XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro

Resoconto stenografico



Seduta n. 52 di Mercoledì 7 ottobre 2015

INDICE

Comunicazioni del presidente:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 

Sulla pubblicità dei lavori:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 

Variazione nella composizione della Commissione:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 

Audizione del dottor Sergio Dini e del dottor Benedetto Roberti, sostituti procuratori della Repubblica presso il tribunale di Padova:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 4 
Roberti Benedetto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 5 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 6 
Roberti Benedetto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 6 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Roberti Benedetto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Roberti Benedetto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8 
Roberti Benedetto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 8 
Dini Sergio , Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 8 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 9 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 9 
Roberti Benedetto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Roberti Benedetto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 10 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 10 
Roberti Benedetto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 10 
Roberti Benedetto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 10 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Roberti Benedetto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 11 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 12 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 14 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 14 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 14 
Roberti Benedetto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 15 
Roberti Benedetto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 15 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Lavagno Fabio (PD)  ... 16 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 16 
Lavagno Fabio (PD)  ... 16 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 16 
Lavagno Fabio (PD)  ... 16 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 17 
Lavagno Fabio (PD)  ... 17 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 17 
Grassi Gero (PD)  ... 17 
Roberti Benedetto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 17 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Grassi Gero (PD)  ... 17 
Roberti Benedetto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 17 
Grassi Gero (PD)  ... 17 
Roberti Benedetto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 17 
Grassi Gero (PD)  ... 17 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Grassi Gero (PD)  ... 17 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Roberti Benedetto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Roberti Benedetto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Roberti Benedetto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 18 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Dini Sergio , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 18 
Roberti Benedetto , sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova ... 19 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE FIORONI

  La seduta comincia alle 14.35.

Comunicazioni del presidente.

  PRESIDENTE. Comunico che nel corso dell'odierna riunione, l'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha convenuto:
   di affidare al generale Scriccia e al maresciallo Pinna l'incarico di procedere alla selezione e acquisizione della documentazione richiesta dalla Commissione ad alcune agenzie di stampa;
   di incaricare il RIS di Roma di svolgere alcuni accertamenti tecnici sulla documentazione video e fotografica in corso di acquisizione;
   di svolgere alcuni approfondimenti istruttori concernenti la strage di via Fani, delegando i relativi adempimenti alla dottoressa Picardi, al generale Scriccia e al maresciallo Pinna;
   di autorizzare lo svolgimento di due missioni: la prima del colonnello Pinnelli e del luogotenente Boschieri, in Lombardia, e la seconda, della dottoressa Picardi, del generale Scriccia e del maresciallo Pinna, a Napoli;
   di affidare, previa acquisizione del consenso dell'interessato e completamento della prescritta procedura di autorizzazione, un incarico di collaborazione a titolo gratuito e a tempo parziale al dottor Paolo D'Ovidio, sostituto procuratore in servizio presso la Procura della Repubblica di Roma.

  Comunico, inoltre, che:
   il 5 ottobre il generale Scriccia ha depositato una relazione di libera consultazione e il verbale riservato dell'escussione di una persona informata dei fatti;
   sempre il 5 ottobre il generale Scriccia e il maresciallo Pinna hanno depositato il verbale – di libera consultazione – dell'acquisizione di documentazione fotografica presso un quotidiano e una nota – anch'essa di libera consultazione – concernente l'esecuzione di un incarico ricevuto;
   il 6 ottobre il dottor Donadio ha depositato una nota istruttoria di libera consultazione concernente l'odierna audizione dei dottori Dini e Roberti;
   il 7 ottobre il generale Scriccia ha depositato il verbale – di libera consultazione – dell'acquisizione di documentazione fotografica presso un quotidiano;
   il colonnello Ripani, comandante del RIS dei Carabinieri di Roma, ha fatto pervenire per le vie brevi copia della documentazione illustrata nel corso della sua audizione del 30 settembre; tale documentazione è in parte libera e in parte segreta;
   con nota pervenuta il 1o ottobre, l'Ufficio rapporti con il Parlamento del Ministero degli affari esteri ha trasmesso documentazione libera e riservata concernente un latitante;
   con email del 2 ottobre, il dottor Monastero ha comunicato di non avere il tempo necessario per rispondere ai quesiti formulati per iscritto dopo la sua audizione del 19 marzo, scusandosi con la Commissione;Pag. 4
   il 6 ottobre è pervenuta una nota riservata del direttore dell'AISI, generale Esposito, con la quale si risponde ad una richiesta di informazioni della Commissione;
   l'Archivio storico del Senato, con nota di libera consultazione pervenuta il 6 ottobre, ha comunicato l'avvenuta declassifica di due documenti acquisiti dalla Commissione tra gli atti della Commissione Mitrokhin;
   il Ministro della giustizia Orlando, con nota pervenuta il 6 ottobre, ha trasmesso la documentazione riservata richiesta con riferimento ad alcuni detenuti e a un istituto penitenziario;
   il 6 ottobre è pervenuta, per il tramite del ROS dei Carabinieri di Perugia, documentazione riservata acquisita presso la Procura della Repubblica di Perugia;
   il 7 ottobre è pervenuto un esposto di libera consultazione del presidente dell'Anavafaf Falco Accame.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Variazione nella composizione della Commissione.

  PRESIDENTE. Comunico che la Presidente della Camera dei deputati ha chiamato a far parte della Commissione il 6 ottobre 2015, in sostituzione del deputato Andrea Romano, il deputato Giovanni Palladino. Nel ringraziare anche a nome degli altri componenti della Commissione il collega dimissionario, rivolgo al deputato Palladino un saluto di benvenuto e l'augurio di buon lavoro.

Audizione del dottor Sergio Dini e del dottor Benedetto Roberti, sostituti procuratori della Repubblica presso il tribunale di Padova.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Sergio Dini e del dottor Benedetto Roberti, sostituti procuratori della Repubblica presso il tribunale di Padova, che ringraziamo per la cortese disponibilità con cui hanno accolto il nostro invito a intervenire questo pomeriggio in Commissione.
  L'audizione di oggi si inserisce nel quadro delle attività istruttorie che la Commissione ha deliberato di svolgere per approfondire i risultati delle inchieste condotte dalla magistratura su tematiche di interesse per lo svolgimento dell'inchiesta parlamentare.
  All'inizio degli anni Novanta il dottor Dini e il dottor Roberti si sono in particolare occupati, in qualità di sostituti presso la procura militare di Padova, di un'indagine volta a verificare la sussistenza di eventuali violazioni nell'ordinamento penale militare in riferimento alla costituzione e all'operatività di reti clandestine composte da militari o da civili organizzati e coordinati da strutture militari. La loro indagine fu avviata nel dicembre del 1990 e si interruppe nel febbraio del 1992, allorché gli atti dell'inchiesta furono trasferiti dagli uffici giudiziari di Padova a quelli di Roma.
  Il dottor Dini e il dottor Roberti hanno già avuto modo di illustrare in sede parlamentare le principali evidenze emerse da tale indagine nel corso di una loro audizione dinanzi alla Commissione stragi, presieduta dal senatore Pellegrino, il 20 giugno 1995. In quell'occasione il dottor Dini fece anche un rapido cenno alla figura del colonnello Camillo Guglielmi, al suo incarico di addestratore – affidatogli dal generale Maletti – e alla sua presenza nei pressi di via Fani il 16 marzo 1978.
  Tenuto conto del tempo trascorso dallo svolgimento dell'inchiesta giudiziaria e delle conseguenti oggettive difficoltà di Pag. 5ricostruire i dettagli dell'istruttoria, penso sia utile concentrare l'odierna audizione sulle linee generali dell'indagine allora svolta e sui relativi esiti, avendo naturalmente sempre a riferimento i loro possibili riflessi sul caso Moro. In tale prospettiva invito il dottor Dini e il dottor Roberti ad approfondire cinque principali aree di interesse.
  La prima riguarda l'ambito di operatività, le finalità e le caratteristiche delle reti clandestine, il loro eventuale intervento in affari interni e nelle cosiddette politiche di controinsorgenza, nonché gli eventuali rapporti con organizzazioni criminali.
  La seconda riguarda la presenza di diversi livelli di clandestinità e l'esistenza e la completezza di elenchi di appartenenti. Questa domanda è in relazione anche alle carte che ci sono state trasmesse dal dottor Salvi.
  La terza area riguarda la costituzione e il ruolo della 7a divisione del SISMI e di eventuali precedenti analoghe strutture del SID.
  La quarta riguarda il ruolo del centro di Capo Marrargiu e il profilo degli addestratori e, ove noto, del colonnello Guglielmi. La Commissione è interessata anche ad acquisire informazioni sulle esercitazioni, sull'eventuale coinvolgimento di uomini e strutture dei cosiddetti corpi speciali, per esempio il COMSUBIN, nonché sulle dotazioni logistiche delle strutture, compresa l'eventuale disponibilità di elicotteri.
  La quinta area riguarda i collegamenti dell'indagine della Procura militare di Padova con altri uffici inquirenti, militari e ordinari, e, in particolare, i rapporti con la Procura ordinaria di Roma.
  Proprio in considerazione della complessa vicenda, chiederei sin d'ora ai dottori Dini e Roberti la disponibilità a un eventuale approfondimento scritto, se ci fossero dei profili, anche nelle domande dei colleghi, che non potessero essere trattati per ragioni di tempo. Se nel corso dell'audizione si renderà necessario, i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta.
  Vi ringrazio e vi do la parola.

