XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro

Resoconto stenografico



Seduta n. 154 di Martedì 7 novembre 2017

INDICE

Comunicazioni del presidente:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 

Sulla pubblicità dei lavori:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 

Audizione di Walter Di Cera:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 5 
Di Cera Walter  ... 6 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 
Di Cera Walter  ... 6 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Di Cera Walter  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Di Cera Walter  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Di Cera Walter  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Di Cera Walter  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Di Cera Walter  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Di Cera Walter  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Di Cera Walter  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Di Cera Walter  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Di Cera Walter  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Di Cera Walter  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Di Cera Walter  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Di Cera Walter  ... 9 
Fornaro Federico  ... 9 
Di Cera Walter  ... 9 
Fornaro Federico  ... 9 
Di Cera Walter  ... 9 
Fornaro Federico  ... 9 
Di Cera Walter  ... 9 
Fornaro Federico  ... 9 
Di Cera Walter  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Di Cera Walter  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Di Cera Walter  ... 10 
Grassi Gero (PD)  ... 10 
Di Cera Walter  ... 10 
Grassi Gero (PD)  ... 10 
Di Cera Walter  ... 10 
Gotor Miguel  ... 10 
Di Cera Walter  ... 10 
Gotor Miguel  ... 10 
Di Cera Walter  ... 11 
Gotor Miguel  ... 11 
Di Cera Walter  ... 11 
Gotor Miguel  ... 11 
Di Cera Walter  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Di Cera Walter  ... 11 
Gotor Miguel  ... 11 
Di Cera Walter  ... 11 
Gotor Miguel  ... 11 
Di Cera Walter  ... 11 
Gotor Miguel  ... 12 
Di Cera Walter  ... 12 
Gotor Miguel  ... 12 
Di Cera Walter  ... 12 
Gotor Miguel  ... 12 
Di Cera Walter  ... 12 
Gotor Miguel  ... 12 
Di Cera Walter  ... 12 
Gotor Miguel  ... 12 
Di Cera Walter  ... 12 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Di Cera Walter  ... 12 
Gotor Miguel  ... 12 
Di Cera Walter  ... 12 
Gotor Miguel  ... 12 
Di Cera Walter  ... 12 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Gotor Miguel  ... 13 
Di Cera Walter  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Di Cera Walter  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Di Cera Walter  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Di Cera Walter  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Di Cera Walter  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Di Cera Walter  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Di Cera Walter  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Di Cera Walter  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Di Cera Walter  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Di Cera Walter  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Di Cera Walter  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Di Cera Walter  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Fornaro Federico  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14  ... 14 
Di Cera Walter  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Di Cera Walter  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Di Cera Walter  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Di Cera Walter  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Di Cera Walter  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Di Cera Walter  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Di Cera Walter  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Di Cera Walter  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Di Cera Walter  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Di Cera Walter  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Fornaro Federico  ... 16 
Di Cera Walter  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Di Cera Walter  ... 16 
Fornaro Federico  ... 16 
Di Cera Walter  ... 16 
Fornaro Federico  ... 16 
Di Cera Walter  ... 16 
Fornaro Federico  ... 16 
Di Cera Walter  ... 16 
Grassi Gero (PD)  ... 17 
Di Cera Walter  ... 17 
Grassi Gero (PD)  ... 17 
Di Cera Walter  ... 17 
Grassi Gero (PD)  ... 17 
Di Cera Walter  ... 17 
Grassi Gero (PD)  ... 17 
Di Cera Walter  ... 17 
Grassi Gero (PD)  ... 17 
Di Cera Walter  ... 17 
Grassi Gero (PD)  ... 17 
Di Cera Walter  ... 17 
Grassi Gero (PD)  ... 17 
Di Cera Walter  ... 17 
Grassi Gero (PD)  ... 17 
Di Cera Walter  ... 17 
Grassi Gero (PD)  ... 17 
Di Cera Walter  ... 17 
Grassi Gero (PD)  ... 18 
Di Cera Walter  ... 18 
Grassi Gero (PD)  ... 18 
Di Cera Walter  ... 18 
Grassi Gero (PD)  ... 18 
Di Cera Walter  ... 18 
Grassi Gero (PD)  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Grassi Gero (PD)  ... 18 
Di Cera Walter  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Pes Caterina (PD)  ... 18 
Di Cera Walter  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Di Cera Walter  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Di Cera Walter  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Di Cera Walter  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Di Cera Walter  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Grassi Gero (PD)  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Di Cera Walter  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Di Cera Walter  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Di Cera Walter  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Di Cera Walter  ... 19 
Fornaro Federico  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Fornaro Federico  ... 19 
Lavagno Fabio (PD)  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Grassi Gero (PD)  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Lavagno Fabio (PD)  ... 19 
Di Cera Walter  ... 20 
Lavagno Fabio (PD)  ... 20 
Di Cera Walter  ... 20 
Lavagno Fabio (PD)  ... 20 
Di Cera Walter  ... 20 
Lavagno Fabio (PD)  ... 20 
Di Cera Walter  ... 20 
Lavagno Fabio (PD)  ... 20 
Di Cera Walter  ... 20 
Lavagno Fabio (PD)  ... 20 
Di Cera Walter  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Di Cera Walter  ... 20 
Fornaro Federico  ... 20 
Di Cera Walter  ... 20 
Lavagno Fabio (PD)  ... 20 
Di Cera Walter  ... 20 
Lavagno Fabio (PD)  ... 20 
Di Cera Walter  ... 20 
Lavagno Fabio (PD)  ... 20 
Di Cera Walter  ... 20 
Fornaro Federico  ... 21 
Di Cera Walter  ... 21 
Lavagno Fabio (PD)  ... 21 
Di Cera Walter  ... 21 
Grassi Gero (PD)  ... 21 
Di Cera Walter  ... 21 
Grassi Gero (PD)  ... 21 
Di Cera Walter  ... 21 
Grassi Gero (PD)  ... 21 
Di Cera Walter  ... 21 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 21 
Grassi Gero (PD)  ... 21 
Di Cera Walter  ... 21 
Grassi Gero (PD)  ... 21 
Di Cera Walter  ... 21 
Grassi Gero (PD)  ... 21 
Di Cera Walter  ... 21 
Grassi Gero (PD)  ... 21 
Di Cera Walter  ... 21 
Grassi Gero (PD)  ... 21 
Di Cera Walter  ... 21 
Grassi Gero (PD)  ... 21 
Di Cera Walter  ... 21 
Lavagno Fabio (PD)  ... 21 
Grassi Gero (PD)  ... 21 
Lavagno Fabio (PD)  ... 21 
Grassi Gero (PD)  ... 21 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 21 
Lavagno Fabio (PD)  ... 21 
Di Cera Walter  ... 21 
Lavagno Fabio (PD)  ... 21 
Di Cera Walter  ... 21 
Grassi Gero (PD)  ... 22 
Di Cera Walter  ... 22 
Grassi Gero (PD)  ... 22 
Di Cera Walter  ... 22 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 22 
Di Cera Walter  ... 22 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 22  ... 22

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIUSEPPE FIORONI

  La seduta comincia alle 21.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che, nella riunione odierna, l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto di:

   incaricare il dottor Salvini di acquisire sommarie informazioni testimoniali da due persone al corrente dei fatti;

   incaricare il tenente colonnello Giraudo, in relazione alle proposte operative da lui formulate, di acquisire documentazione di interesse dell'inchiesta presso l'AISE, l'AISI e il RIS, nonché di acquisire, insieme al dottor Salvini, sommarie informazioni testimoniali da una persona al corrente dei fatti;

   incaricare la dottoressa Tintisona e il generale Scriccia di proseguire gli accertamenti su Alessio Casimirri, anche tramite acquisizione di sommarie informazioni testimoniali da persone al corrente dei fatti. La dottoressa Tintisona sarà altresì incaricata di interessare le competenti strutture della Polizia di Stato al fine di compiere alcuni accertamenti tecnici;

   richiedere all'AISI, all'AISE, all'Arma dei Carabinieri e alla Polizia di Stato di fornire documentazione relativa a tre persone coinvolte nei fatti;

   incaricare il dottor Donadio di acquisire sommarie informazioni testimoniali da tre persone al corrente dei fatti;

   incaricare il colonnello Occhipinti e il tenente colonnello Giraudo di acquisire sommarie informazioni testimoniali da due persone al corrente dei fatti;

   trasmettere alla Procura di Roma atti relativi ad un possibile covo brigatista nell'area della Balduina;

   declassificare da segreti a riservati i seguenti documenti: 181/0-1, 950/1, 896/1-6, 951/1, 1015/1, 1013/1, 1038/1-8, 1045/1-4, 1060/1-3, 1061/1-2, 1069/1-3, 1100/1-3.

