Audizione del dottor Marcello Viola, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trapani, e dei sostituti procuratori dottor Andrea Tarondo e dottoressa Sara Morri:
Gelli Federico , Presidente ... 2 ,
Viola Marcello , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Trapani ... 2 ,
Gelli Federico , Presidente ... 4 4 ,
Morri Sara , sostituto procuratore presso il tribunale di Trapani ... 4 ,
Carnevali Elena (PD) ... 5 ,
Morri Sara , sostituto procuratore presso il tribunale di Trapani ... 5 ,
Viola Marcello , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Trapani ... 5 ,
Gelli Federico , Presidente ... 5 5 ,
Palazzotto Erasmo (SI-SEL) ... 5 ,
Rondini Marco (LNA) ... 6 ,
Burtone Giovanni Mario Salvino (PD) ... 6 ,
Carnevali Elena (PD) ... 6 ,
Gelli Federico , Presidente ... 7 ,
Palazzotto Erasmo (SI-SEL) ... 7 ,
Lorefice Marialucia (M5S) ... 7 ,
Gelli Federico , Presidente ... 7 7 ,
Viola Marcello , procuratore della Repubblica presso il tribunale di Trapani ... 7 ,
Gelli Federico , Presidente ... 7
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
FEDERICO GELLI
La seduta comincia alle 9.15.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Audizione del dottor Marcello Viola, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trapani, e dei sostituti procuratori dottor Andrea Tarondo e dottoressa Sara Morri.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Marcello Viola, procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trapani, e dei sostituti procuratori dottor Andrea Tarondo e dottoressa Sara Morri, che ringrazio per aver accettato il nostro invito.
La presente audizione mira a ricevere informazioni in merito al procedimento giudiziario che, secondo quanto recentemente riportato dagli organi di informazione, avrebbe messo in luce un sistema illecito di gestione di alcuni centri d'accoglienza in provincia di Trapani.
Un quotidiano ha anche riportato la seguente frase evocativa della nota vicenda denominata «Mafia capitale»: «Di sicuro questo è un modello molto simile a quello di Roma». La frase è attribuita al dottor Viola, che peraltro mi ha riferito per le vie brevi di non riconoscerne la paternità.
Resta comunque evidente l'interesse della Commissione ad approfondire le vicende oggetto dell'inchiesta, che immagino siano ancora avvolte da profili di riservatezza.
A tal fine avverto che la Commissione può in ogni momento disporre di proseguire i propri lavori in seduta segreta. Invito, quindi, il procuratore, nel corso del suo intervento, a segnalare quando sia opportuno, a suo giudizio, adottare il regime di piena riservatezza.
Nel dare il benvenuto al signor procuratore e ai sostituti procuratori e ringraziandoli per il contributo ai nostri lavori, preannuncio che mi riservo di proporre alla Commissione, alla luce degli elementi che emergeranno nelle odierne audizioni, l'acquisizione della documentazione relativa al procedimento in corso, ovviamente per le sole parti che investono la nostra competenza.
Do quindi la parola al procuratore Viola per lo svolgimento della relazione.
MARCELLO VIOLA, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Trapani. Buongiorno. Credo che a un certo punto dovrò pregare il presidente di passare dal regime pubblico al regime riservato. Faccio subito una premessa doverosa. Siamo in una fase delle indagini in cui parte degli atti è sicuramente ostensibile, in quanto è stata già utilizzata e depositata per l'adozione del provvedimento cautelare. Su questo è anche intervenuta sentenza in esito al giudizio abbreviato. Mettiamo, quindi, a disposizione della Commissione gli atti di questa parte della vicenda investigativa e ora processuale.
Si tratta, in particolare, degli atti cautelari nei confronti di Librizzi Sergio e cioè della richiesta del nostro ufficio del provvedimento di adozione di misure da parte del giudice e del dispositivo di sentenza. La motivazione non risulta ancora depositata. Questo consentirà alla Commissione di acquisire un quadro generale sull'origine della vicenda, che più specificatamente riguarda la gestione dei centri di accoglienza.
Tornando alla premessa e ricollegandomi a quello che diceva prima il signor Pag. 3presidente a proposito degli articoli di stampa, più che disconoscerne la paternità, vorrei fare una precisazione su quanto riportato da La Repubblica, e non solo. Faccio notare, peraltro, che già nel corpo dell'articolo vi è una differenza significativa rispetto al titolo, dove viene virgolettato «è lo stesso modello seguito da Buzzi». Nel corpo del testo, invece, si dice che «è un modello molto simile». Qualche perplessità l'aveva già suscitata questa differenza.
