XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro

Resoconto stenografico



Seduta n. 153 di Mercoledì 18 ottobre 2017

INDICE

Comunicazioni del presidente:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 

Sulla pubblicità dei lavori:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 

Audizione di Aldo Bonomi:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 
Bonomi Aldo  ... 6 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Bonomi Aldo  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Bonomi Aldo  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Bonomi Aldo  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Bonomi Aldo  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Bonomi Aldo  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Bonomi Aldo  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Bonomi Aldo  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Bonomi Aldo  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Bonomi Aldo  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Bonomi Aldo  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Bonomi Aldo  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Bonomi Aldo  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Bonomi Aldo  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Bonomi Aldo  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Bonomi Aldo  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Bonomi Aldo  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Bonomi Aldo  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Bonomi Aldo  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Bonomi Aldo  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Bonomi Aldo  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Bonomi Aldo  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Bonomi Aldo  ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Bonomi Aldo  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Bonomi Aldo  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Bonomi Aldo  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Bonomi Aldo  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Bonomi Aldo  ... 10 
Grassi Gero (PD)  ... 10 
Bonomi Aldo  ... 10 
Grassi Gero (PD)  ... 10 
Bonomi Aldo  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Bonomi Aldo  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Bonomi Aldo  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Bonomi Aldo  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Bonomi Aldo  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Bonomi Aldo  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Bonomi Aldo  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Bonomi Aldo  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Bonomi Aldo  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Bonomi Aldo  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Bonomi Aldo  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Bonomi Aldo  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Bonomi Aldo  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Bonomi Aldo  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Bonomi Aldo  ... 11 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Bonomi Aldo  ... 12 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Bonomi Aldo  ... 12 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Bonomi Aldo  ... 12 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Bonomi Aldo  ... 12 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Bonomi Aldo  ... 12 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Bonomi Aldo  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Bonomi Aldo  ... 12 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Bonomi Aldo  ... 12 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Bonomi Aldo  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Bonomi Aldo  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Bonomi Aldo  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Bonomi Aldo  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Bonomi Aldo  ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Bonomi Aldo  ... 13 
Gotor Miguel  ... 13 
Bonomi Aldo  ... 13 
Gotor Miguel  ... 14 
Bonomi Aldo  ... 14 
Gotor Miguel  ... 14 
Bonomi Aldo  ... 14 
Fornaro Federico  ... 14 
Bonomi Aldo  ... 14 
Fornaro Federico  ... 14 
Gotor Miguel  ... 14 
Bonomi Aldo  ... 14 
Gotor Miguel  ... 14 
Bonomi Aldo  ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Fornaro Federico  ... 14 
Bonomi Aldo  ... 14 
Fornaro Federico  ... 14 
Bonomi Aldo  ... 14 
Gotor Miguel  ... 14 
Bonomi Aldo  ... 14 
Gotor Miguel  ... 14 
Bonomi Aldo  ... 14 
Grassi Gero (PD)  ... 14 
Gotor Miguel  ... 15 
Grassi Gero (PD)  ... 15 
D'Adda Erica  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Bonomi Aldo  ... 15 
Fornaro Federico  ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Fornaro Federico  ... 15 
Bonomi Aldo  ... 15 
Fornaro Federico  ... 15 
Bonomi Aldo  ... 15 
Fornaro Federico  ... 15 
Bonomi Aldo  ... 15 
Fornaro Federico  ... 15 
Bonomi Aldo  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Bonomi Aldo  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Bonomi Aldo  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Bonomi Aldo  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Bonomi Aldo  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Bonomi Aldo  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Fornaro Federico  ... 16 
Bonomi Aldo  ... 16 
Fornaro Federico  ... 16 
Bonomi Aldo  ... 16 
Fornaro Federico  ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Fornaro Federico  ... 17 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Fornaro Federico  ... 17 
Bonomi Aldo  ... 17 
Fornaro Federico  ... 17 
Bonomi Aldo  ... 17 
Fornaro Federico  ... 17 
Bonomi Aldo  ... 17 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Bonomi Aldo  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Bonomi Aldo  ... 18 
Grassi Gero (PD)  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Bonomi Aldo  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Bonomi Aldo  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Bonomi Aldo  ... 19 
Fornaro Federico  ... 19 
Bonomi Aldo  ... 19 
Fornaro Federico  ... 19 
Bonomi Aldo  ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Bonomi Aldo  ... 20 
Fornaro Federico  ... 20 
Bonomi Aldo  ... 20 
Fornaro Federico  ... 20 
Bonomi Aldo  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Fornaro Federico  ... 20 
Bonomi Aldo  ... 20 
Fornaro Federico  ... 20 
Bonomi Aldo  ... 20 
Fornaro Federico  ... 20 
Bonomi Aldo  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Bonomi Aldo  ... 21 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 21 
Bonomi Aldo  ... 21 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 21 
Bonomi Aldo  ... 21 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 21 
Bonomi Aldo  ... 21 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 21 
Bonomi Aldo  ... 21 
Fornaro Federico  ... 21 
Bonomi Aldo  ... 21 
Grassi Gero (PD)  ... 21 
Bonomi Aldo  ... 21 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 21 
Bonomi Aldo  ... 21 
Grassi Gero (PD)  ... 21 
Lavagno Fabio (PD)  ... 22 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 22 
Bonomi Aldo  ... 22 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 22 
Cervellini Massimo  ... 22 
Bonomi Aldo  ... 22 
Cervellini Massimo  ... 22 
Bonomi Aldo  ... 22 
Cervellini Massimo  ... 22 
Bonomi Aldo  ... 22 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 23 
Bonomi Aldo  ... 23 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 23 
Bonomi Aldo  ... 23 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 23 
Bonomi Aldo  ... 23 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 23 
Bonomi Aldo  ... 23 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 23 

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIUSEPPE FIORONI

  La seduta comincia alle 14.05.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE . Comunico che, nella riunione odierna, l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto di:

   declassificare da segreto a libero il documento 1013/2 dell'archivio della Commissione;

   richiedere al Ministero dell'interno di trasmettere alla Commissione documentazione di interesse dell'inchiesta;

   autorizzare il colonnello Pinnelli e il maggiore Di Prete a svolgere una missione allo scopo di raccogliere informazioni testimoniali da due persone al corrente dei fatti;

   trasmettere alla Procura generale presso la Corte di appello di Roma, che ne ha fatto richiesta il 13 ottobre 2017, copia di due documenti, riservati;

   autorizzare la Procura presso il Tribunale di Roma, che ne ha fatto richiesta alla Commissione l'11 ottobre 2017, a trasmettere alla Procura generale presso la Corte di appello di Roma un documento, segreto, che la Commissione aveva trasmesso alla Procura presso il Tribunale di Roma il 10 luglio 2017.

   Comunico, inoltre, che:

   il 5 ottobre 2017 la dottoressa Tintisona ha depositato una nota, riservata, relativa a documentazione di polizia su Benito Puccinelli e una nota, di libera consultazione, con allegato il verbale di catalogazione del reperto 102647 del processo Pecorelli;

   nella stessa data sono state acquisiti i documenti, di libera consultazione, depositati da Gianni Gennari nel corso della sua audizione;

   il 9 ottobre 2017 il tenente colonnello Giraudo ha depositato una nota istruttoria, segreta, con allegato il verbale di sommarie informazioni testimoniali rese da persona al corrente dei fatti; una nota, segreta, relativa ad accertamenti sulle indicazioni di una fonte; una nota, riservata, con allegata documentazione relativa a Ronald Stark;

   nella stessa data il dottor Salvini ha depositato una nota, riservata, relativa a un colloquio avuto con Antonio Ferrari;

   nella stessa data Paolo Cucchiarelli ha inviato un esposto, di libera consultazione, relativo a possibili accertamenti sulla Rénault 4 utilizzata per il trasporto del corpo di Aldo Moro;

   il 10 ottobre 2017 il dottor Donadio ha depositato il verbale, riservato, di sommarie informazioni testimoniali rese da Gianfranco Bonetto il 5 ottobre 2017;

   nella stessa data l'avvocato Basilio Milio ha trasmesso alla Commissione copia di una richiesta di rettifica riguardante contenuti di un articolo relativo al prefetto Mario Mori pubblicato sul «Fatto Quotidiano» il 23 settembre 2017, inviata allo stesso giornale;

   nella stessa data Riccardo Gioviale ha inviato alla Commissione una missiva relativa a Alessio Casimirri;

   nella stessa il direttore del Servizio centrale antiterrorismo ha inviato una nota, Pag. 4 riservata, con allegata una relazione di identificazione dattiloscopica elaborata dal Servizio di polizia scientifica;

   l'11 ottobre 2017 il dottor Donadio ha depositato una nota relativa alle dichiarazioni a suo tempo rese da Pietro Lalli e a conseguenti proposte operative;

   il 12 ottobre 2017 è pervenuta una nota della Direzione centrale della Polizia di prevenzione, relativa a identificazioni dattiloscopiche su reperti scoperti nel covo di via Monte Nevoso, a Milano, il 9 ottobre 1990;

   il 16 ottobre 2017 il colonnello Pinnelli ha depositato una nota, riservata, con allegata documentazione dell'Arma dei Carabinieri relativa a Giustino De Vuono, integrativa di quella già trasmessa;

   nella stessa data l'AISE ha trasmesso una raccolta di documentazione, segreta, relativa a organizzazioni palestinesi attive in Italia, nonché a indagini su rapporti tra movimenti terroristici mediorientali e Brigate rosse;

   nella stessa data Paolo Cucchiarelli ha trasmesso due esposti riservati, relativi, rispettivamente, ad accertamenti balistici e ad approfondimenti relativi a un articolo di giornale, pubblicato nel 2003, nel quale vengono riferite affermazioni di una importante personalità politica sugli ultimi giorni del rapimento Moro;

   nella stessa data il sostituto commissario Ferrante e il sovrintendente Marratzu hanno depositato una nota, di libera consultazione, con allegati alcuni verbali di dichiarazioni dibattimentali rese da Valerio Morucci;

   nella stessa data la dottoressa Tintisona ha depositato il verbale, riservato, delle operazioni compiute presso l'AISI in relazione all'acquisizione di documentazione di interesse dell'inchiesta;

   il 18 ottobre 2017 l'AISE ha trasmesso una raccolta di documenti, segreti, relativi a Maurizio Folini e Massimo Corbò;

   nella stessa data il dottor Mastelloni ha trasmesso due verbali, riservati, di sommarie informazioni rese da persone al corrente dei fatti;

   nella stessa data il dottor Salvini ha trasmesso il verbale, riservato, di sommarie informazioni rese da persona al corrente dei fatti.

