XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 135 di Mercoledì 29 novembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 2 

Audizione del Direttore generale dell'Agenzia per l'Italia digitale, Antonio Samaritani, sugli effetti finanziari della digitalizzazione delle amministrazioni regionali e locali (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del regolamento della Commissione) :
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 2 
Samaritani Antonio , Direttore generale dell'Agenzia per l'Italia digitale ... 2 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 5 
Samaritani Antonio , Direttore generale dell'Agenzia per l'Italia digitale ... 5 
Tortorelli Francesco , Responsabile della Direzione Pubblica Amministrazione e Vigilanza dell'Agenzia per l'Italia digitale ... 5 
Samaritani Antonio , Direttore generale dell'Agenzia per l'Italia digitale ... 6 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 9 
D'Incà Federico (M5S)  ... 9 
Marantelli Daniele (PD)  ... 10 
D'Incà Federico (M5S)  ... 10 
Samaritani Antonio , Direttore generale dell'Agenzia per l'Italia digitale ... 10 
Tortorelli Francesco , Responsabile della Direzione Pubblica Amministrazione e Vigilanza dell'Agenzia per l'Italia Digitale ... 11 
Samaritani Antonio , Direttore generale dell'Agenzia per l'Italia digitale ... 12 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 14 

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal Direttore generale dell'Agenzia per l'Italia digitale, Antonio Samaritani ... 15

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante trasmissione diretta attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e diretta streaming sperimentale sulla web-tv della Camera dei deputati

Audizione del Direttore generale dell'Agenzia per l'Italia digitale, Antonio Samaritani, sugli effetti finanziari della digitalizzazione delle amministrazioni regionali e locali.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione, del direttore generale dell'Agenzia per l'Italia digitale, Antonio Samaritani, sugli effetti finanziari della digitalizzazione delle amministrazioni regionali e locali.
  Ringrazio il direttore Samaritani e chi lo accompagna, il dottor Tortorelli e la dottoressa Sirgiovanni delle relazioni esterne. La ringrazio per la sua testimonianza qui. Noi abbiamo voluto fare questa audizione perché il tema della pubblica amministrazione viene sempre evocato connesso a quello della produttività e inevitabilmente della digitalizzazione, che avviene in tutto il mondo esterno e auspicabilmente anche all'interno della pubblica amministrazione. È opportuno che la politica ne capisca di più.
  Do la parola al direttore Samaritani per lo svolgimento della sua relazione.

