma anche per dignità e per rispetto di coloro a cui dobbiamo rivolgerci. Ovviamente, hanno un impatto economico rilevante.
  A guardare bene, ce ne sono molto pochi di quelli che se li prendono volentieri. Possibilmente non lo fanno. Poi, quando un comune li ha, si pone il problema che, soprattutto per alcuni comuni piccoli, neanche meccanismi di solidarietà all'interno degli ambiti riescono a reggere. Abbiamo, quindi, i bilanci dei comuni che saltano.
  In questo caso chiedo un impegno da parte di chi in ANCI si occupa del tema dell'immigrazione. In sostanza, sto chiedendo un impegno diretto per darci una mano da questo punto di vista, insieme anche con le Regioni, perché questo obiettivo si possa realizzare.
  Per il momento mi fermo qui.

  PAOLO BENI. La prima questione non la ripeto, perché è una delle domande che faceva già la collega, ed è la questione delle attività di interesse. Io, che vedo molto sfavorevolmente questa questione, penso però che occorra un supplemento di elaborazione, forse anche normativa, non so a quale livello di normazione. Comunque, eviterei di parlare dei lavori socialmente utili, ma parlerei di attività di interesse per la comunità sociale che ospita, lavori che diventano anche di «restituzione» nei confronti della comunità e che sono anche propedeutici all'integrazione, utili ai processi di integrazione. Penso che questo sia un tema interessante, che risolverebbe molti problemi. Pag. 11
  La seconda questione è quella dei rimpatri e il nodo che c'è. Il nodo è stato affrontato di petto dal nuovo ministro. Alcuni di noi hanno avuto, anche recentemente, uno scambio di idee personale, informale, con il ministro su questa tematica.
  Sappiamo che il problema esiste ed è serio. Peraltro, mi interessa particolarmente avere il punto di vista sia del Biffoni sindaco, sia del Biffoni dirigente politico dell'ANCI per capire che discussione c'è dentro l'associazione dei comuni. Tutti abbiamo approvato delle mozioni, anche in Aula la settimana scorsa, in cui si dice che il sistema va semplificato e che va accelerata la procedura dell'esame delle domande. In parte è stato fatto e va fatto sulla parte del ricorso giurisdizionale. Ci sono delle ipotesi. Probabilmente arriverà un decreto su questo.
  Facciamo, attenzione, però, perché ora abbiamo un trend degli arrivi che conosciamo, quello dell'accoglienza, che cresce in modo a dir poco esponenziale, perché si intasano i percorsi. Nel momento in cui sblocchiamo l'iter e prendiamo una serie di decisioni accelerate, si riverserà sul territorio un'ondata di presenze irregolari. Questo lo dobbiamo mettere in conto.
  Quello che a me pare di capire – poi leggeremo i provvedimenti, nel momento in cui verranno partoriti – è che ciò che ha in mente il Governo sia comunque di dare una maggiore efficienza alle procedure e anche ai centri che favoriscono i percorsi di rimpatrio. È impensabile, però, e non mi sembra che sia nelle intenzioni del Governo costruire una situazione in cui tratteniamo forzatamente decine di migliaia di persone. Questo non è pensabile, altrimenti ci raccontiamo una cosa non vera.
  È vero che, in prospettiva, la soluzione è quella di limitare gli arrivi e di farli ritornare, ma diventa quasi inevitabile interrogarsi, al termine di questo percorso, in cui si è dimostrato che si è in grado, anche come Stato italiano, con efficienza di effettuare rimpatri quando vanno effettuati, sull'ipotesi di un provvedimento straordinario di permesso umanitario per una fetta consistente che rimane fuori. Credo che questo sia anche l'orientamento. Domando se sia l'orientamento da parte dei sindaci che con realismo dicono di prendere atto di una situazione.
  Aggiungo una considerazione, chiedendo un parere. Mi domando se non si ritenga che poi, alla fine, il problema sia difficilmente risolvibile finché continuiamo a rimettere tutto al tema delle richieste di protezione internazionale dei richiedenti asilo, in sostanza al tema delle domande di migrazione verso il nostro Paese e verso l'Europa. Sappiamo benissimo tutti che l'alta percentuale di dinieghi è legata semplicemente al fatto che nel flusso dei richiedenti asilo passa anche una domanda di immigrazione che non è possibile porre in altre forme, perché l'attuale Testo unico dell'immigrazione, modificato dalla Bossi-Fini, rende impossibile l'ingresso per ricerca di lavoro.
  Per esempio, che cosa c'entra l'audizione dell'ANCI? C'entra in questo senso: non ritenete che occorra un'iniziativa legislativa, che deve essere del Parlamento (altrimenti che cosa ci stiamo a fare? Ci proviamo dall'inizio della legislatura, anche se fra poco sarà finita), cui però potrebbe anche affiancarsi un'iniziativa dei comuni stessi, i quali, essendo gli enti pubblici che sul territorio sono vicini ai problemi delle comunità locali, hanno materialmente questo problema di persone, come diceva il sindaco, che sono poi esseri umani? Che ci facciamo con queste persone? È vero che, a norma di legge, le prendiamo e le riportiamo in patria, ma non lo possiamo fare, non siamo in grado.
  Chiedo se non si ritenga che si debba aprire una discussione che coinvolga il Parlamento, ma anche gli enti locali su questo tema, che forse, oltre ad affrontare e gestire con buonsenso, umanità e rispetto delle leggi, l'afflusso straordinario dei richiedenti asilo, si ponga anche il problema di modificare le politiche dell'immigrazione.
