XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo

Resoconto stenografico



Seduta n. 52 di Mercoledì 25 maggio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Catania Mario , Presidente ... 3 

AUDIZIONI IN MATERIA DI CONTRASTO DELLA CONTRAFFAZIONE VIA WEB E IN SEDE INTERNAZIONALE

Audizione del presidente del Consorzio del commercio elettronico italiano – NETCOMM, Roberto Liscia.
Catania Mario , Presidente ... 3 ,
Liscia Roberto , Presidente del Consorzio del commercio elettronico italiano – NETCOMM ... 3 ,
Catania Mario , Presidente ... 6 ,
Cenni Susanna (PD)  ... 6 ,
Baruffi Davide (PD)  ... 7 ,
Catania Mario , Presidente ... 7 ,
Liscia Roberto , Presidente del Consorzio del commercio elettronico italiano – NETCOMM ... 7 ,
Catania Mario , Presidente ... 9 

Audizione del presidente dell'Associazione Italiana Internet Provider – AIIP, Renato Brunetti:
Catania Mario , Presidente ... 9 ,
Brunetti Renato , Presidente dell'Associazione italiana Internet Provider – AIIP ... 9 ,
Nuti Paolo , Vicepresidente dell'Associazione italiana Internet Provider – AIIP ... 10 ,
Catania Mario , Presidente ... 12 ,
Baruffi Davide (PD)  ... 12 ,
Catania Mario , Presidente ... 13 ,
Brunetti Renato , Presidente dell'Associazione italiana Internet Provider – AIIP ... 13 ,
Baruffi Davide (PD)  ... 14 ,
Brunetti Renato , Presidente dell'Associazione italiana Internet Provider – AIIP ... 14 ,
Baruffi Davide (PD)  ... 14 ,
Brunetti Renato , Presidente dell'Associazione italiana Internet Provider – AIIP ... 14 ,
Catania Mario , Presidente ... 14 ,
Nuti Paolo , Vicepresidente dell'Associazione italiana Internet Provider – AIIP ... 14 ,
Catania Mario , Presidente ... 16 

Allegato: Documentazione presentata da NETCOMM ... 17

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MARIO CATANIA

  La seduta comincia alle 8.40.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del presidente del Consorzio del commercio elettronico italiano – NETCOMM, Roberto Liscia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente del Consorzio del commercio elettronico italiano – NETCOMM, dottor Roberto Liscia. Il presidente è accompagnato dall'avvocato Giuseppe Calabi, consulente legale del Consorzio.
  Do la parola al Presidente Liscia e lo prego di farci la sua relazione. Avete un testo che vi è già stato distribuito.