  BENEDETTO ROBERTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Si tratta di argomenti che, oltre che complicati, sono anche molto vasti. Noi abbiamo acquisito migliaia di documenti accedendo direttamente alla 7a divisione del SISMI tra il 1991 e il 1992. Abbiamo sequestrato formalmente tutta la documentazione cartacea: a mano a mano la si andava ad acquisire e fotocopiare, lasciando gli originali.
  Abbiamo notato, tra l'altro, un modo particolarmente grossolano di nascondere situazioni e documenti. Abbiamo trovato documenti classificati «segretissimi» in cui si tagliava il foglio e si lasciava la finestra con poche righe. Se si ritiene di apporre un segreto, lo si appone formalmente, come la legge prescrive.
  Al di là di queste situazioni un po’ atipiche, abbiamo proceduto anche a escutere numerosi soggetti – credo un centinaio di persone – alcuni anche della famosa lista che il Presidente del Consiglio Andreotti fornì pubblicamente, i 622 cosiddetti «gladiatori», notando peraltro, alla fine dell'indagine, che quella del Governo è stata una mossa atta a tacitare un po’ la situazione, dato che dei 622 molti erano già defunti da decenni. Non si trattava di una lista aggiornata, ma dei nominativi da poter eventualmente rendere pubblici in caso di necessità, nascondendo al contempo il nocciolo duro che ancora esisteva.
  Possiamo dire che l'organizzazione Gladio, che esisteva anche in altri Paesi NATO, sarebbe stata perfettamente legittima, se si fosse mantenuta ancorata ai fini per cui era stata costituita. Nessuno può discutere la sua importanza, soprattutto nel periodo della «guerra fredda», negli anni Cinquanta e Sessanta. C'era una rete clandestina di cui facevano parte ex militari o anche civili cooptati tramite i SIOS, previo accertamento della loro idoneità, sicurezza e affidabilità. Essi dovevano operare clandestinamente in caso di invasione, soprattutto del Triveneto, da parte delle truppe del Patto di Varsavia, fare attività di propaganda, in modo da rafforzare il senso di appartenenza alla nazione, Pag. 6svolgere attività di esfiltrazione di personaggi importanti, in modo da portarli all'estero e creare una situazione di ripristino dello Stato legittimo, nonché attività di spionaggio e di controspionaggio.
  Su questo nessuno discute. È vero, però, anche che noi abbiamo visto che, in realtà, quelle reti clandestine sin dall'inizio erano all'interno del Servizio e che non erano state poste assolutamente a conoscenza né del Presidente del Consiglio dei ministri e del Governo né del Parlamento.
  Si è notato che non era assolutamente vero quanto si diceva quando è stata pubblicata la lista dei 622, ossia che ci fosse una copertura NATO. La rete italiana, la cosiddetta Gladio, aveva riferimento diretto e dipendenza dalla CIA americana, ma anche dagli altri servizi di intelligence collaterali, vale a dire che c'era una dipendenza diretta dalla CIA americana e c'erano riunioni anche con gli altri servizi, francesi, inglesi, belgi, che io ricordi io. C'era, però, una dipendenza direttamente dal Servizio.
  Questo l'abbiamo notato alla fine, perché ci siamo anche premurati di usufruire di consulenza tecnica per determinare la classificazione dei documenti. Dalle modalità con cui i documenti sono classificati si intuisce, infatti, se il documento è NATO. La massima classifica di un documento, il «segretissimo nazionale», corrispondeva al «NATO Cosmic», all'epoca; adesso non so.
  Ebbene, non c'era alcun documento attinente la Gladio che avesse tale classifica. Tutti i documenti che noi abbiamo sequestrato o acquisito avevano la classifica «nazionale». Perché un documento «NATO Cosmic» passi dallo SHAPE (Supreme Headquarters Allied Powers Europe), che si trova in Belgio, all'organo nazionale, deve passare da un punto di controllo NATO Cosmic. I documenti di quella organizzazione non passavano assolutamente al punto di controllo, che doveva essere all'Ufficio centrale sicurezza della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  Pertanto, questo fa già intuire che tale rete operava a livello di servizi di intelligence; in particolare, la nostra dipendeva dai servizi americani. Noi avevamo sentito, se non sbaglio, un generale – non ne ricordo il nome – che ci disse che era stata la CIA a comprare il terreno di Capo Marrargiu e a fornire, anno per anno, il finanziamento per l'operatività. Era dipendente totalmente dalla CIA. Il Governo italiano negli anni Cinquanta non ci ha messo niente. La CIA ha acquistato il terreno per costituire la rete italiana cosiddetta Gladio.

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Era il generale Tagliamonte, del SIFAR.

