Sulla pubblicità dei lavori:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 2
Audizione dell'Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, senatore Marco Minniti:
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 2
Minniti Marco , Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica ... 2
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7
Minniti Marco , Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica ... 7
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 7
Minniti Marco , Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica ... 7
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8
Garofani Francesco Saverio (PD) ... 8
Gotor Miguel ... 8
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 8
Grassi Gero (PD) ... 8
Corsini Paolo ... 8
Gasparri Maurizio ... 9
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 9
Minniti Marco , Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica ... 10
Fioroni Giuseppe , Presidente ... 12
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE FIORONI
La seduta comincia alle 14.35.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Audizione dell'Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, senatore Marco Minniti.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, sen. Marco Minniti, che ringrazio della presenza.
Il Sottosegretario Minniti è accompagnato dal capo della segreteria tecnica, senatore Achille Passoni.
L'audizione odierna, come convenuto nella riunione dell'Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi del 14 ottobre scorso, ha l'obiettivo di acquisire elementi di informazione concernenti quattro profili: la presenza presso le strutture del sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, di cui alla legge n. 124/2007, di documentazione concernente il caso Moro che non sia già stata acquisita dalle precedenti Commissioni parlamentari d'inchiesta che si sono occupate della vicenda; l'eventuale pregressa apposizione del segreto di Stato su informazioni o documenti concernenti il rapimento e la morte di Aldo Moro; l'attuale dislocazione della documentazione prodotta o acquisita in passato in materia da CESIS, SISMI, SISDE o da altri organismi di intelligence nazionale; l'individuazione di altre strutture che possono detenere documentazioni o informazioni utili al fine dello svolgimento dell'inchiesta parlamentare.
Inoltre, la Commissione è interessata ad acquisire elementi informativi riguardanti la direttiva con la quale nel 2008 il Presidente del Consiglio Prodi ha previsto la declassificazione e il versamento all'Archivio centrale dello Stato della documentazione concernente il caso Moro. Il Sottosegretario Minniti ha già provveduto al riguardo portandoci la lettera inviata dal Presidente Prodi al Ministro Amato e, per conoscenza, ad altri Ministri.
Faccio presente al Sottosegretario Minniti che se nel corso della sua audizione lo riterrà necessario i lavori della Commissione potranno proseguire in seduta segreta ed eventualmente riprendere successivamente in forma pubblica.
Ricordo a tutti i componenti la necessità di evitare interventi a microfono spento che non verrebbero registrati e non sarebbero, pertanto, riportati integralmente nel resoconto della seduta.
Do la parola al Sottosegretario Minniti.
MARCO MINNITI, Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica. Grazie, presidente. La prima cosa che lei e questa Commissione mi consentiranno di dire in premessa è che la mia presenza qui non è soltanto per rispondere ai quesiti che la Commissione mi ha proposto oggi attraverso le parole che lei ha detto testé, ma è anche per confermare una piena collaborazione istituzionale delle strutture che dirigo ai lavori di questa Commissione. Tutto questo rientra nell'ambito di princìpi Pag. 3abbastanza consolidati di lealtà istituzionale. Tuttavia, riconfermarli in questa sede non mi sembra pleonastico.
Vediamo qual è il quadro. Noi ragioniamo sulla base di una direttiva del 2008 firmata dal Presidente del Consiglio dell'epoca, onorevole Romano Prodi, che stabiliva la declassificazione degli atti. Tengo a precisare: «declassificazione» e non «desecretazione», nel senso che, come è noto a questa Commissione, c’è una differenza significativa tra i due termini. La desecretazione presuppone che esista un segreto di Stato che viene tolto. Sulle stragi, sul terrorismo, sapete che per legge non è possibile apporre segreto di Stato.
La declassificazione, invece, significa che il materiale risponde ai livelli di segretezza con i quali si trattano i documenti che rivestono un ambito di riservatezza. I livelli nel nostro Paese sono definiti dalla legge n. 124 e sono: «riservato», «riservatissimo», «segreto» e «segretissimo». Naturalmente il livello di segretezza è crescente, quindi si va dal più tenue («riservato») al più elevato («segretissimo»). Nel momento in cui si stabilisce la declassificazione, gli atti diventano pubblici.
La differenza tra la classificazione e il segreto di Stato sta sostanzialmente in questo, se mi è consentito fare un richiamo di carattere generale: le carte, se sono coperte dal segreto di Stato, non possono essere trasferite né all'autorità giudiziaria né al Parlamento; se invece sono classificate, pur mantenendo la classifica, possono essere trasferite al Parlamento, che ha le strutture per poter trattare il materiale classificato e sono nella disponibilità della magistratura. Questa è la differenza sostanziale, che non è di piccolissimo conto.