  ROBERTO LISCIA, Presidente del Consorzio del commercio elettronico italiano – NETCOMM. Grazie. Sono molto lieto di essere stato invitato a quest'audizione, che ritengo molto importante per il nostro settore e per l'Italia in genere. Vi dirò perché lo ritengo molto importante.
  Come sapete, NETCOMM è l'associazione che raggruppa i 200 principali giocatori del commercio elettronico italiano. Per «giocatori» intendo tutti coloro che vendono prodotti, ma anche coloro che trasportano i prodotti, dalle Poste a DHL, agli altri soggetti del trasporto, nonché tutti coloro che si occupano di pagamenti, ossia tutte le banche (Intesa, Unicredito, PayPal, Banca Sella). Poi ci sono i grandi giocatori internazionali, come Amazon e Google.
  NETCOMM si occupa non tanto di sviluppare delle imprese, quanto di favorire la crescita di un settore, che è quello del digitale e del commercio elettronico. Per questo scopo NETCOMM ha creato tre anni fa con i francesi e gli olandesi un'associazione europea, che si chiama Ecommerce Europe, della quale io sono tra i soci fondatori, come Italia. Sono onorato, peraltro, del fatto che l'Italia sia stata un soggetto che ha favorito la crescita e la nascita di questo soggetto. Sono membro del board esecutivo di quest'associazione, che oggi conta 19 Paesi. Rappresentiamo, quindi, non soltanto i giocatori italiani, ma oggi rappresentiamo circa 40.000 aziende in Europa.
  Lavoriamo naturalmente a stretto contatto con la Commissione europea, in particolare con i diversi soggetti interessati, tra cui Roberto Viola della DG Connect, che si sta occupando del Digital Single Market ed è venuto al nostro forum mercoledì scorso. Siamo, quindi, soggetti rappresentanti dell'ecosistema del commercio elettronico, il che vuol dire che siamo auditi dalla Commissione europea su tutti i temi che riguardano i pagamenti (PSD2), i trasporti e le direttive che si stanno sviluppando sul tema dei trasporti e tutti i temi che vanno dalla privacy alla Consumer Directive fino a quelli che riguardano, ovviamente, il mondo del consumatore.
  NETCOMM ha creato ormai due anni fa un bollino, un sigillo, un trustmark, che si Pag. 4chiama sigillo NETCOMM. Esso ha l'obiettivo di verificare la compliance, ossia l'adeguatezza in termini di regole, norme e leggi, da parte dei siti che hanno accettato di sottomettersi a queste verifiche, ed è costituito da circa 100 punti di verifica, che sono molti. Questi 100 punti di verifica fanno parte di un esame che facciamo praticamente in maniera autonoma, ovviamente con l'assistenza di studi legali come quello dell'avvocato Calabi, che ci assiste in questo compito.
  Dopo che il soggetto ha accettato e ci ha permesso di verificare il proprio sito – la verifica è in termini di temi riguardanti la privacy o l'adeguatezza rispetto alla legislazione relativa alla Digital Consumer Directive, che è legge ovviamente anche in Italia, della sicurezza e quelli riguardanti i cookie e la privacy – noi attribuiamo questo sigillo, che garantisce al consumatore che il sito è verificato.
  Abbiamo stipulato un accordo con le 19 associazioni dei consumatori e siamo l'unico soggetto collettivo italiano che abbia impostato l'ADR, ossia l'Alternative Dispute Resolution. Essa permette a qualsiasi consumatore abbia un conflitto o un problema non risolto con un merchant di adire a questa nostra piattaforma di segreteria per gestire il contenzioso.
  Noi non facciamo arbitraggio o attività arbitrale. Curiamo semplicemente la gestione della negoziazione per risolvere il contenzioso tra l'associazione del consumatore che rappresenta il consumatore e il merchant per trovare una soluzione a questo eventuale contenzioso.
  Questo è molto importante, perché dà fiducia al consumatore italiano, ma anche al consumatore internazionale. Da poco, insieme alle 19 associazioni europee, tramite la piattaforma dell'associazione europea che si chiama Ecommerce Europe, abbiamo creato un sigillo europeo, che si chiama Ecommerce Europe Trustmark. Ciò significa che un soggetto italiano che ha il nostro sigillo può automaticamente mettere anche il sigillo europeo per garantire il consumatore francese, tedesco o inglese, il quale naturalmente è più garantito nel suo acquisto.
  Non è solo garantito nel suo acquisto, però. Può anche, nel caso di contenzioso, attivare questa piattaforma italiana, che è anche al gemello europeo, per risolvere l'eventuale contenzioso attraverso l'Alternative Dispute Resolution a livello europeo. Ovviamente, quest'Alternative Resolution a livello europeo si inserisce nella nuova direttiva europea dell'ODR, cioè dell’Online Dispute Resolution.
  La Commissione europea ha appena deliberato un meccanismo per creare una gestione degli eventuali contenziosi online tra i diversi soggetti privati e i merchant a livello europeo. In questo momento, a poche settimane dalla nascita di questo sigillo europeo, già mille aziende in Europa hanno aderito al sigillo europeo per garantirsi e facilitare il commercio crossborder.
  Dico questo perché l'Italia – questa è la ragione per la quale dicevo prima che è molto importante e che apprezzo molto l'essere stato invitato a quest'audizione – ha un potenziale straordinario (qui vengo al tema della contraffazione) per quanto riguarda l’export del made in Italy, che è il nostro petrolio reale.
  Tuttavia, se andiamo a guardare il mercato, scopriamo che anche l'Italia cresce sul commercio elettronico. In questo momento in Italia ci sono 19 milioni di consumatori che comprano online, una cifra significativa. Il 55 per cento delle famiglie ha un soggetto in grado di comprare per tutta la famiglia. Il fenomeno è cresciuto moltissimo anche in Italia, dunque, ma in realtà siamo molto indietro rispetto agli altri Paesi.
  Cito una cifra per significare questa arretratezza: in Italia in questo momento ci sono 40.000 imprese che vendono prodotti online, in Francia ce ne sono 200.000 e in Europa ce ne sono 800.000. Fatto 100 il mercato europeo del commercio elettronico, ossia la torta del commercio elettronico, che oggi rappresenta più o meno l'8 per cento delle vendite rispetto al totale delle vendite a livello europeo – fatto 100 il totale delle vendite, l'8 per cento è intermediato dal canale online – la Francia, la Germania e l'Inghilterra hanno il 62 per Pag. 5cento di questo mercato. L'Italia ne ha il 3,7.
  Ciò sta a significare che siamo in una situazione estremamente marginale rispetto al potenziale di questo mercato. Ovviamente, c'è un tema che limita la nostra capacità di esportare le merci online. Voi sapete che l'Italia è un Paese esportatore netto, nel senso che gran parte della nostra economia negli ultimi anni è riuscita a sostenersi grazie all’export. Dalle ricerche che facciamo ormai da dieci anni anche col Politecnico e con vari soggetti sappiamo che oggi sul canale online importiamo più merci di quante ne esportiamo. Siamo, quindi, in una situazione debitoria in termini di saldo commerciale tra l’import e l’export di merci.
  Il made in Italy ha, dunque, sicuramente una grande potenzialità inespressa. Questa grande potenzialità inespressa è dovuta ad alcuni motivi. Uno è che ci sono poche imprese italiane che vendono online (come dicevo prima, 40.000 verso le 800.000 europee). Il secondo riguarda la reputation dell'Italia. Per reputation intendo la credibilità del sistema Italia nei confronti dei soggetti acquirenti a livello internazionale, come francesi, tedeschi e inglesi.
  Fatti 100 gli europei che comprano fuori dal proprio Paese, il 25 per cento comprano in Germania, il 24 in Francia, il 30 in Inghilterra e solo il 4 per cento in Italia. Questo sta a significare che gli europei comprano poco in Italia, da un lato perché c'è poca offerta, come dicevo, dall'altro per questioni di credibilità.
  Il tema dell'anticontraffazione è un elemento molto, molto importante. È importante il fatto che garantiamo con il sigillo. Abbiamo firmato un importante accordo con il Ministero delle attività produttive e con Indicam per garantire che i soggetti sottoscrittori del sigillo NETCOMM, ossia del trustmark, si autocertificano e, quindi, accettano un Codice etico di verifica che i prodotti immessi sul mercato sono prodotti originali non contraffatti. Questo è un elemento che aumenta la credibilità dell'impresa, la credibilità del sigillo e la garanzia del consumatore sia italiano, sia europeo. Naturalmente, questo facilita e faciliterà lo sviluppo dell'ecosistema dell'offerta italiana nei mercati sia nazionali, sia internazionali.
  Per entrare più nel merito, come abbiamo costruito questi elementi di garanzia? Gli elementi di garanzia funzionano nel modo seguente: ogni soggetto che vuole il nostro sigillo – abbiamo creato un sistema di self-provisioning, ovvero un sito che contiene alcune domande – e che vuole avere questa verifica entra nel sito e risponde alle domande che abbiamo introdotto per verificare l'adeguatezza del sito in termini normativi e legislativi.
  A questo punto, dopo che ha immesso tutti i riferimenti che ha nelle sue condizioni generali di vendita e negli elementi di gestione del rapporto contrattuale con il cliente digitale, noi andiamo a verificare che ogni risposta fornita dal candidato all'ottenimento del sigillo sia una risposta coerente e corretta con quello che lui dichiara di fare nei confronti del consumatore.
  Dopo varie interazioni con il merchant, a questo punto, gli facciamo firmare il contratto, nel quale contratto di fatto il merchant accetta integralmente quanto abbiamo sottoscritto col Ministero delle attività produttive e con Indicam in relazione al tema della contraffazione. Ciò significa che il merchant si fa garante di verificare che l'approvvigionamento dei suoi prodotti per quanto riguarda la filiera a monte del merchant stesso garantisca il merchant che non vi sono prodotti contraffatti.
  Uno dei temi nei quali incorre spesso il merchant, oltre ovviamente ai comportamenti fraudolenti voluti in maniera esplicita, sono anche i comportamenti fraudolenti non voluti, dei quali lo stesso merchant è vittima, perché di fatto ha acquistato merce nella quale c'è un prodotto contraffatto. Attraverso l'accettazione di questo Codice etico il merchant si impegna a fare delle verifiche nei confronti non soltanto della sua attività in quanto tale, ma anche dei suoi fornitori, tra i quali può esserci una filiera lunga.
  Ovviamente, se pensate al farmaceutico, all'alimentare, alle tecnologie e al fashion, che sono alcuni dei settori più importanti Pag. 6nei quali sta operando il commercio elettronico, notate che le filiere possono essere più corte o più lunghe a seconda del settore merceologico e se parliamo di una piattaforma di intermediazione, ossia di quello che viene tecnicamente chiamato un marketplace, rispetto invece semplicemente a un merchant che intermedia commercialmente il prodotto di un fornitore terzo o addirittura di un merchant che intermedia prodotti che possono avere una filiera lunga.
  Il contratto che il merchant stipula con NETCOMM attraverso il sigillo è un contratto di autoregolamentazione e di accettazione di un Codice etico nel quale il merchant si fa parte attiva per garantire, per quanto gli è possibile (metto tra virgolette «per quanto gli è possibile») che la filiera di approvvigionamento sia una filiera che gli garantisce che il prodotto che entra nel suo canale di vendita è un prodotto non contraffatto.
  Nel caso in cui riscontrassimo che, attraverso le segnalazioni che possono arrivare da soggetti come le associazioni dei consumatori, ossia le 19 associazioni di consumatori con le quali abbiamo firmato l'ADR, da Indicam o dal MISE, c'è una volontà esplicita di vendere prodotti contraffatti, agiamo ovviamente nel togliere il sigillo e il trustmark, impedendo al soggetto di apporre questo sigillo di garanzia.
  Peraltro, questo sigillo di garanzia, come dicevo prima dell'apertura ufficiale di quest'audizione, è un elemento che sta diventando contraffatto a sua volta. In questo momento siamo ormai alla sesta azienda che ci ha copiato il sigillo in maniera fraudolenta e criminosa.
  Noi verifichiamo che, nel momento in cui il consumatore clicca sul sigillo, esso vada a finire in una pagina del nostro sito in cui avvertiamo il consumatore che quel merchant e quel sigillo sono veri e non falsi. Questi soggetti criminosi, però, hanno addirittura copiato e stanno ancora copiando – è di ieri un altro caso che ci è successo – integralmente il nostro sito, facendone un sito fake, in maniera tale che, quando il consumatore clicca sul sigillo, approda su un sito fasullo a sua volta.
  Stiamo, ovviamente, agendo per noi stessi e, quindi, stiamo lavorando per l'anticontraffazione del nostro sigillo con l'Agcm, l'Agcom e i soggetti investigativi della Polizia per cercare di prevenire o fermare questo fenomeno.
  Aggiungo un elemento importante. Per le vie brevi stiamo già agendo con meccanismi simili al roadblock – naturalmente, non sono meccanismi ancora formalizzati – secondo il modello follow-the-money. Che cosa succede? I soggetti criminosi hanno due elementi fondamentali con i quali sopravvivono. Uno consiste nel fare promozione del proprio sito (vedi search engine), l'altro nell'avere meccanismi di incasso da parte degli strumenti di pagamento.
  Stiamo agendo in maniera informale, visto che tutti questi soggetti fanno parte di NETCOMM (come dicevo, non siamo semplicemente una parte, ma un sistema), per tagliare i cordoni ombelicali che portano la linfa vitale sia in termini economici, ossia di pagamenti, sia in termini di relazioni col mercato, come la visibilità sui search engine.
  In prospettiva, l'idea, per la quale può essere utile anche l'aiuto dei soggetti istituzionali coi quali stiamo collaborando, quali l'Agcm, l'Agcom e il ministero – invito, ovviamente, anche la Commissione a essermi di ausilio in questo – è quella di evolvere da un passaggio, se vogliamo, più artigianale a un passaggio più strutturato, per creare un meccanismo che viene chiamato di alert block. In alcuni Paesi questo sta diventando un elemento di ausilio utile a bloccare i soggetti criminosi sui comportamenti fraudolenti.
  Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio, presidente.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  SUSANNA CENNI. Ringrazio per l'audizione e anche per il materiale che ci è stato fornito. Trovo interessante il lavoro che state facendo e che ci ha riferito. Mi è sorta qualche curiosità, ascoltandola e anche Pag. 7 mettendo in relazione alcune cose che ci ha detto con altre indagini e con altri ambiti nei quali ci siamo mossi.
  Intanto vorrei capire bene come è nata la vostra iniziativa, perché è partita, se è partita da voi con un gruppo di imprese e se c'è stata una sollecitazione pubblica o meno.
  L'altra domanda che volevo farle è se ci sono grandi griffe fra i soggetti con cui collaborate, perché questo è uno dei temi che sono emersi quando ci siamo occupati soprattutto del tessile. Mi riferisco a questo grande danno, ma contemporaneamente anche a una non sempre grande determinazione nell'aggredire il tema.
  Inoltre, volevo capire se avete avuto anche qualche forma di sostegno pubblico da parte del ministero e dei soggetti per la vostra attività. Come Partito Democratico, abbiamo depositato una proposta di legge che in una sua parte cerca proprio di sollecitare e di sostenere la nascita delle filiere etiche certificate in ogni parte, dalla produzione alla commercializzazione. Pertanto, vorremmo capire come vi siete mossi.