  Come ultima cosa, auspico che, con i provvedimenti che arriveranno a breve, ci sia anche un provvedimento che faccia un po’ di ordine sulla tipologia dei centri e sugli standard che riguardano le modalità di affidamento, le tipologie dei servizi, le modalità di gestione e di controllo. Su questo chiedo se si può avere qualche notizia Pag. 12 in più rispetto alla discussione interna fra i comuni che c'è stata, anche in riferimento a quel protocollo, che lei citava, sugli standard minimi.
  Questo per l'attività, per esempio, della nostra Commissione è un punto centrale. Noi abbiamo verificato situazioni di eccellenza e situazioni di disastro. Anche a conclusione del lavoro della Commissione dovremmo tirare le fila di questa storia, secondo me.
  Scusate la lunghezza.

  MARIA CHIARA GADDA. Vorrei porre un'altra questione, di cui in genere si parla poco e su cui vorrei chiedere eventualmente informazioni e notizie anche ad ANCI.
  In occasione della missione che abbiamo svolto a Como, anche con la presenza del presidente, abbiamo riscontrato – da fonte prefetto e anche da altre fonti – il tema delle riammissioni semplificate da un Paese estero, come la Svizzera, verso il confine italiano, riammissioni semplificate che avvengono in modo abbastanza anomalo, segnalato anche da studi e indagini dell'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione.
  Tali fenomeni sono legati, in particolar modo, al tema dei minori non accompagnati e anche a persone con disabilità. È successo anche questo. C'è l'impossibilità da parte dei profughi potenziali richiedenti asilo di poter formalizzare le richieste, in questo caso in Svizzera, ragion per cui queste persone vengono riportate al confine italiano, senza possibilità di far ricorso.
  Il tema è ancora più grave per quanto riguarda i minori non accompagnati, per cui queste norme non si dovrebbero applicare in questo modo. Sono norme che risulta vengano applicate anche in maniera abbastanza anomala, attraverso una sorta di respingimento di massa. È come se questo potesse nascondere delle politiche di ingresso pianificate, cosa che le norme internazionali non prevedono, perché le richieste di forme di protezione sono richieste individuali e non possono essere collegate a ingressi programmati.
  Pongo una domanda e una richiesta. La domanda è se, oltre a questo caso che è stato riscontrato a Como, ne avete riscontrati anche altri e se in merito esistono degli studi che possano dare anche un senso e una quantificazione a questo fenomeno. Anche con il sostegno dei colleghi ho depositato un'interrogazione che riguarda quel caso specifico. Vorrei sapere se da parte di ANCI questo fenomeno è stato anche formalizzato al ministero, in questo caso, degli affari esteri e non soltanto degli interni.
  A quelle amministrazioni locali il tema provoca anche alcuni problemi di gestione del fenomeno sul territorio, perché, nel caso di Como, si parla di diverse migliaia di persone. Ripeto, essendo queste politiche concentrate in alcuni periodi dell'anno, non so dire se con casualità o meno, ciò significa che sul territorio italiano si tratta di dover gestire centinaia o migliaia di persone nello stesso giorno e, nello stesso momento, numeri molto alti di minori non accompagnati.

  SARA MORETTO. Molto velocemente anch'io intervengo con due domande molto precise. Non mi dilungo in considerazioni che avevamo già fatto anche l'altra volta. La prima domanda riguarda lo SPRAR. Ovviamente, almeno personalmente, condivido l'impianto che ha esposto il sindaco Biffoni e, quindi, la necessità di andare verso la direzione di una diffusione e di un aumento significativo della rete SPRAR, con il coinvolgimento dei comuni.
  Vorrei chiedere quali sono gli incentivi veri che possono spingere oggi un sindaco ad aderire. La Commissione venerdì scorso era a Cona. Veniamo, quindi, da un territorio nel quale a pochi chilometri di distanza, come diceva prima il sindaco, ci sono due centri, uno da 900 e uno da 1.200 richiedenti asilo, adesso, in un territorio in cui ci sono 4 comuni su 44 che aderiscono al sistema SPRAR e nel quale quasi la metà non ha alcun migrante.
  Devo dire che la misura dei 500 euro, questo incentivo economico, come lo chiamava prima la collega Carnevali, non è un elemento che incentivi lo SPRAR. Devo dire anche che c'è una certa sordità da parte di tutti i sindaci sui vantaggi dello SPRAR. Molti, onestamente, non lo conoscono e ne parlano senza conoscerlo fino in fondo. Pag. 13
  Voglio capire se questo cambio di direzione lo percepite all'interno dell'ANCI, perché sta un po’ cambiando il sentimento, e se ci sono degli incentivi veri per i quali dovrebbe avvenire questo cambiamento.
  L'altra questione riguarda la residenza, sulla quale avevo posto la questione l'altra volta. Siamo tutti consapevoli che ci sono delle norme che vanno rispettate e che, ovviamente, abbiamo a che fare con delle persone e non con dei numeri. Accanto alle formalità, c'è quindi tutto un sistema che riguarda la cura della persona e il fatto che questi soggetti non possono essere abbandonati a se stessi. Su questo non si può neanche discutere e sono pienamente d'accordo.
