XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro

Resoconto stenografico

Seduta n. 87 di Martedì 17 maggio 2016

INDICE

Comunicazioni del presidente:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3

Sulla pubblicità dei lavori:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE FIORONI

La seduta comincia alle 14.15.

Comunicazioni del presidente.

PRESIDENTE. Comunico che nel corso dell'odierna riunione, l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto di:

incaricare il dottor Donadio, il tenente colonnello Giraudo e il luogotenente Boschieri di acquisire sommarie informazioni testimoniali dal dottor Enrico Marinelli;

trasmettere al Reparto investigazioni scientifiche dell'Arma dei carabinieri, a fini di comparazione, i risultati delle indagini di polizia scientifica compiute su alcuni reperti ritrovati a via Caetani;

incaricare il Reparto investigazioni scientifiche dell'Arma dei carabinieri di svolgere una comparazione sulla documentazione fotografica relativa a Antonio Nirta, che sarà loro trasmessa;

procedere alla desecretazione dei documenti riservati 30/0, 30/1, 54/3, 54/4, 89/1;

duplicare e rendere disponibili come documenti «liberi», previa obliterazione dei dati personali sensibili, i documenti riservati 19/3, 54/2, 55/0, 130/1, 155/1, 166/1, nonché il documento segreto 55/1;

procedere a un riassetto complessivo delle deleghe relative ai principali filoni di inchiesta, allo scopo di accorparle intorno a alcuni punti chiave, anche al fine di consentire ai collaboratori di presentare una relazione sugli accertamenti compiuti in questa fase dell'inchiesta parlamentare.

Comunico inoltre che:

il 27 aprile 2016 il colonnello Pinnelli ha depositato una nota, riservata, relativa alle indagini compiute su Prospero Gallinari tra il 1977 e il 1978;

l'11 maggio 2016, il generale Scriccia ha depositato un contributo documentale, riservato, relativo al colonnello Stefano Giovannone;

il 13 maggio 2016 il colonnello Pinnelli ha depositato una nota, riservata, relativa ad Antonio Nirta, con allegata documentazione fotografica;

nella stessa data, la dottoressa Picardi, il generale Scriccia e il maresciallo Pinna hanno depositato il verbale, riservato, di sommarie informazioni rese da Gennaro Acquaviva e da Claudio Martelli;

nella stessa data è pervenuta una lettera, riservata, della dottoressa Giuliana Galasso, presidente facente funzioni del Tribunale di Venezia, relativa al reperimento della documentazione allegata alla sentenza-ordinanza Mastelloni n. 204/83;

il 17 maggio 2016 la dottoressa Tintisona ha depositato documentazione fotografica, riservata, su Renato Di Leva, Emidio Biancone e Giovanni Intrevado.

Comunico altresì che il dottor Luigi Montuori ha richiesto, per ragioni di studio, di poter acquisire copia di alcuni atti del processo Pecorelli acquisiti in copia dalla Commissione. Poiché si tratta di documentazione riservata non è possibile dare corso alla richiesta. Si darà dunque indicazione al dottor Montuori di rivolgersi all'Autorità giudiziaria competente.

Pag. 4

Ricordo che il programma dei lavori della Commissione proseguirà con le audizioni, già deliberate, di Enrico Marinelli, Vittorio Fabrizio, Egidio Correale e Nunzio Sapuppo, alle quali seguirà l'audizione di Paolo Pistolesi. In seguito si prevede di ascoltare Claudio Signorile.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Audizione di Marco Liberato Di Berardino.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di Marco Liberato Di Berardino, che ringraziamo per la sua presenza oggi.
Faccio presente a Marco Liberato Di Berardino che, ove nel corso della sua audizione lo ritenga necessario, i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta.
Marco Liberato Di Berardino è sostituto commissario della Polizia di Stato. La mattina del 16 marzo del 1978 era in servizio, insieme al suo collega Nunzio Sapuppo, su un'auto del commissariato Monte Mario, che secondo le loro dichiarazioni fu la prima a giungere in via Fani.
Di Berardino ha redatto una relazione di servizio il 16 marzo 1978, ha poi reso dichiarazioni all'autorità giudiziaria il 6 novembre del 1978 e ai consulenti della Commissione il 22 luglio 2015. L'importanza della testimonianza di Di Berardino e di quella del suo collega Sapuppo, che la Commissione intende ascoltare nelle prossime settimane, sta soprattutto nel fatto che i due agenti giunsero a via Fani in una fase molto prossima agli eventi, rimanendovi poi fino a circa le 10.30. Poterono quindi vedere la scena del crimine nell'immediatezza e il progressivo sopraggiungere delle forze di polizia.
Le pongo ora alcune domande.
La principale questione che la Commissione è interessata ad approfondire è ciò che lei esattamente – anche se ci rendiamo conto che sono passati trentotto anni – ricorda di quando giunse a via Fani e del tempo in cui rimase lì, ovvero circa da qualche minuto dopo le 9 fino alle 10.30, quando la sala operativa le comandò di scortare il sostituto procuratore Infelisi, che doveva raggiungere via Belli.
Le chiedo di fare uno sforzo di memoria, in modo da consentirci un confronto puntuale tra la sua testimonianza e quelle che hanno reso altri.
Sulla base di quanto dichiarato da lei e dal suo collega Sapuppo, eravate in servizio di vigilanza radiocollegata su alcune personalità della zona e in particolar modo sul giudice Celentano, che abitava in via Bitossi. Alle 9 o pochi minuti dopo riceveste dalla sala operativa l'ordine di andare a via Fani perché erano stati segnalati colpi d'arma da fuoco. Giungeste dopo pochi minuti e foste la prima autopattuglia ad arrivare a via Fani. Questo è, per sommi capi, quanto da voi dichiarato nelle diverse occasioni.
La prima domanda è: conferma questa ricostruzione o intende aggiungere o modificare qualcosa?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Confermo.