Comunico, inoltre, che:

   il 18 ottobre 2017 il dottor Donadio ha trasmesso una nota, riservata, relativa a possibili accertamenti sull'evasione di Prospero Gallinari dal carcere di Treviso;

   il 19 ottobre 2017 il colonnello Occhipinti ha depositato una nota, riservata, relativa a accertamenti sulla OSA Arpa Spa e sul Centro studi americani;

   il 20 ottobre 2017 è stata acquisita agli atti una nota, riservata, del dottor Salvini relativa a un colloquio con una persona al corrente dei fatti;

   nella stessa data è stata acquisita una nota, segreta, del tenente colonnello Giraudo, relativa a colloqui intercorsi con due persone al corrente dei fatti;

   nella stessa data è stata acquisita una nota, di libera consultazione, del dottor Allegrini, relativa alle tematiche oggetto dell'audizione di Gianni Gennari;

   nella stessa data la persona ascoltata in esame testimoniale dalla Commissione nella seduta segreta del 14 settembre 2017 ha formulato alcune integrazioni al resoconto stenografico, che sono state acquisite come documento segreto;

Pag. 4

   il 23 ottobre 2017 la dottoressa Tintisona ha depositato una nota, riservata, con allegata documentazione relativa alla «copertura medica» di cui avrebbero usufruito le Brigate rosse;

   nella stessa data il sovrintendente Marratzu ha depositato i verbali, di libera consultazione, delle dichiarazioni dibattimentali di Walter Di Cera al processo Moro-ter;

   il 24 ottobre 2017 il colonnello Pinnelli ha depositato i verbali, riservati, di sommarie informazioni testimoniali rese due persone al corrente dei fatti;

   il 25 ottobre 2017 il dottor Donadio ha depositato una nota, riservata, relativa al possibile esame testimoniale di una persona al corrente dei fatti;

   il 25 ottobre 2017 il direttore dell'AISI ha trasmesso una raccolta, riservata, di documentazione relativa a Valerio Morucci;

   il 30 ottobre 2017 la dottoressa Tintisona ha depositato una nota, riservata, con allegata una relazione, parimenti riservata, sui confronti effettuati dalla Polizia scientifica in relazione alle impronte digitali e palmari presenti sulla Renault 4 in cui fu ritrovato il corpo di Aldo Moro;

   il 31 ottobre 2017 Paolo Cucchiarelli ha inviato un esposto, riservato, nel quale formula alcune considerazioni su documentazione di possibile interesse dell'inchiesta;

   nella stessa data il dottor Salvini ha depositato un verbale, riservato, di sommarie informazioni rese da persona al corrente dei fatti;

   il 6 novembre 2017 il colonnello Pinnelli ha depositato una nota, riservata, con allegata documentazione, parimenti riservata, relativa alla copertura medica di cui avrebbero usufruito le Brigate rosse. La documentazione integra quella già versata dall'Arma dei Carabinieri;

   nella stessa data il dottor Salvini ha trasmesso due note, riservate, relative alla possibile escussione di una persona al corrente dei fatti;

   il 7 novembre 2017 il dottor Salvini ha trasmesso la trascrizione, segreta, di un colloquio con una persona al corrente dei fatti;

   nella stessa data è stata acquisita agli atti una nota, di libera consultazione, del RIS di Roma relativa alle attività tecniche compiute in relazione alla ricostruzione della morte di Moro.

Comunico, infine, che:

   il 16 ottobre 2017 sono stati trasmessi alla Procura di Roma i documenti riservati 573/1 e 966/1. Sono stati altresì trasmessi alla Procura generale di Roma i documenti 197/3 (libero), 197/5 (segreto), 709/1 (riservato);

   il 18 ottobre 2017 il sostituto procuratore della Repubblica di Roma Eugenio Albamonte ha inviato una missiva alla Commissione, comunicando che nulla osta da parte di quell'Autorità giudiziaria alle attività programmate dalla Commissione in relazione all'acquisizione di sommarie informazioni testimoniali da tre persone al corrente dei fatti;

   il 19 ottobre 2017 l'avvocato Basilio Milio ha trasmesso una rettifica, pubblicata sul «Fatto quotidiano» del 24 settembre 2017, circa talune affermazioni, formulate in un articolo dello stesso giornale, relative a presunti rapporti tra il prefetto Mario Mori e Valerio Morucci;

   il 24 ottobre 2017 Gianluca Cordovani ha fatto richiesta, per motivi di studio, di estrarre copia dei documenti liberi 99/1, 327/1-3, 560/1, 628/1, 760/1, 1007/1, nonché copia dei documenti liberi su Toni Chichiarelli contenuti nel filone Moro presente nella documentazione della Commissione stragi acquisita agli atti dell'inchiesta. Come di consueto, trattandosi di documenti liberi, si procederà alla trasmissione, a norma dell'articolo 3, comma 2, della delibera sul regime di divulgazione degli atti e documenti adottata nella riunione dell'Ufficio di presidenza del 14 ottobre 2014;

   l'Alfa Romeo Alfetta, targata Roma S93393, della scorta di Aldo Moro, di cui si Pag. 5era trattato nella seduta del 28 settembre 2017, è nella disponibilità dell'Autorità giudiziaria. Allo stato ha espresso parere positivo al suo restauro ed esposizione la sola Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma. Non si sono ancora pronunciate la Corte d'appello e la Procura generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Roma. L'Autorità giudiziaria di Reggio Calabria non ha invece competenza in materia;

   rispondendo a un quesito trasmessogli, Bassam Abu Sharif ha precisato di non aver fatto riferimento nel corso dell'audizione a tale Mohammed Alima, nome che tuttavia risulta nel resoconto definitivo rivisto dagli interpreti;

   presso l'archivio della Commissione, i sottufficiali della Guardia di finanza addetti all'archivio della Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario banche stanno seguendo un'attività di formazione. Contestualmente, il maresciallo Andrea Casertano collabora con l'archivio di detta Commissione.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dell'audito, non sarà attivato l'impianto audiovisivo a circuito chiuso. La seduta avrà comunque carattere pubblico – a meno che non si presenti la necessità di secretare specifici passaggi – e dell'audizione sarà pubblicato il resoconto stenografico.

Audizione di Walter Di Cera.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di Walter Di Cera, che ringraziamo per la sua presenza oggi. Walter Di Cera, come da lui testimoniato in molteplici sedi giudiziarie, ebbe una precoce militanza politica in movimenti estremistici. Questa iniziò nel collettivo del liceo San Francesco d'Assisi, che era espressione del Comitato comunista Centocelle, presso il quale operavano, tra gli altri, Bruno Seghetti, Antonio Savasta, Norma Andriani ed Emilia Libera. Di Cera entrò nelle Brigate rosse a diciannove anni, alla fine del 1977, e ne uscì dopo la primavera del 1980. Fu arrestato il 1° marzo 1982 a Cervignano del Friuli, mentre prestava servizio militare. Sin dal giorno successivo rese dichiarazioni che consentirono l'arresto di numerosi esponenti della colonna romana delle Brigate rosse.
  Adesso iniziamo con una serie di quesiti.
  Già nelle dichiarazioni rese al giudice Sica il 2 marzo 1982 lei ha dichiarato di essere entrato nelle Brigate rosse alla fine del 1977 e di esserne uscito dopo la primavera del 1980. Di fatto, lei entra nelle BR proprio nel momento di preparazione del sequestro Moro, venendo, per così dire, «iniziato» da Savasta, e compie un primo attentato ad autovetture nel febbraio del 1978. Nel corso del sequestro Moro lei era, dunque, un giovane militante, ma comunque un militante. Un elemento che colpì gli inquirenti, tanto che le fu contestato nel processo Moro ter, è la scarsa conoscenza degli eventi del sequestro. Lei, in particolare, disse di non aver mai ricevuto confidenze da Barbara Balzerani, che conobbe bene in anni successivi, e che – cito dalle sue dichiarazioni del 17 dicembre 1986 – «Seghetti si limitò soltanto a una disquisizione di carattere politico in una riunione di cui ho già parlato, ma di fatti specifici non rivelò pressoché nulla, se non la notizia, che ho appreso ma non ricordo come, che Seghetti abbia partecipato forando le gomme del furgone del fioraio». Lei ha, infine, dichiarato, sempre in quella sede, che durante il sequestro Moro segui la vicenda solo come esterno.
  Dato per acquisito questo quadro, le chiedo alcune informazioni sul clima interno alle Brigate rosse in quel periodo e su specifici episodi.
  In primo luogo, nell'ambito del vostro gruppo periferico quale fu l'atteggiamento rispetto all'affermazione che le dichiarazioni di Moro sarebbero state rese pubbliche, salvo poi non farlo, e alla decisione di procedere alle uccisioni? Ci fu un completo affidamento ai vertici dell'organizzazione, o, come hanno ricordato diversi militanti, ci furono molte perplessità, che, tuttavia, Pag. 6non poterono esprimersi se non in discussioni tra singoli?

  WALTER DI CERA. Dunque, ricordando quegli anni – certamente sono passati molti anni, quindi magari per qualche approfondimento posso fare ulteriori verifiche mnestiche – in termini generali, le brigate periferiche non erano interessate dal dibattito relativo alla gestione del sequestro Moro, perché c'erano dei livelli di compartimentazione. Semmai le brigate territoriali venivano utilizzate per i volantinaggi nei territori dove svolgevano la loro attività. Io ero un militante irregolare nella brigata Centocelle. Noi subivamo passivamente, in sostanza, un dibattito che avveniva nelle sedi centrali delle Brigate rosse, proprio per effetto della compartimentazione. È anche per questo motivo che, chiaramente, tanti fatti relativi proprio al sequestro e all'uccisione della scorta dell'onorevole Moro non erano comunicati ai militanti irregolari, quali eravamo noi nelle strutture periferiche.

  PRESIDENTE. Nella vicenda Moro furono impegnati personaggi che lei conosceva o che conobbe in seguito, i quali emersero solo molti anni dopo, come Rita Algranati, Alessio Casimirri, Germano Maccari. Di Maccari lei disse, tra l'altro, già il 23 marzo 1982 che, secondo le indiscrezioni di Odorisio Perrotta, era responsabile insieme a Morucci dell'omicidio di Mario Zicchieri, avvenuto il 29 ottobre 1975.
  Lei non ha avuto mai alcuna notizia o intuizione sul ruolo di Algranati, Casimirri e Maccari nella vicenda di Moro? Seppe mai qualcosa dell'attività della brigata universitaria che si occupò di rubare la Renault 4 utilizzata in via Caetani?