In questo ambito, la direttiva del Presidente del Consiglio Prodi, che ho testé consegnato a questa Commissione, procede secondo due meccanismi. Il primo è la declassificazione di tutto il materiale nella disponibilità delle agenzie di intelligence; poi la direttiva invita le altre amministrazioni, cioè gli altri ministeri, a fare un'operazione analoga. In questo senso c’è una piccola differenza – piccola, ma in questo caso forse conviene sottolinearla per ragioni di principio – tra la direttiva Prodi del 2008 e la direttiva Renzi del 2014, che riguarda altre questioni, la declassificazione di materiale messo a disposizione del Parlamento in altre occasioni per quanto riguarda stragi o attività criminose tra il 1969 e 1984. La differenza sta nel fatto che nella direttiva Prodi l'invito all'Amministrazione era pressante, ma era un invito; nella direttiva Renzi è una declassificazione, cioè non è un invito, ma si trasferisce il mandato alle amministrazioni perché procedano.
Il processo di declassificazione, che naturalmente viene deciso dall'autorità politica, non è semplicissimo da portare avanti. Non interessa a voi in questa Commissione, però serve per fare comprendere che la direttiva firmata nella primavera di quest'anno dal Governo Renzi diventerà effettivamente operativa – cioè il materiale sarà declassificato – entro giugno dell'anno prossimo, ci auguriamo. Siamo nell'ambito di un anno. Naturalmente ai più potrà apparire un tempo particolarmente lungo, ma non lo è, soprattutto se paragonato, per esempio, a quello che è stato fatto nel passato: la direttiva Prodi è del 2008 e il materiale viene declassificato completamente nel 2010, cioè passano ventiquattro mesi. E posso garantirvi che la mole di materiale, pur essendo importante per il caso Moro, è significativamente molto più piccola rispetto ai quindici anni – dal 1969 al 1984 – che sono stati declassificati nella primavera di quest'anno.
Soltanto di materiale dell’intelligence abbiamo un archivio la cui lunghezza è di circa 90 metri. Tutto quel materiale deve essere verificato prima di declassificarlo. Chiunque di voi abbia un minimo di pratica con gli archivi capisce che cosa vuol dire un archivio di 90 metri di lunghezza e quanto ciò sia impegnativo.
Perché bisogna fare la verifica nella declassificazione ? Perché non basta decretarla ? La declassificazione comporta un lavoro di attenta verifica di ogni atto, perché ci può essere, in primo luogo, Pag. 4rivelazione di interna corporis dell'attività dell’intelligence, cioè i nomi. Può essere scritto, ad esempio «a questo punto interviene Minniti del servizio segreto interno o del servizio segreto esterno». Voi comprendete che è una cautela elementare, per qualunque struttura di intelligence, italiana o estera non fa molta differenza, tutelare i nomi dei propri agenti. Quindi, la prima cosa è verificare che non ci siano rivelazioni degli interna corporis o, peggio ancora, rivelazioni della struttura di comando (ad esempio, che c’è Minniti, che Minniti dipende da Minniti 1, il quale a sua volta dipende da Minniti 2 e via dicendo). Queste sono informazioni «molto sensibili» per una struttura di intelligence.
In secondo luogo, è necessaria la verifica che non ci siano delle questioni che, riferite alla persona, ne mettano in pericolo la vita. Faccio un esempio: l'informazione A è stata data da fonte Minniti; Minniti è ancora in vita e ha consentito che, attraverso la sua rivelazione, venisse catturato il capo terrorista XY; se rendo pubblico il fatto che il capo terrorista XY è stato arrestato sulla base della rivelazione della fonte Minniti, metto Minniti in pericolo, cosa che solitamente, nei limiti del possibile, si cerca di evitare.
La terza questione riguarda una verifica che potrebbe avere un impatto sulla privacy, nel senso che dobbiamo stare attenti a maneggiare anche i nomi, poiché una mancata cura dei nomi potrebbe portare a violazioni della privacy di singoli cittadini.
La quarta questione – ma su questo torneremo dopo – riguarda le informazioni che vengono da servizi segreti con i quali c’è una collaborazione. Come sapete, innanzitutto per legge e, in secondo luogo, per una consuetudine, nel momento in cui si ha una rivelazione che viene da un servizio segreto, non la si può rendere pubblica unilateralmente. La si può rendere pubblica soltanto attraverso un'azione di disvelamento che compete all'agenzia originante e che non può essere compiuta dall'agenzia che riceve. Voi comprendete che è un elemento costitutivo delle relazioni dell’intelligence nel mondo. Nessuno accetta di scambiare informazioni con agenzie di intelligence che non adottino questo criterio, che è assolutamente reciproco. Tutto questo non può essere fatto in maniera unilaterale. Non si può dunque fare – ma vedremo poi nel dettaglio che la questione riguarderà anche la vicenda di cui si occupa questa Commissione – se non attraverso un intervento dell'agenzia cosiddetta «originante», cioè di quella che trasmette l'informazione.