  ANTONIO SAMARITANI, Direttore generale dell'Agenzia per l'Italia digitale. Grazie, presidente, per l'occasione che ci è data di presentare, attraverso il tema economico e degli impatti della digitalizzazione su enti locali e regioni, un pezzo dedicato peraltro al piano triennale che abbiamo redatto.
  Io ho preparato una presentazione estremamente sintetica per toccare i temi e per dare un quadro del contesto generale e poi ovviamente sono a disposizione per tutte le domande, i chiarimenti e le necessità di approfondimento.
  Parto da tre punti. Sappiamo cos'è AGID, ma vorrei giusto inquadrare in quale ambito di competenza noi lavoriamo e quali sono le ricadute della nostra azione sulle amministrazioni. In seguito dirò che cosa stiamo facendo sul tema della razionalizzazione e farò un focus sulle amministrazioni locali, che per noi, come vedremo nel corso della presentazione, rappresentano un punto assolutamente fondamentale.
  Anticipo brevemente il tema. È chiaro che noi siamo un'agenzia centrale che non può pensare di dispiegare l'azione di coordinamento dei sistemi informativi delle pubbliche amministrazioni da una parte senza avere dei ritorni e dall'altra senza avere dei meccanismi di aggregazione, perché le pubbliche amministrazioni sono 20.000 e noi siamo 150 persone. Pertanto, è chiaro che bisogna trovare dei meccanismi di aggregazione appropriata. Tutto il focus della presentazione si basa su questo tema. Vedremo i numeri.
  Che cosa facciamo? Possiamo leggere questa slide in due blocchi distinti: quello di sinistra e quello di destra. In quello di sinistra vi sono le attività di tipo istituzionale, cioè attività che noi facciamo a prescindere da stanziamenti progettuali e a prescindere da direzioni del Governo. Sono Pag. 3attribuzioni che abbiamo per legge di cose che dobbiamo fare.
  Tra queste attività c'è il coordinamento informatico delle PAC (pubblica amministrazione centrale) e delle PAL (pubblica amministrazione locale), che si esplica principalmente in un'attività di pareri che noi diamo alle amministrazioni per gare o attività che queste ultime devono fare.
  Abbiamo poi il tema delle regole tecniche, linee guida e metodologie progettuali per tutti i servizi accreditati e anche, per esempio, firma digitale. Se esce una nuova disposizione in Europa, se partecipiamo a un tavolo europeo, se dobbiamo recepire una linea guida, questo fa parte di tutto il tema delle linee guida che noi dobbiamo dare.
  Abbiamo poi il tema del presidio della cyber security e del CERT (computer emergency response team) della pubblica amministrazione. In quest'ambito noi abbiamo un'attività di info sharing. Abbiamo sia delle persone che una piattaforma di info sharing che collega le amministrazioni italiane. Sto parlando ovviamente solo delle pubbliche amministrazioni, perché per l'esterno esiste il CERT nazionale. Con le pubbliche amministrazioni noi facciamo un'operazione di informazione in caso di attacchi o in caso di emergenze, cioè di attività che possono essere soggette a crisi, e facciamo anche delle attività preventive, perché abbiamo un laboratorio nel quale analizziamo malware, attività sospette eccetera.
  Inoltre, facciamo vigilanza sui servizi accreditati. Per esempio, sulla firma digitale, sulla PEC (posta elettronica certificata), sui conservatori, su SPID (Sistema pubblico identità digitale) eccetera, abbiamo un servizio di vigilanza che controlla che le regole che sono state verificate e gli schemi progettuali che sono stati verificati in fase di accreditamento siano rispettati dai privati.
  Questa è la parte istituzionale. Per quanto riguarda la parte di cui parliamo di più oggi, che è la parte progettuale, noi che cosa facciamo? Siamo interpreti – poi lo vedremo nel dettaglio – del piano del Governo di trasformazione digitale, che è partito col documento dell'Agenda digitale italiana e si è concluso nella fase di impostazione col piano triennale.
  Sostanzialmente redigiamo – poi vedremo perché – il piano triennale, lavoriamo sui progetti di trasformazione digitale, lavoriamo sul sentiero della ricerca e dell'innovazione, perché abbiamo la practice del pre-commercial procurement allocata in AGID e, quindi, noi stiamo lavorando con tutti i ministeri anche nella fase del procurement innovativo. Inoltre, ci occupiamo della diffusione delle competenze digitali attraverso il programma di alfabetizzazione.
  Queste sono le attività più progettuali che, in funzione delle direzioni che ci vengono date, possono essere accese, spente, accelerate o rallentate.
  Vediamo nel dettaglio la parte di destra e, quindi, entriamo nel tema delle spese. Possiamo dire che il tutto nasce fondamentalmente nel 2015, perché nel marzo del 2015 il Governo approva un documento, insieme a quello della banda ultralarga, che è la Strategia per la crescita digitale.
  La Strategia per la crescita digitale è un documento estremamente alto nei contenuti, è un documento di vision, è una strategia per l'appunto, che sostanzialmente spiega come cambiano le relazioni del cittadino attraverso il digitale con la pubblica amministrazione, oppure come cambiano i rapporti delle imprese attraverso il digitale con la pubblica amministrazione. Si parla di sanità digitale, di turismo digitale, di scuola digitale eccetera.
  Inoltre, dà delle linee guida su alcuni temi tecnologici come, ad esempio, la riduzione dei data center, ma in termini molto alti. L'altra cosa importante è che la Strategia per la crescita digitale dà anche la condizionalità ex ante per l'erogazione dei fondi europei OT2 (Obiettivo tematico 2), ovvero per tutti i temi di realizzazione dell'Agenda digitale.
  Nel 2015, una volta ricevuto il documento, abbiamo cominciato a lavorare con la Commissione europea per avere l'approvazione, che è arrivata a ottobre 2016. Da ottobre 2016 in poi tutte le amministrazioni che utilizzano fondi OT2 per l'Agenda Pag. 4digitale, grazie a questa approvazione, hanno avuto la certezza della condizionalità ex ante e, quindi, sostanzialmente di poter rendicontare le spese.
  Inoltre, nel 2016 abbiamo fatto un altro passaggio, approvato dal comitato di indirizzo di AGID, che ha dentro anche rappresentanti dei ministeri, delle regioni e degli enti locali. Abbiamo definito e approvato il modello di riferimento, cioè il modello strategico.
  Cos'è il modello strategico? Sostanzialmente ci siamo chiesti come fare ad applicare la strategia del Governo, ovvero il volume azzurro, senza incorrere negli errori tecnologici che ci hanno portato fin qui.
  È chiaro che è un documento di vision, che parla di sanità digitale, turismo digitale eccetera. Se si applica e si va a implementare quel documento in una logica di silos, io faccio turismo digitale, separato dalla scuola digitale, separato dalla cultura digitale e così via.
  Noi ci siamo chiesti quali sono gli elementi tecnologici comuni e come dobbiamo lavorare in una logica di sinergia tra nazionale e locale, soprattutto mettendo a fattor comune gli elementi che possiamo mettere a fattor comune. Ne è nato quello. Il concetto, in realtà, è abbastanza banale. Secondo me, l'elemento importante è stato portare un concetto semplice all'interno di una realtà complessa.
  Ci siamo detti: «Abbiamo delle infrastrutture fisiche che dobbiamo presidiare e che dobbiamo trasformare». Sostanzialmente qualunque servizio, sia di turismo digitale sia di scuola digitale sia di sanità, alla fine ha bisogno di un'infrastruttura, cioè di macchine che devono essere adeguate e moderne, verso il cloud, e di alcuni componenti comuni, per esempio i sistemi di accesso e le credenziali. Perché fare 8.000 comuni o venti regioni con 8.000 sistemi di accesso e di identificazione? Ne faccio uno e peraltro lo faccio aderente alle regole EIDAS (Electronic identification authentication and signature) e alle regole europee: SPID.
  Qualunque servizio alla fine quasi sempre termina con un pagamento. Perché, allora, lasciare alle amministrazioni il compito e l'onere di farsi le gare per sviluppare delle convenzioni di pagamento? Creo un market place centrale; così nasce PagoPA.
  Quelli sono gli elementi che abbiamo messo nelle strutture immateriali. Invece, abbiamo lasciato totalmente libero il concetto degli ecosistemi, perché negli ecosistemi sviluppo i servizi. Chi sviluppa i servizi? Le amministrazioni locali che hanno il contatto col cittadino.
  In quell'ambito ovviamente non abbiamo detto niente, abbiamo solo dato delle regole di interoperabilità, perché dobbiamo fare in modo che, se una regione vuole sviluppare il turismo a scopo sanitario possa avere le informazioni relative al turismo e, quindi, agli alberghi e così via, che possano coniugarsi anche con quelle, magari georeferenziate, degli ospedali e delle specialità vicine. Quindi, abbiamo dato regole di interoperabilità.
  Nel pillar che vedete sulla sinistra c'è scritto «cyber security» ed è volutamente disegnato in questo modo per il concetto che la cyber security ovviamente non è più solo fisica, ma deve essere trasversale a tutti i sistemi.
  Questo è quello che abbiamo creato dal 2016 con l'accordo di tutti. Nel 2017, sulla base di questo, abbiamo redatto il piano, che dice per ognuno di quei layer le azioni che bisogna fare e i tempi che auspicabilmente dobbiamo impiegarci per trasformare le nostre amministrazioni in quella logica.
  Questo è il percorso. Rispetto a questo percorso il piano dice esattamente questo e l'ultimo punto del piano dice come indirizzare gli investimenti. Perché come indirizzare gli investimenti? Se stabiliamo che ci sono poche regole e centrali, allora stiamo indirizzando gli investimenti dicendo: «Utilizza quei mattoncini predisposti e poi sei libero, rispetto a degli standard, di fare gli investimenti che vuoi».
  L'ultimo punto fondamentale – salto un po’ – è individuare i risparmi previsti dalla legge di stabilità 2016, che adesso brevemente introduco per poi arrivare ai numeri. Pag. 5
  Che cosa dice la legge di stabilità? Questo è un punto nodale che abbiamo ripreso anche nel piano triennale, perché il punto di osservazione di AGID è stato capito in modo un po’ faticoso o comunque è stato difficile farlo capire correttamente a tutte le amministrazioni. La legge di stabilità dice: «Un obiettivo di risparmio di spesa annuale da raggiungere alla fine del triennio pari al 50 per cento della spesa annuale media per la gestione corrente del solo settore informatico relativa al triennio [...] al netto dei canoni di connettività» eccetera. Dunque, ciò vale al netto di una serie di cose che vengono considerate in qualche modo strategiche. Sono esclusi sostanzialmente tutti gli investimenti.
  In altro modo, noi stiamo dicendo che l'obiettivo che la legge dava era quello di riqualificare la spesa IT, perché non stava dicendo «dovete fare necessariamente un taglio o un taglio lineare», ma diceva: «Ci sono delle categorie di spesa che noi consideriamo buone nel settore informatico, dedotte, però, una serie di cose come la connettività, quindi tanto più ti sposti su quelle buone tanto più noi siamo contenti». Il concetto era «reindirizziamo».
  C'è un punto fondamentale, che tocca anche il tema degli acquisti e degli aspetti legati alle pubbliche amministrazioni locali. Diceva: «Andate verso le centrali di aggregazione, che possono essere da una parte Consip e dall'altra quelle regionali o comunque le 33».
  Per prima cosa, noi abbiamo cominciato a fare un esercizio: com'è fatta la spesa ICT italiana? Mi riferisco al totale degli acquisti, escluse le spese per dipendenti interni. Questa è diventata una survey che noi facciamo annualmente dall'anno scorso. Adesso noi stiamo avviando quella per quest'anno, in modo da monitorare correttamente gli avanzamenti, quindi tra aprile e maggio dell'anno prossimo avremo i dati di quest'anno. Vedremo nella prossima carta anche delle serie storiche che, secondo me, aiutano a fare degli ulteriori ragionamenti.
  Comunque, il totale della spesa esterna è 5,6 miliardi. Se applichiamo la legge di stabilità, a questi 5,6 miliardi togliamo la parte relativa a INAIL (Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro), la parte relativa a INPS (Istituto nazionale della previdenza sociale), che vale 1,1, e la parte degli investimenti. Abbiamo fatto un lavoro con il Ministero dell'economia e delle finanze, con la contabilità generale e col SIOPE (Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici) eccetera. Siamo andati a prendere gli investimenti andando a vedere, non semplicemente l'aspetto contabile, cioè OPEX (operating expenditure) e CAPEX (capital expenditure), ma anche quanto di quel CAPEX era finalizzato all'investimento nella logica voluta dal legislatore, cioè servizi innovativi, e quanto era un investimento per comprare un nuovo PC da utilizzare per servizi correnti, che abbiamo escluso (1,2).
  Inoltre, abbiamo preso quello che passa da Consip e dagli altri soggetti di aggregazione (sostanzialmente sono le centrali regionali), che vale 1,4. Abbiamo tolto la connettività, perché anche la connettività è da togliere nella logica di potenziamento dei servizi di connettività. La spesa corrente che rimane, che è il battente su cui costruire il famoso 50 per cento, è 1,7, quindi il 50 per cento fa 0,8.
  Questo sarebbe il compito che in qualche modo aveva il piano triennale, in una logica che abbiamo segnato nel box sotto e che è, secondo me, il punto fondamentale del ragionamento, a condizioni date. Siccome la legge di stabilità dice «fate questa operazione», se nel frattempo qualcuno di questi addendi cambia nel corso dei tre anni, perché grazie al piano triennale riusciamo a introdurre degli elementi di trasformazione, è chiaro che cambia anche questo. Adesso vedremo come.

