XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo

Resoconto stenografico



Seduta n. 65 di Giovedì 26 gennaio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Catania Mario , Presidente ... 3 

AUDIZIONI IN MATERIA DI CONTRASTO DELLA CONTRAFFAZIONE NEL SETTORE FARMACEUTICO

Audizione di Claudia Biffoli, direttore Direzione generale della digitalizzazione, del sistema informativo sanitario e della statistica, Ufficio 4 – Sistema informativo del Ministero della salute, e di Domenico Di Giorgio, dirigente Area Vigilanza Post-Marketing AIFA.
Catania Mario , Presidente ... 3 ,
Di Giorgio Domenico , dirigente Area Vigilanza Post-Marketing dell'AIFA ... 3 ,
Catania Mario , Presidente ... 7 ,
Biffoli Claudia , direttore Direzione generale della digitalizzazione, del sistema informativo sanitario e della statistica, Ufficio 4 – Sistema informativo del Ministero della salute ... 7 ,
Catania Mario , Presidente ... 9 ,
Russo Paolo (FI-PdL)  ... 9 ,
Bordo Franco (SI-SEL)  ... 10 ,
Cenni Susanna (PD)  ... 10 ,
Pastorelli Oreste (Misto-PSI-PLI)  ... 11 ,
Catania Mario , Presidente ... 11 ,
Di Giorgio Domenico , dirigente Area Vigilanza Post-Marketing dell'AIFA ... 11 ,
Biffoli Claudia , direttore Direzione generale della digitalizzazione, del sistema informativo sanitario e della statistica, Ufficio 4 – Sistema informativo del Ministero della salute ... 12 ,
Di Giorgio Domenico , dirigente Area Vigilanza Post-Marketing dell'AIFA ... 13 ,
Biffoli Claudia , direttore Direzione generale della digitalizzazione, del sistema informativo sanitario e della statistica, Ufficio 4 – Sistema informativo del Ministero della salute ... 17 ,
Di Giorgio Domenico , dirigente Area Vigilanza Post-Marketing dell'AIFA ... 17 ,
Catania Mario , Presidente ... 18 ,
Russo Paolo (FI-PdL)  ... 18 ,
Biffoli Claudia , direttore Direzione generale della digitalizzazione, del sistema informativo sanitario e della statistica, Ufficio 4 – Sistema informativo del Ministero della salute ... 18 ,
Russo Paolo (FI-PdL)  ... 19 ,
Biffoli Claudia , direttore Direzione generale della digitalizzazione, del sistema informativo sanitario e della statistica, Ufficio 4 – Sistema informativo del Ministero della salute ... 19 ,
Di Giorgio Domenico , dirigente Area Vigilanza Post-Marketing dell'AIFA ... 19 ,
Russo Paolo (FI-PdL)  ... 20 ,
Di Giorgio Domenico , dirigente Area Vigilanza Post-Marketing dell'AIFA ... 20 ,
Biffoli Claudia , direttore Direzione generale della digitalizzazione, del sistema informativo sanitario e della statistica, Ufficio 4 – Sistema informativo del Ministero della salute ... 20 ,
Catania Mario , Presidente ... 21 

ALLEGATO 1: Documentazione prodotta da AIFA ... 22 

ALLEGATO 2: Ministero della salute ... 70

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MARIO CATANIA

  La seduta comincia alle 14.10.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente.)

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito.)

Audizione di Claudia Biffoli, direttore Direzione generale della digitalizzazione, del sistema informativo sanitario e della statistica, Ufficio 4 – Sistema informativo del Ministero della salute, e di Domenico Di Giorgio, dirigente Area Vigilanza Post-Marketing AIFA.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della dottoressa Claudia Biffoli, direttore della Direzione generale della digitalizzazione, del sistema informativo sanitario e della statistica, Ufficio 4 – Sistema informativo del Ministero della salute, e del dottor Domenico Di Giorgio, dirigente dell'Area Vigilanza Post-Marketing AIFA.
  Per ragioni che ci hanno suggerito gli stessi auditi, è opportuno che l'audizione cominci con l'intervento del dottor Di Giorgio, cui seguirà, in modo coordinato, quello della dottoressa Biffoli.
  Prego l'audito di prendere la parola e lo ringrazio sin da ora.