  DAVIDE BARUFFI. Ringrazio anch'io i nostri ospiti per le informazioni interessanti. Poi leggeremo meglio anche la nota.
  Sempre sulla scorta di quanto diceva la collega Cenni, sarei interessato anch'io a capire, a fronte di quest'attività molto importante che state svolgendo, come vi state attrezzando per allargare il numero dei soggetti consorziati. Noi attribuiamo molto valore al fatto che, oltre che in sede normativa, in sede volontaria, di autodisciplina, siano i player economici ad auto-organizzarsi, a responsabilizzarsi e a costruire intese non solo con le Istituzioni, ma anche con le parti, cosa che lei ci ha raccontato e a cui io attribuisco molto valore.
  Naturalmente, fa rilevanza anche l'idea di riuscire a rappresentare sempre di più un sistema e, quindi, di riuscire a mobilitare tutte le risorse e anche ad attrarre nel proprio ambito di influenza e nella propria capacità di valorizzazione di un marchio di qualità di un sigillo spendibile anche in sede internazionale questo elemento di qualità per le imprese. Vi chiedo, quindi, quali azioni positive svolgete anche nei confronti del sistema delle imprese per attrarre soci e clienti e riuscire, per via assolutamente volontaria, a sviluppare quest'attività.
  Inoltre, vorrei sapere se da questo punto di vista sia possibile, sempre collegandomi a quanto diceva la collega, anche per parte nostra portare un contributo. Adesso si sta giustamente discutendo in sede comunitaria di questi aspetti. Siamo interessati, come sistema Italia. Tutto quello che va nella direzione dell'autoregolamentazione per noi rimuove a monte dei problemi e riesce a costruire delle autostrade di legalità più efficienti di quanto la norma in quanto tale e il contrasto in sede penale amministrativo da soli certamente non possano fare.

  PRESIDENTE. Do la parola al nostro ospite per la replica.