  WALTER DI CERA. Dunque, per quanto riguarda Maccari, frequentava il liceo scientifico Francesco d'Assisi. Quando iniziai la frequentazione di quel liceo – avevo tredici anni – Maccari, se ricordo bene, faceva il quinto anno. Era un leader, un leader politico di quella scuola. Era un personaggio di riferimento, anche se comunque era un uomo... anzi un ragazzo, perché anche lui era un ragazzo, fondamentalmente, però schivo. Aveva un profilo non estremamente socializzante, se così vogliamo dire. Lo conobbi relativamente bene, ma non ho mai avuto un'amicizia con Maccari, devo dire. Certamente lui, in qualità di leader di Potere operaio... Ma la sua leadership in Potere operaio era sempre una leadership vissuta dietro le quinte, proprio perché evidentemente rappresentava quel collegamento con la struttura occulta di Potere operaio che poi darà vita nel tempo proprio alla nascita delle Formazioni comuniste armate.
  Quella confidenza che mi fece Perrotta in relazione all'omicidio del povero giovane del Movimento sociale, Mario Zicchieri... Fu Perrotta che mi disse appunto che Maccari e Morucci erano i protagonisti di quell'omicidio.
  Nella mia vicenda di collaborazione con le istituzioni per me era importante riferire questi fatti proprio per fare chiarezza, anche una chiarezza storica, su una conflittualità che ha spaccato il Paese in quegli anni, gli anni di piombo. Chiaramente, io mi sono comportato in modo coerente con la mia scelta di collaborare con lo Stato e, quindi, Maccari sulla base delle mie dichiarazioni venne arrestato nel 1982 insieme a tutta un'altra serie di personaggi.
  Ciò nonostante, io non ho mai sospettato che Maccari potesse far parte delle Brigate rosse. Questo sembrerà strano, ma è proprio così. È un personaggio che riuscì anche nei confronti di militanti come me, che ero molto più giovane di lui in quel periodo, a dissimulare la sua presenza nell'ambito delle Brigate rosse.
  Quello che si diceva dopo la chiusura del Comitato comunista Centocelle era che Maccari fosse passato a una vita diversa, più che altro vicina alla microcriminalità di Centocelle, al cosiddetto sottoproletariato di quegli anni. Maccari, come è noto, era molto amico di Berrettini, che era un truffatore; perciò Maccari veniva molto criticato dai militanti del movimento proprio per questo motivo. Però, evidentemente, mise in atto queste strategie per dissimulare la sua appartenenza, per cui io personalmente sono rimasto stupito, così come Pag. 7tanti altri, però chiaramente i fatti sono questi, per cui ne prendo atto.

  PRESIDENTE. E Algranati e Casimirri?

  WALTER DI CERA. Algranati e Casimirri io li ho conosciuti nell'ambito proprio della preparazione e dello svolgimento dei fatti di piazza Nicosia, dell'azione a cui, purtroppo, partecipai anch'io. Doveva essere un'azione dimostrativa, quindi un'azione di cosiddetta propaganda armata, però ci furono gli esiti poi che sono noti proprio per l'arrivo di quella pattuglia. Le persone che erano addette alla copertura aprirono il fuoco e, purtroppo, ci sono state le vittime che sappiamo. Io conobbi la Algranati in quell'occasione, così come Casimirri. Facevano parte di quel gruppo di fuoco, però, francamente, non ho mai avuto notizie in merito alla loro partecipazione al sequestro e all'omicidio dell'onorevole Moro.
  Una cosa che voglio dire è che gli effetti della compartimentazione delle Brigate rosse, in quei momenti, erano molto forti, quantomeno per quanto riguarda la compartimentazione verso le strutture periferiche. Questo perché le strutture periferiche, cioè le brigate, erano composte da militanti irregolari, quindi da persone che mantenevano la loro vita normale e che, al tempo stesso, però, erano militanti clandestini, ed erano chiaramente esposte al pericolo di infiltrazione. Quindi, ovviamente, la compartimentazione verso le strutture periferiche era oggetto di attenzione particolare da parte delle strutture centrali, sia di colonna sia di fronte o di direzione strategica delle Brigate rosse.
  Del resto, io stesso venni sospettato, a seguito di una ribellione che la mia coscienza in quel momento ebbe, di poter essere un infiltrato nell'ambito delle Brigate rosse. Questo mi venne comunicato a seguito di una defezione che io feci scientemente e volontariamente rispetto alla partecipazione alla rapina al Ministero dei trasporti. Io decisi di non partecipare perché per me era assolutamente impensabile – parlo proprio di una questione di coscienza – che io potessi sparare su chicchessia, su una persona. Quindi, la mattina in cui ero chiamato a quell'operazione, disertai. Questo fatto generò il sospetto che io potessi essere un infiltrato. Me ne parlò un militante della direzione di colonna e, sostanzialmente, caddi in una sorta di ricatto. Questa cosa comportò che dovevo essere un po’ riverificato e, quindi, era veramente, di fatto, un ricatto. Io capii questa cosa e, quindi, purtroppo, venni inserito, sempre dalla direzione di colonna, in un'altra azione che portò all'omicidio del giudice Minervini. Partecipai a quest'azione in attesa nell'automobile. Questo evento per me fu l'ultimo capitolo e decisi appunto di uscire dall'organizzazione Brigate rosse.

  PRESIDENTE. Le chiedevo della brigata universitaria: lei seppe del furto della Renault 4 che poi fu utilizzata in via Caetani?

  WALTER DI CERA. Sinceramente, non ricordo in questo momento, però certamente agli atti del Moro ter c'è il mio memoriale, che è molto dettagliato, per cui... Però adesso non ricordo esattamente.

  PRESIDENTE. Se ci fosse stato qualcosa, se ne sarebbe ricordato.
  La conclusione del sequestro Moro portò numerosi cambiamenti nelle Brigate rosse. Secondo quanto sinora noto, diverse persone entrarono nell'organizzazione, mentre altre, come Maccari, la lasciarono. Dall'autunno 1978 si determinò, inoltre, una crescente divaricazione tra le posizioni di Morucci e Faranda e quella della colonna romana, che sfociò nella fuoriuscita dei due dalle Brigate rosse all'inizio del 1979. Rispetto a questi eventi lei che conoscenza ne ebbe e che posizione eventualmente assunse tra chi rimase e chi se ne andava? Le risulta che Norma Andriani, a lei sicuramente nota, sia effettivamente entrata nelle BR solo dopo il sequestro Moro? O era già un'irregolare o una contigua? Seppe della fuoriuscita di Maccari e, se sì, come valutò quell'uscita avvenuta dopo la vicenda Moro?

  WALTER DI CERA. Come ho detto prima, io assolutamente non avevo contezza che Pag. 8Maccari potesse essere un militante delle Brigate rosse, quindi non seppi della sua uscita, appunto perché non sapevo che era un militante delle Brigate rosse.
  Norma Andriani l'ho conosciuta. Certamente l'ho conosciuta proprio nell'ambito proprio del Comitato comunista Centocelle (Cococen), però anche rispetto a Norma Andriani io non sapevo che fosse una militante delle Brigate Rosse. Sì, la conoscevo per la precedente militanza nel movimento, insomma, però...

  PRESIDENTE. Anche quando lei entrò nelle BR non sapeva che la Andriani ne faceva parte?

  WALTER DI CERA. Da quanto ricordo io no, sempre per gli effetti della compartimentazione. Potevo magari sospettare, però è un mio pensiero, perché i sospetti che tutta una serie di persone che avevano militato nell'ambito di Potere operaio fossero confluite poi nell'esperienza della lotta armata erano un fatto normale, insomma, nel senso che si poteva immaginare che settori interi e, quindi, chiaramente Norma Andriani...
  Certamente, quando accadde la questione appunto della scissione...

  PRESIDENTE. In quel periodo, al momento della rottura di Morucci e Faranda, i rapporti con Casimirri e Algranati c'erano?

  WALTER DI CERA. Adesso non ricordo la sequenza temporale, perché io conosco... Quando è accaduta?

  PRESIDENTE. Nel 1979. Tra la fine del 1978 e l'inizio del 1979, fino all'arresto di Morucci e Faranda nel maggio del 1979.

  WALTER DI CERA. Dunque, io conosco Algranati e Casimirri nel...

  PRESIDENTE. Nei primi mesi del 1979?

  WALTER DI CERA. Nei primi mesi del 1979.

  PRESIDENTE. E non si ricorda se discuteste di questa rottura...?

  WALTER DI CERA. Se ne parlava, se ne parlava. Nell'organizzazione se ne parlava della rottura. Venivano definiti banditi, perché portarono via...

  PRESIDENTE. Soldi e armi.

  WALTER DI CERA. Soldi e armi, per cui, chiaramente i commenti... Ma erano commenti sempre a senso unico, comunque, perché – ripeto – noi militanti delle brigate territoriali in un certo senso subivamo una comunicazione che era a senso unico da parte della direzione di colonna, per cui non avevamo voce in capitolo rispetto a fatti centrali. Chiaramente, i commenti erano quelli, ma da quello che ricordo non ci fu una presa di posizione da parte dei militanti delle brigate...

  PRESIDENTE. Neanche di Casimirri e della Algranati?

  WALTER DI CERA. Su questo non ho contezza.

  PRESIDENTE. Ritornando a una domanda che le ho fatto prima: ma non vi meravigliate, in periferia, dopo l'eclatante sequestro e la strage e la morte di Moro, del fatto che non si sapeva nulla di quei 55 giorni di interrogatorio e che non foste messi a conoscenza di nulla di quello che Moro aveva detto? Non vi aspettavate di sapere qualcosa del personaggio politico più importante e dell'azione più eclatante delle BR?

