XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 133 di Giovedì 16 novembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione del Presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, sui principi del federalismo fiscale e l'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del regolamento della Commissione:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 
Bonaccini Stefano , Presidente della Regione Emilia-Romagna ... 3 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 7 
De Menech Roger (PD)  ... 8 
Collina Stefano  ... 9 
Marantelli Daniele (PD)  ... 10 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 11 
Bonaccini Stefano , Presidente della Regione Emilia-Romagna ... 12 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante trasmissione diretta attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e diretta streaming sperimentale sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, sui principi del federalismo fiscale e l'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione, del Presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, sui principi del federalismo fiscale e l'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
  Con l'audizione di Bonaccini completiamo l'ascolto delle regioni che hanno avviato il processo per l'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
  Vi anticipo che la settimana prossima avremo in audizione l'onorevole Bressa, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri in materia di affari regionali, che è stato incaricato di seguire, per conto del Governo, questa vicenda. Quindi, giovedì 23 novembre, sempre a quest'ora, lo ascolteremo.
  Nel ringraziarlo per la disponibilità dimostrata, cedo la parola al Presidente Stefano Bonaccini.

  STEFANO BONACCINI, Presidente della Regione Emilia-Romagna. Grazie a lei e grazie a voi. Abbiamo deciso di intraprendere un percorso inedito per questo Paese nel chiedere al Governo di accedere, attraverso l'applicazione del comma terzo dell'articolo 116 della Costituzione, alla richiesta di autonomia differenziata.
  Si è portato avanti un lavoro, decidendo che, in Emilia-Romagna, non si tenesse la consultazione referendaria, peraltro non obbligatoria né prevista dalla Costituzione in quanto tale, ma si facesse un percorso che tenesse conto, invece, del passaggio negli organismi istituzionalmente eletti, previo un lavoro preparatorio, che sto per descrivervi.
  Da un lato, abbiamo coinvolto le istituzioni rappresentative regionali, cioè le commissioni consiliari competenti e l'assemblea legislativa, ma, dall'altro, abbiamo coinvolto anche tutte le forze sociali della nostra regione, in particolare attraverso il patto per il lavoro che firmammo il 2 luglio del 2015, pochi mesi dopo la mia elezione, e che coinvolge le rappresentanze regionali dei sindacati dei lavoratori di tutte le forze economiche della regione, delle quattro università, delle camere di commercio, dell'associazione delle banche e del Forum del terzo settore, che raggruppa tutto il mondo dell'associazionismo e del volontariato sociale, e le rappresentanze istituzionali.
  Grazie all'ANCI e all'UPI, oltre che alla Città metropolitana di Bologna, abbiamo costruito un percorso che definiva, da un lato, il metodo e, dall'altro, il merito.
  Sul metodo, tutte le forze sociali dell'Emilia-Romagna all'unanimità hanno indicato come migliore la soluzione che prescindesse da un voto referendario per presentare la richiesta al Governo dell'applicazione dell'articolo 116. Pag. 4
  Abbiamo fatto, però, un lavoro preparatorio, che ci ha consentito di arrivare, dopo il voto dell'assemblea legislativa, attraverso il lavoro nelle commissioni consiliari, il 3 ottobre scorso, ad un'approvazione a maggioranza, con il voto a favore di tutto il centrosinistra, l'astensione di Forza Italia e di una lista di sinistra, riferibile a «L'altra Europa con Tsipras», il voto contrario di Lega Nord e Fratelli d'Italia e la non partecipazione al voto del Movimento 5 Stelle.
  Siamo arrivati a quella discussione in assemblea legislativa con un lavoro preparatorio nelle commissioni consiliari e l'approvazione di un documento sulle richieste che avremmo fatto al Governo italiano, con il consenso e la partecipazione a tavoli di lavoro ad hoc di tutte le forze sociali dell'Emilia-Romagna.
  Quel lavoro ci ha consentito, due settimane dopo l'approvazione in assemblea legislativa, di sottoscrivere, nel caso della mia regione, con Paolo Gentiloni, in qualità di Presidente del Consiglio dei ministri del Governo italiano, un accordo per dare il via libera a un percorso, che fu definito «nell'interesse delle parti», che portasse alla trattativa vera e propria con il Governo.