Le cose dette così sembrano semplicissime. Significa che ci deve essere qualcuno che legge tutti i documenti e che deve leggerli con una certa attenzione, non basta certo una scorsa veloce. Questo ha comportato che per la declassificazione del Governo Prodi sono passati due anni. La declassifica viene completata nel settembre del 2010, quando l'Autorità delegata dell'epoca – nel 2010, con il Governo Berlusconi, era il dottor Gianni Letta – trasferisce il materiale all'Archivio di Stato, che è il luogo dove si versa il materiale declassificato.
Vedremo poi che il materiale che arriva all'Archivio di Stato ha un'ulteriore limitazione, quella che deriva dalla legge sull'esposizione delle notizie, regolata con limiti che vanno molto oltre il segreto di Stato. Il segreto di Stato, per la legge n. 124, è di quindici anni, rinnovabili una sola volta per altri quindici anni; invece, le questioni relative alla tutela della privacy prevedono cinquant'anni, prorogabili a settanta.
Mi rendo conto che questa discussione l'abbiamo fatta anche in altre sedi, ma prevengo un'obiezione e dico che se uno vuole abbattere i tempi deve cambiare la legge. Non è nella disponibilità dei singoli attori di questa vicenda abbreviare i termini indicati.
Come è avvenuto il versamento ? Se il presidente mi consente, attraverso questa ricostruzione cerco di dare anche le risposte alle questioni che mi sono state poste. In parte le ho già date su alcuni punti, ma vedremo se alla fine avrò risposto Pag. 5a tutto. Voi stessi mi interrogherete se la mia impostazione vi apparirà insufficiente.
Tutto il processo di trasferimento è stato coordinato dal DIS il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, che è il centro che coordina le due agenzie operative. La legge n. 124 del 2007 ha cambiato lo status dell’intelligence italiana e siamo passati dagli acronimi CESIS (il coordinamento), SISMI (il servizio segreto militare), SISDE (il servizio segreto civile) agli acronimi DIS per il coordinamento, AISE per il servizio segreto esterno, che naturalmente non è più il servizio segreto militare (la differenza sta nel fatto che il SISMI era il servizio segreto militare perché dipendeva gerarchicamente dal Ministero della difesa, mentre l'AISE dipende dalla Presidenza del Consiglio, non è più un servizio segreto militare), AISI per il servizio segreto interno, che dipende anch'esso dalla Presidenza del Consiglio e non, come invece il SISDE, dal Ministero dell'interno. La ripartizione prima era questa: il CESIS era Presidenza del Consiglio, il SISDE dipendeva dal Ministero dell'interno, il SISMI dipendeva dal Ministero della difesa. Oggi tutti e tre gli organismi dipendono dalla Presidenza del Consiglio.
Il DIS, che ha coordinato l'operazione di declassificazione, ha proceduto in quest'operazione attraverso due fasi. La prima fase ha riguardato il trasferimento all'Archivio di Stato di tutta la documentazione che in modo esplicito fa riferimento al rapimento e all'uccisione dell'onorevole Aldo Moro. Questa documentazione, trasferita all'Archivio di Stato, per le ragioni precedentemente dette, e cioè per il fatto che esiste l'articolo 122 del Codice dei beni culturali (relativo ai cinquant'anni e settant'anni cui ho accennato prima), è materiale in cui è tutto disvelato con le cosiddette «obliterazioni», che se voi mi consentirete per comodità d'ora in poi chiameremo «omissis». In italiano si chiamano «obliterazioni», un termine per me un pochino difficile da pronunciare, quindi se voi mi consentite questa licenza le chiamiamo «omissis», cioè parti sulle quali è apposta una provvisoria cancellazione. I criteri secondo cui è apposta questa provvisoria cancellazione sono quelli di cui abbiamo detto precedentemente, quindi non ritorno più sulla questione.
È stato trasferito il cartaceo ed è stato trasferito il materiale in copia digitale. Tutto questo, cioè il trasferimento dopo la declassificazione, si è completato tra il maggio e l'agosto del 2011. Riporto queste date per darvi il senso dei tempi: nel 2008 la decisione, nel 2010 la declassificazione, nel 2011 il trasferimento del materiale di questa prima fase.
In questo ambito, noi abbiamo 57 fascicoli del DIS (il DIS di adesso, che in passato si chiamava CESIS), per un totale di 383 documenti; 140 fascicoli dell'AISE (in passato il SISMI), per un totale di 10.258 documenti; 52 volumi dell'AISI (in passato il SISDE), per un totale di 1.276 documenti. Voi comprendete che abbiamo di fronte un materiale non irrilevante, anzi particolarmente corposo.
Questa è la prima fase, cioè della documentazione che esplicitamente fa riferimento al rapimento e all'omicidio dell'onorevole Aldo Moro. Per intenderci, sono documenti il cui titolo è questo.
Poi c’è una seconda fase, quella del versamento di singoli documenti e di singole parti di documento che non riguardano nel titolo, nell'intestazione, il rapimento dell'onorevole Aldo Moro, bensì altre vicende e che, tuttavia, contengono riferimenti utili o che in ogni caso richiamano la vicenda. Questo è un lavoro ancora più complicato, perché concerne singole parti di documenti. È ancora più difficile rintracciarli nell'archivio, perché nel titolo non vi è «rapimento e omicidio dell'onorevole Aldo Moro», ma altra cosa.