  PRESIDENTE. La spesa di 1,54 è delle amministrazioni centrali, quindi significa che il resto è di amministrazioni locali e regionali, ma anche di amministrazioni periferiche dello Stato.

  ANTONIO SAMARITANI, Direttore generale dell'Agenzia per l'Italia digitale. Glielo faccio vedere nella prossima slide, presidente.

  FRANCESCO TORTORELLI, Responsabile della Direzione Pubblica Amministrazione Pag. 6 e Vigilanza dell'Agenzia per l'Italia digitale. Se per amministrazioni periferiche dello Stato intendiamo l'ufficio locale dell'INPS o dell'INAIL, fanno parte delle amministrazioni centrali. Qui ci sono solo le amministrazioni locali e ovviamente il comparto sanità.

  ANTONIO SAMARITANI, Direttore generale dell'Agenzia per l'Italia digitale. Glielo faccio vedere in questa slide. Non abbiamo potuto fare la spaccatura perché eravamo ancora in fase iniziale dei dati; dall'anno prossimo avremo tutta la spaccatura della legge di stabilità anche per le amministrazioni locali. Comunque, credo che risponda in parte alla sua domanda. Vede «2011-2015» nella slide relativa alla composizione della spesa ICT della PA? In blu scuro ci sono le amministrazioni centrali nell'accezione che diceva il collega Tortorelli, ovvero compresi gli uffici locali delle amministrazioni centrali. La parte che vedete qui sono le regioni e questa è la sanità regionale. Il pezzo che sta sotto nell'istogramma 1 e 2 è la componente regionale. Questa è la componente di altre PAL (comuni, comunità montane, eccetera). Inoltre, abbiamo scuola e università.
  Adesso ovviamente entriamo in una lettura e ciascuno può fare la propria. Io, se mi permettete, vi do la mia, che è quella che abbiamo specificato qua. Abbiamo anche tutti i dati di dettaglio che supportano questa visione.
  Una riduzione c'è stata. Questo è un primo tema. Stiamo dicendo che il digitale è strategico per il Paese e ci stiamo lavorando. È vero che dobbiamo focalizzarci sulla spesa buona e non su quella cattiva, però il primo dato macro, se andiamo a raffrontarlo al PIL, è che siamo parecchi punti indietro rispetto agli altri Paesi europei. Questo spiega anche tante cose sul DESI (Digital economy and society index), sul nostro posizionamento. Questa è la prima considerazione.
  L'altra cosa che secondo me è abbastanza sorprendente è che tutto sommato nel corso degli anni, nonostante tutto quello che si è detto, ci sono dei rapporti sostanzialmente stabili nella distribuzione. Questo è supportato anche dagli altri elementi che noi abbiamo raccolto e che ovviamente poi, se serve, vi possiamo mettere a disposizione, non sulla destinazione, ma sulla natura di queste spese. La natura è prevalentemente hardware e software per la gestione del corrente.
  Ovviamente, siccome questa spesa è focalizzata ad aprire la clèr del negozio, accendere le luci e tenerle accese e non abbiamo cambiato niente di questa struttura, la ripartizione nel tempo non può che essere costante, perché fotografiamo una situazione che è sostanzialmente quella.
  Il punto fondamentale del nostro esercizio, tornando alla slide precedente è che, se noi avessimo applicato pedissequamente, senza una logica di trasformazione, quegli 0,8 sarebbero caduti sostanzialmente qui e sulle regioni. Si sarebbero spalmati a pioggia, facendo un lavoro di forte penalizzazione delle amministrazioni virtuose, perché in una situazione in cui, se il dato di partenza è che spendiamo meno degli altri Paesi europei, quindi le amministrazioni virtuose sono virtuose veramente, se avessimo applicato questo in una logica di taglio, sarebbe venuto fuori un disastro, perché probabilmente avremmo reso le amministrazioni virtuose incapaci di lavorare.
  Allora, che cosa abbiamo fatto? Ci siamo chiesti quali sono i driver di trasformazione che la legge ci dà che possiamo applicare col piano triennale. Ritorno allo schema del modello: ecosistemi, infrastruttura materiale, infrastruttura fisica, sicurezza.
  Partiamo dalle infrastrutture fisiche, che è più facile. La razionalizzazione dei data center chiaramente introduce un forte risparmio a parità di qualità di servizio, anzi, se passiamo al cloud, probabilmente c'è un aumento di servizio e di sicurezza.
  Peraltro, si aggiunge un tema importante in questa logica di aggregazione. Vedete che il driver dell'aggregazione c'è sempre in qualunque ragionamento si va a fare. Il tema della razionalizzazione dei data center ha un forte impatto sulla sicurezza, ma ha anche un forte impatto di natura tecnica, di massa critica e di competenza. Una piccola amministrazione oggi non ha sicuramente le capacità e le leve per poter gestire la complessità, mentre, se Pag. 7andiamo sul modello cloud, magari gestito da un'amministrazione più grande, a quel punto può beneficiare sia di economie, perché dal bilancio gli togliamo una parte, sia di qualità.
  Il punto nodale è questo e lo stiamo sviluppando con un questionario che uscirà la prossima settimana a cominciare dalle regioni: ovviamente il passaggio al cloud in primo luogo va fatto se tecnicamente è possibile, perché molte applicazioni sono così vecchie che necessitano di una trasformazione, e in secondo luogo con un occhio ai bilanci. Infatti, se un'amministrazione ha investito ieri in infrastruttura e noi domani gli diciamo «mettiti in cloud» finché non avrà ammortizzato quella componente si troverà a bilancio due costi: la quota d'ammortamento più il canone di servizio. Anche su questo noi stiamo facendo un'operazione, che parte adesso, di mappatura delle condizioni economiche.
  Le infrastrutture immateriali sono l'altro grande driver di risparmio, perché una volta che abbiamo fatto delle strutture centrali, che peraltro noi stiamo finanziando con i fondi europei, è chiaro che diamo all'amministrazione la possibilità di un beneficio, perché le amministrazioni non pagano SPID, PagoPA, fatturazione elettronica eccetera e, quindi, se si organizzano per gestire questi mattoncini del Lego in una logica sana e produttiva, possono ottenere fondi che si liberano. Leggete questa come la parte che ci consente di liberare fondi, che possono essere travasati qui per fare servizi innovativi e, quindi, per cambiare il panorama di quella figura che abbiamo visto nella pagina precedente.
  È chiaro che tutto questo si riesce a fare se abbiamo qualcuno che ci aiuta in questo sforzo, perché le amministrazioni, come dicevo in apertura, sono 20.000 e, quindi, noi sulle grandi arriviamo, ma sulle piccole no.
