XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Giovedì 13 novembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Catania Mario , Presidente ... 3 

Audizione del Coordinatore di Agrinsieme, Presidente di Confagricoltura, Mario Guidi:
Catania Mario , Presidente ... 3 
Guidi Mario , Coordinatore di Agrinsieme, Presidente di Confagricoltura ... 3 
Catania Mario , Presidente ... 5 
Gallinella Filippo (M5S)  ... 5 
Cenni Susanna (PD)  ... 6 
Mongiello Colomba (PD)  ... 6 
Russo Paolo (FI-PdL)  ... 8 
Senaldi Angelo (PD)  ... 8 
Catania Mario , Presidente ... 8 
Guidi Mario , Coordinatore di Agrinsieme, Presidente di Confagricoltura ... 8 
Catania Mario , Presidente ... 12 

ALLEGATO: Documentazione presentata da Agrinsieme ... 13

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO CATANIA

  La seduta comincia alle 14,45.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Coordinatore di Agrinsieme, Presidente di Confagricoltura, Mario Guidi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente di Confagricoltura, che si esprime in questa sede anche per Agrinsieme, un gruppo di sigle che raccoglie non solo Confagricoltura, ma anche la CIA (Confederazione italiana agricoltori) e la cooperazione agricola (ACI).
  Quella del presidente Mario Guidi è, quindi, un'audizione estremamente importante. Sappiamo quanto è delicata la questione della contraffazione e quanto pesa per il settore agroalimentare. Lo stesso accade per il fenomeno collaterale dell’Italian sounding che, pur non essendo contraffazione in senso stretto, è a essa assimilabile per i danni che apporta al circuito economico nazionale.
  Non indugio ulteriormente e ringrazio sin da ora il presidente Guidi, a cui cedo la parola per la sua relazione.

  MARIO GUIDI, Coordinatore di Agrinsieme, Presidente di Confagricoltura. Ringrazio tutta la Commissione per questa occasione, alla quale attribuiamo un'importanza decisiva nel contesto di un sistema Paese che vuole difendersi dai fenomeni della contraffazione e dell'agropirateria in materia agroalimentare. Questa, peraltro, è anche una manifestazione di attenzione nei confronti del nostro settore.
  Ho visto il documento che la Commissione ci ha voluto mandare in preparazione di questa audizione. Devo dire che le organizzazioni che rappresento come Agrinsieme e che il presidente ha appena citato non hanno, a oggi, a disposizione dati conoscitivi diversi rispetto a quelli che sono già a disposizione del sistema. Anche questo è un indicatore del fatto che abbiamo una scarsa conoscenza del vero impatto del fenomeno della contraffazione, per cui diamo un suggerimento anche in termini di ricerca.
  Notiamo la necessità di operare su due piani, quello più proprio del mercato nazionale e quello tipico del mercato internazionale, che forse vede una diffusione maggiore di casi di Italian sounding.
  A questo proposito, pensiamo dovrebbe essere fatto un coordinamento più efficace tra tutti i soggetti che oggi si occupano di rilevazione. Infatti, per noi il problema fondamentale è proprio questo. Una prima rilevazione, soprattutto quando si parla di prodotti a marchio europeo (DOP, IGP e quant'altro) dovrebbe essere fatta dagli stessi consorzi, i quali, tuttavia, non hanno gli strumenti per realizzare questa attività di controllo.Pag. 4
  Si tratterebbe, perciò, di emanare disposizioni per designare i soggetti che abbiamo individuato a livello territoriale, cioè le prefetture, affinché svolgano un'azione di coordinamento tra chi può attivare delle antenne per la rilevazione degli episodi di contraffazione. Il tutto, poi, andrebbe messo in rete con gli strumenti e le conoscenze che abbiamo dei sistemi agricoli. Mi riferisco – il presidente Catania sa bene di cosa parlo – agli strumenti connessi alle banche dati informatiche di AGEA. In pratica, da dove nasce il prodotto possiamo costruire una filiera, mentre dove non c’è prodotto alle spalle è molto più elevata la possibilità di una contraffazione o di un prodotto artefatto.
  Quindi, se volessimo fare un vero passo in avanti, si tratterebbe di lavorare anche sul piano informatico per creare banche dati accessibili ai sistemi e alle organizzazioni, di natura pubblico-privata, che consentano di costruire un meccanismo di controllo relazionale tra la parte produttiva e quella industriale. Certo, potremmo anche andare più avanti immaginando dei meccanismi di tracciabilità, che ci garantiscono maggiormente di verificare i processi di contraffazione agroalimentare (che è un po’ diversa da quella tipica del made in Italy non alimentare).