  ROBERTO LISCIA, Presidente del Consorzio del commercio elettronico italiano – NETCOMM. Vi ringrazio per le domande, che sono molto puntuali e specifiche. Provo a fornire una risposta complessiva, perché fra di loro in qualche misura si integrano.
  Il Consorzio è nato undici anni fa per volontà esplicita di alcuni soggetti che all'epoca cominciavano a muovere i primi passi all'interno di questo settore, come il gruppo Banzai, TicketOne, Internet Bookshop – una società che esisteva prima di Amazon, per intenderci, che vendeva libri e che è ancora adesso un soggetto importante – Google, CartaSi e via elencando. Il Consorzio è nato undici anni fa con il preciso scopo di facilitare la crescita di questo settore, su base assolutamente volontaria, con l'obiettivo di sostenere lo sviluppo di un settore che, peraltro, è importante per un Paese.
  Ricordo soltanto un elemento fondamentale. L’e-commerce non è in contrasto con il commerce, nel senso che in futuro la e - verrà meno. Non ci sarà più differenza tra vendite online e vendite offline, tant'è che in tutto il mondo i negozi si sono attrezzati digitalmente per essere parte integrante Pag. 8 della vendita che io chiamo «vendita digitale».
  Lo vediamo anche in Italia. Abbiamo fatto una ricerca: su 30.000 negozi di 8 settori merceologici ormai più del 10 per cento permette di comprare online e di ritirare la merce offline, oppure di vedere un prodotto in un negozio e di comprarlo online. I due settori sono fortemente integrati e diventeranno sempre più integrati.
  Questo è il primo elemento, tant'è che oggi nelle nostre ricerche ragioniamo e lavoriamo non sul commercio elettronico, ma su quello che ormai chiamiamo il commercio digitale, cercando di favorire lo sviluppo di un comportamento digitale e di un'evoluzione digitale anche dei canali fisici. Questo è molto importante per creare efficienza ed efficacia in tutti i canali, vista la trasformazione che il digitale sta portando a tutti i sistemi di impresa e ai sistemi organizzativi.
  Già oggi, con le nostre imprese associate – l'Italia rispetto agli altri Paesi ha un processo di concentrazione molto elevato, per cui 200 imprese rappresentano l'80 per cento delle vendite online – rappresentiamo forse, da un'analisi grossolana, tra il 50 e il 60 per cento delle vendite digitali che ci sono in Italia.
  L'Italia, peraltro, è stata il Paese nel quale, rispetto agli altri, si è sviluppato il commercio elettronico prevalentemente da società native digitali e non da quei soggetti (produttori, grande distribuzione) che hanno trasformato le loro vendite utilizzando il canale digitale. Essi hanno visto in questi anni sempre come pericolosa per loro la disintermediazione che il digitale poteva effettuare. I produttori del fashion, per intenderci, ossia i grandi marchi, nonché la grande distribuzione organizzata sono sempre stati in Italia la finestra di questo settore, perché avevano paura della disintermediazione che il digitale poteva portare.
  Solo da un anno c'è questo grande interesse da parte dei produttori e, quindi, delle marche e da parte della grande distribuzione, perché solo da poco essi hanno capito che di fatto il problema non è la disintermediazione, ma la sopravvivenza e la competizione sui mercati internazionali. I canali fisici sono e saranno uno dei canali con i quali si raggiungerà il consumatore.
  È per questa ragione che da poco tempo sia la grande distribuzione alimentare, sia i produttori si stanno affacciando sia a questo mondo, sia a NETCOMM. Tant'è che, tanto per farvi un esempio, la prossima settimana ho due eventi solo sul fashion, uno col Politecnico di Milano e uno con Fashion Magazine. Addirittura due in una settimana è forse persino troppo, ma di fatto siamo in una situazione straordinariamente booming e di trasformazione.
  Da questo punto di vista l'allargamento ai soci è un problema. Il vero problema, infatti, sono i piccoli 40.000 soci che oggi abbiamo in Italia, non i grandi marchi. Il problema vero sono i 40.000 piccoli giocatori che in Italia fanno il commercio elettronico fuori dalle regole.
  Vi fornisco un elemento. Credo di potervelo dire con estrema serenità: per ogni 100 aziende che ci chiedono il sigillo a 50 non lo possiamo dare. Perché non glielo possiamo dare? Perché non riescono a mettersi in regola. Non riescono a capire neanche quello di cui stiamo parlando. Hanno difficoltà semantiche, lessicali e interpretative per adeguarsi alle norme.
  Abbiamo fatto una ricerca. Per esempio, abbiamo fatto un accordo con Remedia, il Consorzio per il recupero dei rifiuti elettrici ed elettrodomestici. Voi sapete che nel settore dell'elettronica c'è un obbligo, quello di effettuare il RAEE, ossia di recuperare senza oneri di spesa, quindi senza costo, il televisore vecchio o il rifiuto elettronico nel momento in cui si porta un televisore nuovo. Delle 150 imprese su cui abbiamo fatto questa ricerca 10 sono in regola e 140 non lo sono e non hanno intenzione di esserlo. Ci sono anche grandi soggetti che non sanno neanche che esiste quest'obbligo, peraltro.
  Il problema è veramente grande. Se c'è un aiuto che credo le Istituzioni possano darci è veramente quello della disseminazione culturale. Il tema che c'è in Italia oggi non è di infrastrutture e di banda larga, che sono sicuramente un elemento – la banda larga, se c'è, favorisce lo sviluppo del Pag. 9digitale – ma di infrastruttura culturale. Il debito che abbiamo rispetto agli altri Paesi è il debito culturale da parte degli imprenditori e delle imprese e del consumatore nei confronti del rispetto delle leggi e dei comportamenti etico-morali, anche nei confronti del prodotto contraffatto, che è più un problema di mindset e di conoscenza che non di norme e di leggi e di penalità.
  Se c'è un oggetto, un soggetto o un progetto che dovessimo in qualche misura compiere insieme – fra l'altro, fra un'ora circa andremo al Ministero a parlare anche di questi argomenti – è quello di sviluppare la conoscenza e la cultura che l'eticità e la compliance e le norme sono un'opportunità di relazione di lungo termine col mercato. Se vogliamo vincere sui mercati internazionali – e qui ritorno al tema della credibilità – dobbiamo garantire l'adeguamento alle norme per guadagnarci credibilità ed essere vincenti sui mercati internazionali.
  Peraltro, uno degli oggetti che stiamo discutendo è l'utilizzo del sigillo anche sui mercati cinesi, come sapete. Sul mercato cinese Alibaba sta entrando come socio di NETCOMM. Uno dei temi che stiamo affrontando con queste grandi piattaforme è quello di garantire, attraverso meccanismi collettivi – il sigillo è sicuramente un'opzione – che il consumatore oltreoceano sappia riconoscere un marchio collettivo che garantisca sia l'adeguamento alle norme, sia il prodotto originale.
  Per quanto riguarda, invece, i fondi, non so neanche come fare. Ho proprio difficoltà a sapere e capire. Non conosco il come. Se potete darmi un supporto su queste linee, sono a vostra disposizione.

  PRESIDENTE. Su questo magari ci saranno interlocuzioni in seguito. Direi che, a questo punto, possiamo in questa fase considerare conclusa l'audizione. Sono certo che avremo modo di risentirci nell'ambito dei lavori che il collega Baruffi sta portando avanti e anche in vista di iniziative che probabilmente faremo, come Commissione, sull’e-commerce.
  La ringrazio, presidente. Dichiaro conclusa l'audizione e dispongo che la documentazione presentata sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna.