  Quale lavoro avevamo messo in campo? Avevamo valutato che fosse giunto il momento in questo Paese, attraverso quanto, dal 2001, era intervenuto ed è entrato nella Costituzione italiana, ossia il comma terzo dell'articolo 116, di chiedere un'autonomia differenziata rispetto ad alcune o a tutte e ventitré le competenze previste dall'articolo 117.
  Abbiamo ritenuto, in una – lo ripeto – discussione ampia nel nostro territorio, che fosse giunto il momento di premiare le regioni che si considerano virtuose, come noi ci consideriamo in questo caso, e che riescono ad avere un bilancio con i conti in ordine, ma anche a fornire servizi di qualità ai cittadini o alle imprese del proprio territorio, quindi fosse giunto il momento in cui, in questo Paese, chi è virtuoso possa essere premiato.
  Ora, è chiaro che non stiamo parlando di quanto, al contrario, spesso erroneamente, si dice nel dibattito pubblico o, addirittura, qualche volta in quello parlamentare da parte di qualche esponente politico. Non si tratta, volgarmente, di avere più soldi da Roma, ma si tratta di trattenere in origine una parte delle risorse della fiscalità trasferita allo Stato centrale.
  Dal punto di vista delle competenze, abbiamo ritenuto che non ci fosse interesse da parte dell'Emilia-Romagna a chiedere tutte e ventitré le competenze, come legittimamente, per esempio, ha fatto la Lombardia e, penso, farà il Veneto, anche perché credo che sarà una valutazione che, in autonomia, potranno fare quelle regioni, così come noi abbiamo fatto una valutazione che ci ha portato alla definizione di dodici competenze, raggruppate in quattro macroaree, diventate poi cinque, più una sesta che adesso vorrei specificare.
  Dal momento che, in assemblea legislativa dell'Emilia-Romagna, avevamo preso l'impegno con la giunta di dare conto con regolarità dell'andamento della trattativa, abbiamo riferito che cos'era successo nel primo incontro formale, che si è tenuto la settimana scorsa, insieme al presidente della regione Lombardia, Maroni, con Gianclaudio Bressa, in qualità di Sottosegretario con delega agli affari regionali, a nome del Governo italiano. In quell'incontro formale, abbiamo deciso anche una vera e propria agenda serrata: domani ci sarà un primo incontro a Bologna nella sede della regione Emilia-Romagna tra le due regioni e il Governo e, martedì prossimo a Milano, nella sede della regione Lombardia, ci sarà un incontro tra le due regioni e il Governo. Inoltre, presumo che, intorno al 30 novembre, ci sarà un incontro a Roma.
  Ora, se ci pensate, in meno di due settimane ci saranno tre incontri tecnico-politici, cui interverranno gli amministratori e i dirigenti convocati, insieme alla delegazione del Governo.
  Ci è stata fatta una richiesta dal Governo italiano, condivisa sia da me sia dal presidente Maroni: scegliere cinque competenze a testa, differenti per trattazione, nell'incontro di domani a Bologna e in quello di Milano, laddove una delle due regioni (in questo caso, la nostra) non avesse Pag. 5chiesto la stessa competenza, in modo da confrontarci.
  Il motivo è che, l'altro ieri, nell'assemblea legislativa dell'Emilia-Romagna, hanno votato all'unanimità tutte le forze politiche, dunque anche quelle che non avevano partecipato al voto o avevano votato contro o si erano astenute. Tutte le forze politiche hanno votato all'unanimità la nostra proposta, condividendo la richiesta di rendicontazione e il coinvolgimento delle commissioni regionali competenti per rendicontare e confrontarsi.
  Abbiamo deciso insieme al presidente della Lombardia, con la condivisione del Governo italiano, di far partecipare, in rappresentanza dei territori, il presidente dell'ANCI o un suo delegato, il presidente dell'UPI o un suo delegato e il presidente delle due assemblee legislative o un suo delegato, per avere una composizione più rappresentativa al tavolo della trattativa, che coinvolga anche tutti gli enti locali o le istituzioni, che, in questo caso, sono quelle del complesso dell'assemblea legislativa.