  Abbiamo individuato le prefetture perché potrebbero essere l'elemento dello Stato più vicino alle Camere di commercio, alle organizzazioni dei consumatori e a tutti quelli che sono interessati, fino ad arrivare – come dicevo – a costituire una banca dati visibile, cioè un portale, a cui il consumatore possa riferirsi per capire come i prodotti possono essere contraffatti. Sotto questo aspetto, c’è un'importante impresa di distribuzione in Italia che ha fatto della storia del prodotto, cioè dell'origine, il proprio messaggio e sta ottenendo risultati anche in termini conoscitivi.
  L'altro elemento che dovremmo cercare di rafforzare riguarda il sistema sanzionatorio, riferito alle violazioni che dovrebbero diventare penali, con una formazione specifica da parte dei tribunali. Ho visto che la stessa Commissione si interrogava sull'opportunità di rafforzare le sessioni specializzate nella contraffazione o nell'agropirateria perché la materia, anche dal punto di vista legislativo, è tutt'altro che semplice. Infatti, una volta individuato un prodotto, si tratta di vedere come sanzionarlo, arrivando a rubricare questo come un reato penale, perché dietro una contraffazione alimentare c’è un pericolo per la salute. Per questo, in campo alimentare, la situazione è un po’ diversa dalla contraffazione legata a un prodotto non alimentare.
  Inoltre, anche se è ancora poco significativo il fenomeno della vendita on line di prodotti alimentari e in particolare di quelli contraffatti, invito questa Commissione ad approfondire molto il tema perché è in crescita esponenziale. Mi pare che l'ICQRF (Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agro-alimentari) abbia fatto un accordo con eBay per eliminare dal proprio carrello della spesa tutti i prodotti in alea di contraffazione. Ecco, consiglierei di fare la stessa cosa con i grandi motori di ricerca. Tutti noi navighiamo abitualmente, quindi ci rendiamo conto che il motore di ricerca è il primo elemento che può aiutare a individuare o a eliminare messaggi di questo tipo.
  Mi rendo conto che questo fa parte di un bagaglio di suggerimenti che poi è difficile trasformare nella realtà. Tuttavia, consiglierei di mettere a disposizione del sistema agroalimentare un gruppo di lavoro di poliziotti informatici, che sono già estremamente specializzati nel web, proprio perché è molto importante la specializzazione per capire come funzionano i motori di ricerca e quant'altro.
  Dal punto di vista della legislazione, in Italia e a livello europeo ci pare che non possa essere richiamato nient'altro se non una maggiore collaborazione degli Stati membri, cosa già fatta anche recentemente, per cui ogni Stato membro ha la responsabilità di individuare fenomeni di contraffazione a carico di prodotti di altri Stati membri.Pag. 5
  A livello europeo, però, si tratterebbe anche di creare una maggiore capacità operativa sul piano internazionale perché non stiamo parlando solo di made in Italy, ma anche di contraffazione del made in France e di fenomeni che riguardano i tanti prodotti a marchio comunitario che ci sono. Sul piano internazionale, crediamo che l'unica possibilità sia quella di continuare con gli accordi bilaterali, come è stato fatto con il Canada, con i Paesi del sud-est asiatico e come, secondo noi, dovrebbe essere fatto nell'accordo che si sta tentando di realizzare con gli Stati Uniti, che è uno dei primi mercati interessati dall’Italian sounding, se non dalla contraffazione, essendo il primo mercato alimentare a livello mondiale, in cui l'immagine e il nome dell'Italia hanno un grande livello di successo.
  In conclusione, è quasi banale dire che, se vogliamo contrastare un fenomeno che tenderà a crescere quanto più crescerà il successo dell'agroalimentare e che, quindi, sarà difficile estirpare completamente, dobbiamo agire sull'educazione dei consumatori e dei cittadini. Questo si fa soprattutto partendo dalle scuole, cominciando a investire per il futuro. Si potrebbe, pertanto, suggerire al Ministero dell'istruzione di avviare all'interno delle scuole delle lectio brevis per cominciare a educare i nostri ragazzi alla diversità tra un prodotto vero e uno contraffatto.
  Concludo, ricordando che Agrinsieme ha redatto un documento di 11 pagine che abbiamo già consegnato alla Commissione.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Guidi, che, come avrete notato, non ha letto integralmente il testo che ci ha portato, ma ne ha fatto una sintesi molto lineare, lucida e scorrevole. Il testo completo è, però, a vostra disposizione e vi è stato già distribuito.
  Come d'abitudine, do la parola ai colleghi che intendano porre dei quesiti.

  FILIPPO GALLINELLA. Vengo subito alle domande, per avere subito una risposta, vista la sua esperienza. Ritiene importante, dal momento che si parla di tracciabilità, indicare in etichetta una cosa attualmente facoltativa come lo stabilimento ? Come noto, questo è motivo di dibattito perché è facoltà degli Stati membri inserire obbligatoriamente lo stabilimento all'interno dell'etichettatura, in modo che il consumatore possa sapere da dove viene e dove viene prodotto il cibo che compra.