  Cito il caso, però, del centro di Cona, che abbiamo visitato. Quei 1.240 migranti non richiedono la residenza perché sono in un centro demaniale identificato come centro provvisorio di residenza. Ovviamente, non dico che sia la soluzione, ma non è la stessa condizione che ha un richiedente asilo in una struttura temporanea ma di altra proprietà nel territorio? Mi è stato detto che, essendo quello un centro demaniale e di permanenza temporanea, non c'è l'obbligatorietà per il comune di Cona di dare la residenza.
  Sono sicura. Ne ho parlato col prefetto e ho saputo che quelle persone non possono chiedere la residenza.
  Se il principio è quello della temporaneità di permanenza delle persone in un luogo nel quale risiedono temporaneamente per la pratica, perché quest'analogia di criterio non è replicabile in strutture temporanee di altro tipo? Non parlo dello SPRAR, ma di strutture temporanee che sono nel territorio comunale. Chiedo se avete una risposta, perché personalmente non ce l'ho. Però è così.

  CAMILLA SGAMBATO. Pongo una domanda al volo. Mi dispiace essere arrivata in ritardo e non aver ascoltato la relazione.
  La mia domanda è: come incentivare i sindaci ad aderire – anche nelle Regioni del Mezzogiorno aderiscono pochissimi sindaci – a fronte di comuni che hanno una fortissima presenza soprattutto di irregolari?
  Noi abbiamo presentato un'interpellanza urgente, l'altro giorno, a proposito del comune di Castel Volturno, un comune di 20.000 abitanti, con un sindaco che ha mostrato grandissima capacità di porre in essere attività di accoglienza e convivenza. I 4.000 regolari non hanno mai creato problemi. Abbiamo l'Associazione Jerry Maslow. Si creano attività di «restituzione» e i migranti vengono anche coinvolti in attività di sperimentazione.
  Il problema sono gli irregolari. Abbiamo chiesto al ministero se fosse possibile almeno classificare questo comune come un comune con un maggior numero di abitanti proprio per avere risorse non solo finanziarie, ma anche umane che potessero far fronte a questo problema. Se un comune di 20.000 abitanti ne ha 15.000 irregolari, diventa una situazione insostenibile. Il sindaco ci diceva che non sa come pagare nemmeno i funerali di questi irregolari.
  Vorrei chiedere che cosa potremmo fare per dare la possibilità a questi comuni di avere maggiori forze dell'ordine, per esempio. Rispetto agli anni Novanta, hanno un terzo dei Carabinieri e delle forze di polizia sul territorio, il che crea una situazione davvero esplosiva. Non so voi che cosa potete consigliarci a questo proposito.

  PRESIDENTE. Rivolgo anch'io una domanda al sindaco, alla luce anche delle affermazioni che ha fatto la dottoressa Caprara quando è venuta qui in audizione e ci ha esposto l'inefficacia, o non sufficiente capacità, di accoglimento dei progetti SPRAR per i minori non accompagnati.
  C'erano delle disponibilità economico-finanziarie, ma non c'è un'adesione da parte dei comuni. Quali sono, secondo la vostra valutazione e le vostre considerazioni, i motivi per i quali i comuni non hanno aderito a questi progetti? I 45 euro a minore proposti sono insufficienti, oppure si tratta di un problema più di carattere generale e politico, legato alla complessità che la presenza di minori può determinare nel proprio territorio?
  Quali sono i motivi dell'inefficacia di questa possibilità, che, secondo la dottoressa Caprara, dovrebbe vedersi anche ampliare, Pag. 14 perché ha annunciato risorse e finanziamenti europei importanti su questo fronte? Mi sembra un argomento da non sottovalutare, che va colto al volo. Una delle maggiori critiche che abbiamo nel nostro Paese è che non sappiamo utilizzare le risorse europee. Su un argomento come questo perdere l'occasione e l'opportunità che ci vengono offerte dall'Unione europea vorrebbe dire veramente raggiungere il colmo, proprio il colmo, in assoluto.
  Ci sono problemi su come sono stati definiti i bandi dello SPRAR per i minori accompagnati? Ci sono vostre proposte di miglioramento di questi bandi e di queste modalità? Mi sembra un argomento che può essere anche utile – mi rivolgo all'onorevole Carnevali – per il lavoro che stiamo facendo con la Commissione.
  Ovviamente, sindaco, risponda per quello che è di sua competenza e conoscenza.
  Do la parola al sindaco Biffoni per la replica.

  MATTEO BIFFONI, delegato ANCI per l'immigrazione e le politiche per l'integrazione. Cercherò di essere veloce.
  Se mi permettete, i minori li trattiamo alla fine, altrimenti si fa confusione. Sono due piani che si intrecciano, ma sono diversi.
  Parto dai 500 euro. Qui la situazione è un po’ diversa.
  Quando il Presidente del Consiglio a Bari, durante l'Assemblea nazionale dell'ANCI, chiese a me e agli altri sindaci quale fosse un modo per non incentivare, perché questi vengono ex post, ma per dare una pacca sulla spalla, per dare un segnale di vicinanza, per dare il segnale che siamo tutti sulla stessa barca ad affrontare questo fenomeno, io gli dissi di dare ai comuni dei soldi da spendere liberamente.
  Noi abbiamo bisogno di risorse, per cui, se arrivano sul territorio dei soldini extra, uno si rifà la piscina, un altro rimette a posto una strada, un altro ancora ci fa la «Festa dell'orso», un altro ci fa la sagra del vino, un altro ancora li spende per le borse di studio dei ragazzi... E siamo tutti felici. Questo è stato fatto.