  BENEDETTO ROBERTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Era il generale Tagliamonte, sentito da noi, che ci ha detto questo. All'epoca direttore del SIFAR era il generale De Lorenzo.
  Che cosa possiamo dire ? Se io dovessi esprimere il mio pensiero in base alla documentazione e alle decine e decine di acquisizioni testimoniali, potrei dire che, al di là delle finalità perfettamente condivisibili, su cui mi sono soffermato prima, in realtà quell'organizzazione è stata poi utilizzata per altre finalità, probabilmente non totalmente ortodosse, o che, se lecite, avrebbero dovuto essere autorizzate dal potere politico, dal Presidente del Consiglio dei ministri. Questo abbiamo visto sin dall'inizio e negli anni Novanta, quando abbiamo disposto i sequestri.
  Mi spiego meglio. Noi abbiamo notato che sin dall'inizio la CIA premeva – ci sono i documenti, che noi abbiamo letto – per far sì che quella organizzazione si attivasse anche in situazioni di conflittualità interne al Paese, ovverosia per controllare soprattutto i partiti della sinistra, ovviamente in primis l'allora Partito Comunista Italiano, con attività di controllo e schedatura di personale, persino di preti. La finalità era far sì che la struttura potesse intervenire anche in caso di conflittualità interna del Paese, nell'ambito di lotte sindacali e conflittualità nell'ambiente di lavoro.Pag. 7
  A mano a mano queste pressioni della CIA per far sì che la rete Gladio venisse utilizzata anche per tali finalità le abbiamo dedotte anche dall'aver scoperto, per esempio, il documento Operazione Delfino, un'operazione che possiamo definire in vitro. Era in vitro, ma si è tenuta realmente, credo per una quindicina di giorni – mi ricordo che era nel 1966 – nella zona che va da Monfalcone e Sistiana a Trieste. L'operazione aveva come tema «insorgenza e controinsorgenza» e si divideva, se non ricordo male, in tre fasi.
  Innanzitutto, come premessa, quando noi abbiamo trovato i documenti, abbiamo visto che nell'esercitazione erano autorizzati a operare come osservatori anche membri della CIA, se non ricordo male, pur non facendo parte attiva dell'organizzazione. L'operazione era diretta da Forte Boccea, sede all'epoca della SAD, ossia della Sezione addestramento, Ufficio R. Era organizzata da Forte Boccea e ha operato nel Triestino.
  La questione che subito ci ha fatto drizzare le antenne era che c'era una situazione politica che stava andando alla deriva soprattutto in quel territorio.
  Il primo punto era il Concilio Vaticano II. C'era scritto, in pratica, che il Concilio Vaticano II aveva rotto anche alcuni equilibri. Non c'era più il rispetto della gerarchia ecclesiastica. Poi si parlava del Partito Comunista Italiano nelle zone del Triestino e di ambienti sindacalisti in cui si sarebbe infiltrata, mi sembra, gente che veniva da fuori, dalla Slovenia, con lotte sindacali e il pericolo che le forze di sinistra arrivassero al potere. Di lì a poco credo che si dovessero tenere le elezioni amministrative, con problematiche di conflittualità tra italiani e sloveni.
  Si ipotizzava, in pratica, che le forze della sinistra prendessero il sopravvento, magari rafforzate da autorità estere. Pertanto, c'era il problema di affrontare questa insorgenza con la controinsorgenza e, quindi, con propaganda e con azioni anche di provocazione, quali l'inserimento nei cortei di manifestanti e dei lavoratori, intese a far sì che la polizia intervenisse. Si trattava palesemente di un'operazione non deputata alle finalità istituzionali per cui la rete era stata creata.
  L'utilizzo per finalità interne si è manifestato in modo esplicito negli anni 1972-73, se non ricordo male. Ne abbiamo avuto conferma dai documenti, ma soprattutto perché abbiamo sentito a sommarie informazioni il generale Serravalle, che all'epoca dirigeva l'Ufficio R della SAD. La rete Gladio era proprio sua.
  Serravalle dipendeva organicamente dal colonnello Fortunato, capo dell'Ufficio R. Esisteva all'epoca l'Ufficio D (controspionaggio). Siamo all'epoca del SID, col generale Miceli, mi sembra. C'era anche Ambrogio Viviani al controspionaggio. Maletti era responsabile dell'Ufficio D e Miceli era il direttore del SID.
  Serravalle ci ha detto che era la CIA che premeva affinché la rete Stay Behind, ossia Gladio, venisse utilizzata per quelle finalità.
  Nonostante l'opposizione del collega Fortunato, capo dell'Ufficio R, e del generale Serravalle stesso, l'Ufficio D prevalse. Che cosa si fece, allora ? Si fece sì che membri effettivi dell'Ufficio D, non deputati neanche a conoscere l'esistenza di questa rete, venissero a essere addestrati a Capo Marrargiu, che teoricamente era un centro addestramento guastatori a esclusivo uso della rete clandestina.
  Ci sono stati diversi addestramenti di particolare importanza per il contenuto programmatico, non solo teorico, ma anche pratico, a Capo Marrargiu dalla fine del 1972 quanto meno a tutto il 1973, confermati peraltro dal generale Serravalle, al di là dei documenti, che esistono. In quegli addestramenti membri effettivi dell'Ufficio D venivano addestrati all'utilizzo di tutti gli esplosivi convenzionali e non convenzionali e di tutto ciò che la tecnica aveva approntato, con esperimenti pratici all'utilizzo di esplosivi. Io non sono un tecnico, ma si andava dalle micce alle matite esplosive, all'utilizzo di esplosivo al plastico, a verificare gli effetti dell'esplosivo sul calcestruzzo, sul ferro, sui ponti ferroviari. Addirittura si addestravano anche Pag. 8a far saltare le reti ferroviarie, vagoni ferroviari compresi. Quelle erano le esercitazioni a Capo Marrargiu.
  Ricordo che avevamo notato che c'erano le relazioni del capo dell'Ufficio R al capo dell'Ufficio D che riferivano sulla positività di quegli addestramenti e asserivano anche che forse era il caso di far sì che il personale che si era specializzato si specializzasse ancor di più, continuando a frequentare quei corsi.

  PRESIDENTE. Ci sono solo le dichiarazioni del generale Serravalle o ci sono anche documenti inerenti quel singolare addestramento in cui si facevano saltare vagoni ?

  BENEDETTO ROBERTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Ci sono i documenti.

  PRESIDENTE. Quei documenti oggi dovrebbero essere tutti nella disponibilità della Procura di Roma.

  BENEDETTO ROBERTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Sì. Visto che lei, presidente, accennava alla presenza di un certo colonnello Guglielmi, io ricordo a memoria che c’è un documento di una paginetta e mezza, all'epoca del SIFAR o all'inizio del SID, in cui risulterebbe che Guglielmi abbia forse, come membro effettivo del reparto D, ossia del controspionaggio, partecipato a un corso di siffatta natura a Capo Marrargiu. Questo, però, avveniva nel 1965, cioè prima del periodo 1972-73 di cui parlava Serravalle. Nel 1965 l'allora capitano Guglielmi partecipò, assieme ad altri, a quei corsi. Ricordo Mannucci Benincasa e Romagnoli. Noi sentimmo anche il colonnello Romagnoli, che, con notevoli reticenze, forse confermò. Del resto, i documenti parlavano. Erano tutti membri dell'Ufficio D, non cittadini reclutati nelle reti clandestine, ma membri dell'Ufficio D. Diciamo che era la CIA, ci dice Serravalle, il quale non poteva non saperlo, perché ciò fu oggetto di discussioni e di un suo contrasto con il generale Maletti. C'era questa contrapposizione di vedute. In pratica poi loro dovettero cedere.

  PRESIDENTE. Giacché ne ha parlato, l'unica traccia che ha di Guglielmi, quindi, è che fece l'addestramento, non nel 1972-73 ma nel 1965 – non sappiamo se facessero saltare vagoni allora – per svolgere attività di natura interna e non esterna.

  BENEDETTO ROBERTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Sì, nel 1965. C'era un elenco. Purtroppo, io dico che erano anche grossolani. A che cosa serve lasciare un promemoria «Elenco del personale dei Servizi che va a Capo Marrargiu», cioè della gente estranea ? C’è tutto l'elenco, dal generale De Lorenzo, che si reca in visita... Sono andati lì in visita anche – erano citati – il Presidente del Consiglio dei ministri e altri. Non so se a loro sia stata rappresentata la situazione, non ne ho idea. C'era anche un elenco del personale dell'Ufficio D. Forse il collega ricorda qualcos'altro di Guglielmi.