Audizione del presidente dell'Associazione italiana Internet Provider – AIIP, Renato Brunetti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente dell'Associazione italiana Internet Provider – AIIP, Renato Brunetti. Il presidente è accompagnato dal dottor Nuti, vicepresidente dell'associazione, e dal dottor Bianchi.
  Presidente, come d'abitudine, la prego di fare una sua introduzione. Non avete portato un testo scritto. Vedremo se sarà necessario chiedervelo, ma probabilmente no. Sicuramente sarà chiarissimo nella sua esposizione.
  Do la parola al Presidente Brunetti.

  RENATO BRUNETTI, Presidente dell'Associazione italiana Internet Provider – AIIP. Buongiorno e grazie per questa opportunità di esprimere le nostre idee su un aspetto così importante come la salvaguardia forse anche del made in Italy e comunque di una barriera ai fenomeni di contraffazione.
  Noi rappresentiamo un settore Internet e, in particolare, circa 50 operatori cosiddetti ISP medio-piccoli. Questo tipo di fenomeno, ovviamente, ci coinvolge. Come ben sapete, molte volte questi prodotti vengono contraffatti e venduti attraverso Internet. Pertanto, noi siamo chiamati a porre un riparo, che però avviene nell'ultima fase della catena del fenomeno. Ci viene chiesto, infatti, con grande intensità di bloccare siti – spiegheremo poi quali sono le tecniche – e di fare in modo, tipicamente, che gli utenti non raggiungano questi siti di vendita e che, quindi, il fenomeno venga tamponato.
  Questa per noi rappresenta anche un'attività piuttosto complessa e onerosa. Vi spiegherò meglio poi come si realizzano questi filtri, ma in questo momento, sommando l'aspetto della contraffazione, della pedopornografia, del diritto d'autore, del gioco online e via elencando, abbiamo un ventaglio abbastanza ampio. Pag. 10
  C'è, dunque, quest'attività che ci viene chiesta. Purtroppo, però, a volte ci viene chiesta in modo un po’ maldestro dall'autorità giudiziaria. Perché? A volte si bloccano i nomi dei siti sui DNS. È una questione un po’ tecnica. Il DNS è una funzione che sta dentro Internet e che trasforma un nome dell'URL in un indirizzo IP. Questo è poi il modo con cui la rete arriva al target, al server.
  A volte ci viene chiesto di bloccare un dato indirizzo IP direttamente. Questo significa, però, che, poiché quell'indirizzo IP, ossia quel server, può gestire moltissimi siti, se si blocca un indirizzo IP, magari si bloccano anche migliaia di altri siti del tutto normali.
  Oppure ci viene chiesto con un unico provvedimento di bloccare – questo è successo spesso nella contraffazione – cento siti. Ci rendiamo conto, però, nel momento in cui li andiamo a bloccare, che si sono trasformati e si sono spostati.
  Il lavoro è complicato e non sempre funziona. Riteniamo, però, che questo stia diventando sempre più il modo con cui si pensa che la contraffazione possa essere contrastata, ma questo vale anche per gli altri fenomeni per cui ci vengono chieste cose simili. Si ritiene che questa sia la soluzione: si blocca la vendita verso Internet perché non ci si accede più ed è risolto il problema.
  Noi vediamo che questo metodo non funziona, perché è aggirabile. Il dominio che viene bloccato si ripresenta poi da un'altra parte facilmente oppure in un altro modo. È chiaro che chi fa questo mestiere ha trovato contromisure che sono abbastanza semplici. Gli utenti possono cambiare il DNS che noi attribuiamo loro. Lo sanno fare tutti. Si utilizza un DNS di quelli pubblici, tipo Google, e a quel punto il filtro che viene dato sul nome di dominio non è più efficace.
  L'aggiramento sia da parte degli utenti – si trova su tutti i siti Internet come si fa – sia da parte dei propositori, dei malfattori (non so come vogliamo definirli), di quelli che vendono queste cose è piuttosto facile. Riteniamo, quindi, che quest'attività, che ci impegna molto, ma che noi facciamo, perché ci viene imposta, in modo non remunerato fra l'altro, non sia il metodo migliore.
  La soluzione più logica – questo non è mestiere nostro, ma parliamo di questioni di buonsenso – sarebbe prima di tutto di andare a inibire con dei provvedimenti legali l'origine. È chiaro che queste cose spesso si trovano in Cina, Russia, Brasile e via elencando e che una rogatoria non è banale da fare, ma occorre cercare di fare accordi con questi Paesi. Ne ho citati tre non a caso. Sono quelli dove per la maggior parte si trovano questi fenomeni. Peraltro, ci sono anche interpretazioni un po’ borderline. Magari può succedere che un sito di e-commerce del tutto tranquillo e legale venda un prodotto contraffatto anche a sua insaputa. Magari il server è in Italia o in Europa, dove è più facilmente bloccabile. Poi c'è l'altro aspetto, quello di seguire i pagamenti e altre cose.
  Il nostro messaggio, dunque, è che noi facciamo quello che ci viene chiesto, ma che spesso non è efficace. Questo non può essere l'unico modo per affrontare il problema. È uno dei modi, ma sicuramente non bisogna sottovalutare approcci più tradizionali di investigazione e di rogatorie, sia investigative, sia legali.
  Questo è il nostro punto di vista. Non so se Paolo Nuti vuole aggiungere qualcos'altro. Paolo Nuti adesso è vicepresidente, ma per molti anni è stato presidente di AIIP e ha seguito meglio di me questo ragionamento negli anni.