Nell'ambito di questa fase, che è ancora in parte in corso, l'11 luglio 2014, quindi la scorsa estate, sono stati versati all'Archivio di Stato in copia digitale di 157 documenti singoli. Si sta completando l'intera ricerca: i 157 documenti singoli sono dell'AISI, mentre i documenti dell'AISE sono circa 440. L'idea che ci siamo fatti è Pag. 6di poterli consegnare a strettissimo giro; li abbiamo individuati e sono in via di consegna.
Se facciamo il conto complessivo, abbiamo un quadro di oltre 12.500 atti, tutti afferenti al rapimento e all'uccisione dell'onorevole Aldo Moro.
Infine, ci sono 474 atti, 163 dell'AISE e 311 dell'AISI, che sono stati prodotti dai servizi informativi esteri collegati. Quindi, ritorniamo alla discussione fatta all'inizio. Sono documenti di cui siamo in possesso, ma che non sono – usiamo un termine preciso – nella nostra disponibilità, cioè la declassificazione non dipende da noi. Qualora si dovesse richiedere, qualora ci sia un'attività di richiesta, che può essere fatta da questa Commissione o dal Governo, debbo dirvi che il quadro cooperativo, fino ad ora – non soltanto in questo caso, ma più in generale – è che le agenzie estere difficilmente (usiamo un termine prudente) rendono noti i documenti da loro originati, nel senso che non è una pratica che trova al momento riscontri o precedenti, ma questo non significa che non si possano fare tutti gli atti necessari. Posso anche dirvi che in alcuni casi rispondono e in altri casi teoricamente possono anche non rispondere, nel senso che non sono obbligati a farlo. Per essere chiari, il principio è reciproco. Questo è il quadro.
Tutto questo, come voi sapete, è regolato dall'articolo 256-bis del codice di procedura penale, che al comma 4 disciplina le modalità di acquisizione dei documenti originati da organismi informativi esteri.
Infine, io rispondo degli atti degli organismi di cui ho il provvisorio coordinamento. È chiaro che la Commissione, se lo riterrà opportuno, dovrà sentire i singoli ministeri, perché non c’è un'opera di coordinamento dell'Autorità delegata per quanto riguarda l'azione in questo campo dei singoli ministeri, ognuno dei quali agisce autonomamente. Mi sembra un principio abbastanza consolidato.
Esprimo un'ultima considerazione. Penso che siamo di fronte a una scelta per quanto riguarda la gestione del materiale finora declassificato e già trasferito. Abbiamo di fronte due possibilità, poi naturalmente spetterà a questa Commissione decidere qual è la strada che intende perseguire. La prima è quella di acquisire il materiale così come è stato depositato all'Archivio di Stato, quindi il materiale con le obliterazioni, con gli omissis. Naturalmente, per come avverto io, dal punto di vista politico, la questione e le ragioni per cui è stata istituita questa Commissione, penso che si debba fare un passo avanti – e su questo c’è la piena disponibilità da parte delle strutture che qui rappresento – e cioè passare a un trasferimento degli atti che non sia «attraverso» l'Archivio di Stato, nel senso che il materiale è sempre quello però viene trasferito senza obliterazioni, senza omissis. Tuttavia, questo comporta che quel materiale non è «divulgabile». È gestibile dalla Commissione, che naturalmente è un organo parlamentare; spetterà poi a questa Commissione dotarsi di tutti gli strumenti affinché il materiale sia garantito e non divulgabile. Questo è il punto. Penso che, da questo punto di vista, ci sia la piena disponibilità da parte nostra ad agire in tal senso e a garantire la piena cooperazione anche delle strutture nostre che possono lavorare perché questo avvenga nella maniera più spedita possibile.
Voi comprendete che la non divulgabilità in questo caso non è un'opzione politica, nel senso che non è un'opzione «politicamente discutibile». È una cosa che ha limiti di legge oltre i quali nessuno di noi può andare.
Una Commissione d'inchiesta parlamentare, con i poteri della magistratura, ha in maniera del tutto evidente la possibilità di farlo e noi pensiamo che sia giusto farlo. Detto questo, ciò che chiedo è quel tipo di garanzia, per evidenti ragioni, ma penso sinceramente che ciò non ostacoli in alcun modo l'attività di inchiesta della Commissione; anzi, non solo non la ostacola, ma il fatto che si possa affrontare il tema avendo la disponibilità dei documenti nella loro interezza costituisce un dato che fa di questa Commissione un luogo che, anche rispetto ad altre attività analoghe di carattere parlamentare, viene Pag. 7dotato di un punto di partenza leggermente diverso. Non so se è chiaro quello che voglio dire: questo consente di poter affrontare il tema con una documentazione che in questo caso apparirebbe più completa e priva di qualunque elemento di riserva.