   Do ora lettura di una lettera che ho inviato, dopo averne dato notizia all'Ufficio di presidenza: «All'onorevole Paolo Gentiloni, Presidente del Consiglio dei ministri, all'onorevole Angelino Alfano, Ministro degli affari esteri, al senatore Marco Minniti, Ministro dell'interno, all'onorevole Andrea Orlando, Ministro della giustizia.

   Onorevole Presidente e gentili Ministri, nell'esprimere il grande apprezzamento mio personale e della Commissione tutta per i grandi sforzi posti in essere per porre termine all'offensiva latitanza di Cesare Battisti, desidero segnalare che la Commissione che ho l'onore di presiedere ha, sin dai suoi esordi, posto all'attenzione del Governo la questione delle azioni da porre in essere al fine di promuovere l'estradizione del latitante Alessio Casimirri. Il tema, tra l'altro, è stato oggetto della sua audizione in quanto Ministro degli affari esteri presso la Commissione il 15 luglio 2015, nonché di quella del Ministro della giustizia Orlando il 10 marzo 2015, a seguito delle quali la Commissione ha avuto diverse positive interrelazioni con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministero della giustizia, che tuttavia non hanno potuto modificare sostanzialmente la situazione in essere.

   Sulla base degli indirizzi della Commissione, torno a sollecitare il più forte impegno al fine di sollevare, nell'ambito dei rapporti con il Nicaragua, con la massima forza la questione dell'estradizione e della revoca della cittadinanza a Casimirri, ora che si approssimano i quarant'anni dall'uccisione del Presidente Aldo Moro, dei carabinieri Oreste Leonardi e Domenico Ricci, degli agenti Francesco Zizzi, Giulio Rivera e Raffaele Iozzino. Segnalo che la questione riveste particolare importanza ai fini dell'inchiesta parlamentare, alla luce di numerosi Pag. 5  elementi d'indagine emersi in relazione a Casimirri e alla vicenda della sua fuga e latitanza.

   Com'è noto, Casimirri, figlio di un funzionario dello Stato della Città del Vaticano, militò sin dai primi anni Settanta nella formazione della sinistra extraparlamentare di Roma, in particolare nelle file dell'Autonomia operaia. Tra il 1976 e 1977 entrò in contatto con appartenenti alle Brigate rosse, tra cui Bruno Seghetti, insieme con i quali costituì la colonna romana delle BR. La sua militanza rimase, però, sconosciuta agli organi inquirenti, risultando agli atti nei suoi confronti solo due denunce per violenza privata nei confronti di estremisti di destra e una segnalazione per rapina in danno dei magazzini Standa. In particolare, fu denunciato il 21 marzo 1972 per tentata violenza privata nei confronti di persone di diversa fazione politica, fu segnalato il 7 novembre 1973 quale responsabile di concorso in violenza privata nei confronti di un militante di estrema destra e il 28 gennaio 1975 per una rapina commessa ai danni dei magazzini Standa il 30 dicembre 1974. Tali episodi non impedirono, peraltro, a Casimirri di detenere, con regolare autorizzazione, alcune armi e di gestire un negozio di caccia e pesca. Fu sottoposto, senza esito, a perquisizione il 3 aprile 1978 nell'ambito delle indagini sul rapimento Moro. La Commissione ha, peraltro, accertato che, verosimilmente, in occasione della stessa perquisizione, furono sequestrati al Casimirri diversi documenti e un'agendina telefonica, che non è stata mai oggetto di indagine.

   Negli anni successivi, sulla base delle dichiarazioni di terroristi pentiti – tra gli altri, Savasta, Libera e Di Cera – Casimirri si evidenziò quale elemento di spicco del settore controrivoluzione come partecipante agli omicidi Palma e Tartaglione e all'assalto alla sede della Democrazia cristiana di piazza Nicosia. La sua figura è emersa in piena evidenza all'inizio del 1982. Fu colpito da un primo ordine di cattura il 16 febbraio 1982 e da ulteriori mandati di cattura il 4 marzo, il 16 luglio, il 24 agosto e il 18 novembre 1982. Il riconoscimento della sua partecipazione al sequestro Moro è, invece, successivo ed è sostanzialmente legato al processo Moro ter.

   Casimirri si era, nel frattempo, reso latitante. Il 28 novembre 1983 furono estese per via diplomatica le ricerche in campo internazionale. Fu condannato il 3 giugno 1986 dalla Corte di assise di Napoli a cinque anni di reclusione e, successivamente, il 12 ottobre 1988, da quella di Roma alla pena dell'ergastolo per l'omicidio di Moro, dei magistrati Palma e Tartaglione e degli agenti di polizia Mea e Ollanu. Nel 1986 la sua presenza fu segnalata da fonti di intelligence in Nicaragua. Il 27 settembre 1988 il Ministro di grazia e giustizia richiese formalmente alle autorità di quel Paese l'estradizione del latitante, senza riscontri positivi, anche alla luce delle sue aderenze in ambiti politici locali. Peraltro, alcune lentezze nell'emissione dell'ordine di esecuzione della pena resero la procedura particolarmente gravosa e tardiva. Infruttuosi sono stati anche i tentativi di contatto con il latitante, come quello, assai noto, compiuto da agenti del SISDE nel 1993.

   Casimirri lasciò l'Italia in modalità che non sono mai state chiarite e che suscitano ampi dubbi sulla protezione di cui egli poté eventualmente godere, alla luce della recente scoperta di documentazione di polizia che sembra indicare che Casimirri rimase in Italia più a lungo di quanto comunemente si ritiene, subendo anche un fermo o arresto nel maggio 1982, e poté sottrarsi alla giustizia grazie al concorso di una rete di complicità che la Commissione sta ancora ricostruendo. Anche in questo caso, la Commissione ha compiuto accertamenti, precedentemente mai realizzati, sulla persona che risulta intestataria del passaporto con le generalità falsamente utilizzate da Casimirri in Nicaragua. Certamente dello stesso passaporto fu denunciato lo smarrimento solo nel settembre 1983.

   Lo sforzo di ricerca della verità sulla vicenda Moro non può, dunque, prescindere da un ulteriore tentativo di porre termine a una latitanza che è offensiva per le vittime e per la giustizia».

Pag. 6  

   Credo che sia un atto a cui non potevamo sottrarci, anche alla luce delle nuove evenienze investigative che dimostrano in maniera evidente l'esistenza di una rete che ha protetto, aiutato e sostenuto il latitante Casimirri, ieri; non sappiamo oggi, ma, secondo noi, non deve avere un domani.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE . Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Audizione di Aldo Bonomi.

  PRESIDENTE . L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Aldo Bonomi, che ringraziamo per la sua presenza oggi. L'audizione è stata deliberata al fine di acquisire elementi sulla vicenda dei contatti con brigatisti in carcere che furono tentati da esponenti socialisti durante il sequestro Moro e sulla circolazione di lettere e scritti di Moro o di brigatisti nel corso dello stesso sequestro.
  In particolare, è importante per la Commissione riscontrare le affermazioni fatte da Umberto Giovine sia nel verbale reso al dottor Salvini il 25 agosto 2016, sia nell'audizione presso la Commissione del 19 ottobre 2016. Ricordo che, a tale proposito, il dottor Bonomi ha reso dichiarazioni al dottor Salvini il 18 ottobre e il 19 dicembre 2016.
  Poiché il dottor Bonomi ha partecipato a diverse vicende della sinistra extraparlamentare, soprattutto lombarda, degli anni Settanta, si potrà cogliere questa occasione anche per approfondire altri aspetti di interesse dell'inchiesta di nostra competenza.
  Passo a porle una serie di quesiti. Le pongo innanzitutto alcune domande sulle sue attività nei primi anni Settanta.
  In un'intervista sulla storia di Potere operaio, rilasciata da lei il 17 ottobre 2000, ha rievocato il suo percorso in termini generali. Ha ricordato la sua esperienza all'Università di Trento, il rapporto con Nanni Balestrini e Primo Moroni, l'esperienza della rivista «Controinformazione» e nell'Autonomia e ha affermato che, in qualche modo, questo periodo si chiuse col processo 7 aprile, quando, per usare le sue parole, «viene messo in galera un intero ceto politico».
  Più precisamente, risulta che lei, dopo l'episodio del sequestro a Trento di un esponente del MSI e di un sindacalista di destra – una sorta di pubblica gogna per la quale lei fu condannato a sei mesi per sequestro di persona – favorì nel 1970 l'espatrio dell'anarchico Gianfranco Bertoli, un personaggio singolare che, in un periodo anteriore, era stato informatore del servizio segreto militare e che, dopo un lungo soggiorno in Israele, compì l'attentato alla Questura di Milano nel 1973.
  Lei poi partecipò, nell'ottobre del 1973, al congresso di Potere operaio di Preganziol. Un anno dopo fu chiamato a compiere il servizio militare e proprio nel periodo in cui era militare fu arrestato, il 10 ottobre 1975, su mandato dell'autorità giudiziaria di Torino.
  Il primo tema attiene proprio alla sua militanza politica di quegli anni, sulla quale le pongo diverse domande. In primo luogo, in quale area si collocava il suo impegno, al di là delle cose che ho appena citato? Che tipo di attività politica svolgeva? Le chiedo poi se lei aveva avuto un ruolo in Lotta continua; quando cominciò a svolgere attività di controinformazione; qual era il suo rapporto con i circoli anarchici e, infine, se nell'ambito delle sue frequentazioni dell'epoca ci sono stati mai contatti o frequentazioni con Corrado Simioni, Franco Troiano e Innocente Salvoni.

  ALDO BONOMI . Dunque, nella mia esperienza politica degli anni Settanta, arrivato a Trento, militai con Lotta continua ed ebbi rapporti, fondamentalmente, con Gigi Chiais e Marco Boato.
  Rispetto alla prima imputazione che ho avuto durante gli anni Settanta tengo a precisare che l'imputazione era «sequestro di persona», ma il tutto avvenne davanti a una fabbrica dove furono accoltellati degli operai. Ci fu una reazione di massa da parte degli operai. Io, tanto per essere chiari, ero fuori a distribuire volantini, Pag. 7 come si faceva allora. Accompagnammo gli accoltellatori a Trento e li consegnammo alle autorità di polizia.
  Il secondo passaggio si riferiva, se non sbaglio, al 1970, perché qui bisogna contestualizzare le cose, ovviamente. Rientrai al mio paese, un paesino della Valtellina, e un anarchico del luogo, il dottor Bevilacqua, mi fece presente che c'era un anarchico del Ponte della Ghisolfa che scappava. Devo dire, facendo memoria dentro di me, che nel 1971 chiunque – ovviamente chiunque con le mie idee, non «chiunque» – avrebbe aiutato a sfuggire a quello che era, tra virgolette, il «clima di repressione» e di problematiche di quegli anni.
  Feci questo con tre anarchici del Ponte della Ghisolfa, con cui poi sono stato imputato per... come si chiama?