PRESIDENTE. Dalla sua relazione di servizio del 16 marzo 1978 risulta che al vostro arrivo in via Fani vedeste circa una ventina di persone che erano attorno alle tre auto ferme in mezzo alla strada. Ricorda l'aspetto o i gesti di qualcuna di quelle venti persone?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Non ricordo.

PRESIDENTE. Le venti persone le davano l'idea di essere curiosi, gente arrivata da poco...?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Sì, per me erano curiosi che cercavano di vedere la scena del crimine, perché effettivamente era una scena molto cruenta, Pag. 5c'erano le persone morte; quindi, secondo me era curiosità.

PRESIDENTE. Una delle questioni su cui la Commissione si interroga è la compatibilità delle testimonianze di alcuni appartenenti alle forze di polizia che giunsero a via Fani.
Stando alle varie dichiarazioni, nei minuti successivi alle 9 in via Fani risultate sicuramente lei e Sapuppo – e la sua relazione di servizio lo conferma – con l'auto di istituto, ma risultano anche presenti due poliziotti fuori servizio, Giovanni Intrevado e Renato Di Leva.
Nelle vostre dichiarazioni di allora, sia lei sia Sapuppo avete ricordato la presenza di un agente di polizia in borghese, in uno stato di grande agitazione. Nel 2015 lei ha dichiarato di non ricordare più questo particolare.
Il 6 novembre del 1978 lei dichiarò al giudice Imposimato: «Ricordo che assieme a noi arrivò anche un agente di PS in borghese che si mise a piangere dopo aver visto gli agenti e i carabinieri uccisi». Sostanzialmente le vostre dichiarazioni del 1978 affermano che c'era un altro agente di polizia, in borghese, che è in uno stato di agitazione. Lei se lo ricorda o no?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Non ricordo che questa persona fosse in stato di agitazione. L'ho cancellato dalla memoria.

PRESIDENTE. Non ricorda neanche se c'era la persona o c'era ma non era agitata? Un poliziotto in borghese se lo ricorda o no?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Non lo ricordo.

PRESIDENTE. Poiché è necessario fare chiarezza su questi primi momenti, riporto sommariamente ciò che hanno detto qui, in audizione, nelle scorse settimane, Intrevado e Di Leva. Le loro dichiarazioni forse l'aiuteranno ad avere memoria.
Giovanni Intrevado si trovava a via Fani quando c'erano ancora i brigatisti, perché era su un'auto avendo accompagnato la fidanzata e fu da loro bloccato. Ha affermato che, dopo l'allontanamento degli assalitori, ricevette da voi una paletta per aiutare a tenere lontani i curiosi e le auto, e che rimase a via Fani per qualche minuto; poi, impaurito, se ne andò portandosi via la paletta, che in seguito ha distrutto. Se lo ricorda?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No.

PRESIDENTE. Questo è quello che Intrevado sostiene: di aver preso da voi una paletta.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Io personalmente non gli ho dato mai una paletta. Neanche lo conosco. Non lo conosco.

PRESIDENTE. Questa è una fotografia di Giovanni Intrevado di quel periodo. (Il presidente mostra a Marco Liberato Di Berardino una fotografia).

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Sì, ma è la prima volta che lo vedo.

PRESIDENTE. Intrevado dichiara di essere sceso da una macchina che era stata bloccata dai terroristi. Dice che non può sparare perché gli si inceppa la pistola; poi scende, viene da voi e prende la paletta. Successivamente ha una crisi depressiva e va via. La foto di Intrevado è questa. Lei non se lo ricorda o non le dice niente.
L'altro poliziotto in borghese, invece, era Renato Di Leva. Questa è una sua fotografia dell'epoca, la guardi bene. (Il presidente mostra a Marco Liberato Di Berardino una fotografia).

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Lui mi sembra una faccia conosciuta, però non so se l'ho visto quel giorno o in un'altra occasione.