  Abbiamo anche accettato, come avevo persino suggerito anch'io, che le dodici competenze richieste dall'Emilia-Romagna possano addirittura essere aumentate o corrette perché noi stessi, in un percorso già definito «inedito», abbiamo necessità e bisogno di comprendere, nella discussione in vista della trattativa, se non abbiamo tenuto in considerazione elementi che possano essere aggiunti.
  Da questo punto di vista, le macroaree indicate sono: tutela e sicurezza del lavoro, istruzione tecnica e professionale; internazionalizzazione delle imprese, ricerca scientifico-tecnologica e sostegno all'innovazione; territorio, rigenerazione urbana, ambiente e infrastrutture; tutela della salute.
  Abbiamo anche indicato una macroarea accessoria: competenze complementari e accessorie riferite alla governance istituzionale e al coordinamento della finanza pubblica nonché alla partecipazione, alla formazione e all'attuazione del diritto dell'Unione europea.
  Ne abbiamo aggiunta una quinta (o una sesta, a seconda dei punti di vista), proposta già il 3 ottobre nella prima discussione in aula che diede il via libera alla richiesta al Governo, dando il mandato al Presidente, su proposta di Forza Italia e Lega Nord, di aggiungere il tema dell'organizzazione della giustizia di pace.
  In quella discussione infatti, non avevamo considerato che quel tema potesse essere così rilevante, ma, successivamente, ci siamo resi conto che poteva essere un elemento importante, seppur da non considerare autonomamente.
  Con ciò voglio dire che abbiamo preferito un approccio «terra terra», ma anche umile, rispetto al fatto di valutare insieme quali possano essere per la regione Emilia-Romagna le condizioni utili in una trattativa.
  Lo dico perché è evidente che, nel caso delle dodici competenze organizzate in quelle cinque macroaree o macromaterie, più una complementare, riteniamo che non chiederemo alcune competenze, anche per una ragione molto banale, che ha a che fare con una coerenza sul referendum istituzionale del 4 dicembre dello scorso anno.
  Rispetto ad alcune materie, come le politiche energetiche o la promozione del turismo all'estero e via dicendo, che abbiamo trattato in occasione della campagna elettorale, riteniamo che sarebbe utile una maggiore centralizzazione nelle mani dello Stato e che l'interesse dello Stato non dovrebbe essere lasciato in capo a venti legislazioni diverse, anche se queste fossero coincidenti.
  Detto quanto attiene al dibattito pubblico e alla discussione legittima tra le parti, è evidente che, seppure non vi fosse stata una disputa, nella campagna elettorale referendaria o in relazione alle motivazioni diverse, che anche noi, a partire da me, abbiamo sostenuto, per le quali era meglio indire un referendum regionale o no, abbiamo ritenuto che non fosse utile spendere, in Emilia-Romagna, tra i 15 e i 20 milioni di euro di risorse pubbliche per un quesito, il cui esito era, a nostro parere, assolutamente scontato, e che, comunque, non era obbligatorio, per cambiare direzione.
  Legittimamente altri hanno fatto un altro percorso, ma, come avete sentito, non a Pag. 6caso, come ho ricordato, due settimana fa, la Lombardia si è seduta di fianco a noi (o noi di fianco alla Lombardia), nell'incontro con il Sottosegretario Bressa, in cui è stata definita un'agenda dei lavori.
  Devo ringraziare anche la sensibilità del Governo italiano perché avevamo chiesto (io e il presidente Maroni) se fosse possibile, anche se non era dovuto, venire nei nostri territori.
  Ciò non avrebbe cambiato né cambierà la storia di questa discussione nel merito, che dovrebbe rimanere lo stesso, sia nel caso di un incontro nei nostri territori o sia nel caso di un incontro a Roma o, addirittura, in Sicilia. Si tratta, però, di un'attenzione ai territori, ma anche di un riconoscimento a una discussione che c'è stata, con la partecipazione diretta al voto e con una partecipazione indiretta, attraverso le rappresentanze istituzionali o sociali.
  Da quel punto di vista, ci era stato chiesto dal presidente Maroni di attendere qualche settimana affinché loro possano fare ciò che noi avevamo già fatto, cioè il voto di una risoluzione in aula, cosa che credo adesso anche il Veneto si stia apprestando a fare o abbia già fatto.