  DOMENICO DI GIORGIO, dirigente Area Vigilanza Post-Marketing dell'AIFA. Ringrazio il Presidente e ringrazio per la convocazione in audizione. Cercherò di fornirvi un quadro esaustivo in merito alla situazione della falsificazione dei medicinali in Italia e di quello che rappresenta in termini di rischio per la salute pubblica, che è il profilo per cui l'AIFA, il Ministero della salute e i Carabinieri dei NAS collaborano correntemente.
  Intanto, partiamo da una questione di definizione. Con la Direttiva 2011/62/UE, che l'AIFA e il Ministero hanno negoziato in maniera coordinata, dal 2011, per la prima volta, abbiamo nel diritto europeo la definizione di farmaco falsificato (non contraffatto), che mancava assolutamente dalla normativa europea e internazionale. L'utilizzo del termine «falsificato» ha sostituito «contraffatto», che era all'inizio nel testo di legge, e deriva dal fatto che il termine «contraffatto» viene associato, in generale, a questioni di diritti proprietari. Il legislatore europeo ha ritenuto, quindi, di dover fare un disclaimer specifico nel testo della Direttiva, specificando che questa era mirata alla protezione della salute pubblica e non toccava le questioni di diritti proprietari. Per questo motivo, il legislatore ha dato una definizione molto estesa di farmaco falsificato, che noi abbiamo poi fatto nostra nel recepimento della Direttiva, cioè nel decreto n. 17/2014. Questa definizione molto ampia fornisce alle amministrazioni strumenti a tutela della salute pubblica, in casi molto differenziati tra loro.
  Nella definizione, si descrive, come farmaco falsificato, un qualsiasi prodotto arrivato sul mercato con una falsa rappresentazione, cioè i cui documenti di accompagnamento (etichetta, confezionamento e anche le fatture) indichino una falsa identità Pag. 4 o una falsa origine o una falsa tracciabilità.
  Il motivo è rintracciabile nel fatto che, chiaramente, qualsiasi farmaco, che esca dalla filiera legale o che vi rientri, rappresenta in termini di salute pubblica un problema.
  Una definizione così estesa è stata importante perché, negli interventi coordinati da AIFA, che hanno permesso di eradicare il fenomeno dei furti ospedalieri, abbiamo utilizzato questa definizione per considerare falsificati tutti quei farmaci che, sottratti ai nostri ospedali, erano stati re-immessi sul mercato con false fatture. Questo ci ha permesso di attivare tutti quegli strumenti eccezionali di tutela della salute pubblica, come i ritiri di lotti o le pubblicazioni dei nomi degli operatori «contaminati», procedendo col togliere dal mercato europeo quei prodotti pericolosi.
  Quello che ha fatto il legislatore europeo è stato, a tutela della salute pubblica, dare una serie di strumenti alle autorità regolatorie per proteggere i pazienti, in caso di qualsiasi tipo di deviazione. Queste leggi, in realtà, si applicano anche rispetto a prodotti contraffatti in senso tradizionale, cioè un finto Viagra col marchio Viagra è protetto, rispetto al brevetto, dalle normative sulle patenti e sui brevetti e, a tutela della salute pubblica, può essere ritirato per falsa rappresentazione.
  Quello dei farmaci falsificati è un trend in crescita, anche perché parliamo di prodotti che rappresentano, in termini di business, un valore altissimo. Basti pensare ai prodotti innovativi, che costano centinaia di euro a pezzo.
  Va detto che l'Italia, però, è considerata il gold standard a livello internazionale per le azioni di contrasto. Noi, avendo una filiera distributiva – se ne parlerà dopo – protetta, grazie al sistema di tracciabilità, abbiamo potuto negli ultimi dieci anni concentrare tutte le energie nel contrasto ai canali illegali, che rappresentano la porta principale per l'accesso di questi farmaci sui mercati. Mi riferisco principalmente a internet, ma anche tutte le reti nere, come le palestre, i beauty center e i sexy shop, dove tipicamente le organizzazioni criminali infiltrano i prodotti illegali.
  Nell'evoluzione del fenomeno, abbiamo progressivamente visto spostarsi la falsificazione da prodotti con marchio a quelli sottoposti a un livello di normativa più bassa. Come da conclusione di quello che racconterò, è l'esistenza di queste zone grigie nella normativa il nostro problema di oggi. I contraffattori prima facevano il finto Viagra, mascherandolo da Viagra, che abbiamo bloccato in dogana, ma, grazie alle norme sui diritti proprietari, hanno cominciato a mascherarlo da finto generico indiano. Lo abbiamo bloccato di nuovo, grazie agli interventi sulla tutela della salute pubblica, rispetto ai farmaci che devono avere un'autorizzazione per entrare sui mercati, ma hanno iniziato a mascherarlo da prodotto naturale.
  Questa evoluzione, vista in termini normativi, sposta il prodotto da un'area pienamente normata a un'area in cui c'è la libera circolazione delle merci, per cui, se sequestro un finto integratore naturale contenente il sildenafil, finché non lo analizzo, non posso dimostrare che è un farmaco; questa è la prima metà del problema.
  Serviranno strumenti per rafforzare quello che già l'Italia fa efficacemente, in termini di interventi rapidi. Noi abbiamo creato degli strumenti, che servono a condividere rapidamente informazioni a livello internazionale e che ci permettono, per esempio, di saltare le analisi sui prodotti sospetti, laddove riusciamo a creare quella che il diritto internazionale chiama «ground for suspicion», quindi il fondato sospetto che il prodotto sia pericoloso. Possiamo bloccarlo e prenderci del tempo per analizzarlo, però manca l'altro pezzo, cioè quello delle sanzioni.
  Alla fine di tutta l'inchiesta, che ha anche portato all'arresto di un'ottantina di persone e ha riguardato i furti di farmaci negli ospedali italiani, gli operatori che avevano commerciato i farmaci falsificati hanno avuto delle sanzioni meramente amministrative.
  Ricapitolo rapidamente quello che facciamo in Italia, su cui molto si è basata la normativa europea, perché il nostro modello Pag. 5 è considerato vincente, in parte perché abbiamo una forza di polizia specializzata. In effetti, solo l'Italia ha i Carabinieri del NAS, perché i francesi hanno copiato, con l'OCLAESP, il modello, ma sono arrivati quarant'anni dopo. Siamo l'unico Paese che, da più di dieci anni, ha una rete, fra laboratori, amministrazioni, Ministero, AIFA, Forze di polizia e dogane. Prima si trattava della task force Impact Italia, mentre oggi si chiama «sistema nazionale antifalsificazione», che ci permette di condividere i dati di intelligence e di fare formazione e informazione al pubblico nonché controlli, per esempio, sui canali legali, provvedendo a sequestri in maniera molto efficace.
  Nella slide 12 della nostra presentazione, c'è un riepilogo sintetico delle diverse attività che facciamo. Gestiamo le segnalazioni sui casi sospetti in maniera centralizzata e gestiamo le segnalazioni sulla vendita illegale via internet, attraverso un tavolo che si chiama «conferenza dei servizi», alla quale il recepimento della Direttiva 2011/62/UE ha dato un potere, a suo modo, paragonabile a quello che normalmente esercitava la magistratura. Il Ministero è stato nominato autorità competente all'applicazione dei dettami della vendita online provenienti da quelle direttive, quindi il Ministero può fare direttamente un decreto, che viene poi notificato ai provider italiani, per bloccare i siti internet che vendono prodotti illegali.
  Organizziamo operazioni doganali per un controllo diretto e per avere il polso della situazione, ma anche per trasferire il know how dalle amministrazioni tecniche alle dogane, che hanno chiaramente una formazione più generalista, quindi, ogni anno, andiamo per una settimana in dogana a fare sequestri. Purtroppo – trovate più avanti nella relazione i risultati di questi controlli – i numeri sono crescenti, cioè, a dispetto della grossa attività di deterrenza e a dispetto del crescente numero di normative applicate sul settore, su certi prodotti specifici, quelli della sfera sessuale, i dimagranti illegali e i prodotti da palestra, il canale internet e la vendita illegale restano uno standard. Il consumatore italiano, sempre più alfabetizzato informaticamente e sempre più capace di utilizzare metodi di pagamento virtuale, si dirige verso siti pericolosi, che noi chiudiamo periodicamente, per acquistare certi tipi di prodotti.
  Fra le cose che abbiamo fatto e che vale la pena di segnalare, c'è anche lo sviluppo di un sistema di intelligence condiviso, la piattaforma Fakeshare, che abbiamo già utilizzato per l'indagine sui furti e che è un sistema di database centralizzato su furti e altre forme di crimine a livello europeo. Questo ci permette di coordinare iniziative internazionali e di condividere, in tempo reale, i dati, in modo che un'indagine fatta in Italia o in Norvegia possa portare know how all'altro Paese e che non sia necessario ripetere più volte lo stesso tipo di esercizio.
  Come dicevo, oltre a tutti gli interventi sulla vendita, sull'offerta e sulla qualità dei controlli, abbiamo fatto anche degli interventi sulla caratterizzazione della domanda, perché, se c'è ancora qualcuno che, considerando il pieno accesso al farmaco in Italia e considerando il fatto che abbiamo prezzi più bassi del resto d'Europa, si rivolge comunque a internet per cercare i prodotti per le disfunzioni erettili o altro, dobbiamo capire perché c'è questa domanda. Nell'ambito del progetto Fakeshare, di cui AIFA è capofila e che è stato finanziato a livello europeo, abbiamo fatto una caratterizzazione della domanda, insieme all'Università di Roma La Sapienza, per vedere quali fossero le motivazioni che spingono all'acquisto.
  Abbiamo visto che, oltre alla questione prezzi, all'accessibilità e all'imbarazzo, che rappresentano una serie di motivazioni note, ci sono anche dei fenomeni più ampi sulla percezione del farmaco, come un bene di consumo standard, per cui gli internauti hanno una propensione all'acquisto di qualsiasi cosa, farmaco compreso, ma senza avere gli strumenti per capire se quello che stanno ricevendo è effettivamente un prodotto corretto.
  Vorrei rapidamente chiudere, per stare nei tempi, con l'ambito normativo. Sull'informazione e sulle attività, abbiamo fatto molto e anche in termini di normativa. Nel Pag. 6recepimento della Direttiva n. 2011/62/UE e nella sua negoziazione, abbiamo inserito una serie di strumenti, che oggi utilizziamo correntemente.
  Resta, però, tuttora scoperta la parte di normativa. Questa doveva essere implementata attraverso la Convenzione Medicrime del Consiglio d'Europa, che l'Italia ha sottoscritto nel 2011 e che fornisce una serie di strumenti in termini di indagine, ma soprattutto in termini di sanzioni, su cui siamo, oggi, ancora scoperti.
  Le sanzioni per chi delinque in campo farmaceutico restano quelle legate alle violazioni standard, cioè, delle 80 persone arrestate nell'ambito del caso di furti e riciclaggio di farmaci per operazioni finite l'anno scorso, nessuno è stato accusato con violazioni specifiche del nostro settore. Tutti gli arresti sono legati a crimini comuni, quindi, se uno rubava i farmaci, li stoccava in un garage malamente e poi li riciclava attraverso il canale del parallel trade tedesco, è stato sanzionato magari per furto o per detenzione illegale di medicinali, ma non per il pericolo alla salute pubblica generato.
  Questo è un grosso problema, perché la sanzione non sarà mai proporzionale. Tutti gli operatori che, con gli occhi volutamente chiusi e da canali non controllabili, hanno comprato farmaci che in quei canali non ci potevano finire, se la sono cavata, al limite, con un incauto acquisto o, negli altri Paesi, neanche con quello. Gli operatori tedeschi che, «involontariamente» e a prezzi molto vantaggiosi, compravano farmaci, che in Italia si trovano solo negli ospedali, vendendoli in versione manomessa sul mercato tedesco, non hanno avuto neanche le minime sanzioni amministrative, che l'Italia comunque è riuscita ad applicare.
  Una delle sfide per il futuro è quella di avere sanzioni proporzionate. Dall'altra parte, c'è anche la recente evoluzione del fenomeno, che, se fino a oggi aveva riguardato sostanzialmente farmaci che noi classifichiamo come lifestyle saving, quindi per la tutela dello stile di vita, nonché i farmaci della sfera sessuale e i dimagranti, oggi, con la difficoltà di accesso a farmaci ad alto costo, tocca, come qualsiasi tipo di business, anche i farmaci salvavita.
  Il principale motore di tutto il crimine farmaceutico è il business, perché, se ho un canale in cui immettere supposte contraffatte di glicerina, farò anche quelle, pur costando pochissimo. Adesso, essendoci una difficoltà di accesso in tutta Europa per i farmaci per l'epatite C, la criminalità si è buttata anche su quelli, sfruttando un canale diverso: io non faccio un sito internet per vendere un farmaco da migliaia di euro a confezione, ma m'infiltro direttamente nei forum dei pazienti per contattare l'utente, che può prendere il singolo pezzo, il che per me già è business.
  Si tratta, quindi, di una rincorsa. Noi chiaramente avevamo previsto certi trend e su alcune cose siamo intervenuti. Questa evoluzione, però, è nuova. Lo dico perché, finché sequestriamo un prodotto, come quello per la sfera sessuale, che entra illegalmente ed è manomesso, lo analizziamo e sappiamo sicuramente che è fatto male ed è un pericolo di salute pubblica, quindi non abbiamo nessuna discussione sul sequestro. Potete, però, immaginare che, laddove sia capitato di dover fermare prodotti illegali di un'altra sfera, cioè quella dei salvavita, si arriva a un dilemma etico. Il giudice vede il prodotto, sa che il canale è illegale e sa che non può essere certo che il prodotto sia buono, mentre noi abbiamo fondati sospetti sul fatto che sia falsificato. È capitato, in attesa delle analisi, che i giudici ci dissequestrassero il prodotto, perché, dall'altra parte, c'era non la persona o il sexy shop che aveva comprato le pillole per rivenderle, ma il paziente che ha bisogno del prodotto.
  Questa è un'evoluzione che stiamo seguendo, cercando soprattutto di bloccare il problema alla radice, però ci dovremmo fare i conti nei prossimi anni. Sempre più avremo prodotti ad alto costo sul mercato, che giustifichino una falsificazione, perché c'è un margine molto alto, e che si muoveranno su canali difficili da identificare. Lo dico perché lo scambio di mail tra privati per vendere uno o due pezzi è sicuramente molto più sommerso di un sito Pag. 7internet, che debba vendere migliaia di pezzi di Viagra.

  PRESIDENTE. Do ora la parola alla dottoressa Claudia Biffoli per il suo intervento.