  SERGIO DINI, Sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Per quanto riguarda Guglielmi, come diceva il collega, nel 1965 partecipò alla prima esercitazione di personale dell'Ufficio D a Capo Marrargiu. Non c’è solo la citazione «Guglielmi presente a Capo Marrargiu», ma ci sono diversi documenti in cui viene indicato esattamente il programma del corso e, giorno per giorno, quello che è stato fatto. Si andava appunto da tecniche di imboscata e guerriglia urbana a tecniche di trappolamento ed esplosivi su materiale ferroviario, come ha detto anche il collega.
  Sono due le fasi in cui il personale dell'Ufficio D va a Capo Marrargiu: nel 1965-66 ci sono, mi sembra, quattro corsi, a uno dei quali partecipa Guglielmi; nel 1972-73 se ne tengono altri con le stesse caratteristiche e lo stesso tipo di programma, ossia guerriglia urbana, bottiglie incendiarie, tra l'altro, cariche esplosive su Pag. 9materiale ferroviario, tecniche di sovversione, propaganda, tutto ciò che riguardava attività di carattere interno, di guerra interna.
  Nel 1965-66 quel tipo di addestramento sembra un po’ prematuro rispetto a determinate esigenze: il 1968 era di là da venire. Un dato tipo di problematiche è nato successivamente. Anche nel 1972-73 talune manifestazioni erano ancora di là da venire.
  Ci sono i programmi dei corsi. La documentazione c'era. Non ci sono, quindi, solo le parole di Serravalle per il periodo 1972-73.

  PRESIDENTE. Vedremo quello che è rimasto.

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Quello che è rimasto, se c’è, è molto indicativo, perché è molto dettagliato. Questo con riferimento a Guglielmi e all'Ufficio D.
  Mi riallaccio un attimo a una cosa che ha detto il collega sull'imperfezione degli elenchi. Presidente, noi abbiamo riesumato un documento. Noi all'epoca abbiamo mandato un documento alla Commissione stragi e al Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti poco tempo dopo l'avvenuta sottrazione – diciamo così – dell'inchiesta. Avevamo la memoria più fresca.

  PRESIDENTE. Ce lo lascia ?

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Sì, ve lo consegniamo. È quasi l'originale, diciamo così. Mancano solo le firme.
  Per quanto riguarda l'approssimazione degli elenchi, per esempio, nel documento noi avevamo già indicato una serie di anomalie, al di là del fatto dei 50 morti fra i 622.

  PRESIDENTE. Mi soffermo su questo punto perché, nelle varie fasi di elencazione, noi siamo particolarmente interessati alle manipolazioni effettuate dopo il 1978 e nell'ultima parte del 1990, se manipolazioni ci sono state.

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Manipolazioni ci sono state di sicuro, al di là dei dati eclatanti che riferiva il collega, quali il ritaglio per togliere il nome. Che ci sia stata una sorta di epurazione di quegli elenchi e di quegli archivi è sicuro, perché alla fine, andando a guardare la documentazione, si trovano imperfezioni e contraddizioni.
  Tanto per dirne qualcuna, al di là, ripeto, dei 45 morti e dei 50 che non si erano mai accorti di essere entrati in Gladio, che erano uno il fratello di un «gladiatore» e una la moglie di un altro «gladiatore» – tanto che sembravano proprio dei nomi messi lì per pompare il numero da presentare – per esempio in un documento del 22 ottobre 1959 si dice: «Abbiamo fatto già, fino a oggi, 21 corsi, per un totale di 131 elementi». Se si va a vedere, a quella data dei 622 gladiatori ufficiali ne risultavano solo 60. Com’è che negli elenchi ufficiali ci sono 60 reclutati nel 1959 e, invece, c’è un altro appunto che dice: «Fino a oggi ne abbiamo già 131» ? Allora ce ne sono 71 che non si sa che fine abbiano fatto.
  C’è poi un'esercitazione fatta nel Lazio, con dei nomi. Si dice che «hanno partecipato Armando, Sandro, Maurizio, Filippo, Vincenzo, Gianni e Giulio». Se si va a vedere la struttura laziale che ha partecipato a quella esercitazione, si nota che cinque nomi ci sono, ossia Sulpizi Vincenzo, Pauer Giulio, Degni Armando, De Marsanich Filippo, Rossi Giovanni, ma mancano Maurizio e Sandro, che invece di sicuro a quella esercitazione avevano partecipato. Chi sono questi Maurizio e Sandro ? Non si sa.
  Ci sono diversi documenti. In Alto Adige la versione ufficiale è che in tutto in quell'unità di pronto impiego, chiamata Primula, dovevano essere un dato numero. In realtà, anche qui risulta che in data molto precedente fossero già di più rispetto ai «gladiatori» ufficiali altoatesini Pag. 10palesati. Sicuramente c’è stata una serie di epurazioni, che però hanno lasciato queste contraddizioni interne nella documentazione. Andando a guardarle, se si avrà la fortuna di ritrovare quella documentazione, saranno evidenziabili.

  BENEDETTO ROBERTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Io ricordo che questo utilizzo per finalità di carattere interno è andato avanti nel tempo e si è organicamente rafforzato proprio negli anni immediatamente precedenti l'insorgere dell'inchiesta, dal 1986 in poi, all'epoca con il SISMI-SISDE. Del SISMI il direttore era l'ammiraglio Martini e per la 7a divisione aveva assunto le funzioni dell'ex Ufficio R-SAD il colonnello Inzerilli, degli Alpini, che noi avevamo sentito. Anzi, avevamo già indagato per alto tradimento l'ammiraglio Martini, che venne interrogato da noi, tra l'altro.
  Ovviamente, l'interrogatorio e l'iscrizione al modello 21 seguivano l'acquisizione documentale. Noi avevamo notato che volutamente, stanti i documenti, si era tenuto qualcosa all'oscuro del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro della difesa, i quali devono essere interessati nel momento in cui si costituiscono nuovi reparti. È ovvio. Avevano costituito una copertura, creando una struttura coperta, per finalità magari anche legittime – non discuto – per finalità del Servizio in genere, con operazioni all'estero e all'interno, di qualsiasi tipo. Si tratta del cosiddetto OSSI (Operatori speciali servizi), detto gruppo K. Nel documento c’è scritto che venivano costituiti e suddivisi in GOS (Gruppi operazioni speciali).
  Quel documento, lo ricordo, era del 1986. Nel tipico modus comportamentale dell'Esercito e delle Forze armate, escludendo i Carabinieri, il colonnello Inzerilli avanzava una sua proposta di modifica della struttura Gladio, 7a divisione del SISMI, proponendo tutta una serie di cose. Io ricordo quella nota del 1986. Non ricordo la data precisa, ma ricordo l'anno. L'ammiraglio Martini, nel tipico modo militare, sulla nota restituita aveva scritto sul frontespizio, davanti, proprio di sua mano: «Approvo». Quella struttura entra nell'ex SAD, mi ricordo, come per dire che l'ex SAD diventa... Adesso non ricordo il finanziamento, ma già lo dava lui.
  Cosa si era voluto fare ? In pratica si era voluto far sì che, al di là della struttura esternabile... Si spiega, quindi, perché il Presidente del Consiglio dei ministri l'abbia esplicitata, ovviamente su documentazione fornita dai Servizi, perché abbiamo trovato anche l'appunto dentro gli archivi della 7a divisione, che poi è stato esplicitato dal Presidente del Consiglio dei ministri. In pratica si è data all'opinione pubblica in quel periodo di tempo la famosa lista dei 622. Questa sarebbe stata l'organizzazione che si poteva anche esternare, chiamata «organizzazione verde».

  PRESIDENTE. I 622 ?

  BENEDETTO ROBERTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Sì. Anzi quel documento, se uno lo legge all'esterno dei Servizi, fa venire... Si dice proprio: «Questa la diamo come esternabile». Come dicevano ?

