XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro

Resoconto stenografico



Seduta n. 70 di Giovedì 11 febbraio 2016

INDICE

Comunicazioni del presidente:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 

Sulla pubblicità dei lavori:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 

Audizione della senatrice Maria Fida Moro:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 
Moro Maria Fida  ... 5 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 6 
Moro Maria Fida  ... 6 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Moro Maria Fida  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Moro Maria Fida  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Moro Maria Fida  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Moro Maria Fida  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Moro Maria Fida  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Grassi Gero (PD)  ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Distaso Antonio (Misto-CR)  ... 9 
Moro Maria Fida  ... 9 
Distaso Antonio (Misto-CR)  ... 9 
Moro Maria Fida  ... 9 
Distaso Antonio (Misto-CR)  ... 9 
Moro Maria Fida  ... 9 
Grassi Gero (PD)  ... 10 
Cominardi Claudio (M5S)  ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Cominardi Claudio (M5S)  ... 10 
Moro Maria Fida  ... 10 
Cominardi Claudio (M5S)  ... 10 
Moro Maria Fida  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Preziosi Ernesto (PD)  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Preziosi Ernesto (PD)  ... 11 
Moro Maria Fida  ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Cervellini Massimo  ... 11 
Moro Maria Fida  ... 12 
Cervellini Massimo  ... 12 
Moro Maria Fida  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Moro Maria Fida  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Moro Maria Fida  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Moro Maria Fida  ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE FIORONI