PRESIDENTE. Renato Di Leva dichiara di aver seguito con la sua Fulvia HP, che dovrebbe essere quella parcheggiata, nella Pag. 6fotografia che ora le mostro. Si vede anche un'auto della Polizia, che dovrebbe essere la vostra. Di Leva dice di avere seguito un'auto della Polizia e di essersi fermato poco prima di via Stresa, di essersi qualificato con i suoi occupanti e di averli aiutati. Lo stesso Di Leva ricorda addirittura di aver visto la FIAT 128 dei brigatisti che si allontanava con a bordo alcune persone in divisa dell'Aeronautica. Questo particolare non risulta invece nella vostra relazione di servizio.
Secondo le ultime dichiarazioni di Di Leva, la macchina della Polizia a cui fa riferimento, però, non sembra essere la vostra, oppure Di Leva ricorda male, perché dice che a bordo c'erano tre poliziotti.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, noi del commissariato eravamo sempre in due per auto, perché eravamo sotto organico.

PRESIDENTE. In questo caso lei e Sapuppo. Lei se lo ricorda questo signore, se è venuto da lei? Ricorda se si è affiancata una macchina alla vostra?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, non lo ricordo. Io ricordo solo che abbiamo operato io e il collega Sapuppo Nunzio sulla scena del crimine.

PRESIDENTE. Le sembra di ricordare la faccia di Di Leva ma non sa se lo ha visto lì in via Fani o altrove.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, con me personalmente non ha mai parlato. Se poi ha parlato con il collega Sapuppo, perché eravamo in due e c'era molta confusione...

PRESIDENTE. Però, quando siete arrivati – questo per noi è importante – c'era già una ventina di persone intorno.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Sì, c'era molta confusione e facevamo fatica a liberare la scena del crimine.

PRESIDENTE. Lei però non ricorda la 128 che fugge via con i brigatisti a bordo?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, noi dalle informazioni che abbiamo preso sul posto dalle persone presenti... I testimoni ci dicono subito delle auto che hanno partecipato al crimine, che sono fuggite per via Stresa, e noi prontamente diamo l'avvertimento alla sala operativa. Però non scattò il piano di emergenza, forse nemmeno c'era. Se fosse scattato il piano...

PRESIDENTE. Forse avrebbero potuto bloccarle più avanti.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Le si sarebbero potute bloccare, sì.

PRESIDENTE. Lei ricorda se per caso quando eravate lì, mentre stavate circoscrivendo la zona del crimine e avevate dato l'allarme comunicando che i sequestratori erano fuggiti lungo via Stresa, è passata qualche altra auto della Polizia con i colori d'istituto, per inseguirli?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, non ricordo. Non mi sembra. Le macchine si concentravano tutte lì e la sala operativa ebbe difficoltà. Anche gli stessi nostri colleghi, purtroppo, siccome il crimine era così eccezionale e non era mai capitata prima una cosa del genere... Quindi, penso che tanti colleghi venivano lì per curiosare e la sala operativa (cosiddetta «Doppia Vela 21») ebbe difficoltà a mandare via tutte le auto che si precipitavano lì e creavano solo disservizio.

PRESIDENTE. Conferma che foste voi a chiamare l'ambulanza, come risulta dalla relazione di servizio del 16 marzo 1978?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Sì, perché io accertai che il brigadiere Zizzi respirava ancora, mentre Iozzino, l'unico che era riuscito a prendere l'arma per rispondere al fuoco, era morto. I Carabinieri che stavano nella FIAT 130 blu – o azzurra, ma mi sembra blu – furono sorpresi Pag. 7 perché i terroristi erano vestiti con divise dell'Aeronautica militare o dell'aviazione ed erano scesi da una macchina targata «corpo diplomatico», quella che fu tamponata dalla 130, perché c'era lo «stop». Questi – giustamente, avevano preparato il piano – simularono una frenata maldestra all'improvviso e la colonna composta dalla macchina del Presidente e dalla nostra scorta sull'Alfetta bianca fu sorpresa. Poi alcuni erano nascosti dietro i cespugli, ma questo è stato accertato dopo.
Io personalmente ho seguito tutta la vicenda. Sono stato un po’ sotto shock quasi un mese, avevo gli incubi la notte.

PRESIDENTE. Dopo quanto tempo arrivò, secondo lei, l'ambulanza?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. L'ambulanza, mi ricordo, forse proprio perché c'era tutto quel traffico e andavano tutti lì, arrivò un po’ tardi, dopo 20-25... arrivò un po’ tardi.
Forse Zizzi si sarebbe potuto salvare...

PRESIDENTE. Se ci fosse stato meno traffico.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Se ci fosse stato meno traffico e l'ambulanza fosse arrivata prima.... Perché a me risulta che morì per shock emorragico.

PRESIDENTE. Ricorda se c'era qualche persona accanto all'agente Zizzi?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. C'era l'agente Rivera che...

PRESIDENTE. Rivera era nella macchina, ma io intendevo se quando voi siete arrivati c'era qualcuno ad assistere Zizzi.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, mi sembra che io aprii la portiera per soccorrerlo; ero in ansia, lui era riverso in avanti, gli usciva sangue...

PRESIDENTE. ...e ancora respirava.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. ... e ancora respirava, io cercai di abbassargli il sedile, ma sbagliai anche la tecnica...