  PRESIDENTE . Associazione per delinquere?

  ALDO BONOMI . No, molto più semplice. Poi il processo non fu mai celebrato...

  PRESIDENTE . Favoreggiamento?

  ALDO BONOMI . Esatto, non mi veniva l'espressione: favoreggiamento. Quando seppi, due anni dopo, compilai dettagliatamente uno schema di «controinformazione» – poi arrivo al periodico «Controinformazione» – su quello che era avvenuto e su quello di cui io ero a conoscenza rispetto a questo fatto; quello schema poi fu acquisito dalla magistratura, se non sbaglio, a Robbiano di Mediglia.
  Andando a Milano, mi occupai poi delle problematiche di controinformazione e controinchieste di quegli anni e mi avvicinai alla rivista «Controinformazione», che era – lo dico in maniera molto schematica – frutto di due componenti, una più vicina alle Brigate rosse e una più vicina alla nebulosa Potere operaio.
  Fui arrestato, mentre ero militare, per la partecipazione al gruppo di controinformazione. Feci sei mesi di carcerazione preventiva. Dopodiché, fui processato per partecipazione a banda armata, condannato a due anni con la condizionale e con la non menzione. Questo, diciamo così...

  PRESIDENTE . L'iter.

  ALDO BONOMI . L'iter.
  Per ciò che riguarda i tre nomi che lei ha fatto...

  PRESIDENTE . Simioni, Troiano e Salvoni.

  ALDO BONOMI . Mai conosciuti.

  PRESIDENTE . Nessuno dei tre?

  ALDO BONOMI . No.

  PRESIDENTE . Mai incontrati?

  ALDO BONOMI . Mai incontrati, mai conosciuti. Ovviamente, so le storie, Hypérion eccetera. Le ho sentite, ma non li ho mai incontrati né conosciuti.

  PRESIDENTE . Nel libro intervista di Alberto Franceschini Che cosa sono le BR si ricorda, alle pagine 124-126, che nel dicembre 1973, durante il sequestro Amerio, le BR furono contattate dai servizi segreti israeliani. Secondo quanto afferma Franceschini, lei avrebbe detto ad Antonio Bellavita, direttore di Controinformazione, che i Servizi israeliani ricercavano un contatto. In seguito, lei avrebbe dato il messaggio che gli israeliani avrebbero finanziato le Brigate rosse anche senza contropartita. Il tramite sarebbe stato un medico lombardo che è forse da identificare in Rolando Bevilacqua (che lei ha menzionato poco fa), di tendenze anarchiche e informatore nel contempo del SID e del Mossad (un po’ come Bertoli).
  Lo stesso Bevilacqua dichiarò nel 1992 al giudice istruttore di Milano Antonio Lombardi che la conosceva e che lei aveva la fama di frequentare ambienti di sinistra anche extraparlamentari, ma anche forze dell'ordine e Carabinieri.
  La questione che interessa la Commissione è: lei ebbe un qualche ruolo in questo tentato contatto tra israeliani e Brigate Pag. 8 rosse, o comunque ne era a conoscenza e, se sì, in quali termini? Le chiediamo, quindi, di fornirci dettagli in merito, in particolare di dirci quale finalità si proponevano e chi erano le persone interessate.

  ALDO BONOMI . Su questo non posso essere di nessun aiuto per la Commissione. Io non ho mai avuto contezza e non ho mai detto una frase di questo genere.

  PRESIDENTE . Quindi, Franceschini e gli altri, dicono tutti sciocchezze.

  ALDO BONOMI . No. Questa dichiarazione di Franceschini non l'ho presente, però, avendo anche visto la nota a margine sulla dichiarazione di Franceschini che sta nel libro del senatore Gotor, posso solo dedurre alcune cose, ma sono deduzioni.
  Io una volta ho incontrato Franceschini a casa di Gigi Bellavita, fratello di Antonio Bellavita. Emerse una tematica che mi ha sempre accompagnato. Ragionando con lui, che mi chiese che cosa facevo io, dissi che io mi occupavo di controinformazione e, quindi, di informazioni. Da lì, deduco, la frase: «Bonomi campa di informazioni» e, quindi, valutazioni di questo genere.
  Devo dire che, dal mio punto di vista, non mi risulta questo. Certo, Bevilacqua io l'ho conosciuto. So anche che diceva che ero inaffidabile, essendo un «estremista di sinistra» e figlio di un sindaco democristiano. Capita.

  PRESIDENTE . C'è di peggio.

  ALDO BONOMI . Infatti. Vedremo dopo come questa storia l'ho ricondotta dentro di me, quando arriveremo al sequestro Moro.
  Però, ovviamente, io non ho mai avuto rapporti coscienti. Qui smentisco categoricamente. Poi, se lei mi dice che Bevilacqua è questa persona, dico di sì, ma non ho avuto rapporti coscienti e precisi rispetto a questo. Anzi, respingo con irritazione, perché è un'insinuazione che mi ha sempre accompagnato in quei dieci anni e ancora oggi mi accompagna, e che mi indigna rispetto alla mia storia culturale e politica, che può essere piena di errori, ma comunque non è fatta da meccanismi di questo tipo. Lo dico soprattutto al senatore Gotor. Mi interessa essere chiaro su questo.

  PRESIDENTE . Quindi, per essere chiari, riguardo all'affermazione di Franceschini secondo cui ad Antonio Bellavita lei avrebbe parlato di Servizi israeliani, lei dice che questa cosa non esiste.

  ALDO BONOMI . Non esiste.

  PRESIDENTE . E rispetto alle dichiarazioni di Bevilacqua al giudice istruttore Antonio Lombardi? Bevilacqua dichiara che lei aveva fama di tenere contemporaneamente rapporti in maniera particolare con forze dell'ordine e Carabinieri. Anche questo non è vero?

  ALDO BONOMI . Sa, io escludo categoricamente... Gli unici rapporti che ho avuto con i Carabinieri...

  PRESIDENTE . Sono stati quando l'hanno fermata.

  ALDO BONOMI . Quando mi hanno arrestato. Tanto per essere chiari.
  Però, se vado al clima di quegli anni, ricordo che tra le varie fazioni dell'estremismo, della sovversione – la chiami come vuole – c'era, ovviamente, l'abitudine a scambiarsi epiteti e patenti di questo genere.

  PRESIDENTE . Nell'ottobre del 1973 nasce la rivista «Controinformazione», che in diversi casi agì come fiancheggiatrice delle Brigate rosse. Lei che attività svolse nella rivista? Ebbe un ruolo di redattore, di consulente? I risultati delle attività di inchiesta furono in qualche modo passati a Curcio e Franceschini?

  ALDO BONOMI . Punto primo: tengo a sottolineare che in quegli anni avevo 21-22 anni. Il mio ruolo non era certamente un ruolo dirigente. In quegli anni la rivista era «frequentata» da Toni Negri e da Lazagna, proprio perché era un ambito di questo Pag. 9 genere. Quello che si faceva erano inchieste, anche operaie. Ricordo, almeno per ciò che mi riguarda, un'inchiesta sulla FIAT che fu fatta, che non c'entrava nulla, ovviamente, e non era automatico, per ciò che mi riguarda, un discorso di questo genere.
  Il discorso si complicò, e venimmo tutti arrestati, perché l'archivio di «Controinformazione», che era gestito e governato da Antonio Bellavita, fu trovato a Robbiano di Mediglia. Quindi è chiaro che il giudice Caselli prese, ovviamente, quella dimensione lì, anche perché ricordo che fino ad allora c'erano stati atti di illegalità, ma la situazione precipitò con l'omicidio, a Robbiano di Mediglia, di un maresciallo dei Carabinieri. Lì la cosa divenne drammatica rispetto a questo. Fino a quegli anni era partecipare a una dimensione di militanza sociale e civile dentro il quadro che veniva avanti.

  PRESIDENTE . Ma le vostre inchieste venivano portate a Curcio e Franceschini o no?

  ALDO BONOMI . Per ciò che mi riguarda, no. Non avevo rapporti rispetto a questo. L'ho detto, io l'ho incontrato una sola volta.

  PRESIDENTE . Al bar.

  ALDO BONOMI . No, l'ho detto: a casa di Gigi Bellavita, e c'era anche Antonio Bellavita. Finito lì.

  PRESIDENTE . Prima, però mi sono dimenticato: lei sapeva che Bertoli era un informatore del SID?

  ALDO BONOMI . Assolutamente no.

  PRESIDENTE . Quindi, era Bevilacqua che le diede questo «pacco», insomma.

  ALDO BONOMI . No. Bevilacqua e, ovviamente, Enrico Maltini e Amedeo Bertolo: erano loro i garanti. Era il circolo della Ghisolfa, non era Bevilacqua. È chiaro?

  PRESIDENTE . E le dissero che questa era una brava persona. Quindi, non sapeva niente.

  ALDO BONOMI . Verifica che feci, io.

  PRESIDENTE . E quando poi avvenne l'attentato alla Questura di Milano? Le venne il sospetto che...?

  ALDO BONOMI . No, il sospetto... Certamente scrissi tutto, perché c'era il sospetto che fosse uno che sicuramente non era dentro le dinamiche della sinistra. Scrissi io la controinchiesta rispetto... Cioè, è come se mi autodenunciassi. È chiaro? Scrissi io tutto.

  PRESIDENTE . A proposito dei rapporti tra «Controinformazione» e Brigate rosse, sempre Franceschini, a pagina 126 del libro citato prima, scrive: «Se qualcuno voleva arrivare a noi, bastava che facesse girare la notizia nell'ambito di “Controinformazione”. Era un nostro strumento per i rapporti con il mondo esterno. Dei compagni della redazione tre erano proprio i brigatisti: Bellavita il direttore, Bonomi, Ermanno Gallo».
  Umberto Giovine, nelle dichiarazioni rese al dottor Salvini, ha inoltre ricordato che lei si era presentato come l'estensore del famoso libro di controinformazione La strage di Stato.