  La seduta comincia alle 14.05.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che, nel corso dell'odierna riunione, l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto di incaricare:
   il dottor Salvini di escutere una persona informata dei fatti;
   il dottor Donadio, il colonnello Occhipinti e il tenente colonnello Giraudo di acquisire sommarie informazioni da sei persone informate dei fatti;
   il dottor Donadio, il tenente colonnello Giraudo e il luogotenente Boschieri di acquisire sommarie informazioni da una persona informata dei fatti;
   il colonnello Pinnelli di acquisire dalle strutture dell'Arma dei carabinieri documentazione fotografica su una persona di interesse.
  Comunico inoltre che:
   l'8 febbraio 2016 Vladimiro Satta ha depositato un contributo, di libera consultazione, relativo alla legislazione premiale in favore dei brigatisti pentiti o dissociati;
   il 9 febbraio 2016 il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza ha trasmesso un compendio documentale, segreto;
   il 10 febbraio 2016 il deputato Lavagno ha trasmesso alcuni quesiti, da trasmettere a monsignor Fabbri, che, essendo relativi alla parte dell'audizione di monsignor Fabbri svolta in seduta segreta, sono parimenti segreti;
   in pari data la dottoressa Tintisona ha depositato due note riservate e una segreta, relative a materie di interesse della Commissione;
   in pari data il dottor Salvini ha depositato una nota, di libera consultazione, relativa a deposizioni rese da un collaboratore di giustizia e una nota, riservata, relativa a deposizioni di interesse della Commissione;
   in pari data, il dottor Donadio ha depositato una proposta istruttoria, riservata, relativa a fonti confidenziali attive durante la vicenda Moro;
   l'11 febbraio 2016 il dottor Donadio ha depositato una proposta istruttoria, di libera consultazione, relativa a via Licinio Calvo.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Audizione della senatrice Maria Fida Moro.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della senatrice Maria Fida Moro, che ringraziamo per la sua presenza oggi. È accompagnata dal figlio Luca.
  L'audizione odierna è stata deliberata a seguito della richiesta della senatrice, formulata in una lettera pervenuta lo scorso Pag. 421 gennaio, di essere ascoltata dalla nostra Commissione. È per noi particolarmente importante acquisire la sua testimonianza, sia in relazione alle fasi precedenti il sequestro sia in relazione ai 55 giorni.
  Ricordo che Maria Fida è stata audita dalla Commissione di inchiesta dell'VIII legislatura nella seduta del 16 dicembre 1980 ed è stata ascoltata anche, su sua richiesta, dalla Commissione stragi il 12 dicembre 1990, non in una seduta plenaria, bensì in una riunione dell'Ufficio di presidenza.
  La Commissione è interessata, in particolare, a conoscere ogni elemento ulteriore rispetto a quelli che la senatrice ha avuto modo di fornire pubblicamente nel corso degli anni, anche al di fuori delle sedi parlamentari. Al fine di rendere più proficua la sua audizione, invito la signora Moro a svolgere una sintetica relazione per esporre le ragioni che l'hanno indotta a chiedere di essere ascoltata dalla nostra Commissione e gli elementi che intende porre all'attenzione della Commissione.
  Ritengo comunque opportuno porle anche inizialmente dei quesiti, di cui potrà tenere conto nella sua esposizione, pregandola di segnalarci ogniqualvolta dalla seduta pubblica intenda richiedere che si passi alla seduta segreta.
  In diverse occasioni come, per esempio, nel volume La nebulosa del caso Moro e nel volume di Antonio Fasanella e Antonella Grippo I silenzi degli innocenti, lei ha ricordato, in riferimento alla mattina del 16 marzo 1978, di aver impedito a suo padre di portare suo figlio Luca con sé alla Messa, come faceva spesso, per una sorta di oscuro timore. Può precisare se si trattò solo di un impulso o se vi erano altri motivi per i quali quella mattina volle evitare che suo padre portasse con sé il nipote ?
  Nella sua audizione presso la Commissione d'inchiesta dell'VIII legislatura lei affermò: «In casa di mia madre, c’è da dire che era una vera e propria bolgia, tra telefonante, il citofono, i giornalisti di sotto, le persone che venivano in casa; devo dire che era un vero e proprio caos. Me ne rendevo conto nei cinque minuti che vi passavo ogni giorno. A parte il fatto esterno, infatti, la situazione interna era terribile; 40 persone piantate in casa giorno e notte, una confusione terribile». Potrebbe illustrare nel dettaglio i ruoli o i nomi – quelli che ritiene – di coloro che frequentavano con assiduità l'abitazione del presidente Moro ?
  In un'intervista rilasciata a Fasanella e pubblicata in Panorama il 21 marzo 2013 lei ha narrato che sua madre, un giorno, durante il periodo del sequestro di suo padre, le chiese di «andare via» dalla casa, cioè di non frequentarla. Aggiunse, inoltre, che lei stessa si sarebbe «battuta per fare esattamente quello che papà ci chiedeva dalla “prigione del popolo”. Voleva che ci mobilitassimo, che facessimo qualcosa per tirarlo fuori da lì. E probabilmente sarei riuscita a convincere anche la mamma. Ma forse era quello che qualcuno temeva». Ci può dare dei chiarimenti su quei timori ?
  Quali erano le persone che influivano maggiormente sulla famiglia Moro, eventualmente contribuendo anche a farvi orientare o a prendere assieme una decisione durante i 55 giorni ?
  In una lettera a sua madre della fine di aprile il presidente Moro scrive: «Dato che il tempo corre, la via della prudenza, dell'attesa, della fiducia è impercorribile, anche di fronte a Tv e radio devi dire (chiariscilo per me a Guerzoni) che tu chiedi un'assunzione di responsabilità della DC». È a conoscenza di quali considerazioni indussero a non percorrere questa strada ?
  Quale fu il ruolo dei più stretti collaboratori di suo padre – Sereno Freato, Nicola Guerzoni, Nicola Rana – durante il periodo del sequestro ?
  Per quanto le è noto, quali rapporti ebbe la famiglia Moro con don Antonello Mennini ?
  Nella citata intervista a Panorama del 2012 lei ha dichiarato: «Un gruppo “esterno” “aveva occupato” casa nostra sin dal giorno del sequestro: quelli del movimento Febbraio 74, diretto dall'avvocato Giancarlo Quaranta». Febbraio 74, secondo le sue parole, «indirizzava la Pag. 5mamma e i miei fratelli verso un atteggiamento che, a mio avviso, non avrebbe mai potuto portare a risultati positivi. Un atteggiamento di chiusura, di astio nei confronti di tutto e tutti. Riuscirono a mettere la famiglia persino contro la DC. Rimanemmo completamente isolati». Potrebbe approfondire queste sue riflessioni e il ruolo svolto dagli esponenti di quel movimento ?
  Vi sono aspetti delle vicende dei 55 giorni delle quali lei è a conoscenza che ritiene importanti per l'inchiesta parlamentare, finora non noti ? C’è qualche elemento noto nell'ambito familiare di cui ha potuto apprezzare l'importanza solo retrospettivamente ?
  Quali erano i rapporti tra la famiglia Moro e i carabinieri Oreste Leonardi e Domenico Ricci ? I due scambiano confidenze con membri dalla famiglia, in particolare nel periodo immediatamente precedente via Fani ? Che cosa può dire riguardo alle preoccupazioni che il maresciallo Leonardi ha mostrato nei giorni precedenti al 16 marzo ?
  Ho posto una carrellata di domande, che adesso nella relazione includerà. Poi singolarmente ci ritornerò sopra, qualora lei lo ritenesse. La ringrazio e le do la parola.

