XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Giovedì 13 novembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 

Seguito dell'audizione del Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma, Luigi Ciampoli:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 3 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 3 
Naccarato Paolo  ... 4 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 4 
Naccarato Paolo  ... 5 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 5 
Naccarato Paolo  ... 5 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 5 
Grassi Gero (PD)  ... 5 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 6 
Grassi Gero (PD)  ... 6 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 6 
Grassi Gero (PD)  ... 6 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 6 
Grassi Gero (PD)  ... 7 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 7 
Grassi Gero (PD)  ... 7 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 7 
Grassi Gero (PD)  ... 7 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 7 
Grassi Gero (PD)  ... 7 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7 
Grassi Gero (PD)  ... 7 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 8 
Grassi Gero (PD)  ... 8 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 8 
Grassi Gero (PD)  ... 8 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 8 
Grassi Gero (PD)  ... 11 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 11 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 11 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 12 
Caliendo Giacomo  ... 12 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 12 
Grassi Gero (PD)  ... 12 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 12 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 13 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 13 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 13 
Grassi Gero (PD)  ... 13 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 13 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 13 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 13 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 13 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 13 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 13 
Garofani Francesco Saverio (PD)  ... 14 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 14 
Garofani Francesco Saverio (PD)  ... 14 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 14 
Garofani Francesco Saverio (PD)  ... 14 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 14 
Garofani Francesco Saverio (PD)  ... 14 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 15 
Garofani Francesco Saverio (PD)  ... 15 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 15 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 15 
Garofani Francesco Saverio (PD)  ... 15 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 15 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 16 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 16 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 16 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 16 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 16 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 16 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 16 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 17 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 17 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 17 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 17 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 17 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 17 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 17 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 17 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 17 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 17 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 18 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 18 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 18 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 18 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 18 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 18 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 18 
Bolognesi Paolo (PD)  ... 18 
Montevecchi Michela  ... 18 
Gotor Miguel  ... 18 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 19 
Gotor Miguel  ... 19 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 19 
La Russa Ignazio (FdI-AN)  ... 19 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 19 
La Russa Ignazio (FdI-AN)  ... 19 
Gotor Miguel  ... 19 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 19 
Gotor Miguel  ... 19 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 20 
Gotor Miguel  ... 20 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 20 
Gotor Miguel  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Gotor Miguel  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 20 
Gotor Miguel  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 20 
Gotor Miguel  ... 20 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 20 
Gotor Miguel  ... 20 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 20 
Gotor Miguel  ... 21 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 21 
Gotor Miguel  ... 21 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 21 
Gotor Miguel  ... 21 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 21 
Gotor Miguel  ... 21 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 21 
Gotor Miguel  ... 22 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 22 
Gotor Miguel  ... 22 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 22 
Gotor Miguel  ... 22 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 22 
Gotor Miguel  ... 22 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 22 
Gotor Miguel  ... 23 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 23 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 23 
Gotor Miguel  ... 23 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 23 
Gasparri Maurizio  ... 23 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 23 
Gasparri Maurizio  ... 23 
Lupacchini Otello , Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 23 
Gasparri Maurizio  ... 23 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 24 
Gasparri Maurizio  ... 24 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 24 
Gasparri Maurizio  ... 24 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 24 
Gasparri Maurizio  ... 24 
Ciampoli Luigi , Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma ... 24 
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 24

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE FIORONI

  La seduta comincia alle 16.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Seguito dell'audizione del Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma, Luigi Ciampoli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Roma, dottor Luigi Ciampoli, iniziata nella seduta di ieri.
  Ringraziamo il dottor Ciampoli e il sostituto Procuratore generale dottor Lupacchini per la loro disponibilità a intervenire anche oggi ai nostri lavori.
  Ricordo che nella loro relazione di ieri il dottor Ciampoli e il dottor Lupacchini hanno fornito un quadro generale delle indagini che hanno preso avvio dalle dichiarazioni rese all'ANSA nello scorso mese di marzo dall'ispettore della Polizia di Stato in quiescenza Enrico Rossi.
  Tali indagini hanno condotto a un duplice esito: per un verso, la richiesta di archiviazione del procedimento riguardante l'identificazione dei due uomini a bordo della motocicletta Honda presente in via Fani al momento della strage; per l'altro, la trasmissione alla procura della Repubblica di Roma degli atti relativi a Steve Pieczenik, il funzionario del Dipartimento di Stato statunitense che partecipava ai lavori del comitato di crisi presso il Ministero dell'interno.
  Dall'audizione di ieri sono, inoltre, emersi nuovi interessanti particolari sulla dinamica della strage che suscitano numerosi interrogativi e che potranno essere approfonditi nella seduta odierna.
  Faccio presente che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in seduta segreta, laddove venga richiesto dal procuratore. Ricordo ancora una volta di evitare, come è successo ieri, purtroppo, di sovrapporsi o di parlare con microfono spento.

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Mi permetta, presidente, inizialmente di porre, come si dice, una questione d'ordine. È una precisazione che mi è stata richiesta poiché ho ricevuto una contestazione, che ho respinto, in quanto evidentemente frutto di una cattiva interpretazione o valutazione di mie dichiarazioni.
  Ho detto ieri inizialmente che le dichiarazioni fatte dall'ispettore Rossi, che riferivano il contenuto dell'esposto anonimo, sono state ridimensionate. Il giornalista, il dottor Cucchiarelli, ha, invece, interpretato ciò come un'affermazione da parte mia di ridimensionamento della sua dichiarazione.
  A tal fine, io leggo a pagina 6 della mia requisitoria che nel dispaccio ANSA si dice: «Roma. Due uomini dei servizi segreti sulla moto Honda presente in via Fani mentre le Brigate Rosse rapivano Aldo Moro e massacravano la sua scorta. Da quella moto partirono colpi di mitraglietta contro un testimone. Fu quella moto che bloccò il traffico. La confessione post mortem di qualcuno che sapeva e le Pag. 4rivelazioni di un poliziotto riaprono i dubbi...». Sono, quindi, le dichiarazioni post mortem, che sono state per noi oggetto dell'indagine e che, a seguito della nostra indagine, sono state ridimensionate.
  Peraltro, il dottor Cucchiarelli così rende testimonianza: «Confermo tutto quanto da me scritto e di cui produco copia, per avere fedelmente riportato quanto riferitomi da Rossi». Io non potevo, quindi, assolutamente sostenere una cosa contraria, cioè un ridimensionamento delle asserzioni fatte dal dottor Cucchiarelli.
  Credo che questo sia sufficiente, anche perché mi è stato anche contestato che quello che aveva capito lui l'avevano capito anche gli altri colleghi della stampa. Io non lo so. Se è questo il problema, invito la stampa stessa a correggere questa erronea interpretazione smentita dagli atti.

  PAOLO NACCARATO. Io ho semplicemente due curiosità. Se la memoria non mi tradisce e se ho capito bene, il signor Procuratore ieri ha attribuito un certo rilievo alla circostanza che il famoso bar di via Fani fosse stato chiuso due anni prima e poi, se ricordo bene, fosse stato riaperto due giorni dopo, o qualche giorno dopo. Vorrei capire se tale circostanza è stata approfondita, se risulta dagli atti un approfondimento, se sono stati sentiti a verbale i proprietari, se erano gli stessi, se sono cambiati, se hanno fornito una spiegazione plausibile di quel comportamento e anche se ciò ha ingenerato o lasciato tuttora dei dubbi. Questa è la prima questione che pongo.
  La seconda questione riguarda, a sua volta, un piccolo dettaglio, che però, secondo me, ha la sua importanza, e concerne la figura di Pieczenik, nome che anch'io ho difficoltà a pronunciare.
  Ho questa curiosità, signor Procuratore: c’è traccia da qualche parte del titolo per cui questo signore arriva il 29 marzo in Italia e prende contatto in maniera considerevole con le autorità italiane ? Risulta se fosse inviato ufficialmente dal Governo degli Stati Uniti, o meglio dal Dipartimento di Stato, oppure no ?

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Parto dalla seconda domanda. Si tratta di un elemento già acquisito da tempo. Innanzitutto Pieczenik dichiara di essere stato inviato dal Presidente degli Stati Uniti, che aveva risposto a una sollecitazione di Cossiga ad avere un aiuto. Questo è un fatto emerso non oggi, ma da tempo, tant’è vero che negli anni passati addirittura su queste affermazioni di Pieczenik ci sono state anche trasmissioni televisive. Noi abbiamo acquisito, per averne contezza, tutto il girato dell'intervista televisiva, non soltanto le sequenze ritenute utili per la trasmissione.
  Sotto questo profilo Pieczenik ha spiegato anche perché fosse stato mandato lui, ossia, come ho detto ieri, perché aveva contribuito, anche in quel caso in modo notevole, a condurre favorevolmente per il Governo americano le indagini sugli ostaggi in Libano.
  Per quanto riguarda l'altra domanda, vorrei precisare che noi non abbiamo pensato a dare risalto a una questione o a un'altra. Trattasi di un'indagine che nasce dopo trentasei anni. Se risalto deve esserci e può essere interpretato nelle nostre parole, esso deriva dal fatto che dopo trentasei anni saltino fuori questi fatti, dopo ben otto processi e tante inchieste anche di Commissioni parlamentari.
  Sul bar abbiamo riferito i fatti. A trentasei anni di distanza, alla domanda su perché avessero chiuso tutto, ci dicevano che l'avevano chiuso per esigenze familiari e che per volontà l'avevano tenuto chiuso. Poi l'avevano riaperto. Non c’è niente di illegale in tutto questo.
  Tenete anche conto che c’è stata una certa forzatura. Sapete benissimo che, nel momento in cui c’è un'avocazione da parte del procuratore generale, il termine processuale concesso è di trenta giorni. Noi abbiamo fatto i salti mortali, pur non rispettando i trenta giorni, ma certamente entro trenta giorni avremmo dovuto concludere. È vero che non è un termine perentorio, che non produce decadenza o nullità, ma certamente ci sollecitava a definire la questione.

Pag. 5

  PAOLO NACCARATO. Sul bar chiedevo se all'epoca, non ora, fossero stati fatti degli accertamenti.

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. No. È proprio questo.