  Inoltre, lei ha suggerito che bisogna lavorare sul fronte penale relativamente alla contraffazione nel settore agroalimentare. Chiedo, quindi, un suo giudizio – se occorre, può farcelo recapitare successivamente – perché, come gruppo politico, abbiamo presentato una proposta di legge (AC 1407) proprio per identificare con maggiore chiarezza le pene in questo settore. Ecco, una sua risposta potrebbe essere uno spunto di riflessione anche per quando il dibattito arriverà in Parlamento.
  Le chiedo, inoltre, una cosa che ho chiesto a tutti coloro che sono venuti in audizione. Il nostro gruppo è critico circa l'idea di attribuire all'Expo un segno distintivo per la produzione per l’export perché non avrebbe nessuna tutela giuridica e sarebbe un marchio in più da contraffare. Vorrei, quindi, un suo giudizio a tal proposito.
  Infine, ho visto che ha citato gli accordi con gli USA e il TTIP (peraltro, non so se ce la faremo a discutere la mozione in Aula oggi perché c’è un po’ di dibattito su questo tema). Questa mattina al Senato c'era Timmermans, che è il vice del commissario di Juncker che si occupa proprio di questo accordo. Comunque, al di là di questo arbitrato internazionale, sul quale potrebbe intervenire l'ISDS (Investor-State Dispute Settlement), cosa che per noi non deve accadere perché si bypassa la giurisdizione di entrambi gli Stati e comanda chi ha più soldi in questi settori, il problema è che il Parlamento americano – che, del resto, ha cambiato per metà colore politico, quindi non si sa cosa succederà – non ha intenzione di tutelare tutte le nostre denominazioni d'origine. Invece, per il nostro gruppo, questo accordo va fatto solo se c’è la tutela di tutte le denominazioni d'origine.Pag. 6
  Ecco, vorrei sapere se per voi questo vincolo può determinare l'annullamento di questo accordo, anche perché il semplice diniego di un Paese dei 28 bloccherebbe questo trattato.

  SUSANNA CENNI. Ringrazio il presidente Guidi per la sua relazione. Mi scuso per aver perso la prima parte, ma spero di averla recuperata leggendo la relazione che ci è stata consegnata.
  Avendo ascoltato il suo intervento e scorrendo il documento, mi sembra che alcuni dei temi di cui stiamo dibattendo in Commissione siano stati ripresi puntualmente. Penso al tema del contrasto, a quello della tracciabilità, quindi dell'identificazione puntuale del prodotto agroalimentare, e tutta la partita della comunicazione verso il consumatore, ovvero la ricerca di una costruzione di questa relazione.
  Credo che in agricoltura abbiamo già fatto dei passi importanti in questi anni, anche con leggi significative assunte all'unanimità che, purtroppo, come sappiamo, non sono interamente applicate anche per valutazioni molto diverse da parte delle istituzioni comunitarie. Sappiamo, dunque, che lì continua a esserci un tema, almeno per quanto riguarda la tracciabilità, l'etichettatura e quant'altro.
  Vorrei farle un paio di domande sul sistema che è stato costruito sino a oggi in questo Paese, che credo il lavoro di questa Commissione dovrà contribuire a migliorare e affinare.
  Lei ha già fatto alcuni riferimenti che credo saranno preziosi e utili per il nostro lavoro, come i suggerimenti sulla materia delle sanzioni, che sono già emersi anche da altre audizioni dei suoi colleghi e del comparto della trasformazione non alimentare, quindi del manifatturiero.
  Innanzitutto, vorrei la sua opinione sul funzionamento del CNAC (Consiglio nazionale anticontraffazione), che è uno strumento che è stato voluto e normato, con degli obiettivi definiti per legge, ma che è anche molto complesso nella sua composizione e nel suo funzionamento. È uno strumento che sta funzionando ? È quello che ci serve ? Va migliorato e affinato ? Ecco, ci interesserebbe avere una valutazione da chi, da un punto di vista anche settoriale, prende parte a questi lavori e cerca di contribuire.
  Vorrei chiederle, inoltre, una valutazione, da parte delle sigle che hanno dato vita ad Agrinsieme, sui soggetti che partecipano attivamente all'attività di contrasto, portando ottimi risultati (penso al Corpo forestale dello Stato), su cui, però, in questo momento c’è un ragionamento aperto da parte del Governo in termini di riorganizzazione delle forze di polizia e quant'altro. Ci sono istituti presso il Ministero dell'agricoltura, un Corpo di polizia, i Carabinieri e altri soggetti. Qual è la vostra valutazione ?
  Personalmente, condivido moltissimo quello che ha detto sul tema delle banche dati, anche per quanto riguarda il comparto dei produttori. A questo proposito, credo sarebbe interessante approfondire esperienze come quelle che ci sono state riportate di un portale che cerca di comunicare direttamente con i potenziali consumatori. Penso, però, che sarebbe altrettanto fondamentale che ci fossero banche dati comuni anche da parte dei soggetti che lavorano attivamente nell'azione di contrasto, ma ancora non ci siamo da questo punto di vista.