  CLAUDIA BIFFOLI, direttore Direzione generale della digitalizzazione, del sistema informativo sanitario e della statistica, Ufficio 4 – Sistema informativo del Ministero della salute. Il mio intervento sarà focalizzato su uno degli strumenti a disposizione in Italia, che è la banca dati della tracciabilità del farmaco.
  Questo strumento è stato costruito negli anni attraverso dei percorsi incrementali ed è nato originariamente con una finalità legata al controllo della spesa a carico del Servizio sanitario nazionale. La finalità principale della banca dati della tracciabilità del farmaco era, quindi, questo tipo di destinazione.
  Applicando un principio di estensione del termine (la normativa parla di farmaci erogabili a carico del Servizio sanitario nazionale), ovviamente l'ambito è stato esteso, perché le strutture pubbliche possono comprare qualsiasi tipo di farmaco.
  La banca dati è stata costituita sulla base di un provvedimento normativo di rango primario, cioè una legge ha introdotto l'obbligo e ha modificato il decreto legislativo n. 540 del 1992, che ormai non ha nessun articolo vigente, a eccezione dell'articolo 5 bis, che definisce come deve essere fatta la banca dati, chi la deve detenere e quali soggetti sono tenuti a effettuare le trasmissioni dei dati.
  Il modello previsto è molto invasivo, cioè è un modello nel quale tutti gli attori della filiera devono fare un'operazione di controllo all'entrata e all'uscita. Immaginate che nei magazzini, in generale, qualsiasi confezione, secondo il modello della normativa, deve essere controllata da chi riceve e da chi fornisce. Questo modello, come dicevamo, è molto invasivo, quindi la norma prevedeva, con uno o più decreti, di avviare l'alimentazione della banca dati gradualmente.
  Questa gradualità si è realizzata sostanzialmente con quattro decreti, di cui tre sono del Ministero della salute e uno del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della salute. Il primo decreto, che ha istituito effettivamente la banca dati, è del 15 luglio 2004 e ha previsto l'obbligo di trasmissione dei dati da parte del mondo produttivo e della distribuzione intermedia. Nella filiera standard della farmaceutica, parliamo di officine di produzione, di depositari e di grossisti, che sono le tre macrocategorie.
  Il modello è semplificato, ma prevede la trasmissione di una serie articolata di dati. In questa banca dati, confluiscono anche tutti i bollini, che il Poligrafico fornisce all'industria farmaceutica, per la commercializzazione dei medicinali in Italia.
  La banca dati, assieme all'istituzione di un identificativo univoco, ha consentito l'avvio di questa prima fase di alimentazione. Come dicevo, l'alimentazione è graduale, nel senso che ci sono informazioni che arrivano dal Poligrafico e che sono puntuali, quindi tutti i numeri vengono forniti a ciascuna azienda farmaceutica per apporli sulle diverse confezioni. In Italia, i medicinali sono identificati non genericamente, quindi non parliamo di aspirina, ma parliamo della scatola di aspirina da dieci compresse con un codice identificativo attribuito dall'AIFA, che è diversa dalla scatola di aspirina da venti compresse. Questo meccanismo consente di capire di che cosa stiamo parlando.
  I depositari e i produttori devono trasmettere, per la scatola di aspirina da dieci compresse, le quantità di bollini utilizzati, quindi i range dei bollini utilizzati, nonché l'informazione del lotto e della data di scadenza. Questo significa che, se andiamo in farmacia e prendiamo una scatola di aspirina, con quell'identificativo noi riusciamo a capire a quale lotto e a quale data di scadenza è stata associata. Questo è un elemento ovviamente di tutela e di controllo, perché mettere insieme elementi informativi su una confezione, essendo generati da soggetti diversi, rende l'informazione più affidabile rispetto a quella generata da un soggetto solo.
  I grossisti trasmettono le quantità di confezioni fornite alle farmacie. Tutte le Pag. 8trasmissioni alla banca dati centrale arrivano entro 24 ore e devono essere sottoscritte con firma digitale e trasmesse in modalità sicura. Questi sono comunque dati con una valenza anche da un punto di vista commerciale e così sono trattati. Questo è il primo impianto.
  Abbiamo, poi, proseguito con impianti successivi. In particolare, appunto perché la norma nasceva per controllare il Servizio sanitario nazionale, abbiamo agito con due decreti del Ministro della salute, uno del 31 luglio 2007 e uno di aprile 2009, che monitoravano le prestazioni farmaceutiche, quindi i farmaci erogati. Il controllo ha riguardato direttamente tutto ciò che l'ASL acquista per darlo alle carceri o alle residenze sanitarie assistite o anche per distribuirlo ai cronici, quindi tutto ciò che compra per la distribuzione diretta, nonché i consumi effettuati per trattamenti di tipo ospedaliero o ambulatoriale.
  Questi decreti, che nascono con la finalità di monitorare la spesa, ma anche l'effettiva erogazione della prestazione, si portano dietro l'elemento identificativo della confezione, cioè tutti questi decreti prevedono la raccolta dei dati da parte delle aziende sanitarie per la trasmissione al Ministero della salute. Questo è un altro piccolo tassello della norma di carattere generale.
  Da ultimo, in maniera dapprima soft e ormai in maniera assolutamente determinante, c'è stata l'introduzione della ricetta elettronica. Esiste un'altra raccolta di dati, che riguarda l'assistenza farmaceutica e che è fatta dal Ministero dell'economia e delle finanze. Il Ministero, da subito, aveva previsto, tra le informazioni che le farmacie dovevano trasmettere, anche l'informazione della targa.
  Si tratta di un caso simile a quello che citava il dottor Di Giorgio: il dato era obbligatorio, ma non sanzionato, quindi, essendo tale, alla fine, non veniva trasmesso.
  Con l'avvento della ricetta elettronica – parliamo del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 2 novembre 2011 – abbiamo sfruttato appieno il fatto che le confezioni avessero un identificativo univoco per riuscire a dematerializzare il processo di prescrizione e di erogazione. Anche in questo caso, tutte le sere, la banca dati centrale riceve dal Ministero dell'economia e delle finanze tutti gli identificativi univoci delle confezioni erogate dalle diverse farmacie.
  Come notate, abbiamo cercato di andare per passi successivi, in modo da arricchire questa banca dati, che, nell'impostazione del legislatore originaria, era – lo ripeto – molto invasiva nei processi distributivi, quindi aveva avuto una grandissima resistenza da parte della filiera a essere recepita.
  Nel frattempo, è intervenuta la Direttiva comunitaria 2011/62/UE, cui faceva cenno anche il dottor Di Giorgio e che ha inserito una serie di strumenti. Tra questi, ha definito un nuovo sistema di identificazione dei medicinali che potesse essere valido a livello europeo.
  Questo si spiega perché altri Paesi, oltre all'Italia, stavano introducendo forme di identificazione univoca delle confezioni, creando disarmonie a livello europeo. C'è stata, quindi, un'indicazione molto precisa della Direttiva nell'adottare un sistema omogeneo, sia di identificazione sia di controllo. Il sistema, pur avendo un alto livello di controllo, adotta un modello estremamente semplificato.
  Provo a riassumerlo: c'è un sistema di archivi, che sono interconnessi tra di loro e che ovviamente scambiano dati a livello europeo. In questo sistema di archivi, i produttori inseriscono tutti i numeri identificativi, che apporranno sulle confezioni. Tutti i punti di distribuzione di farmaci al pubblico, come farmacie, ospedali e ambulatori, quindi tutto il mondo dell'erogazione al pubblico, dovranno controllare, prima di dare la confezione e collegandosi a questo sistema di archivi, per avere l'okay alla distribuzione. In più, ci saranno anche meccanismi di controllo intermedi, perché, a campione, i grossisti dovranno farli.
  Comunque, questo modello, che, da un certo punto di vista, sembra più semplice, in realtà, ha una complessità molto elevata, sia per l'interconnessione che deve esserci fra tutte le banche dati sia perché i modelli Pag. 9distributivi in Europa non sono omogenei, quindi ci troviamo magari con un modello distributivo in Italia diverso da quello adottato in altri Paesi.
  In tutta questa fase di produzione della Direttiva e del Regolamento uscito a febbraio del 2016, all'Italia è stato riconosciuto di avere comunque in piedi un sistema di controllo della filiera legale molto robusto. Abbiamo avuto sei anni di deroga rispetto all'applicazione del Regolamento, che negli altri Paesi, che non hanno praticamente nulla, è soltanto di due anni.
  Rispetto a questo nuovo sistema, che si sta mettendo in piedi a livello europeo e che dovrà avere il go-live, per prendere il via a febbraio del 2019, quindi dopo due anni dalla pubblicazione del Regolamento, è prevista per l'Italia una deroga fino al 2025, appunto per accompagnare questo periodo transitorio, consapevoli del fatto che comunque noi abbiamo già meccanismi di controllo molto forti.
  Questo è il quadro riepilogativo. Ho preparato anche una piccola relazione, che può essere utilizzata per gli approfondimenti normativi.
  Vorrei solo aggiungere una cosa, se mi è consentito. Per accompagnare il processo di introduzione di questo nuovo meccanismo, dedicato esclusivamente alla contraffazione – anche perché ricordiamoci che la finalità è quella della lotta alla contraffazione – per quanto riguarda la Direttiva comunitaria noi abbiamo introdotto dal 2014 alcune modifiche all'attuale bollino.
  La Direttiva prevedeva che il simbolo sul quale viaggia l'informazione dell'identificativo univoco fosse un simbolo bidimensionale, ma le nostre farmacie non erano abituate, perché il bollino originario, invece, era fatto di codici lineari, quindi abbiamo fatto una modifica per cercare già di abituare le farmacie e i punti di dispensazione a utilizzare uno strumento di lettura e di cattura dell'informazione in linea con le previsioni della Direttiva e del Regolamento.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa. Immagino che ci saranno diverse domande. Prima ci saranno quelle del relatore Paolo Russo e poi anche quelle degli altri colleghi.