  WALTER DI CERA. Questo sì, questo sì. Diciamo che la gestione fatta dal centro dell'organizzazione fu criticata. Fu criticata da molti militanti proprio perché venne lamentato, anche nell'ambito della brigata Centocelle verso Seghetti, che le brigate – noi parlavamo chiaramente per la brigata di Centocelle – non erano coinvolte nel dibattito relativo proprio alla gestione politica.
  Quindi, di fatto...

Pag. 9

  PRESIDENTE. Quindi, nessuno vi consultò per sapere se Moro doveva morire?

  WALTER DI CERA. No, nella maniera più assoluta. Tant'è vero che questo cominciò ad aprire delle contraddizioni, proprio sul processo del cosiddetto centralismo democratico – all'epoca si usavano queste categorie marxiste-leniniste – che era fallito, che non esisteva. Quindi, certamente l'esito dell'uccisione dell'onorevole Moro creò molte perplessità in tanti militanti, tra cui il sottoscritto.

  FEDERICO FORNARO. La ringrazio. Le faccio una domanda solo per capire meglio un passaggio, perché lei ha citato un tema che ricorre spesso, quello della compartimentazione.

  WALTER DI CERA. Sì.

  FEDERICO FORNARO. Solo per capire come funzionava: lei quante persone conosceva, cioè di quante persone era a conoscenza che erano militanti delle Brigate rosse?

  WALTER DI CERA. Adesso, il numero esatto... Le posso dire la dinamica.

  FEDERICO FORNARO. Per capirci: cinque, dieci, venti, cinquanta?

  WALTER DI CERA. Cinquanta no. Dunque, quando venne costituita la brigata di Centocelle, praticamente ci conoscevamo in pochi, i membri della brigata e il responsabile della direzione di colonna, che chiaramente gestiva. Quindi, potevano essere cinque o sei. Poi è capitato che alcuni militanti sono usciti e altri sono entrati.
  I momenti in cui si conoscevano altri militanti erano in occasione delle operazioni militari. Quindi, io conosco effettivamente altri militanti proprio in occasione della preparazione e dello svolgimento dei fatti di piazza Nicosia. In questi casi avveniva appunto la rottura del vincolo della compartimentazione.

  FEDERICO FORNARO. Quello è il momento in cui lei ha conosciuto altri militanti fuori dal suo giro?

  WALTER DI CERA. Esattamente. Ho citato piazza Nicosia proprio perché lì era un gruppo costituito da quasi quindici o sedici persone, per cui, ovviamente, questo comportava, proprio per la logistica militare, che intervenissero tanti militanti. Quindi, in quell'occasione ho conosciuto militanti diversi, come appunto Algranati e Casimirri, con i quali poi, peraltro, si stabilì anche un certo feeling. Parlo proprio di un feeling di veduta, anche di atteggiamento critico verso un certo tipo di gestione delle Brigate rosse in quel momento.

  PRESIDENTE. Per quanto attiene al vostro gruppo di Centocelle, lei ha sottolineato che c'erano contatti con personaggi vicini alla criminalità comune, come Antonio Berrettini, che era a sua volta amico di Maccari. Maccari nel verbale del 7 maggio 1996 disse che Berrettini era il suo più caro amico e che, pur avendo numerosi precedenti, era soprattutto un compagno «un po’ strano, scavezzacollo, digeriva male la disciplina, amava la bella vita», per usare le parole dello stesso Maccari.
  Questi personaggi della criminalità comune che funzione avevano, per quanto a lei noto? A noi interessa capire, siccome è stato rigettato con sdegno ogni rapporto tra BR e criminalità, microcriminalità e criminalità organizzata, a differenza della seconda fase, quando arrivò il professor Senzani. Era un caso sporadico, Berrettini amico di Maccari? Maccari che cosa faceva fare a Berrettini dentro l'organizzazione? Procurava le auto, i documenti, i soldi? Oppure era solo un amico al bar e finiva lì?

  WALTER DI CERA. Sicuramente Maccari per questo era molto criticato e, quindi, fu di fatto allontanato da tutti i militanti ex Cococen, proprio perché l'atteggiamento ideologico-politico in quel momento era quello di non avere...

  PRESIDENTE. Mi scusi, mi faccia capire. Quindi, il Comitato comunista Centocelle Pag. 10 non vedeva bene – Comitato comunista, non BR – il comportamento di Maccari.
  Insisto su questo punto per capire se Maccari tiene in piedi questi comportamenti con Berrettini perché erano comportamenti connessi alle esigenze delle BR. Cioè, se voi del Comitato comunista Centocelle non capivate perché Maccari frequentava Berrettini e non sapevate neanche che lui era delle BR, io vorrei provare a capire se era un'esigenza del Maccari brigatista che si servirà di questi della criminalità.

  WALTER DI CERA. Io tenderei a escludere questa ipotesi. Chiaramente, è un mio pensiero, perché non ho scienza diretta del rapporto tra i due. Però, avendo appunto vissuto questa tragica militanza nelle Brigate rosse, posso dire che assolutamente veniva evitato qualsiasi contatto con gli ambienti della criminalità, più o meno organizzata, o della microcriminalità, nella maniera più assoluta. C'era una posizione critica rispetto ai cosiddetti settori del sottoproletariato.

  GERO GRASSI. Quando lei dice «veniva evitato», vuol dire che venivano esclusi dalle sue informazioni. La storia dice altro, però. Quindi, probabilmente, un po’ per la compartimentazione, un po’ per la sua residualità all'interno delle BR, era a lei che non venivano date le notizie relative al rapporto tra BR e criminalità, che è ormai certo.
  Il dato qual è? Che non si può mai parlare delle BR come un monolite, bisogna parlare di alcune persone delle BR. Non so se mi sono spiegato.

  WALTER DI CERA. Ripeto che, nell'ambito della mia esperienza e delle persone che ho conosciuto nelle BR, il comportamento era questo, di assoluta critica. Avendo conosciuto decine di persone, di brigatisti, eravamo un po’ tutti allineati su questa posizione. Poi, in merito alla fattispecie specifica del rapporto tra Maccari e Berrettini, ripeto che da parte della militanza e anche della militanza brigatista erano considerate persone, da non frequentare, proprio perché erano prossimali a questi ambienti, che erano ambienti dei truffatori, della microcriminalità romana, da un certo punto di vista più prossima a comportamenti assolutamente criticabili, secondo la morale brigatista.

  GERO GRASSI. Per carità, non l'addebito minimamente a lei, perché sono convinto che in tutte le vicende bisogna parlare dei singoli e non delle organizzazioni, ma che ci siano stati rapporti tra le BR e la camorra è certo, è dimostrato: caso Cirillo. Che il salone AutoCia, vicino alla banda della Magliana, fosse frequentato da Morucci e Faranda è dimostrato. Se vuole, posso continuare.
  Ovviamente, è chiaro che questo prescinde dall'intersecazione a 360 gradi, ma che ci fossero questi rapporti l'abbiamo sentito qui. Quindi, certamente lei non lo sapeva.

  WALTER DI CERA. Io parlo per la mia esperienza, ovviamente, però, quando parliamo dei rapporti con la camorra, ci riferiamo a rapporti che erano gestiti già da un'altra organizzazione, che era il «Partito guerriglia». Quindi, era già la parte legata a Senzani, era un'altra storia.
  La storia a cui io ho aderito in quegli anni era una storia delle Brigate rosse, così come sono state originate a Roma per effetto della scesa a valle – definiamola così – di Prospero Gallinari, che, insieme a Seghetti, sostanzialmente costituì la colonna romana delle Brigate rosse. Poi certamente io parlo della mia esperienza, per quello che ho vissuto, per scienza diretta.

  MIGUEL GOTOR. Le Brigate rosse hanno praticato la lotta armata, no?

  WALTER DI CERA. Sì.

  MIGUEL GOTOR. A me ha colpito un suo passaggio. Lei ha detto, in sostanza: «Io ho aderito alle Brigate rosse, però la mia coscienza si rifiutava di utilizzare le armi», e per questo poi è stato sospettato di essere un infiltrato. Ma in quale spazio Pag. 11lei collocava la sua militanza nelle Brigate rosse, al tempo, e come la concepiva? Cosa immaginava di poter fare, di voler fare, di fare?

  WALTER DI CERA. Grazie per la domanda. Premetto che io nasco in un ambiente cattolico, quindi la mia formazione di base era una formazione cattolica. Prima di aderire al movimento studentesco frequentavo Comunione e liberazione.

  MIGUEL GOTOR. Scusi se la interrompo: anche Moretti frequentava Gioventù studentesca, che poi ha dato vita a Comunione e liberazione.

  WALTER DI CERA. Per carità, se parliamo di Mara Cagol e Curcio, la stessa cosa, per cui questa...

  MIGUEL GOTOR. Tra le armi e il cattolicesimo c'è una grandissima esperienza storica.

  WALTER DI CERA. Questa formazione cosiddetta cattocomunista, no?

  PRESIDENTE. Per aiutare il ricongiungimento dopo la morte.

  WALTER DI CERA. Erano, purtroppo, anni drammatici, caratterizzati, come possiamo tutti ricordare, da un’escalation del conflitto sociale pazzesca, dove chiaramente masse e masse di giovani, tra i quali il sottoscritto, si sono trovate in questo magma incandescente che era appunto il movimento, la contestazione, gli scontri.
  Questa escalation deve essere un po’ descritta sul piano storico. Adesso non so se questa è la sede, ovviamente, di scendere in questi particolari, però certamente sono accaduti una serie di fatti che hanno spinto tutta una serie di persone e, quindi, a un certo punto, anche me... Parlo soprattutto delle morti in piazza. Sicuramente la morte di Fabrizio Ceruso nella manifestazione per le case a San Basilio fu uno degli elementi scatenanti, che all'epoca determinò quasi una scelta di campo da parte di interi settori della militanza dell'estrema sinistra delle periferie.