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. «Questo è un documento che si può gettare in pasto all'opinione pubblica in caso di necessità», più o meno testualmente. «In caso di necessità, questa è la prima organizzazione che si può esternare e in qualche modo bruciare».

  BENEDETTO ROBERTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Poi c'erano altri livelli più coperti, ossia l’«organizzazione gialla» e l’«organizzazione rossa», i GOS e l'OSSI. Come il colonnello Inzerilli prospettava il reclutamento di questa organizzazione ?

  PRESIDENTE. Noi di questi «gialli» e di questi «rossi» non abbiamo traccia ?

  BENEDETTO ROBERTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. C’è il documento.

Pag. 11

  PRESIDENTE. Sì, ma dei loro nomi non abbiamo mai avuto traccia ?

  BENEDETTO ROBERTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. La «verde» in origine sarebbe stata la struttura originaria rimpinguata tramite un reclutamento utilizzando i SIOS delle Forze armate che andavano nel territorio a verificare se Sempronio, Caio e Nevio fossero affidabili. Poi ci sarebbe stata una scrematura, dopo averne verificata l'attitudine, ad altre operazioni più... Sarebbero stati inseriti nella «gialla» e poi nella «rossa». La «rossa» sarebbe stata, nell'ambito sempre della Gladio, stante quel documento, l'organizzazione deputata anche alle operazioni coperte all'estero.
  Ricordo che c'era un elenco di operazioni fatte. Si parlava di Algeria, di Tunisia e di addestramento della polizia peruviana. Che cosa abbia a che fare Gladio con la polizia peruviana non lo so. Si parlava anche di protezione di personalità politiche all'estero, in Etiopia e in Somalia.
  Questo sarebbe stato il gruppo K, l'OSSI, previa scrematura dalla «gialla», che, a sua volta, era una scrematura dell’«organizzazione verde». Il documento è chiamato Tricolore. L'organizzazione K, il gruppo OSSI, aveva come struttura sempre la 7a divisione del SISMI, ossia Forte Boccea, anzi Forte Braschi. Aveva il comando lì e la struttura operativa a Cerveteri.
  Avevano la possibilità di utilizzare aerei. Non siamo stati noi ad analizzare che tipo di aerei. Mi ricordo che presi a sommarie informazioni il comandante della CAI, che non è il Club alpino italiano, ma la Compagnia aeronautica italiana, la sigla di copertura degli aerei dei Servizi. Adesso francamente non ricordo che cosa mi disse e l'argomento, perché l'ho rimosso, o forse disse poi poco o niente.
  Per quanto riguarda l'utilizzo, visto che stiamo parlando di Cerveteri, l'addestramento avveniva sempre a Capo Marrargiu, che era rimasto il centro fondamentale. Per esempio – lo riferisco perché è ricorso nell'indagine del dottor Mastelloni di Venezia – nel documento della Delfino notammo, perché già se ne parlava, ovviamente, il famoso Argo 16. In effetti, esisteva l'Argo 16. C'erano anche l'Argo 19 e forse anche l'Argo 28.
  L'Argo 16 era stato utilizzato nell'operazione Delfino per paracadutare ai controinsorgenti materiale dall'alto. Quegli aeroplani venivano utilizzati anche per trasporto persone e per altro per quelle reti clandestine. Proprio l'Argo 16 apparteneva alla Gladio, così come l'Argo 19. Se non sbaglio, erano utilizzati anche a Capo Marrargiu. Non ricordo questo con precisione.

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Presidente, lei chiedeva prima se si abbiano notizie degli appartenenti all’«organizzazione rossa». L'impressione è che in qualche modo quella chiamata poi nel successivo documento «organizzazione verde» fosse il livello palesabile dell'organizzazione Gladio, ossia l'elenco dei 622.
  L’«organizzazione rossa», più presumibilmente, poteva essere quel personale dell'Ufficio D che, fruendo della struttura e dei materiali Gladio, era composto non da civili reclutati alla bisogna, come i 622 «gladiatori», ma da personale o dell'Esercito o dell'Arma dei Carabinieri che era già in qualche modo avvezzo a uso di armi ed esplosivi e che veniva specializzato in questo senso. Quello poteva essere l'embrione della futura «organizzazione rossa» sottostante.
  Tra l'altro, c’è una cosa che io credo sia piuttosto rilevante. In un'indagine del giudice istruttore di Milano, dottor Salvini, era emersa l'esistenza di un'altra componente chiamata, stando agli esiti delle indagini, Nuclei di difesa dello Stato, la cui esistenza il dottor Salvini, sulla base dei suoi atti di indagine – notizia confermata, se non sbaglio, anche in articoli di stampa e in interviste rilasciate dal generale Inzerilli – data fino al 1972, dopo di che sarebbero stati sciolti.
  È difficile non vedere la coincidenza temporale tra il venir meno nel 1972 dei Pag. 12Nuclei di difesa dello Stato, che avevano, secondo l'indagine del dottor Salvini, compiti di turbativa della vita politica interna e compiti in qualche modo di provocazione in chiave anticomunista e, sempre nel 1972, l'inizio dell'insistenza del generale Maletti per ricreare eventualmente qualcosa di analogo attraverso quelle esercitazioni del personale dell'ufficio D, facendo proprio le esercitazioni di guerriglia, di imboscata, di bombe incendiarie, di ordigni.

  PRESIDENTE. Quindi, nel 1972-73 le esercitazioni ripartono perché la struttura precedente l'avevano smantellata. Era a dormire da troppo tempo.

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Esatto. Sembrerebbe una sorta di continuità tra strutture più profonde, diciamo così. Prima ci sono i Nuclei di difesa dello Stato, fino al 1972, e poi, dal 1972-73 parte quanto meno il tentativo... Non si sa poi che sviluppo abbia avuto questo Ufficio D e se i reclutamenti dell'Ufficio D si fermino al 1972-73, ai quattro o cinque corsi di quegli anni, o che fine abbiano fatto. Tuttavia, una continuità temporale da questo punto di vista si nota.
  Resta la struttura grande di Gladio, con tutto questo personale un po’ raffazzonato, mentre sotto si alternano nel tempo altre strutture più minute e più solide, fino ad arrivare al GOS (Gruppo operazioni speciali) di cui parlava il collega.

  PRESIDENTE. Vi chiedo di aggiungere due cose, prima di dare la parola ai colleghi. In primo luogo, vorrei sapere se avete trovato rapporti di queste reti con l'eversione di destra e con organizzazioni criminali.
  La seconda domanda riguarda cosa è successo dopo che la questione è passata nella competenza di Roma.

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Per quanto riguarda i rapporti con formazioni di destra, c’è solo qualche nominativo, come Gianni Nardi, che figura negli elenchi, ma viene definito «negativo». Stando ai documenti ufficiali, «negativo» vorrebbe dire «contattato, ma non reclutato». In realtà, ci sono dei casi accertati nel corso delle nostre indagini di soggetti indicati come «negativi», che, invece, sentiti a sommarie informazioni, hanno detto di essere stati effettivamente parte della struttura. La dizione «negativo», quindi, può non essere significativa.

  PRESIDENTE. Per coprirlo.