  ALDO BONOMI . No.

  PRESIDENTE . Tutti visionari?

  ALDO BONOMI . Io non mi sono mai presentato in questo modo.

  PRESIDENTE . Rimaniamo, però, sul fatto che lei, Bellavita ed Ermanno Gallo eravate il riferimento di Franceschini come...

  ALDO BONOMI . No, perché dentro «Controinformazione» io i rapporti maggiori li avevo con Franco Tommei, si figuri lei. Tant'è vero che...

  PRESIDENTE . No, lo sa perché mi vede perplesso?

Pag. 10 

  ALDO BONOMI . Mi dica.

  PRESIDENTE . Ma Franceschini ha uno stato alcolemico intenso, dopo quarant'anni? Mi domando; perché dovrebbe dire che, in qualche modo, avevate a che fare con lui, se non era così?

  ALDO BONOMI . Ma chi aveva a che fare con lui era Antonio Bellavita.

  PRESIDENTE . Che, quindi, gli raccontava che pure voi due eravate brigatisti.

  ALDO BONOMI . Noi non avevamo rapporti. È chiaro? Questo è il punto vero.

  PRESIDENTE . Quindi, lei dice che l'attribuzione a lei del ruolo di punto di riferimento, se ci fosse stata, Franceschini può averla acquisita da Bellavita.

  ALDO BONOMI . Io le ho detto che Franceschini l'ho incontrato una sola volta e basta. È chiaro?

  PRESIDENTE . Perché Giovine dice che lei era l'estensore del famoso libro La strage di Stato?

  ALDO BONOMI . Questo bisogna chiederlo a Giovine, perché sappiamo tutti chi l'aveva fatto.

  GERO GRASSI . Chi l'aveva fatto?

  ALDO BONOMI . Il libro La strage di Stato venne fatto a Roma e, ovviamente, non certamente da noi, non certamente da «Controinformazione». L'editore era Savelli, credo.

  GERO GRASSI . Ha detto: «Lo sappiamo tutti». Ci dica, allora, da chi fu scritto il libro.

  ALDO BONOMI . Il nome non me lo ricordo, ma era...

  PRESIDENTE . Non era una controinformazione. È questo che sta dicendo.

  ALDO BONOMI . Non era «Controinformazione».

  PRESIDENTE . Era una forma di controinformazione a danno della vera controinformazione.

  ALDO BONOMI . Ma no, perché a danno? No, non ho detto questo.

  PRESIDENTE . Allora avevo capito male.

  ALDO BONOMI . Ecco, quello che risultava a me rispetto al libro La strage di Stato era, ovviamente, Marco Ligini. Non era certamente una cosa nostra. Anzi, credo che sia stato interrogato dal giudice Caselli, ma era Marco Ligini. Cosa c'entra «Controinformazione»? Mi pare che ci sia un po’ di confusione qui. Capisce? Lei riferisce, ovviamente e giustamente...

  PRESIDENTE . Io cerco di farmi chiarire quello che altri hanno detto, se no non le avremmo chiesto di venire in audizione.

  ALDO BONOMI . Va benissimo.

  PRESIDENTE . Dall'esame dei documenti rinvenuti nel covo di Robbiano di Mediglia, che lei ha citato più volte, è emerso che le BR condussero una lunga inchiesta al fine di individuare il rifugio di Marco Pisetta. Fu una ragazza di Trento, Rosanna Pegoretti, alla quale Pisetta era solito scrivere e telefonare, a fornire alle BR ogni notizia in suo possesso.

  ALDO BONOMI . Le rispondo subito.

  PRESIDENTE . La certezza che Pisetta era a Friburgo fu acquisita dalle BR nel giugno del 1973. Risulta che a fare da tramite tra la Pegoretti e le BR furono sempre Antonio Bellavita e lei. È vero?

  ALDO BONOMI . Su questo ho già risposto due volte.

  PRESIDENTE . A noi mai.

Pag. 11 

  ALDO BONOMI . È ovvio. Una volta interrogato dal giudice Caselli rispetto a questo e una volta – non so se è stato verbalizzato – ragionando con il giudice Salvini.
  L'informazione su Pisetta fu portata a «Controinformazione» dall'avvocato Giovannelli di Milano, che è già stato interrogato su questo. Dall'avvocato Giovannelli. E, quindi, da qui... Se poi qualcuno ha fantasticato che l'informazione sia stata data dai Servizi o meno... La storia è questa. È chiaro?

  PRESIDENTE . Nel 1975 lei fu arrestato a febbraio e scarcerato ad agosto per decorrenza dei termini di custodia preventiva. Fu poi condannato con sentenza definitiva – ce l'ha già ricordato lei – a due anni di reclusione. In sostanza, nella fase anteriore al 1975 lei appare giudiziariamente come un militante irregolare o un fiancheggiatore delle Brigate rosse. Questo è quello che risulta dagli atti definitivi.
  Tra la scarcerazione del 1975 e del 1978 lei che cosa fa, che ambienti frequenta? Collaborava già con «Critica Sociale», per la quale poi curò una rassegna stampa della vicenda Moro? Qual era il suo rapporto con Umberto Giovine e quali erano i suoi rapporti con Oreste Strano?

  ALDO BONOMI . Come ebbi già a dire, con una battuta – ovviamente, preciso che è una battuta – al giudice Salvini, credo che da molti punti di vista il fatto che fossi accomunato, senza nessuna connessione, con la strage, con Bertoli, è una cosa che, anche se avessi avuto l'intenzione di militare nelle Brigate rosse, avrebbe reso impossibile realizzarla.
  Uscito, – per continuare con i ragionamenti – io fui molto più vicino all'ala non brigatista, all'altra, e, quindi, in quegli anni continuai con la rivista «Rosso» e avvicinandomi all'Autonomia operaia, tant'è che feci anche, con Nanni Balestrini – che mi pare totalmente «non allineato» alle problematiche da lei esposte – la casa editrice Ar&a. Mi occupai di questo. Fui vicino all'Ar&a con Primo Moroni, tanto per capirci la libreria Calusca, quindi, il movimento. Non ebbi assolutamente nessun rapporto di militanza con le Brigate rosse, anche perché non ne condividevo la linea politica e le problematiche.

  PRESIDENTE . E Oreste Strano?

  ALDO BONOMI . Oreste Strano l'ho conosciuto ai tempi di «Controinformazione». Credo che abbia fatto lui l'inchiesta sul passaporto di Bertoli.

  PRESIDENTE . Quindi, in quel caso vi siete conosciuti.

  ALDO BONOMI . Frequentava «Controinformazione» ed era dentro questo.

  PRESIDENTE . E i suoi rapporti con Umberto Giovine?

  ALDO BONOMI . I miei rapporti con Umberto Giovine nascono dopo, anche perché, avendo valutato che quell'epoca era finita, si incominciava a tornare alla normalità e mia moglie, Bruna Pedrazzoli, aveva cominciato a collaborare a «Critica Sociale» con Umberto Giovine. Poi ho fatto anche dei meccanismi di formazione, perché faceva queste cose.

  PRESIDENTE . Nel periodo in cui subì la reclusione le fu sequestrata una lettera che il brigatista Valerio De Ponti indirizzò ai figli di Francesco Marra. Ricorda De Ponti?

  ALDO BONOMI . No.

  PRESIDENTE . Allora perché aveva quella lettera?

  ALDO BONOMI . Questo proprio non lo so, ma io proprio non ricordo. È un nome che...

  PRESIDENTE . Ce l'aveva in carcere – risulta da tutti gli atti – però non ha avuto mai niente a che vedere?

  ALDO BONOMI . No, non so nemmeno chi sia.

Pag. 12 

  GERO GRASSI . Presidente, si può chiedere se conosceva Marra?

  ALDO BONOMI . No, non so chi... Marra chi?

  GERO GRASSI . Non sa chi è?

  ALDO BONOMI . Attualmente non lo associo a nulla.

  GERO GRASSI . Il presidente dice che lei ha una lettera di De Ponti ai figli di Marra e non conosce nessuno dei due brigatisti?

  ALDO BONOMI . Io né Marra, né De Ponti.

  GERO GRASSI . E la lettera chi gliel'ha data?

  ALDO BONOMI . Guardi, non so nemmeno dove risulti questo.

  GERO GRASSI . Le ricordo io chi era Francesco Marra. Era uno dei partecipanti al sequestro Sossi, l'unico non arrestato. Era un pescivendolo di Quarto Oggiaro, in provincia di Milano, ed era un infiltrato dei Carabinieri nelle Brigate rosse.

  ALDO BONOMI . Questo proprio assolutamente...

  GERO GRASSI . Con sentenza passata in giudicato.

  PRESIDENTE . L'aiuto a ricordare: con De Ponti lei ci ha passato una decina di giorni in galera.

  ALDO BONOMI . Non so chi sia. Dove? Io sono stato in carcere a Torino, a San Vittore e a Lecce.

  PRESIDENTE . A Torino. Il nostro interesse non è per chissà quale motivo. È la domanda che le ha fatto adesso l'onorevole Grassi. Non le sovviene niente?

  ALDO BONOMI . Comunque nel periodo che sono stato detenuto a Torino c'eravamo tutti quelli arrestati. Quindi, Valerio De Ponti proprio... Non mi ricordo i nomi. E Marra proprio, guardi...

  GERO GRASSI . Il presidente le ha fatto un'altra domanda. Ha detto: se nella sua cella viene trovata una lettera, lei il rapporto con uno di questi due (o il mittente o il destinatario) dovrebbe averlo; oppure questa lettera gliel'ha data una terza persona ancora. Lei non ricorda nemmeno di avere la lettera e quindi...

  ALDO BONOMI . Lo escludo. Questa cosa qui non la ricordo.

  GERO GRASSI . Capisce bene che il presidente non se l'è sognato stanotte. Avrà desunto da atti ufficiali.

  PRESIDENTE . È in tutti gli atti.

  ALDO BONOMI . Capisco, sì, ma dipende anche con chi ero in carcere. Non lo so.

  PRESIDENTE . Per il periodo del sequestro Moro, Umberto Giovine ha dichiarato che a partire dall'inizio dell'aprile 1978, comunque dopo il congresso socialista di Torino, un gruppo di persone di tendenze socialiste legate a «Critica Sociale», tra cui lo stesso Giovine, si attivarono per promuovere una possibile trattativa con le Brigate rosse. Giovine ha raccontato che si rivolse tramite lei all'avvocato Guiso allo scopo di aprire un canale con i capi brigatisti in carcere. Questo se lo ricorda?