  Il problema di fondo è che, mentre dal punto di vista economico e di Pareto, prendendo i grandi abbiamo preso tutti (avete visto quella distribuzione: una volta che io ho preso le cinque o sei regioni principali o le cinque o sei amministrazioni principali, ho fatto l'80 per cento della spesa) il tema fondamentale è che non ho fatto l'80 per cento della popolazione. Pertanto, se non abbiamo un meccanismo di aggregazione, abbiamo un pezzo di popolazione significativa sul territorio che rimane fuori dal tema della digitalizzazione, peraltro laddove serve di più. Nelle comunità montane, ad esempio, si tratta di avere la possibilità di fruire di servizi dell'amministrazione. Il paradosso è che, laddove serve di più, abbiamo forse le difficoltà maggiori. Di conseguenza, il tema dell'aggregazione per noi è centrale.
  Che cosa stiamo facendo per non fare il taglio lineare e per dar corpo a quella soluzione? Questo è lo schema di prima con alcuni cambiamenti. I cambiamenti sostanzialmente sono due. Il primo è un aumento degli investimenti che stiamo già registrando – questa è la previsione al 2018 – e che quest'anno monitoriamo. Se vi ricordate, nella slide precedente era 1,2. Stiamo parlando veramente di poca cosa, però è una tendenza che stiamo registrando.
  In secondo luogo, stiamo facendo un lavoro profondo con Consip e soprattutto con gli altri soggetti aggregatori. Un'ipotesi – che in realtà non è neanche un'ipotesi, perché i primi trend ci stanno dicendo che ci siamo – ci parla di un aumento entro il 2018 di un miliardo della spesa per aggregazione. Se questa figura che quest'anno andiamo a verificare è confermata, vuol dire che sostanzialmente il pezzo di spesa che dobbiamo ridurre è il 50 per cento di 0,5. Come lo facciamo? Noi abbiamo verificato già che l'adesione alle piattaforme centrali, cioè il PagoPA, lo SPID e la fatturazione, da sola genera 500 milioni, ovviamente a condizione che le amministrazioni non duplichino i sistemi.
  Noi ci stiamo muovendo in questo modo. Da una parte, stiamo potenziando le infrastrutture immateriali che già abbiamo e stiamo facendo, sempre attraverso fondi europei – adesso vi dico come – operazioni di sostegno alle amministrazioni perché aderiscano e perché lo facciano correttamente, in modo da non duplicare costi. Inoltre, stiamo facendo un'operazione di accompagnamento, sempre con le amministrazioni, Pag. 8 perché potenzino, con le risorse che liberano, la capacità di investimento e di utilizzo delle proprie centrali di aggregazione o di quella centrale.
  Come lo stiamo facendo? Ve l'ho ampiamente anticipato quando ho detto che le pubbliche amministrazioni sono 20.000 e che noi vorremmo poter contare, al di là di quelle centrali, su una quarantina di amministrazioni. Come abbiamo fatto questo conto? Ovviamente abbiamo incluso le regioni, i grandi capoluoghi, le città metropolitane e qualche eccezione. Io mi aspetto che in posti tipo la Lombardia, che conosco meglio per i miei passati, se la regione mi segnala che ci sono due poli sanitari che dobbiamo considerare, sono talmente grandi che forse vale la pena farlo. È per questo che dico «qualche eccezione». Se, invece, la regione dice che c'è un interlocutore solo, ci sarà un interlocutore solo.
  Queste circa 40 amministrazioni dovrebbero essere le amministrazioni con le quali progettare questo lavoro di dettaglio. Come? Noi vediamo sostanzialmente tre ruoli, che possono combinarsi anche in maniera esclusiva. Mi spiego: per ognuno di quei tasselli che avete visto (ecosistemi, infrastrutture materiali, sicurezza eccetera) si possono giocare ruoli diversi.
  Partiamo dal basso, che è il ruolo più facile: l'aggregatore per la disseminazione. Noi vorremmo avere un'amministrazione che ci aiuti ad andare veramente sul territorio e a promuovere azioni per la diffusione, che vuol dire sostanzialmente: formazione, workshop, seminari tecnici eccetera. Prendo una regione che convoca o che mi aiuta a chiamare a raccolta i propri comuni e fa un lavoro con noi, dove noi portiamo ovviamente tutta la parte del know-how. Chiediamo semplicemente un appoggio e un endorsement e poi, attraverso questo, una cessione progressiva di know-how, non chiediamo un impegno realizzativo.
  Un primo tema è la disseminazione. Un secondo può essere l'aggregatore di processo. Ovviamente, per esempio, per aderire a SPID, a PagoPA eccetera, c'è tutta una componente di processo da fare, perché banalmente bisogna firmare delle convenzioni con AGID, bisogna spiegare alle amministrazioni le convenzioni, bisogna verificare che l'amministrazione non abbia nulla da ridire, altrimenti interloquire. Noi ci stiamo dotando di una struttura anche territoriale per fare questo, però è chiaro che, se avessimo un'amministrazione hub con un ruolo da aggregatore, ci risolverebbe un sacco di problemi e oltretutto ce li farebbe emergere in maniera strutturata, perché avremmo dei cluster di problemi che riusciremmo anche a capire meglio.
  Inoltre, ovviamente sarebbe auspicabile un aggregatore come intermediario tecnologico. L'intermediario tecnologico vuol dire uno che mi dica: «Dei data center di quest'area territoriale o di questa regione non ti preoccupare perché lo facciamo noi», oppure: «Di SPID non ti preoccupare, perché faccio io l’hub per tutto il mio territorio».
  Sono ruoli crescenti che possono essere disegnati anche uno a uno per le progettualità. Se un territorio mi dice: «Per SPID faccio la disseminazione, invece per PagoPA faccio l'intermediario tecnologico», a noi va bene. Noi siamo assolutamente rispettosi del modello organizzativo che ciascuno ci dà, ma ci piacerebbe riuscire, attraverso questo lavoro che stiamo facendo, a definire un modello. A quel punto sapremmo come marciare.
  Abbiamo disegnato due fasi e le stiamo testando con le regioni: un'analisi dei fabbisogni del territorio, incontri sui territori, raccolta, per arrivare a definire che tipo di accompagnamento, cioè qual è il ruolo che a questo punto una regione richiede a noi nel disegno di questi tre oggetti.
  Fatto questo, noi vorremmo anche firmare degli accordi, perché ci piacerebbe che questo diventasse in qualche modo il Piano triennale locale, e quindi fare in modo che il Piano triennale, che oggi è nato molto top down, dall'anno prossimo, visto che è annuale, se riusciamo a fare questi accordi, diventi anche un piano bottom-up.
  Questo è il percorso che stiamo cercando di avviare. Le conclusioni, perché non vorrei dilungarmi troppo per lasciare spazio a eventuali domande: l'azione delle amministrazioni locali per noi è fondamentale Pag. 9 per i motivi che ho cercato di spiegare, il piano rifocalizza delle spese e cerca di liberare risorse produttive per sviluppare i progetti, e noi ci siamo in questo lavoro di accompagnamento, ovviamente il piano è importante perché potrebbe lasciare autonomia di scelta alle amministrazioni locali su quali livelli di servizio disegnare e, se noi riusciamo a creare questo elemento di aggregazione, riusciamo anche a creare una circolazione di idee e buone pratiche che oggi è molto ferma.
  Spero di essere riuscito a inquadrare il tema, ma siamo a disposizione.