  I 500 euro che avete votato in legge di stabilità non sono un incentivo, sono un patto fra noi e il Governo per il disturbo. Come diciamo, citando Papa Francesco, sono un bonus per lo sforzo. È per questo che, in questo momento storico, essendo un bonus per lo sforzo, va bene che sia dato a tutti. C'è chi li ha presi volentieri, chi li ha presi con lo SPRAR, chi li ha presi protestando; ma li hanno presi. Di questi 8.000 comuni, ce ne sono stati 2.200 che si sono caricati il peso di queste 178.000 presenze sul territorio. Questa è una partita.
  Questi vengono ex post. A un certo punto, a Bari – era novembre o ottobre, non ricordo – si è preso il 24 ottobre come data di riferimento. Si poteva prendere anche il 1° novembre, il 24 aprile o il 15 marzo, ma si è preso il 24 ottobre per chiedersi: quanti ce ne sono a Firenze? Tot. Bene. Si fa per 500. Quanti ce ne sono a Prato? Tot. Per 500.
  Quella è un'altra partita. I 500 euro non ... e, coerentemente, 100 milioni finanziati. Adesso a febbraio arrivano in pagamento da spendere liberamente. Questa è la forza. Io deciderò cosa farci. In questo modo ognuno di noi non è legato all'emergenza profughi.
  A proposito di incentivi – vengo alla risposta alle domande che sono state fatte – che cosa ci serve? Ci servono risorse, economiche in primo luogo, perché abbiamo bisogno di poter mettere in campo risorse liberamente spendibili per far sì che l'accoglienza sia il più possibile morbida. Abbiamo bisogno di risorse da mettere sul territorio per sistemare una scuola, per mettere a posto una strada, per far sì che quello che ci chiedono i nostri concittadini – e che le amministrazioni comunali non sempre riescono a fare – trovi un'altra fonte di finanziamento. È brutto? Sì, lo noto anch'io, perché si utilizzano le persone per ottenere risorse, però funziona così.
  Se mi posso permettere, chiedo al Parlamento di far diventare quello un incentivo, cioè di strutturare prima. Devo sapere all'inizio quanto posso incassare, facendo questo tipo di lavoro, legandolo con un incentivo maggiore, secondo me, a chi fa SPRAR rispetto a chi, invece, ha CAS. Pag. 15
  Questa è la mia posizione personale. Non è condivisa con ANCI, perciò me ne assumo la responsabilità. Io sono, comunque vada, per finanziare anche chi dovesse prenderli d'ora in poi con il sistema prefettizio, modulando. Chi li subisce? Modulando: se uno fa SPRAR, prende tot, se fa CAS, tot meno. Questo mi sta bene, anche perché li subisce. Questa è la mia posizione, però.
  Abbiamo bisogno, ovviamente, di possibilità di assunzione. Lo dicevo prima. Io lo chiedo per tutti, ma almeno nei settori più esposti, come Polizia municipale, anagrafe, servizi sociali. Fateci assumere, altrimenti non reggiamo.
  Ovviamente, c'è la clausola di salvaguardia, che do per acquisita e per scontata. Se faccio SPRAR e so che nel mio territorio me ne toccano 100, e son 100. Magari sono 98 o 102, ma sono 100, perché questo è l'altro patto con lo Stato.
  Poi abbiamo bisogno di sburocratizzare determinati tipi di percorsi. Ne ha parlato il Ministro Delrio, ne ha parlato il presidente nazionale con Cantone, ne abbiamo parlato con tutti: il Codice degli appalti è pensato per gli appalti, questa è un'altra parrocchia, perché ci sono delle persone e ci sono delle delicatezze di inserimento sui territori che necessitano di un trattamento particolare.
  Prestiamo attenzione: è vero che la gara è sintomo, di solito, di trasparenza e pulizia, ma facciamo attenzione a proposito di ciò che diceva l'onorevole Gadda prima, ossia a chi partecipa alle gare e a come sono strutturate. Nel Codice degli appalti chiediamo che ci sia una particolare attenzione, un paragrafo a parte, un capitolo a sé stante, dedicato a questo tipo di fenomeno, in particolare per i piccoli comuni, perché se no non ce la si fa.
  Quindi, occorre incentivazione economica, ossia soldi, il più possibile. È brutale, mi spiace, è «terra terra», ma è così.
  Poi occorrono incentivazione delle assunzioni e capacità assunzionale.
  Occorre la certezza granitica che, se faccio un patto con lo Stato, lo Stato non lo viola: se sono 100 sono 100, se sono 102 non sono 200.
  Occorre poi una capacità di sburocratizzare e di rendere più agile e più agevole, pur nel rispetto della norma, della trasparenza e della correttezza, l'approccio alle questioni di cui stiamo parlando.
  Chiaramente, a questo si affianca la presenza dello Stato (Carabinieri, forze dell'ordine e tutto quello che serve, tribunali). Come comune, stiamo dicendo questo. Non è tanto complicato. È una cosa abbastanza semplice, in sé e per sé.
  Questo pacchetto completo lo possiamo proporre accompagnando e affiancando la qualità del progetto SPRAR e le risposte che il progetto SPRAR tendenzialmente è riuscito a fornire in questi anni. Secondo noi, può innescare il meccanismo virtuoso di cui stiamo parlando.
  Quanto ai lavori, sì, io sono favorevole – e questa posizione è condivisa con il presidente nazionale – acché si faccia lavorare queste persone. Ha ragione, si faccia fare loro delle attività come vi pare, esattamente come succede nei progetti SPRAR, che ci sono già. Non si toglie lavoro a nessuno, perché si aggiungono percorsi e meccanismi.