  ALDO BONOMI . Certo.

  PRESIDENTE . Meno male.

  ALDO BONOMI . Giannino Guiso è stato il mio avvocato. Siamo anche diventati amici, se si può usare questa parola. Ho pubblicato il suo libro L'uomo senza diritti. Il detenuto politico e ho seguito la trattativa per il sequestro Moro con una motivazione umanitaria e una politico-culturale. Ero Pag. 13 assolutamente convinto che bisognava trattare per evitare una tragedia che riguardava la nostra e la mia generazione.
  Tutto ciò che riguarda quella fase sta nel libro che Giannino Guiso ha scritto con mia moglie, che ho seguito anche passo passo, e altro non c'è. So che Giovine ha detto che io avrei fatto il postino. Escludo assolutamente questa cosa. Le lettere che sono arrivate al dossier di «Critica Sociale» sono tutte lettere che erano arrivate e che aveva Giannino Guiso perché si occupava di queste cose.
  Le dirò un'ultima cosa, a cui tengo. Finito con la tragedia di Moro, l'unica cosa che ho ancora fatto che rimanda a questa storia, che rivendico come parte della mia dignità, fu organizzare e aiutare a mettere in piedi con Camillo De Piaz...

  PRESIDENTE . Adesso ci arriviamo. Lei aveva un rapporto con padre Camillo De Piaz. Seppe o ebbe qualcosa a che fare con i tentativi di padre David Maria Turoldo e padre De Piaz di ricercare una soluzione umanitaria? Ricordo che molti anni dopo De Piaz affermò (nel libro di Annachiara Valle, Parole opere omissioni. La Chiesa nell'Italia degli anni di piombo, a pagina 31): «Non posso fare i nomi, ma posso dire che eravamo in contatto con persone che potevano dirci cosa stava avvenendo all'interno delle BR e sapevamo che i brigatisti erano in disaccordo tra loro sulla decisione finale».
  Che mi dice di questo?

  ALDO BONOMI . Dunque, io portai Giannino Guiso da Camillo De Piaz. Quello che so è che Camillo lo mise in contatto con monsignor Bettazzi, anche perché, a un certo punto, ragionando assieme, gli ambienti cattolici erano i più orientati a «mettersi in mezzo», se posso usare questa espressione. Probabilmente, con Camillo ragionammo della situazione. Non è che gli davamo informazioni; si sapeva benissimo che non era scontata la fine tragica, valutando il quadro politico e il quadro generale. Basta. Sempre con Camillo De Piaz e altri, mettemmo poi in piedi l'iniziativa del cardinale Martini delle visite in carcere, che hanno poi prodotto una «soluzione di pacificazione».

  PRESIDENTE . Ancora Giovine ha dichiarato prima al dottor Salvini e poi confermato alla Commissione che lei indicò la libreria Calusca di Primo Moroni, sita in Corso di Porta Ticinese, come uno dei punti in cui i comunicati delle BR o le lettere di Moro pervenivano, prima ancora che alla stampa o agli organi di polizia. Lei stesso avrebbe segnalato l'arrivo dei testi che poi Giovine trasmetteva in ambiente socialista. Nella sua audizione presso la Commissione, Umberto Giovine, con riferimento a queste vicende, ha dichiarato anche di aver avuto, retrospettivamente, il sospetto che lei svolgesse una qualche funzione di agente provocatore.
  Lei conferma le affermazioni di Giovine relative al suo ruolo nella trasmissione di quei testi? In caso affermativo, qual era il senso di quell'attività e chi erano le persone che se ne occupavano? In caso contrario, perché inventarsi tutte queste cose, intendo da parte di Giovine?

  ALDO BONOMI . Dunque, i testi, ovviamente non originali, giravano e si trovavano anche alla libreria Calusca; non originali.

  PRESIDENTE . Non originali significa dattiloscritti?

  ALDO BONOMI . No, significa le fotocopie.

  MIGUEL GOTOR . Mi interessa proprio questo particolare. Parliamo di fotocopie – questo è evidente – e non di originali, però queste fotocopie riproducevano dei manoscritti, cioè rendevano evidente l'autografia del prigioniero, oppure erano dei dattiloscritti, cioè dei testi battuti a macchina? Nel suo ricordo, passati evidentemente tanti anni... Si renderà conto che, rispetto al suo tentativo di risposta, questo particolare per noi può rivestire una certa importanza.

  ALDO BONOMI . Su questo capisco che è importante. I manoscritti delle lettere io Pag. 14 li ho visti solo che li aveva in fotocopia Giannino Guiso. Alla Calusca...

  MIGUEL GOTOR . Durante il sequestro o dopo il sequestro?

  ALDO BONOMI . No, durante la trattativa.

  MIGUEL GOTOR . Durante il sequestro, quindi.

  ALDO BONOMI . Durante il sequestro, sì, sì.

  FEDERICO FORNARO . I manoscritti?

  ALDO BONOMI . No, non i manoscritti; le fotocopie, ho detto.

  FEDERICO FORNARO . Fotocopie di manoscritti?

  MIGUEL GOTOR . La domanda è semplice. A noi non interessa la distinzione tra fotocopia e originale. Partiamo dal presupposto che siano tutte fotocopie, cioè riproduzioni. Quello che vogliamo sapere è se Giannino Guiso o lei avevate in mano una riproduzione di un manoscritto di Moro – si vede ictu oculi – oppure un dattiloscritto, un testo battuto a macchina.
  Se poi lei mi dice: «Nel mio ricordo, ho avvertito il brivido di avere tra le mani un originale»... Ma non ci credo, è chiaro che non è così. Era un reato da ergastolo, altro che cianciare sulle note del mio libro. Se lei mi dicesse: «Ho avuto tra le mani un originale manoscritto di Moro», o se anche mi dicesse che lo aveva Giannino Guiso, ne prenderei atto, ma si aprirebbe un altro tipo di riflessione.
  Invece, parliamo di fotocopie, che possono essere o fotocopie di un manoscritto, nelle quali cioè si capisce che è una scrittura autografa del prigioniero, o invece battute a macchina. Dire «battute a macchina» significa dire che non si capisce chi è l'autore, perché chiunque può battere a macchina un testo e dire «È di Aldo Bonomi» e, invece, l'ha scritto Beppe Fioroni. Ha capito la differenza?

  ALDO BONOMI . Ho capito.

  MIGUEL GOTOR . Stiamo parlando tra persone che hanno scritto libri...

  ALDO BONOMI . Sì, mi è chiaro. Credo che qui il mio ricordo non sia preciso. So che le lettere di Moro le aveva Giannino Guiso – fotocopie, ovviamente, non originali – e si discuteva di questo.

  PRESIDENTE . Per noi la cosa che fa la differenza – e sulla quale lei ci deve aiutare – non riguarda lei, ma riguarda noi. Le fotocopie sono fotocopie, ma una fotocopia scritta a mano per noi...

  FEDERICO FORNARO . Fotocopie di un foglio di carta scritto a mano o fotocopie di un foglio battuto a macchina?

  ALDO BONOMI . La domanda è precisa.

  FEDERICO FORNARO . Ma la risposta qual è? La risposta non c'è, Bonomi.

  ALDO BONOMI . Proprio perché la domanda è precisa, non riesco a essere preciso nella risposta. Non mi ricordo. È chiaro?

  MIGUEL GOTOR . Lei non ricorda di avere percepito il brivido...

  ALDO BONOMI . No, questo no.

  MIGUEL GOTOR . ...di vedere la grafia di Moro, seppure in fotocopia, durante il sequestro? Perché, se lei mi dice che dopo quarant'anni non se lo ricorda e poi noi, invece – che so io? – scopriamo che questa cosa era possibile e fattibile, la credibilità di questo suo «non ricordo» diventa più particolare e, direi, discutibile.

  ALDO BONOMI . Siccome mi fa una domanda precisa...

  GERO GRASSI . Chiedo scusa, in aggiunta alle parole del senatore Gotor, una mia osservazione maligna: se fossero state fotocopie di manoscritti di Moro, come dice Pag. 15 il senatore, io me lo ricorderei per 2000 anni.

  MIGUEL GOTOR . Questo sto dicendo!

  GERO GRASSI . Ho capito. Perché è uno scoop nei 55 giorni del 1978 avere...

  ERICA D'ADDA . Mi scusi, tra l'altro, io Aldo Bonomi lo conosco. Sono della Lombardia. Lei è un sociologo, uno che scrive libri. Se lei avesse visto le fotocopie di un manoscritto di Moro, avrebbe provato un brivido tale che se lo sarebbe ricordato. Se fosse stata la fotocopia di un dattiloscritto che chiunque poteva aver scritto, si ricorderebbe di non avere provato nulla nel vederlo. Tertium non datur, in questo caso, professore, abbia pazienza.

  PRESIDENTE . Posso? Io ho avuto la sensazione... La domanda è sempre la stessa. Io non le pongo la domanda, però questa è una mia sensazione: se i colleghi non avessero insistito, a me è sembrato che a lei venisse spontaneo dire che c'era pure la fotocopia del manoscritto. Se l'avessimo fatta proseguire senza insistere, lei non avrebbe frenato e avrebbe detto che c'era pure il manoscritto. Io ho avuto questa palese sensazione. Poi è come se l'insistenza l'avesse bloccata. Lei per un attimo – io, stando qui, posso cogliere le sue espressioni – era come se dicesse «C'erano tutte e due, sia battuti a macchina sia manoscritti». Io ho avuto questa sensazione.

  ALDO BONOMI . Scusate, sì, ho capito, ma non è più facile... Dunque, il dossier di «Critica Sociale» è stato costruito sulle lettere che aveva... Scusate e, quindi...

  FEDERICO FORNARO . Ma questo non è in discussione. In discussione è un'altra cosa.
  Diamoci del tu, perché ci conosciamo da una vita; abbiamo anche collaborato.

  PRESIDENTE . Non è reato. Se vi date del tu è pure più vero per chi ci guarda, perché altrimenti sembra che si stia a fare finta di non conoscersi.

  FEDERICO FORNARO . Aldo, abbi pazienza, in questa fase per noi è importante riuscire ad avere più elementi possibile per ricostruire un puzzle complicato. Allora, questa della trattativa che passa attraverso la Calusca e «Critica Sociale», nella figura...