PRESIDENTE. ... che serviva in quel momento.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. ... che serviva in quel momento, perché la mia testa diceva che se lo allungavo stava meglio, invece no, perché lui ringoiava il suo sangue.
Poi mi precipitai a chiamare l'ambulanza con la radio, o io o Sapuppo.

PRESIDENTE. Non c'era nessuno prima di lei accanto a Zizzi...

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No.

GERO GRASSI. Presidente, per capire, stiamo parlando di Zizzi?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Sì, il brigadiere Zizzi era il capopattuglia.

PRESIDENTE. E stava al posto anteriore dell'Alfetta.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Era seduto al lato anteriore destro. Sì, era il capo macchina. Aveva i baffi; lui me lo ricordo bene.

PRESIDENTE. Lei ha aperto la portiera, ha visto che ancora respirava e ha provato a reclinarlo. Poi è andato a chiamare l'ambulanza. Ma intorno, di questi venti, dieci, sedici curiosi, c'era qualcuno che era arrivato da Zizzi prima di lei?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, io penso di no, perché io fui il primo a cercare di soccorrerlo. Poi subito con la radio chiamai l'ambulanza. Mi sembra che la chiamai io o Sapuppo.

PRESIDENTE. Quello che ci interessa sapere è che lei arriva lì, la portiera anteriore è chiusa, apre la portiera anteriore, vede che Zizzi ancora respira, fa una cosa Pag. 8ovvia, pure se non era utile in quel momento, cioè prova a reclinarlo, pensando che forse sarebbe stato meglio. Poi si accorge che non funziona e va a dare l'allarme, chiamando l'ambulanza.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Sì.

PRESIDENTE. Nella sua relazione di servizio del 16 marzo 1978 si legge: «Subito dopo sono giunte altre auto della Polizia con a bordo personale di questo ufficio e della DIGOS, nonché autoradio dei Carabinieri». Lei riesce a ricordare quanto tempo dopo di voi arrivarono queste macchine?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Arrivarono due, tre, pure cinque minuti dopo, perché noi eravamo molto vicini. Noi per poco...

PRESIDENTE. ... non li prendevate, i brigatisti.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. ... non li prendevamo, sì, perché eravamo a due o tre minuti di distanza da dove avvenne il fatto criminoso, cioè eravamo vicinissimi. Poi usammo anche le sirene, i lampeggianti e poi facemmo all'ingiù via della Camilluccia, che era senso unico, quindi... Mi sembra che c'era una preferenziale, quindi noi arrivammo subito, invece gli altri arrivarono molto dopo. Molto dopo, adesso non posso dire se cinque minuti, dieci minuti...

PRESIDENTE. Non se lo ricorda.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, non mi ricordo proprio.

PRESIDENTE. Ma una prima macchina se la ricorda, in modo particolare?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Mi sembra che arrivò quella dei Carabinieri, la prima dopo di noi.

PRESIDENTE. Non si ricorda chi era?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Credo un tenente dei Carabinieri, doveva essere un ufficiale. Mi sembra che arrivò una radiomobile dei Carabinieri.

PRESIDENTE. E della Polizia, la prima auto che arrivò dopo la vostra era una che apparteneva ad altra struttura o era del commissariato di Monte Mario?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, non credo. Diciamo che noi eravamo gli unici in zona perché eravamo sempre sotto organico, quindi non c'erano due macchine del commissariato che vigilassero la zona; perché poi c'era la volante che prendeva due zone, Monte Mario e Primavalle, e l'equipaggio era di tre agenti. Tant'è vero che noi avevamo la famosa Giulia dell'epoca, invece alla volante già avevano consegnato le Alfette, mi sembra.

PRESIDENTE. Quindi voi siete arrivati con la Giulia in due, mentre la volante, che faceva...

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. ...Monte Mario – Primavalle, penso che sia arrivata con l'Alfetta, sì.

PRESIDENTE. Ed erano in tre, loro.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Sì, gli equipaggi delle volanti erano sempre di tre persone.

PRESIDENTE. Quelli sono arrivati dopo di voi, però.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Sì, sì, dopo.
Noi siamo arrivati per primi, questo è certo, perché – ripeto – eravamo molto vicini.

PRESIDENTE. Questo risulta, avevate il giudice Celentano a via Bitossi.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. I sequestratori hanno fatto il giro e sono usciti dove eravamo noi prima.

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PRESIDENTE. Paradossalmente se foste rimasti lì li avreste pizzicati.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Paradossalmente, sì, perché via Carlo Belli era una strada privata; là c'era l'acquedotto romano, l'ACEA. C'era una catena con lucchetto con un cancello grande e questi la notte avevano... Ma questo è stato accertato dopo; con il sostituto procuratore Infelisi l'abbiamo accertato, sì.

PRESIDENTE. Ricapitolando, lei arriva con Sapuppo. È il primo che vede Zizzi, prova a sdraiarlo e chiamate l'ambulanza. Poi arriva l'auto dei Carabinieri con a bordo un tenente, poi una macchina della Polizia – non una Giulia, ma un'Alfetta – con tre persone sopra e che era la volante di turno. Ho capito bene?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Dovrebbe essere così. Se è arrivato il dirigente del commissariato o qualche maresciallo non lo ricordo... All'epoca c'erano i marescialli.