  Questo fa bene all'integrazione e anche a chi accoglie. Se vedi un ragazzo pulire un giardino, lo gestisci meglio rispetto a che se lo vedi ciondolare in una piazza. Questo serve anche a loro per conoscere la realtà del posto.
  Questo deve diventare un sistema formativo, però, affiancato all'altro obbligo, che deve diventare obbligo, della formazione linguistica, altrimenti non ce la si fa. Questo è un altro perno per far sì che si risolva uno dei temi più complicati per noi per gestire i ragazzi che stanno a ciondolare, in questo momento, in tanti comuni. Penso al mio, ma potrei farne un lungo elenco. Giocano sull'equivoco del volontariato, ma è volontariato puro. Io ne ho circa 470 nei CAS, un centinaio dei quali fanno attività di volontariato. Gli altri 370 ciondolano in Piazza San Domenico a cercare wi-fi.
  Bisogna fare il ragionamento anche con i sindacati. Capisco il valore del lavoro, capisco tutto, ne ho assolutamente rispetto e grandissima sensibilità, nel senso che so Pag. 16che è un argomento molto complicato. Bisogna essere capaci, però, di provare a leggere la realtà per quella che è. So che bisogna chiedere a tutti uno sforzo, perché quello sforzo rientra in un sistema di accoglienza. Non voglio nemmeno mettere come sistema che, poiché io ti accolgo, tu devi fare qualcosa per me. Lo metto come una forma di crescita e di inserimento nel contesto sociale, anche perché questo ci aiuta successivamente.
  Se tu mi dimostri di essere una persona che sa stare in questo tipo di meccanismo e magari hai anche la capacità di introdurti nel mondo del lavoro, per il discorso che abbiamo delle espulsioni, questa può essere una valutazione. È un patto civico. Non so come definirlo. In questo patto civico occorre che la lingua tu la conosca, perché – «buongiorno» e «buonasera» – a me serve per gestire meglio il fenomeno. Nello stesso tempo, se fai un'attività a favore della società, questo permette anche a me di mettere in campo delle politiche più utili. Va trovato il modo.
  La valutazione che faceva Paolo Beni, ossia il discorso dell'accelerazione dello status, mi trova d'accordo. Più si accelera, più il problema che abbiamo della definizione dello status va avanti.
  Paolo Beni poneva il tema dell'umanitario. Su questo mi rimetto a quello che dicevo prima. Non posso esprimere la posizione dell'ANCI semplicemente perché nell'associazione vivono e convivono situazioni e sensibilità estremamente diverse.
  Non mi sembra interessante dirvi quello che penso io. Vi riferisco, invece, quello che pensa l'associazione, in cui convivono momenti in cui c'è la volontà di andare verso il modello che anche l'onorevole Beni ventilava, ma la discussione è ancora lunga e ancora da farsi. Secondo me, questo sì, ANCI ha sollecitato più di una volta il tavolo di coordinamento nazionale al confronto su questo tema, altrimenti non ce facciamo.
  Credo, invece – e questo trova la massima condivisione da parte di ANCI – che si debba fare la rivalutazione del sistema dei flussi. Tutti voi siete esperti della materia. In questo momento il sistema è bloccato. Si entra in questo Paese coi barconi, oppure con permesso turistico o di studio. Non c'è altra via, perché il sistema dei flussi è sostanzialmente bloccato.
  Vorrei far presente, come voi sapete, che, in questo momento, vigente la norma, anche se si riaprissero i flussi, uno può venire a lavorare in Italia se ha il lavoro quando è in Algeria o in Sudan. Qui sto zitto e mi fermo. Ci rendiamo conto che, se si dice di andare verso questo tipo di percorso, questo passaggio... Sono già qui questi migranti. Anche se tecnicamente volessero, o tu «te li piombi», li rispari in Libia... Qui mi fermo, altrimenti potrei andare oltre il mio ruolo in questo momento, però su questo bisogna fare un ragionamento.
  In merito al sistema dei flussi, per quello che può essere in un sistema di crisi, in un momento difficoltoso, in cui si dice che devono venire prima gli italiani – facciamo tutti i discorsi del mondo – a un certo punto nella vita capita che questi ragazzi lavorino, che trovino lavoro, che siano in situazioni diverse rispetto a quelle di partenza e di arrivo. Credo che su questa partita i comuni per primi, ma anche il Governo centrale e il Parlamento, debbano intervenire in tutti i modi.
  Aggiungo solamente un tema, quello del rimpatrio volontario assistito. Buona parte dei migranti sono economici. Possiamo ragionare, secondo me, sull'accompagnare queste persone in un percorso di crescita e di accompagnamento, con la possibilità di vivere e di mangiare attraverso il sistema del rimpatrio volontario assistito. Chiediamo, ovviamente, anche su questo uno sforzo economico, perché gratis non è.
  Passiamo allo standard dei centri. Su questo vi faremo avere, senza perdere tempo, copia del protocollo d'intesa sottoscritto in cui ci sono come standard minimi lingua, pulizia, gestione cure sanitarie. Questo sarà nostro compito assolutamente farvelo avere.