  ALDO BONOMI . Passa attraverso Guiso.

  FEDERICO FORNARO . Così ci è stata raccontata. Ad esempio, questo è già un passaggio. Diciamo che la versione che in questa sede ci ha raccontato Giovine – per quel che mi riguarda, non vedo motivo per cui avrebbe dovuto raccontarci cose non vere – era che c'era questo canale che si era aperto e che fino a quell'audizione, sostanzialmente, non era mai stato reso noto, né durante l'inchiesta della magistratura, né dalla saggistica. È chiaro che c'è un punto di differenza fondamentale.

  ALDO BONOMI . Ti interrompo. Il libro di Giannino Guiso ne parla in maniera molto chiara.

  FEDERICO FORNARO . Allora parlo per me. Diciamo che fino ad allora, per quel che mi riguarda, questo non era un filone su cui si fosse lavorato più di tanto.

  ALDO BONOMI . Aggiungo che, a quello che risulta a me, prima ci fu il contatto tra Giovine e Guiso, e dopo quello tra Craxi e Guiso.

  FEDERICO FORNARO . Questo ce l'ha detto anche Giovine.
  Prova a fare uno sforzo di memoria: quelle che ti sono passate tra le mani erano... È chiaro che parlare adesso di lettere scritte a mano è come riferirsi a un residuato bellico, perché oggi non si fa più, ma all'epoca era abbastanza normale, non così normale, però, in una situazione di sequestro.
  Il punto è questo: ti sono passati per le mani dei fogli di carta che erano scritti a Pag. 16 mano da una persona, oppure ti sono passati per le mani dei fogli di carta battuti a macchina? C'è una differenza anche nel ricordo!
  Questo è il punto, che evidentemente ci aiuta a mettere a posto qualche tassello, anche se non è che risolva tutto.

  ALDO BONOMI . Dico subito una cosa. Siccome insistete molto, non posso essere preciso su questo, però do ragione al presidente che la mia prima tendenza era quella che mi pareva... Però, a questo punto, siccome mi pare un nodo dirimente, non sono in grado di...

  PRESIDENTE . Se non avessimo parlato, lei lo avrebbe detto.

  ALDO BONOMI . Secondo me... Il mio è un ricordo vago...

  PRESIDENTE . È che qualcuna può averla vista. Non ne ha la certezza, ma le sembra di sì.

  ALDO BONOMI . Ma non è che io le ho viste alla Calusca, tanto per essere chiari. Tutte le lettere di Moro io le ho sempre viste e tutto quanto...

  PRESIDENTE . Via Guiso.

  ALDO BONOMI . ...da Giannino, che, come risulta, passava a casa mia eccetera. Questo è chiaro. Quindi, io quello... Tra parentesi, ho già risposto: dopo il dramma – perché poi venne anche vissuto come una sconfitta, se si può dire, umana e politica, perché per la mia generazione non ce n'era più, a quel punto – ci ritirammo in Sardegna con lui e scrisse il libro a cui io faccio riferimento. Lì non mi pare che togliemmo nulla. È chiaro?

  PRESIDENTE . A noi questo aspetto interessa non per quello che ha fatto lei, ma perché la fotocopia di una lettera manoscritta per noi è di grande rilevanza; infatti, se Guiso l'aveva, si vede che qualcuno gliel'ha fornita. Alla fine diventa sempre più presente nella nostra idea che alcune lettere manoscritte possano essere arrivate a Craxi, originali o in fotocopia, prima di finire sulle agenzie di stampa. Questo è il motivo per cui noi diamo peso a questo aspetto, perché per noi non è una cosa irrilevante. Già anche il fatto che ha avuto una sensazione, per noi è una cosa rilevante.

  ALDO BONOMI . Scusi, anche perché, facendo memoria, le lettere erano una cosa e i comunicati battuti a macchina erano un'altra. È chiaro? Però io, se devo... Nella mia memoria, questo è il punto.

  PRESIDENTE . Se non avete altre domande sul punto, vado avanti.
  Mi spiega perché Giovine le dà dell'agente provocatore?

  ALDO BONOMI . Questo proprio... Bisogna chiederlo a Giovine.

  PRESIDENTE . Ci aiuti a capire, perché, se non è vero niente...

  FEDERICO FORNARO . Presidente, sempre sul tema delle lettere: il dottor Bonomi risulta aver collaborato alla stesura del dossier pubblicato da «Critica Sociale» subito dopo i 55 giorni, nel 1978.

  ALDO BONOMI . Certo, sì.

  FEDERICO FORNARO . La mia domanda è se ricorda anche il dossier o comunque l'approfondimento monografico che venne pubblicato da «Critica Sociale» l'anno successivo, cioè nel 1979, e se collaborò anche alla stesura di quello.

  ALDO BONOMI . No, ricordo che il primo dossier, quello nel dramma, venne scritto lavorando una notte intera; c'eravamo io, mia moglie, altre persone, Giovine e anche Guiso passò di lì. Il dossier fu costruito in questo modo. L'altro proprio no.

  FEDERICO FORNARO . Quindi, non ha collaborato. Le chiedo questo in riferimento proprio alle lettere di Moro e ai verbali degli interrogatori di Moro, perché Pag. 17 in quel dossier del 1979, in un articolo non firmato, o meglio firmato con un quadratino, che nella nostra ricostruzione dovrebbe essere quello del condirettore dell'epoca... Ma questo è un elemento che magari tu potresti aiutarci a capire, avendo frequentato «Critica Sociale» di quel periodo: chi aveva l'abitudine di firmarsi con un quadratino?

  PRESIDENTE . Sì, lì ci sono tanti articoli di grande rilevanza siglati con un quadratino.

  FEDERICO FORNARO . Mi permetto di dire che da alcune informazioni dovrebbe essere – uso il condizionale – il condirettore dell'epoca, però sottolineo questo aspetto: in quell'articolo, non firmato, si dice una cosa molto originale, cioè che i verbali degli interrogatori venivano fotocopiati, inviati alle colonne delle Brigate rosse – e questo risulta agli atti – e, «come d'abitudine» o un'espressione similare...

  PRESIDENTE . «Come di consuetudine».

  FEDERICO FORNARO . Come di consuetudine, all'estero.

  ALDO BONOMI . Non ti so essere d'aiuto su questo. La mia cosa si ferma lì.

  FEDERICO FORNARO . Quindi, la tua collaborazione con «Critica Sociale» finisce con il 1978?

  ALDO BONOMI . Sì, io non ho più... Anche mia moglie... Anche perché – ci siamo capiti? – quella vicenda lì segnò, dal mio punto di vista, la fine di un'epoca che ho vissuto magari anche con errori, ma credendoci. Dopodiché, io sono ripartito «dal sottoscala» e ho cercato di rifarmi una vita.

  FEDERICO FORNARO . Ti ho conosciuto in quest'altra vita, quindi.

  ALDO BONOMI . Esatto. Il vero problema è questo. In trent'anni ho cominciato a fare l'operatore di comunità eccetera, e poi dopo ho fatto tutto il resto, ricordandomi che avevo una passione per il sociale non da portare immediatamente alla politica.

  PRESIDENTE . Un'ultima vicenda su cui vorrei fissare la sua attenzione è quella di Volker Weingraber, l'agente dei Servizi delle Germania occidentale che nel corso del 1978, anche durante il sequestro Moro, fu infiltrato in ambienti vicini alle Brigate rosse con il nome di Karl Heinz Goldmann. Lei ha riepilogato così la vicenda al giudice Salvini: «Conoscevo abbastanza bene Brigitte Heinrich, che era vicina all'area di “Controinformazione” ed era considerata una militante e un'esponente significativa dell'area extraparlamentare tedesca. Per quanto ricordo, è venuta a Milano almeno tre volte. Una volta ho presentato Brigitte a Duccio Berti, che era un pittore che gravitava nell'area di Autonomia, con il quale credo abbia intrattenuto una relazione. Dopo poco sono stato ricontattato da Berti, il quale mi chiedeva un aiuto per ospitare a Milano un amico tedesco della Brigitte. Ne ho parlato con Moroni, titolare della libreria Calusca, e abbiamo pensato a mandarlo da un giornalista amico, Zuliani. Duccio lo condusse, quindi, a via Solari. Ho visto il tedesco, di cui non ricordo nemmeno il nome, tre volte: una volta a casa di Zuliani, con un altro tedesco di cui non so nulla; poi un'altra volta a casa di Umberto Giovine, nel periodo della trattativa per Moro; infine, un'amica tedesca di Oreste Strano, Brunhilde Pertramer, incontrò il tedesco e dopo quell'episodio Oreste mi chiese di incontrare con lui il tedesco. Quello, con molta enfasi, mi chiese se potevo aiutarlo a instaurare rapporti con le BR e io gli dissi che non ero la persona giusta. Non lo vidi più da allora: gli altri fatti che conosco su di lui sono le informazioni apprese dalla stampa, che lo indicavano come un elemento infiltrato per conto dei servizi segreti tedeschi».
  Questa sua ricostruzione corrisponde, più o meno, a quanto detto da Giovine, ma non è pienamente in linea con le altre testimonianze. In particolare, nelle informative originate da Weingraber si dice, più precisamente, che egli giunse a Milano nel Pag. 18 febbraio del 1978 e che fu messo in contatto con diverse persone, tra cui, da subito, il terrorista Oreste Strano, e con un gruppo che preparava il sequestro di un imprenditore svizzero.
  Una successiva informativa del 6 novembre 1978 precisava, inoltre, che la fonte infiltrata (lo stesso Weingraber) «ha avuto contatti con Aldo Bonomi, il quale gli avrebbe confermato di essere in grado di procurare armi e documenti falsi per sviluppare attività eversive». La fonte, che è sempre Weingraber, «ritiene che Bonomi sia un provocatore e un confidente della polizia».
  Questa è la sua tragedia: è quel «maledetto anarchico», e da lì è venuto tutto a catena.
  L'informativa prosegue, sempre riferendosi a lei: «Sarebbe stato isolato dalle BR perché ha sempre evitato di assumersi compiti rischiosi nell'ambito dell'organizzazione».
  Questa non è una dizione generica, però, le faccio presente, è uno dei motivi per cui le BR la ritenevano inaffidabile. Quando passando dalla predica alla pratica, si vede che la pratica non c'era, vuol dire che il predicatore è falso. Così ci hanno spiegato quelli che abbiamo ascoltato.
  Aggiungo che Weingraber, come confermato dal colonnello Giorgio Parisi al giudice Priore il 28 settembre 1990, entrò in contatto tramite Strano anche con Nadia Mantovani, guarda caso la persona che in quel periodo stava scrivendo a macchina il memoriale Moro. Poi si è perso la Mantovani e pure il memoriale.
  Tutto ciò detto, è necessario per noi capire meglio alcuni punti. La Heinrich, che, come sa, prima di essere deputata europea, fu arrestata e condannata e che fu informatrice della Stasi, che ruolo ebbe in questa vicenda? Cosa vi diceste esattamente con Weingraber? Parlaste di armi e di documenti? Qual era il ruolo di Giovine in questa vicenda? (A noi Giovine si è dimenticato di spiegarlo). Perché lei si assunse questo ruolo di facilitatore di contatti, che le ha provocato un sacco di guai?