  Sull'ultima domanda mi ha preceduto il collega Gallinella. Vorrei, tuttavia, le sue valutazioni anche sulla parte del TTIP che riguarda l'agroalimentare. Infatti, sappiamo che lì dentro ci sono indubbiamente grandissime potenzialità di arrivo sui mercati internazionali per le nostre produzioni, ma c’è anche qualche rischio, se non sono sufficientemente chiare alcune partite che andremo a concordare che riguardano, per esempio, tutti i prodotti a certificazione.

  COLOMBA MONGIELLO. Ho molto apprezzato l'approccio che il presidente Guidi ha dato alla relazione scritta, che peraltro ci ha fatto pervenire in anticipo rispetto a questa audizione. Cominciamo a conoscere il fenomeno, ma forse abbiamo Pag. 7scarsa conoscenza del vero impatto che ha sui mercati sia nazionali sia internazionali.
  Devo dire che ho apprezzato la distinzione tra la contraffazione vera, quella che colpisce il consumatore inconsapevole, e l’Italian sounding, di cui non conosciamo quasi nulla, nonché alcune riflessioni e proposte. Entro nel merito, visto che questa impostazione è stata meno dialettica e più centrata sui contenuti, ponendole alcune domande.
  Quando parliamo di consorzi che non riescono a controllare per intero ciò che sta accadendo al proprio prodotto significa che anche la protezione ex officio ha qualche lacuna oppure che non riescono a segnalare in tempo il prodotto che si sta mostrando in qualche mercato e quindi a contrastare in maniera veloce ? Quali strumenti sono utilizzabili per cercare di evitare questa lungaggine e dunque la perdita di valore del prodotto ?
  Sulle banche dati, da questa Commissione stiamo dicendo da tempo che dovremmo parlare una lingua unica. Tantissimi Paesi europei si sono già attrezzati con un portale con accesso diretto da parte del consumatore. Tra l'altro, hanno l'accesso non solo alle banche dati, ma addirittura ai flussi commerciali, che sono già sui siti. In questo modo, si potrà capire finalmente cosa arriva nel nostro Paese e cosa ne esce fuori trasformato.
  Ben lungi da un atteggiamento protezionista, ciò significherebbe anche controllare esattamente ciò che viene trasformato in questo Paese. Ne va della sicurezza alimentare dei nostri consumatori, che è un tema che mi trova sempre molto sensibile.
  Pertanto, sono profondamente d'accordo sulla questione del portale, ma dobbiamo capire se il sistema della banca dati che è attualmente in possesso di AGEA funziona o meno e se lo dobbiamo implementare. Qual è la carenza vera che esiste in questo momento ? Ritengo che voi possiate fornirci dati interessanti, visto che molti di noi si occupano di agroalimentare. Conosciamo alcuni dati, ma non altri. Da tempo, in tutte le Commissioni e le audizioni – come sa il presidente Catania – parliamo di banche dati, ma, di fatto, abbiamo idee vaghe su come l'esistente funziona.
  Un'altra valutazione riguarda l’enforcement di cui parlate sul sistema dei reati. In questa Commissione abbiamo apprezzato le parole del vicepresidente del CSM Legnini che ha parlato anche di una specializzazione dei nostri giudici in materia di agroalimentare e di agromafie, trattandosi, appunto, di una materia specifica che va trattata come tale.
  Due giorni fa ho avuto modo di partecipare a un'audizione al tribunale di Avellino e devo dire che ho cercato di capire come fossero valutati alcuni reati all'interno dello stesso tribunale e come fossero specializzati gli stessi giudici. Su questo, però, ho ricevuto risposte molto vaghe, cosa che mi ha allarmato. Sono d'accordo, quindi, sul fatto che una migliore implementazione rispetto a tale ambito dovrebbe essere un obiettivo, in maniera tale che molti siano preparati sulla questione che stiamo affrontando. D'altra parte, è un grande tema, che ha un valore non solo economico in sé, ma anche in termini di ricaduta occupazionale, territoriale ed economica, che talvolta attenta alla sicurezza alimentare del consumatore. Insomma, coinvolge vari aspetti.
  Avrei, ancora, un'altra domanda sul TTIP, che è stato più volte sollevato. Devo dire che è cambiato l'atteggiamento di molti che pensavano di firmare questo accordo tout court. Grazie a Dio, qualcuno sta pensando di entrare nel merito. Concordo sul fatto che ci vogliono anche accordi bilaterali e plurilaterali affinché ci sia la protezione del brand made in Italy nel mondo. Su questo sono perfettamente d'accordo perché non mi vorrei ritrovare con le stesse problematiche che ci sono state con l'accordo UE-Marocco. Spesso, infatti, dimentichiamo che quell'accordo ha impattato negativamente su alcune filiere del nostro Paese. Insomma, dobbiamo stare molto attenti.