  Apriamo la discussione, ognuno anche nei partiti e nelle sedi opportune, e discutiamone assolutamente, consapevoli che, più acceleriamo l'esame dello status, più questo problema si farà impellente. Pag. 17
  L'onorevole Gadda pone un tema che definire anomalo è molto politicamente corretto e molto gentile, perché, oltre la situazione di Como, abbiamo Ventimiglia, che è una situazione piuttosto esplosiva e abbiamo la situazione della Slovenia. Sulla terra siamo un po’ distratti, perché la nostra attenzione è sui barconi, ma c'è il problema della terra. Situazioni simili a quelle di Como le abbiamo al confine sloveno e, ovviamente, il caso più clamoroso è quello di Ventimiglia, su cui mi quieto, perché non vorrei scatenare incidenti diplomatici internazionali, per quel poco che conto come sindaco di provincia, grazie a Dio. Qui siamo in una Commissione parlamentare ed è bene che taccia quello che penso su ciò che succede a Ventimiglia. Il sindaco vi spiegherà meglio di me, con parole sue, la situazione a Ventimiglia, che è una situazione vera.
  Su questo c'è un problema, però – fatemelo dire – di Unità Dublino. Abbiamo un problema di Unità Dublino. Credo sia ormai patrimonio comune e condiviso che la normativa firmata, vorrei ricordarlo, dall'allora Ministro Maroni è invecchiata. Non diamo valutazioni politiche. Diciamo che è invecchiata. Sono cambiati i tempi. Noi siamo politicamente corretti. Rappresento tutti i comuni d'Italia, perciò devo essere corretto e dico che è invecchiata.
  Questo problema si continuerà a riproporre, perché il nostro sistema rimbalza contro una situazione che normativamente è questa. Quindi, c'è anche il grimaldello normativo per rispedirci persone che oggettivamente qui non hanno alcun tipo di interesse a stare e che avrebbero la possibilità, invece, di stabilirsi da altre parti.
  Questo vale, ovviamente, in maniera, come giustamente dice l'onorevole Gadda, visibile – non so come definirla – per i luoghi di confine, quali Como, il Friuli, Ventimiglia. In realtà, vale però anche per il resto del territorio, perché ci sono decine e decine, centinaia oserei dire, di migranti sparsi sul nostro territorio che sarebbero pronti domattina ad andare in giro per l'Europa, perché hanno relazioni, perché hanno familiari e, invece, sono bloccati.
  Non si vedono perché non rimbalzano come, invece, succede a Como, dove c'è una situazione piuttosto complessa. Ho parlato con l'assessore. Oltretutto, stanno facendo un lavoro oltre le loro possibilità. Questo è un problema su cui il Paese si deve far sentire, ma parte tutto dalla revisione dal sistema Dublino, dall'Unità Dublino, che deve essere forse più aggressiva su questo tema.
  Ripeto, il problema c'è. C'è a Ventimiglia – se andate a parlare col sindaco, ve lo racconterà bene – e c'è in tutta la fascia friulana a ridosso con la Slovenia.
  L'onorevole Moretto parlava di incentivi. Il problema di Cona è che avrebbe dovuto essere un centro temporaneo. Ricordo a tutti, e poi mi taccio, quello che è successo a Mineo: facciamo attenzione a quello che si fa. Nell'ottica redistributiva che ha spinto il lavoro di ANCI vorrei segnalare, senza anticipare niente, che nei paesi sotto i 2.000 abitanti prevediamo presenze di nuclei familiari e niente di più. Qui siamo di fronte a un fenomeno molto particolare. Quella avrebbe dovuto essere una stazione emergenziale, un punto d'appoggio, l’hub, il polo redistributivo, cosa che non è mai avvenuta.
  Mi taccio, nel senso che è competenza del ministero. Oggettivamente è competenza del ministero e del prefetto del posto. Onorevole, me lo faccia dire: io comprendo tutto, ma il patto è patto. Se c'è chi li prende perché fa lo SPRAR e c'è chi non li prende perché da questo sistema vuole stare fuori, chi decide di non prenderli li prende con la forza. E qui mi taccio.
  Sugli irregolari e gli incentivi ce lo siamo detti. La situazione è quella che è. Ci sono situazioni a Sud abbastanza a macchia di leopardo, situazioni più complesse e situazioni meno complesse. Sugli irregolari torno al discorso di prima: il problema c'è e va preso in considerazione per quello che è, perché in questo momento la norma dice una cosa ben precisa.
  Non voglio andare oltre. Sul tema che poneva l'onorevole Beni dei permessi, facciamo una discussione, che deve ovviamente scaturire dalle sensibilità politiche del Parlamento, del Governo e anche dell'amministrazione Pag. 18 comunale. Sicuramente diranno la loro. In questo momento, però, la legge la dobbiamo applicare e più di questo non possiamo fare.
  Passando ai minori stranieri non accompagnati, mi sarei voluto tener fuori da questa materia, perché, secondo me, merita un discorso a parte. Noi – lo diceva l'onorevole Carnevali – aspettiamo le Regioni con le linee-guida. Le abbiamo già sollecitate non so da quanto. È una vicenda che ha una storia alle spalle. Su questo fronte la situazione non la gestiamo più.
  Perché non funziona, dice il presidente? C'è una previsione di 45 euro. Noi mediamente, per dare un'accoglienza dignitosa al minore straniero non accompagnato, ne spendiamo il doppio. C'è una questione di tutela legale. Il mio collega di Palermo ha 850 ragazzi sulle spalle. Si va in galera anche per molto meno. Non è banale una situazione del genere. Anche su questo va fatta una valutazione, che diventa complicata.