  PAOLO NUTI, Vicepresidente dell'Associazione italiana Internet Provider – AIIP. Posso aggiungere una considerazione. Ci sono delle complessità financo di rango costituzionale dietro quest'idea, che sembra di buonsenso, di impedire l'accesso ai siti. Sostanzialmente ciò che governa le nostre responsabilità sui servizi di rete è il decreto legislativo n. 70 del 2003, che è il recepimento della direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico.
  In questa direttiva si dice chiaramente che il fornitore dei servizi di accesso fornisce contemporaneamente accesso all'utente finale, ma fornisce accesso anche quando è sulla zona di copertura, se, per Pag. 11esempio, ha un cliente italiano che abbia un sistema di commercio elettronico. Fornisce, quindi, accesso a tutte e due le parti. Ovviamente, la seconda parte, cioè il fornitore del servizio di commercio elettronico, può benissimo essere all'estero, e qui il gioco si fa complesso, come accennava il Presidente Brunetti. Bisogna cominciare a parlare di trattati internazionali e di rogatorie internazionali. La soluzione più semplice che gli investigatori e le autorità amministrative adottano è quella di rivolgersi all'unico soggetto che rientra nella loro giurisdizione, che siamo noi, con tutti gli effetti che ha già illustrato il Presidente Brunetti.
  Colgo l'occasione per segnalare a questa Commissione, nella speranza che in qualche modo se ne possa tener conto – sono anni che segnaliamo questo problema – che, nel momento in cui ci viene chiesto o dall'autorità giudiziaria o dalle autorità amministrative di fare il blocco, alle volte ci arriva anche una richiesta di inoltrare la richiesta dell'utente a quella che noi chiamiamo una landing page.
  Ci viene chiesto, cioè, di rispondere, anziché con una pagina del sito, con una pagina che può essere, a seconda dei casi, messa su un server predisposto da noi o dall'autorità amministrativa che ha fornito questa indicazione, su cui far attirare il cliente dicendo: «Guardia di finanza: questo sito è stato sequestrato».
  Questa operazione, se viene disposta da un provvedimento dell'autorità giudiziaria, si esegue senza battere ciglio. Si reindirizza il traffico al determinato IP se l'ha disposto l'autorità giudiziaria. Se invece ci viene richiesto dall'autorità amministrativa, non si può fare.
  Questa è una situazione che le autorità amministrative fanno veramente fatica ad accettare, ragion per cui poi nasce un contenzioso tra noi, la Guardia di finanza e tutto il resto. Fermo rimanendo che l'utente deve essere avvisato in qualche modo, se l'avviso lo diamo noi, muore lì. Se l'avviso viene dato, invece, attraverso il reindirizzamento a un sito disposto dall'autorità amministrativa, questa diventa un'indagine giudiziaria, perché quel sito è in grado di raccogliere tutti gli indirizzi degli utenti che hanno cercato di raggiungerlo. Se si tratta di un'attività disposta dall'autorità giudiziaria, è assolutamente lecita, ma non è un'attività che possa essere disposta dall'autorità amministrativa, perché non è un'autorità giudiziaria. Questa è una questione sottile, ma che genera un notevole livello di contenzioso.
  Un'altra questione sottile, ma che è importante capire – devo dire che questo è ormai stato compreso dalle autorità amministrative quasi completamente, anche se non del tutto; non l'ha ancora compreso bene l'Antitrust – è che c'è una differenza sostanziale sulle modalità di blocco. Quello cui accennava l'ingegner Brunetti, cioè l'avvelenamento del server DNS, relativo alla gestione dei domini, ovverosia quel server che traduce un indirizzo in lettere (www.qualche cosa.qualche cos'altro) in un numero di rete, che è una delle modalità di blocco, di fatto non è un blocco della comunicazione in quanto tale.
  Quello che, invece, chiamiamo dev/null, cioè il buttare via la comunicazione in un pozzo nero, che è un'attività di blocco sull'IP, rientra sotto le previsioni dell'articolo 15 della Costituzione, che è stato scritto in altri tempi. Internet non c'era nel 1947, ma i Padri costituenti, preoccupati della storia che avevano alle spalle, hanno scritto testualmente che «la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili».
  Che cosa succede? Mentre fare il blocco sul DNS non viola la comunicazione – semplicemente non ti fornisco un servizio di traduzione – il blocco sull'IP è proprio una violazione della comunicazione. A questo punto, un'autorità amministrativa non può intervenire. C'è un'eccezione, ovviamente definita sempre dall'articolo 15: a meno che a farlo non sia l'autorità giudiziaria, che ha questo potere di bloccare la comunicazione. Le autorità amministrative possono disporre blocchi del DNS. L'autorità giudiziaria può anche disporre blocchi sull'IP, che sono un po’ più efficaci. Sono tutti aggirabili questi blocchi, ma sono un po’ più efficaci. Pag. 12
  Nella storia dei blocchi dell'accesso a siti il primo provvedimento in assoluto fu la legge finanziaria per il 2006, del dicembre 2005, che diede ai Monopoli di Stato il potere di disporre dei blocchi. Dopo qualche mese di incontri e contatti per definire le modalità pratiche di attuazione di questo provvedimento si convenne di farlo con il blocco del DNS.
  L'anno dopo, nel 2006, c'è stato il provvedimento di contrasto alla pedopornografia. In quel provvedimento il legislatore previde genericamente questo blocco. Poi ci vollero due anni per definire le modalità attuative di questa questione e si arrivò alla conclusione sia di bloccare il DNS, sia di fare il blocco sull'IP.
  Dato il tema particolare, nessuno ha mai sollevato – certamente non noi – questi aspetti di incostituzionalità del provvedimento, o meglio del regolamento attuativo del decreto legislativo che diede attuazione due anni dopo a questa questione. Essa viene gestita ormai dal lontano 2008, mi pare, in modo del tutto automatico e con la massima efficienza. Il Centro di contrasto alla pedopornografia infantile ha tutta una modalità di trasmissione a noi completamente riservata e automatica. A verifica noi rispondiamo confermando di avere eseguito quanto ci è stato chiesto. La cosa funziona in automatico.
  Paradossalmente, è molto meno automatica, anzi non lo è quasi per niente, l'attività di blocco dei siti di gioco illegali – che non pagano le tasse, in buona sostanza – disposta da AAMS, e altrettanto complessa e farraginosa è l'attività di blocco su disposizione dell'Autorità delle comunicazioni, dei siti di violazione del diritto d'autore.
  Stiamo chiedendo a queste autorità di accordarci per trovare delle modalità pratiche per fare tutto questo. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato, l'Antitrust, in realtà, ovviamente, ha una legge istitutiva, ma non ha alle spalle un provvedimento specifico. Cionondimeno, emette tramite la Guardia di finanza provvedimenti di blocco sui domini, su cui si può discutere o meno, ma anche sull'IP, che, viceversa, a mio modesto avviso, per due distinti motivi non ha l'autorità di emettere e che generano poi un po’ di contenzioso.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  DAVIDE BARUFFI. Ringrazio i nostri ospiti. Ci sono due o tre questioni su cui credo che dovremmo porre l'attenzione e su cui vorremmo concentrare anche l'attività della nostra indagine.
  La prima riguarda che cosa ciascun soggetto della filiera che interagisce nel commercio elettronico, ai fini naturalmente dell'ambito di attività di questa Commissione, cioè contro la contraffazione e la pirateria, può fare per portare un contributo a migliorare il sistema. Vorrei capire anche per parte vostra che cosa questo sistema di aziende che rappresenta gli operatori può fare in termini di maggior collaborazione con gli altri soggetti per andare in questa direzione.
  Abbiamo appena ascoltato prima NETCOMM. Tutte le sollecitazioni che vanno in senso positivo in termini di costruzione di accordi con gli operatori commerciali vanno, secondo me, in questa direzione. Peraltro, siete spesso chiamati in causa dal resto della filiera rispetto al tema delle responsabilità soggettive e oggettive, a partire dal fatto che, naturalmente, intermediate molto, sostanzialmente tutto, quello che passa sulla rete.
  Siete un soggetto forte, che agisce a monte, ragion per cui c'è la percezione, o quanto meno l'opinione diffusa, che per parte vostra si possa fare molto di più – direbbero loro; non tocca a noi dirlo, perché siamo qui a valutare e registrare – sul fronte del contrasto all'illegalità, sia dal punto di vista della responsabilità del controllo, non tanto di quello preventivo, quanto di quello che nasce a seguito di segnalazioni puntuali che possono venire da parte dei diretti interessati o dalle autorità giudiziarie o amministrative competenti, sia dal punto di vista, più in generale, del diritto d'autore e della tutela di tutte le altre opere dell'ingegno, nonché per quanto Pag. 13riguarda la distribuzione del reddito. Esiste un parere rilasciato dalle nostre Commissioni parlamentari IX e X, ossia trasporti e attività produttive, che raccomanda in questo senso, a proposito del Mercato unico digitale, al Governo un'iniziativa anche in quest'ambito.
  Da ultimo, abbiamo audito anche il ministro della giustizia e le autorità giudiziarie. A me pare che su un solco ormai ci siamo incamminati. Si tratterà, anche alla luce delle considerazioni che avete fatto voi, di capire esattamente dove e come intervenire nel rispetto della Costituzione.
  Noi abbiamo tutto l'interesse a uscire dal contenzioso giudiziario e penale e a spostare l'attività di controllo e anche repressiva sul piano amministrativo. Da qui non possiamo tornare indietro. Provare a costruire dei canali efficienti, efficaci e legittimi, naturalmente, per tutte le parti in campo che si muovono in questa direzione va sicuramente nella direzione giusta.
  Ci sono alcune sollecitazioni che sono venute, per esempio, sul tema del reindirizzamento. Mi pare che sia una questione facilmente risolvibile anche per via normativa. Più complicata, naturalmente, è la tutela del diritto all'informazione in ambito costituzionale, ma anche su questo fronte non potremo rimanere fermi molto a lungo, temo, come sistema Paese e dentro il sistema comunitario. Se i blocchi del DSN non si rivelano sufficienti, un tema di assunzione più in generale di responsabilità come sistema, non dico solo come parte vostra naturalmente, ce lo dovremo porre.
  Anche dal punto di vista di come si tiene al contrasto della commercializzazione illegale di cose arrivare a pratiche che siano oggettivamente efficaci è questione di responsabilità di tutti. Cito questioni che per voi sono pane quotidiano, naturalmente. Tutti gli operatori ci chiedono di passare da una disciplina che si ferma oggi al notice-and-stay-down al notice-and-take-down. Da questo punto di vista come siete disposti ad attrezzarvi e quale parte può essere svolta autonomamente dai provider per andare in questa direzione, in una condizione positiva, non imperativa dal punto di vista normativo? Mi pare che ci siano ipotesi di intese. Vorrei capire anche in termini volontari come il sistema può reagire a questo tipo di sollecitazione.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.