  MARIA FIDA MORO. Grazie, presidente. Provo intanto a dire perché sono qui, la vera ragione. È un modo indiretto di rispondere alle primissime domande di questo suo lungo quesito.
  Non ho mai ufficializzato quanto sto per dire. In parte, quando arriverò nel merito, chiederò la secretazione. Intanto, però, vi dico questo: io, Maria Fida Moro, sono quella cattiva e anche pazza, perché ho sempre scelto di fare quello che chiedeva papà, unica in tutta la mia famiglia. Questo mi ha portato dei danni quasi irreparabili, dei quali però sono fiera, perché, se essere pazzi significa restare fedeli, fedeli a una persona che è stata veramente lasciata molto sola, per non dire totalmente sola, allora va bene così. Quindi, sono cattiva e pazza perché ho scelto di fare la volontà di mio padre.
  Premesso questo, considerato anche che ho un linfoma che mi è stato diagnosticato circa tre anni fa, nel 2012, non voglio andarmene dalla terra senza avere lasciato agli atti di un organo istituzionale questo dubbio amletico che mi pesa sul cuore, come le ho scritto nella lettera, fin dal 16 marzo 1978. Chiaramente, lì per lì, poteva sembrare un'occasione di stress da parte di mia madre o un eccesso di zelo. Io avevo un bambino piccolo. Anna, l'altra che era stata cacciata di casa, aspettava un bambino. Poi, però, ripensandoci, mi sono resa conto che la questione non poteva essere tanto semplicistica. Ho la sensazione precisa che mia madre fosse prigioniera tanto quanto papà e forse di più. Di questo va tenuto conto. Non si può fare come se niente fosse.
  Voi non la conoscevate, anche per motivi di età. Direi che qui non ci sono persone abbastanza anziane che abbiano avuto occasione di incontrare la mamma. La mamma, oltre a essere una persona divertente e simpatica, quando voleva, era di una durezza stratosferica. Quanto papà era accomodante e garbato in ogni circostanza, tanto la mamma era dura con se stessa e con gli altri ed estremamente autorevole. Non era autoritaria, ma autorevole sicuramente sì. Non si faceva piegare da niente, non aveva paura di niente, affrontava tutto come se fosse quasi un gioco di ruolo.
  Vederla così... non per il rapimento – intendiamoci bene – perché la morte di papà era una cosa che noi aspettavamo. Da quando ho memoria, abbiamo sempre saputo che, in un modo o nell'altro, l'avrebbero ucciso. Non eravamo impreparati, tant’è vero che delle persone che il 16 marzo venivano in casa uno sveniva, l'altro aveva bisogno del Sympatol, c'era chi si sentiva male da una parte e chi dall'altra e noi quel giorno abbiamo fatto il pronto soccorso.
  Tuttavia, questo suo comportamento acquiescente contrasta moltissimo con il modo di essere di mia madre. Si era arresa prima di cominciare questa battaglia. Non corrisponde a nulla. Ho anche pensato: «Ha paura per Luca. L'hanno Pag. 6minacciato di uccidere Luca», ma non è sufficiente come ragione. Ci doveva essere qualcosa di talmente grave da farle abdicare al suo modo normale di essere.
  Vorrei che questo fosse lasciato agli atti perché oggi non ne conosciamo la ragione. Forse non la conosceremo neanche domani e forse non la conosceremo mai, ma è impossibile pensare che dei ragazzotti che facevano i brigatisti siano riusciti a condizionare una persona che aveva passato la guerra avendo un comando tedesco dentro casa, nelle Marche, e facendo comunque scappare ebrei e non solo, una persona che non conosceva proprio il significato della parola «paura», alle volte anche in modo spudorato.
  Sono convinta, quindi – e questa è la ragione profonda del mio essere qui a dirvi questo – che ci fosse un potere oscuro molto forte che avesse installato in qualche modo dentro casa nostra una specie di cavallo di Troia che ha preso proprio il potere. Ha preso il potere in un modo tale che mia madre da quel momento in avanti, per sempre, fino alla propria morte, non è mai più stata quella di prima.
  Non si può attribuire questa situazione al rapimento di papà, perché nei confronti del rapimento la mamma era rimasta lucida ed era pronta a fronteggiare le cose, ma si è trovata da sola. Dalla parte della mamma ci sarei stata io, che ero stata buttata fuori di casa proprio perché di me si sa che sono cattiva e che avrei voluto difendere papà, e ci sarebbe stato il dottor Freato, che è finito in prigione e, quindi, non ha più potuto aiutare la mamma.
  Sono convinta che Freato sia finito in prigione proprio perché lo stesso gruppo di potere che aveva preso le redini del pensiero di mia madre non lo volesse presente. Freato era uno che se la sapeva cavare. Era duro, anche ricco. Era stato vicesegretario amministrativo della Democrazia cristiana, se non sbaglio. Era una persona competente nelle cose del mondo.
  Tolto Freato e tolta me – sì, c'era il professor Vassalli, sicuramente, un bravissimo giurista, oltre che un amico di papà, una delle pochissime persone che gli dessero del tu e che mamma stimava molto – erano finite le persone in grado di sostenere la mamma seriamente.
  Questo è il nodo. Questo nodo, però, è supportato da altre cose. Lei ne ha elencate un mucchio. Io vado dove mi viene in mente più facilmente in ordine sparso, anzi in disordine sparso, perché ho passato gli ultimi trentotto anni a cercare di dimenticarmi il caso Moro. Chiaramente, non ci sono riuscita: è impossibile. L'unico risultato che ho ottenuto è che so ancora le cose, ma in ordine disordinato. Mi vengono in mente come i cavalloni sul mare.
  Mi avete chiesto di Leonardi e dei rapporti. Avevamo rapporti familiari e affettuosi con tutti quelli della scorta, perché, da quando eravamo bambini, ci sono sempre state scorte che parteggiavano per noi. Anche noi parteggiavamo per loro, anzi, cercavamo di aiutarli, salvaguardando papà più che si poteva e facendo molta attenzione a tutto quello che ci circondava.
  Me lo sono chiesto anch'io, ed era una delle teorie di mia madre, se per caso Leonardi fosse stato invitato a fare finta di non vedere, perché forse era stato organizzato un finto sequestro per mettere in salvo papà. Questa è una delle versioni, alla quale personalmente non credo molto. Leonardi era effettivamente preoccupato, certamente più di Ricci. Era tornato indietro a casa a prendersi un altro caricatore.
  Tuttavia, c’è un episodio, che chiedo di secretare, perché non voglio dare dolore alla sua famiglia.