Con questo penso di aver detto tutto. Mi sembra di aver risposto anche ai quattro quesiti che mi ha posto il presidente, ma naturalmente, se non dovessi aver risposto, il presidente e voi stessi potete chiedermi ulteriori chiarimenti e valutazioni.
PRESIDENTE. Ringrazio il Sottosegretario Minniti che ci ha reso un'esposizione completa ed esauriente.
Prima di lasciare la parola ai colleghi per le eventuali domande, vorrei chiedergli alcune precisazioni. Quali criteri sono stati seguiti per individuare il perimetro della documentazione concernente il caso Moro da versare all'Archivio di Stato ? In altri termini, qual è il grado di connessione con il caso Moro richiesto affinché un caso sia attinente ad esso ?
Riguardo alla vicenda dell’intelligence di altri Paesi, il Sottosegretario ha già detto che la richiesta può farla il Parlamento o può farla il Governo, e abbiamo anche capito che il risultato potrebbe non essere brillante. Il senatore Minniti ci ha detto quanti sono i fascicoli, e sicuramente le agenzie sanno anche a quali Paesi fanno riferimento e quali Paesi sono statisticamente rilevanti per numero e, credo, anche per qualità. Perciò, forse, anziché utilizzare la formula generica di un interpello a tutti da parte del Ministero degli esteri, potremmo concentrare le richieste e chiedere qualche attività in più per quelle agenzie che, vista la particolare importanza del caso in questione e dell'oggetto dell'inchiesta di questa Commissione, rispetto alla vita di ieri – ma anche di oggi – del nostro Paese, hanno maggiori notizie, sapendo comunque che potrebbero non risponderci o dirci di no.
Infine, se è a conoscenza delle agenzie, chiedo se sia possibile sapere – per dividere il mondo tra «prima» e «dopo» – se una parte degli atti versati all'Archivio di Stato sia stata già versata senza omissis alla Commissione stragi presieduta dal senatore Pellegrino o ad altre Commissioni d'inchiesta, delle quali questa Commissione ha chiesto l'acquisizione degli atti. Potremmo, infatti, decidere di acquisire dalla Presidenza del Consiglio solo per la parte che non è stata già data alle altre Commissioni.
MARCO MINNITI, Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica. La perimetrazione è tutto quello che direttamente o indirettamente richiama il passaggio del rapimento e dell'omicidio dell'onorevole Aldo Moro. Questo è tutto quello sul quale si è lavorato. Per essere più chiari, se si ritiene che ci siano altri documenti, la collaborazione è piena, però dovete aiutarci a «individuarli».
PRESIDENTE. Ad allargare il perimetro.
MARCO MINNITI, Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica. Siamo disponibili. In questo senso, all'inizio ho manifestato la mia piena collaborazione. Tenete conto che in questo momento ci sono indagini giudiziarie in corso. Faccio un esempio, per quello che io conosco: sicuramente ricorderete che c’è un'indagine della Procura generale presso la Corte d'appello di Roma sulla vicenda. Quindi, è inutile dirvi che la nostra collaborazione è piena con questa Commissione ed è piena con l'autorità giudiziaria.
Sulla seconda questione, se mi è consentito, lo farei in un rapporto con l'Ufficio di presidenza della Commissione, quindi con un po’ più di riservatezza per capire a quali Paesi fanno riferimento quei circa quattrocento documenti. L'Ufficio di presidenza poi può dirci su cosa dobbiamo concentrarci. Anche su questo garantisco piena collaborazione.
Faccio presente che la legislazione degli altri Paesi è molto più rigida. Noi siamo abituati a pensare che il nostro Paese sia particolarmente «chiuso» sui servizi segreti. Vorrei trasmettervi il messaggio che Pag. 8la legislazione italiana è la più aperta che esista nelle democrazie occidentali e, naturalmente, a maggior ragione rispetto a Paesi che democrazie non sono. Comunque, detto questo, è chiaro che lavorando insieme facciamo anche una lista delle priorità.
Infine, sulla terza domanda, non sono in condizione di dire con precisione qual è il punto di confine tra la Commissione presieduta dal senatore Pellegrino e quello che si è versato. Quel che posso dire è che prendo l'impegno di lavorare noi per vedere qual è il punto di confine. Per non gravare sui lavori della Commissione, se ci date un po’ di tempo – non tempi biblici – cerchiamo di stabilire qual è il punto di confine e di dirvelo con certezza.
A questo riguardo, essendo in una Commissione parlamentare, si deve essere precisi. A memoria non si può fare.
PRESIDENTE. Ringrazio il Sottosegretario Minniti. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
FRANCESCO SAVERIO GAROFANI. Ringrazio il Sottosegretario per l'esposizione e per le informazioni che ci ha comunicato.
Lei giustamente ha detto di rispondere delle attività delle agenzie nella sua veste istituzionale, però esprimo comunque una curiosità. Poiché ha affermato che dal Governo Prodi fu rivolto un pressante invito, lei sa se tutte le amministrazioni dello Stato hanno corrisposto a quell'invito ?