  PRESIDENTE. Grazie. Innanzitutto sono molto contento che attraverso questa Commissione in Parlamento si discuta di queste cose. Frequento la Finlandia e una cosa che mi ha sorpreso di quel Paese è che dicano: «abbiamo la scuola migliore, tutti parlano inglese, la pubblica amministrazione funziona in modo eccezionale» ma, se andate in Finlandia in questo periodo, oltre a scoprire che tra una singola abitazione e l'altra ci sono minimo 5 o 6 chilometri e tra un villaggio e un altro 50 chilometri (villaggi peraltro non enormi), tutta l'amministrazione pubblica ma anche il privato sono totalmente digitalizzati, e non è un caso che Paesi come questi siano assolutamente competitivi e all'avanguardia.
  Vorrei quindi esprimere alcune riflessioni. Più volte è stato richiamato il tema dei fondi europei, aspetto che vorrei fosse approfondito, cioè come l'Unione Europea finanzia e incentiva questo tipo di attività e a che livello, cioè a livello ovviamente di pubblica amministrazione centrale piuttosto che locale, e in particolare sotto questo aspetto un focus sul sud. Nella interlocuzione che avete con le diverse regioni e le diverse realtà, che tipo di alfabetizzazione informatica riscontrate? A macchia di leopardo? Su due dimensioni, sud e piccoli comuni.
  Più volte qua abbiamo discusso circa l'opportunità di procedere ad accorpamenti più o meno forzati e raggiungere dimensioni minime funzionali per quanto riguarda le amministrazioni locali, può essere che da un lato il piccolo comune non sia esattamente il soggetto più predisposto a recepire questi tipi di messaggi, ma può anche essere che il piccolo comune per sopravvivere nel futuro attraverso la digitalizzazione trovi esattamente la risposta di sopravvivenza, altrimenti non c'è speranza.
  Questi temi, quindi: quello dei fondi europei e quello delle due dimensioni, sud e piccole realtà rispetto alla sfida della digitalizzazione.
  Lascio la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FEDERICO D'INCÀ. La ringrazio, direttore Samaritani, per l'audizione di oggi. Ci siamo già incontrati più volte nella Commissione d'inchiesta sul digitale, che ha fatto 66 audizioni in un anno con 126 incontri, per cui abbiamo sicuramente analizzato il tema.
  La prima domanda riguarda i tempi tecnici. L'ANPR in questo momento è a circa 700-800.000 persone, quale previsione ha nei prossimi due anni per arrivare fino al 2018-2019? Sul Piano triennale c'è scritto un dato, però volevo capire se sia quello corretto.
  Per quanto vada lo SPID siamo a 1.200.000 persone e sarebbe importante capire quale tipo di strategia avete in mente per poter aumentare la penetrazione, così come anche PagoPA, dove siamo intorno ai 4 milioni di transazioni ed è da capire quando raggiungeremo il 100 milioni, che sembra essere già un valore che ci può far superare...
  Una domanda riguarda l'ultima slide, partendo dall'ultimo punto, elementi comuni, coerenti che però lascino autonomia di scelta alle amministrazioni locali. Spesso ci siamo accorti in Commissione d'inchiesta che vi è una fortissima frammentazione, come credo che sia visibile perché abbiamo 200.000 base dati, 200.000 applicazioni in questo Paese, c'è tutto un lavoro di aggregazione che in questo momento state facendo anche attraverso l'utilizzo di Consip per gli acquisti.
  La visione dell'amministrazione è hub, la visione dell'aggregatore dell'intermediario tecnologico è qualcosa che cerca di superare delle problematiche contenute nel Titolo V, cioè in quella frammentazione che Pag. 10si è avuta nel corso del tempo? Visto che spesso in questa Commissione abbiamo parlato anche di autonomie locali e di gestione locale, quindi anche in una visione del Veneto e della Lombardia ci siamo posti alcuni obiettivi, sono materie che possono essere quindi date in autonomia locale, ma forse ve ne sono altre che devono essere ricentralizzate per avere un'organizzazione migliore, perché trattano basi comuni per tutte le nostre regioni?