  PAOLO NACCARATO. Su Pieczenik risulta da qualche parte, non agli atti, che lui fosse un alto funzionario del Dipartimento di Stato con incarichi particolari (addirittura risulta che sia stato uno dei protagonisti dell'accordo di Camp David) ? Che fosse un uomo di peso nell'amministrazione americana risulta agli atti italiani o meno ?

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Bisogna distinguere tra quanto da lui dichiarato e quanto risulta dagli atti. L'atto dal quale risultano la sua presenza nel comitato di esperti e il suo arrivo è un'investigazione che venne fatta successivamente alla sua intervista. Agli atti ufficiali del Ministero dell'interno risulta un suo parere come esperto, quello a cui mi riferivo ieri quando parlavo di un aggancio alle sue più recenti dichiarazioni, le quali potrebbero essere interpretate come una forma di protagonismo esasperato.
  Vengono trasmessi alla Commissione stragi quattro promemoria riferibili rispettivamente al professor Ferracuti, al professor Silvestri e al professor Pieczenik, indicato come l'esperto del Dipartimento di Stato americano. Teniamo conto che la collaborazione col Dipartimento di Stato era stata chiesta immediatamente dopo il 16 marzo, ma avviene, attraverso l'invio di Pieczenik, soltanto il 29-30 marzo, dopo la seconda lettera di Moro, che inizia con le parole «Caro Francesco».

  GERO GRASSI. Io credo che la documentazione da voi prodotta abbia due filoni, uno che muore e l'altro che vive. Quello che riguarda la motocicletta Honda muore, quello che concerne il polacco-americano vive. Io chiederei di scindere le due questioni, non solo per una necessità di approfondirle entrambe, ma anche perché credo che il nostro compito oggi sia di discutere di quella che muore. Su quella che vive avremo ancora tempo.
  Sul filone che vive, cioè su Pieczenik, nella vostra relazione si analizza lui, ma – consentitemi di dirlo – sembra scendere dal cielo, e da qui la domanda del senatore Naccarato. È decontestualizzato rispetto a tutto il contesto nel quale ha operato, probabilmente per una questione di sintesi, ovviamente. È decontestualizzato dal Ministero dell'interno, dal comitato del Ministero dell'interno, dal Ministro dell'interno. Se andassimo a contestualizzarlo, dovremmo necessariamente parlare anche di una serie di eventi collegati a Pieczenik e al Ministro dell'interno.
  Questo aspetto mettiamolo provvisoriamente da parte. Eventualmente ci riserviamo di riprenderlo in un secondo momento.
  Torniamo alla motocicletta. Nel caso Moro la stessa tipologia di moto è avvistata in via Fani, ma anche in via Gradoli da personaggi diversi da quelli di via Fani. Voi avete giustamente detto che in via Fani la moto è avvistata dall'ingegner Marini, da Pistolesi e da Intrevado. In via Gradoli la moto è avvistata dal maresciallo Giuseppe Leonardo, il vigile del fuoco che dal balcone entra nel covo. Che cosa fa la moto Honda in via Gradoli ? Arriva contestualmente ai vigili del fuoco che stanno entrando nell'appartamento. Il capo della Polizia, De Francesco, per giustificare che giù ci sono i giornalisti, dice che le intercettazioni ci sono state tra la polizia e i vigili del fuoco, e arriva la Honda. Quando la persona sulla Honda avverte di essere stata avvistata, fa retromarcia in una strada stretta e a senso unico come via Gradoli e scappa, non rendendosi conto che il maresciallo, che stava al piano superiore, addirittura ne prende la targa.
  Il caso moto Honda non è, quindi, limitato a via Fani. Nel caso Moro si riproduce due volte, se non tre, perché c’è il dubbio che quella avvistata sotto via Savoia, così come afferma il professor Lalli, sia a sua volta una moto Honda. Pag. 6Lalli lo dice qualche giorno dopo il 16 marzo. La moto Honda si riproduce, quindi, in tre posti e in tre giorni durante il caso Moro.
  Morucci che dice sulla moto Honda ? Dice che, non essendo un pentito, ma un dissociato, non avrebbe difficoltà a dire che la moto era delle Brigate Rosse. Non direbbe i nomi, ma direbbe che è delle Brigate Rosse. Tuttavia, non lo è.
  Il vostro collega Antonio Marini dice un'altra cosa, molto più importante. La sentenza – l'avete detto anche voi ieri – prende in considerazione la moto e condanna anche i due della moto Honda per il tentato omicidio dell'ingegner Alessandro Marini. Il magistrato Antonio Marini dice: «Noi nel 1991 non siamo riusciti a individuare i due della moto Honda per inconfessabili motivi». È una dichiarazione del 9 marzo 1995 alla Commissione terrorismo e stragi.
  Granelli, presidente facente funzione, nella relazione «Sviluppi del caso Moro» del 1994, riprende il caso della moto Honda e afferma che la convinzione del magistrato relativamente alla non individuazione dei due della moto Honda è riconducibile a un argomento inconfessabile.
  È chiaro, noi dobbiamo contestualizzare al 1991 e 1994. Gli argomenti inconfessabili sono quelli che apparentemente, a rigor di logica comune, non si possono dire relativamente a quel tempo. Oggi io credo che noi viviamo in un clima nel quale argomenti inconfessabili non ce ne dovrebbero essere più.
  Quali sono i problemi che io vi pongo ? Il primo problema è: voi non ritenete, da esperti magistrati quali siete, che dal momento in cui la lettera è arrivata a La Stampa di Torino, nel 2009, al momento in cui voi avete avocato il caso ci sia un lasso di tempo interminabile senza continuità di azione giudiziaria ?
  Ancora, la vostra avocazione è un'implicita dimostrazione – così mi sembra di capire; se sbaglio, correggetemi – che quel lasso di tempo lungo non ha prodotto effetti. In realtà, però, li ha prodotti, perché quel tempo passato ha consentito che alcuni dei protagonisti della vicenda fossero morti.
  Aggiungo un'altra domanda specifica. Voi avete giustamente detto che gli elenchi di Gladio contengono persone insospettabili. Faccio un ricordo storico: Gladio non è stata scoperta da nessuno, Gladio è stata scoperta perché il Presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, dopo il caso di via Monte Nevoso, nell'ottobre 1991, è andato in Aula alla Camera e ha raccontato Gladio. Io penso che l'abbia raccontata a modo suo, cioè a metà, perché ha parlato della Gladio interna e non della Gladio esterna. La domanda è: voi su Gladio che indagine avete fatto ? Avete tentato di ottenere quegli elenchi che sinora non si sono mai avuti ? Siete risaliti alla catena di comando ?
  Alcuni elenchi si possono ricostruire. Come ? Il generale Maletti, prima del «rompete le righe», ha mandato a tanti gladiatori, o presunti tali – io non so se lo fossero – attestati di benemerenza e di servizio. Un po’ di gladiatori, quindi, possiamo trovarli.
  Concludo con due o tre questioni che a me sono poco chiare. A me risulta che l'ingegner Alessandro Marini sia morto.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Le risulta male.

  GERO GRASSI. Infatti ho detto «a me risulta». Già questa è una risposta.

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. È stato interrogato.

  GERO GRASSI. Sì. Dagli atti che ho letto...

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. C’è anche la data.

Pag. 7

  GERO GRASSI. C’è la data ? Dagli atti che ho letto non ne avevo certezza.

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Pochi mesi fa era vivo e vegeto.

  GERO GRASSI. Meglio per lui. Va benissimo.
  Voi concludete la vicenda centrale – che, secondo me, è quella della moto Honda, non quella di Pieczenik – in questa documentazione, sostenendo che Fissore si sarebbe autoaccusato. È un'ipotesi concreta. Io la leggo così. Sarei contento di aver letto male. Fissore, quindi, avrebbe denunciato se stesso. Tenendo presente la sua vicenda extraconiugale, Fissore con quella lettera anonima ha detto alla moglie che lui aveva una relazione con la signora di Pentagramma.

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Lo sapeva da prima, la moglie.

  GERO GRASSI. Perfetto.

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. La moglie sapeva anche di un'altra relazione. Le mogli scoprono quasi sempre tutto.

  GERO GRASSI. Perfetto. La domanda è questa: Fissore che interesse ha – visto che nessuno lo cita, nessuno lo conosce, nessuno l'ha mai chiamato – ad autoaccusarsi ? Questa è la prima domanda.
  Ancora, sempre su Fissore, io vi ricordo – ma voi potreste accertarlo – che il 16 marzo le condizioni meteorologiche dell'aeroporto dal quale lui avrebbe preso un volo (per esercitazioni o per piacere, non si sa dagli atti) e della zona di Torino davano un +1 di visibilità, ossia una visibilità bassissima per grandi aerei. Per gli aerei piccoli che Fissore utilizzava quel +1 va inteso ancora più in negativo. Bisognerebbe accertare – non so come fare, ovviamente – se, in effetti, questo volo ci sia stato, tenendo presente (se non lo sapete, non è una responsabilità vostra) che quell'aeroporto era utilizzato dai servizi per una serie di operazioni di scarico e carico di aerei.
  Io qui ho due fotografie di via Fani, che sono agli atti del Parlamento, la n. 2 e la n. 3, che dovrebbero essere consequenziali. Qual è la differenza ? C’è la stessa angolatura più o meno, ma nella n. 3, nel punto indicato da Marini, cioè il crocevia della strada...
  In una foto, secondo le indicazioni dell'ingegner Alessandro Marini, al punto da lui indicato nel quadrivio è a terra un caricatore, o presumo che possa essere un caricatore. Nell'altra foto il caricatore, o il presunto caricatore, non c’è.
  La domanda è: nei reperti di via Fani il caricatore, il proiettile e il bossolo che ha colpito l'ingegner Marini ci sono ? Ci sono questi tre reperti ?
  Come ultima domanda, per quale motivo Fissore avrebbe operato un depistaggio verso se stesso ? Perché il depistaggio di Fissore alla fine porta a lui, se è vero che la lettera anonima l'ha scritta lui. Normalmente i depistaggi si fanno verso terzi, non verso se stessi o, se si fanno verso se stessi...