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Può non essere significativa, diciamo. C’è il passaggio, sempre come soggetto estraneo all'Ufficio R, che gestiva l'operazione Gladio, ad addestrarsi a Capo Marrargiu non solo di Guglielmi e di quegli altri soggetti, ma anche di un certo capitano D'Ovidio, dei Carabinieri, che fu indagato – e, mi sembra, anche condannato – per la vicenda di un grave depistaggio in danno di formazioni politiche di sinistra. Aveva fatto trovare nei pressi di Camerino un deposito di armi.
  D'Ovidio era un capitano dei Carabinieri di Camerino e fece le indagini facendo ricadere la responsabilità della detenzione di quel materiale d'armamento su un gruppo di estrema sinistra, cosa che si rivelò poi non veritiera, tant’è che fu condannato per calunnia. Quindi, D'Ovidio era un soggetto che emerse poi in qualche modo come avente simpatie di estrema destra.
  Poi c’è un caso che ci è stato riferito dal colonnello Spiazzi – anche questo nome è noto nell'ambiente dell'eversione, essendo stato condannato per la Rosa dei venti e altre vicende – il quale ci disse che una formazione che faceva riferimento a lui nel Veronese si era trovata a fare esercitazioni sul campo con una formazione facente capo ad alcuni soggetti di Verona, di cui fece nome e cognome. All'epoca, se non sbaglio, c'era il figlio di un parlamentare (l'onorevole Canestrari), che troviamo negli elenchi di Gladio. Evidentemente Pag. 13c'erano dei contatti sul campo tra formazioni di estrema destra, sicuramente non legittime, e queste piccole...

  PRESIDENTE. Formazioni paralegittime.

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. ...strutture paralegittime, quali la struttura Gladio veronese, che conoscevano la reciproca esistenza e sapevano di poter contare l'una sull'altra. Questo come contatto con l'estrema destra.
  Con la criminalità organizzata, francamente, non ho ricordi, anche perché all'epoca questo esulava un po’ dal nostro interesse, come settore d'indagine.

  PRESIDENTE. Ho un'altra domanda, prima di chiedervi della Procura di Roma. Che cosa sapete rispetto a depositi di armi ?

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Come depositi di armi c'erano i cosiddetti Nasco. Di questi sicuramente ne mancano, per lo stesso motivo che dicevamo prima in merito alle anomalie riscontrate negli elenchi dei «gladiatori». Anche per quanto riguarda il numero dei Nasco non ci siamo. Sono stati forniti dati ufficiali circa il loro numero, ma, esaminando la documentazione, si dice che alla tal data sono stati costituiti – poniamo – 26 Nasco. Se si va a guardare, risulta che i Nasco ufficiali sono di meno. Anche in quel caso c’è qualche deposito sfuggito al censimento.

  PRESIDENTE. Avete appurato chi aveva le chiavi per accedere, chi poteva prelevare le armi ?

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. La versione ufficiale era che lo dovesse sapere solo il capo rete. C'erano due tipi di depositi di armi, poiché oltre ai Nasco c'erano anche armi nella disponibilità di caserme dei Carabinieri. Alcune armi erano depositate presso alcune stazioni o caserme dei Carabinieri. L'eventuale capostruttura di Gladio si doveva presentare, in caso di necessità, alla caserma dei Carabinieri e, mediante riconoscimenti tipizzati all'epoca, poteva ritirare le armi.
  Dei Nasco, invece, erano a conoscenza gli appartenenti al nucleo che gravitava nella zona. Dovevano essere sparsi sul territorio in zone particolari, ma in un caso, per esempio, ce n'era uno proprio nel giardino di un «gladiatore», che quindi ne aveva una disponibilità, volendo, molto più diretta e immediata.
  Questo è ciò che si sa dei Nasco ufficiali, ma – ripeto – ci sono sicuramente dei Nasco mai censiti, mai reperiti, che non si sa che fine abbiano fatto.

  PRESIDENTE. Comunque erano nella disponibilità della rete circoscritta, ragion per cui era ipotizzabile che potesse accedervi non una sola persona, ma più di uno della rete locale.

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. La conoscenza da parte dei componenti della rete locale c'era, evidentemente, visto che erano coloro che avrebbero dovuto usufruirne in caso di necessità.

  PRESIDENTE. Le ho posto la domanda perché sono interessato a un'informativa della Questura di Roma del settembre 1978, secondo cui il materiale balistico impiegato nella strage di via Fani proveniva da un deposito del Nord al quale avevano accesso solo sei persone. Ciò potrebbe far pensare ai Nasco.

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Più di uno poteva avere accesso al singolo Nasco. Il Nasco «x» che stava in Alto Adige, però, quello del gruppo lombardo non lo sapeva trovare.

  PRESIDENTE. Quelli dell'Alto Adige, invece, lo sapevano.

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  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Quelli dell'Alto Adige o di quel limitato territorio sì.

  PRESIDENTE. Quindi, ricapitolando, per quello che riguarda strettamente noi e la vicenda Moro e traendo le conclusioni da quello che voi di utile ci avete detto, mi pare di capire che l'elemento essenziale sia che, a un certo punto, nel 1965-66, con ripartenza nel 1972-73, rispetto alla formazione iniziale, non civili o patrioti volenterosi, ma funzionari dei servizi dell'Ufficio D fecero una serie di preparazioni a difendere lo Stato da lotte interne. Mi limito a questa dizione, che è quella più asettica.
  Ciò comporta che anche nella gestione dell’«organizzazione rossa» alla fine la conoscenza dei Nasco e il relativo accesso erano nella disponibilità di qualche capitano o colonnello che magari sui territori poteva avere...
  Passiamo ai rapporti con la Procura di Roma e poi io ho finito con le mie domande.

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Quanto ai rapporti con la Procura di Roma, l'indagine che seguimmo io e il collega Roberti fu aperta in via autonoma, dalla lettura di articoli di stampa. Ci mettemmo quindi in contatto col dottor Casson, che aveva cominciato precedentemente l'indagine. Con l'ufficio di Venezia ci furono sempre rapporti stretti e collaborativi, come anche con Bolzano e con Bologna.
  Con la Procura di Roma, invece, ci furono sempre delle difficoltà, oggettivamente. Per esempio, all'inizio dell'indagine noi mandammo personale della DIGOS per effettuare il sequestro della documentazione degli archivi di Gladio e questo primo tentativo fu bloccato espressamente proprio dalla Procura di Roma.

  PRESIDENTE. Si ricorda chi ne era il capo allora ?

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Era il dottor Giudiceandrea. Bloccò quella iniziativa dicendo che noi non potevamo fare il sequestro perché l'avevano già disposto loro, il che chiaramente, dal punto di vista giuridico, non è una cosa sensata, tant’è che dopo lo facemmo effettivamente, ma dovemmo andare noi col personale della DIGOS, dal momento che il personale della DIGOS inizialmente delegato aveva trovato questo ostacolo molto duro.
  Tutte le volte che andavamo a fare attività di studio della documentazione presso gli archivi del SISMI c'era sempre un delegato della Procura di Roma che vigilava in qualche modo su quello che facevamo. Voleva vedere tutti i documenti che volevamo acquisire in copia e prendeva appunti su quello che acquisivamo.
  C’è stata una gestione faticosa di quest'attività di indagine, che poi è sfociata in uno scontro abbastanza aperto. Il collega Roberti fu indagato per presunto procacciamento di notizie riservate, di notizie segrete e di segreti di Stato. Fu mandato a giudizio e assolto dopo alcuni anni.

  PRESIDENTE. È un reato di difficile configurazione. Non è semplicissimo configurare il procacciamento di notizie riservate.

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Sono cose ormai storicamente accertate. Fu indagato con quattordici capi di imputazione e poi, dopo quattro o cinque anni, quando ormai l'incriminazione del collega aveva fatto sì che la nostra indagine diventasse...

  PRESIDENTE. Da chi fu incriminato ? Lo chiedo per nostra curiosità storica.

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. I colleghi che lo fecero ? Erano i colleghi Ionta e Nitto Palma della Procura di Roma. Dopo quattro anni si è celebrato il processo e, dopo tanti rinvii, alla fine fu Pag. 15chiesta l'assoluzione dallo stesso dottor Ionta, che inizialmente aveva formulato quei quattordici capi d'accusa.