PRESIDENTE. Il dirigente del commissariato potrebbe essere arrivato con un'altra macchina?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Sì, però non una che era sul territorio.

PRESIDENTE. Con la macchina sua?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Con la macchina di servizio del commissariato. Ma non era di sicuro con i colori di istituto. Poteva essere un'autovettura in borghese.

PRESIDENTE. Quindi, con i colori di istituto possono essere la vostra Giulia, sulla quale si andava sempre in due.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Esatto.

PRESIDENTE. E l'Alfetta con i colori di istituto, con tre a bordo, che era la volante della zona di Monte Mario e vicinanze.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Sì, Monte Mario – Primavalle.

PRESIDENTE. E ricorda l'auto dei Carabinieri, dove c'era un tenente. Mentre se è arrivato, come è possibile, un maresciallo o il commissario di Monte Mario, sono venuti non con la macchina di istituto ma con una senza insegne. Le macchine di istituto erano la vostra Giulia, vostra, con due persone, o l'Alfetta a tre.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Sì, esatto.

PRESIDENTE. Ricorda se c'era personale della DIGOS e quando è arrivato?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Personale della DIGOS non mi ricordo, ma se sono arrivati, sono arrivati dopo. E anche dopo queste altre due macchine che ho detto.

PRESIDENTE. Quante persone?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. A me non si sono presentati, quindi non lo so. Non so se hanno parlato con il mio collega Sapuppo. Con me non si è presentata la DIGOS.

PRESIDENTE. Il commissario di Monte Mario, che era Marinelli...

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Il dottor Marinelli, sì.

PRESIDENTE. Si ricorda quanto dopo di voi è arrivato lì?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, non mi ricordo.

PRESIDENTE. Lei il 22 luglio 2015 ha detto di non ricordare l'arrivo o la presenza di un'Alfasud di colore chiaro. Glielo chiedo nuovamente: ricorda se c'era un'Alfasud di colore chiaro?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, non mi ricordo. Ma della Polizia?

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PRESIDENTE. Un'Alfasud di colore chiaro.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, non la ricordo.

PRESIDENTE. E di colore giallo?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Giallo... Niente, no, non ricordo niente.

PRESIDENTE. Conferma, come ha dichiarato il 22 luglio del 2015, che lei non conosceva il dottor Spinella?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Confermo, sì. Io conoscevo solo il mio dirigente, dottor Marinelli.

PRESIDENTE. Un testimone, Gherardo Nucci, ha dichiarato che mentre stava dirigendosi in auto a via Fani, provenendo da via Stresa, ha visto un giovane di 20-25 anni che indossava un giaccone blu e aveva in mano una paletta, che gli impedì di girare in via Fani e gli intimò di proseguire in via Stresa.
Lei ha mai visto un giovane con una paletta in mano mentre era lì?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, non ricordo. Non credo.

PRESIDENTE. Un altro testimone, Bruno Barbaro, in un'intervista televisiva del 22 ottobre del 1993, ha dichiarato che una persona di bassa statura che indossava un soprabito chiaro scese da un'Alfa Romeo «di vecchio tipo» e con una paletta della Polizia fece bruscamente allontanare i presenti, con grida e spintoni. Lei se la ricorda questa scena?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Dove è avvenuta? In via Fani?

PRESIDENTE. Sì.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, non mi ricordo.

PRESIDENTE. Sempre a via Fani, all'angolo con via Stresa, c'era un bar che si chiamava «Olivetti». Lei rammenta se era chiuso o aperto?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Era chiuso.

PRESIDENTE. Dalle sue dichiarazioni del 22 luglio 2015 risulta che l'agente Nunzio Sapuppo era autista e capopattuglia. Se il capopattuglia era lui, perché la relazione di servizio l'ha scritta lei, invece che Sapuppo?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Sapuppo era più anziano, però scrivevo io, perché comunque ero seduto nel posto del capopattuglia. Ci stavano queste anomalie, all'epoca, che arrivavamo noi giovani che dovevamo fare i capopattuglia, nonostante l'autista fosse più anziano.

PRESIDENTE. Nelle sue dichiarazioni del 22 luglio 2015 lei ha ricordato che nelle prime ore del 17 marzo – quindi siamo al giorno successivo – fece parte dell'equipaggio del commissariato Monte Mario che rinvenne un'auto lasciata dai brigatisti in via Licinio Calvo. Si ricorda?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Sì, mi sembra una 128. Bianca?

PRESIDENTE. Sì.

PRESIDENTE. Solo che a noi risulta dalla documentazione che la pattuglia era composta da Antonio Pinna e Adelmo Saba, che rinvennero la 128 in via Licinio Calvo alle 4.10 del 17 di marzo. Secondo lei, lei era con questi due colleghi?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Secondo me, sì, però può darsi pure che mi confondo, perché questa cosa mi aveva colpito, quindi la seguivo e forse sono stati i colleghi.

PRESIDENTE. Quindi non è certo se gliel'hanno raccontato.

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MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Alle quattro?