  PAOLO RUSSO. Intanto, grazie per la cortesia e anche per la pazienza che avete dimostrato nell'aiutarci a comprendere un po’ meglio questa vicenda. Leggo, in una delle slide dell'AIFA, che il sistema di tracciabilità del farmaco, gestito dal Ministero della salute attraverso il bollino a lettura ottica, consente di monitorare il percorso di ogni singola confezione di farmaco.
  Prima questione: è esattamente così o piuttosto si tratta di un monitoraggio che riguarda il lotto e non il farmaco? Inoltre, se il monitoraggio riguarda il lotto, vorrei chiedervi – non so chi ci dovrà rispondere dei due autorevoli auditi – il lotto a quante confezioni corrisponde più o meno. Lo chiedo per capire quant'è l'approssimazione del numero di confezioni per lotto: ci sono 100, 1000 o 5000 confezioni? Vorrei capire un po’ la dimensione di questa natura.
  Poi ci sono altre questioni, di cui la prima riguarda la banca dati. Mi sono un po’ documentato e, tra l'altro, ho anche alcuni astucci di farmaci con me, per cui vi chiedo se abbiamo la certezza che il bollino sia correttamente realizzato, tanto da garantire quella tracciabilità cui facciamo riferimento.
  Il caduceo, per esempio, si rileva in tutte le confezioni? Io ne ho alcune con me e queste sono prive di caduceo. Il caduceo è – provo a spiegare – la filigrana di sicurezza stampata in colore rosso o rosato, che dovrebbe stare sulla parte retrostante dei bollini. Io, però, ho alcuni prodotti privi di caduceo.
  Quali sono le criticità, che oggi incontra il sistema per le difficoltà, che immagino siano tecniche, nelle stampe – l'altro giorno ho interrogato il Ministro su quest'aspetto – flessografiche? È questo un sistema che funziona o piuttosto serve altro tipo di stampa? Esistono altre tecniche che possano garantire maggiore certezza, nell'assicurare la stampa non soltanto sul primo strato, ma anche su quello sottostante?
  Questo riguarda la tracciabilità consentita attraverso gli strumenti in essere, ma io, rispetto a questi strumenti, avrei piacere Pag. 10di capire qualcosa in più. Ci sono buchi nella banca dati? Ci sono procedure derogatorie, che, per esempio, non obbligano o consentono che non sia obbligatoria la comunicazione, da parte dei grossisti alla banca dati, dei codici di farmaci ricevuti dalle industrie e di quelli venduti ai clienti, identificandoli, nonché, per esempio, di quelli distrutti e diventati rifiuti? Abbiamo, per esempio, la certezza che gli smaltitori di rifiuti farmaceutici comunichino i codici dei farmaci presi in carico per la distruzione nonché i codici degli stessi, poi, materialmente ed effettivamente distrutti?
  Avrei piacere di capire di più su questa banca dati, che, da quanto ho capito, è in progress dal 2004, quindi da un periodo, per nostra responsabilità di sistema, lungo. A oggi, ho capito che non siamo ancora nella nuova fase, perché attendiamo l'Europa, e non abbiamo completato la vecchia, perché siamo in attesa dell'Europa. Dovremmo capire quali sono i buchi, dai quali può emergere una criticità nella tracciabilità assoluta. Per esempio, proviamo a immaginare cosa potrebbe accadere. Io ovviamente ragiono senza avere una competenza specifica e provo a farmi aiutare da voi.
  L'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato produce questi bollini, che immagino trasmetta alla banca dati. Le industrie farmaceutiche prendono in carico i bollini, trasmettendo la ricevuta dei bollini sempre alla banca dati. Penso che tutto questo sia praticato, e immagino che sia così.
  Le industrie farmaceutiche, poi, comunicano alla banca dati i codici e i bollini utilizzati e quelli distrutti, perché immagino che anche questo accada. Poi, l'industria farmaceutica comunica alla banca dati i codici dei prodotti trasferiti ai depositi. I depositi, a loro volta, comunicano alla banca dati i codici dei prodotti ricevuti e quelli dei prodotti distribuiti ai clienti, identificandoli uno per uno e precisando anche quelli che, viceversa, sono destinati a diventare rifiuti.
  Poi, i centri sanitari comunicano alla banca dati i codici dei farmaci presi in carico, ma anche di quelli di scarico, di quelli impiegati o inviati a distruzione quali rifiuti. Questo accade o, per esempio, questa è un'azione derogatoria? I grossisti comunicano alla banca dati i codici dei farmaci ricevuti dalle industrie e quelli venduti ai clienti, identificandoli, nonché di quelli distrutti come rifiuti, o anche questa è un'azione derogatoria?
  Poi, c'è un'ultima questione: le farmacie comunicano alla banca dati i codici dei farmaci presi in carico e gli scarichi di quelli venduti a soggetti diversi dai consumatori finali?

  FRANCO BORDO. Io acquisirò le risposte nel resoconto perché devo – mi scuso – lasciare la seduta. Le domande sono due e sintetiche.
  Si registra un fenomeno nel nostro Paese, che è stato, in alcuni momenti, cronico o acuto, di carenza di alcuni farmaci, per via dell'esportazione verso altri Paesi esteri. Questo, in qualche modo, incide a favore della contraffazione e della falsificazione o è un fenomeno neutro?
  Vorrei inoltre sapere se, nel nostro Paese, sul territorio nazionale, sia già stata riscontrata o meno la presenza di realtà criminali coinvolte nella produzione di prodotti farmaceutici che entrano nel commercio illegale.
  Grazie. Mi scuso ancora e buon lavoro.

  SUSANNA CENNI. Anch'io ringrazio moltissimo per l'audizione. Farò forse delle domande molto più generali rispetto a quelle del collega Russo, che è entrato nel merito della banca dati e quant'altro.
  Dalle audizioni e dalle cose che ci avete esposto, mi sembra di poter dire che sul Servizio sanitario nazionale e sul sistema delle farmacie e degli ospedali, tutto sommato, ci sia un sistema di controllo e di monitoraggio abbastanza avanzato, che mi pare di capire si stia ulteriormente specializzando e mi auguro migliorando.
  Vorrei capire, anche dai dati che ci avete fornito e che raccontano di un'evoluzione abbastanza importante nei numeri dei prodotti contraffatti, se questi dati significano più controlli o semplicemente un'evoluzione del fenomeno contraffazione in crescita esplosiva, che comunque facciamo fatica ad arginare. Pag. 11
  Ora, se è vero che il sistema di controllo e monitoraggio funziona per il circuito del Servizio sanitario nazionale, vorrei capire un po’ meglio da voi come opera. Ho sentito qualche riferimento in merito, ma non mi è chiaro, anche perché forse è un limite mio, e non ho compreso bene come funzionano gli strumenti che danno l'allarme nel commercio online, cioè come riceve quest'allerta chi controlla. Lo chiedo anche rispetto ai canali di cui avete parlato e che riguardano, per esempio, le palestre o gli istituti estetici, attraverso i quali probabilmente circolano farmaci contraffatti o comunque farmaci rischiosi per la salute.
  Poi, vorrei sapere se avete un quadro di conoscenza rispetto al luogo di produzione di farmaci contraffatti e, se avete questi dati, qual è il fenomeno per quanto riguarda il nostro Paese.
  L'ultimissima cosa che vorrei chiedere è: rispetto allo stato dell'arte, quindi rispetto allo stato di avanzamento di direttive comunitarie e regolamenti e della loro applicazione con le norme nazionali eccetera, voi ritenete che ci siano ancora degli ambiti in cui è necessario normare? Lo chiedo perché ho visto un passaggio, sempre nel materiale che ci avete fornito, riguardo alle farmacie online. Mi chiedo: è sufficiente la normativa che abbiamo su questa partita o comunque quali sono i buchi che dovremmo colmare anche come legislatori oppure come soggetti di controllo a livello statale? Grazie.

  ORESTE PASTORELLI. Vorrei porre una domanda veloce. I prodotti omeopatici hanno lo stesso percorso del farmaco oppure viaggiano con altre caratteristiche?

  PRESIDENTE. Grazie. A questo punto, aggiungo anch'io due domande molto veloci.
  La prima è la seguente: allo stato attuale di implementazione del sistema di tracciabilità e comunque di tutto il sistema di controllo, cosa succede se un farmaco rubato o un farmaco contraffatto si inserisce nella filiera, attraverso un atteggiamento o un comportamento compiacente di uno degli anelli, come un grossista? Che cosa accade nel caso di un farmaco rubato o contraffatto? Cosa consente, molto concretamente, a un farmacista, per esempio, di identificare un prodotto fornito dal grossista come rubato o contraffatto? Questa è la prima domanda.
  Poi, ho una seconda domanda da porre. Abbiamo parlato, almeno nelle domande e in generale, della contraffazione che viaggia attraverso internet. Lei, dottor Di Giorgio, ci ha detto delle cose molto interessanti e molto puntuali, però vi faccio una domanda precisa: il sistema di AIFA e Ministero della salute o altri strumenti operativi hanno dei meccanismi di scandaglio sistematico del web per identificare siti che offrano, secondo gli schemi classici, prodotti contraffatti, magari con le varianti e con gli aspetti evolutivi che lei ricordava e magari non più esplicitamente? Grazie.