  BENEDETTO ROBERTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Tutto nacque dal fatto che avevo un consulente tecnico per leggere e interpretare la classificazione dei documenti, perché io, ovviamente, da ignaro, non sapevo all'inizio dell'indagine che cosa fosse il «NATO Cosmic». Adesso non ricordo più tutte le altre classificazioni. Della classificazione «riservato», «riservatissimo,  «segreto»  e «segretissimo» all'epoca non sapevo.

  PRESIDENTE. Volevo capire dal punto di vista storico, senza che esprimiamo giudizi, né io, né voi. A seguito dell'incriminazione, è stata fatta l'avocazione a Roma, il trasferimento a Roma ?

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Sì. Io e il collega eravamo gli unici due magistrati in servizio a quella Procura. Fu mandato in applicazione temporanea da Roma un collega più anziano di noi, che formalmente assunse le vesti di procuratore militare facente funzioni. Anzi, fu mandato un primo collega più anziano, il quale però nella prima settimana non prese iniziative. Sondò il terreno chiedendoci notizie, ma non prese alcuna iniziativa. Vista evidentemente la titubanza di questo primo collega, fu mandato in applicazione un secondo collega. Quindi, ci trovammo io e il collega, che eravamo gli unici effettivi all'ufficio, con in applicazione due colleghi più anziani entrambi di noi.

  BENEDETTO ROBERTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Il procuratore titolare era andato in pensione.

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. A quel punto, un giorno il collega più anziano, il secondo arrivato, ci chiamò nell'ufficio e ci disse: «Questo è il provvedimento con cui ho deciso di trasmettere gli atti alla Procura militare di Roma, perché per me Padova non è competente» . Tuttavia, non aveva visto niente degli atti. «Firmatelo», ci disse. Io e il collega Roberti ci rifiutammo di firmarlo, dicendo che, se voleva, poteva firmarlo lui, ma motivando perché, pur non avendo conoscenza degli atti, avesse deciso di trasmetterli a Roma. Il collega più anziano ci disse:  «Va bene, allora lo firmo io» .
  Nel frattempo, trovammo già un furgone dei Carabinieri davanti all'ufficio e dei Carabinieri in ufficio, chiamati quella mattina da quel procuratore facente funzioni, il quale ci disse: «O consegnate immediatamente le chiavi degli armadi contenenti gli atti di indagine o vi denuncio per rifiuto di atti d'ufficio».
  A quel punto, avevamo i Carabinieri in stanza, il furgone dei Carabinieri davanti all'ufficio e il procuratore facente funzioni che ci diceva: «O consegnate le chiavi, o vi denuncio per rifiuto di atti d'ufficio». Teniamo conto che io e il collega Roberti avevamo due anni di anzianità, all'epoca. Non eravamo proprio strutturati da questo punto di vista, come potremmo essere adesso. Quindi, consegnammo quelle famose chiavi.

  PRESIDENTE. Qui non c'era stata ancora l'incriminazione. Dopo, per aiutarvi a comprendere meglio, a studiare meglio gli atti...

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. No, l'incriminazione era precedente. Fu per questa ragione che furono mandati in applicazione quei due soggetti. Poiché il dottor Roberti era stato indagato per questa vicenda, c'era bisogno di qualcuno che desse credibilità all'ufficio, in poche parole.
  L'indagine Gladio andò prima alla Procura militare di Roma, che poi non so dopo quanto tempo la mandò alla Procura ordinaria di Roma, la quale poi, dopo qualche tempo, dopo qualche anno, con molte cose cambiate nel frattempo tra il Pag. 161992 e il 1995, credo, ha chiesto l'archiviazione, da quello che mi risulta, per prescrizione del reato. Noi all'epoca avevamo ipotizzato un reato di banda armata a carico di alcuni ufficiali dei Servizi che avevano retto – diciamo così – l'organizzazione Gladio. L'indagine è stata archiviata per prescrizione, da quello che mi risulta, dopo alcuni anni.

  PRESIDENTE. Gli atti dell'archiviazione li abbiamo.

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Tuttavia, il collega che ci ha sottratto l'inchiesta è stato poi sanzionato disciplinarmente, a seguito di un esposto che abbiamo presentato noi. Quindi, abbiamo avuto la soddisfazione di veder riconosciuta l'illegittimità dell'operazione.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FABIO LAVAGNO. Sarò brevissimo, per non sottrarre tempo ai colleghi, dal momento che tra poco dovremo tornare in Aula. Ringrazio il dottor Dini e il dottor Roberti, anche se in sostanza l'audizione a cui abbiamo partecipato oggi è in buona parte contenuta nell'audizione di vent'anni fa. Mi permetto di dire che forse quella era anche più organica, anche perché la memoria era più fresca vent'anni fa rispetto a oggi, ma stiamo sempre parlando della lista dei 622, di Forte Boccea e di Capo Marrargiu. Avete parlato dell'operazione Delfino. In sostanza, non andiamo fuori da quella traccia lì, a parte il fatto che il dottor Dini allora ci disse che il capitano D'Ovidio venne inquisito e la fece franca, mentre oggi ci dice che non la fece franca, ma questo poco cambia la vicenda.

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. La vicenda D'Ovidio è addirittura degli anni Settanta. Io avevo quindici anni, francamente...

  FABIO LAVAGNO. Infatti. Tranne che per quella piccola inesattezza, mi pare che si tratti delle stesse cose di allora, che qualcun altro ascoltò in queste aule vent'anni fa.
  Affronto due aspetti. Uno riguarda il colonnello Camillo Guglielmi, che voi all'epoca definiste, giustamente, ufficiale che era nei pressi di via Fani la mattina del 16 marzo 1978. Rispondendo a una domanda del presidente della Commissione stragi in merito alle infiltrazioni, voi rispondeste dicendo che erano possibili attività di infiltrazione, oltre che di addestramento nella guerriglia generica da parte di Gladio, ma il dottor Dini disse: «Senz'altro i risultati furono pessimi» . Si cita poi una serie di casi, tra cui Camillo Guglielmi.
  Volevo capire se possiamo confermare questo dato dell'insuccesso, qualora ci fosse stata la possibilità di infiltrazione da parte di Gladio, ossia che ci fu una serie di insuccessi, tra cui anche quello.
  L'altro quesito è riferito alla domanda che il presidente ha posto riguardo ai depositi di armi. In merito ai depositi avete trovato repertori delle armi o delle tipologie di armi ivi contenute ?

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Sempre in tutta quella documentazione, che sarà da qualche parte, era indicato in maniera analitica il contenuto dei singoli Nasco. Effettivamente c’è la possibilità di ricostruire che cosa ci fosse in ciascun deposito. Sto vedendo adesso l'appunto redatto all'epoca. Anche per quanto riguarda i Nasco ne mancano, se non sbaglio, di sicuro 25 rispetto al dato ufficiale, confrontato con altri dati. Di 25 Nasco non sa che fine abbiano fatto, nel senso che non risultano né tra quelli smarriti, né tra quelli recuperati, né tra quelli trovati alla fine dell'operazione Gladio.
  L'altra domanda, scusi, non mi ricordo qual era.

  FABIO LAVAGNO. Se conferma che le infiltrazioni, qualora ci siano state, siano state degli insuccessi. Leggo la sua frase Pag. 17del 1995, dottor Dini, relativa alle infiltrazioni: «Sicuramente questo tipo di pianificazione e di studi può aver permesso anche questo genere di attività. Non si può escludere ciò» . Il presidente della Commissione stragi allora osservò: «Comunque, anche se queste attività si sono verificate, i risultati sono stati pessimi». Il dottor Dini rispose: «Senz'altro i risultati furono pessimi». Poi parte l'elenco in cui si fa riferimento a Benincasa, D'Ovidio e Guglielmi.