Parlando con il cronista – che è molto bravo e credo che il problema sia soprattutto di semplificazione giornalistica – sulla esistenza di affinità o di similitudini con il modello di Roma, si era detto che sicuramente vi erano spunti che potevano portare a ritenere che vi fossero elementi di contatto, di vicinanza e di similitudine. Spero di riuscire a chiarire, anche con l'aiuto dei colleghi – che conoscono più e meglio di me i contenuti effettivi dell'indagine – quello che intendiamo dire.
Sempre in premessa, devo dire che una parte delle indagini in questo momento è invece riservata e coperta da segreto istruttorio. Quando arriveremo a quella parte, chiederò di procedere in via riservata.
In punto di fatto, le dimensioni del fenomeno a Trapani sono – come credo emerga chiaramente dai mezzi di informazione – ormai da anni di rilievo imponente, sia per il numero di ingressi sia per il sistema che attorno a questi ingressi è nato.
A Bastico io mi sono recato un paio di volte, in occasione di fatti presumibilmente costituenti reato e che in alcuni casi hanno portato all'arresto di scafisti, per verificare di persona la situazione al porto. Il fenomeno colpisce per le sue dimensioni. Anche se ormai è ben gestito con un meccanismo molto rodato, colpisce parecchio.
Primo passo del ragionamento che facevo è che le dimensioni stesse del fenomeno, sotto questo aspetto e per quello che ne è conseguito, non possono non aver attirato a nostro avviso interessi innanzitutto economici. Va precisato che stiamo parlando di attività di gestione di per sé lecite.
Un conto sono le ipotesi di tratta di persone o di ingresso di soggetti legati ad ambienti terroristici, fatti che sarebbero di competenza della Direzione distrettuale antimafia (DDA) e di cui noi non ci occupiamo. Siamo in costante contatto con la DDA, a cui riferiamo qualunque tipo di situazione di questo tipo. Sono quelli che noi chiamiamo comunemente «reati spia». Abbiamo avuto un paio di esempi di recente – il collega Tarondo è titolare in alcuni casi – e abbiamo sempre informato regolarmente la DDA. Questa è una parte che non ci ha occupato.
Altro conto sono i rischi connessi ad attività oggettivamente lecite, che però si prestano, per l'entità degli interessi economici in ballo, a suscitare appetiti e rischi di infiltrazione di varia natura. Purtroppo va detto che rischi simili in Sicilia e a Trapani possono anche essere collegati a interessi di associazioni criminali. Per questo restiamo con gli occhi particolarmente aperti, in modo da verificare che non vi siano attenzioni di questo tipo.
Vediamo come nasce questa indagine, di cui sono titolari i colleghi e che riguarda un sacerdote, don Sergio Librizzi.
Per integrare la premessa a proposito delle notizie di stampa, un anno fa, nell'aprile del 2015, un primo allarme era stato lanciato dal prefetto di Trapani. Questo articolo, riportato dalla rassegna stampa del Ministero dell'interno, riferisce: «Il prefetto lancia l'allarme. Intrecci fra criminalità e colletti bianchi». In realtà, anche in questo caso il concetto era più articolato del titolo.
Si parlava di tentativi di inserimento della criminalità organizzata nel sistema di accoglienza dei migranti. Grossi soggetti, disponendo di molto denaro, si sono proposti dietro facce pulite che però sono state individuate e respinte. Da subito, in una fase di emergenza della gestione del fenomeno, sono stati lanciati segnali di questo tipo.
Tornando alla questione Librizzi, padre Librizzi era membro della commissione territoriale di Trapani per il riconoscimento della protezione internazionale. Poiché aveva la qualità di pubblico ufficiale, dopo la prima fase di indagine, in fase cautelare, gli abbiamo contestato, per le condotte che sono state riconosciute dal giudice, oltre che una serie numerosissima Pag. 4di reati di tipo sessuale nei confronti di cittadini stranieri e italiani, il reato – altrettanto grave – di concussione finalizzata ad ottenere prestazioni sessuali da parte di questi soggetti.
In relazione ad eventuali esigenze di approfondimento della Commissione, la collega Morri, che si occupa specificamente della vicenda, potrà riferire sul punto. Dico soltanto che l'indagine nasce dal fatto che, a un certo punto, al di là del fatto gravissimo di per sé degli abusi sessuali e delle pressioni poste in essere da Librizzi nei confronti di questi cittadini, in massima parte stranieri, erano emerse criticità che riguardavano la complessiva gestione del sistema dall'assistenza.