  DOMENICO DI GIORGIO, dirigente Area Vigilanza Post-Marketing dell'AIFA. Faccio una breve introduzione, prima di lasciare la parola alla dottoressa Biffoli, rispetto al sistema di tracciabilità, per spiegare l'uso che se ne fa a livello di protezione della filiera.
  Di fatto, il sistema di tracciabilità, che nasce per altri scopi, cioè per monitorare la spesa, è un sistema difensivo, quindi limita l'infiltrazione del prodotto illegale dall'interno. Una volta che il prodotto esce fuori, è chiaro che, dal punto di vista dell'analisi del rischio, per noi c'è un problema, ma abbiamo creato un canale controllato, dove il paziente può andare e stare sicuro. Il legislatore non si è posto immediatamente il problema di proteggere anche in uscita, ma il sistema integrato europeo serve a tappare questa falla: quando ci sarà una tracciabilità unica, il prodotto che esce dall'Italia non potrà rientrare neanche su un altro mercato.
  Già allo stato attuale di implementazione, però, la tutela è molto forte anche in termini di attività di intelligence. Noi abbiamo fatto delle indagini grosse, che hanno portato anche alla chiusura di operatori, utilizzando banalmente i dati del bollino e il loro incrocio sui dati di tracciabilità.
  C'è stata una segnalazione di un anno e mezzo fa in Olanda su un prodotto, il Pag. 12Cialis, importato e comprato da un grossista italiano. In questo caso, facendo la tracciatura all'indietro, prima che il farmaco entrasse in commercio in quel Paese (Olanda), ci è arrivato il segnale, perché noi siamo un punto di riferimento ormai per questo tipo di segnali. Dalla semplice analisi dei bollini, cioè di foto che ci sono arrivate dall'Olanda, abbiamo immediatamente evidenziato il prodotto come contraffatto. Grazie alla collaborazione con i NAS, abbiamo fatto l'ispezione su tutta quanta la filiera all'indietro e questo ci ha portato a chiudere degli operatori, a cancellare delle licenze e a sequestrare il prodotto.
  Il bollino ha una grossa potenzialità a livello di intelligence, anche nel caso di frodi, come quelle che son finite sui giornali in questi giorni. Alcune persone avevano escogitato un sistema per fare delle ricette, con cui rastrellavano dei prodotti nelle farmacie del centro Italia. Chiaramente i farmaci, che acquisivano con le false ricette, non avevano il bollino, quindi, per poterli esportare, hanno fatto dei finti bollini, anche perché loro sanno che, se in un altro Paese arriva un farmaco italiano non con il bollino annullato, come da legge, ma senza bollino, siccome c'è il rischio di una frode, ci arriva un segnale. Anche la filiera criminale sa che il bollino è un elemento di sicurezza.
  Il lavoro fatto sui furti ha utilizzato tutti i dati aggregati del Ministero, per fare un incrocio che ci ha permesso, grazie alla segnalazione di un singolo farmaco in Germania, di trovare, «da una ciliegia all'altra» e nel giro di ore, la fila degli operatori e la fila dei prodotti coinvolti, attraverso appunto l'incrocio di flussi. Mi spiego: quel farmaco era in una fornitura di altri tre o quattro farmaci, per cui, partendo da questi, siamo andati a scavare per trovare gli operatori e abbiamo cercato gli operatori che avevano utilizzato quei farmaci, procedendo all'indietro. In termini di intelligence e di protezione della filiera, il sistema è veramente molto potente, però è un sistema di tracciabilità, non di tracciatura.
  Noi abbiamo trovato, l'anno scorso, durante un'operazione con i NAS, un distributore di merendine che vendeva farmaci, all'Università la Sapienza. L'abbiamo messo sotto sequestro, quindi, una volta aperto, abbiamo visto i bollini, grazie ai quali, col Ministero, incrociando i dati, abbiamo cercato chi aveva rifornito quella macchina. Il sistema è tracciabile e non è tracciato, perché, effettivamente, non c'è tutto il flusso. Su quest'aspetto, lascio, poi, la parola alla dottoressa Biffoli.
  Parlando di protezione della filiera e di dati di intelligence, posso dire che i dati che raccogliamo sono già il gold standard mondiale, cioè quello che abbiamo messo in piedi in Italia, in questi anni, è un sistema che, di fatto, ha impedito l'infiltrazione dei prodotti nel nostro mercato. Chi rubava i farmaci negli ospedali italiani, li rivedeva in Germania, perché in quel Paese costano di più, quindi si fanno più soldi, ma anche perché vendere un farmaco alla filiera legale è molto difficile.
  Poi, per carità, ci saranno alcune eccezioni e ne parleremo dopo, nella risposta alle domande successive. C'è una farmacia di proprietà della camorra e, in quel caso, è probabile che il farmaco arrivato venga rivenduto, senza passare per i controlli dovuti, però parliamo dell'eccezione alla norma, perché la griglia è basata su una regola, che funziona molto bene. Detto ciò, l'implementazione non è completa, ma su quest'aspetto lascerei la spiegazione alla dottoressa Biffoli.

  CLAUDIA BIFFOLI, direttore Direzione generale della digitalizzazione, del sistema informativo sanitario e della statistica, Ufficio 4 – Sistema informativo del Ministero della salute. Chiedo scusa perché, nell'essere veloce per mantenermi nei tempi, non sono stata sufficientemente chiara. La norma ha un impianto molto dettagliato, come diceva lei, e prevede il controllo all'ingresso e il controllo all'uscita, secondo un modello che, nei sistemi di tracciabilità, si chiama «e-pedigree», nel senso che qualsiasi punto deve essere controllato e qualsiasi confezione deve essere controllata.
  In fase di applicazione, c'è stata una grande resistenza da parte della filiera distributiva ad adottare questo modello, perché era molto oneroso, in termini di cambiamento Pag. 13 dei processi produttivi. Questo è uno dei motivi per cui, alla fine, si è arrivati, a Bruxelles, a definire una regola unica di identificazione, anche perché stavano nascendo varie iniziative a livello dei singoli Paesi. Questi meccanismi consentono di tornare indietro e, poi, sono basati su una grande trasparenza reciproca nonché sulla fiducia.
  Cerco di spiegarmi. Il deposito, che manda i prodotti al grossista, ci dà soltanto l'informazione del lotto. In realtà, il grossista ha anche la possibilità di controllare esattamente che cosa ha dichiarato di avergli trasmesso il deposito, in modo tale che le segnalazioni, che possono arrivare, rappresentino casi di differenze. Il controllo all'ingresso sostanzialmente, seppur non realizzato con il singolo numero identificativo, è comunque fatto attraverso gli strumenti di consultazione della banca dati, che consentono al grossista di vedere che cosa ha dichiarato alla banca dati quel depositario. Lo dico anche per integrare l'informazione.
  Dopo di ciò, posso dirvi che sui grossisti abbiamo fatto grandissima pressione per riuscire ad avere almeno il numero di lotto. Abbiamo emesso una circolare, a fronte del recepimento della Direttiva, che diceva: «da questo momento, arricchiamo l'informazione, aggiungendo anche il numero di lotto». Immediatamente, appena è uscita la nota, è stato fatto ricorso, perché non c'era la base giuridica per imporre di arricchire l'informazione anche con il numero di lotto.
  Quello dei grossisti è un mondo molto difficile, anche perché, a differenza degli altri soggetti della filiera, i margini sono più ridotti, quindi c'è sempre un problema di natura economica e di costi. Il tentativo è stato fatto, ma non ci siamo riusciti.
  Il meccanismo di alimentazione parziale delle informazioni, rispetto al disegno, comunque, in termini di costi-benefici, ci porta molti benefici. Inoltre, abbiamo agito, in termini di costi sulla filiera, in maniera decisamente più ridotta.
  Voi considerate che noi abbiamo sostanzialmente i documenti di trasporto. Abbiamo fatto un lavoro per cercare di intercettare esattamente i dati, che loro utilizzano per il loro mestiere, in modo che non ci fosse possibilità di equivoco o di alterazione, nel conferire le informazioni alla banca dati centrale. In realtà, abbiamo i documenti di trasporto, che sono poi verificabili anche attraverso altre fonti.
  Questi meccanismi consentono di agire, a partire da una farmacia, quindi da un farmaco trovato e appartenente a un certo lotto, cui corrisponde un insieme di bollini, che potrebbero essere – lo dico anche per anticipare una risposta – 1.000, 10.000 o 15.000, perché i lotti sono eterogenei e sono determinati da necessità del produttore. In questo modo, riusciamo a capire che quel farmaco è stato usato in quella farmacia, in un'altra farmacia e in un'altra farmacia ancora, e a circoscrivere l'ambito dei grossisti, che le hanno rifornite, risalendo la filiera all'indietro, per fare poi delle indagini specifiche in loco. La risposta quindi è: sicuramente, rispetto alla norma originaria, la banca dati non ha quel livello di controllo puntuale, ma tutta questa serie di meccanismi ci consente appunto di tornare indietro.