  PRESIDENTE. Passiamo in seduta segreta. Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo.
  (I lavori proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  MARIA FIDA MORO. Nell'ultimo periodo prima del sequestro papà invece di aumentare la sicurezza l'ha diminuita. L'ha diminuita da se stesso, nel senso che andava a passeggiare allo Stadio dei Pag. 7marmi da solo o seguito a distanza o da Leonardi o dall'autista. Questo è solo un aneddoto. Papà passeggiava tutti i giorni, se riusciva, perché era il posto più vicino al Ministero degli esteri e anche molto vicino a casa. In genere, ci andava seguito chiaramente dalla sua scorta.
  Invece, in quell'ultimo periodo, papà, che era spaventato che portassero via qualcuno di noi invece di lui, o che ci facessero del male per arrivare a lui, aveva abbassato la guardia, ma proprio tanto. Pertanto, è due volte incomprensibile – questo è bene che lo teniate presente – pensare che poi sia stato portato via con quel dispendio di energie e quei morti gratuiti.
  Avrebbero potuto portarlo via in qualunque momento senza colpo ferire, proprio senza una pallottola. Avrebbero potuto prenderlo e se lo sarebbero potuti portare via in mille circostanze. Aver ucciso la scorta in quel modo è proprio un segnale certo di un potere piuttosto forte che dice: «Chiudiamo ogni possibilità di trattativa». Perlomeno, la mamma l'ha visto così e anch'io lo vedo così.
  Quanto a Luca e il 16 marzo, io avevo l'ernia del disco. Ho sempre qualche malanno. In quel momento avevo l'ernia del disco e quasi non potevo camminare. Da una settimana, però... È da quando sono una bambina piccola che ho questo terribile dono – non è un dono, ma una condanna – di presentire le disgrazie. Infatti, papà mi chiamava Cassandra. Non lo faccio per sport, né ne sono consapevole. Avevo la sensazione di qualche cosa di terrificante in arrivo, che si distaccava dall'abituale modo di vivere di una famiglia che, da quando ha memoria, sa che qualcuno può essere ucciso, o tutti, o alcuni, o una parte, dipende dalle circostanze.
  Il 15 marzo Luca era rimasto a dormire a casa dei miei genitori. Il 15 marzo mattina ho fatto l'ultima foto a papà, che, a Dio piacendo, sarà copertina del libro che Luca ha scritto per il centenario della nascita di papà. Ho fatto una foto, per finire un rullino, a papà che faceva colazione e a Luca tutto vestito perché si erano rotti i riscaldamenti in casa. Poi sono andata a dormire a casa mia e Luca è rimasto dai nonni.
  Il 16 marzo mattina Luca era dai nonni e io, che non potevo camminare – erano già mesi che avevo l'ernia del disco e non potevo più camminare – ho attraversato il cortile tra queste due case in un modo proprio anomalo. Ci ho messo venti minuti a fare forse 50 metri, con il terrore che papà uscisse insieme a Luca. Avevo proprio un imperativo categorico kantiano che diceva «no, assolutamente no non può uscire con papà oggi, assolutamente no». Luca usciva sempre col nonno, erano contenti entrambi. Sono arrivata mentre papà stava uscendo con Luca e l'ultima cosa che ho fatto per mio padre è stata strappargli questo bambino in modo molto scortese, come sono io, quando sono spaventata. Papà insisteva e diceva: «Ma vedi che non puoi camminare neanche se ti appoggi a qualcosa ? Te lo riporto dopo la Messa». E io: «No, no, assolutamente no. Non puoi, non puoi». Poi tutti e due abbiamo smesso questa discussione. Mi ha guardato, ci siamo guardati. Papà ha capito che cosa pensavo io e io ho capito che lui aveva capito. Allora non ha più insistito e se n’è andato con quel suo solito sorriso mesto. Luca, minuscolo, gli ha detto «Bai via !» per difendere me, mentre in genere si salutavano per delle mezz'ore.
  Dopo, a un certo punto, Luca ha ritenuto di avere mandato effettivamente via il nonno, di essere stato lui a mandare via il nonno. Questo è venuto fuori mesi dopo. È stata una cosa di una drammaticità terribile. Chiedeva sempre di Leonardi. A un certo punto, forse una settimana dopo, ha detto: «Lo zio Ardi è andato da Gesù ?». Gli abbiamo risposto di sì. Del nonno, invece, non ha parlato fino all'estate seguente quando ha dichiarato: «L'ho morto io il nonno».
  Io ho fermato papà sulla porta e gli ho strappato questo bambino. Anche se lui ha capito, per sempre mi dispiacerà di avergli dato un dolore aggiuntivo, perché era la luce dei suoi occhi e la sua unica felicità.Pag. 8
  Di Leonardi abbiamo detto, della scorta abbiamo detto, di Luca abbiamo detto. Che altro ?