  Non essendoci motivo di disputare su chi partiva prima, anche perché, per noi, l'importante è dove si arriva, abbiamo ritenuto fosse utile e giusto – forse, questo ci aiuta anche in una discussione reciproca – confrontarci nel merito delle singole competenze e di come queste si sviluppano.
  Avevamo indicato due paletti per poter fare una trattativa insieme ad altri.
  Il primo paletto è rappresentato dal fatto che non dovesse essere messa in discussione la sacralità dell'unità nazionale, non perché questa fosse stata messa in discussione da quesiti referendari, ma perché fosse chiaro un tema che per noi è molto importante: pur chiedendo un'autonomia differenziata, cosa che facciamo sul serio perché – dirò anche qualcosa sui tempi – vogliamo arrivare alla meta, riteniamo che il rapporto solidaristico tra le regioni più forti e quelle più deboli del Paese debba essere mantenuto, augurandoci che quelle più deboli possano diventare più forti a loro volta, il prima possibile.
  Dall'altra parte, c'è la necessità di sgombrare il campo del tavolo dal tema della autonomia speciale.
  Questo non vuol dire che non sia legittimo persino chiederla, ma vuol dire che la specialità non può essere chiesta a fronte di una discussione che riguarda tutt'altro argomento, né era oggetto del quesito referendario delle altre regioni, anche se ha comportato un dibattito pubblico, né era quello che noi intendevamo, anche perché, se si chiede l'autonomia speciale, si deve riconoscere che, in questo momento, non è prevista dalla Costituzione e che, quindi, per chiederla, bisogna prima cambiare la Costituzione medesima.
  Poste queste due premesse, tutto il resto è buono per una discussione che mi auguro sia la più robusta e cogente possibile.
  È evidente che si tratterà adesso di avviare una trattativa seria, che partirà, come mi auguro, senza dubbi, domani.
  Cominceremo con la discussione su cinque competenze, che attengono, in particolare, a: tutela dell'ambiente; commercio con l'estero, quindi, internazionalizzazione delle imprese, ma anche altre attività delle stesse; ricerca e formazione; tutela della salute, che è un tema abbastanza vasto, anche se stiamo parlando di realtà dove la sanità ha una qualità che, mi permetto di dire, senza timore di essere smentito, al di là delle appartenenze politiche, è molto robusta; ricerca e sviluppo.
  Dal momento che la Lombardia ha scelto, come vi dicevo, altre cinque competenze, a Roma, si tratterà di discutere su tutte le competenze indicate, indipendentemente da chi ne ha fatto richiesta.
  È chiaro – sto per concludere – che si tratta di dover affrontare adesso il tema delle risorse. Prima bisogna stabilire se e quali competenze possano essere accolte, nel senso che, come sapete benissimo, si tratta di chiedere allo Stato di trasferire alla regione che ne fa richiesta competenze attualmente gestite direttamente. Una volta che questo principio sia accolto, accettato e condiviso, si tratta di verificare i costi reali della gestione. Pag. 7
  In ultima analisi, non vivendo su Marte, crediamo sia complicato immaginare che un percorso di questo tipo, pur non mettendo limiti, come noi facciamo, alla provvidenza, si perfezioni con certezza di tempi, anzi la vedo un po’ più complicata, essendo previsto il voto a maggioranza assoluta dei componenti delle due Camere e anche perché immagino che non si possa arrivare direttamente in Aula, anche qualora si giungesse velocemente a un accordo tra Governo e regione o regioni, visto che ci sarà un dibattito che si dovrà svolgere anche in Commissioni come questa, per esempio.
  Al di là di quest'aspetto, se, prima della fine della legislatura, che comunque durerà ancora poche settimane o pochi mesi, si riuscisse a trovare un'intesa tra la regione o le regioni – adesso io parlo per la mia – con il Governo italiano, credo che sarebbe molto difficile per il futuro Parlamento, indipendentemente dalle maggioranze o dalle minoranze che in esso saranno rappresentate, non tener conto di un accordo come questo, che definirei, senza assegnargli un valore di positività o di negatività, storico.
  Ciò vorrebbe dire che, per la prima volta nella storia di questo Paese, nell'alveo della sua Costituzione, si sarebbe giunti ad un'intesa per concedere autonomia differenziata sulle materie richieste su cui sia stato trovato un accordo.