Non è il caso di pensare, a livello di Governo, a una forma di coordinamento, oltre all'attività svolta dall'agenzia, per verificare lo stato dell'arte e coordinare il lavoro a proposito di queste carte, anche laddove mancassero alcune risposte ?
MIGUEL GOTOR. Se è possibile vorrei passare alla seduta segreta.
PRESIDENTE. La richiesta è accolta.
(I lavori proseguono in seduta segreta, indi riprendono in seduta pubblica).
PRESIDENTE. Torniamo in seduta pubblica.
GERO GRASSI. Ringrazio il Sottosegretario per la chiarezza del suo intervento. È, ovviamente, un intervento da parte di un'autorità che svolge un certo ruolo.
Svolgo un'osservazione e pongo una domanda. In base alla legge istitutiva della Commissione, abbiamo un termine previsto per i nostri lavori. È chiaro che la trasmissione della documentazione ancora non nel nostro possesso, slittando nel tempo, induce un rallentamento dei lavori della Commissione. Lo dico a fini preventivi, perché ove la trasmissione del materiale comportasse un ritardo di un anno è bene esserne già da ora consapevoli.
Vengo alla domanda. Non conosco minimamente la vicenda Gladio, quindi ne parlo ingenuamente, in posizione di assoluta terzietà. La vicenda Gladio attraversa trasversalmente il caso Moro prima, durante e addirittura dopo la fine di Gladio. La mia, da questo punto di vista, non è un'impressione o una sensazione. Se la documentazione in mio possesso è vera, è un dato facilmente intuibile. Ebbene, in tutto questo materiale – e se non in questo, nel materiale vostro in senso lato – come si posiziona il materiale di Gladio ? Fa riferimento a voi ? Fa riferimento a voi fino agli anni Novanta ? Fa riferimento a voi anche dopo ? Da che anno ? Dal 1948 ? Nel materiale relativo a Moro c’è la parte di quello relativo a Gladio che lo riguarda ?
La mia domanda può risultare imprecisa per via del fatto che non abbiamo una cognizione esatta anche degli strumenti operativi in vostro possesso. Grazie.
PAOLO CORSINI. Vorrei fare un'osservazione molto banale. Alle 15.30 è convocata la Commissione esteri e un messaggino arrivato a noi senatori del PD riporta che la presenza è obbligatoria. Visto che già da questo breve inizio emergono cose molto interessanti e meritevoli di discussione e di approfondimento, è possibile studiare un calendario ? Ricordo che, ad Pag. 9esempio, quando ero membro della Commissione stragi, spesso le sedute si tenevano dopo cena, comunque dopo le 20, proprio per evitare questo accavallamento. Diversamente è impossibile procedere. Credo che il caso mio di oggi rispetto alla Commissione esteri si riprodurrà per tutti i colleghi, anche per altre Commissioni.
Adesso devo assolutamente lasciare i lavori, quindi non posso neanche porre le domande che volevo fare.
MAURIZIO GASPARRI. Vorrei fare una considerazione preliminare brevissima. Ho chiesto al mio gruppo di far parte della Commissione Moro perché avendo, come tanti, seguito questa vicenda per esperienza giornalistica e poi politica, ed essendo una vicenda sicuramente centrale nella storia italiana, spero di contribuire ad evitare l'uso di questa Commissione per alimentare polveroni, ricostruzioni, dilatazioni, sebbene la vicenda si possa agganciare a tutto. È un pezzo di storia italiana così importante che si può risalire dal dopoguerra alla genesi dei movimenti terroristici, ad intrecci politici, e altre questioni.
Mi auguro dunque che sia un contributo utile, anche perché la ragione specifica per cui ho chiesto di far parte di questa Commissione è l'indignazione che mi ha causato la lettura, qualche mese fa, di un libro del senatore Imposimato nel quale la ricostruzione, a mio avviso, è assurda, infondata, falsa, farneticante, tanto che mi pare che anche la Procura abbia aperto un'inchiesta. Il libro, evidentemente perché è stato confuso con un «giallo» e per il basso prezzo (non giudico la qualità), ha avuto una diffusione enorme.
Mi auguro che si possa circoscrivere la verità dei fatti, individuare ulteriori elementi, ma il mio impegno è di andare a fondo in tutte le vicende necessarie, contrastando, ove se ne verificasse l'evenienza, polveroni come quello sollevato dal libro che ho voluto citare. Probabilmente questo è un episodio sul quale bisognerà fare chiarezza. La Commissione dovrebbe anche capire come sono nate tali deformazioni della realtà a opera di persone che per percorso politico e professionale avrebbero dovuto più di altri avere cautela. Se fossero veri quei racconti – americani, soldati, furgoni, tutti intorno a quel covo – ci sarebbero migliaia di responsabili nel mondo e credo che sarebbero emersi. La ricostruzione esposta in quel volume è davvero macchinosa.