  Ribadisco una cosa che credo di aver già detto in questa Commissione. Non lo ricordo. Forse l'ho detto in un'altra Commissione o altrove. Lo ripeto qui. Colgo l'occasione. Stiamo chiedendo, come sistema ANCI, che, mentre ci riorganizziamo sui territori e mentre le Regioni ci faranno la grazia di farci sapere, prima o poi, come vogliono fare con le linee-guida, che stiamo aspettando ormai da anni, la prima accoglienza in luoghi protetti e dedicati in cui si faccia effettivamente lo screening e in cui si capisca chi sono questi soggetti, si capisca che età effettiva hanno e in cui si capisca se hanno subìto violenze oppure no, deve essere fatta in centri specializzati, che solo lo Stato centrale può costituire. Altrimenti non ce la si fa. È impensabile.
  È complicato ricevere sul territorio un trentenne che arriva da Pozzallo o da Lampedusa nel cuore della notte e in una situazione di emergenza, sotto l'acqua, quando piove che Dio la manda, e c'è un freddo che non ci si sta. Non si sa nemmeno, a volte, come sistemarlo. Figuriamoci che cosa significa ricevere sul territorio, in piena notte, quando piove che Dio la manda e fa un freddo che non ci si sta e non sappiamo bene dove metterlo, un minore straniero non accompagnato, che ha bisogno di percorsi particolari! Magari è stato oggetto di violenza, in particolare se si tratta di ragazze, magari viene da un sistema a rischio tratta... Diventa molto complicato. Ci sono già alcuni centri, ma vanno estesi a tutte le Regioni dove, in prima accoglienza, sapendolo tutti, con consapevolezza, li si accolga.
  Prestiamo attenzione. Ci sono tanti comuni che lo fanno. Voglio qui ringraziare pubblicamente e rendere merito e omaggio al comune di Bologna, per fare un esempio, che si è fatto carico del problema. Anzi, se posso spendere una parola sul tema specifico, secondo me, il sindaco o l'assessore competente di Bologna ve lo potranno raccontare. È un comune che si è fatto carico di una responsabilità straordinaria, che però nel sistema che non gira, alla fine, si è ritrovato da un'esperienza assolutamente positiva a essere caricato delle responsabilità di tutto.
  Io già faccio il mio, nel senso che riesco a sistemare in un luogo protetto dedicato i ragazzi, i minori, lo strutturo, lo faccio per un comune che non è banale – sto parlando del comune di Bologna, un comune importante –... e poi mi ritrovo a essere caricato dei problemi di tutti!
  L'esperienza di Bologna ha scottato tutto il resto del mondo. A questo punto, come funziona? Uno è «becco e bastonato», come si dice dalle mie parti. Faccio un percorso, creo una struttura, formo gli operatori, metto le risorse, spendo un mucchio di quattrini, sono pronto a dire che, se arrivano i minori, ho un luogo protetto e sicuro, facendo anche un gesto di una politica avanzatissima, una cosa veramente importante e significativa... e poi mi trovo a caricarmi e a dover risolvere i problemi di tutti! Allora sto fermo e sto a subire la situazione. L'ho tagliato un po’ con l'accetta, ma questo è, più o meno, il tema.
  Noi chiediamo che in tutte le Regioni – candido la Toscana per prima; non so come devo fare – ci sia un luogo dedicato in cui, nel momento dell'approccio, ci sia personale professionale, qualificato, competente e preparato, che accolga i ragazzi in un Pag. 19primo momento. Da lì con calma, con i tempi dovuti, con la massima morbidezza si vede dove ci sono le possibilità, gli spazi, le situazioni migliori, cercando di creare dei percorsi assistiti. Diversamente, rischiamo veramente.
  Non è meramente la questione del costo, che pure è rilevante, perché a noi costa il doppio di quello che riceviamo dallo Stato. Per le casse dell'amministrazione comunale è tanto denaro. Sono ragazzi, i soldi sono spesi bene, sono un investimento. Va benissimo, ci mancherebbe altro. Nessuno di noi si tira indietro di fronte a questo. Alla fine della festa, però, c'è anche questo. C'è un sistema di tutela legale che carica la responsabilità sull'amministratore pubblico, il che non è banale, e poi c'è un sistema che, molto spesso, se crea difficoltà con l'adulto, figuriamoci col minore.
  Per questo chiediamo una «intercapedine», un cuscino, una fase d'atterraggio che permetta a tutti di gestire il tema nella maniera migliore. Se poi arriveranno le linee-guida regionali, come ci si augura, come auspichiamo e come continueremo a chiedere, e ci sarà un'incentivazione economica che risponda alle spese effettive che abbiamo sui minori e, alla fine, magari riparliamo e riconsideriamo l'idea della responsabilità legale, penso che anche su questo tema i comuni potranno fare la loro parte. In questo momento, però, realisticamente, la situazione è questa.
  Non entro sul resto del tema dei minori stranieri non accompagnati, perché ci sono le questioni dell'Albania, dell'Egitto, del riconoscimento dei 17enni... È tutto un affare diverso, su cui, secondo me, è bene che ci sia una questione dedicata, perché è un tema un po’ particolare.

  PRESIDENTE. Grazie, sindaco. Pongo una domanda solamente perché ci può essere utile.
  Nelle Regioni c'è una Commissione migranti che si occupa di questa questione?

  MATTEO BIFFONI, delegato ANCI per l'immigrazione e le politiche per l'integrazione. Se ne occupa il Consiglio di sicurezza.

  PRESIDENTE. Magari su questa questione delle linee-guida sulle strutture per minori non accompagnati potremmo eventualmente chiedere anche a loro e incentivare e sentire la tempistica.