  RENATO BRUNETTI, Presidente dell'Associazione italiana Internet Provider – AIIP. Cominciamo con ordine. Che cosa si può fare per migliorare il sistema? Innanzitutto occorre che tutte le entità che ci danno ordini, a partire dall'autorità giudiziaria, con l'attuazione fatta dalle varie Polizie e dalle varie entità che eseguono, adottino un metodo tecnicamente giusto e coerente. Il 50 per cento delle volte occorre sempre ricontattarli, o per una problematica tecnica, o perché come viene scritto il decreto di attuazione non è chiaro o è contraddittorio e via discorrendo. Non esagero nel dire che il 50 per cento delle volte è necessario approfondire. Questo è il lavoro e ci sono problemi e ritardi.
  In secondo luogo, nessuno sa in Italia – lo posso affermare – quanti sono i siti bloccati. Non c'è un posto in cui si può sapere quali sono quelli inibiti e anche quelli da sbloccare, perché esistono anche i decreti di sblocco.
  Faccio un altro esempio. Se uno comincia l'attività di ISP oggi, deve bloccare tutti quelli precedenti. Chi gli dice quali sono? Occorre che qualcuno in ambito statuale si prenda la briga di metterli tutti in fila e di dire: «Signori operatori, questa è la lista giusta». Se questo non c'è, potete immaginare poi quello che può succedere, l'accuratezza del lavoro e la responsabilità che ci si prende.
  Siamo noi a sollevare un problema. È necessario, anzi indispensabile, che ci sia un posto, possibilmente anche automatizzato – questo, però, sarebbe un dettaglio; basterebbe un pezzo di carta – in cui tutte queste cose stanno in fila. Ogni volta lo diciamo, ma mi pare che ci prendano come se fossimo dei pazzi. Sono migliaia di siti. C'è questo piccolo punto: se uno comincia domani, nessuno gli dice di bloccare tutti quelli precedenti. Già questa mi sembra Pag. 14una cosa assurda. Peccato che poi non si sappia quali sono.
  Ripeto, il 50 per cento delle volte occorre ricontattare e rivedere. Nell'ambito delle nostre liste di e-mail associative il 50 per cento dei dialoghi avviene proprio su questo tipo di cose: «Tu come hai fatto? Come hai capito? Va fatto così...». C'è una confusione tremenda.
  Non ho capito perché intermediamo tutto. Lei ha fatto un'affermazione e ha detto: «Voi intermediate tutto». Che vuol dire? Noi non intermediamo niente. Siamo dei postini che portano le buste con dentro dei dati. Prima di tutto non ci permettiamo di aprirle e poi intermediano che cosa? Qui il problema sta tra chi vende cose illegali, chi le produce, chi le paga e chi se le compra. Questo è il problema. Andiamo a vedere la sostanzialità delle cose.
  Noi facciamo il nostro lavoro, che ci viene imposto – in modo non remunerato, fra l'altro; è un onere piuttosto pesante – in un ambito di confusione e ci prendiamo anche delle responsabilità a fare o a non fare.

  DAVIDE BARUFFI. Il postino, per definizione, intermedia. Immagino che non lo facciate come operazione di volontariato.

  RENATO BRUNETTI, Presidente dell'Associazione italiana Internet Provider – AIIP. Certo, come tutti, ma intermediamo che cosa? L'intermediazione è un concetto piuttosto estensivo. Vendiamo i nostri servizi, mi sembra ovvio.

  DAVIDE BARUFFI. Non è offensivo.

  RENATO BRUNETTI, Presidente dell'Associazione italiana Internet Provider – AIIP. No, ma, se si dice che intermediamo tutto, è come se fossimo quelli che sollecitano comportamenti strani.
  Per quanto riguarda il passare questo problema da un livello giudiziale a un ambito amministrativo, va bene. Se ci sono i termini legali perché tutto questo sia definito in modo molto chiaro, non abbiamo obiezioni. Tuttavia, siamo per la legalità. Questo passaggio deve essere fatto bene. Deve essere fatto da voi in modo piuttosto chiaro e non contraddittorio, altrimenti poi gli operatori del settore si prendono delle responsabilità e non sanno se fare o non fare. Si deve fare una valutazione su quale sia il rischio minore tra il fare e il non fare.
  In questo senso vi preghiamo di essere molto bravi nell'affrontare questo spostamento dal settore giudiziale al settore amministrativo con tutti gli atti che vorrete fare. Tenete presente, però – e qui facciamo un appello – che Internet è una cosa che è nata libera e che vogliamo sperare rimanga libera, a salvaguardia di tutti. I Paesi in cui questo fenomeno è nato, come sapete, intervengono molto poco su blocchi, censure o altre iniziative.
  Qui c'è una riflessione da fare. Se ci riteniamo molto civili a bloccare tanto e a fermare tante cose, c'è veramente una riflessione da fare su questo, ma siamo in un ambito politico. Ognuno fa le sue riflessioni e si comporta di conseguenza.