  L'accordo va benissimo perché quello nordeuropeo è un mercato di largo respiro per il brand italiano, ma ho capito che anche il Governo vuole porre alcune riflessioni Pag. 8su questo e soprattutto aprire alcuni punti di discussione nell'ambito di questo trattato.
  Sull'etichettatura, a cui la collega Cenni ha fatto riferimento, dobbiamo contrastare un atteggiamento di alcuni Paesi nordeuropei. Sono molto contenta che l'atteggiamento stia mutando, segno evidente che non è un tema sollevato solo dai Paesi del sud dell'Europa, ma sta diventando patrimonio comune, forte anche della pressione che stanno facendo i consumatori, che hanno il diritto di essere informati. Se un prodotto è tutto italiano, mezzo italiano, miscelato o quant'altro, si deve scrivere; non vedo uno scandalo in questo.
  Sulla comunicazione, l'altra volta ho detto che ci apprestiamo a vivere la grande esperienza di Expo. Dobbiamo stare ben attenti perché è una grande opportunità per il nostro Paese. Ha ragione il Presidente Napolitano, che ieri l'ha ricordato a tutti. Dobbiamo fare tesoro delle sue parole perché saremo la vetrina del mondo per circa sei mesi.
  D'altra parte, non è la fiera del buon cibo, ma spero sia tutt'altro. Ciò significa che in quella sede dobbiamo mettere alcuni punti fermi e l'Italia può recitare un ruolo attivissimo sia perché Paese organizzatore, sia perché ha scelto questo tema. Pertanto, il tema della contraffazione deve entrare nella Carta di Milano. Spero che su questo non ci possano essere differenze di sorta.
  Possiamo dire al mondo cibo per tutti, spreco a km zero, ma anche cibo sano e di cui conosciamo perfettamente la provenienza, che sappiamo comunicare in maniera efficace ai consumatori. Ecco, al di là del marchio distintivo, pensate che la Carta di Milano debba contenere anche questo aspetto ?

  PAOLO RUSSO. Vorrei fare qualche domanda secca, riservando altra occasione per le riflessioni di carattere più generale. Innanzitutto, vorrei che ci aiutaste a capire qual è la vostra idea sul segno distintivo che dovrebbe accompagnare il segno già presente di Expo 2015 e, in particolare, i prodotti italiani, senza sovrapporsi (almeno così dovrebbe essere) con i marchi esistenti.
  Inoltre, vorrei sapere se ritenete adeguata l'azione del nostro sistema nel supporto alle nostre imprese nei mercati esteri. Ecco, vi chiedo se individuate delle criticità e se, magari, ci offrite anche l'opportunità di soluzioni che possano migliorare il risultato di tutela del nostro sistema delle imprese all'estero.

  ANGELO SENALDI. Avrei anch'io una domanda molto secca. Avete sottolineato come a volte l'Europa è un problema soprattutto nelle possibilità di tracciare, identificare e promuovere certe tipologie di prodotti del nostro sistema agroalimentare. Vorrei chiedervi se avete dei rapporti con le altre organizzazioni che potrebbero fare massa critica rispetto alle posizioni dell'Europa politica e se è in atto un'azione di coordinamento per promuovere una maggiore precisione e tracciabilità dei prodotti.

  PRESIDENTE. Aggiungo anch'io una rapidissima domanda che, in realtà, duplica quelle già avanzate da alcuni colleghi. Mi riferisco al tema del segno distintivo contenuto nello «Sblocca Italia», cioè quella norma che introduce per l'Expo, ma non solo, un segno distintivo che, come ci viene illustrato, non accompagnerà il prodotto, nel senso che non sarà posto sulle confezioni, ma servirà soltanto alla promozione generica.
  Chiedo, quindi, la sua opinione su questo, ma anche, più in generale, se ritiene che la politica del marchio possa essere un'adeguata tutela in sede internazionale o non si debbano, invece, seguire altre strade, fermo restando la validità del marchio per il DOP, per le IGP e per tutto quello che è già nel quadro giuridico esistente.

  MARIO GUIDI, Coordinatore di Agrinsieme, Presidente di Confagricoltura. Innanzitutto, voglio dire che è un piacere confrontarsi con delle persone competenti in agricoltura. Rispondo alle domande seguendo l'ordine degli interventi.Pag. 9
  Onorevole Gallinella, le farò avere il nostro parere sulla proposta di legge sul tema della modifica dei regimi sanzionatori. Per il resto, siamo favorevoli a qualsiasi tipo di comunicazione al consumatore che consenta di individuare un prodotto fatto secondo le leggi, gli usi e le consuetudini dello Stato italiano.