  DOMENICO DI GIORGIO, dirigente Area Vigilanza Post-Marketing dell'AIFA. Proseguo nelle risposte, partendo dalla questione relativa al fatto che si perda traccia della vendita da parte del farmacista a soggetti che non siano i pazienti. In questo caso, c'è una violazione di legge, su cui siamo intervenuti grazie all'accordo tra AIFA, Ministero e regioni con la filiera distributiva, quindi con le varie associazioni. In realtà, l'interpretazione della norma data dall'amministrazione è che la farmacia sia il punto terminale della vendita, quindi, ogni transazione, dalla farmacia a un grossista, non può essere tracciata, perché questo sarebbe illegale. Su quest'aspetto, siamo intervenuti con sanzioni e con controlli rafforzati insieme alle regioni e ai Carabinieri dei NAS.
  Si tratta, purtroppo, di una distorsione ingenerata da un'applicazione estesa della Bersani del 2006, cioè noi abbiamo consentito alle farmacie di prendere anche un'autorizzazione come grossista e abbiamo creato un operatore che è, di nuovo, una zona grigia, perché è un farmacista che è anche grossista, quindi compra con la Pag. 14mano da farmacista, passa il prodotto a quella del grossista e poi lo esporta. Ora, siccome il passaggio dalla farmacia al grossista non esiste nel sistema, perché non è consentito, da questo passaggio in poi, il prodotto può uscire dall'Italia, generando dei problemi.
  Per questo motivo, invece di invocare un'altra norma, abbiamo applicato le norme esistenti. Questa è sicuramente una delle radici del problema, che abbiamo affrontato con buon successo nell'ultimo biennio: l'indisponibilità dei farmaci.
  Era stata fatta una domanda a riguardo, per cui vorrei specificare che ci sono due problemi diversi, la cui manifestazione finale è la stessa: la carenza e l'indisponibilità. L'AIFA e il Ministero vedono la questione dal punto di vista del paziente: se il paziente va in farmacia e non trova il farmaco, il fatto che questo sia carente o indisponibile cambia poco. Abbiamo affrontato il problema sistematicamente, tenendo presente che si tratta di due malattie distinte con gli stessi sintomi, perché, per esempio, la carenza è derivante da un problema di produzione.
  Noi abbiamo avuto un problema con un antitumorale un paio d'anni fa, perché era andato a fuoco l'unico stabilimento europeo che ne produceva la materia prima. È chiaro che il prodotto non si trovava più nei negozi e nelle farmacie, perché non c'era materialmente. Su problematiche di questo tipo, si attivano canali straordinari di importazione o, in casi estremi, si attiva l'Istituto chimico farmaceutico militare di Firenze per una produzione in deroga su prodotti gestibili, quindi c'è una serie di misure, che si possono applicare, pur essendo eccezionali, perché sono legate al fatto che il prodotto che stiamo cercando di fornire non è disponibile.
  Nel caso delle indisponibilità, invece, parliamo di una patologia della rete distributiva. Si tratta di un problema noto: nel sud dell'Europa (Italia, Portogallo, Spagna e Grecia), i farmaci costano molto meno che in Germania. Inoltre, in Germania, la normativa obbliga alla gestione del budget, per risparmiare, anche attraverso il parallel trade, cioè c'è un vincolo del 6 per cento circa di prodotti farmaceutici, che deve arrivare dal canale del parallel trade.
  Immaginatevi un canale, dove i farmaci costano quasi il doppio del resto d'Europa e dove c'è un vincolo a usare l'importazione, che è gestita a livello commerciale, perché prima del caso dei furti italiani di Herceptin già citato, i controlli erano del grossista, cioè il grossista tedesco comprava da quello inglese, che aveva fatto la spesa in Italia, e tutto questo flusso era gestito soltanto su pezzi di carta. Quella è una calamita per prodotti illegali.
  In Germania, da quando hanno implementato i nostri sistemi di controllo, cioè hanno fatto una task force tipo la nostra, mettendo insieme polizia, laboratori ed enti erogatori, c'è stato un alert per contraffazione a settimana, perché hanno cominciato a controllare quello che entrava.
  Noi avevamo già visto, perché loro non hanno la capacità di intelligence che c'è in Italia, delle contraffazioni di prodotti del Pegasys, quindi di prodotti ospedalieri, che non erano giustificabili. Qualcuno aveva fatto la copia di un prodotto ospedaliero, quindi la contraffazione vera e propria di una finta siringa, peraltro del colore sbagliato, veniva venduta a un trader tedesco. Questo vuol dire che, se uno s'imbarca in una contrattazione così complicata, evidentemente esiste un canale, in cui, appunto, entrano farmaci ad alto costo per niente controllati.
  Considerate che, prima che noi facessimo l'indagine e gli stroncassimo questo canale, in Germania arrivava già manomesso il prodotto rubato in Italia. Loro hanno avuto diverse unità di Herceptin, che una fiala liofilizzata, riempite con un liquido, perché i criminali le rubavano anche dai cestini della mondezza e le riempivano con l'acqua. In Germania, le buttavano, ma non ci mandano un segnale per dire che avevano un problema. Quello è un canale in cui si preferisce non far circolare troppo la voce, perché la fonte da cui si acquista è un asset: se io so che una persona ha un farmaco a basso costo, lo compro da lui e lo rivendo, ma non voglio che altri vadano dal mio fornitore. Pag. 15
  Il sistema di tracciabilità europeo servirà anche a rimuovere parte di queste distorsioni. In Italia, il parallel trade è gestito diversamente, però su quello che esce abbiamo grosse difficoltà. Adesso, siamo riusciti a limitare il fenomeno, ma, se noi facessimo, come ha provato a fare la Spagna, una lista dei farmaci che non si possono esportare, cinque minuti dopo, la Commissione ci bloccherebbe perché andremmo contro i trattati.
  Proseguo con le altre risposte. Era stato chiesto se ci sono gruppi criminali in Italia nella produzione. Tutto il caso sui furti, di cui ho raccontato prima, ha riguardato una falsificazione. In Italia, è stata costruita quella che si chiama «cartiera». Certo, non si faceva riconfezionamento, però, se io metto su una macchina per fare false fatture per farmaci rubati, rappresento comunque un pezzo della filiera della falsificazione.
  Abbiamo falsificazioni su piccola scala. Abbiamo avuto un caso di miracle medicine, circa due o tre mesi fa, nel ternano. Un beauty center proponeva prodotti miracolosi, addirittura per curare la sclerosi (una cosa veramente fuori scala), che venivano preparati da una farmacia della zona. Abbiamo avuto, sempre in quelle zone curiosamente, un ragazzo che aveva messo in piedi un piccolo stabilimento in casa per la produzione di fiale di steroidi, però, anche in questo caso, siamo sulla piccola scala.
  Chiaramente la grossa produzione, perlopiù, avviene in Asia, non perché in Asia siano meno onesti, ma perché che, oggi, c'è il know how per le produzioni. Noi siamo stati il punto di riferimento per la produzione di materie prime farmaceutiche, fino agli anni Ottanta o fino ai primi anni Novanta. Ormai, quelle produzioni sono in Asia, perché, dove c'è il know how per la produzione legale, si sviluppa anche quello per la contraffazione.
  Ciò non toglie che, quando troviamo alcuni fenomeni, come quello del caso dell'Herceptin, si parta con un'indagine, che si consolida. Inoltre, si fa il white paper, che è stato distribuito dalla commissione per imporre di cambiare le norme. Lo dico perché, comunque, se il livello dei controlli è questo, oggi i farmaci vengono rubati in Italia, ma domani, come già sta succedendo, li ruberanno in Ungheria o, invece che alle farmacie, li ruberanno agli stabilimenti, per non incappare nelle denunce. Intendo dire che, finché c'è questo differenziale, quindi finché abbiamo un'anomalia per cui un Paese ancora non ha il livello di controlli che abbiamo noi, i criminali ci si dirigeranno.
  Il controllo sulla distribuzione legale è un gold standard mondiale, anche se è chiaro che si potrebbe fare meglio. In ogni caso, quando ci sarà una tracciabilità integrata europea, il sistema funzionerà meglio.
  La tracciabilità europea è stata fatta con un approccio che noi non abbiamo condiviso. Noi abbiamo voluto proteggere il sistema bollino, perché è universale. Io mi occupo di contraffazione da più di dieci anni e ho imparato che non c'è un prodotto che non sia a rischio: dovunque ci sia un canale in cui rivendere, c'è spazio per la contraffazione.
  Durante la negoziazione della Direttiva, la Commissione si era fissata sui farmaci con prescrizione e noi abbiamo portato il caso dell'Alli, un dimagrante da banco, che negli Stati Uniti, in quel momento, veniva falsificato. Perché? Si trattava di un prodotto su cui c'era una grossa pressione mediatica, perché la casa produttrice faceva molta pubblicità, quindi c'era domanda, e, quando c'è domanda, si genera immediatamente la risposta, anche quella criminale.
  Durante la crisi dell'influenza suina, si era scatenato il panico, perché si pensava che, non avendo il Tamiflu, sarebbero morti tutti, quindi sono venuti fuori un sacco di siti che proponevano del Tamiflu finto. Si trattava di una soluzione con un po’ di paracetamolo, così chi lo prendeva aveva l'effetto a breve termine dell'abbassamento della febbre.
  L'evoluzione del fenomeno è stata questa: un tempo, facevo il farmaco contraffatto, rifilavo il pacco al Governo del Paese in via di sviluppo e sparivo, invece, adesso, metto in piedi un sito che deve andare Pag. 16avanti negli anni, quindi, se il prodotto venduto deve avere degli effetti collaterali, questi devono essere di lungo termine e il farmaco deve avere qualche effetto, altrimenti chiudo nel giro di giorni.
  Il fenomeno continua a crescere anche rispetto al nostro Paese. Da una parte, c'è il fatto che siamo diventati più bravi a fare i controlli, nel senso che sono dieci anni che facciamo formazione alle dogane, agli USMAF ai NAS e chiaramente ormai non c'è più bisogno di un contatto diretto.
  A Milano, che è uno degli standard migliori in Italia, c'è un contatto diretto fra procura, NAS e dogane, per cui settimanalmente si fanno sequestri di pacchetti e denunce.
  Il problema è che le sanzioni per chi compra non ci sono, anche giustamente per certi versi. Inoltre, chi vende è fuori dalla nostra portata. Noi abbiamo messo su dei sistemi per colpire anche chi vende, però, in un quadro del genere, come potete immaginare, magari c'è un sito che vende milioni di pezzi in tutto il mondo, per cui, se deve sostituire un pacchetto, lo fa.
  I sequestri, quindi, non sono l'arma migliore. Per questo motivo, noi abbiamo investito molto – trovate nella relazione un esempio di campagna – anche nella sensibilizzazione degli acquirenti. È inconcepibile che la gente pensi di comprare su internet, anche se non capisce da che razza di siti, prodotti che potrebbero ammazzare qualcuno. Io sono spaventato dal fatto che le persone possano comprare, non si sa dove, prodotti tipo il Viagra, ma peggio ancora che comprino degli iniettabili. In quel caso, si tratta veramente di una questione di sensibilità nei confronti del prodotto, che deve arrivare agli acquirenti.
  Su questo lavoro, sicuramente una maggiore sinergia fra tutte le istituzioni aiuterebbe e aiuterà. Dobbiamo parlare con una sola voce ai pazienti per spiegare che il rischio che corrono non è proporzionato al risparmio che realizzano.
  L'adolescente che compra lo steroide da palestra su internet ha un profilo diverso, perché non è un paziente, quindi questo è un altro tipo di problema. Si tratta di un lavoro grosso che deve essere fatto con le scuole, dove sicuramente ci sarebbe ampio spazio d'intervento.
  In Italia, la filiera delle farmacie è tranquilla, per cui abbiamo lavorato molto fuori da quella filiera. Abbiamo realizzato strumenti per chiudere i siti e abbiamo un accordo con l'agenzia che in America chiude i siti per Google, quindi interveniamo puntualmente per bloccare i siti illegali.
  Considerate che il 99,4 per cento dell'offerta internet è illegale, quindi non parliamo di una cosa che si può bloccare. Il lavoro grosso deve essere fatto sulla domanda, infatti noi utilizziamo anche le nostre indagini come forma di comunicazione. Per esempio, quando siamo riusciti a bloccare 121doc insieme all'Antitrust, non è ci siamo dati una medaglia, ma abbiamo fatto molto rumore per far arrivare a tutti i cittadini due segnali: il sito è illegale e troveremo i responsabili. Non è impossibile tracciare i pacchi per sequestrarli, soprattutto se non è il caso di un acquirente che compra 10 compresse, per cui non lo possiamo portare davanti a un giudice, ma ne compra 100 o 200. In quel caso, mettiamo l'indagine nelle mani dei NAS e facciamo fare magari la consegna controllata, perché, se uno compra 200-300 compresse, vuol dire che le rivende. Sulla rivendita, con il decreto n. 219 ci sono le sanzioni penali, quindi gli strumenti ci sarebbero.
  Abbiamo fatto anche alcune operazioni su negozi che vendono integratori e sui sexy shop, quindi periodicamente interveniamo su questi canali. Immaginatevi uno che compra il prodotto per le disfunzioni erettili in un sexy shop, dove è venduto etichettato come se fosse un integratore e costa più del Viagra. Vi rendete conto che stiamo intervenendo su un profilo psicologico, che ha bisogno, però, di campagne non nostre. L'acquirente non risparmia, ma è semplicemente convinto che il sexy shop sia un fornitore più riservato della farmacia.
  Il pezzo che manca nella normativa riguarda le sanzioni e su quest'aspetto insisto. Ne abbiamo discusso anche con alcuni dei magistrati con cui abbiamo lavorato. Alcuni ci hanno detto che avrebbero bisogno di strumenti di indagine specifica, però altri ci hanno detto che, alla fine, Pag. 17considerando che a fare questo tipo di crimine sono sempre più di due persone, se un magistrato volesse approfondire, ci sono a disposizione gli strumenti, perché sull'associazione a delinquere le pene sono al di sopra dei tre anni, quindi si può procedere con intercettazioni e altro.
  Dico io che, se fosse criminalizzata specificamente la falsificazione, non dovremmo fare questi castelli per capire se la farmacia ha venduto al grossista o se il sito ha ammazzato qualcuno, ma semplicemente, perché uno ha aperto un sito che fa arrivare in Italia un prodotto illegale, potremmo cercare chi ha registrato il sito e intervenire.
  Relativamente ai prodotti omeopatici io sono un chimico, quindi sull'omeopatia preferisco non espormi. Posso dirvi che i prodotti omeopatici sono fuori dal sistema di tracciabilità, purtroppo. Sull'omeopatia, l'implementazione della normativa dei farmaci è stata mandata avanti per gradi, quindi si tratta di un prodotto che arriverà, in seguito, a uno standard, anche se parliamo di altri tipi di norme, sulla registrazione e sul controllo e, in futuro, anche sulla tracciatura, che sono ancora in divenire.