  ALDO BONOMI . Parto dall'ultima domanda che mi ha fatto. Quando si sta sul margine, capita, però sul margine io ci sono sempre stato, avendo capito forse prima come sarebbe finita.
  Da questo punto di vista – l'ho già detto anche al giudice Caselli – la carcerazione preventiva ha avuto il suo effetto su di me, anche perché tenga presente, presidente – ma lo dico a tutti – che, quando noi fummo arrestati, nel 1972-73, la vulgata era che i capi erano gli intellettuali e quindi, ovviamente, quelli che facevano controinformazione erano i capi. La dimensione del fenomeno politico – si capirà poi – era diversa e, quindi, questa marginalità probabilmente è quella che mi ha esposto ante.
  La seconda cosa è che – io do una spiegazione culturale – se si trova uno...

  PRESIDENTE . Posso dirglielo in una battuta? L'immagine del margine mi convince come modo di spiegazione, però il problema è che, quando uno diventa intermediatore di rapporti, più che stare sul margine, diventa una galleria che consente il transito dal lecito all'illecito e dall'illecito al lecito.

  ALDO BONOMI . Però, la galleria, per usare questa sua espressione, non è mai stata usata per qualcosa di illecito, nel senso che – dopo arrivo alle domande precise – io mi sono assunto nella vita successiva le responsabilità politiche collettive di quegli anni, tant'è vero che, non ho mai fatto più politica, se non occupandomi della società e delle cose, ma ritengo che anche in quegli anni le responsabilità soggettive contino, da questo punto di vista. Tant'è vero che quelle che vengono definite titubanze magari riguardano il fatto che io sono sempre stato contrario, mentre ero... Se vogliamo fare riferimento alla ricostruzione che ho fatto, mentre il sequestro di persona di Trento lo rivendico come una forma legittima di risposta a queste cose, non ho mai condiviso il meccanismo. Quindi, questa poi è una differenza fondamentale che in quegli anni c'è stata.

  GERO GRASSI . Non ha condiviso il meccanismo...?

Pag. 19 

  PRESIDENTE . Della violenza.

  ALDO BONOMI . No, il meccanismo di individuare i simboli, colpirli e ucciderli. È chiaro il discorso? Mentre, invece, che anche dentro la dimensione movimentista ci sia stato di tutto, d'accordo... però, quando io dico «contestualizziamo», questo mi pare molto importante.
  Delle attività di Strano che lei mi ha comunicato, non ne sapevo nulla. Devo dire che Strano entrò nella partita, dal mio punto di vista, perché la sua compagna aveva dei dubbi su questo signore che incontrammo. Il suo nervosismo era questo, tant'è vero che – lei non ricorderà – alla fine di questa cosa, quando fu documentato che era un infiltrato, fu fatta una conferenza stampa pubblicata dal «Manifesto».
  Io ho questo percorso. Poi uno può dire: «Certo, eri un margine», però non sono mai diventato galleria rispetto a questo. E la ricostruzione è questa: l'ho visto tre volte, l'ultima volta gli dissi che io non portavo da nessuna parte. Dopodiché, ovviamente, non portavo da nessuna parte, anche perché mi pare che dall'analisi della Commissione quello che emerge è una credibilità zero per portare qualcuno da qualche parte, la qual cosa mi dispiace, perché non vorrei passare alla storia – questo mi sia permesso dirlo, – con questa nomea. Io ho fatto la mia vita e le mie cose. Basta. Finito lì.

  PRESIDENTE . Io le ho detto semplicemente che i brigatisti – mi riferivo a una cosa precisa – ritenevano uno non affidabile e da marginalizzare quando, pistola in mano, non sparava a qualcuno, non partecipava a un'azione. Se lei non l'ha fatto, l'hanno ritenuta non affidabile. Io ho fatto solo una deduzione.

  ALDO BONOMI . Confermo.

  PRESIDENTE . Un'ultima domanda: lei, quando ha parlato del processo 7 aprile, ha detto: «Hanno messo in galera un intero ceto politico». A distanza di tanti anni, le sembra così strano, così inverosimile ipotizzare che il partito armato fosse molto più vasto e molto più ampio e nella diversità dei ruoli ci fosse chi pensava (parlo magari della leadership), chi operava saltuariamente e chi passava alla clandestinità?
  Stiamo concludendo il nostro periodo d'inchiesta e, devo dire la verità, vedere una differenza netta tra il mondo ampio dell'Autonomia e le BR, con una sorta di separazione, e pensare che veramente quel processo 7 aprile fosse solo una messinscena per togliere di mezzo un ceto politico... A distanza di tanti anni, non se la sente di dire che forse più di qualche galleria c'era?

  ALDO BONOMI . Presidente, è ovvio che le gallerie c'erano. Sarei uno sciocco se le rispondessi diversamente. Pensiamo a Prima linea. Scusi, mi pare ovvio che la sua domanda ha delle implicazioni nella fenomenologia «giuridica» che danno ragione a lei. Il vero problema è che queste due «anime» sono sempre state presenti nei dieci anni e, ovviamente, non hanno mai prodotto quell'unità, anche se la dimensione sociale del fenomeno era da non sottovalutare. Ovviamente, se fosse – anche qui mi sia permessa una battuta – solo una storia di provocatori o la storia che veniva da una «costola problematica della sinistra», questo è un dibattito, a mio parere, ancora aperto.

  FEDERICO FORNARO . Cerco di essere veloce.
  Due domande. La prima, anche qui chiedendo un aiuto alla memoria, sebbene siano passati tanti anni: su quell'organizzazione che è stata definita Superclan...

  ALDO BONOMI . Ne ho sentite tante.

  FEDERICO FORNARO . Magari, se ci racconta qualcosa...

  ALDO BONOMI . La voce che girava – io qui, proprio perché non ho conosciuto...

  PRESIDENTE . A noi serve la voce di allora, non quella di oggi.

Pag. 20 

  ALDO BONOMI . La voce di allora è che fosse una divergenza trasformata poi in accuse: «Quelli sono poliziotti e quelli no». Adesso l'ho detto in maniera molto banale, ma la voce che girava allora era questa, a frutto di – posso usare un termine di questo genere? – uno sc...

  FEDERICO FORNARO . Uno scazzo? Si può dire.
  Il problema è: chi erano i poliziotti? Il Superclan o le BR?

  ALDO BONOMI . La voce che girava allora era che i poliziotti erano il Superclan.

  FEDERICO FORNARO . E qui ritorniamo alla figura di Corrado Simioni, che sicuramente – tu lo hai detto – non hai conosciuto, ma di cui a Milano non hai potuto non sentir parlare. Che idea ti sei fatto su Corrado Simioni?

  ALDO BONOMI . No, io non ne ho mai sentito parlare, se non – anche qui la memoria è tenue – se si può dire la parola «scazzi»...

  PRESIDENTE . Si può dire, se no le avremmo già impedito di dirla.

  FEDERICO FORNARO . In televisione, in orario protetto, si dicono cose ben peggiori. Non esageriamo, ora.

  ALDO BONOMI . Se non divergenze interne a una linea marxista-leninista...

  FEDERICO FORNARO . In cui lui rappresentava quale linea?

  ALDO BONOMI . Questo, io... Come la mia storia dimostra, non sto in quell'anima.

  FEDERICO FORNARO . Seconda questione, che non è riferita alla tua persona, è un tema più generale. Quella è una fase in cui, in quel mondo, come è stato detto, c'è un sistema di infiltrazioni. Anche rispetto a questo vorrei capire che idea ti sei fatto: rileggendo anni dopo, c'è stata, è ritornata in superficie una rete di infiltrazione, una strategia di infiltrazione da parte delle forze dell'ordine o dei Servizi, oppure erano cose casuali?

  ALDO BONOMI . Domanda complicata. Certo, alla luce dell'ultimo verbale che mi ha letto il presidente, quando poi abbiamo scoperto che il tedesco era un infiltrato, dovrei dire: «Ci sono». Però io devo dire – poi magari mi beccherò ancora... – che io la sensazione che tutto questo magma di questa problematica fosse «pilotato» non l'ho mai avuta. Io credo – non a caso ho detto che ognuno si assume le sue responsabilità – che eravamo di fronte a un movimento degenerato, ma politico eccetera, di massa. Poi dopo...

  PRESIDENTE . Anche perché, per ciascuno di noi ammettere di essere pilotato è come ammettere di essere un burattino, quindi non è che sia una gran cosa. Ma credo che quello che le dice il senatore Fornaro sia un'altra cosa. Comunque, in tutto questo grande movimento magmatico poi, alla fine, la guida, le decisioni, anche a causa delle compartimentazioni, diventavano prerogativa di un gruppo preciso, ben identificato, internazionalmente collegato, tant'è vero che la battuta «Quelli là sono poliziotti» nasceva proprio dal fatto che poi i vertici questi rapporti ce li avevano. Questo è un dubbio che resta. Rimaniamo al Superclan: quando escono e poi improvvisamente ce li ritroviamo da tutte le parti del mondo senza che a nessuno succeda niente, salvo che per sbaglio non li arrestano... Lei si fa sei mesi di carcere preventivo, poi viene condannato a due anni, mentre a quelli dicono «Scusa, ti paghiamo i danni». Avranno pure ragione loro. Però, dopo quarant'anni uno legge e dice «Ma per la miseria...».
  Franceschini che dice: «Ci hanno cercato gli israeliani per pagarci»... Lasci stare se gliel'ha detto lei o no, ma la sensazione è che le BR e il Superclan siano nati infiltrati. Poi improvvisamente le infiltrazioni finiscono alla vigilia del rapimento di Moro. È l'unico caso di infiltrazione che si blocca senza che nessuno intervenga. Pag. 21 
  Questo è il ragionamento che non ci torna, ma non per fare dietrologia, è che c'erano... Abbiamo interrogato qui Berio, che ci ha detto, in sostanza: «Io stavo facendo il militare. Si è presentato un tizio dei Servizi e mi ha detto se collaboravo». Erano appena nate le BR, allora. Pisetta è un altro fenomeno. Poi lì Servizi, non Servizi, ma qualcuno...