  PRESIDENTE. Onorevole Grassi, per far comprendere a tutti: la sequenza fotografica che ha appena evidenziato e che è nella parte pubblicata delle foto di via Fani – che, a mio avviso, andrebbe integrata con le altre foto che stanno ancora nell'archivio del Senato e che non sono state pubblicate – presenta una discrepanza temporale, perché nella prima foto quell'oggetto non c’è e nella seconda c’è ?

  GERO GRASSI. Esatto. Nella foto numero 3 c’è e nella numero 2 no. Ovviamente, però, le foto possono essere parziali. Io chiedo di acquisire tutte le fotografie di via Fani, in modo tale che si possa verificare il particolare del caricatore.
  Prima che voi entraste, avevo chiesto al presidente di prevedere l'audizione dell'ispettore Enrico Rossi. A questo punto, avendo acquisito la notizia dell'esistenza Pag. 8in vita dell'ingegner Alessandro Marini, chiedo che la Commissione ascolti anche lui. Attenzione, infatti: io non credo alle minacce ricevute dall'ingegner Marini per motivi terzi rispetto all'evento di via Fani, perché...

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Lei non ha ascoltato un nastro che per trentasei anni è stato a casa di Marini. Per trentasei anni il «baracchino» installato...

  GERO GRASSI. L'ho appreso ieri. Non l'ho ascoltato, ma ho letto...

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Adesso le dico, poi fate come volete.

  GERO GRASSI. Mi faccia terminare. Tenga presente che tutti quelli che hanno visto la moto Honda sono stati minacciati. Il maresciallo Giuseppe Leonardo, dei vigili del fuoco, il giorno dopo via Gradoli è stato minacciato, Pistolesi è stato minacciato e Marini è stato minacciato. Poiché ogni volta che c’è la Honda ci sono minacce, che peraltro gli interessati non hanno tenuto per loro, ma hanno denunciato, io presumo dalle denunce che hanno fatto e dalle dichiarazioni che lo stesso Marini ha reso, non a me, ma al magistrato, che le minacce e la Honda siano collegate. Non mi risulta nella storia del brigatismo che qualche brigatista abbia fatto minacce dopo un attentato terroristico. Desumo, quindi, che la Honda non fosse in possesso dei brigatisti. Vi chiedo lumi da questo punto di vista.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Vorrei cominciare con una questione di metodo. Effettivamente l'indagine si è concentrata sulla moto Honda in via Fani, né ci si è nascosti che una moto Honda comparisse anche altrove.
  Il problema qual è ? L'oggetto dell'avocazione è in relazione alla lettera anonima. Se si avesse certezza che la moto Honda di via Fani è la stessa vista altrove, intravista altrove o che ha operato altrove, allora si potrebbe dire di estendere l'indagine anche alle altre moto Honda. Poiché, però, nessuna delle moto Honda è individuata, mentre quella di via Fani è individuata all'interno di un'operazione militare attribuita alle Brigate Rosse, ma alla quale potrebbero aver partecipato – e questo mi sembra che nella requisitoria venga detto chiaramente – organismi esterni alle Brigate Rosse stesse, si fa addirittura una triplice ipotesi.
  Si pensa che si potesse trattare, come detto implicitamente da Moretti, o di brigatisti irregolari o addirittura di soggetti che si trovavano lì per caso perché invitati a quella che ieri mi sono permesso, prendendomi un rimbrotto, di definire una sorta di stage al quale partecipavano molte persone quasi per esercitazione, pur non appartenendo al nucleo che doveva operare. Questa è l'immagine che è stata data all'esterno, ovviamente, da coloro che si sono intrattenuti nel racconto. Quando parlo di racconto, parlo di testimonianze, non certo di romanzi, ma di quello che avveniva in quel luogo.
  Evidentemente è su questo che si è concentrata l'indagine: stabilire se effettivamente una moto Honda ci fosse, cosa quella moto rappresentasse nell'ambito della vicenda nel suo insieme, se fosse lì in funzione di supporto, partecipazione o cooperazione all'operazione militare o se fosse lì soltanto casualmente, come sostiene il simpaticone che dice che c'era uno che faceva ciao con la manina, il che è una solenne idiozia, mi sia consentito di dirlo.
  Ciò posto, l'indagine si è concentrata su questo aspetto. Dopodiché, si è cercato di capire cosa l'Honda facesse e chi ci fosse a bordo, se effettivamente ci fosse un nesso tra il colonnello Guglielmi, che era lì per un motivo, da lui stesso dichiarato, affatto improbabile e, peraltro, smentito platealmente dal colonnello D'Ambrosio... Se aveva una funzione la presenza di Pag. 9Guglielmi in quel luogo e se ci fosse un rapporto tra Guglielmi e la moto Honda.
  A questo proposito si è allargata l'inchiesta a capire cosa fosse successo precedentemente che potesse giustificare la presenza di Guglielmi, resa sospetta dal fatto che negli appunti del generale Maletti, redatti in epoca non sospetta, il nome di Guglielmi venisse collegato a quello di Giovannini, di Giovannone e di altro ufficiale del SID che, nel caso appunto di Giovannini e di Guglielmi, avevano rapporti con il Centro per l'addestramento dei paracadutisti.
  Si è allargata ancora l'indagine a vedere se qualche altro paracadutista, in qualche altra occasione, avesse partecipato. Si sono prese in considerazione le dichiarazioni di Morabito, il quale poneva sulla scena del crimine addirittura un killer della ’ndrangheta. Si è cercato, cioè, di verificare quale rapporto esistesse tra la moto Honda e l'azione criminosa e se questa potesse essere rapportata al contenuto della lettera anonima, come conferma della lettera anonima stessa.
  È questo il motivo per cui l'indagine non è stata estesa a via Gradoli, perché allora non sarebbe bastato stabilire cosa ci facesse lì la moto, se ci fosse una moto e se la moto fosse la stessa di via Fani. Si sarebbe dovuto vedere come si arrivò a via Gradoli, quando ci si arrivò e tutta una serie di vicende, che sicuramente alla loro intelligenza non sfuggiranno, nelle quali, per interventi superiori attribuiti a questo o a quello, qualcuno veniva informato preventivamente di ciò che sarebbe dovuto accadere o di ciò che stava accadendo.
  Noi abbiamo presente qual era l'oggetto dell'indagine, ossia una lettera anonima in cui si diceva che c'era una moto Honda con una determinata funzione e che a bordo di quella moto Honda c'erano due signori: un moribondo – che scrive – e un altro, che viene identificato in un dato modo, alle dipendenze di tal colonnello Guglielmi, il quale aveva svolto effettivamente degli stage di preparazione presso Capo Marrargiu. Essi facevano parte di quei nuclei di dieci persone che per una settimana venivano, di volta in volta, preparati e all'occorrenza tenuti «in fresco» per essere poi tirati fuori e utilizzati all'occasione.
  Chiaramente, il problema non è quello di una ricostruzione storica fine a se stessa. Il giudice è sì uno storico, ma è uno storico dalle mani legate. Deve effettivamente occuparsi soltanto di ciò che abbia una rilevanza penale e di ciò che possa averla, ma non può andare a conoscere lo scibile per formulare ipotesi. Le ipotesi le formula, ma poi queste essiccano di fronte all'analisi logica degli eventi sotto il profilo della causalità, della non contraddizione e del terzo escluso. Laddove non si raggiungano certezze, queste restano delle ipotesi. Le ipotesi formulate sono state anche tradotte nelle esplicitazioni della motivazione della richiesta di archiviazione. Tale richiesta non nega che ci sia stata una moto, non nega che a bordo della moto possa esserci stato un soggetto che non apparteneva alle Brigate Rosse, ipotizza che potessero esserci stati soggetti che appartenevano o ad altre articolazioni del partito armato che alle Brigate Rosse non si collegavano: potevano essere personaggi di servizi segreti, come ipotizzato nella lettera anonima – ma la lettera anonima non è una prova e pertanto quella formulata è soltanto un'ipotesi – o personaggi che erano stati attratti dalla curiosità di partecipare a un evento sicuramente epocale, che comunque non ne prevedeva la presenza a fini operativi.
  Si è anche cercato di vedere quale attività concreta sia stata compiuta da coloro che stavano a bordo della moto. Si è visto, e si è esplicitato anche questo, come la moto possa aver rappresentato l'innesco dell'operazione, perché arriva immediatamente prima che l'operazione cominci e se ne va dietro al convoglio delle macchine che portano via Moro.
  Se proprio si fosse voluto ricostruire – ma non era questo l'oggetto del procedimento avocato – anche la fuga del nucleo terroristico con il rapito, evidentemente si sarebbe dovuto estendere tutta la vicenda alla presenza della cassa, alle modalità con cui la fuga avvenne, alle auto che vennero Pag. 10usate, a dove vennero cambiate le auto, il che comunque non era compito di questa inchiesta.
  L'inchiesta ha vagliato le ipotesi sul tappeto, che sono state poste dal procedimento – erano cioè le ipotesi da cui nasceva il procedimento avocato – e ha cercato di verificare se quella lettera anonima, che di per sé non costituisce una prova, ma soltanto un'ipotesi su cui lavorare, potesse avere una credibilità tale da giustificare innanzitutto la sua attendibilità e da poter dare sviluppo ad attività investigative. Al di là di quelle che sono state svolte noi riteniamo che non ne potessero essere fatte altre, tanto che, quando emerge la vicenda Pieczenik – che emerge, come è scritto nella requisitoria, non per un movimento investigativo da parte del generale ufficio della procura, quanto piuttosto per una sollecitazione di parte – si sono acquisiti gli elementi che potevano confortare la richiesta di acquisizione della rogatoria o imporne il rigetto, come in effetti avvenuto. Nel fare questa operazione si è acquisita anche la presenza di indizi gravi nei confronti di Pieczenik, che tali non sarebbero stati se ci si fosse limitati alla sua attività di propalazione dal 1986 in poi e se non si fosse andati a recuperare l'atto nel quale Pieczenik già preconizzava, in un momento particolare, cioè nel momento in cui era in piedi il comitato di crisi del quale era entrato a far parte, l'attività che avrebbe dovuto essere svolta per giungere a quel particolare risultato o a quei risultati che lo stesso si proponeva e si prospettava.
  Per quanto concerne gli elenchi di Gladio, si è fatto presente sulla base di chi aveva indagato su Gladio, perché non poteva attivarsi un'indagine autonoma... L'indagine autonoma che è stata attivata è consistita nell'acquisire una serie di elementi relativi ai morti di cancro in Piemonte tra il 2006 e i 2012 e nell'ambito di costoro verificare se qualcuno avesse fatto parte di qualche servizio. Ovviamente, parliamo di servizi che avevano una loro ufficialità. Non possiamo – perché l'oggetto dell'investigazione, l'oggetto del procedimento, non ce lo consente – andare a verificare se vi fossero soggetti che andavano al di là del milieu di servizi che avevano l'ufficialità.
  Si è dato anche atto, attraverso l'esame delle dichiarazioni dei magistrati Dini e Roberti della procura militare di Padova, del fatto che ci fossero o non ci fossero elementi che facessero pensare all'esistenza di servizi, che io non chiamo «deviati», ma paralleli e ulteriori rispetto a quelli ufficiali. Questo tanto più che, sempre in Veneto, era stata individuata, per esempio, la Rosa dei venti, che sicuramente non trovava un riscontro nell'ufficialità dei rapporti dei servizi.
  D'altra parte, le due audizioni del generale Maletti svolte dalla Commissione stragi a Johannesburg, nel 1997 e nel 2001, evidentemente hanno dato la misura di come effettivamente, regnante Miceli, qualcosa di quel genere esistesse. Determinati processi hanno portato poi all'emersione dell'esistenza di quei servizi paralleli, che però non potevamo noi andare a sondare.
  Pertanto, le ipotesi restano quelle che sono, perché non c’è un proscioglimento di qualcuno. C’è soltanto l'impossibilità di accedere, attraverso questo procedimento, a quel materiale, limite che, invece, per esempio, codesta Commissione non incontra assolutamente.
  Per quanto concerne – sarà poi il procuratore generale a esprimersi su questo punto – il giudizio di disvalore sul decorrere di un lungo periodo di tempo di inattività investigativa e istruttoria, è la legge che prevede che, laddove per un dato periodo di tempo, fissato nel suo momento iniziale e finale, non si giunga a determinati atti processuali, quali la richiesta d'archiviazione o la richiesta di rinvio a giudizio, si presume la sussistenza di una situazione di inerzia, la quale impone all'ufficio del procuratore generale di esercitare il dovere di avocazione. È la legge che stabilisce questo. Non c’è bisogno che si dica che il reprobo non ha fatto nulla e che adesso un altro, in forza di un potere discrezionale, si attiva. È la legge che fornisce i parametri in forza dei quali Pag. 11l'attivazione deve avvenire. Non sta a me dirlo, ma io ritengo che questi siano i parametri ai quali si è ispirato il procuratore generale nell'esercitare il potere, che poi è un dovere, di avocare il caso.
  Qualcosa sarà rimasto fuori, sicuramente.