  CLAUDIA BIFFOLI, direttore Direzione generale della digitalizzazione, del sistema informativo sanitario e della statistica, Ufficio 4 – Sistema informativo del Ministero della salute. Sia le norme a livello italiano sia il Regolamento europeo di cui abbiamo parlato escludono gli omeopatici dal sistema di controllo.

  DOMENICO DI GIORGIO, dirigente Area Vigilanza Post-Marketing dell'AIFA. Allo stato attuale delle norme, se un farmaco illegale arriva dentro la nostra filiera, bisogna vedere come ci arriva. Dovremmo avere una farmacia o un grossista che compra da un fornitore fuori rete, quindi dovremmo avere una farmacia o un grossista che, già di per sé, è fuori dalla legalità. In ogni caso, questo non lo potrebbe dispensare direttamente, perché quel farmaco non avrebbe il bollino, quindi probabilmente lo potrebbe acquisire per esportarlo. Questa è una delle falle: se un prodotto viene acquisito per esportazione, la normativa non è sufficientemente chiara.
  Anche in questo caso, noi abbiamo chiesto delle interpretazioni. Abbiamo avuto un episodio grosso, a seguito del caso dei furti, in cui un operatore campano comprava in Grecia, rivendendo in Germania. Lo abbiamo intercettato perché transitava per l'Italia, quindi, grazie a tutti i sistemi di controllo che abbiamo, è arrivato un segnale. Tuttavia, quando l'operatore ha capito che l'avremmo beccato, ha cominciato a comprare in Grecia per vendere in Germania, senza transito in Italia. In questo caso, gli hanno rifilato dell'Herceptin contraffatto, quindi i tedeschi ci hanno contattato e c'è stata una serie di azioni, in cui il prodotto è stato sequestrato eccetera.
  Abbiamo portato a galla un aspetto della normativa, su cui purtroppo le norme non sono avanzate come il mercato. Prima dell'avvento di internet e prima dell'internazionalizzazione di questi canali, il grossista era uno che comprava dall'azienda e vendeva alla farmacia. Oggi, il grossista, come quello che ha venduto il Cialis contraffatto in Olanda, può andare alle fiere e trovare un fornitore, che non si sa chi sia e da cui si fa spedire il farmaco, che viene dirottato direttamente al suo corrispondente estero. In questo caso, c'è il rischio di infiltrazione. Abbiamo avuto dei casi come quello del Cialis o come quello dell'Herceptin dalla Grecia alla Germania e non mi sento di escludere che ce ne siano altri. Sicuramente una revisione delle norme, per definire puntualmente cos'è un grossista, ci servirà. Il lavoro che stiamo facendo da un anno e mezzo insieme alla filiera sull'indisponibilità porterà anche a chiarire meglio i ruoli, ma in maniera condivisa.
  Quello che noi abbiamo cercato di fare fino adesso è stato di utilizzare gli strumenti che c'erano, perché in alcuni casi questi mancano. Per esempio, rispetto a internet, noi siamo partiti e ci si diceva che non si poteva fare niente. Tuttavia, senza cambiare le norme, noi abbiamo chiuso centinaia di siti, basandoci su norme che esistevano, come quelle del codice del consumo, della cooperazione internazionale e dell'Antitrust. Alcuni strumenti di tutela Pag. 18sono stati sviluppati, anche se non sono tutti integrati.
  Quello che abbiamo messo nel recepimento della Direttiva, cioè il potere per il Ministero della salute di fare un decreto di chiusura, è uno strumento utile, però, rispetto a un fenomeno in cui, dall'altra parte, abbiamo circa 40.000 farmacie censite per più del 99 per cento illegali, capite che anche notificare a tutti i provider italiani che si devono bloccare 99.000 siti diventa uno strumento poco funzionale, o meglio lo si può fare, ma è poco funzionale. Ha più senso intervenire puntualmente su alcuni casi, per spiegare quello che succede, e realizzare il controllo sistematico del web, che facciamo insieme ai NAS e al Ministero della salute, per vederne le evoluzioni.
  L'esempio che vi riportavo prima rispetto ai farmaci innovativi è parte di questo studio, cioè abbiamo visto che, se prima c'era chi si apriva un sito per vendere certi farmaci, adesso quel soggetto non lo apre più o, semmai, apre una finestra, che dice dell'esistenza di un gruppo d'acquisto. Un sito del genere, ospitato nel Paese giusto, non si può neanche chiudere, perché c'è la libertà d'espressione. In pratica, si tratta solo di creare una finestra, attraverso la quale innescare dei contatti paziente-venditore. Su quest'aspetto, si continua a lavorare e sicuramente c'è un grosso lavoro da fare in termini di comunicazione del rischio, senza generare panico nei pazienti, però mettendoli in guardia sul fatto che, su certi prodotti, bisogna stare attenti.
  Prima degli ultimi sviluppi che vi raccontavo, io ero stupito da quello che succedeva in Svezia, dove si compra via internet il melanotano, cioè un peptide iniettabile usato per abbronzarsi. Pensare che uno possa mettere a rischio la propria salute per iniettarsi un prodotto, forse non sterile, solo per abbronzarsi è veramente sconcertante. Poi, abbiamo visto che purtroppo anche nel nostro Paese c'è chi va su internet per cercare prodotti miracolosi, anche perché più viene promossa la miracolosità di certe cure più avremo l'accesso diretto dei pazienti, che non hanno la consapevolezza dei rischi, ma pensano che, una volta che vanno su internet e trovano un sito, quello sicuramente è un venditore qualificato.
  Penso di aver risposto un po’ a tutto o almeno lo spero.

  PRESIDENTE. La materia è enorme e complessa. Le domande erano molte.
  Credo che il collega Paolo Russo voglia tornare su alcune questioni e lo farò brevemente anch'io.

  PAOLO RUSSO. Avrei piacere di ascoltare qualcosa sulla stampa dei bollini. Inoltre, mi intriga molto la vicenda dei farmacisti-grossisti, che immagino possa generare anche, talvolta, la carenza di alcuni prodotti. Penso al Clexane, per esempio, e al fatto che, ovviamente, la carenza di quel prodotto possa essere l'elemento attrattore per l'acquisto sui siti.

  CLAUDIA BIFFOLI, direttore Direzione generale della digitalizzazione, del sistema informativo sanitario e della statistica, Ufficio 4 – Sistema informativo del Ministero della salute. Io cerco di fornirle un po’ di elementi in più rispetto alle sue prime domande, che riguardavano anche la complessità della banca dati, sulla quale mi sembra che, a questo punto, il discorso dovrebbe essere abbastanza chiaro.
  Rispetto al discorso sul bollino e se questo correttamente realizzato eccetera, posso dirle che noi, tutte le volte che abbiamo evidenza di segnalazioni di difettosità dei bollini, in piena trasparenza pubblichiamo queste informazioni sul sito del Ministero della salute. La difettosità è un elemento che deve essere comunicato a chi, poi, utilizza e controlla il bollino.
  Ci sono stati errori, per esempio, che hanno riguardato il carattere di controllo del codice a barre. In realtà, quei bollini non erano correttamente leggibili, quindi abbiamo immediatamente avvertito tutte le associazioni delle farmacie per segnalare quali erano esattamente i bollini con questa difettosità, in modo che potessero fare dei riscontri, ma anche per avere evidenza che quelli non erano bollini falsificati. Pag. 19
  Ci sono stati segnalati diversi problemi sui bollini. Per esempio, il codice univoco in chiaro, che è apposto su uno strato diverso, si cancellava. Il Poligrafico è stato immediatamente redarguito su quest'aspetto e ha messo in atto delle azioni per evitare che questo fenomeno si verificasse.