  MIGUEL GOTOR. Non le viene il dubbio che forse questa sua lettura possa essere maturata a posteriori, che possa essere servita a giustificare a se stesso e a comprendere l'esperienza di collaborazione di giustizia? Quando lei a ottobre 1977, sceglie di entrare nelle Brigate rosse, siamo già quasi a un decennio non solo di violenza politica, ma anche di lotta armata diffusamente praticata. Mi ha colpito perché lei dice: «Io ero un brigatista pacifista», mi viene da dire come battuta. Come pensava di collocarsi? Immagino che la sua posizione fosse difficile.

  WALTER DI CERA. Era una situazione difficile, ma non era solo la mia posizione.

  MIGUEL GOTOR. Siccome poi ha pagato anche tanto, tanti anni, diventa una storia drammatica.

  WALTER DI CERA. Difatti lo è, ma non è solo la mia storia. Io penso che molti militanti hanno aderito alla lotta armata, ai cosiddetti anni di piombo, ma anche in altre organizzazioni – parliamo di Prima linea; parliamo un po’ di tutto il mondo della violenza politica estrema e della lotta armata – per forza di dinamiche che in quel momento esistevano, al di là della coscienza personale: una presenza pervasiva più di dinamiche «gruppali» che, invece, scelte personali.
  Chiaramente, tutta quella militanza, per quanto mi riguarda, io l'ho vissuta sempre con grosse contraddizioni. Per rispondere alla sua domanda, l'immagine quale poteva essere? Quella di una rivoluzione, se vogliamo, come la «rivoluzione dei fiori», cioè costruire una forza politica (tant'è vero che poi svolgevo un lavoro di massa, non a caso) che, a un certo punto, potesse esercitare la presa del potere, esattamente come sono avvenute altre rivoluzioni senza spargimento di sangue.
  Ora possono sembrare posizioni strane, ma non lo sono, perché io mi confrontavo con tanti altri militanti che avevano la Pag. 12stessa percezione. Quindi, c'è stato un passaggio fondamentale: che la propaganda armata non faceva vittime. Nel momento in cui le organizzazioni combattenti hanno abbandonato la propaganda armata per produrre, invece, omicidi, lì c'è stata una frattura incredibile, che poi ha determinato quell'implosione che possiamo definire il fenomeno del pentitismo. La lotta armata si è conclusa perché ci sono state centinaia di persone che, come me, hanno collaborato con lo Stato per ripristinare la democrazia. Chiaramente, questa implosione, che è stata un'implosione dall'interno in tutte le organizzazioni combattenti, è avvenuta perché evidentemente il fenomeno era frutto di una patologia sociale più che di prese di posizione individuali.

  MIGUEL GOTOR. Scusi se insisto, ma lei entra nelle Brigate rosse nell'autunno del 1977, se ho ben capito. I primi omicidi delle Brigate rosse, verosimilmente non intenzionali, risalgono al 1974 a Padova. Poi inizia una serie di omicidi (penso a quello di Coco) e di «gambizzazioni» e poi i mesi del 1977, prima dell'autunno sono già pienamente mesi in cui la potenza di fuoco delle Brigate rosse, tra ferimenti e anche omicidi, è forte. Lei non aveva la percezione, entrando nelle Brigate rosse, che entrava in un'organizzazione che praticava l'omicidio politico?

  WALTER DI CERA. Ma certo che l'avevo.

  MIGUEL GOTOR. Quindi, insisto: che cosa voleva, che cosa pensava? «Mi fermo e do dei volantini»? Non lo so... Chi l'ha reclutata, se lo ricorda?

  WALTER DI CERA. Savasta.

  MIGUEL GOTOR. Ah, sì, lo aveva detto.

  WALTER DI CERA. Perché a diciannove anni la vita non si capisce. Il motivo è questo.

  MIGUEL GOTOR. C'è un problema proprio di percezione giovanile.

  WALTER DI CERA. Assolutamente. C'è un problema proprio di coinvolgimento – ripeto – frutto di dinamiche amicali, «gruppali».

  MIGUEL GOTOR. Gregarie.

  WALTER DI CERA. Assolutamente sì.

  GERO GRASSI. Quanti anni di carcere ha fatto, lei?

  WALTER DI CERA. Adesso, esattamente... Io sono stato condannato a sedici anni, poi la pena è stata ridotta a nove anni. Esattamente di carcere, adesso, non ricordo bene quanti anni... Sono stato a Paliano e poi ho avuto la concessione degli arresti domiciliari.

  MIGUEL GOTOR. Faccia uno sforzo: quanto ha fatto di carcere?

  WALTER DI CERA. Di carcere?

  MIGUEL GOTOR. Sì. Non se lo ricorda? Un anno, meno di un anno, due anni?

  WALTER DI CERA. Più di un anno, assolutamente sì. Io sono rimasto in detenzione fino al 1989. Chiaramente gli arresti domiciliari sono detenzione. Poi se gli arresti domiciliari li abbia fatti a casa o in caserma dei Carabinieri questo è un altro discorso, perché io praticamente la mia vita l'ho svolta prevalentemente all'interno della caserma dei Carabinieri.

  GERO GRASSI. Questa cosa non l'ho capita, me la deve spiegare: che significa?

  PRESIDENTE. Di Cera è stato uno dei principali collaboratori di giustizia, ha consentito di smantellare la colonna romana delle BR e ha partecipato attivamente alla realizzazione del sistema che ha portato all'arresto di brigatisti regolari e irregolari, individuando una tipologia – adesso è inutile che entriamo nel dettaglio – di pedinamento che ha portato a compiere decine e decine di arresti e questo ha comportato Pag. 13che gli arresti domiciliari per lui erano nella caserma dei Carabinieri.

  MIGUEL GOTOR. Per ovvie ragioni.

  WALTER DI CERA. Certo.

  PRESIDENTE. La Commissione è da tempo impegnata – questa è la parte che ci interessa di più – ad affrontare la posizione di Alessio Casimirri. Dalla documentazione risulta che lei è entrato in rapporto con «Marzia» (Rita Algranati) nella fase di preparazione dell'attentato di piazza Nicosia, avvenuto il 3 maggio 1979. In quell'occasione conobbe anche «Camillo» (Alessio Casimirri).
  Lei ricorda poi nelle sue deposizioni che Casimirri fu, con Prospero Gallinari, Mario Moretti e Renato Arreni, tra coloro che predisposero il piano per far evadere i brigatisti reclusi all'Asinara, sempre nel 1979. In particolare, Arreni e Casimirri si erano stabiliti presso Stintino per fare da basisti. In seguito l'operazione viene sospesa provvisoriamente e poi definitivamente abbandonata dopo l'arresto di Gallinari (settembre 1979), al quale era presente anche lei, che sfuggì alla cattura.
  Corrisponde a verità?

  WALTER DI CERA. Assolutamente sì.

  PRESIDENTE. Casimirri e Algranati lasciarono poi le Brigate rosse intorno all'inizio del 1980, più o meno nel periodo in cui anche lei lasciò l'organizzazione. Entrambi fuggirono poi dall'Italia dopo che Antonio Savasta, Emilia Libera e lei stesso iniziaste a rendere dichiarazioni all'autorità giudiziaria. Quindi, parlo del febbraio-marzo 1982.

  WALTER DI CERA. Sì.

  PRESIDENTE. Ci sono, insomma, una serie di incroci tra i vostri percorsi, pur nella diversa provenienza, anche sociologica.
  Per quanto riguarda la fuoriuscita dalle BR, lei dichiarò al giudice Priore il 14 marzo 1982 che i motivi della sua uscita furono essenzialmente politici. In sostanza, le BR non sarebbero riuscite, per usare le sue parole, «ad agganciare il proletariato urbano», riducendosi a una mera organizzazione armata.
  Anche Casimirri, nell'intervista a «Famiglia cristiana» del 1988, parlò di una «sclerosi dell'organizzazione», lamentando che le sue critiche erano mal viste.
  In primo luogo, le vorrei chiedere: quando lei uscì dalle BR, erano in corso discussioni sulle prospettive dell'organizzazione all'interno della colonna romana?

  WALTER DI CERA. Sì, decisamente c'erano diverse tendenze critiche rispetto alla gestione sia della colonna romana, sia, più in generale, di tutta l'organizzazione delle Brigate rosse, perché si assistette a un’escalation di fatti di sangue drammatici. Mi riferisco all'uccisione, per esempio, dei marescialli di Polizia avvenuta a Roma. Determinò veramente delle forti tensioni all'interno, proprio perché sia da parte mia sia di altri militanti si reputava che non poteva essere quella la strada. Questo distacco dal lavoro politico, dal lavoro di massa, per dare priorità alle armi, chiaramente, fu uno dei motivi per cui io, con ferma determinazione, decisi di uscire dall'organizzazione, perché non era pensabile per me – parlo per la mia esperienza – proseguire quel tipo di percorso così.

  PRESIDENTE. Gallinari l'ha incontrato solo a settembre del 1979 o anche prima?

  WALTER DI CERA. No, l'ho incontrato anche prima.

  PRESIDENTE. Si ricorda quando lo ha incontrato la prima volta?

  WALTER DI CERA. La prima volta fu proprio in occasione della preparazione dei fatti di piazza Nicosia.

  PRESIDENTE. Quindi, se piazza Nicosia è del maggio 1979, parliamo...? Marzo?