  PRESIDENTE. C'erano quelli che stazionavano in casa.

  MARIA FIDA MORO. Questa è la cosa più terribile. Qui mi dispiace, ma devo secretare, perché devo dire delle cose veramente terribili, che non ho mai detto.

  PRESIDENTE. Proseguiamo in seduta segreta. Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo.
  (I lavori proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Una domanda più semplice: quali erano i rapporti della famiglia con don Mennini ?

  MARIA FIDA MORO. Io so che papà e don Mennini erano molto amici, perché papà frequentava la chiesa di piazza della Balduina, che mi sembra si chiamasse San Pio X. In questa chiesa c'era, credo, come viceparroco don Mennini. Papà faceva spesso delle riunioni anche con i suoi studenti presso questa chiesa. Era un suo caro amico. Papà aveva come amici questi ragazzi giovani che seguiva, ma di cui, in realtà, ascoltava molto bene le parole per riuscire poi a capire dove andava il mondo. Sembra un'annotazione stupida, ma papà riteneva che, per esempio, andare al cinema e ascoltare la gente giovane fossero due modi per capire l'andamento del mondo proprio del mondo. Quindi, non si perdeva i film, anche quelli brutti, per poi farsi un'idea.
  Don Mennini l'ho conosciuto, ma l'ho conosciuto dopo.

  PRESIDENTE. Dopo le vicende.

  MARIA FIDA MORO. Sì, quando è tornato dall'Africa con un uovo di struzzo che ha regalato a Luca e che abbiamo ancora. Non so i meandri eventuali...

  PRESIDENTE. Questo ci basta.

  MARIA FIDA MORO. Ho letto, perché anch'io ho letto, ma l'ho conosciuto – almeno ne ho coscienza così – nel dopo, non nel prima. Lo sentivo nominare molte volte.

  PRESIDENTE. Dalla mamma ?

  MARIA FIDA MORO. Dalla mamma, ma soprattutto da papà, perché papà era proprio legato a questo ragazzo giovane e molto gentile.

  PRESIDENTE. Torniamo un attimo a Febbraio 1974. Al di là della questione di chi c'era dietro, che diventa più complessa, quali possono essere stati gli indirizzi che possono aver gravato sulla mamma, a parte il vostro allontanamento, suo e di Anna ?
  Proseguiamo in seduta segreta. Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo.
  (I lavori proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GERO GRASSI. Mi rendo conto che le tematiche emerse sono di una delicatezza unica. Non voglio infierire, ma ovviamente ci sono degli spunti, anche connessi all'attività della Commissione, che mi inducono a porre alcune domande.
  Non so se i componenti della Commissione hanno letto la trascrizione del colloquio Spadolini-Cossiga e il commento di Spadolini del 1991 a seguito degli incontri tra Spadolini ed Eleonora Moro (uno) e tra Spadolini e Giovanni Moro.
  Non so nemmeno se lei conosce questa vicenda, ma questa vicenda – faccio una sintesi, non solo per motivi di brevità, ma anche di dolore – nasce perché si discute nel Paese se rendere pubbliche o no le lettere di via Monte Nevoso. Parte da lì. Spadolini, presidente del Senato, incontra Pag. 9prima la mamma e poi il fratello di Maria Fida Moro. Nel colloquio Spadolini-mamma si parla, ovviamente, della vicenda Moro. L'aspetto che mi colpisce...