  GERO GRASSI. Manca una risposta su Fissore.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Per quanto riguarda Fissore, l'ipotesi che possa aver spedito la lettera anonima per autoidentificarsi nasce dalla constatazione che la donna con la quale si dice che egli convivesse, o avesse convissuto, e che fosse la moglie, ma che in realtà non era la moglie, una volta sentita dalla polizia giudiziaria aveva dichiarato – questo in epoca non sospetta, quando Fissore era ancora vivo – che con Fissore aveva sì avuto una relazione, ma che ognuno era restato a casa propria, per ragioni che ovviamente non sono state investigate (è inutile andare sotto le lenzuola degli altri), ma che per loro erano importanti. Questa relazione era un fatto di cui erano a conoscenza esclusivamente lei e Fissore, a meno che Fissore non l'abbia raccontata a qualcuno. Ovviamente, si lascia una via di fuga sotto questo profilo.
  Mettiamo questo insieme al teatrino per cui vengono ritrovate nella cantina una moto e una pistola, che comunque non è riconducibile ad alcuno dei tipi di armi utilizzati in via Fani, se non per l'origine cecoslovacca dell'arma stessa, e dalla quale non può essere stato esploso alcun proiettile di quelli esplosi in via Fani. Inoltre, consideriamo la presenza di una copia avvolta nel cellophane e ristampata (non originale del 1978) de la Repubblica con il titolo «Attacco allo Stato: rapito Moro», nonché la presenza di una lettera del senatore Mazzola, della quale poi si è molto parlato, perché in realtà la lettera si riferiva a problemi che potevano essere sorti per il rapporto del senatore Mazzola con il proprio collegio. Teniamo conto che la vicenda riguarda Bra, in provincia di Cuneo, dove il senatore Mazzola aveva il suo collegio elettorale.
  Poiché nel 2007 era stato ripubblicato con nome e cognome dell'autore un libro che, invece, era stato pubblicato anonimo nel 1985 e che si dice avesse innescato tutta la dietrologia, provenendo oltretutto da chi era sottosegretario con delega ai servizi segreti, evidentemente tutto questo faceva sorgere il sospetto che ci fosse qualcosa di artefatto, di costruito, tra la lettera anonima, che riferiva una circostanza che rientrava in una sfera ristrettissima di conoscenze tra personaggi (la relazione tra Fissore e la dipendente della società Pentagramma), e questo apparato, che viene individuato, oltretutto con una pistola ad aria compressa, peraltro regolarmente denunciata da un personaggio che frequentava poligoni di tiro.
  Per quanto concerne il fatto che Fissore – siamo a livello di ipotesi, ma l'ho già detto – si sia lasciato dietro la lettera da solo, non si è potuto neanche stabilire questo, tanto che si è fatta un'indagine sulle impronte papillari per vedere se quelle parziali, individuate sulla lettera anonima e non attribuite in sede di indagine scientifica a Torino, potessero essere le stesse trovate su un flacone di profumo che era stato acquisito su indicazione della stessa moglie del Fissore.
  Il tutto, però, è rimasto a livello di pura ipotesi, che comunque si è ritenuto di dover vagliare, come si erano vagliate le possibilità che qualcuno dei soggetti morti in quel lungo periodo e che rientravano in una determinata fascia d'età, compatibile con l'intervento in moto, appartenesse a qualche servizio, il che ha dato esito negativo.
  Per quanto concerne le minacce rivolte all'ingegner Marini per motivi personali, chiedo che la seduta sia secretata.

  (La Commissione prosegue i lavori in seduta segreta, indi riprende in seduta pubblica).

  PRESIDENTE. Torniamo in seduta pubblica.

Pag. 12

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Mi consentite, a questo punto, dopo l'intervento del collega Lupacchini, di farvi un'ulteriore precisazione ? Mi rendo conto che forse non abbiamo ribadito bene i termini processuali nell'ambito dei quali ci siamo mossi.
  Esiste ed è ancora pendente presso la procura di Roma un processo per l'uccisione dell'onorevole Moro: è il Moro 8 o Moro 9, siamo a questi numeri. Nell'ambito di quel processo nasce la vicenda della lettera anonima, che si pone solo come uno spaccato di quell'indagine e che immediatamente, forse per la carenza di notizie sull'altro fronte o perché effettivamente l'argomento è importante, attira l'attenzione della stampa, che comincia a rincorrersi con notizie.
  Questa notizia iniziale era stata immediatamente recepita da Maria Fida Moro, la quale, tramite il suo difensore, avvocato professor Ferdinando Imposimato, ha cominciato a tempestare – in senso buono – gli uffici giudiziari di sollecitazioni a indagare e a vederci chiaro.
  I motivi processuali, a questo punto, nascono da una constatazione. Le ragioni di un'avocazione nascono da un'inerzia, nel momento in cui quella lettera anonima era già pendente da due anni presso la procura di Roma, e da un clamore che si stava sollevando intorno a questo elemento, che rischiava ancora una volta – perdonatemi se lo dico – per effetto di una «platealizzazione» e di un'estrema pubblicizzazione dei processi, di lasciare la sede dei tribunali per entrare in quelli della cronaca più o meno colorita.
  Questo spiega anche il perché molte delle vostre giuste valutazioni e obiezioni – permettetemi di dirlo – valgono e sono riferibili alle necessità conseguenti di capire nel processo Moro, ma non nel processo che ha a oggetto soltanto la lettera anonima.
  Non sono d'accordo, onorevole, col suo dubbio sugli inconfessabili motivi detti dal pubblico ministero Marini. Bisognerebbe forse chiedere a Marini perché siano inconfessabili. Io avrei dovuto chiamare un pubblico ministero a testimoniare su atti del suo ufficio. Come lei sa, questi sono atti che non possiamo compiere: un pubblico ministero non può essere chiamato a testimoniare su atti del suo ufficio. Non so nemmeno di che possa trattarsi. Potrebbero, però, sotto il profilo dell'inconfessabilità, non essere motivi orrendi. Potrebbero essere motivi di qualsiasi genere. Semplicemente in quel momento il pubblico ministero Marini potrebbe aver valutato di non doverli confessare. «Inconfessabili» non significa non conoscibili assolutamente, ma solo in un dato momento. Temporalmente posso riferire, perché anche questo è contenuto nella cronistoria nell'ambito della nostra requisitoria, che il pubblico ministero Marini, mentre stava svolgendo quel tipo d'indagine, venne, a sua domanda, trasferito dalla procura della Repubblica di Roma alla procura generale della Corte di appello di Roma. Forse il motivo inconfessabile è che ha dovuto abbandonare un'indagine.
  Quanto alle valutazioni non lo so, ma sono le sue. Temporalmente, c’è questo fatto.

  GIACOMO CALIENDO. Anche Granelli pare che ne abbia parlato.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Sì, ma quella di Granelli, se non ho male interpretato ciò che è stato letto dall'onorevole Grassi, mi sembra che fosse una ripresa dell'inconfessabilità precedente. Geneticamente l'inconfessabilità è la prima.

  GERO GRASSI. Ha ragione.