La condotta di padre Librizzi aveva svuotato di significato la positiva attività di volontariato della Caritas, che faceva riferimento a lui, e aveva posto in essere tutta una serie di attività a fini di lucro che avevano portato altrove gli utili di questa azione.
Librizzi sembrava essere il riferimento di una serie di interessi di soggetti inseriti nel sistema di gestione dei migranti, non soltanto con riferimento alla gestione dei centri di accoglienza, ma anche – e questo faceva parte delle pressioni che poneva in essere nei confronti di queste persone – della gestione del mondo del lavoro. Le pressioni erano miste a blandizie verso queste persone, a cui veniva promessa la possibilità di un posto di lavoro o di un'occupazione.
Questi due aspetti si incrociavano, interferendo pesantemente sulla gestione del denaro pubblico in quello che, al momento, era un grosso business. C'era un profilo di incompatibilità che riguardava il soggetto, ma anche un'enorme preoccupazione che, al di là dell'oggetto diretto del procedimento penale relativo soprattutto agli abusi sessuali, traspariva da una serie di sintomi che abbiamo considerato spie e allarmi che si accendevano al di là dell'oggetto degli accertamenti.
Semplificando, i colleghi e la polizia giudiziaria hanno sentito immigrati o italiani fare riferimento immediatamente a fatti che andavano al di là dell'abuso sessuale. Si parlava di promesse di posti di lavoro, dello strapotere di questi soggetti nella gestione delle cooperative e quant'altro. Quell'indagine su Librizzi, che ormai è finita ed è diventata un processo – per altro, presidente, ho portato anche un supporto informatico per aiutarvi a distinguere i brani all'interno di una mole di materiale piuttosto imponente, ma che riguarda fatti che credo vadano oltre l'interesse diretto di questa Commissione – ci ha portato a occuparci anche di questi altri aspetti.
Quanto alle indagini successive, io le illustrerò in maniera molto generale. Saranno i colleghi eventualmente a indirizzarci su dettagli più specifici. Il terreno qui è più difficile perché l'indagine è viva. Vi pregherei, quindi, di continuare in regime di riservatezza.
PRESIDENTE. Dispongo la disattivazione dell'impianto audio.
(I lavori della Commissione procedono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).
PRESIDENTE. Do ora la parola alla dottoressa Sara Morri, sostituto procuratore.
SARA MORRI, sostituto procuratore presso il tribunale di Trapani. Come anticipava il signor procuratore, l'origine dell'indagine è l'interesse sulla figura di don Sergio Librizzi, che è stato di recente condannato a nove anni di reclusione in primo grado, in sede di giudizio abbreviato, per reati molto gravi di concussione e violenza sessuale ai danni di questi soggetti.
La tesi accusatoria, che è stata accolta dal GUP del Tribunale di Trapani, ha evidenziato come, facendo leva sulla sua posizione di membro della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, Librizzi esercitasse pressioni per ottenere, come diceva il procuratore, prestazioni sessuali – ed evidentemente vi riusciva non solo sfruttando la carica che ricopriva in quel momento, ma anche una serie di legami personali.
Il Librizzi era personaggio noto nella provincia di Trapani ed era ritenuto in grado, se spendeva una parola o faceva promesse sia in negativo sia in positivo, di Pag. 5ottenere quel che prometteva. Questo potere era noto anche ai soggetti che entravano in contatto con lui e, grazie a questo, esercitava le sue pressioni.
Fin da subito, dal punto di vista della procura, questo ha gettato un'ombra sul funzionamento e sulle nomine all'interno della commissione territoriale, aspetti sui quali ci è parso importante concentrare l'attenzione.
Preciso che il Librizzi era stato nominato dagli enti territoriali, non dal Ministero dell'interno e tanto meno dall'Alto commissariato per i rifugiati dell'ONU (ACNUR).
ELENA CARNEVALI. Le vorrei chiedere una gentilezza che ci aiuterebbe a comprendere meglio. Stiamo parlando di un argomento particolarmente complicato. Se potete, vorremmo che specificaste le date. Vorremmo sapere, se è possibile, quando è stata fatta la nomina, quanto è durata l'indagine e quando è iniziata. Gli archi temporali non sono irrilevanti.
SARA MORRI, sostituto procuratore presso il tribunale di Trapani. L'indagine si è aperta nel 2013. Il procedimento a carico del Librizzi è stato poi stralciato perché lui è andato a giudizio, mentre continuano, come diceva il procuratore, le indagini su altri soggetti e altre questioni.