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Si riferisce a infiltrazioni di personale di Gladio in formazioni eversive ? Con riferimento a infiltrazioni più o meno volute in formazioni eversive, al di là dei dati che diciamo adesso, trovare questi personaggi... Adesso, francamente, non ricordo i nomi dei soggetti dell'Ufficio D che hanno partecipato a quelle esercitazioni, in cui si parlava anche di studio degli strumenti sovversivi e delle formazioni sovversive e di infiltrazione e via elencando. Ricordo che all'epoca avevo fatto caso che c'erano dei nominativi che erano emersi in qualche vicenda particolare.

  FABIO LAVAGNO. Scusi se l'interrompo. A me interessava non certo l'elenco dei nomi, ma il giudizio che lei esprime rispetto alla questione della scarsa efficacia.

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Per i risultati che ci sono stati sembrerebbe esserci stata una scarsa efficacia.

  GERO GRASSI. Se ho capito bene rispetto a quello che diceva prima il dottor Roberti, questa struttura faceva riferimento alla CIA.

  BENEDETTO ROBERTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Era collegata. Aveva come referente la CIA, che, del resto, aveva finanziato totalmente Capo Marrargiu, acquistando il terreno e fornendo...

  PRESIDENTE. Negli anni Cinquanta.

  GERO GRASSI. Esatto.

  BENEDETTO ROBERTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Negli anni Cinquanta, sì.

  GERO GRASSI. Secondo voi, in base alla vostra esperienza, chi la comandava concretamente ? Non sto parlando di generali e stellette, ma di potere politico. Chi la comandava, a chi faceva riferimento: al Ministero della difesa, al Ministero degli interni, al Presidente del Consiglio, alla NATO, a chi ? Una base di comando ci doveva essere. Qual era il comando generale di questa struttura ?

  BENEDETTO ROBERTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Erano i Servizi. Era collegata alla CIA prevalentemente, anche se c'erano riunioni periodiche con gli altri Servizi collaterali, ma c'erano due linee. Spesso a esercitazioni realizzate in Italia – non solo alla Delfino ma anche alle altre – partecipavano agenti CIA. A volte nella Delfino si ipotizzava, per future esercitazioni di guerriglia e insorgenza e controinsorgenza, di far partecipare anche membri della Delta Force.

  GERO GRASSI. Quindi, devo dedurre – se sbaglio, mi corregga – che il comando generale di questa struttura non era necessariamente in Italia.

  PRESIDENTE. Io vorrei che noi facessimo dire al dottore quello ha detto il dottore, non quello che...

  GERO GRASSI. Sto cercando di capire.

  PRESIDENTE. Ha detto delle cose precisissime. A me sembra che abbia detto tre cose precise. Hanno detto che si stavano muovendo, nel passaggio sull'ammiraglio Pag. 18Martini, con l'ipotesi di alto tradimento perché egli aveva messo in piedi, in riferimento all’«organizzazione rossa», una serie di cose senza la dovuta autorizzazione della parte politica, ossia della Presidenza del Consiglio e del Ministero della difesa.

  BENEDETTO ROBERTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Attentato agli organi costituzionali.

  PRESIDENTE. Attentato agli organi costituzionali. Questo è un punto che ha detto e messo per iscritto.
  Come secondo passaggio, ha detto che fin dagli anni Cinquanta – ha citato anche il generale Tagliamonte – i soldi per l'acquisto del centro di addestramento e per le relative spese erano della CIA. La classificazione dei documenti non riconduceva Gladio alla NATO, ma seguiva la disciplina italiana. La filiera di comando Gladio – Ufficio R e Ufficio D – afferiva direttamente ai rapporti con la CIA e alla collaborazione con gli altri Servizi.
  Il dottor Dini e il dottor Roberti si sono fermati qui. Se poi, a loro insaputa o col loro sapere, altri sapessero, questo non rientra nelle competenze della Commissione Moro. La cosa chiara è che quelli erano l'Ufficio R.
  Ci hanno spiegato anche bene il passaggio: a un certo punto, nel 1965-66 e 1972-73 l'Ufficio D non manda patrioti volenterosi, ma propri membri a fare addestramento e passare alla «politica interna». Tutto questo in una logica di coordinamento con la CIA. Tutto qui.

  BENEDETTO ROBERTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Aggiungo un ulteriore elemento. In quel documento che citavo – siamo nel 1986, con l'ammiraglio Martini e il colonnello Inzerilli direttore della 7a divisione – Inzerilli proponeva quella ristrutturazione della 7a divisione in modo tale che il potere politico non sapesse. La  «rossa»  doveva essere tenuta all'oscuro del potere politico, ossia del Presidente del Consiglio dei ministri e del Parlamento. Lo dicevano testualmente. Quindi, volevano attuare una riorganizzazione interna, anche perché, per costituire un nuovo reparto, quanto meno ci voleva un decreto, che io sappia, del Ministro della difesa.

  PRESIDENTE. Da qui l'incriminazione.

  BENEDETTO ROBERTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Quindi, c’è stata l'incriminazione.

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Per quanto riguarda la dipendenza dalla CIA, per rispondere alla domanda, ci sono dei documenti – sono citati qui; li vedrete direttamente – uno del 1966 e uno del 1970, in cui si dice espressamente: «Le recenti connessioni che tutte le strutture Stay Behind hanno allacciato con la NATO mediante i Comitati CPC e ACC non comporteranno alcuna compromissione degli accordi bilaterali per l'operazione Gladio esistenti fra Servizi italiani e Servizi americani». È detto testualmente in più documenti che ci sono due linee, una linea diretta che collegava la CIA...

  PRESIDENTE. Bisogna tenere in conto di come il presidente Pellegrino, molto più capace di me, quando gli abbiamo fatto la domanda in audizione, ha definito Gladio. Vi ricordate ? Parlò di a patrioti, superpatrioti e fedeltà. A noi veniva spontaneo riferirci alla NATO. Pellegrino ha detto «fedeltà atlantica», che esprime un concetto che sembra ridondante, ma che è calzante per inglobare il pezzo che sta dicendo adesso il dottor Dini.

  SERGIO DINI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Nel documento la collaborazione bilaterale con il Servizio USA è definita «sistematica» rispetto alle collaborazioni con altri Servizi, che sono più articolate, impastoiate e difficoltose. C’è una collaborazione diretta e sistematica, una forma Pag. 19di dipendenza, tant’è che gli unici stranieri che risultano di sicuro essere andati a Capo Marrargiu sono stati, nel corso degli anni, i capi centro CIA in Italia, di cui ci sono i nomi.

  BENEDETTO ROBERTI, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Padova. Che non ci fosse direttamente un collegamento con la NATO deriva dal fatto che, per esempio, io ricordo un'esercitazione in Germania cui parteciparono membri non NATO, paesi che all'epoca avevano governi dittatoriali. In quel documento c'era scritto di tenere all'oscuro la politica, perché sarebbe venuto, credo, il Ministro della difesa, o qualcuno del dicastero, a osservare e non avrebbe dovuto sapere che c'erano membri spagnoli (in Spagna c'era Franco) e greci (anche in Grecia c'era la dittatura) e anche il Governo iraniano, che non so cosa c'entrasse. Si tratta di un'esercitazione Gladio tra reti in Germania e in Baviera nel 1973.

  PRESIDENTE. Bene. Noi ringraziamo il dottor Roberti e il dottor Dini di essere venuti. Ci hanno chiarito molte cose.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.45.