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Mi scusi, ma non sono d'accordo sull'ulteriore sua definizione della data come ipotesi per quanto riguarda Fissore. Una tecnica investigativa – questo è vero specialmente in sede giudiziaria, ma è ricorrente in ogni tecnica investigativa, quando si ha anche una responsabilità di affermare determinate dichiarazioni o di Pag. 13affrontare la disamina di determinati fenomeni – porta, come giustamente, per esempio, il dottor Cucchiarelli ha riferito a noi in relazione alle dichiarazioni del Rossi: «Come è mia abitudine, contratta in tanti anni di attività di giornalismo parlamentare, ho cercato di valutare l'affidabilità, l'attendibilità e la veridicità». Sono qualità che definiscono sempre un obbligo di fronte a una propalazione di notizie.
  La stessa cosa, quindi, abbiamo fatto anche noi. Abbiamo mirato a individuare quei criteri, trovandoci di fronte a una lettera anonima che indicava determinati elementi e che giocava – perdonatemi l'ipotesi figurata – a mosca cieca con gli investigatori eventuali. Se si scrive una lettera anonima, si vuole che ci sia una certa attenzione, che viene sollecitata e soddisfatta da un'indicazione di elementi, se scoperti. Se a tali elementi si affiancano altri elementi di riscontro contrari all'accertamento e alla deduzione di ciò che viene accertato, questo è un argomento certamente significativo.
  D'altra parte, conosciamo anche la presenza continua e costante, nelle nostre indagini, di mitomani che si divertono a depistare o che hanno la smania di apparire e di sentirsi citati sui giornali. Questo fa parte dell'umanità che noi quotidianamente affrontiamo.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Scusate, ma, prima di dar corso a ulteriori domande, vorrei rispondere a un'ulteriore questione...

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Concludo. C’è un'ultima cosa su cui io non sono d'accordo. Si fa torto...

  GERO GRASSI. Io non le ho chiesto se è d'accordo. Sono io che devo dire se non sono d'accordo rispetto a quello che ha detto lei e non il contrario.

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Io sono per la par condicio.

  GERO GRASSI. Ho capito, ma la par condicio ha un limite. Qui la par condicio non c’è. Le domande le faccio io.

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. È anche un modo, credo, gentile di interloquire.

  PRESIDENTE. E che non merita necessità di replica, anche perché a una certa ora dovremmo pure concludere.

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Di fronte a un'affermazione è chiaro che mi posso dichiarare benissimo d'accordo o non d'accordo. Lei sostiene che i famosi voli, dato il richiamo meteorologico sugli aeroporti del Piemonte, dovrebbero essere accertati. Sono accertati ? Noi abbiamo provato ad accertarli. Ci sono i libretti di volo, gli unici che siamo riusciti a reperire, che, per fortuna, danno contezza di quei due voli compiuti da Fissore in quel giorno.
  Altri voli li abbiamo cercati. Se avessimo avuto la prova, attraverso un libretto di volo, che Fissore con un aereo era venuto a Roma o era partito da Roma, certamente li avremmo trovati, ma ci hanno risposto che, data la lunghezza degli anni passati, non c'era più la possibilità di rintracciare il dato. Abbiamo ricostruito la presenza di Fissore come passeggero trasportato e, quindi, come allievo di Gallo.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Non solo, si è ricostruita anche la figura di Gallo.

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Questo l'abbiamo detto ieri.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. In sostanza, Gallo non emerge come una figura che potrebbe essere aliena a determinati Pag. 14mondi. D'altra parte, resta anche quella un'ipotesi, perché Gallo è morto e non vi sono elementi ulteriori sui quali andare a effettuare gli accertamenti. In compenso, però, si sono sentite tutte le persone ancora viventi che avevano lavorato con lui presso l'aeroporto di Levaldigi.

  FRANCESCO SAVERIO GAROFANI. Sarò molto breve e preciso nelle mie curiosità. Vorrei ribadire alcuni passaggi dell'audizione di ieri, con riferimento alle cose dette dal Procuratore generale Ciampoli e dal consigliere Lupacchini.
  La prima curiosità che ho è se, avendo così scrupolosamente e meticolosamente ricostruito la scena di via Fani, tanto da sentire l'esigenza di audire anche un regista cinematografico, come ci avete detto ieri, avete considerato i documenti recentemente depositati presso l'Archivio di Stato dai servizi e resi accessibili agli storici, sia pure attraverso procedure molto particolari e molto complesse. In particolare, penso alle informative che parlano della scena di via Fani, datate 26 marzo 1978, in cui fonti non meglio individuate riferiscono di aver visto subito dopo l'eccidio sulla scena di via Fani due personaggi legati a Lotta Continua, Rocco Pastore ed Erri De Luca, che viene impropriamente chiamato «Henry». Su questo poi c’è stata anche una polemica giornalistica, perché la Repubblica un paio d'anni fa ha pubblicato un'inchiesta in cui li citava. Vorrei sapere se, a vostro avviso, sia il caso innanzitutto di indagare su quell'informativa per stabilirne la veridicità oppure la possibilità di un depistaggio.
  Faccio un'altra domanda che riguarda la vicenda Barbaro. Voi avete fatto riferimento all'esistenza di una seconda sede di una società di copertura che aveva la sede principale sopra il bar.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Società di copertura ?

  FRANCESCO SAVERIO GAROFANI. Si è ipotizzato che lo fosse. Diciamo che era un'azienda dal profilo piuttosto indefinito, con attività piuttosto indefinite, che, se non ho capito male, in quei giorni aprì una seconda sede, una succursale, nelle vicinanze di Monte Mario. Vorrei sapere se questo elemento è stato approfondito e magari messo in connessione – lei mi ha già parzialmente risposto – con il tema, anche questo avvolto in una nuvola di grande opacità, della via di fuga, cioè del percorso che il commando dei terroristi avrebbe utilizzato per allontanarsi da via Fani.
  L'ultima curiosità è veramente un dettaglio, che riveste, però, la sua importanza e che riguarda la testimonianza dell'ingegner Marini, il quale dice di aver riconosciuto in uno dei due a bordo della moto un personaggio molto somigliante a Eduardo De Filippo giovane. La mia curiosità è: il Fissore somigliava a Eduardo De Filippo giovane ?

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Abbiamo alcune fotografie di Fissore da giovane, ma portava la barba lunga, ragion per cui è difficile vedere la somiglianza con Eduardo De Filippo. D'altra parte, inizialmente era stato riconosciuto anche Corrado Alunni. C’è tutta una storia dietro al personaggio che siede sul sellino posteriore della motocicletta.

  FRANCESCO SAVERIO GAROFANI. O anteriore, perché ci sono due versioni.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. C’è una prima versione, che però viene immediatamente corretta. Mentre colui che guidava la moto aveva il volto coperto da un passamontagna, l'altro era a volto scoperto. Inizialmente viene data la versione opposta: si dice che quello col volto coperto era il trasportato. Nella prima versione quello col volto coperto...

  FRANCESCO SAVERIO GAROFANI. Quello che avrebbe sparato, però, aveva il Pag. 15volto coperto, nella ricostruzione. Parlo del passeggero, che aveva sparato all'ingegner Marini.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. No, nella ricostruzione il passeggero era a volto scoperto.

  FRANCESCO SAVERIO GAROFANI. Quindi, quello che avrebbe sparato era a volto scoperto ? Era quello che somigliava a Eduardo De Filippo ?

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Inizialmente le posizioni sono rovesciate: è a volto scoperto il conducente e a volto coperto colui che ha sparato. Nella seconda versione, resa cinque o sei ore dopo la prima e che poi si conserverà in tutti gli interrogatori, è il passeggero, quello che ha sparato, ad avere il volto scoperto e ad assomigliare a Eduardo De Filippo, mentre il conducente è a volto coperto. C’è, quindi, questa contrapposizione tra le due versioni, ma la prima dura l'arco di poche ore e poi viene modificata davanti al magistrato.
  Comunque, per quanto concerne la scena del delitto, il motivo per cui è stato sentito Martinelli non è stato tanto quello di vedere come fossero andate le cose. Quello è stato uno sviluppo ulteriore dell'indagine, perché poi Martinelli si è lasciato andare alle dichiarazioni successive. Il motivo era il fatto che non era un caso che la sceneggiatura della lettera anonima fosse molto simile a quella di Piazza delle Cinque Lune. Martinelli era stato sentito per capire qual era stato l’input che aveva avuto per la sua ispirazione artistica, ossia da cosa avesse avuto la sua ispirazione, per vedere se poteva esserci un collegamento. Dopodiché, lui si è dilungato sulle modalità dell'omicidio.
  Al di là delle dichiarazioni di Martinelli, siamo riusciti a recuperare una serie di fotografie dalle quali la Fiat 132 fotografata sul luogo del fatto sembra uscita dalla carrozzeria: paraurti perfettamente integro, nessuna presenza di frenata, nessun segno di tamponamento. Dall'altra parte c’è una fotografia relativa alla posizione delle auto dall'alto che evidenzia come la Fiat 128 non sia stata assolutamente toccata.
  Anche dai rapporti, che purtroppo sono in fotocopia negli atti della Commissione Moro, ragion per cui non è possibile vederli appieno, vediamo come le auto non portino segno alcuno. C’è addirittura la targa «Corpo Diplomatico» che non porta alcun segno del tamponamento reiterato che sarebbe stato operato dal Ricci per effettuare la spinta e vincere la resistenza di un freno a mano tirato e di un pedale premuto. Sostanzialmente, non c’è nulla di tutto questo.
  In più, c’è un altro fatto che potrebbe essere singolare: finora, almeno nella mia esperienza, io non ho visto mai proiettili che colpiscono a boomerang, cioè che sono sparati da sinistra e colpiscono da destra a sinistra, facendo magari il giro dell'autovettura per poi tornare indietro e avere il foro d'entrata sulla destra e quello di uscita sulla sinistra.

  PRESIDENTE. Quanto alla vicenda dei due di Lotta Continua ?

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. I due di Lotta Continua... l'abbiamo ricavato, questo, da un articolo del professor Gotor, ma non abbiamo acquisito alcun atto, perché non abbiamo rinvenuto la fonte di quell'affermazione e agli atti del processo i due non compaiono.