  DANIELE MARANTELLI. Anch'io ringrazio il dottor Samaritani per questa audizione che per la nostra Commissione è una novità, nel senso che Conoscere, conoscere, conoscere, che era un'enciclopedia che negli anni ’60 ha permesso peraltro una crescita anche alle classi popolari di questo Paese, credo sia anche in questo tempo la condizione per affrontare i problemi complessi che abbiamo di fronte e, come ricordava prima il presidente, in questi anni noi abbiamo lavorato in realtà un po'controcorrente per cercare di far conoscere i dati che abbiamo dovuto misurare sul complesso dei temi che hanno a che fare con la vita quotidiana delle persone, quando parliamo di enti locali e delle loro modifiche.
  Vorrei far precedere le mie domande da una considerazione. A me pare che, pur tra mille difficoltà, la strategia che il Governo si è dato nel biennio 2014-2016, destinando allo scopo investimenti per 4,6 miliardi sia indiscutibilmente un fatto nuovo (lo dico io che da un po'di anni faccio il deputato) e positivo, però, alla luce della relazione che è stata effettivamente molto incisiva, le domande che vorrei farle sono le seguenti. Quale intreccio concreto vede lei con il lavoro che è stato fatto in questi anni sulla spending review? Lei ci ha detto che i margini di risparmio per un 50 per cento sulle spese di gestione sono relativi alla parte corrente, quindi la domanda è: quali effetti concreti possono avere anche su altre voci?
  La seconda domanda: sul tema della cyber security ci sono leggi al riguardo, quindi quale potenziale collaborazione vi può essere con altri soggetti istituzionali?
  Terzo tema, alfabetizzazione digitale (le parla uno che non è alla testa dei processi, ma fatica a stare al passo): quali problemi e ostacoli avete incontrato nel vostro lavoro e quali idee e proposte possono essere immaginate? Faccio un esempio concreto, i programmi scolastici.
  L'ultima è una domanda che presuppone la consulenza gratuita, vista la sede: quali consigli darebbe agli enti locali per utilizzare al meglio i fondi europei?

  FEDERICO D'INCÀ. Dottor Samaritani, io credo che vi sia una forte componente di mancanza di conoscenza all'interno del Parlamento del ruolo del digitale nel nostro Paese. A fronte di questa mancanza di conoscenza, quanto pensa che sia importante avere una Commissione permanente che si dedica soltanto al digitale e all'innovazione tecnologica nel nostro Paese, quindi quanto è importante avere un ministro che si occupa soltanto del digitale, quindi che sia una base comune nei confronti degli altri Ministeri che ci sia il processo telematico civile, che ci sia il fascicolo sanitario, che ci siano questi argomenti di base comune nei confronti di tutti i Ministeri? PRESIDENTE. Lascio la parola al direttore Samaritani per la replica.

  ANTONIO SAMARITANI, Direttore generale dell'Agenzia per l'Italia digitale. Grazie, vado con ordine e parto dalle domande del presidente sui fondi strutturali. Torno indietro a questa slide, evidenziando che ho una visione sull'aspetto dei fondi strutturali che riguarda solo l'Agenda digitale, quindi ho un angolo di visuale che non è completo.
  Per quanto riguarda l'Agenda digitale, ci sono due canali (in realtà sono di più), però partiamo da questi 4,6 miliardi di euro, dei quali (non è esatto al centesimo, ma tanto per dare una scomposizione macro) un terzo sono fondi propri delle amministrazioni, quindi sono nei bilanci delle amministrazioni, un terzo sono fondi POR, quindi fondi strutturali regionali finalizzati all'Agenda digitale, e un terzo sono fondi PON di varia natura, cioè PON governance, PON legalità per la componente relativa all'Agenda digitale. Pag. 11
  Qual è quindi lo sforzo che dobbiamo e stiamo cercando di fare con tutto il percorso che vi ho detto (il modello, la governance, gli enti aggregatori)? È fare in modo che, nel rispetto delle autonomie progettuali e strategiche di ciascuna amministrazione, ci sia però un lavoro omogeneo per evitare che ciascuno investa in maniera non allineata, laddove il non allineamento ha due temi fondamentali, perché uno è sugli oggetti, l'altro è sui tempi.
  Se infatti uno investe tutto sui sistemi di pagamento, ma nessun altro investe sui sistemi di pagamento, siccome il nostro obiettivo alla fine è avere un sistema che sia citizen center, dove il cittadino sia al centro, se non creiamo dei percorsi di allineamento, i cittadini non riescono a capire nulla e quindi faticheranno molto ad utilizzare questa innovazione magari anche all'interno di uno stesso territorio, dove magari la regione ha investito tantissimo su una cosa, ma il comune non l'ha fatto, quindi, siccome ciascuno è un cittadino comunale, ma anche regionale e anche dello Stato, dovrebbe trovare dei percorsi di esperienza che siano simili.
  Uno dei tentativi che stiamo facendo è che nell'ambito degli investimenti che abbiamo fatto cerchiamo di portare a bordo servizi in maniera omogenea. Vi faccio l'esempio del bollo auto: digitalizziamo il bollo auto, attacchiamo PagoPA, portiamo il bollo auto di tutte le regioni, perché altrimenti creiamo nella testa del cittadino una confusione tremenda, perché magari ha la residenza da una parte, però la moglie ce l'ha altrove, quindi deve pagare 2 bolli in due posti diversi e si chiede perché debba farlo in due modi diversi.
  Stiamo cercando di trovare un'omogeneità nell'ambito dei servizi che abbiamo. Quello che stiamo facendo è anche cercare di gestire questi fondi con quella logica che lei mi chiedeva nella seconda domanda sulle regioni meridionali e sulle differenze che abbiamo notato. Il digitale polarizza, come si vede in tutto, ricchi e poveri, istruiti e non istruiti, quelli dentro e quelli fuori, e l'Italia, a differenza di quello che si dice (anche su questo, se serve, abbiamo qualche numero), in realtà è divisa in quattro, perché abbiamo un nord-ovest, un nord-est, un centro e un sud, e c'è una differenza significativa tra nord-ovest e nord-est per esempio già in termini di digitalizzazione.
  Il punto è che dobbiamo fare in modo che chi in questo momento è più indietro possa fare quel salto di qualità, e riteniamo che aver disegnato quel modello con piattaforme e regole che guidano ci consenta di introdurre un livellamento auspicabilmente verso l'alto. Questo è il tema.
  Come Agenzia per l'Italia digitale siamo beneficiari di una componente – ovviamente piccola – di fondi di PON governance per un totale di 70 milioni approvati e 20 milioni in fase di approvazione, di questi 90 milioni il 60 per cento è dedicato all'accompagnamento, quindi al percorso per mettere a disposizione risorse strumentali, competenze o tecnologie per le amministrazioni e per il lavoro che vi ho descritto, e il rimanente 40 per cento è finalizzato alla creazione di quelle piattaforme di cui vi abbiamo parlato e al consolidamento.
  Adesso, se il presidente lo consente, lascerei la parola al collega Tortorelli sul CERT di cui ha la responsabilità e il cui potenziamento è finanziato con i fondi