  PRESIDENTE. Dobbiamo proseguire in seduta segreta, se deve parlare di questo, perché la documentazione alla quale fa riferimento è classificata.
  Passiamo in seduta segreta. Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo.
  (I lavori proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  ANTONIO DISTASO. Saluto la senatrice Moro e il figlio Luca. Mi è rimasta soltanto una domanda e sarò brevissimo. Le altre due le cito per titoli perché sono già venute fuori; riguardano una l'episodio di via Trionfale, quindi credo anche con le conseguenze a cui siamo giunti – mi pare in maniera condivisa – e l'altra il gruppo Febbraio 74 e anche il manifesto, cosiddetto, citato prima, delle politiche del 1976. Quindi le do per acquisite. Rimane un episodio collegato nella mia memoria il cui unico riscontro fu una chiacchierata che feci – io sono di Bari – col professor Dell'Andro. Mio padre è stato assistente sia di suo padre, signora Moro, sia del professor Dell'Andro, sia di diritto penale sia di filosofia del diritto.

  MARIA FIDA MORO. Col professor Dell'Andro ho fatto un esame.

  ANTONIO DISTASO. Ho questo ricordo impresso. In una deposizione sua madre, non so in quale processo Moro, narra della famosa frase di Paolo VI che chiedeva di liberare Moro. Mi ricordava proprio Dell'Andro che qualcuno fece aggiungere al Papa due parole: «Senza condizioni». Su questo episodio, in particolare, che è noto (viene fuori da una deposizione processuale, non dico niente di nuovo) le chiedo semplicemente se lei ha qualche ulteriore elemento di conoscenza diretta o indiretta, che può essere utile a questa Commissione, riguardo al fatto che qualcuno sia intervenuto sul papa e gli abbia chiesto di aggiungere le parole «senza condizioni» alla richiesta di liberare Moro.

  MARIA FIDA MORO. Dovrei rispondere «non lo so», ma mi baso su due cose. In primo luogo, papà, che non esprimeva giudizi, scrive: «Il Papa ha fatto pochino». Per me le lettere di papà sono scritte da lui perché nessuno era in grado di scrivere al suo posto, neppure la mamma.
  Mi baso poi sulla lettura attenta di un autore inglese che si diletta a cercare i meandri nella storia del mondo, che si chiama David Icke. Scrive anche tante cose fantomatiche, ma aveva dedicato in uno dei suoi primi libri due pagine al sequestro Moro. Lui sostiene addirittura – l'ho solo letto, quindi relata refero – che il povero Paolo VI per un periodo sia stato tolto e sia stato sostituito da un sosia. Io non arrivo a questo, ma che le pressioni...
  Vi invito ad andare a leggere David Icke, se vi divertono le cose proprio molto particolari. Lui parte da Yalta e racconta la storia del mondo in base ai conflitti di potere, documentando però, mettendo nomi, cognomi, indirizzi e fonti. Di storia non so nulla, sono ignorantissima e non mi appassiona particolarmente, ma Icke sostiene che il Papa non solo fu prevaricato, ma, a un certo punto, fu anche accantonato. Lo dice David Icke, giornalista inglese famoso.
  A me non stupisce affatto. Il potere era potentissimo. Per zittire la mamma...

  ANTONIO DISTASO. Scusi, ma la domanda riguarda quanto risulta a lei direttamente.

  MARIA FIDA MORO. «Il Papa ha fatto pochino», detto da papà, che era amico intimo di Papa Montini dai tempi della FUCI... Erano insieme da ragazzi e, quindi, si volevano bene e si stimavano reciprocamente. Se papà scrive: «Il Papa ha fatto pochino»... Se poi il Pontefice l'ha fatto perché l'hanno obbligato o gli hanno cambiato le carte in tavola, non sono io che lo so. Mi spiace di non saperlo.

Pag. 10

  GERO GRASSI. C’è un carteggio tra Paolo VI e Andreotti che spiega tutto questo.