  Spiego subito cosa intendo dire, così inizio a rispondere anche ad altri interventi. Se ci vogliamo occupare di una responsabilità più generale, come Paese abbiamo di fronte la scelta di dare lo stesso tipo di marchio di informazione per i cioccolatini della Ferrero, per quelli della Perugina o per la Nutella, riconoscendoli come italiani, oppure di riconoscere come italiani solo i prodotti che hanno una base esclusivamente agricola italiana.
  La prossima settimana, il 18 novembre, all'evento a cui siete stati tutti invitati, faremo una delle operazioni verità che non si fanno da un pezzo in questo Paese e faremo vedere quanto l'Italia sia deficitaria di prodotti agricoli che servono alla trasformazione e quanto la nostra industria agroalimentare, di cui noi agricoltori italiani abbiamo bisogno, abbia, invece, bisogno di prodotti esteri.
  Questo significa che, come sistema Paese e con un certo piglio di responsabilità da parte nostra, dobbiamo trovare il giusto equilibrio tra i due meccanismi. Certamente, quello dello stabilimento di lavorazione è un segno importante perché il rispetto delle norme fiscali, giuslavoristiche, etiche, ambientali e di composizione del prodotto è già un segno distintivo notevole.
  L'unica avvertenza è che, finalmente, dovremmo metterci davanti a una possibile etichetta di un prodotto e cercare di togliere quella parte di comunicazione non importante, quindi selezionare il processo comunicativo perché il consumatore, quando supera la soglia dei cinquant'anni come me e ha bisogno degli occhiali, si trova davanti una massa di informazioni che, il più delle volte, non riesce a cogliere. Noi continuiamo a dire che l'etichetta è la soluzione di tutti i nostri problemi, ma lo è solo se riusciamo a dare dei messaggi importanti.
  Riguardo all'Expo e al tema del segno distintivo, non credo sarà mai possibile fare un marchio «Italia» che venga rilasciato da qualcuno. Mi pongo anche nell'ottica di chi rilascia il marchio. Mario Catania, già Ministro dell'agricoltura, sa bene che se il ministero avesse avuto una responsabilità di questo tipo sarebbe stato tecnicamente difficile, non per mancanza di volontà, sapere se il prodotto di Guidi può avere o meno quel marchio. Insomma, credo che l'analisi dei processi sia piuttosto difficile.
  Invece, siamo favorevoli a che l'Italia faccia una promozione di sé sui mercati internazionali. Mi raccontavano che, scesi dall'aeroporto di Singapore, c'era un «Venite in Basilicata, terra...». Ecco, è perfetto, ma dubito che qualsiasi cittadino di Singapore possa avere la più pallida idea di dove si trovi la Basilicata. Di contro, se comunicassimo il bello dell'agroalimentare italiano, faremmo veramente un marchio distintivo, che sarebbe utile, interessante e spendibile.
  Poi, quello che è stato fatto va bene. Un segno distintivo nei supermercati, nelle aree e nelle zone, con l'attribuzione a uno spazio virtuale o fisico va bene, ma dubito potremmo mai arrivare a un esercizio che ci consenta di apporre un marchio del genere su un prodotto. Come faremmo a non dare a una nota marca produttrice di pasta il marchio made in Italy ? Dubito che sarebbe interessante per il Paese Italia, non dico per noi agricoltori.
  Come Agrinsieme, abbiamo una posizione particolare. Per esempio, siamo stati contrari all'aumento del quantitativo di arance nelle bevande spiritose perché non penso che sia quello il modo, per noi agricoltori, di affrancarci. Insomma, per fare una battuta, vorrei continuare a bere la Fanta con lo stesso sapore che ha da anni a questa parte.
  Sul TTIP, vorrei dire che ne abbiamo bisogno come dell'aria che respiriamo. Noi Italia e noi Europa – questa è un'indicazione a questa Commissione – siamo un Pag. 10colabrodo. Come Europa abbiamo aperto le nostre frontiere in maniera disordinata. A differenza di altri Paesi, noi ragioniamo in modo che tutto può entrare, salvo essere fermato se ha evidenza di una qualche problematica (come nel caso del black spot degli agrumi). Gli altri Paesi, invece, dicono che niente può entrare, se non lo autorizzano. Questo vale per le pere negli Stati Uniti e per molti altri prodotti. Dovremmo, quindi, fare un cambiamento di approccio, come ho detto l'altro giorno al Ministro Lorenzin.
  In realtà, la quantità di prodotti agricoli che può entrare in Europa è già piuttosto elevata e soprattutto si concentra in non molti prodotti, mentre il mercato statunitense è enorme e gradisce molto i prodotti italiani (forse è il primo mercato a livello mondiale). Quattro DOP fanno l'80 per cento del nostro export negli Stati Uniti. È chiaro, quindi, che è fondamentale che ci sia questa riconoscibilità, a patto che ci riusciamo.