  FRANCESCO TORTORELLI, Responsabile della Direzione Pubblica Amministrazione e Vigilanza dell'Agenzia per l'Italia Digitale. Intervengo anche per rispondere alla domanda dell'onorevole Marantelli che ha chiesto se noi collaboriamo, ed ovviamente sì perché è prevista già dalle norme questa attività di collaborazione tra le altre strutture che si occupano della sicurezza, quindi il CERT nazionale e il comparto servizi in generale, il Nucleo sicurezza cibernetica, quindi abbiamo incontri periodici di studio e anche di approfondimento.
  Nel corso di meno di due anni di attività il CERT ha messo piedi una serie di strumenti (lo dico con orgoglio) di rilevanza internazionale, pensate che circa 60.000 esperti di sicurezza di tutto il mondo, che sono un numero enorme, ogni mese viene a prelevare dal nostro database, nel quale consolidiamo i cosiddetti «indici di compromissione», che sono malware, url e tutto, che al momento conta circa 60.000 dati che Pag. 12noi pubblichiamo e aggiorniamo sul sito, li viene a consultare periodicamente.
  Abbiamo messo a punto un sistema che trasferisce automaticamente queste vulnerabilità a soggetti pubblici o privati, abbiamo fatto un primo nucleo di sperimentazione addirittura, oltre che con un po'di amministrazioni, con tre grandi aziende private di questo Paese, che sono molto contente di questo lavoro sperimentale che quindi porteremo avanti.
  Purtroppo le cose sulla sicurezza si raccontano poco, però questo è importante. Il tema cyber è un tema molto importante ed è, come diceva il direttore, trasversale a tutti, e riteniamo che in questo la PA possa avere anche un ruolo di traino rispetto al mondo privato in un Paese che ha un tessuto industriale fatto di piccole e medie imprese, perché, mentre nell'analogico si doveva copiare un oggetto brevettato, oggi non c'è bisogno, perché arrivo nel computer ancora prima che ci sia il brevetto, il brevetto me lo faccio io da un'altra parte del mondo o dell'Italia stessa, quindi il rischio per il nostro tessuto produttivo, oltre che per la pubblica amministrazione, è enorme.
  Il presidente citava l'esempio della Finlandia, io ho avuto il piacere di partecipare ad un evento internazionale il mese scorso a Singapore, seguito da una lectio magistralis del Ministro dell'innovazione finlandese a proposito di cyber security e vi assicuro che parlava a braccio e diceva cose di un tenore tecnico veramente elevato, evidenziando che questo è un elemento di politica industriale, di politica sociale.
  Mi riallaccio anche all'aspetto della formazione. Noi riteniamo che la formazione delle famiglie ormai non stia più nel pericolo (lo vediamo da fatti di cronaca) di cosa succede al figlio se torna tardi, quanto di preoccuparsi se sta in stanza e chatta dalla mattina alla sera, quindi aiutare i genitori a capire è un elemento di attività sociale fondamentale.
  Gli insegnanti devono essere formati e stiamo pensando anche a qualche attività di trasferimento di informazioni sugli insegnanti, ovviamente AGID non è in grado di fare questa attività sulla popolazione degli insegnanti, però stiamo cercando di individuare i soggetti in grado di trasferire queste nozioni anche semplici, cioè dire al proprio figlio di non mettere mai il nome e cognome sulla sua e-mail, ma di usare uno pseudonimo, di rispettare una serie di regole quando scrive sui social, cose importanti che nella scuola vanno adottate.
  Spero di aver risposto almeno sulla parte sicurezza.