PRESIDENTE. Alle 4.10 del mattino, quindi era il turno di notte.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Però io penso di sì, perché avevo fatto la mattina e poi ho fatto il turno di notte pure io. Forse eravamo due pattuglie quella notte e noi siamo andati solo in ausilio a loro, quindi loro hanno fatto la relazione. Perché dopo il fatto di via Fani sicuramente c'è stato un rafforzamento del personale.

PRESIDENTE. Adesso ci sono dei colleghi che hanno chiesto di fare domande.

GERO GRASSI. Non ho capito una cosa. Lei, nel descrivere la condizione di Zizzi, il sedile reclinato eccetera, ha detto che i carabinieri furono sorpresi e uccisi immediatamente eccetera. Siccome mi sono distratto, mi vuole ripetere quel passaggio, per favore? Chi ha ucciso i carabinieri? Quando? Da dove sono usciti?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Dalla dinamica che fu ricostruita successivamente, i terroristi si fecero tamponare, e avevano la divisa. Quando si tampona fra forze militari – in questo caso apparivano come forze militari, loro, anche se non erano veri – ci si scambiava semplicemente le generalità e poi ognuno faceva la propria relazione al comando. Quindi, i carabinieri sono stati sorpresi pensando che i terroristi fossero dell'Aeronautica militare. Secondo me, non sono nemmeno scesi dalla macchina e furono uccisi a bruciapelo.

PRESIDENTE. Questa, come aveva detto, è la ricostruzione a posteriori.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. La ricostruzione a posteriori, sì.

PRESIDENTE. ... che lei ha fatto.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Che io ho letto sui giornali e che era quella più credibile. Si enfatizzava molto che il Presidente Moro era rimasto illeso, dicendo che questi qua erano professionisti, ma realmente forse non erano proprio granché professionisti, perché avevano usato lo stratagemma della divisa, quindi mentalmente erano predisposti per uccidere e hanno sorpreso i carabinieri perché hanno sparato a distanza ravvicinata.

PRESIDENTE. Comunque, questa è una ricostruzione e lei di tutto questo non ha visto niente.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, no.

GERO GRASSI. Prima di cedere la parola al collega Fornaro, che vorrà intervenire forse sullo stesso tema, una domanda secca: lei ha parlato del bar Olivetti chiuso. Ma chiuso quando lo ha visto lei, cioè intorno alle...

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Alle 9 siamo arrivati noi. Sì, per me era chiuso.

GERO GRASSI. E come fa a dire che fosse chiuso? Da dove lo evince che fosse chiuso?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Perché erano tirate giù le inferriate del bar.

GERO GRASSI. Ma c'è una foto con un'inferriata abbassata di due terzi.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, io ho pensato che fosse chiuso perché vidi le inferriate tirate giù, ma può darsi pure che siano state tirate giù dal proprietario dopo l'evento criminoso.

GERO GRASSI. Ultimissima cosa: c'è un testimone che dice di aver soccorso Zizzi. Lei ha fatto una testimonianza molto precisa. La presenza di questo testimone è alternativa alla sua. Lei non l'ha visto per niente questo testimone? Sto parlando di Di Leva, ovviamente.

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MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Io non lo ricordo questo qui. Io mi ricordo solo che feci questi gesti per abbassare lo schienale, perché l'Alfetta ha il sedile con la rotella, e io reclinai un po’...

GERO GRASSI. Però io credo che se lei avesse visto un'altra persona mentre un collega stava morendo, se lo ricorderebbe.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Sì, penso di sì. Mi ricordo che io ho fatto questa gestualità. Ripeto, magari ho pure sbagliato.

FEDERICO FORNARO. La ringrazio. Io le chiedo una cortesia, perché sono passati tanti anni e quindi evidentemente la memoria per tutti noi, e a maggior ragione per lei, immaginando lo shock di quei momenti, viene sottoposta a uno sforzo particolare.
Le chiederei di provare ad aiutarci lavorando veramente per singoli fotogrammi. Comincio con un primo punto: ricorda se Zizzi aveva in mano il microfono?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Mi sembra di no. Il microfono per parlare con la sala operativa, no. Non credo che ce la fece a prenderlo.

FEDERICO FORNARO. Lei tenta di fare la manovra di abbassamento dello schienale e poi va a chiamare l'ambulanza; o lei o Sapuppo.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Sì, direttamente dal lato suo, perché il microfono sta sempre posizionato dal lato del capopattuglia.

FEDERICO FORNARO. Quindi lei usa quel microfono?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Uso quel microfono per chiamare Doppia Vela 21, la sala centrale operativa.

FEDERICO FORNARO. Lei non si sposta da lì, quindi.

Fino all'arrivo dell'autoambulanza lei rimane accanto all'auto?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Mi sembra di sì. Adesso questo non lo ricordo. Può darsi pure che mi sia spostato perché, ripeto, la confusione era tanta. Come ho dichiarato nella relazione di servizio, facevamo difficoltà a circoscrivere la zona.

FEDERICO FORNARO. Quindi, lei non ricorda una persona inginocchiata davanti a Zizzi.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, non ricordo. Può darsi pure che io mi sia allontanato. Mi ricordo che sono stato perfino intervistato, tanto che mi chiamò un parente.