  Proveremo a mettercela tutta e il fatto stesso che tre appuntamenti istituzionali di confronto diretto si tengano già nei prossimi quindici giorni ha un valore molto importante e ci impegneremo – in questo non ho dubbi di rappresentare anche la volontà della regione Lombardia – non solo a fare il percorso insieme, ma anche a farlo il più speditamente possibile, sapendo – e concludo – che non stiamo parlando di una questione, che, come ho sempre detto, non è banale, anche perché inedita, e che non si può ridurre a slogan. Stiamo parlando di questioni molto serie, che hanno a che fare con questioni, come, solo per citarne alcune, il lavoro, l'istruzione, la sanità e la tutela del territorio, che hanno a che fare direttamente con la vita materiale delle persone, delle famiglie e delle imprese.
  Non so se ho creato più confusione che altro su ciò che stiamo cercando di fare, ma ho voluto provare a sintetizzare sia le ragioni che ci hanno portato a questo appuntamento sia il percorso che abbiamo deciso di delineare sia la cogenza delle richieste che faremo rispetto anche alle nostre aspettative.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Abbiamo ascoltato tre presidenti con tre approcci diversi. Come direbbe l'onorevole Marantelli con una citazione, «si marcia divisi per colpire uniti», in questo caso.
  Non so se può darci un'anticipazione o meno su quanto sto per chiederle.
  Era stato qui proposto – credo si trattasse del presidente Maroni – il coinvolgimento nei lavori, anche per la fase preparatoria, del Parlamento e, nel caso specifico, di questa Commissione. Mi sembra che, informalmente, il sottosegretario Bressa non avesse accolto questa proposta, almeno per gli incontri preparatori.
  Adesso non so se il presidente Bonaccini vuole sbilanciarsi o se dobbiamo aspettare il sottosegretario Bressa, ma può darsi che quest'ipotesi possa concretizzarsi.
  C'è una seconda questione. Come ribadito anche in precedenti audizioni, è chiaro che, nel momento in cui si identificano cinque, dieci o quindici o ventitré competenze, il trasferimento delle risorse umane e finanziarie fa riferimento a un dato storico consolidato di spese dello Stato ovvero al costo standard per esercitare quelle competenze.
  Naturalmente non si tratta di un processo semplice e questa Commissione conosce bene la difficoltà di definire, in un percorso mai finito, i costi standard per quanto riguarda i comuni e le province.
  Ecco, la domanda è: questa potrebbe essere l'ipotesi attorno alla quale trovare una soluzione con il Governo? Naturalmente, tale soluzione comporterà uno sforzo di tipo ricognitivo non indifferente, perché si dovrà poi esaminare il bilancio dello Stato voce per voce per fare un'operazione Pag. 8di disaggregazione e scomposizione non banale.
  A tale proposito, ricordo che abbiamo audito anche i rappresentanti della regione Sardegna, che, nel momento in cui stava affrontando questo tema, per esempio, ha adottato un approccio un po’ diffidente nei confronti dello Stato, affidandosi a una società specializzata di analisi e valutazione dei bilanci, in modo da verificare, come controparte, che quanto venisse proposto dal Governo fosse effettivamente corretto piuttosto che «artefatto», in senso buono.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ROGER DE MENECH. Ringrazio il presidente dell'Emilia-Romagna anche per la chiarezza sul metodo e sul merito della questione.
  Credo che, se in questi ultimi vent'anni avessimo messo al centro il cittadino e il servizio che dobbiamo rendere al cittadino, la questione del decentramento amministrativo e della capacità di adeguare le risorse ai servizi da rendere al cittadino sarebbe stata affrontata in maniera più serena, forse meno politica, ma più pratica.
  Mi è piaciuto molto il termine «umiltà», che ha usato il presidente, ma anche il termine «concretezza», perché credo che siamo a un passaggio storico della vita del nostro Paese e che definirlo in questo modo sia assolutamente legittimo. Passiamo da anni in cui abbiamo sbandierato ai quattro venti l'autonomia a una fase in cui concretamente tentiamo di avvicinare il cittadino alle istituzioni, o meglio, il servizio al proprio territorio e credo che questo sia l'approccio giusto.