  PRESIDENTE. Do la parola nuovamente al Vicepresidente Paolo Nuti.

  PAOLO NUTI, Vicepresidente dell'Associazione italiana Internet Provider – AIIP. Anch'io sono preoccupato di questa definizione di intermediari di tutto. Un tema che abbiamo portato avanti per anni con difficoltà e che è stato parzialmente recepito, anzi quasi completamente recepito nella direttiva europea, è proprio quello di identificare i diversi ruoli.
  Operatori della filiera che nell'ambito della filiera hanno ruoli diversi devono avere responsabilità, ruoli e modelli di cooperazione per risolvere questo tipo di problematiche evidentemente diversi. Se non si capisce bene qual è il ruolo di ciascun anello della catena distributiva, si rischia di generare confusione anche da parte delle autorità amministrative e dell'autorità giudiziaria, proprio perché non è chiaro.
  Devo dire che negli ultimi dieci anni c'è stato un netto miglioramento della comprensione, a forza di errori, risposte, perdite di tempo e tutto il resto. È chiaro ed evidente che noi, come qualsiasi altro operatore Pag. 15 economico all'interno del Paese, abbiamo tutto l'interesse affinché situazioni che influiscono negativamente sul prodotto interno italiano migliorino. Bisogna tenere presente, però, che le complessità e le farraginosità che vengono create nel nostro Paese alle volte ottengono l'effetto opposto.
  Voglio farvi un esempio molto semplice, ma molto chiaro. A me, come imprenditore, è capitato che una grossa industria di un altro Paese europeo ci chiedesse di fare da rivenditore di un servizio di accesso a Internet in mobilità. In ogni Paese voleva un venditore locale, per una questione di tagli. Ho precisato che in Italia dobbiamo seguire una serie queste regole. «Volete gestire voi i server? Allora dovete predisporre dei server che consentano il blocco sul DNS e il blocco sugli IP sulla base degli ordini che l'autorità giudiziaria e le autorità amministrative impartiscono». Abbiamo scritto 7 pagine di rapporto.
  Il risultato pratico è che questa grossissima – non posso fare il nome perché era riservato e perché deve ancora lanciare il prodotto – azienda tedesca ha risposto: «Ah no, allora facciamo tutto dalla Germania». Questo è il risultato pratico.
  Con riferimento alla complessità, ho impiegato 7 pagine e due giorni di lavoro a riassumere loro la posizione di come avrebbe dovuto interagire il distributore italiano del loro servizio di accesso a Internet in mobilità per ottemperare ai vincoli legali che ci sono in questo momento.
  Facciamo attenzione, quindi: ci sono dei grossi problemi di carattere comunitario. Alcune regole su questo mercato rientrano tra le cose che vengono guardate con la lente di ingrandimento in un ambito di Mercato digitale europeo. Questa è una questione di cui bisogna assolutamente tenere conto.
  C'è un'altra cosa che mi preoccupa. Ho sentito dire che tendenzialmente il problema del reindirizzamento è facilmente risolvibile. Sotto il profilo legale sicuramente. Se c'è una legge che dice questa cosa, si fa. Bisogna capire, però, di quale reindirizzamento parliamo. Se è il reindirizzamento del cosiddetto DNS poisoning, ossia dell'avvelenamento del DNS, è facilmente risolvibile anche sul piano tecnico.
  Per la prima volta pochi giorni fa, invece, ci è stato chiesto il reindirizzamento del traffico diretto a un determinato IP. Quella è un'operazione che richiede, allo scopo di poterla fare, una totale ristrutturazione delle nostre reti. Quindi, non è facilmente realizzabile. Se arrivasse un provvedimento di questo tipo, si bloccherebbe tutto. Purtroppo, quando si toccano queste cose, bisogna anche capire qual è la realtà fisica. Il bicchiere è fatto in un dato modo e oltre un dato livello non è possibile riempirlo.
  Dopodiché, noi abbiamo tutto l'interesse a rendere più razionale questo tipo di interventi, ossia il nostro tipo di interventi, come fornitori di accesso. Come fornitori di altri servizi è semplicissimo. In quel contesto ottemperiamo e collaboriamo già al massimo, perché le nostre aziende spesso e volentieri offrono anche servizi di cloud. I servizi di cloud, di nuvola, sono i servizi su cui poi vengono messe le piattaforme di e-commerce.
  È chiaro che, con quel cappello, ci deve arrivare una richiesta qualificata. Anche qui bisogna che ci intendiamo: la richiesta qualificata deve essere quella di una qualche autorità, amministrativa, se lo dice la legge, o giudiziaria, nel qual caso non c'è bisogno di alcun ulteriore provvedimento specifico. Non può essere, come richiedono e hanno richiesto per anni i titolari dei diritti di autore, una richiesta avanzata dai titolari. Saremmo molto lieti di semplificare la questione, ma il farsi giustizia da soli non è una cosa che viene normalmente accettata nell'ambito.
  Ci deve essere una terza parte. Non possiamo essere noi a decidere di sostituirci all'autorità giudiziaria o all'autorità amministrativa per decidere se la richiesta, sia pure qualificata – questo punto è stato materia di discussione per dieci anni con i titolari dei diritti – sia una richiesta da mandare in esecuzione o da respingere. Non possiamo essere noi a svolgere quest'attività. Ci vuole per forza un'autorità che intermedi e che ci fornisca delle istruzioni. Pag. 16
  Dopodiché, quello che sollecitiamo – forse non l'ho detto con sufficiente chiarezza prima – è far sì che tutte le autorità concordino dei metodi di trasmissione degli ordini che siano il più possibile uniformi ed efficaci. Su questo siamo disponibilissimi a collaborare, così come abbiamo collaborato per due anni di seguito col Ministro Gentiloni quando si trattò di mettere a punto il regolamento applicativo della legge Prestigiacomo di contrasto alla pedopornografia. Alla fine lì è venuto fuori un sistema che funziona come un orologio. Con le altre autorità amministrative non siamo ancora riusciti a raggiungere questo risultato. Invece, auspichiamo che si arrivi a questo.

  PRESIDENTE. Non so se ci siano altre interlocuzioni. Direi che abbiamo capito molte cose. Diciamo che quasi tutto lo sapevamo, ma ascoltarlo da voi è comunque importante.
  Registro una vostra particolare richiesta per avere un quadro omogeneo e ben regolato dei provvedimenti che vi vengono rivolti nella forma e nella sostanza omogenei. Anche il tema di un coordinamento e di un centro di riferimento complessivo di tutta questa materia mi pare non trascurabile. Sicuramente il collega Baruffi, che sta lavorando sul tema, ha idee ancora più lucide di quante ne abbia io.
  Vi ringrazio e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.50.

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