  CLAUDIO COMINARDI. Innanzitutto chiedo scusa per la voce, ma fatico a nascondere l'emotività per tutto quello che ho sentito fino adesso.
  Ci tenevo a precisare un'altra cosa. Lei è venuta qui spontaneamente, ma il nostro Gruppo ci teneva particolarmente ad averla qui. Difatti era nell'elenco delle nostre persone da audire. Finalmente l'abbiamo qui, con grande soddisfazione.
  Ho sentito e letto più interviste sue in cui parla dell'importanza del valore della mediazione, di cui suo padre era grande interprete. Secondo me, a volte, quando si parla di compromesso, spesso questa parola si presta ad accezioni non proprio positive, diverse. Forse bisognerebbe fare anche chiarezza rispetto a questo valore, che manca sempre di più, nel senso profondo del termine. Vorrei capire quanto, secondo lei, ha pesato. Ovviamente, questa può sembrare una domanda retorica e banale, se vogliamo, perché molte teorie dicono che, se suo papà è stato rapito ed è successo tutto quello che è successo, è a causa del cosiddetto compromesso storico.
  La mia domanda è duplice. La prima è una domanda rispetto a quanto lei crede che abbia influito la sua politica in Italia e rispetto a quali questioni in particolare. È chiaro, c’è l'apertura verso i socialisti, ma, oltre a questa cosa, nello specifico, qual era la preoccupazione più intrinseca interna ?
  Arrivo poi a una questione che mi è molto cara personalmente, perché mi sono dedicato in questa Commissione Moro soprattutto a una vicenda, la vicenda Kissinger. Le assicuro che ne ho fatte di tutti i colori per riuscire a portare direttamente Henry Kissinger qui. Lei sa bene, per le varie testimonianze giurate di sua madre e del collaboratore ventennale Corrado Guerzoni, che si parlava di minacce di morte legate alla condotta politica.
  Lei ha parlato più volte di una forza oscura, di alti livelli, di forze che non sono evidenti, che non si vedono, e addirittura – citando Tina Anselmi – della P1, un livello alto che stava dietro alla P2. Vorrei giusto renderla partecipe di qual è stato il nostro sforzo per audire Kissinger e delle resistenze che abbiamo avuto. Sono a verbale. Basta che legga la relazione di metà mandato della Commissione e vedrà quanto, purtroppo, abbiamo avuto delle resistenze.
  Devo dire che il presidente Fioroni ha fatto il suo compito, perché le richieste sono arrivate alla Farnesina, ma pare che, in un certo senso, si siano bloccate lì. Nei giorni in cui abbiamo fatto richiesta di audire Kissinger, attivando tutti i canali istituzionali possibili della Farnesina e l'ambasciata americana, proprio in quei giorni lì, Kissinger ha incontrato all'American Academy di Berlino Giorgio Napolitano per il premio Kissinger, con la presenza del Ministro Gentiloni, che non gli ha detto nulla. Proprio in quelle ore io facevo di tutto per contattare direttamente addirittura Napolitano per trovare vie traverse.
  Ne abbiamo provate in ogni modo, al punto tale da andare personalmente fuori dal meeting del Club Bilderberg del 2015 per dare testimonianza della nostra presenza lì. Ad oggi ancora non abbiamo alcuna risposta diretta.
  Recentemente, il presidente Fioroni ha reiterato la richiesta, proponendo anche...

  PRESIDENTE. La teleconferenza.

  CLAUDIO COMINARDI. Abbiamo provato veramente di tutto. Volevo sapere da lei se in famiglia le è mai capitato di percepire quanto alcuni poteri, come Kissinger stesso, che era Segretario di Stato allora e, quindi, aveva il suo peso politico ed è un premio Nobel per la pace...

  MARIA FIDA MORO. Per la pace al contrario.

  CLAUDIO COMINARDI. Al contrario, visto che è uno dei mandanti, quanto meno morali, dell'assassinio di Salvador Allende, democraticamente eletto in Cile. Quanto, secondo lei, potrebbe avere delle Pag. 11responsabilità, se ne ha mai sentito parlare anche in famiglia in qualche modo, o comunque quanta potrebbero averne quei poteri dell'asse occidentale ?

  MARIA FIDA MORO. È stato veramente molto gentile. So che questo non è secretato, ma lo dico lo stesso. Sulla mediazione voglio dire una cosa delle Brigate Rosse, forse l'unica che negli anni i brigatisti mi hanno detto riferita a papà, cioè che avrebbe potuto salvarsi da solo. Doveva fare delle ammissioni... Non me lo sono fatto spiegare, perché non lo voglio proprio sapere, ma sono convinta che mio padre potesse salvarsi da solo, ove avesse deciso di abiurare lo Stato. Bisogna tenerne conto.
  In secondo luogo, qual era il vero nodo ? Il vero nodo era l'Europa, di cui fa parte l'Italia, che in quel momento era l'ultimo Paese del blocco occidentale. È successa quasi la stessa cosa a Berlinguer altrove. Quindi, il nodo era l'Europa, la politica europea, un'Europa efficiente, non indifferente, forte, autorevole ma non autoritaria, che facesse da sponda fra questi due. Non ce la possiamo immaginare com’è oggi, bisogna ritornare indietro a com'era allora. C’è il «maestro» Gotor che ci potrebbe parlare della storia. L'Europa mazziniana era nell'idea di Moro. Io, Maria Fida, credo che sia stato ucciso per la sua politica europeista, di cui il compromesso storico faceva parte, ma non era certo il punto chiave.
  Delle altre persone, se andiamo in seduta segreta, vi dico una cosa terribile.