  FRANCESCO SAVERIO GAROFANI. Sono documenti, depositati all'Archivio di Stato, dei servizi segreti.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Noi abbiamo visto la notizia, ma non abbiamo avuto la fonte. Probabilmente sarebbe stato il caso di chiedere al professor Gotor quale fosse Pag. 16la fonte di quel paragrafetto dell'articolo che prende in considerazione, sia pure con una qualche imprecisione, le dichiarazioni di Rossi. Viene attribuito sostanzialmente a Rossi l'aver messo in piedi questa storia come reduce da chissà quale guerra. Rossi non poteva essere reduce da niente, perché era piuttosto giovane e forse non era neppure in servizio all'epoca, mentre Rossi riferiva quello che altri avevano scritto, cioè la famosa testimonianza post mortem. Questa è una piccola correzione. In sostanza, in quel momento si è detto di tutto. Per non citare poi altri testi che nella requisitoria vengono richiamati, come quelli di nocensura o quelli di Persichetti o Clementi, che giustamente possono ben stare in cattedra in questa materia.

  PRESIDENTE. Alcuni elementi non sono stati richiesti e non sono stati presi perché esulavano dall'avocazione, che riguardava la moto Honda e non altro.

  PAOLO BOLOGNESI. Anch'io sarò veloce nella domanda. La risposta non la so.
  Nell'esposizione di ieri voi avete insistito anche sul discorso che in via Fani sicuramente c'erano più di otto-dieci persone. Addirittura in un'intervista l'onorevole Pellegrino parla di una trentina di persone, da venti a trenta, e via di questo passo.
  Avete analizzato e valutato il discorso che fu fatto da Saverio Morabito ? Lo chiedo perché ieri è venuto fuori anche questo aspetto, sebbene di striscio. La cosa aveva dei riscontri, in qualche modo: c'era una telefonata tra Benito Cazora e Sereno Freato in cui si diceva: «Dalla Calabria mi hanno telefonato per informarmi che in una foto presa sul posto quella mattina lì si individua un personaggio noto a loro». Il rullino, che era in possesso di Infelisi, è sparito.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Qualcuno ha giustificato la cosa davanti a questa Commissione, se non sbaglio, dicendo che le carte erano così tante che le cose potevano anche sparire.

  PAOLO BOLOGNESI. Sì, tutto può succedere. A noi per la strage di Bologna hanno detto che, quando qualcuno commette un furto in una casa, si può trovare il colpevole o meno. Hanno paragonato la strage a un furto.
  Poiché ieri avete ipotizzato – era una pura ipotesi – che all'interno ci potessero essere anche uomini non solo dei servizi, ma di servizi paralleli, o cose e persone che potessero rivelare delle presenze di altri Stati, o cose di questo tipo (voi avete fatto degli accenni di questo tipo), quelle fotografie potevano essere importanti. Una ricerca meticolosa nei corpi di reato a Roma o qualcosa del genere non è possibile ? O non dobbiamo proprio far conto su quelle cose ?

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Lei ci sta dicendo, e noi siamo d'accordo con lei, che forse questa inchiesta avremmo dovuto farla trent'anni fa. Non ne avevamo la competenza, anche se mi ricordo che all'epoca ero anch'io in procura e quindi abbiamo passato quei giorni, ma non ero io tra i magistrati delegati.

  PAOLO BOLOGNESI. È venuto fuori il discorso della società sopra il bar. Avrà un nome, immagino, o no ?

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Mi sembra che ci sia stato un interrogatorio. Non ce l'ho qui con me.
  La società, certo, aveva un nome e lo si conosceva. Tra l'altro, stamattina sono finalmente riuscito a conoscere la sorte di Barbaro, il quale nel 2005 – ecco perché spariva dalle cronache romane – si trasferiva a Tolentino con la moglie. Seguendo la moglie, abbiamo trovato il suo trasferimento a Tolentino.

Pag. 17

  PRESIDENTE. E poi è defunto ?

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Da informazioni assunte proprio stamattina presso lo stato civile di Tolentino risulta ancora vivo.

  PAOLO BOLOGNESI. È ancora vivo ? Bene, è una notizia interessante.
  Di questa società, che sicuramente avrà un nome...

  PRESIDENTE. Il consigliere Lupacchini ci fornirà qualche elemento in più.

  PAOLO BOLOGNESI. Si può vedere di fare una visura ? Si può vedere se ci sono altri soci ?

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Innanzitutto io ho la documentazione attraverso la quale siamo riusciti ad avere finalmente l'attuale domicilio di Barbaro trasferito da Roma. Ci siamo arrivati attraverso la banca dati del Ministero dell'interno e i dati relativi alla moglie, la Pastore Stocchi. Abbiamo chiesto per le vie brevi conferma allo stato civile, il quale ci dice che risulta iscritto lì. Se poi risieda lì, non lo sappiamo. Non sappiamo se stia stabilmente lì, ma è l'ultimo domicilio conosciuto. Risulta, quindi, vivo e ha un domicilio.

  PAOLO BOLOGNESI. Il nome della società ce l'avete ?

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Il nome della società non ce l'ho qui.

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. A pagina 68 noi diciamo: «Nello stabile di fronte al luogo della strage, sopra il bar, c'era una base dei servizi segreti tenuta in attività da Bruno Barbaro, cognato del colonnello Pastore Stocchi, allora comandante della base militare di Capo Marrargiu. Successivamente il geometra...» – salto alcuni passaggi -«...di aver conosciuto il cognome della moglie del Barbaro, signora Licia Pastore Stocchi, allorché aveva consultato il certificato di iscrizione della società dello stesso Barbaro presso la Camera di commercio» – ma non abbiamo il nome – «di avere, altresì, saputo da tal signor Galizia, un sardo di Sassari, amico e collaboratore del Barbaro, che la signora era la sorella del Pastore Stocchi e di essere, inoltre, a conoscenza anche dei seguenti fatti: Barbaro, in società con tal geometra Perazzi, aprì un ufficio in via Alfredo Fusco e, allo stesso tempo, cedette l'ufficio di via Fani a dei giovani dall'incerta attività...». Quindi, quando ha aperto via Fusco, ha lasciato. Il testo continua: «...i quali talvolta si riunivano in una delle stanze dell'ufficio di via Fusco con lo stesso Barbaro per discussioni di cui non era mai riuscito ad afferrare l'oggetto. Talvolta aveva incontrato all'interno della società il Galizia, costruttore di canne fumarie morto di infarto – è l'ennesimo morto –, il ragioniere Insabato, dipendente del Ministero dell'agricoltura, che, come lui, frequentava l'ufficio di Barbaro, svolgendovi un secondo lavoro, ma anche altri che comparivano come collaboratori di Barbaro, i quali ostentavano amicizia e confidenza con il Barbaro, pur essendo nullo il loro rendimento aziendale, tanto da aver avuto l'impressione che venissero pagati per altre prestazioni, il che faceva pendant con le otto stanze della seconda sede dell'azienda – quella di via Alfredo Fusco – che erano tutte ben arredate con scrivanie e mobili d'ufficio, ma che erano quasi inutilizzate, stanze le cui finestre erano per l'appunto affacciate sul parco della Pineta Sacchetti, proprio di fronte alla sede SISMI, in linea d'aria a 2 chilometri».

  PAOLO BOLOGNESI. Va bene. Il nome della società ce lo fornite ?

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. No, non ce l'hanno dato.

Pag. 18

  PAOLO BOLOGNESI. Non ce l'avete.

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Non so se dopo figuri. «Il Barbaro, dunque, aveva come clienti – Palazzo Giustiniani, cliniche vaticane e Banca d'Italia».

  PRESIDENTE. Se vogliamo approfondire questo argomento, possiamo sempre convocare Barbaro, che abbiamo saputo dov’è. Se non ha perso la memoria, ci aiuterà a capire il nome della società e le attività che svolgeva.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Ha appena ottantasei anni.

  PAOLO BOLOGNESI. Scusate un attimo. Nel momento in cui ieri ne avete trattato, avete parlato molto, oltre che di servizi, di servizi deviati.

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Mi scusi, ma io ho inteso contestare sempre questa definizione, che è usuale ogni volta che si citano i servizi segreti. Non si riesce più a dire semplicemente «servizi segreti». Si deve sempre aggiungere l'aggettivo «deviato», il che fa supporre nel lettore che il servizio, per essere segreto, debba essere deviato, altrimenti non potrebbe essere.
  Questa è forse, purtroppo, un'eredità, ormai vecchia, dei vecchi servizi, che però oggi meritano tutta l'assistenza e tutta l'affidabilità, anche in funzione di norme che ne hanno regolamentato ulteriormente l'attività, e costituiscono, a mio avviso – perdonatemi se lo dico a voi, che siete qui deputati a questo – una garanzia ancora di democrazia e di sicurezza dello Stato.
  In questo momento noi abbiamo degli elementi molto allarmanti di un ribollire di varie azioni e di vari movimenti e l'avere un servizio segreto efficiente ci offre garanzie sotto i profili di sicurezza.

  PAOLO BOLOGNESI. Io riprendevo una cosa che avete detto ieri...

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Mi scusi, ma noi riferivamo la definizione di servizi...

  PAOLO BOLOGNESI. Poiché a quell'epoca avevamo tutti i direttori iscritti alla loggia massonica P2, che avevano un determinato comportamento, c’è da dire che, più che deviati, erano servizi che facevano quello che dovevano fare. Punto.

  MICHELA MONTEVECCHI. Io rinuncio a intervenire, perché il nostro ospite, rispondendo alle domande dei colleghi, ha già risposto anche agli interrogativi che avevo io.