  ALDO BONOMI . Pisetta era un ladro di formaggi, però.

  PRESIDENTE . Pisetta era un ladro di formaggi, quell'altro era un frate pentito, però stavano tutti lì. Nati infiltrati, cresciuti infiltrati, arrivati quasi alla maggiore età, le infiltrazioni finiscono e non succede più niente. È questa la cosa che non riusciamo a capire. È una coincidenza?

  ALDO BONOMI . Capisco il suo ragionamento.

  PRESIDENTE . Io registro solo che dopo un lungo periodo di infiltrazione tutti spariscono. Una parte va in Francia e nel mondo, altri restano, si arriva al 1976-77, è finito tutto, nessuno sa più che fanno, nessuno sa più dove vanno...

  ALDO BONOMI . Rispetto a questa tesi, io, invece, però, sono rimasto e ho fatto quello che poi ho fatto.

  PRESIDENTE . Questa era la considerazione, infatti.

  ALDO BONOMI . Scusi, per questo rivendico la mia dignità. Ha capito?

  PRESIDENTE . Sì, per questo, però, il senatore Fornaro le chiedeva che cosa si diceva allora, se c'era un'idea... Perché poi di cose strane ne sono successe.

  ALDO BONOMI . Rispondo in maniera chiara: spiegare tutto il fenomeno dicendo che è stato un'operazione di... è sbagliato. Che poi dentro questo processo ci siano stati dei meccanismi rispetto a questo, io questo proprio non lo so. È chiaro?

  FEDERICO FORNARO . Vorrei essere chiaro. Non era questo il mio intento. Era solo capire dal tuo punto di osservazione privilegiato, di quegli anni, che sensazione avevi avuto. Mi par di capire dalla tua risposta che probabilmente quei fenomeni ci sono stati, ma in qualche modo non trasmettevano l'idea che ci fosse una parte telecomandata, in sostanza. La traduco in questi termini. È una domanda sulle sensazioni di una persona che è stata – cito le tue parole – al margine e, quindi, in una posizione molto privilegiata.

  ALDO BONOMI . Al margine queste cose non si vedevano. Poi, ovviamente... Ad esempio, io ho fatto anche la figura del pirla. Quando mi sono trovato di fronte al giudice Caselli che mi ha portato cose scritte da me trovate a Robbiano di Mediglia, ovviamente io sono cascato dalle nuvole. Come si usava allora, sono stato zitto. È chiaro il discorso? Non è che ho detto: «Il responsabile è... eccetera».
  Dopodiché, a fronte di una Commissione... Come ho detto al giudice Salvini, forse sarebbe meglio se ci fosse stata una «Commissione verità» su tutta una serie di problematiche, però questo...

  GERO GRASSI . E questa crede che sia una «Commissione bugia»?

  ALDO BONOMI . No, scusi, ho in mente il modello del Sudafrica.

  PRESIDENTE . In Italia invece abbiamo fatto il modello del memoriale. Sono due modelli diversi.

  ALDO BONOMI . Chiedo scusa, ho in mente il modello Sudafrica, in cui, a fronte di una – tra virgolette, virgolette, virgolette – «pacificazione», si chiedeva in cambio che ognuno si assumesse la sua responsabilità e dicesse la verità. È lo stesso spirito con cui io sono venuto qui.

  GERO GRASSI . Ora una battuta cattiva la dico io: evidentemente in Sudafrica ci sono molti veritieri. Punto.

Pag. 22 

  FABIO LAVAGNO . C'è anche una diversa propensione ad affrontare in maniera politica una vicenda.

  PRESIDENTE . Scusate, altrimenti apriamo un dibattito che ci porta lontano. Bonomi ha introdotto il termine «pacificazione». Noi abbiamo parlato di un altro aspetto, a cui fa riferimento l'onorevole Grassi: nelle indagini è stato seguito – a nostro avviso ormai emerge – un percorso che ha fatto sì che, senza che fosse dichiarata una pacificazione, il percorso legislativo, le parziali ammissioni, la strana figura del dissociato non pentito, hanno contribuito a generare un quadro nel quale «chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scordiamoci il passato». Questa, però, non è pacificazione. È un «tombamento» all'italiana, che è un'altra cosa. Poi, per carità, chiamiamolo con nomi propri, però.

  ALDO BONOMI . Io non ho detto che era...

  PRESIDENTE . No, io le spiegavo la battuta di Grassi Altri Paesi che hanno vissuto una storia simile non hanno fatto questo. Quindi, c'è un memoriale che parte nel 1986, nel 1988 ce l'hanno nelle mani le nostre agenzie di intelligence, nel 1990 arriva dal Capo dello Stato, lo studiano e lo leggono in tanti, si dimenticano pure nel 1986 magari di denunciare Casimirri e Lojacono, prima ancora del Moro ter, per l'omicidio di Moro, ci arrivano anni dopo. Sono cose un po’ all'italiana. Questa, più che una pacificazione, è un aggiustamento.

  MASSIMO CERVELLINI . L'incontro con Alberto Franceschini quando avviene, precisamente?

  ALDO BONOMI . Certamente quando le Brigate rosse non hanno ancora ucciso nessuno. Questo mi è molto chiaro, attenzione.

  MASSIMO CERVELLINI . Quindi, mettiamo una data corrispondente a questa sua affermazione.

  ALDO BONOMI . Quando siamo in una situazione in cui uno come me può pensare – uso un termine... – che sta facendo il «giornalista democratico». Le dico un aneddoto, se mi è permesso. Sono stato in carcere con Gallinari, a Torino (a proposito di lettere o non lettere e di De Ponti). C'era anche lui, Gallinari. Discutendo tra noi, Gallinari mi ha chiesto – questa è una cosa umana che mi è rimasta impressa – «Cosa avresti fatto tu, Aldo, se non ti avessero arrestato?». Io ho detto: «Avrei fatto il giornalista». E lui mi ha detto: «Sai, anch'io ho rinunciato a molto, perché ho rinunciato alla mia cooperativa. Sarei diventato un dirigente della cooperativa di Reggio Emilia». Lì ho capito che c'erano alcune differenze, ma non antropologiche, ho capito molte cose più che... È chiaro? Le ho risposto?

  MASSIMO CERVELLINI . Sì.
  Ha affermato che all'epoca fra le fazioni vi erano accuse quotidiane di avere infiltrazioni, di servire Stati, in alcuni casi. Alcune erano proprio bollate, nel senso che erano ufficialmente riconosciute come collegate con Paesi (l'Unione Sovietica o la Cina o i satelliti intorno) e altre, invece, con i Servizi segreti occidentali).
  Non c'era una buona pubblicità nei confronti dei singoli circoli anarchici, proprio in quanto anarchici, quindi non riconducibili... Come spiega, al di là dell'affermazione secondo cui «l'animo in quei tempi era di aiutare tutti»...? No, l'animo in quei tempi, per chi faceva parte di gruppi estremistici, non era di aiutare tutti. Bisognava, soprattutto per riparare all'estero, rispondere a delle coordinate, da questo punto di vista. Gli anarchici non facevano parte, a mio ricordo, di queste coordinate.

  ALDO BONOMI . Tenga presente che la vulgata allora è che gli anarchici erano vittime. Inoltre, non mi è parso – visto che la domanda rimanda a Bertoli, per capirci – che avessero questa grande rete. Erano una roba in cui c'era questo che scappava e, a quel che so io, non andava in Israele, bensì in Francia. Io poi non ho più saputo nulla rispetto a questo, se non... Le ricordo, Pag. 23 ma è una spiegazione storico-filosofica, non vorrei che pensasse che giro l'acqua nel mortaio che i kibbutz nascono dentro una concezione di comunità e di uguaglianza di questo tipo, ma mi fermo lì. Non vorrei che questa cosa venisse presa come un mio orientamento. È chiaro?
  Aggiungo, se mi è permesso, credo che molti dei link che oggi il presidente mi ha sottoposto...

  PRESIDENTE . Quasi tutti.

  ALDO BONOMI . Quasi tutti quei link dipendono dal fatto che, hai voglia, se trovi uno che ha avuto a che fare con le Brigate rosse e, nello stesso tempo, ha avuto a che fare con uno che è arrivato da Israele e ha buttato una bomba... È chiaro il discorso?
  Questo è stato ed è il mio cruccio, ma senza averne responsabilità soggettiva. Io questo lo dico umanamente, perché non avrei avuto problemi, a ragionare d'altro, anche perché la conversazione con il giudice Salvini è stata così ampia proprio perché abbiamo, essendo lui un esperto, se si può usare questo termine...

  PRESIDENTE . Conosceva bene pure la Calusca, il giudice Salvini.

  ALDO BONOMI . Ci conoscevamo anch'io e il giudice.

  PRESIDENTE . Lo so bene.

  ALDO BONOMI . La conversazione è stata una conversazione...

  PRESIDENTE . Franca.

  ALDO BONOMI . ...franca. È chiaro il discorso? Io non l'ho detto. L'ha detto lei. È chiaro che ci conoscevamo.

  PRESIDENTE . Se non ci sono altre domande, ringraziamo il dottor Bonomi e ci aggiorniamo alla settimana prossima, probabilmente martedì sera alle 20.30.
  Dichiaro conclusa l'audizione(*) .

  La seduta termina alle 15.35.

(*) Subito dopo la conclusione della seduta, il dottor Bonomi ha aggiunto alcuni elementi informativi, che qui si riportano in una sintesi rivista e approvata dallo stesso audito con comunicazione scritta del 3 gennaio 2018: «Quando portarono le varie lettere a “Critica sociale” durante il sequestro, Giovine disse: “Queste non le ha neanche Craxi”, e Guiso disse: “No, non le ha”. Si trattava dunque di testi non noti o, per dir meglio, di testi sui cui contenuti Guiso non aveva ancora sentito le valutazioni dell'onorevole Craxi. Ed era un invito di Guiso a Giovine a contattare Craxi. La sensazione è che poi a Guiso venne detto di non dare troppo spazio a Giovine».