  Mi spiego. Siccome abbiamo visto fallire tutti i trattati sul commercio internazionale e dato che sono anni che se ne parla, ma non si arriva mai alla fine, non dico che mi accontenterei, però comincerei a lavorare per aprire questo mercato, che – ripeto – è un grandissimo sbocco di cui abbiamo bisogno. Certo, non dico a tutti costi, ma sempre cercando di difendere i nostri prodotti.
  Nella mia relazione non ho detto – rispondo a un'altra domanda – che dovremmo sostenere di più i nostri consorzi e i nostri produttori di materie trasformate o la vendita diretta in termini di proprietà intellettuale. Forse dovremmo pensare di destinare delle risorse, a livello dei piani di sviluppo rurale, a far registrare i marchi. Anche noi dovremmo uscire, perciò, da una logica un po’ difensiva e far sì che i marchi abbiano le tutele che ha qualsiasi marchio registrato in tantissimi Paesi. Lo facciamo per i Paesi obiettivo, quindi potremmo aiutare anche i nostri agricoltori e i nostri trasformatori.
  A questo proposito, nel mio intervento ho dimenticato di dire anche che pensiamo che dovremmo sostenere una campagna di formazione nei confronti dei nostri agricoltori e dei nostri trasformatori in termini di protezione dei loro marchi, che oggi possono valere poco, ma che in prospettiva possono valere molto, soprattutto sui mercati internazionali.
  Riguardo al CNAC, per noi ha lavorato bene dal punto di vista della partecipazione, della condivisione e anche in parte dei risultati prodotti. Tuttavia, è evidente che bisogna fare di più in termini di ricerca di dati, di creazione di banche dati uniche e di meccanismi che consentano di arrivare a delle operazioni di contrasto della contraffazione. Le semplici elaborazioni di dati e le semplici esplicitazioni di pareri sono state sufficienti in una prima fase. Adesso, però, bisogna cambiare passo, dopo che ci si è insediati.
  Abbiamo tantissime istituzioni che controllano i prodotti agricoli e agroalimentari da qualsiasi punto di vista. Forse ne abbiamo troppe e poco dirette, nel senso che questo tempo, vista la complessità delle cose, prevede delle specializzazioni, il che può significare che all'interno del Corpo forestale dichiarato genericamente si addestri un gruppo a lavorare specificatamente su quel settore, in questo modo eviteremmo anche una duplicazione dei controlli.
  Lasciare alla buona volontà di un raggruppamento di un qualsiasi Corpo di polizia o all'episodicità la rilevazione di un prodotto o di una contraffazione non è un buon modo di affrontare le questioni nel mondo attuale. Nell'ambito di una riforma del Corpo forestale, dell'Arma dei carabinieri (che ha al Ministero un nucleo efficientissimo, ma molto limitato) o della polizia giudiziaria, dovrebbe essere fatta la scelta di porre il tutto sotto un unico governo a cui affidare il compito specifico. In questo modo, otterremo il risultato di essere più efficaci e, nello stesso tempo, di non far subire alle aziende una pluralità di controlli che non ha molto senso.
  Spero che in questa direzione ci aiuti il registro unico dei controlli, che, però, mi pare stia languendo perché, parlando con il Ministro Lorenzin, ho avvertito un «rimpallo» (anche se è un termine improprio) Pag. 11tra il Ministero dell'agricoltura e quello dalla sanità. A ogni modo, i tempi si stanno allungando, mentre bisognerebbe cercare di ottenere quello che si aspettano le aziende in termini non solo di sburocratizzazione, ma anche di efficienza e di risparmio.
  Riguardo a come realizzare queste banche dati, per noi è un processo molto lineare. Innanzitutto, partiamo con l'avere un fascicolo unico per tutta Italia, con accesso diretto da qualsiasi punto del pianeta ci si trovi. Ciò significa che non possono esserci diversi fascicoli regionali e un fascicolo AGEA che non interloquiscono, ma forniscono dati a una banca unica in maniera estemporanea. Credo che questo sia il meccanismo attuale. Invece, dobbiamo avere una banca dati unica per i fascicoli aziendali. Questo ci serve per una quantità di cose che non riusciamo ancora a esplorare, per esempio per il lavoro nero e per l'illegalità, come dicevamo l'altro giorno alla UIL.
  Insomma, abbiamo bisogno di interrogazioni in remoto che non abbiano barriere. Questo è il primo elemento, da cui si parte per costruire un buffer di informazioni sui sistemi agricoli che ci può permettere di dire, sulla domanda PAC e sui meccanismi, quante bufale ho effettivamente in Italia, quanto latte teoricamente queste producono e vedere poi quante mozzarelle si fanno.