  MIGUEL GOTOR. Buonasera. Io mi vorrei permettere di indicare due princìpi che sarebbe bene, secondo me, che noi utilizzassimo, proprio come commissari, nella nostra azione, anche quando ascoltiamo chi abbiamo scelto di audire.
  Il primo principio, secondo me, è il seguente: grandi affermazioni necessitano sempre della presenza di grandi prove. Faccio un esempio concreto: se noi diciamo che sulla moto Honda erano presenti verosimilmente due agenti dei servizi segreti, l'affermazione è così clamorosa che richiede, a mio parere, prima di essere fatta, non una riflessione di carattere deduttivo e ipotetico, che, peraltro, svolgiamo trentasei anni dopo i fatti, ma, appunto, grandissime prove.
  Se, invece, noi sosteniamo, sempre verosimilmente, che sulla moto Honda erano presenti due esponenti del «partito armato» – uso l'espressione nell'accezione ormai consolidata, cioè non solo e non esclusivamente esponenti delle Brigate Rosse sfuggiti alle indagini – a me sembra qualcosa di più plausibile. Mi sembra un'affermazione, sul piano della grandezza, di minore entità.
  Su questo punto mi permetto di fornire una precisazione perché il dottor Lupacchini mi ha chiamato in causa pochi Pag. 19minuti fa: non troverà mai alcun mio testo scritto in cui io avrei sostenuto, come lei ha detto, che sulla moto Honda c'erano due esponenti di Lotta Continua.
  Poiché il dottor Lupacchini ha chiesto cognizione delle fonti da cui io avrei tratto un'affermazione che non ho fatto, leggo il brano in questione: «Occorre anche ricordare che, in base a documenti del SISMI, ossia del servizio segreto militare, resi pubblici nel 2012 e pubblicati in un'inchiesta del quotidiano la Repubblica, si è venuti a sapere che nei giorni immediatamente successivi all'agguato di via Fani i servizi militari avevano nel mirino Erri De Luca, il quale, fino allo scioglimento di Lotta Continua, avvenuto nel 1976, era stato responsabile del servizio d'ordine di quella organizzazione. Nella velina dei servizi datata 26 marzo 1978 si trova scritto che «una fonte aveva riferito di aver visto, subito dopo l'eccidio in via Mario Fani, un giovane dalle caratteristiche identiche a quelle di Henry De Luca, già da tempo ritenuto elemento irregolare delle Brigate Rosse». Sempre nel luogo dell'agguato, una «fonte informativa» aveva segnalato anche la presenza di tal Rocco Pastore, «già esponente di Lotta Continua, in atto elemento irregolare delle Brigate Rosse». Queste affermazioni, che sono state pubblicate in un'inchiesta del quotidiano la Repubblica – sono quelle a cui lei faceva riferimento a memoria e che, invece, io adesso sto riportando alla lettera e sono le stesse a cui faceva riferimento il collega Garofani – sono riscontrabili con un semplice esercizio di ricerca all'origine col motore di ricerca Google. Si trovano i documenti riprodotti sul sito di inchieste.repubblica.it e si vede l'appunto riprodotto.

  PRESIDENTE. Per la precisione, il consigliere Lupacchini non ha detto che stavano sulla moto. Faceva riferimento a quello che diceva Garofani. Era convinto di averlo letto riportato in qualcuno dei suoi scritti.

  MIGUEL GOTOR. La fonte è la stessa.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. No, ci sono due fonti. C’è una fonte utilizzabile materialmente, che è la velina, che lascia il tempo che trova, perché la fonte de relato è una fonte che non sappiamo chi sia. Andare a chiedere sarà un bellissimo esercizio per lo storico che ha le mani sciolte e libere di muoversi come vuole sulla scacchiera nella ricostruzione, ma non del giudice, che formula ipotesi che poi essiccano non di fronte alla logica, ma di fronte al diritto processuale, che non consente di utilizzare fonti indeterminate. Era inutile, quindi, andare a mettere in mezzo Erri De Luca o altri personaggi.

  IGNAZIO LA RUSSA. Qualche volta, però, si va dietro anche a quelle fonti.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Lei ha perfettamente ragione, ma non lo venga a dire a me, o perlomeno, se me lo dice, mi porti la dimostrazione che io sono abituato ad andar dietro a queste fonti in questo modo.

  IGNAZIO LA RUSSA. Non lo dicevo a lei.

  MIGUEL GOTOR. Ci ho tenuto a fare questa precisazione. Ho letto il brano interessato.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Era a quel brano che mi riferivo. Mi riferivo alla fonte che informa il servizio. Non sappiamo chi abbia scritto la velina, non sappiamo chi sia la fonte: chi andiamo a sentire ?

  MIGUEL GOTOR. Per nostra fortuna, queste nostre interlocuzioni sono registrate e verbalizzate. A me interessava soltanto precisare che questo è scritto – e gliel'ho letto – e che la fonte sulla quale io scrivo questo era dichiarata ed esplicitata, Pag. 20ed era il sito inchieste.repubblica.it, che è consultabile. Mi interessava questo.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Io non entravo nel merito.

  MIGUEL GOTOR. Mi sono permesso di cogliere un'allusività nel suo dire, ma posso essermi sbagliato.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Probabilmente le parole mi hanno servito male. Posso aver dato questa impressione, ma non c'era alcuna allusività.

  MIGUEL GOTOR. Abbiamo chiarito.
  Il secondo principio che inviterei a richiamare, che è un principio anch'esso logico, è entia non multiplicanda sunt preater necessitatem, ossia il rasoio di Occam.
  Le moto Honda circolanti a Roma nel 1978 erano – non lo so, è un dato verificabile, ma mi sembrerebbe grottesco doverlo fare – centinaia e centinaia. C'era una moto Honda il 16 marzo del 1978, di colore blu, ci viene detto: questo è agli atti, nel volume 42 della Commissione Moro, a pagina 98, Alessandro Marini ascoltato dal giudice Imposimato il 26 settembre 1978. Ci viene fornito il colore. Il fatto che il 18 aprile del 1978 a via Gradoli venga avvistata e, dunque, riportata a verbale un'altra moto Honda non ci induce sul piano né logico né pratico a stabilire un nesso, anche perché Leonardi Giuseppe (volume 42, pagina 218, audito il 31 ottobre 1978) dichiara che la motocicletta era una Honda nera. Ci sono due moto Honda di colore diverso circolanti a Roma.

  PRESIDENTE. Oppure era discromico Leonardi. Avrà confuso tra blu scuro e nero.

  MIGUEL GOTOR. A distanza di trentasei anni possiamo inoltrarci in questi dibattiti, ma...

  PRESIDENTE. Il senatore Gotor lo sta dicendo all'onorevole Grassi, l'unico che abbia messo in relazione le due moto.

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Lei si dà già una risposta alla prima domanda. Le grandi idee devono avere grandi prove. Se sono supposizioni, non sono grandi idee.

  MIGUEL GOTOR. Assolutamente.
  Per quanto riguarda le minacce che accompagnano la vicenda dell'ingegner Alessandro Marini, voi in seduta segreta ne avete indicata una che io trovo molto rilevante.

  PRESIDENTE. Per la precisione, il consigliere Lupacchini ha detto, rispetto a questo, che c'era una minaccia attribuita a un avvocato e riferita da Marini. Poi è stato ritirato il «baracchino» che aveva le registrazioni telefoniche ed è comparsa un'altra minaccia, legata a vicende che abbiamo detto in seduta segreta. Si tratta di due momenti diversi. Una minaccia è riferita a Marini...

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Potrebbe anche essere la stessa, ma è un'ipotesi.

  MIGUEL GOTOR. Ho avuto l'impressione, ma posso essermi sbagliato, che la parte relativa all'avvocato fosse anch'essa stata trattata in seduta segreta.

  PRESIDENTE. No.

  MIGUEL GOTOR. Benissimo. È un mio errore di percezione. È stata trattata in seduta pubblica. La parte relativa alle presunte minacce che vengono fatte da un avvocato io la trovo un elemento significativo.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Non c’è dubbio. È significativo del fatto che, a un Pag. 21certo punto, ci fosse un motivo di preoccupazione per quella moto da parte dell'avvocato che in quel momento difendeva Alunni. Perlomeno si stava per compiere il riconoscimento, che poi ebbe un esito – mi sembra – negativo nei confronti di Alunni.

  MIGUEL GOTOR. Non è un avvocato X....

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Non era un avvocato estraneo. È stato fatto anche il nome.

  MIGUEL GOTOR. Invece, per quanto riguarda le minacce, alcune furono verbalizzate. Ve ne riferisco una – mi rivolgo ai commissari e non certo ai magistrati che hanno indagato – per capirne il tono. L'ingegner Marini il 2 giugno del 1978 va dalla Polizia, o meglio, non ci va Marini, ma una persona, riferendo ciò che gli ha detto l'ingegner Marini: «Mi dice che cinque minuti prima, appena terminata la partita Italia-Francia, aveva ricevuto una telefonata nella sua abitazione da parte di uno sconosciuto che gli aveva chiesto se fosse Sandro e se abitasse in via Mario Fani. Alla risposta affermativa l'anonimo ha replicato: “Ti ho visto in via Mario Fani. Sono rosso. Stai in campana. Non uscire perché ti faccio fuori”. Subito dopo lo sconosciuto ha riattaccato. Il Marini mi ha precisato che il suo numero telefonico è sull'elenco, che nell'ambiente di lavoro è ingegnere e lavora nel campo edilizio, che viene normalmente chiamato Alessandro, non Sandro, che qualche giorno dopo l'eccidio di via Fani il suo nome comparve su Il Messaggero come Marini Alessandro, e che nella zona in cui abita da alcuni come, per esempio, dal giornalaio è conosciuto come Sandro».
  Questo è il tenore delle minacce che Marini riceveva nel giugno del 1978.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Non per altro l'avevano fornito del sistema di registrazione, ossia per avere contezza delle minacce che riceveva.

  MIGUEL GOTOR. Di questa vicenda della moto Honda mi ha sempre colpito l'atteggiamento negazionista – «il fatto non esiste» – e che sia stato messo in essere in una sede editoriale particolarmente prestigiosa da Mario Moretti. Moretti, in un libro uscito all'inizio degli anni Novanta intervistato da Carla Mosca e Rossana Rossanda, risponde alla domanda: «Può darsi che un testimone suggestionato dal clamore dell'avvenimento riferisca in buona fede qualcosa che magari aveva visto mezz'ora dopo oppure il giorno prima. Non lo so proprio. Di sicuro noi non usiamo nessuna Honda e non c’è nessun compagno a fare il cowboy in motocicletta».

  PRESIDENTE. L'ha citato anche ieri il consigliere Lupacchini.