  PRESIDENTE. Proseguiamo in seduta segreta. Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo.
  (I lavori proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  ERNESTO PREZIOSI. Grazie per l'audizione. Vorrei solo sapere una cosa. Mi pare interessante, anche se non centrale, ma magari solo marginale, la presenza che lei ha sottolineato del movimento Febbraio 74. Le chiedo se nelle precedenti inchieste che sono state fatte sul caso Moro questa presenza sia stata in qualche modo monitorata e se sia venuta fuori in qualche maniera.
  Inoltre, poiché in quegli anni, post 1968, quello che nasce nell'area cattolica anche con un segno di novità e di apertura alla dimensione sociale e terzomondista si piega, come posizione, e viene infiltrato largamente dai servizi segreti, non solo italiani – questo è vero anche per altri movimenti anche più famosi, che conosciamo tutti – vorrei chiederle se su questo c’è qualche cosa di recuperabile anche nel monitoraggio che la DIGOS...

  PRESIDENTE. Abbiamo già appurato che le BR nascono infiltrate. Vorremmo capire se sia uno dei movimenti che sono stati monitorati o se ha avuto rapporti con i Servizi, perché questo potrebbe in qualche modo collimare con le dichiarazioni prima fatte dalla signora Moro.

  ERNESTO PREZIOSI. Questo a Milano sarebbe capitato per altri movimenti famosi in maniera evidente.

  MARIA FIDA MORO. Io non lo so. Chiedo a voi, che siete la Commissione di inchiesta sul caso, l'ultima Commissione possibile... Non intendo che siate gli ultimi, ma è improbabile che si facciano ancora altre cose sul caso Moro. Quindi, voi siete l'ultima spiaggia del caso Moro nella sua interezza. È per questo che ho deciso di venire qui e dire delle cose anche molto delicate e rischiose. Qualcuno, però, le doveva pur dire. Io non lo so, ma non mi stupirei affatto.

  PRESIDENTE. Ci ha fornito le risposte prima e le abbiamo chiare. Verificheremo.

  MASSIMO CERVELLINI. Ringrazio per la disponibilità davvero straordinaria, che aiuta anche chi ha conoscenze e ha seguito il caso. Per esempio – ammetto la mia ignoranza – io attribuisco, oltre che ad alcune considerazioni di coloro che mi hanno preceduto, che non ripeto, una Pag. 12straordinaria importanza anche alla vicenda che lei ha ricordato del rapimento del figlio di De Martino.

  MARIA FIDA MORO. È molto importante.

  MASSIMO CERVELLINI. Per mia ignoranza non collegavo. Ovviamente, non pretendo che possa avere ricordi rispetto ai prigionieri che godettero... e che poi furono riassicurati alla giustizia, ma le chiedo se ricorda i riferimenti criminali, se terroristici o di organizzazioni criminali mafiose o camorristiche. Comunque – e finisco – indipendentemente dalla risposta che darà, credo che questa Commissione si debba impegnare per cercare di avere il massimo dell'informazione su quella vicenda rispetto a quali prigionieri furono liberati, ancorché poi riassicurati alla giustizia. Se ci può aiutare in questo senso, sarebbe prezioso.

  MARIA FIDA MORO. Credo che fossero della zona della camorra, ossia della criminalità organizzata, non terroristi. Non ho idea se il figlio di De Martino sia ancora vivo. Non ho idea se questa persona rapita sia viva e vegeta e se vi possa lui stesso raccontare. Gliel'avranno detto: «Sei stato liberato. Se non ci fosse stato Moro, saresti stato perduto». Non lo so, ma potrebbe essere una fonte. Non lo so. Credo che fossero di organizzazioni criminali comunque.

  PRESIDENTE. Ho un'ultima domanda. Durante il periodo di prigionia dei 55 giorni ha inteso dire mai a casa se siano stati recapitati risposte od oggetti a Moro in prigionia dai «postini» ?

  MARIA FIDA MORO. Ho dedotto un paio di cose dalle due volte che mi è capitato di parlare con i brigatisti e loro si sono lasciati uscire una favilla del caso Moro. Una era Moro che si sarebbe potuto salvare da solo, se avesse voluto, il che è terribile, se ci pensate bene. L'altra è che gli avevano dato una Bibbia, su sua richiesta. Gli avevano dato una Bibbia e medicine.

  PRESIDENTE. Loro direttamente.

  MARIA FIDA MORO. Sì, i brigatisti.

  PRESIDENTE. Non erano state mandate da voi ?

  MARIA FIDA MORO. No, che io sappia non da noi. Se poi, al solito, la mamma ha trovato una strada, questo non lo so. Vi dico queste due cose che mi hanno riferito i brigatisti.

  PRESIDENTE. Bene. Prima di concludere, passiamo brevemente in seduta segreta.
  Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo.
  (I lavori proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Ringrazio Maria Fida Moro e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.50.