  Un altro tema che ho dimenticato di citare è la sensibilizzazione dei centri di acquisto. Un prodotto contraffatto viene venduto da qualcuno, che è meglio non nominare, ma viene anche comprato da qualcun altro. Quindi, il tema della tracciabilità fino alla vendita al consumatore diventa estremamente importante. Infatti, non si tratta solo della tracciabilità fino all'uscita dall'azienda agricola, ma vorremmo estenderla fino al venditore finale, cioè fino al commerciante, che sia grande distribuzione o piccolo commerciante, perché è lì che si innesta la malavita, per cui è in quella fase che potremmo dare il meglio.
  Ancora sul TTIP, è certo che non dobbiamo fare come con il Marocco, perché vorrebbe dire provocare un danno all'agricoltura e una concorrenza sleale, senza avere niente in cambio. Innanzitutto, di concorrenza sleale non ne possiamo avere, quindi questo aspetto va normato anche in termini di costo del lavoro e di tutti gli altri meccanismi. Allo stesso tempo, si deve consentire anche ai nostri prodotti di arrivare ai mercati. Esiste anche in Marocco un mercato per i nostri prodotti di qualità ed esisterà sempre di più. Invece, l'accordo con il Marocco prevedeva solo la capacità per loro di esportare i prodotti e di portarli da noi a prezzi decisamente più bassi, cosa che ha messo in difficoltà tutta l'area del sud.
  Sinceramente, non sono abbastanza addentro alla questione per dire se è meglio un accordo fatto dalla UE con gli Stati Uniti o dall'Italia con gli Stati Uniti. Certamente, la UE nasce anche per questi motivi, ma ancora non si è data una configurazione tale da poter avere la capacità di chiudere degli accordi a livello di Unione nel suo complesso. Inoltre, l'Italia ha degli interessi particolari, che potremmo legare anche a interessi di altri Paesi.
  Per rispondere alla domanda che mi è stata fatta, come Agrinsieme stiamo pensando di uscire dagli schemi di rappresentanza in seno alla Comunità europea, cioè di affiancare la rappresentanza che abbiamo alla Comunità europea, che è tipica del Copa-Cogeca, con una rappresentanza di tutt'altro tipo, fatta da un gruppo di Paesi che vogliono dare una prospettiva all'agricoltura europea. Riteniamo, infatti, che il modello che c’è attualmente non dia, anche con la recente riforma della PAC, questa prospettiva, per cui vogliamo creare una scuola di pensiero che consenta agli attori principali dell'Unione europea di dirigere il futuro dell'agricoltura e dell'agroalimentare.
  Abbiamo, quindi, relazioni con altri Paesi che declinano la loro rappresentanza europea con interessi completamente diversi da quelli italiani. Oggi si discute molto di importazione di riso dalla Cambogia, che, però, esporta tre volte il riso che produce. Eppure, in Comunità europea Pag. 12ci sentiamo dire che è un vantaggio per gli agricoltori cambogiani. Invece, credo che sia un vantaggio per i trader olandesi, non per gli agricoltori cambogiani. È chiaro, infatti, che Rotterdam è molto interessata ad avere uno scambio commerciale importante.
  Tornando a noi, ci sarebbe da verificare che, oltre allo stabilimento, il meccanismo di comunicazione sia molto chiaro, altrimenti facciamo delle triangolazioni e le autorizziamo. Lo stesso accade in termini di etichettatura, che per noi è importante soprattutto per certi settori (come per la carne, il latte e così via), che però va declinata in maniera efficace. Tuttavia, quando entriamo nell'ambito dei prodotti semilavorati, questo processo diventa più difficile. Ricordo che ci fu una proposta di legge che diceva che era italiano un prodotto che aveva più del 51 per cento di prodotto italiano all'interno (nella scatola di pomodoro o quant'altro). Ebbene, l'effetto sarebbe stato certificare come italiano il 49 per cento importato. Questo non è un effetto positivo, bensì negativo.
  Insomma, bisogna stare molto attenti perché, come si dice in gergo, una volta fatta la legge è facile trovare l'inganno. Il nostro interesse è, invece, quello di promuovere più che di limitare.
  Credo di aver risposto a tutte le domande. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio nuovamente il presidente Guidi anche per il modo molto franco, diretto e privo di inutili mediazioni intellettuali con cui ha risposto ad alcune questioni sensibili. Credo, quindi, che terremo ben presenti le cose dette quest'oggi, anche se qualcuno di noi non sarà d'accordo su tutte le considerazioni.
  Prima di chiudere l'audizione, i servizi mi chiedono un passaggio formale. Devo darvi, infatti, comunicazione che la presidente Boldrini, in data 6 novembre 2014, ha provveduto a due sostituzioni di membri della Commissione, e in particolare alla sostituzione del deputato Giovanni Sanga con la deputata Vanessa Camani e della deputata Elisa Simoni con il deputato Giuseppe Berretta.
  Nel ringraziare ancora Agrinsieme, dichiaro conclusa l'audizione e dispongo che la documentazione presentata sia allegata al resoconto stenografico della seduta odierna.

  La seduta termina alle 15,30.

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