Quanto alla nomina, Librizzi faceva parte della commissione territoriale già da alcuni anni. Era molto conosciuto sia all'interno della commissione sia nel mondo dell'accoglienza e questo non solo perché, come dicevo e come anticipava il procuratore, era presidente della Caritas, ma perché, come risultato dalle indagini, aveva contatti e conoscenze nella cooperativa «Badia Grande», che si occupa da sempre di accoglienza dei migranti.
Al di là della vicenda Librizzi, l'indagine si è ramificata e la nostra attenzione si è concentrata sui centri d'accoglienza e sulle modalità con cui venivano gestiti e affidati i servizi di accoglienza.
MARCELLO VIOLA, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Trapani. Prima che la dottoressa Morri tratti la seconda parte delle indagini, chiederei nuovamente di passare in regime di riservatezza.
PRESIDENTE. Dispongo la disattivazione dell'impianto audio.
(I lavori della Commissione procedono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).
PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
ERASMO PALAZZOTTO. Vorrei approfondire alcune questioni che riguardano l'indagine su don Librizzi, ma che abbiamo riscontrato anche in diversi casi di «storture» del sistema a cui ci siamo interessati.
Vorrei sapere quali sono gli elementi di infiltrazione dentro la prefettura – ed eventualmente, se sono stati riscontrati, dentro il Ministero – che fanno sì che un fenomeno di questo tipo possa protrarsi nel tempo senza che alcun funzionario pubblico preposto ai controlli si accorga di quello che sta accadendo.
Abbiamo riscontrato la stessa situazione nella vicenda del centro di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) di Mineo. È come se una «paratia stagna» cadesse sugli occhi di tutti quelli che lavorano con quel soggetto, così che non si accorgono di nulla. Come ci segnalavate, qualche componente della commissione ha fornito elementi che hanno permesso l'apertura dell'indagine, ma evidentemente il ruolo di don Librizzi era noto, tant'è che molte associazioni sul territorio avevano denunciato il conflitto di interessi tra la gestione dei centri d'accoglienza per il tramite di «Badia Grande» e la sua presenza nella commissione che doveva esprimere i pareri. Non c'è mai stato un intervento istituzionale. È dovuta arrivare direttamente l'indagine giudiziaria a chiudere questo notorio conflitto di interessi.
La seconda questione riguarda la società «Badia Grande», che gestisce ancora diversi centri della provincia di Trapani, tra Pag. 6cui, se non sbaglio, il più grande dei centri di accoglienza straordinari (CAS) e l'attuale hotspot, che prima era un centro di identificazione ed espulsione (CIE). Vorremmo sapere se la nuova gestione è migliorata o continua ad essere attenzionata rispetto al profilo gestionale.
Da ultimo, al netto di quello che è emerso sui giornali, vorrei soffermarmi sulla grande diffusione nella provincia di Trapani dei centri di accoglienza straordinari. Abbiamo circa 3.000 richiedenti asilo ospitati nei centri della provincia di Trapani, con un modello che abbiamo qui valutato molto positivamente, con riferimento al lavoro che ha fatto e sta facendo il prefetto. Quella distribuzione capillare ha evitato le situazioni di monopolio che hanno portato, ad esempio, alla vicenda di «Badia Grande».
Nel momento in cui il sistema di appalti rientrasse dentro uno schema di gare precostituite dal Ministero, forse sarebbe di nuovo favorita la costruzione di strutture legate a centri di interesse e di potere e spesso anche alla criminalità organizzata. Vorrei conoscere la vostra valutazione al riguardo e sapere se questo vi risulti come pericolo potenziale o come realtà esistente, laddove qualche centro di recente costruzione, a seguito degli ultimi bandi, possa essere interessato da questo fenomeno.
È una preoccupazione che abbiamo più volte espresso e che ci crea un problema dal punto di vista dell'indagine che stiamo conducendo. Da un lato, la normativa ministeriale sugli appalti permette una regolamentazione più rigida, dall'altro, i poteri di un prefetto come quello di Trapani hanno permesso, utilizzando l'emergenza, di rompere il monopolio che si era determinato sulle gare d'appalto al massimo ribasso.
MARCO RONDINI. Alcune questioni le ha già sottolineate il collega che mi ha preceduto. Sembra, in particolare, che il perfetto non sia intervenuto per fare quello che avrebbe dovuto e cioè garantire trasparenza nell'affidamento della gestione dell'accoglienza e impedire che si creassero i conflitti di interesse che hanno coinvolto, ad esempio, il Librizzi.
Vorrei chiedervi quali iniziative preventive si dovrebbero, secondo voi, intraprendere per migliorare i controlli sulle cooperative, a chi dovrebbero competere i controlli e come dovrebbero essere effettuati, visti i risultati delle prefetture, compresa quella di Trapani, che sembrano non essere all'altezza di garantire la necessaria trasparenza.