FEDERICO FORNARO. Però l'intervista è verso le 10; insomma, siamo molto più avanti.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Siamo molto più avanti, è vero. Ha ragione. Siamo più avanti quando fui intervistato, dal GR, mi sembra il GR1.

FEDERICO FORNARO. Nelle vostre dichiarazioni ricordate l'arrivo sia di una vettura dei Carabinieri, come oggi ha confermato, sia di una vettura della Polizia di Stato, che è quella che ha descritto prima e che nel 2015 ha detto essere un'Alfetta del reparto volanti. Conferma che quell'autovettura della Polizia aveva tre persone a bordo?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Sì, confermo.

FEDERICO FORNARO. Un'altra domanda: le risulta che nella giornata del 15 marzo, quindi la giornata precedente all'eccidio di via Fani, il commissariato di Monte Mario fosse in allarme per un possibile sequestro?

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MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, non ricordo, perché io ero un giovane agente e queste cose non le potevo sapere.

FEDERICO FORNARO. Non avevate comunque ricevuto segnali particolari?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, perché noi avevamo il foglio di consegna – all'epoca eravamo ancora militari – e quindi uscivamo con una busta gialla con dentro il foglio di consegna, in cui ci si diceva tutto quello che si doveva fare in quella mattinata.

FEDERICO FORNARO. In tutte le ricostruzioni partite da quando siete sotto casa del magistrato. A che ora, però, avete preso servizio?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Alle 7. Il turno nostro era 7-13.

FEDERICO FORNARO. E dalle 7 alle 9 che cosa avete fatto? Siete rimasti lì sotto, siete andati sul posto, siete rimasti in commissariato?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Di solito, si gira la zona e si passa per tutti gli obiettivi sensibili che ci possono essere a quell'ora.

FEDERICO FORNARO. Quindi, per capirci, voi alle 7 prendete servizio e iniziate a girare nella zona.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Nella zona, sì.

FEDERICO FORNARO. In quella fase lei non nota nulla di strano?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, perché noi non arriviamo a via Fani. Siamo più che altro in quest'altra zona.

FEDERICO FORNARO. Sì, siccome poi nella zona avverranno alcune cose, le chiedo: lei non notò nulla di particolare?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No.

PRESIDENTE. Quel cancello?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, là non ci andavamo mai perché era una strada privata, quindi non era una zona che noi usavamo frequentare, eccetto la notte per andare a vedere se c'era qualcosa di strano, ma solo se... Nemmeno, perché se non ci mandavano là noi non ci andavamo.

FEDERICO FORNARO. Lei è sicuro che voi non avete dato indicazioni alla volante che arrivò dopo di voi riguardo a dove si erano diretti i rapitori di Moro.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, noi diamo indicazioni solo alla sala operativa Doppia Vela 21.

FEDERICO FORNARO. Quando arriva la volante con tre persone a bordo, queste che cosa fanno?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Questo non lo ricordo.

FEDERICO FORNARO. Nessun suo superiore si manifesta in quelle ore, in quei minuti?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No. Io mi ricordo che le prime direttive le ho via radio e poi, dopo le 10, dal sostituto procuratore Infelisi.

FEDERICO FORNARO. Ma qui siamo alle 9.05-9.10, quando voi arrivate. Quando arriva questa prima volante, quindi, nessuno si manifesta? Non c'è un vostro superiore che dà ordini, dà disposizioni?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, perché il problema nostro era non inquinare la zona, perché c'era un caricatore a terra...

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FEDERICO FORNARO. Cosa che poi invece avverrà. Perché nelle immagini di Frajese si vede che...

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Sì, purtroppo in due come facevamo?

FEDERICO FORNARO. Ma questi tre che arrivano che cosa fanno?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Non ricordo se ci danno una mano. Penso di sì, che ci danno una mano...

FEDERICO FORNARO. E i carabinieri che cosa fanno?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Lo stesso, ci danno una mano a non inquinare la zona.

FEDERICO FORNARO. Si inizia, quindi, a delimitare la zona?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. A delimitare la zona, perché ci sono degli elementi di prova ancora lì.

FEDERICO FORNARO. Lei ricorda qualche collega che si manifesta come uno della DIGOS?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. A me personalmente non si manifesta. Se fosse venuto qualcuno a chiedere delle cose me ne sarei ricordato.

FEDERICO FORNARO. Le chiedo ancora uno sforzo di memoria. Sul lato del bar Olivetti era posteggiata una Mini Minor. Lei la ricorda?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, non la ricordo.

FEDERICO FORNARO. Non ricorda neanche che successivamente c'era anche una 127?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No.