  WALTER DI CERA. Prima, prima.

Pag. 14

  PRESIDENTE. Potrebbe essere anche fine 1978?

  WALTER DI CERA. Adesso, francamente, bene non ricordo. Dovrei rileggere un po’ le carte.

  PRESIDENTE. Perché noi saremmo molto interessati a capire dove si appoggiava, dove stava Gallinari alla fine del 1978.

  WALTER DI CERA. Logisticamente?

  PRESIDENTE. Sì.

  WALTER DI CERA. Devo un po’ farci mente locale. Adesso, francamente, non ricordo, però, se mi dà qualche secondo, cerco un po’ di focalizzare, perché...
  Dunque, io ricordo che Gallinari lo conobbi che era primavera, però non poteva essere la primavera del 1978, quindi era la primavera del 1979.

  PRESIDENTE. Da che parte stava?

  WALTER DI CERA. A Trastevere. Ci incontrammo a Trastevere. Venne presentato come membro della direzione strategica. Era una riunione, se ben ricordo, finalizzata alla ricerca di un contributo da parte della nostra brigata per una direzione strategica. Avremmo dovuto produrre un documento politico. Gli interventi di Gallinari nelle brigate erano proprio finalizzati alla politica, alla definizione di linee politiche, alla richiesta di un contributo dal basso. E poi la frequentazione di Gallinari avvenne soprattutto appunto in preparazione all'attentato a piazza Nicosia.

  PRESIDENTE. Se era primavera, l'ha conosciuto nei primi mesi del 1979, a Trastevere. Logisticamente, però, non ha idea in che zona si appoggiava Gallinari? Non dove l'ha incontrato, ma dove si rifugiava, dov'era il covo in cui stava?

  WALTER DI CERA. Sinceramente, non avevo idea. Sicuramente c'è un episodio: prima dei fatti di Porta Metronia io vidi Gallinari e la Braghetti in prossimità di una casa nei pressi delle Mura Latine, in via dell'Amba Aradam. Questa cosa la riferii a suo tempo a verbale. Ebbi la percezione che stessero per uscire da quel portone, quindi pensai che potesse essere una base dell'organizzazione. Questo – ripeto – poco tempo prima del suo arresto.

  PRESIDENTE. Casimirri e Algranati lasciarono poi le Brigate rosse anche loro e se ne andarono...

  FEDERICO FORNARO. Scusi, presidente, possiamo passare in seduta segreta?

  PRESIDENTE. Proseguiamo in seduta segreta.

  (I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. È stato affermato che l'uscita dalle BR non comportava particolari problemi, tranne casi specifici come quello di Morucci e Faranda. Lei disse a qualcuno della sua decisione di uscire? Fu mai cercato da qualcuno interno all'organizzazione? Quando lei se ne andò e si dissociò, a chi comunicò la sua dissociazione? Si dissociò come fatto di coscienza, oppure disse a Gallinari, a Moretti, a qualcuno: «Me ne vado»?

  WALTER DI CERA. Gallinari era già stato arrestato. Io, dopo quei terribili fatti cui ho fatto riferimento prima, cominciai ad allontanarmi dall'organizzazione, di fatto. Poi comunicai, se ben ricordo, a Emilia Libera questa mia volontà. All'epoca nella direzione di colonna era entrata «Silvia» (Roberta Cappelli), che mi propose di rifugiarmi in Francia, con documenti falsi e con dei soldi. Io risposi serenamente che non avevo nessuna intenzione di lasciare il Paese, perché per me la scelta era quella di affrontare le mie responsabilità. Volevo chiudere con la clandestinità, sapendo che chiaramente sarebbe arrivato, un giorno, il confronto con la giustizia. Poi sono partito per Pag. 15il servizio di leva come militare nella divisione Folgore...

  PRESIDENTE. E non l'ha cercata più nessuno?

  WALTER DI CERA. No, assolutamente no.

  PRESIDENTE. Lei comunicò a questa Cappelli: «Vado a fare il militare» e sparì?

  WALTER DI CERA. Non dissi che andavo a fare il militare. Dissi semplicemente che tornavo alla mia vita. Successivamente, trascorso qualche mese, sono partito per il servizio di leva e, a quel punto, la mia scelta...

  PRESIDENTE. E dopo un po’ venne arrestato.

  WALTER DI CERA. Sì. Poi venni individuato, identificato e arrestato, per cui arrivò il momento di confronto con la realtà che aspettavo. Quando arrivò il capitano Di Petrillo, insieme ad altri uomini della speciale sezione anticrimine, erede delle esperienze del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, gli comunicai in modo rapido...

  PRESIDENTE. La storia la conosciamo bene.
  Mi dica una cosa: Casimirri e Algranati non li vide più?

  WALTER DI CERA. No, assolutamente no.

  PRESIDENTE. Lei si dissociò e non comunicò a loro che si era dissociato.

  WALTER DI CERA. Non ci siamo più incontrati. Avrei avuto il desiderio di incontrarli, perché sapevo che anche loro avevano posizioni critiche verso quel tipo di gestione delle Brigate rosse. Dico la sincera verità, ho anche cercato di rintracciare Casimirri, ma non avevo elementi, perché la compartimentazione... Neanche sapevo come si chiamasse, sinceramente: conoscevo solo il nome di battaglia. Poi è chiaro, quando poi è emerso il suo profilo in quanto latitante, l'ho riconosciuto e quindi il nome e cognome sono venuti a mia conoscenza.

  PRESIDENTE. Lei disse al giudice Sica, il 2 marzo 1982, che dopo il 1980 non ebbe contatti con le BR se non nel febbraio 1982, quando ebbe contatti con Massimo Tarquini, Luigi Novelli e Roberta Cappelli, che le consigliarono di darsi alla latitanza «in attesa di ricevere documenti falsi» (quindi, non fu solo la Cappelli, ma anche Novelli e Tarquini). Lei, però, decise di non farlo.
  Anche il nome di Casimirri divenne noto agli inquirenti più o meno nello stesso periodo, ma non è chiaro se abbia avuto contatti con altri brigatisti. Nell'audizione presso la Commissione il 17 giugno 2015 Marco Clementi ha detto, riferendosi a Casimirri e Algranati: «Quando la loro situazione si fece difficile in seguito all'arresto di Savasta, vennero forniti di documenti e denaro e si rifugiarono all'estero». La notizia, però, non ha riscontri documentali. Risulta solo che i due si recarono il 15 febbraio 1982, due settimane circa dopo l'arresto di Savasta, presso il loro datore di lavoro per ritirare degli arretrati.
  Anche per chiarire questo punto, può dirci esattamente cosa le dissero i brigatisti che le consigliavano di darsi alla latitanza? Le spiegarono anche che altri stavano fuggendo in Francia?

  WALTER DI CERA. Quella della Francia era una prassi. La cosiddetta dottrina Mitterrand, come viene definita, era un fatto reale. Era noto che il latitante poteva essere, da un certo punto di vista, «congelato» – questo è il termine – in Francia, perché lì aveva, ovviamente, tutto l'appoggio del Governo francese. Quindi, era un fatto normale che un latitante potesse rifugiarsi in Francia.

  PRESIDENTE. Il modo di levarsi di torno quelli che volevano smettere era: «Ti trovo i documenti, ti do i soldi e ti mando in Francia».

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  WALTER DI CERA. Sì, ma poi questo non escludeva il fatto che...

  PRESIDENTE. Ma le fece riferimenti specifici: «In Francia andate da Tizio, da Caio...»?

  WALTER DI CERA. Assolutamente no. Io vorrei fare un esempio molto chiaro. L'onorevole prima ha parlato della mia collaborazione con l'Arma dei Carabinieri. Di fatto io ho indossato... Ho continuato a essere militare, pur stando con i Carabinieri, perché sono stato arrestato da militare e, quindi, ho vissuto l'esperienza della collaborazione in modo assoluto, in modo coerente con quella scelta. Io ho seguito tutte le indagini che hanno portato poi alla risoluzione di quell'esperienza delle Brigate rosse, fino al 1989 con l'arresto di Cappello e del marito della Cappello, Ravalli.
  Dico questo per quale motivo? Perché nel 1988 fu arrestato Antonino Fosso. Venne arrestato in modo fortuito, però noi, prima del suo arresto, eravamo sicuri – dico alla sezione anticrimine dell'Arma dei Carabinieri – si era sicuri, si era convinti che Fosso stesse in Francia.
  A un certo punto Fosso viene arrestato da ufficiali dell'Arma dei Carabinieri che lo riconoscono in un certo luogo, che poi era in prossimità della casa di De Mita, è perché evidentemente Fosso dalla Francia era tornato in Italia per compiere un attentato di grande portata. Quindi, il fatto che i militanti delle Brigate rosse si rifugiassero in Francia non includeva necessariamente l'ipotesi che stessero fuori dall'organizzazione, anzi, la Francia...

  PRESIDENTE. Erano temporaneamente...

  WALTER DI CERA. Erano temporaneamente messi lì, ma ciò non escludeva il fatto che potessero rientrare in Italia per continuare la militanza. Era un parcheggio sicuro per sfuggire alla cattura e alle indagini di polizia giudiziaria.
  Ho fatto un esempio concreto.

  PRESIDENTE. Ho capito.

  FEDERICO FORNARO. Tornando su questa esperienza, che mi pare lei abbia approfondito, il nome Hypérion le dice qualcosa?

  WALTER DI CERA. Certamente sì, insomma.

  PRESIDENTE. Però non per conoscenze ex post?

  WALTER DI CERA. Per conoscenze ex post.

  FEDERICO FORNARO. Ma negli ambienti dei Carabinieri cosa si diceva? Ci racconta?