  MIGUEL GOTOR. Questo atteggiamento è sempre sorprendente, visto che esiste il parabrezza dell'ingegner Alessandro Marini forato dagli spari.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Il discorso è questo: c’è una gran parte della requisitoria che si intrattiene proprio sulle contraddizioni palesi rispetto ai dati di realtà dei due, Morucci e Moretti. Anche la stessa ricostruzione delle modalità dell'innesco dell'operazione militare, tamponamento o non tamponamento, non sarà magari rilevante dal punto di vista della moto, però segnala un problema che è serio, ossia che tralaticiamente, di sentenza in sentenza, negli otto processi Moro si torna a parlare di un tamponamento che non ci fu mai e che i due invece hanno affermato, uno dicendo addirittura che i tamponamenti furono due, il primo quando fermano il convoglio di Moro e il secondo quando Ricci cerca di divincolarsi dal blocco che è stato fatto dalla Fiat 128.Pag. 22
  Tanto per ritornare a Martinelli, magari è un'attività inutile, potremmo anche proporre un esperimento giudiziario su questo punto e in effetti, l'esperimento giudiziario venne fatto. Se vedete non tanto il film, che porta dei tagli dovuti necessariamente alla sceneggiatura, quanto il DVD della ricostruzione in superotto dell'incidente – chiamiamolo così – ci si rende perfettamente conto di come le cose non possano essere andate o di come siano andate anche in relazione alle condizioni in cui troviamo le macchine.
  Questa evidenza non poteva sfuggire a chi aveva in mano le fotografie – non parlo di quelle scomparse – che comunque erano fotografie rilevanti, perché erano state depurate dei fotogrammi irrilevanti. Questo è ciò che risulta dall'acquisizione di quelle fotografie nel verbale del dottor Infelisi. A prescindere da quelle fotografie, che non sapremo mai che cosa contenessero, o perlomeno non potremo saperlo oggi, ci sono fotografie perfettamente visibili, quelle da destra verso sinistra – sono poche, per la verità, rispetto alla maggior parte, che vengono riprese da sinistra verso destra – che evidenziano come le macchine non si tocchino assolutamente.
  Ebbene, nonostante questo, partendo, guarda caso, dalla perizia balistica – la prima affermazione in questo senso è nella perizia balistica iniziale, quella che calcola 91 proiettili, che poi in realtà sono 68; cambiano i conti nella seconda – si afferma sempre che ci fu il primo tamponamento, poi ci fu il secondo, poi ci fu Moretti che teneva la macchina bloccata e tutto il resto. Tutto parte da una perizia balistica, che ritorna in tutti gli otto processi Moro nella ricostruzione dell'attentato di via Fani. Questo qualche problema dovrebbe porlo, quantomeno sotto il profilo della disattenzione e della sciatteria con cui sono state guardate le carte. Vivaddio, si può capire che si sbagli il primo, che si sbagli il secondo, che non le guardi il terzo, ma il sesto, il settimo e l'ottavo qualcosa dovranno pur guardarlo.

  MIGUEL GOTOR. Sul film di Martinelli, che dividiamo in due questioni, una è il tema del superotto, ma non è questo che mi interessa...

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Non è quella la prova. La prova è data dalle evidenze.

  MIGUEL GOTOR. Non voglio parlare di questo. Mettiamolo da parte.
  Una questione che mi ha sorpreso è rispetto alle dichiarazioni dell'ispettore Rossi. Quello che mi sorprese fu la quasi perfetta coincidenza tra il tipo di racconto che veniva fornito, carico di citazioni che lei ha ricordato e ha ricostruito – Franco Mazzola, il libro, le pistole, il 16 marzo – con un passaggio del film di Roberto Martinelli. Poiché voi avete audito Roberto Martinelli e il film è del 2003, cioè di dieci anni prima, volevo capire la ragione per cui è stato sentito. Vorrei conoscere la risposta.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. La ragione per cui è stato sentito Martinelli era proprio quella di capire come avesse avuto l'idea di mettere in piedi un racconto di questo genere.

  MIGUEL GOTOR. Che dieci anni dopo viene ripreso, più o meno, dall'ispettore Rossi.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Lui dice che è un'idea puramente letteraria, ma è lo stesso motivo per cui – nella requisitoria è spiegato – lo chiama Gelli e gli chiede come gli sia venuto in mente di ricostruire la cosa in quel modo.

  MIGUEL GOTOR. Si riferisce alla parte relativa all'ispettore.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Quanto all'ispettore, scusate, ma vorrei eliminare un'idea che potrebbe essere un pregiudizio Pag. 23di fondo. Qui si tende ad attribuire all'ispettore ciò che, invece, è scritto nella lettera anonima. L'ispettore fa soltanto una serie di accertamenti, ivi inclusa la perquisizione, e in sede di perquisizione trova quello che io ho definito una sorta di teatrino.

  MIGUEL GOTOR. Lo fa partire, però, da una lettera anonima.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Parte dalla lettera anonima, non lo fa partire, altrimenti dovremmo dire che un ispettore...

  PRESIDENTE. Non abbiamo detto che Rossi ha scritto la lettera anonima. Gli dicono di indagare sulla lettera anonima.

  MIGUEL GOTOR. Chi l'ha detto ? Io ho detto «lo fa partire dalla lettera anonima».

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. È un po’ come la storia di Erri De Luca. Se si fosse impostata un'indagine su quella, la si sarebbe impostata su una fonte anonima riferita da altra fonte anonima.

  MAURIZIO GASPARRI. Sarò molto breve. Suggerisco la visione di un altro film, per chiudere in allegria. Oltre al film di Martinelli, c’è anche il film di Marco Bellocchio Buongiorno, notte, che finisce con Moro vivo: forse la verità è anche questa.
  Non vorrei che seguissimo troppe fesserie. I film sono film. Anche quello di Bellocchio, legittimamente, è un'opera di fantasia e, quindi, ha un finale paradossale. Ovviamente, è stato girato da un regista sufficientemente serio per dire che l'abbia girato con spirito creativo, altrimenti potremmo anche sostenere, andando appresso ai film, che Moro sia vivo. Quello è un film che finisce – vi prego di andarlo a vedere – con Moro vivo.

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma Forse...

  MAURIZIO GASPARRI. Non lo ha visto ?

  OTELLO LUPACCHINI, Sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma Ho visto entrambi, ma quello l'ha scritto la Braghetti.

  MAURIZIO GASPARRI. Lei fa subito le inchieste. Io stavo formulando un paradosso, dottor Lupacchini. Era un paradosso per dire che il film forse ha ricostruito meglio di tutti i processi la verità, ma può darsi di no.
  Io mi chiedo se quel giorno in via Fani sia stato chiesto il permesso al Comune, perché c'erano tutti. C'era un assembramento di folla.
  Io sostengo la tesi che ci sia una verità giudiziaria che si deve alla magistratura, che ha emesso delle sentenze. Io faccio parte di quella schiera di italiani che si accontentano della verità giudiziaria: le Brigate Rosse, che hanno la loro collocazione culturale, internazionale e interna di un dato tipo, sono state le responsabili di quell'orrenda strage di via Fani e poi del successivo omicidio di Moro.
  Ieri, purtroppo, la concomitanza di molti lavori parlamentari (Commissioni permanenti, attività d'Aula) non ha consentito a tutti noi di seguire con la dovuta assiduità, ragion per cui mi scuso e mi documenterò sulla seduta di ieri, che ho seguito per le vicende che oggi i giornali hanno riportato.
  Io sono molto prudente. Mi fa piacere che sia stato detto alla fine che potrebbero esserci dei mitomani in giro. Lei l'ha detto poco fa. Io credo che ce ne siano molti e mi auguro che l'undicesimo processo Moro non vada ad alimentare mitomanie. Non cito libri, che ho già citato, altrimenti qualcuno si arrabbia. È stato citato Imposimato dai qui presenti autorevolissimi magistrati. Io mi accontento della verità giudiziaria.Pag. 24
  Faccio solo una domanda. Mi è sembrato di capire – colgo positivamente il richiamo alla mitomania e credo, dottore, che ce ne siano stati molti di mitomani in circolazione –, a un certo punto, che il dottor Antonio Marini, magistrato tuttora in servizio, avrebbe chiesto di andare ad altro incarico. Per quali ragioni ? Poiché qui è tutto registrato ed è tutto agli atti, chiedo per quali ragioni avrebbe chiesto di passare a un altro incarico. Poiché di Marini ne sono stati citati vari...

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Ha chiesto di essere promosso.

  MAURIZIO GASPARRI. Ecco. Anche qui altrimenti apriamo un altro «giallo». Inoltre, di Marini ce ne sono due. Non so se stava a cavallo sulla moto... C’è stato anche un Presidente del Senato, se è per questo. Marini è un cognome molto diffuso.
  Io non vorrei che quell'accenno sembrasse quasi gettare un'ombra. Il dottor Antonio Marini avrà chiesto, a un certo punto della sua carriera, di fare altro nella vita, di essere promosso, il che non c'entra niente con il terrorismo. Invece, il suo sembrava quasi un «defilarsi» perché compromesso. Forse ho capito male. Mi fermo.

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Poiché è stato detto che il collega Marini aveva, a un certo punto, qui dichiarato in Commissione...

  MAURIZIO GASPARRI. Nella precedente Commissione.

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. ...che non poteva parlare perché vi erano motivi inconfessabili, io ho detto che bisognerebbe domandarli a Marini. Quei motivi forse non erano inconfessabili, ma non li voleva rivelare.

  MAURIZIO GASPARRI. Potevano anche essere personali.

  LUIGI CIAMPOLI, Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma. Esatto. Motivo personale è anche quello che, a un certo punto, ci impone, lasciando un ufficio, di lasciare le cose che facciamo. Sono calcoli, carriere, valutazioni. Oltretutto, queste sono scelte che noi non prendiamo in concomitanza con le nostre valutazioni sul momento di cambiare, ma quando il Consiglio superiore mette a concorso dei posti. Se in quel momento io ho una posizione che non voglio lasciare o mi piace rimanere, perdo la carrozza per andare all'altra.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il Procuratore generale Ciampoli e il Sostituto procuratore generale Lupacchini per questi due giorni di intensa audizione. Chiediamo la cortesia, se possibile, di avere copia della requisitoria e anche degli atti della requisitoria che riterrete utili a supporto delle cose dette. Quando saranno pronti, ce lo comunicherete e noi manderemo uno dei nostri collaboratori ad acquisirli direttamente da voi.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 18.30.