Credo che dobbiamo riportare all'essenza questa tragica storia italiana, con tutte le sue complessità. Ho visto che nell'elenco delle persone che ascolteremo ci sono anche molti dei magistrati che hanno seguito i processi. Spero che il nostro lavoro serva a dare un contributo di verità e non ad alimentare polveroni che non servono all'Italia.
PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, prima di ridare la parola al Sottosegretario Minniti vorrei aggiungere qualcosa.
Oggi ci è stata consegnata la lettera di Prodi del 2008. Convocheremo in audizione il Ministro degli affari esteri, appena sarà nominato. Il Ministro della difesa e il Ministro dell'interno hanno già fissato le date per le loro audizioni. Mancano il Ministro dell'economia e il Ministro della giustizia che ci accingiamo a convocare.
Se i servizi ci hanno messo ventiquattro mesi, io ho motivo di ritenere – sbagliando, mi auguro, anzi sono certo di sbagliare – che mentre essi hanno sicuramente versato, le altre amministrazioni, magari prese da tanti altri impegni, non l'abbiano ancora fatto. Se così fosse, chiederei in primo luogo, se è possibile, che la direttiva Renzi, con la quale si dispone la declassifica, si applichi anche per il caso Moro (se ciò non è stato espressamente escluso) e che la si ritrasmetta in tal senso, perché di una strage si è trattato e di un omicidio singolo differito di 55 giorni.
Se, nella desecretazione disposta dal Presidente del Consiglio non è espressamente detto che non si applica alla vicenda Moro perché già oggetto di precedente altra direttiva, chiedo se sia possibile semplicemente farla ritrasmettere con una banale comunicazione che riguarda Pag. 10lo stesso obbligo anche per il caso Moro.
La lettera di Prodi finisce con un invito calzante, ma è pur sempre un invito che sostanzialmente reca: «Copia di questa mia lettera è inviata per conoscenza ai Ministri in indirizzo, affinché anche essi valutino favorevolmente di procedere alla declassifica degli atti, da loro formati e classificati, riguardanti il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro». Se il Presidente Renzi ha disposto la declassificazione per tutti i casi di strage, tra questi a pieno titolo è ricompreso anche il caso Moro.
In secondo luogo, è mia intenzione – non so se lo decideremo nell'Ufficio di presidenza – chiedere ai ministri citati nella lettera di Prodi, qualora avessero difficoltà o complicazioni (penso che al Ministero dell'economia in questo periodo abbiano impegni più urgenti e più impellenti), se sia possibile creare un tavolo tecnico, coordinato dall'autorità competente, che li aiuti nelle vicende di declassifica e di versamento, applicando la direttiva, come diceva prima l'onorevole Garofani.
La direttiva Prodi è qui; come dato di fatto, registriamo che il Presidente Renzi è andato oltre e ha desecretato di fatto pure per i ministeri. Proponiamo quindi di comunicare la desecretazione e di affidare all'autorità competente il coordinamento, per non arrivare, tra ventiquattro mesi, con gli altri ministeri che non hanno avuto l'opportunità, perché pressati da compiti istituzionali diversi, di farci una relazione come quella che abbiamo ascoltato oggi dal Sottosegretario Minniti, che è stata chiara ed esauriente. Non so se gli altri ministri possano essere in condizione di rispondere in tal senso, visto che i compiti di istituto nel corso degli anni sono completamente mutati.
MARCO MINNITI, Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica. Ritengo molto opportune le precisazioni riferite testé dal presidente e dico esplicitamente che girerò immediatamente al Presidente del Consiglio la richiesta che mi è stata avanzata qui.
Considererei la cosa – esprimo una mia opinione – assolutamente plausibile, ma voi comprendete che questi poteri sono esclusivi del Presidente del Consiglio, nel senso che io sono Autorità delegata, delegata su tutto tranne che sulla materia del segreto di Stato e della declassificazione degli atti. Su questo il legislatore ha voluto mantenere una competenza esclusiva del Presidente del Consiglio.
Trasferirò la richiesta – che mi sembra assolutamente plausibile – tuttavia la risposta non posso darla io. Il cuore della questione è quello posto testé dal presidente, nel senso che nella direttiva Prodi noi abbiamo un invito, non un obbligo. Comprendete che, senza nulla togliere all'operazione straordinaria che ha fatto il Governo Prodi con la declassificazione degli atti, in Italia l'invito e l'obbligo hanno una certa differenza, o meglio l'obbligo viene percepito, almeno da coloro che lo subiscono, in maniera differente.
Passo ora alla questione posta dall'onorevole Garofani e, se mi è consentito, anche a quella posta dall'onorevole Gotor, poiché sono collegate. Noi dobbiamo comprendere – e scusatemi se lo dico io che mi occupo di cose delle quali non mi dovrei occupare – che abbiamo qui di fronte una Commissione d'inchiesta. La Commissione d'inchiesta ha non soltanto il dovere, ma il diritto di acquisire tutti gli elementi utili alle finalità della Commissione. Quindi riferendomi alle questioni poste dall'onorevole Grassi, siccome sono perimetri non facilmente definibili, penso che dobbiamo considerare l'individuazione di un rapporto con altre vicende una sorta di work in progress, man mano che si incomincia ad avere le carte e naturalmente questa Commissione ritiene di dover fare un approfondimento.