  WALTER DI CERA. Chiaramente, le mie conoscenze sono conoscenze tratte da fonti giornalistiche. Non ho mai avuto informazioni dirette.

  FEDERICO FORNARO. Però lei ha appena finito di dire una cosa importante, cioè che la fuoriuscita di brigatisti o persone legate a organizzazioni terroristiche di sinistra in Francia di per sé non era bastevole a dire che non c'era più un rapporto con la «casa madre» italiana.

  WALTER DI CERA. Certo.

  FEDERICO FORNARO. Questo presupporrebbe il fatto che in Francia ci fosse una rete di collaborazione e di copertura. Da questo punto di vista la domanda su Hypérion aveva significato: non tanto quello che ha letto dopo, e che magari abbiamo letto anche noi, ma se all'epoca dei fatti, proprio in relazione all'episodio che lei ha appena raccontato, all'interno del mondo degli investigatori si parlava di una rete di protezione in Francia di questi fuoriusciti.

  WALTER DI CERA. Certamente se ne parlava, perché di fatto questa rete ha dato, come dire, i suoi risultati, nel senso che noi abbiamo ancora latitanti che stanno in Francia. Ci sono ancora latitanti. Ci sono, Pag. 17per esempio, delle persone che sono state catturate a Roma, che poi per una serie di motivi sono state scarcerate e si sono rifugiate nuovamente in Francia e vivono lì. Il problema francese è un problema storico, è un problema politico, è un problema di rapporti tra l'Italia e la Francia, che forse un giorno può essere chiarito, ma questo è assolutamente un mio pensiero personale.

  GERO GRASSI. Ci può descrivere l'arresto di Gallinari?

  WALTER DI CERA. L'arresto di Gallinari avvenne... Lo descrivo subito. Praticamente eravamo lì; io ero con lui.

  GERO GRASSI. Dove?

  WALTER DI CERA. In viale delle Mura Latine. Ero con lui. Oltre a me e Gallinari c'erano Vanzi e l'altra militante – adesso mi sfugge il nome, ma comunque è nota – che poi venne arrestata in quel frangente. L'obiettivo di quel pomeriggio era sostituire le targhe a un'autovettura che era parcheggiata esattamente sul viale delle Mura Latine.
  A un certo punto, Gallinari stava cambiando le targhe col cacciavite. Io ero in piedi. Vidi la pattuglia della Polizia che si avvicinava. Dissi a Gallinari «Giuseppe» – era il suo nome di battaglia – «sta arrivando una pattuglia della Polizia». Mi disse: «Appena si ferma, spara». Io vidi la pattuglia che arrivava, osservai i due poliziotti all'interno. Potevo fare fuoco. Non l'ho fatto. Non l'ho fatto, soprattutto, perché vidi il poliziotto che era seduto vicino all'autista. Lo guardai negli occhi e vidi un padre di famiglia. Non l'ho fatto. Non potevo farlo. Rotolai in terra. I poliziotti scesero dalla macchina, aprirono il fuoco. Gallinari aprì il fuoco. Ci fu un conflitto a fuoco e io, rotolando in terra, scivolai dietro una macchina e fuggii in direzione opposta a quella da cui proveniva la pattuglia.
  Nel frattempo, arrivava un'altra macchina dei Carabinieri, con un carabiniere – che poi ho anche conosciuto, dopo, e siamo diventati amici – con il mitra fuori, che cercava di capire cosa stesse accadendo.
  Così andarono i fatti. Io guadagnai la fuga e sono stato l'unico a non essere stato catturato in quel frangente.

  GERO GRASSI. E perché?

  WALTER DI CERA. Perché sono fuggito.

  GERO GRASSI. Ho capito. L'ha detto. Ma nella dinamica, come mai lei è riuscito a fuggire e nessuno ha sparato?

  WALTER DI CERA. Bisogna chiederlo a Dio.

  GERO GRASSI. Perché nella dinamica, come stavate...

  WALTER DI CERA. Lei ha ragione. Bisogna chiederlo a Dio.

  GERO GRASSI. Gallinari era piegato. Era in ginocchio, se non sbaglio. Comunque era piegato verso il retro della macchina.

  WALTER DI CERA. Sì, era piegato. Gallinari stava cambiando la targa anteriore della macchina, mi sembra.

  GERO GRASSI. Quindi, dalla prospettiva della macchina della Polizia e dalla prospettiva della macchina dei Carabinieri la persona più visibile non era Gallinari, era lei.

  WALTER DI CERA. Certamente sì. Le ripeto la dinamica.

  GERO GRASSI. È così o no?

  WALTER DI CERA. Sì. Le ripeto la dinamica per essere chiaro. Gallinari era piegato e stava cambiando la targa.

  GERO GRASSI. E stava di spalle rispetto alla macchina della Polizia.

  WALTER DI CERA. No, stava di fronte.

Pag. 18

  GERO GRASSI. Alla macchina della Polizia?

  WALTER DI CERA. Certamente. Stava di fronte. Nel momento in cui la macchina si avvicinava, io dissi a Gallinari che si stava avvicinando una pattuglia. Lui – ripeto – mi disse: «Appena...».

  GERO GRASSI. Sì, ma non era visibile dalla...

  WALTER DI CERA. Sì, ma poi si è alzato, nel tempo di qualche secondo. Quando lui si è alzato, è successo quello che è successo.

  GERO GRASSI. E lei è scappato tranquillamente.

  WALTER DI CERA. Beh, tranquillamente...

  GERO GRASSI. Tranquillamente rispetto alla Polizia, nel senso che non le hanno sparato.

  PRESIDENTE. Onorevole Grassi, non ho capito: si sta preoccupando che non gli hanno sparato? Mi sembra una cosa un po’ di cattivo gusto.

  GERO GRASSI. No, presidente, non confondiamo e non ridicolizziamo. Mi fa piacere che non le abbiano sparato, signor Di Cera, così chiariamo. Però, siccome lei era più visibile rispetto a Gallinari, mi chiedo come mai, a parte la bontà del Padreterno, lei sia riuscito a dileguarsi.

  WALTER DI CERA. Perché io in quel momento non ho tirato fuori la pistola. Il motivo è questo. La mia mano non portava l'arma. Gallinari si è alzato, ha estratto la sua pistola e ha cominciato a fare fuoco sulla Polizia. La Polizia ha risposto e Gallinari è rimasto ferito. Questa è la dinamica. Poi, nel frattempo, arrivavano i Carabinieri. Io stavo correndo, quindi i Carabinieri potevano anche intervenire, però evidentemente non mi hanno visualizzato come possibile fuggiasco del conflitto a fuoco.

  PRESIDENTE. Non era notissimo. L'ha detto anche lei prima, onorevole Grassi.

  CATERINA PES. E gli altri due?

  WALTER DI CERA. Gli altri due... Mara Nanni, ecco il nome che non ricordavo, venne arrestata in quell'occasione.. C'era anche Pietro Vanzi, che fuggì.

  PRESIDENTE. Dunque, lei inizia a fare le dichiarazioni a febbraio del 1982.

  WALTER DI CERA. A marzo.

  PRESIDENTE. Ed è il primo che parla di Casimirri.

  WALTER DI CERA. Suppongo di sì.

  PRESIDENTE. Ed è anche il primo che parla della Algranati.

  WALTER DI CERA. Certamente il mio ruolo nell'ambito delle dichiarazioni rese ai giudici Priore e Sica fu appunto di apertura rispetto a nuove ipotesi investigative, tant'è vero che sin dai primi momenti in cui ci incontrammo lì al Reparto operativo di via in Selci si prese la decisione di non comunicare alla stampa il mio arresto. Questo proprio per facilitare l'attività di contrasto nei confronti delle Brigate rosse.

  PRESIDENTE. Lei inizia a parlare a marzo, ma su questo brogliaccio lei risulta fotosegnalato dopo Casimirri, il 7 maggio. Lei, però, fu fotosegnalato molto prima del 7 maggio.

  WALTER DI CERA. Io venni fotosegnalato la mattina del 2 marzo, immediatamente. Lo ricordo bene perché c'è una foto, che peraltro ho, del fotosegnalamento; è una foto in cui avevo la cravatta, un pullover blu e il pizzo, perché era questo l'abbigliamento della sera precedente.

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  PRESIDENTE. Lei è stato fotosegnalato il 2 marzo e risulta registrato il 7 maggio insieme con la Francola e la Libera, se non ricordo male.

  GERO GRASSI. Stiamo parlando del 1979 o del 1980?

  PRESIDENTE. Stiamo parlando del 1982. Di Cera viene registrato come fotosegnalato il 7 maggio 1982, mentre Casimirri viene fotosegnalato il 4 maggio 1982. Di Cera però ha memoria della propria fotosegnalazione il 2 marzo 1982.
  Signor Di Cera, può guardare questo cartellino: è simile a quello che fecero a lei? (Il presidente mostra all'audito un cartellino fotosegnaletico intestato ad Alessio Casimirri).

  WALTER DI CERA. No, perché chiaramente questa è una foto segnaletica, che ricordo bene: era sul tabellone dei latitanti che era presso la prima sezione dei Carabinieri. Quindi, è una foto segnaletica.

  PRESIDENTE. A parte la foto, il resto?

  WALTER DI CERA. Io posso ricordare quando ho messo le impronte. Certamente c'erano le foto, quella frontale e quella laterale, per cui questo non è un fotosegnalamento.

  PRESIDENTE. La cosa che ci colpisce è che questo cartellino lo individua come Camillo e l'unico motivo per cui possono indicare Casimirri col nome di battaglia Camillo il 4 maggio 1982 è che lei lo aveva riferito a marzo del 1982. Siccome qui fanno riferimento ai mandati di cattura...