  Passando a qualche sollecitazione del presidente Bonaccini, mi pare di capire che, al di là della richiesta di una, cinque, sette o ventitré competenze, la regione Emilia-Romagna abbia fatto un lavoro strategico e che, chiedendosi «dal punto di vista della nostra regione, che cosa si può fare per dare più servizi ai cittadini e alle imprese?», sia stata decisa la richiesta di autogoverno su alcune funzioni.
  Secondo me, questo è un primo punto fondamentale.
  Come sapete tutti, provengo da una zona in cui i referendum, non solo quelli per l'autonomia, ma anche quelli per il passaggio da una regione all'altra, stanno lacerando i nostri territori. Il referendum crea un'aspettativa spesso scollegata all'effettiva utilità dello strumento.
  Voglio essere più chiaro: al cittadino interessa che il servizio sia efficiente, abbia un giusto prezzo e sia efficace sul territorio. Nel suo approccio, l'Emilia-Romagna ha inteso dire: «su alcuni temi, abbiamo una visione strategica del futuro della nostra regione, per cui chiediamo allo Stato di lasciarci lavorare su questa visione strategica, avvicinando le risorse, il servizio e la funzione al cittadino».
  Questa è la filiera dietro alla quale, come mi pare di aver capito dalle parole del presidente Bonaccini, c'è una strategia per la crescita. Fra l'altro, ho letto i dati di crescita regionali dell'Emilia-Romagna, che lo dimostrano, a prescindere dall'applicazione dell'articolo 116, come credo possa confermare il presidente.
  Un'altra cosa che mi interessa, essendo anch'io veneto e di un territorio marginale del Veneto, è il fatto che l'Emilia-Romagna voglia decentrare da un punto di vista amministrativo l'esercizio delle competenze anche entro i propri confini. Lo dico anche da cittadino: non vorrei si sostituisse centralismo al centralismo, perché poco importa al cittadino che il centralismo venga applicato a Roma o, nel caso dell'Emilia-Romagna, a Bologna e, per quel che mi riguarda, Venezia.
  Lo dico perché il nostro Paese è – uso sempre questo termine – diverso e la diversità del nostro Paese ci dice che abbiamo bisogno di politiche mirate.
  Ci sono regioni autonome che fanno politiche per la montagna, come nel caso di Trento e Bolzano, dove, per questo, non esiste spopolamento, e ci sono altre regioni, sia ad autonomia ordinaria sia ad autonomia speciale, che non fanno politica per la montagna, per cui, in quei territori, si ha lo spopolamento. I dati ISTAT lo dicono in Pag. 9maniera più chiara di qualsiasi relazione politica e di qualsiasi discorso.
  Anche nell'applicazione dell'articolo 116 della Costituzione, la sfida vera è avvicinare i servizi al cittadino. In tal senso, lo Stato deve avere esattamente lo stesso approccio che ha avuto il Presidente Bonaccini oggi: da questa rivoluzione, possiamo creare servizi più efficienti e più efficaci, ma anche «efficientati».
  Quante volte lo abbiamo già detto, presidente, in questa Commissione? Affidando l'erogazione di un servizio a regioni virtuose, possiamo addirittura trarre un utile in termini di efficacia e di efficientamento del servizio stesso.
  Rispetto alle parole sacrosante sull'unità nazionale, ci può essere addirittura un beneficio per l'integrità del Paese e anche un aiuto delle regioni che sono più in difficoltà: se siamo più efficienti, ci saranno maggiori risorse per fare politiche di investimento, riducendo, magari, il costo di taluni servizi.
  Dopo le domande sull'aspetto strategico e sulle vostre intenzioni per decentrare all'interno dei confini regionali per attuare l'articolo 116 in maniera più puntuale, chiudo con una piccola provocazione: in maniera molto «laica», dovremmo affrontare il tema del decentramento a 360 gradi rispetto a tutte le regioni, anche quelle speciali, perché ci sono servizi e funzioni oggi gestiti in maniera straordinariamente efficiente da regioni e province autonome, ma ci sono servizi e funzioni che non vengono gestiti in maniera straordinariamente efficiente, anche da regioni che già hanno gradi di autonomia rafforzata. Lo dico perché questa è la verità.