È chiaro che la vicenda Moro si intreccia con la storia del Paese e come tale è una storia complicatissima. Stabilire una linea di confine, dicendo questo sì e quell'altro no, è difficilissimo a priori. La cosa che posso qui garantire – lo dico all'onorevole Pag. 11Grassi con profonda convinzione – è la collaborazione piena. C’è un problema ? Vediamolo insieme.
Poi c’è un'altra questione che scaturisce da quella della declassificazione. Quando a un certo punto abbiamo declassificato gli atti dal 1969 al 1984, dalla strage di piazza Fontana sino a quella dell'Italicus, si è detto che, poiché non c'era il segreto di Stato, era una banalità. Invece non è una banalità, perché io penso che la storia di un Paese debba essere ricostruita dall'autorità giudiziaria, con i suoi poteri, dal Parlamento, con i poteri di inchiesta del Parlamento, e poi – terzo livello – dalla coscienza di un Paese. Questo avviene attraverso storici che scrivono libri. Non è la stessa cosa – vorrei trasmettervi un messaggio – che lo stesso documento lo vedano sessanta parlamentari e sessanta milioni di italiani. E io sfido chiunque a dire che è la stessa cosa, per una ragione semplicissima: può darsi pure che quei sessanta parlamentari – tra i quali mi includo – abbiano una visione e tra i sessanta milioni di italiani ci siano altri che abbiano un'altra visione e che quindi vedano nello stesso documento un'altra questione, anche perché parliamo di vicende che essendo avvenute nel tempo consentono una lettura dello stesso documento con il tempo che è passato in mezzo. Se un documento prodotto trent'anni fa lo si legge oggi, con il patrimonio di fatti avvenuti che comportano i trent'anni che sono passati, non è la stessa cosa. Si sta parlando di documenti prodotti nel 1978, per quanto riguarda l'omicidio Moro, con un piccolo particolare, ossia che dal 1978 ad oggi è crollato il muro di Berlino, e quelli che hanno scritto il documento nel 1978 non sapevano che sarebbe crollato, mentre quelli che oggi lo leggono lo sanno. Non è un particolare piccolissimo, ma uno spartiacque gigantesco, se teniamo conto della specifica questione che riguarda il rapimento e l'omicidio del Presidente Moro.
Alla domanda posta dall'onorevole Garofani in parte ha risposto il presidente e io ho convenuto su questo. Purtroppo, non c’è una forma di coordinamento, nel senso che non ci può essere. Altra cosa è l'impegno. Per esempio, con il senatore Passoni abbiamo preso l'iniziativa di sollecitare le amministrazioni coinvolte nell'altra direttiva a verificare esse stesse a che punto sono, ma appunto possiamo limitarci a una sollecitazione, perché è chiaro che l'impegno riguarda le singole amministrazioni. Naturalmente la sollecitazione può anche essere «robusta», che impegna direttamente, come in questo caso, la Presidenza del Consiglio. È sempre una sollecitazione politica, è sempre sollecitazione, tuttavia è un pochino più autorevole rispetto a quella che può fare l'Autorità delegata.
Il nostro compito è trasferire i documenti il più rapidamente possibile. Questo è il nostro impegno, il nostro commitment. Poi naturalmente spetterà all'Ufficio di presidenza e al presidente una valutazione sulla tempistica complessiva, ma l'impegno che ci diamo è di lavorare a bocca di miniera, cioè in tempi rapidissimi. È chiaro che tutto questo va verificato nella propria effettività.
Rispetto alle affermazioni del senatore Gasparri, è chiaro che l'obiettivo di una Commissione è ricercare la verità, non costruire altro, quindi il suo richiamo mi sembra assolutamente pertinente. Non spetta a me doverlo rilevare perché sono un'autorità di governo, in questo momento invitata alla vostra riunione, ma mi sembra giusto sottolineare la pertinenza di quelle considerazioni.
È un peccato che il senatore Gotor abbia posto la sua domanda in seduta segreta. Lo dico non per i contenuti della domanda, ma perché il senatore Gotor è la dimostrazione vivente che si possono scrivere libri di approfondimento su questioni delicatissime e farlo anche con una certa competenza. Da questo punto di vista, poiché ha voluto «precludersi» questo riconoscimento che io mi sento di dargli a titolo del tutto personale per il lavoro che ha fatto, che considero uno dei più completi, Pag. 12mi sembrava giusto farlo a circuito aperto e non chiuso.
PRESIDENTE. Ringrazio il Sottosegretario Minniti.
Colleghi, proporrei di rappresentare al Presidente Renzi l'opportunità di far ricadere nell'applicazione della direttiva sulla desecretazione e declassificazione delle stragi anche il caso Moro e di comunicarlo a tutti i ministri competenti.
(La Commissione concorda).
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15.40.