Inoltre, vi chiedo quali sono o quali sarebbero le procedure da adottare per l'assegnazione degli appalti e quali controlli sarebbero da effettuare sulla gestione, ossia come potrebbe essere perfezionato questo sistema, a detta di chi, come voi, si confronta con le inchieste.
In ultimo, vorrei sapere se nell'inchiesta è coinvolta anche la cooperativa «Terraferma».
GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Anche in altre vicende criminali verificatesi in Sicilia, c'è stata una presenza iniziale nella provincia di Trapani. Parlo, per esempio, del business dell'eolico. Mano a mano i tentacoli sono arrivati in altre parti della Sicilia e in particolare nel Calatino, dove attualmente c'è un centro per i migranti.
Vorrei chiedere se, tra le iniziative investigative che avete avviato, c'è un riferimento al possibile allargamento di alcune presenze criminali e mafiose della provincia di Trapani oltre quella provincia.
ELENA CARNEVALI. Ringrazio molto gli ospiti della loro disponibilità. Quello che abbiamo sentito qui oggi ci fa rabbrividire. Abbiamo però bisogno di capire qualcosa in più.
La premessa è che questa Commissione da tempo chiede il superamento delle modalità con cui vengono indicati i nominativi per la partecipazione alle commissioni territoriali. Abbiamo sempre detto che, a nostro giudizio, servirebbe la costituzione di un'agenzia, con personale formato, per dire basta alle persone «a gettone» e a indicazioni che possono portare, drammaticamente per chi l'ha vissuto sulla pelle, al ricatto e all'abuso sessuale, come ci avete raccontato. Pag. 7
Voglio anche ricordare che le nomine avvengono sulla base di un decreto del Ministero dell'interno. La cosa che mi lascia perplessa è che non ci sia stata alcuna verifica. Molto probabilmente le indagini non erano ancora in corso, ma credo fosse abbastanza evidente che il soggetto di cui stiamo parlando, Librizzi, era componente o andava a fare parte di questa commissione e aveva contemporaneamente interessi di tipo gestionale con riferimento, in particolare, alla cooperativa «Badia Grande».
Chiedo gentilmente al presidente di continuare in seduta segreta per poter porre alcune domande.
PRESIDENTE. Dispongo la disattivazione dell'impianto audio.
(I lavori della Commissione procedono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).
ERASMO PALAZZOTTO. Abbiamo verificato in varie occasioni, a partire dalla vicenda del CARA di Mineo, come fenomeni corruttivi degenerativi abbiano potuto finora interessare il fenomeno mafioso solo parzialmente. Non si tratta di un business su cui la mafia ha fatto un investimento organico e strutturato. Singoli soggetti possono essere interessati a un singolo affare o a un singolo centro, cosa che mi pare risulti anche da quello che ci avete detto oggi.
Sarebbe interessante approfondire se invece vi risultino movimenti tesi a far diventare il business dell'immigrazione uno degli assi di investimento dell'organizzazione criminale. Finora non c'è stato un intervento organico e strutturato, ma, visto il grande flusso di denaro, potrebbe essere un business interessante.
MARIALUCIA LOREFICE. Vorrei integrare le domande che sono già state fatte dai colleghi e nelle quali mi ritrovo perfettamente. Poco fa dicevate che la nomina di Librizzi non è arrivata dal Ministero, ma dal basso.
Probabilmente è sfuggito a me, ma sapete con esattezza chi è la persona che ne ha proposto il nome per la commissione territoriale?
PRESIDENTE. Vorrei fare anche io una domanda ai magistrati e per questo dispongo la disattivazione dell'impianto audio.
(I lavori della Commissione procedono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).
PRESIDENTE. Immagino che le risposte siano articolate e richiedano tempo, ma noi dobbiamo recarci in Aula per alcune votazioni immediate.
Se i colleghi sono d'accordo e ovviamente se lo sono anche il procuratore e i sostituti, siccome ci recheremo prossimamente a Trapani, vorremmo continuare in quel contesto, così da darvi modo di raccogliere informazioni o fare mente locale rispetto alle domande che vi abbiamo posto.
Vi ringraziamo nuovamente per la disponibilità.
MARCELLO VIOLA, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Trapani. Da parte nostra c'è la massima disponibilità, presidente.
Via via che le indagini andranno avanti, potremo completare con ulteriori elementi il nostro racconto.
PRESIDENTE. Ringrazio tutti gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 10.10.