  MATTEO BIFFONI, delegato ANCI per l'immigrazione e le politiche per l'integrazione. Loro hanno una Commissione. Il problema è che hanno un sistema particolarissimo, quello del diritto di veto. Quindi, basta una Regione...

  PRESIDENTE. Sappiamo come funziona la Conferenza delle Regioni.

  ELENA CARNEVALI. Volevo solo chiedere una cosa. Tra le politiche di accoglienza stiamo cercando di lavorare su politiche che riguardano anche la sicurezza. Volevo chiedere se ci sono state delle richieste specifiche da parte dei sindaci relativamente alla sicurezza urbana.

  MATTEO BIFFONI, delegato ANCI per l'immigrazione e le politiche per l'integrazione. Sulla sicurezza urbana c'è un disegno di legge che ormai da un paio d'anni circola, ma quella è una partita un po’ diversa rispetto ai migranti. Noi chiediamo di risolvere i problemi delle zone grigie, parcheggiatori abusivi, venditori molesti, prostituzione, che non sono in questo momento illeciti amministrativi. È una cosa un po’ diversa.
  Onorevole Carnevali, se ho interpretato bene, si tratta della questione su cui il Ministro Minniti ha lanciato l'idea dei CIE. La posizione che ANCI ha assunto, condividendola anche con il presidente, è sostanzialmente questa: il vecchio sistema dei CIE non ha funzionato, era una cosa che non stava né in cielo né in terra, un'offesa ai diritti e alla dignità delle persone. Riteniamo, però, che, in questo momento storico, avere la possibilità di fare espulsioni immediate e facilitate di soggetti che sono ritenuti, non dai comuni o dal Governo, ma dalla magistratura «socialmente pericolosi» – definiamoli in questo modo – sia cosa buona e giusta. Pag. 20
  Proprio per la delicatezza del momento che stiamo vivendo e poiché la normativa prevede l'allontanamento dal territorio dello straniero cittadino non comunitario, oltre alle sanzioni classiche come il carcere e tutto ciò che sappiamo, noi riteniamo che, in questo momento storico, per gestire al meglio la stragrandissima maggioranza di persone perbene che stanno arrivando, quelli che si macchiano di reati socialmente pericolosi debbano essere allontanati.
  L'altra iniziativa è cosa buona e giusta. Dateci gli strumenti per farlo, perché il DASPO, l'allontanamento, ci serve, ma il rischio è che il mio DASPO di Prato si scarichi su Firenze, quello di Firenze si scarichi su Pisa e quello di Pisa si scarichi su Prato. Bisogna stare attenti a questo tipo di fenomeno. Bisogna strutturare bene quel tipo di effetto.
  Ritengo – ma questa è la mia posizione, che ho cercato di spiegare – che chi si macchia di quei tipi di reati minori – penso all'abusivismo – debba essere espulso. Noi lo facciamo a Prato, senza grandi problemi. Deve essere sanzionato con l'espulsione dal sistema. Il sistema di protezione che noi chiediamo, in particolare se uno è nel sistema SPRAR, lo allontana immediatamente, perché noi non ci possiamo permettere situazioni di questo genere.
  Questo, secondo me, va generalizzato. Se da me viene uno di Pontassieve, deve funzionare anche a Pontassieve. Se uno di Prato va a fare queste cose a Pisa, deve funzionare anche a Pisa. Questo deve essere il sistema. Purtroppo, bisogna essere delicati nella gestione del fenomeno, perché poi c'è una comunità che accoglie.
  Quel pacchetto contiene tante buone cose, ma va strutturato. A questo si lega – fatemelo dire – una questione che per ora il Governo non ha accolto mai, ma che noi ribadiamo: è necessario rivedere e rimettere mano, proprio perché questo conferisce più potere ai sindaci, alla legge sulle Polizie locali, che è ferma dal 1982, quando nel 1982 le città erano sostanzialmente diverse da quelle di ora e avevano necessità molto diverse. Alle Polizie locali venivano chiesti interventi sui sinistri stradali, sui passi carrabili, sulle file in centro. Adesso, invece, chiediamo loro di fare interventi di altro genere.
  Monti nel precedente Governo ci ha tolto l'equo indennizzo sugli agenti di Polizia municipale. C'è una difficoltà assunzionale che equipara sostanzialmente la Polizia municipale alla Ragioneria. Un ragioniere di un comune non è un agente che sta in una città come la mia, come Roma, Firenze, Milano, Bologna o Torino. È necessario, secondo me, trattarli in maniera diversa.
  In sostanza, è necessario rimettere mano alla legge sulla Polizia locale. Se facciamo un pacchetto sicurezza e poi non gli diamo le gambe, rischiamo di fare una buona cosa in via teorica, ma poi di essere in difficoltà a renderlo operativo. Quindi, si farebbe peggio che mai, perché, a quel punto, ancora una volta il sindaco si troverebbe in difficoltà. Noi chiediamo anche che si accompagni una revisione delle competenze e delle possibilità di azione della Polizia locale, che ormai, secondo noi, è invecchiata.

  PRESIDENTE. Ringrazio il sindaco per la preziosissima collaborazione e per il contributo. Sicuramente avremo altre occasioni per confrontarci e aggiornarci, soprattutto al momento dell'ufficializzazione dell'accordo tra Ministero e ANCI ed eventualmente anche per le ricadute del nostro lavoro e un confronto con i vostri dati e le vostre segnalazioni.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.45.