FEDERICO FORNARO. Tenga conto che stiamo parlando di qualche metro di distanza da dove era lei. Non ricorda che cosa ci fosse a qualche metro davanti a lei?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, non ricordo. Più che altro io ero concentrato sui colleghi morti e sul collega da soccorrere.
Anche il giudice Imposimato mi chiese: «Come mai non avete inseguito l'auto che stava fuggendo dal posto del crimine?». Io gli dissi, all'epoca – questo me lo ricordo – che non avevamo visto nessuna auto fuggire dal luogo del crimine. Anche perché noi eravamo addestrati, qualsiasi cosa vedessimo (in un intervento sia per rapina sia su un luogo del crimine come quello di via Fani) a inseguire istintivamente uno che sta fuggendo, diciamo anche la vettura, se avessimo capito che questi ... Può darsi pure che sia fuggita una macchina, ma noi non ce ne siamo resi conto.

FEDERICO FORNARO. Lei non vide né un'auto né una moto fuggire?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, altrimenti l'avremmo inseguita.
Ti insegnano pure che non devi fare omissione di soccorso, quindi sei combattuto.

FEDERICO FORNARO. Nei giorni successivi lei partecipa al ritrovamento delle automobili in via Licinio Calvo?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Questo sì, mi ricordo che trovammo quella 128, però forse noi eravamo in ausilio, come ho detto prima.

FEDERICO FORNARO. È il primo o il secondo ritrovamento?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Tutte e due le abbiamo ritrovate nella notte, mi ricordo.

FEDERICO FORNARO. No, sono state ritrovate a un giorno di distanza l'una dall'altra.

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MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Un giorno?

FEDERICO FORNARO. Tutte e due? Quindi lei partecipa al ritrovamento di tutte e due?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, una. L'altra no, perché poi sono smontato dalla notte e sono tornato a casa, perché io ero fuori sede.

FEDERICO FORNARO. E quando ritrovate la prima, fate un'ulteriore ricerca per verificare che non ci fosse eventualmente anche la seconda?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Sì.

FEDERICO FORNARO. E non trovate la seconda.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No.

FEDERICO FORNARO. Quindi, lei è in grado di dire che quando ritrovate la prima, la seconda non c'era.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Secondo me, non c'era.

FEDERICO FORNARO. E tra di voi, il fatto di averle ritrovate tutte e due, a distanza di un giorno, tra di voi non vi siete parlati, ipotizzando dove potesse essere quest'auto, come mai fosse stata fatta ritrovare lì?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, perché all'epoca non si faceva il briefing all'americana.

FEDERICO FORNARO. No, ma tra colleghi... Voglio dire, è stata una cosa un po’ particolare trovare prima la 132, poi la 128 e poi l'altra 128, tutte in una zona dove c'era una grande presenza vostra, come giustamente lei ha ricordato.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Sì, però non siamo stati riuniti per questa cosa.

FEDERICO FORNARO. No, ma sto parlando proprio di battute tra di voi, sto chiedendo se ci fosse qualche dubbio. Insomma, era una cosa anomala, su questo siamo d'accordo.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Ma noi, quando si smonta, poi ognuno ha i suoi problemi; a parte il fatto del mangiare, che noi eravamo dislocati e la mensa stava al secondo distretto.
Se non ti vedi in mensa...

FEDERICO FORNARO. Stia tranquillo, non sto parlando di cose ufficiali, sto dicendo che tra di voi, l'idea che...

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. No, ma non ti incontri...

FEDERICO FORNARO. Non c'è nessun commento?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Materialmente non ti incontri, perché tu dai la consegna all'altro, tu smonti e monta l'altro. A parte le riflessioni di due minuti e il passaggio di consegne, poi non ti rivedi perché i turni sono diversi.

FEDERICO FORNARO. Chiarissimo. Quindi lei non si è fatto un'idea di come mai le auto sono state ritrovate tutte e due lì. Ha mai pensato che ci potesse essere un garage?

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Io ho pensato questo: ho pensato che può darsi che le abbiano messe pure nello stesso momento, però le avevano parcheggiate così bene... Perché quando si passava in quella via dove sono state ritrovate, era difficile trovare un posto lì, quindi le macchine erano parcheggiate una dietro l'altra. Magari io non ci ho fatto caso, anche perché erano macchine che erano usuali, no? Le 128 bianche e blu erano macchine che avevano tutti.

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FEDERICO FORNARO. Però lei conferma che, trovata la prima, voi controllaste se non c'era anche la seconda.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Sì, sì.

FEDERICO FORNARO. E non c'era.

MARCO LIBERATO DI BERARDINO. Sì, non c'era.

PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, noi ringraziamo il sostituto commissario Di Berardino per la sua disponibilità.
Ci aggiorniamo alla settimana prossima.
Ritengo che oggi siano emersi due elementi rilevanti: la Giulia girava con due agenti, l'Alfetta girava con tre e c'era una macchina dei Carabinieri con un tenente.
Ricordo anche una nota del 16 marzo 1978 dove risulta un'auto civile della Polizia denominata «Squalo quattro» che va all'inseguimento, senza colori di istituto. Quindi, c'è una prima, con due, una seconda, con tre, e una che va all'inseguimento che è «Squalo quattro».

FEDERICO FORNARO. È possibile che Di Leva confonda quelle da due e quelle da tre.

PRESIDENTE. È possibile che confonda oppure che qualcuno non dica la verità. Se uno viene affiancato...
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15.15.