  PAOLO RUSSO. Però, questo fenomeno si verifica?

  CLAUDIA BIFFOLI, direttore Direzione generale della digitalizzazione, del sistema informativo sanitario e della statistica, Ufficio 4 – Sistema informativo del Ministero della salute. Questo fenomeno si verifica soprattutto sui bollini prodotti dal Poligrafico prima delle contromisure adottate, presenti nei magazzini dei produttori. Questi sono elementi di richiamo che non pregiudicano la falsificazione del medicinale, quindi posso dire che ce ne sono e che ne troveremo, finché non saranno smaltite queste scorte.
  Sul discorso dello strato inferiore dei bollini, quindi sul caduceo, posso dire che sicuramente la scritta è prevista nel caso in cui ci sia l'erogazione a carico del Servizio sanitario nazionale, perché quella è una controprova. In realtà, il bollino non dovrebbe essere rimosso, quando quel farmaco non è a carico del Servizio sanitario nazionale. Da questo punto di vista, quello che ci dobbiamo aspettare è che, se è stato rimosso il bollino, in quanto la farmacia che l'ha fatto va in un certo canale, il caduceo debba comparire, sempre per un discorso di trasparenza nei confronti del paziente. Altrimenti, il bollino deve rimanere, perché è parte integrante della confezione.
  Sugli smaltitori, lei chiedeva qual è il livello di controllo. A riguardo, abbiamo eterogenei livelli di controllo. Le spiego: gli smaltitori non sono tenuti alla trasmissione delle informazioni alla banca dati e si comportano come le farmacie, cioè tutti coloro che mandano farmaci allo smaltimento ci comunicano le quantità di farmaci con il solito codice identificativo, che sono finiti allo smaltimento. In realtà, si tratta prevalentemente di smaltitori che si occupano di smaltimento di rifiuti speciali, cioè non sono specializzati per il mondo farmaceutico, ma sono smaltitori che raccolgono materiale speciale.
  C'è soltanto un'associazione dell'industria farmaceutica, che raccoglie farmaci scaduti, quindi non si occupa direttamente della distruzione, ma della raccolta di farmaci scaduti, perché c'è un meccanismo di rimborsabilità al farmacista che non li ha erogati. Quest'associazione legge puntualmente gli identificativi univoci di tutte le confezioni, che vengono, successivamente ed effettivamente, mandate allo smaltimento. Questo soggetto opera per conto dell'industria, come forma di tutela, in modo da evitare che ci siano forme di rimborso duplicate, e svolge questo tipo di attività.

  DOMENICO DI GIORGIO, dirigente Area Vigilanza Post-Marketing dell'AIFA. Integro quest'ultimo punto, prima di tornare sul Clexane.
  L'Assinde effettivamente traccia tutto. Nella coda dell'indagine sui furti, noi abbiamo scoperto che Assinde aveva recuperato alcuni dei farmaci spariti dagli ospedali. Alla fine, i farmaci comprati, che, grazie al sistema di blacklist messo in piedi dall'Italia, erano diventati invendibili, sono stati destinati allo smaltimento, per cui ci sono stati segnalati. È partita chiaramente un'indagine penale a carico di chi cercava di smaltire quei prodotti con provenienza illegale.
  Sicuramente qualsiasi tipo di deroga alla tracciabilità, o in generale alle autorizzazioni, genera dei mostri. Non l'avevo citato prima, ma uno dei più grossi casi fuori dall'Italia di contraffazione, che ha generato circa cento vittime, è relativo a un farmaco finito in un ospedale in Pakistan, che veniva dal canale delle ONG. Intendo dire che, laddove si abbassa il livello di controllo, è possibile l'infiltrazione, per cui chi fa acquisti in grossi quantitativi è esposto a questi rischi. Da questo punto di vista, qualsiasi rafforzamento è benvenuto, perché, se noi mettiamo delle deroghe nel sistema, ogni deroga genera comunque interesse per la filiera criminale.
  Tornando ai farmacisti-grossisti, sicuramente questa è una figura che stiamo cercando, Pag. 20 con il Ministero e le regioni, di definire e mettere meglio sotto controllo. Questa situazione genera le indisponibilità e non le carenze. Per quello che abbiamo visto noi, sulle indisponibilità non abbiamo riscontrato acquisti da canali illegali, per supplire all'indisponibilità nazionale. Questo tipo di fenomeno, invece, è più plausibile sulle garanzie. Nel periodo in cui non si trovava l'antitumorale, di cui vi dicevo e che noi abbiamo fatto arrivare dall'India, ci sarà stato anche qualcuno che, nella disperazione, l'ha cercato in canali irregolari, però, in genere, sulle indisponibilità riusciamo a far intervenire i titolari abbastanza rapidamente. Certo, questo è un canale permeabile, perché un operatore con una doppia licenza, se la gestisce con flessibilità, fa come il grossista, di cui vi dicevo e che comprava su internet il prodotto da esportare verso l'Olanda. Mi riferisco alla flessibilità morale. Però deve essere rafforzato anche il controllo. Il lavoro che stiamo facendo nell'ultimo anno e mezzo, con il Ministero, i NAS e le regioni, è appunto quello di un rafforzamento dei controlli.

  PAOLO RUSSO. C'è una valenza geografica dei distributori?

  DOMENICO DI GIORGIO, dirigente Area Vigilanza Post-Marketing dell'AIFA. In realtà non c'è quest'aspetto. Ci sono delle sacche di specializzazione e si verifica una questione simile a quella, di cui dicevo prima e che riguarda la produzione. Chiaramente abbiamo trasferito il know how per fare certe attività in India e in Cina, dove sono venuti fuori anche i contraffattori.
  Rispetto ai farmacisti-grossisti, ci sono dei nuclei di operatori esperti in Campania, in Umbria, in Lombardia o nelle Marche. Una volta che c'è l'operatore esperto, altri operatori nei dintorni copiano il modello. Mi sento di dire che c'è una dislocazione geografica abbastanza distribuita, soprattutto rispetto al fornitore di chi esporta. Gli esportatori grossi sono in numero limitato e recuperano i farmaci tramite farmacisti-grossisti, distribuiti in tutta Italia.
  Aggiungo che, quando abbiamo fatto l'accordo condiviso fra Ministero, AIFA, regioni e parte delle associazioni di grossisti, di distributori, di farmacisti eccetera, abbiamo avuto un ricorso da una ventina di farmacie, che avevano la doppia licenza ed erano dislocate in tutta Italia. Si trattava di una rete, anche se le farmacie non erano collegate, perché c'era un cointeresse sull'interpretazione della norma.
  La questione è ancora in discussione presso il TAR del Lazio, però, in quel caso, era evidente quello che noi conosciamo grazie ai dati di tracciabilità: il fatto che i farmaci spariscano per l'esportazione dipende da operatori sparsi in tutta Italia. Questo accade anche perché, se uno facesse un ordine di 20.000 pezzi Clexane per esportarli, verrebbe notato, invece, se si prende un pezzo qua e là, distribuendo la rete, è più difficile essere trovati.
  Su un farmaco, che non è il Clexane e che abbiamo seguito nell'ultimo periodo, abbiamo registrato circa il 45 per cento di produzione finita all'estero. Il farmaco finisce sul nostro mercato, ma il 45 per cento della produzione va immediatamente all'estero, attraverso micro-ordini, cioè il farmaco viene rastrellato da decine di farmacie e mandato fuori.
  Su quest'aspetto, stiamo intervenendo, però, finché non si rimuove l'anomalia dei prezzi e dei canali in certi Paesi, l'interesse resterà, perché non serve il prodotto da 10.000 euro, ma bastano anche differenziali di un paio di euro su grossi invii.

  CLAUDIA BIFFOLI, direttore Direzione generale della digitalizzazione, del sistema informativo sanitario e della statistica, Ufficio 4 – Sistema informativo del Ministero della salute. Su quest'aspetto, vorrei aggiungere che – non l'ho neanche detto al dottor Di Giorgio, ma ho fatto un controllo per quest'audizione – l'effetto c'è stato. Noi siamo passati dall'avere, a fine del 2014, 560 soggetti con doppio cappello, cioè grossisti-farmacisti, ad avere, a fine 2016, 72 soggetti. C'è stata una diminuzione, grazie al lavoro fatto in accordo con le regioni e con i NAS, alle ispezioni e alla chiusura di tutta una serie di grossisti, che non erano tali. Pag. 21
  C'è stato un caso eclatante, nei pressi Roma, in via degli Olmetti a Formello, che citiamo sempre. Praticamente, in un unico magazzino, che era la metà di questa stanza, c'erano 15 magazzini di grossisti, che erano tutte farmacie. C'era semplicemente lo scotch a delimitare lo spazio di ciascuno di questi magazzini. In quel caso, sono arrivati i NAS per intervenire e, visto che non c'erano le condizioni, questi magazzini sono stati chiusi.
  Tutto questo lavorare congiuntamente tra le varie amministrazioni ha portato a una netta diminuzione. Arrivare a soltanto 72 partite IVA, che corrispondono a soggetti sia titolari di farmacia sia titolari all'ingrosso, rappresenta almeno una riduzione del rischio.

  PRESIDENTE. Il vostro contributo è stato molto utile. Abbiamo preso nota dell'impegno rispetto alle carenze da voi segnalate, che sicuramente sarà importante per l'attività che stiamo facendo.
  Ringrazio molto gli auditi, dispongo che la documentazione trasmessa sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.40.

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