  WALTER DI CERA. Sì.

  PRESIDENTE. Di Cera risulta fotosegnalato il 7 maggio 1982, ma questa segnalazione di Casimirri del 4 maggio 1982 è in base alle dichiarazioni fatte da Di Cera e da tutti quelli che parlarono, che avevano indicato che Casimirri era Camillo. Fino ad allora non si sapeva niente.

  WALTER DI CERA. Questo è vero.

  FEDERICO FORNARO. Saranno andati a cercarlo.

  PRESIDENTE. Chi?

  FEDERICO FORNARO. Gli inquirenti. Se Di Cera dice e racconta chi era Casimirri a marzo, l'avranno trovato a maggio.

  FABIO LAVAGNO. Il presidente sta evidenziando che il segnalamento di Di Cera è del 7 maggio e quello di Casimirri è precedente. Capisce?

  PRESIDENTE. Sto solo dicendo che tra questo cartellino di Casimirri e questo brogliaccio qualcosa è cambiato, perché il 4 maggio nel brogliaccio non risulta Casimirri, però, guarda caso, in questo foglio appare Di Cera il 7 maggio che fu fotosegnalato a marzo, tant'è vero che le sue dichiarazioni di marzo sono quelle che consentono a qualcuno di scrivere: «Partecipazione a banda armata, arresto, noto col nome di battaglia di Camillo». Ecco, è solo questo.

  GERO GRASSI. Non è una cosa di poco conto.

  PRESIDENTE. E chi ha detto che lo sia? Io non ho detto né di poco conto, né di tanto conto. Io ho detto come stanno le cose. La storia di Casimirri è infinita, nonostante tanti oggi si agitino, si inquietino e facciano a noi domande. Ma le domande andavano poste allora. Il problema non è porsi le domande...
  Passiamo in seduta segreta.

  (I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica)

  FABIO LAVAGNO. Io torno un attimo indietro, avendo ritrovato alla fine le domande.
  Lei, signor Di Cera, all'inizio ci ha parlato, come già ha segnalato il senatore Fornaro, della compartimentazione e del Pag. 20fatto che questa fosse legata intrinsecamente alla paura delle infiltrazioni. Nel ricostruire, come hanno fatto il senatore Fornaro e il senatore Gotor all'inizio, un clima, ci può spiegare se questa sensazione rispetto al pericolo di infiltrazioni era vissuta con una certa apprensione e con una certa dose anche di paranoia, o invece era una cosa abbastanza lassista nel controllo e nella verifica?

  WALTER DI CERA. Diciamo che il rischio dell'infiltrazione era considerato il rischio numero uno. Questo grazie, ovviamente, al successo che ebbe il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa nel momento in cui arrestò i militanti storici, che vennero catturati grazie alla collaborazione dell'infiltrato Pisetta. Chiaramente, le Brigate rosse erano sempre focalizzate su questo punto, tant'è vero che, a un certo punto, la colonna romana si rese conto che poteva essere infiltrata da qualche parte.

  FABIO LAVAGNO. Si rese conto e ne ebbe contezza, o...?

  WALTER DI CERA. C'era un forte sospetto.

  FABIO LAVAGNO. Concretizzatosi?

  WALTER DI CERA. Io non avevo contezza di questa cosa in quel momento, quindi non posso rispondere.

  FABIO LAVAGNO. Quindi, c'era una paranoia diffusa.

  WALTER DI CERA. La paranoia era assolutamente diffusa, ma – ripeto – io stesso sono stato sospettato in tal senso.

  FABIO LAVAGNO. Lei ha fatto accenno al suo servizio di leva presso la Folgore. Ora, la Folgore è un reparto con una certa caratteristica di arditismo. Lei come venne selezionato? Scelse di andare in quel corpo?

  WALTER DI CERA. Tramite un amico di mio padre. Era un colonnello. Io avevo ottenuto il rinvio del militare, Quando decisi di uscire dalle Brigate rosse, decisi di cambiare vita, quindi...

  FABIO LAVAGNO. In maniera abbastanza radicale.

  WALTER DI CERA. Assolutamente, quindi quasi mi raccomandai per partire nel servizio di leva. Per me fu un'esperienza...

  PRESIDENTE. Alternativa alla Francia.

  WALTER DI CERA. Alternativa alla Francia. Assolutamente sì, è così.

  FEDERICO FORNARO. La Folgore è un po’ l'opposto di quello che aveva fatto prima.

  WALTER DI CERA. Io non sapevo che sarei andato alla Folgore. Ho fatto il CAR (Centro addestramento reclute) a Fano, poi la destinazione è stata quella della Folgore. Chiaramente per me l'esperienza di Fano, l'esperienza del CAR, è stata un'esperienza di riconciliazione con lo Stato italiano.

  FABIO LAVAGNO. Io questo lo capisco e lo apprezzo, ma lei ha detto che è stato «raccomandato» da parte di suo padre, quindi lei sapeva che andava alla Folgore. L'ha chiesto.

  WALTER DI CERA. Sapevo che andavo a fare il militare, il più possibile lontano...

  FABIO LAVAGNO. È spettato a generazioni di fare il militare, non è che sia un grandissimo privilegio fare il militare. L'hanno fatto in molti.

  WALTER DI CERA. Per carità, ma per me era una rottura. Era una rottura rispetto all'essere antagonista dello Stato.

  FABIO LAVAGNO. Di solito, in questo Paese abbiamo visto molti casi in cui ci si raccomandava per evitare il servizio militare, non per farlo.

  WALTER DI CERA. Esatto, è così, ma la mia era una richiesta – ripeto – motivata Pag. 21dal fatto che volevo rompere con quel passato.

  FEDERICO FORNARO. Lei in che anno fa il militare?

  WALTER DI CERA. Nel 1981. Nel 1982 vengo arrestato.

  FABIO LAVAGNO. Quindi, lei viene arrestato durante il servizio militare. Mi sembra che l'abbia accennato.

  WALTER DI CERA. Ero militare.

  GERO GRASSI. Però, attenzione: perché lei parte nel 1981? Era universitario?

  WALTER DI CERA. Sì, ero universitario. Mi ero iscritto all'università.

  GERO GRASSI. Quando?

  WALTER DI CERA. Dopo il 1978, quindi nel 1979-80, se ben ricordo.

  GERO GRASSI. Un momento: lei è del 1957...

  WALTER DI CERA. Sono del 1958.

  PRESIDENTE. È precisa la data. Ci rientra. Ha la stessa età mia. Non mi sbaglio, tranquillo.

  GERO GRASSI. Sì, ma il militare non lo doveva fare in quell'anno. Lo doveva fare prima, perché anch'io sono del 1958, quindi parlo per esperienza.

  WALTER DI CERA. Sì, ho fatto i rinvii.

  GERO GRASSI. Ho capito, ha fatto il rinvio. Per fare il rinvio doveva aver fatto un esame. Ha fatto un esame?

  WALTER DI CERA. Ma certo che facevo gli esami.

  GERO GRASSI. Il primo anno. Il secondo anno pure?

  WALTER DI CERA. Frequentavo l'università regolarmente.

  GERO GRASSI. Sosteneva esami? Sì o no?

  WALTER DI CERA. Certo che li sostenevo.

  GERO GRASSI. No, non è certo. Io lo sto chiedendo.

  WALTER DI CERA. Sostenevo gli esami.

  GERO GRASSI. Quindi, lei ha avuto il rinvio del militare perché sosteneva gli esami universitari e ha avuto un rinvio per tre anni. Giusto?

  WALTER DI CERA. Più o meno sì. Adesso non ricordo esattamente quanti anni ho fatto il rinvio, però ho fatto diversi rinvii.

  FABIO LAVAGNO. Scusate, il rinvio era fino a ventisei anni d'età.

  GERO GRASSI. Sì, ma dovevi sostenere l'esame.

  FABIO LAVAGNO. Un esame all'anno.

  GERO GRASSI. Un esame all'anno. Perfetto. Io questo volevo sapere.

  PRESIDENTE. Non è che fosse difficilissimo...

  FABIO LAVAGNO. Nel 1989 si conclude il suo rapporto con le forze dell'ordine?

  WALTER DI CERA. No. Il rapporto con le forze dell'ordine è stato sempre attivo. Ho svolto sempre un'opera di consulenza verso l'Arma dei Carabinieri in primis e verso altri apparati dello Stato fino al 2013.

  FABIO LAVAGNO. Quindi, potrebbe continuare, nel senso che a domande...

  WALTER DI CERA. Sono sempre disponibile, nella maniera più assoluta.

Pag. 22

  GERO GRASSI. Captatio malevolentiae: era retribuito per questa consulenza?

  WALTER DI CERA. Per quanto riguarda la consulenza all'Arma dei Carabinieri, no. Certamente il rapporto tra me e l'Arma dei Carabinieri era un rapporto fraterno, di assoluta integrazione, perché io difatti vivevo con gli altri ragazzi dell'Arma. Erano tutti coetanei, per cui si era creata una fratellanza reale.

  GERO GRASSI. Non era retribuito dai Carabinieri?

  WALTER DI CERA. No.

  PRESIDENTE. Se stava in galera, era gratis.

  WALTER DI CERA. Ero detenuto, insomma. Era retribuito il mio lavoro quando ero a Paliano. Facevo il cuoco, per cui ho percepito degli emolumenti, peraltro anche con la certificazione INPS, a Paliano.

  PRESIDENTE. Proseguiamo in seduta segreta.

  (I lavori della Commissione proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica)

  PRESIDENTE. Ringrazio Walter Di Cera e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 22.15.