  ANTONIO SAMARITANI, Direttore generale dell'Agenzia per l'Italia digitale. Se posso, presidente, continuo con le altre risposte. Dove siamo con i progetti e quali ipotesi e strategie di sviluppo abbiamo: su SPID e PagoPA stiamo avendo una buona accelerazione, adesso sui pagamenti (dato di fine ottobre) siamo più alti, ma la cosa importante non è tanto a quanto siamo arrivati in termini consolidati, quanto che ottobre di quest'anno ha fatto 700.000 transazioni circa, contro le 200.000 di ottobre dell'anno scorso.
  Se quindi andiamo a misurare l'incremento, direi che PagoPA ha passato il punto di non ritorno ed è una soluzione stabile, cioè ci avviamo quest'anno a traguardare, se non i 10 milioni, un numero di transazioni consolidate che ci va vicino.
  Quanto manca ai 100 milioni? Tanto, però se consideriamo che due anni fa, nel 2015, quando sono entrato in AGID, avevamo 215 transazioni, ed era proprio il primo vagito del progetto, abbiamo fatto un percorso che lo sta mettendo in sicurezza.
  Avevamo 215 amministrazioni pilota con cui avevamo fatto delle transazioni pilota, quindi, onorevole, se vuole il numero esatto, glielo fornisco, però questo è l'ordine di grandezza.
  SPID: oggi siamo a circa 1.950.000, noi abbiamo fatto anche un sito di monitoraggio, quindi c'è un sito nel quale si vedono tutti i dati aggiornati in tempo concettualmente reale, poi ovviamente con cadenza alcuni settimanali, però trovate sicurezza, trovate SPID, trovate tutto.
  Il punto fondamentale adesso è che abbiamo completato anche il lavoro per le convenzioni eventuali per l'estensione ai privati, c'è forte interesse, se parte anche l'utilizzo di SPID nel mondo del privato, Pag. 13allora lì vediamo, rispetto anche a quanto diceva Francesco Tortorelli prima, importanti elementi in termini di sicurezza delle transazioni, per esempio nell'antifrode, quindi i privati riconoscono un valore. È chiaro che è un mercato nuovo e quindi bisognerà vedere, ma se riusciamo veramente a farlo partire, è il tema fondamentale.
  L'altro sentiero di sviluppo importantissimo (è notizia di ieri) è che abbiamo completato il percorso per la notifica in Europa di SPID. Cosa significa questo? Come sapete, a livello europeo esiste un progetto di interoperabilità delle identità, perché dal 2018 un cittadino tedesco per esempio che vuole entrare sui servizi pubblici italiani può e deve entrarci con la propria utenza, e lo stesso modo vale per noi.
  Per poter fare questo percorso dobbiamo avere una soluzione notificata e quindi approvata dagli altri Stati membri, allora SPID ha completato il percorso e noi abbiamo ufficialmente chiesto quella che sia chiama la peer review, quindi la review della nostra soluzione dagli altri peer per poter essere inseriti, elemento peraltro importante perché siamo il secondo Paese europeo a farlo dopo la Germania, quindi per una volta stiamo correndo.
  Se SPID viene notificato e quindi diventa la soluzione riconosciuta in Europa e dall'altra parte si apre addirittura ai privati, e i due elementi si rinforzano a vicenda, anche lì abbiamo trovato la chiave per fare come con PagoPA il salto di qualità.
  Titolo V: qui esprimo un'opinione assolutamente personale, ossia che si siano fatti in passato errori non banali nel considerare soluzioni tecnologiche come elementi caratterizzanti il percorso di autonomia o di decentramento.
  Vi faccio un esempio: tutti noi usiamo Word e il programma è lo stesso, ma poi ci scriviamo quello che vogliamo, quindi non è vero che cercare sinergie tra gli strumenti limiti le autonomie decisionali o le autonomie sulle politiche locali, quindi noi abbiamo scelto che per esprimere un'autonomia nelle politiche locali si dovessero avere strumenti diversi, ma il risultato è che oggi noi non riusciamo ad esprimere tutto il potenziale di una scelta locale, perché poi ci mancano gli elementi di contorno, non c'è più interoperabilità. Capisco che è un equilibrio difficile da trovare, ma il punto fondamentale è come lasciare la massima sinergia sugli strumenti nel rispetto delle autonomie di processo, di gestione e di scelta politica, che stiamo cercando, ovviamente in una logica tecnica, di recuperare con questo modello.
  Qui emerge un tema, tutto quello che stiamo facendo è basato su una logica di convincimento, sul trarre una relazione win-win (come chiedeva lei, presidente, le regioni sanno spendere? I comuni piccoli riescono a fare? Noi andiamo quindi con il programma di accompagnamento), una logica win-win in cui cerchiamo di dare degli elementi di valore perché ci vengano dietro, non è un percorso sostenuto (a parte il CAD che però non parla ovviamente dell'aggregazione) da un quadro normativo di fondo.
  L'abbiamo scritto nel Piano triennale, quindi abbiamo l'approvazione del Presidente del Consiglio dei ministri e del Governo, quindi ci sono elementi normativi che ci danno almeno dei compiti, però è chiaro che questo tipo di organizzazione che stiamo cercando di mettere in piedi non è una governance che sia stata suggellata con un percorso simile a quello del Titolo V.
  In altri termini, se non siamo capaci di spiegare che c'è una relazione win-win e c'è una relazione di valore a un'amministrazione, questa ci può anche dire che sono soldi suoi e ci fa quello che vuole, poi è chiaro che abbiamo degli elementi di costrizione come i pareri e l'aderenza al Piano triennale, però sono tutti elementi che trovano una loro concorrenza dopo che la frittata è stata fatta, e non prima. Manca una riflessione su come, se questo è il modello, possa essere sostenuto con un'operazione sulla governance che abbia un inquadramento più forte.
  Spending review: abbiamo collaborato e infatti tutto il lavoro sui numeri l'abbiamo fatto anche con il Commissario Gutgeld, in Pag. 14modo da essere sicuri, e tutti gli incontri pilota di impostazione del lavoro con le amministrazioni centrali e alcune regioni li abbiamo fatti con il commissario.
  Alfabetizzazione digitale: ne ha parlato il collega Tortorelli prima, programmi scolastici assolutamente sì, nella nostra speranza c'era che distribuire SPID da una parte per il Bonus 18 anni agli studenti e dall'altra parte ai professori potesse essere un elemento di incontro nella scuola, perché vedo la scuola non solo come tema di programmi scolastici, ma, se facessimo progetti mirati, la scuola è il laboratorio sociale che prende dentro tutti, ossia i ragazzi, gli adulti che sono dei professori e quindi dei lavoratori, le famiglie e quindi gli altri adulti, anche nonni.
  Lavorare sulla scuola in una logica di sperimentazione di soluzioni digitali sul campo crea quindi una diffusione di cultura e di alfabetizzazione digitale che poi ritroviamo nella società, perché la scuola in piccolo è la società.
  Sarei molto dell'idea di seguire quello che lei diceva, onorevole, addirittura cercando di calare lì degli esperimenti, cioè il registro digitale, tutto quello che è un'interlocuzione scuola/famiglia, pensando anche a realizzare colloqui con i professori, laddove possibile, in videoconferenza. Si potrebbe lanciare una serie di cose veramente innovative che portino la cultura digitale e la diffondano veramente nella società, perché la scuola è la società.
  Quali consigli? Credo che la cosa fondamentale sia cercare (mi riaggancio al tema della scuola) di fare progetti vicini al cittadino con un problema, e il più possibile non faraonici, ma interventi mirati, piccoli, perché stiamo cercando di rimettere in carreggiata delle amministrazioni e in questo lavoro di accompagnamento stiamo cercando di prendere quello che era fermo e capire se abbia senso (ne avevamo parlato anche in Commissione d'inchiesta) oppure sia inutile continuare un progetto lanciato dieci anni prima su una cosa che si è arenata, perché nel frattempo il mondo è cambiato, e far partire invece interventi più piccoli, che consentano di mettere dei tasselli congruenti di un mosaico, che però siano dei tasselli, in modo che la loro complessità singola non sia elevata come un programma enorme, almeno per i più piccoli.
  La digitalizzazione è centrale per tutti i motivi che ci siamo detti, ma secondo me è importante che ci sia un commitment alto. Il ministro è un'espressione, il Presidente del Consiglio è un'espressione, non so valutarlo, ma credo che la presenza di un Consiglio dei Ministri abbia un senso, perché chiaramente si ascoltano e si può partecipare alle decisioni fondamentali ed avere un punto di osservazione.
  Credo che la cosa fondamentale però sia avere un commitment importante dalla politica, e credo che i passi fatti quest'anno siano già nella giusta direzione, perché abbiamo un Piano triennale firmato dal Presidente del Consiglio dei ministri, verificato da un ministro e da un commissario, quindi in questo 2016-2017 abbiamo fatto un passo importante.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti per il loro intervento e per la documentazione consegnata, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.15.

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ALLEGATO

Documentazione consegnata dal Direttore generale dell'Agenzia per l'Italia digitale, Antonio Samaritani

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