  Si tratta di un altro aspetto della sfida, per cui, probabilmente, oggi è importante che la regione Emilia-Romagna, insieme alla Lombardia, provi a mettere nero su bianco un accordo.
  È chiaro che, per arrivare alla stesura e all'approvazione di una legge, ci vorrebbe quasi un miracolo, anche solo sotto profilo del tempo a disposizione rispetto alla fine della legislatura, ma credo che non considerare la straordinaria efficacia di un'intesa vera firmata con il Governo in questi tempi sia – sono d'accordo con le parole del presidente Bonaccini – un atto che vincolerà da un punto di vista politico qualunque altro Parlamento e qualunque altro Governo sarà alla guida del nostro Paese in futuro. Quindi, credo che accelerare su questa questione per cercare di ottenere i risultati, da qui alla fine della legislatura e con questo Governo, sia assolutamente importante.
  In tal senso, il presidente della nostra Commissione ha fatto bene, non tanto nel rivendicare presenze o posizionamenti, quanto nel manifestare la disponibilità a facilitare il più possibile questo percorso e raggiungere quel risultato concreto, di cui parlava il presidente Bonaccini.
  Grazie.

  STEFANO COLLINA. Anch'io ringrazio il presidente Bonaccini per essere venuto in Commissione a illustrare un percorso, che, peraltro, essendo dell'Emilia-Romagna, posso dire ha avuto sul territorio dei riflessi assolutamente positivi, soprattutto a livello delle istituzioni locali.
  La piccola riflessione che faccio è politica, perché i termini utilizzati spesso da tutti e l'enfasi cui abbiamo assistito relativamente allo svolgimento dei referendum nelle altre due regioni portano a fare un ragionamento più preciso. Non dobbiamo dimenticare che veniamo – argomento da lei sfiorato – da una legislatura che aveva l'ambizione di essere riformista sul piano delle Istituzioni e anche del rapporto tra Stato e regioni.
  Ora, comunemente si dice che passeranno vent'anni, prima che si metta mano a un processo di questo tipo. Credo che ciò sia riferito essenzialmente all'ipotesi del verificarsi di nuove condizioni politiche, cioè di un nuovo contesto capace di avere qualche possibilità di arrivare in fondo a un processo, che è sicuramente complesso e articolato e che, come abbiamo visto, non è scontato e banale, anzi, è spesso complicato, anche nell'essere spiegato ai cittadini.
  Questo, però, è un passaggio che, immediatamente dopo il referendum del 4 dicembre 2016, permette di riproporre un tema o almeno un aspetto di quel tema senza l'enfasi di una riforma grandiosa e Pag. 10articolata, e di riproporre la possibilità di mettere mano all'organizzazione dello Stato su un aspetto molto importante, che è il rapporto tra Stato e regioni.
  Certo, passeranno vent'anni, ma, già in un anno, una riflessione strategica su questo tema dovrà essere fatta, in realtà. Lei ha sfiorato il discorso, ricordando che un nesso di coerenza tra le richieste sulle competenze fatte dall'Emilia-Romagna e l'idea di rapporto tra Stato e regioni già era all'interno della riforma bocciata il 4 dicembre.
  A me sembra che questo aspetto sia interessante, per cui non deve essere taciuto, ma sviluppato. Bisogna chiedersi come questo passaggio possa ridisegnare il rapporto tra Stato e regioni, tra l'altro su iniziativa di tre regioni assolutamente importanti e decisive per l'Italia, quali l'Emilia-Romagna, la Lombardia e il Veneto, sotto tantissimi profili, da quello della popolazione e quello dello sviluppo economico, a quello dell'avanzamento dei rapporti con i cittadini, anche con modelli differenti.
  Il nostro regionalismo ha lasciato spazio allo svilupparsi di approcci differenti in materie importanti, che assorbono la maggior parte delle risorse dei bilanci regionali.
  Tra l'altro, considero questo passaggio molto complicato da fare, se, senza un disegno complessivo condiviso, si spezzettano competenze e risorse in modo differenziato, a seconda delle richieste delle regioni, anche perché lo Stato non può ricorrere al chirurgo per enuclearle. Le strutture hanno bisogno di funzionare, quindi deve essere assicurata efficienza. Inoltre, l'articolazione e la frammentazione delle competenze non generano risparmi, ma, al contrario, possono generare per lo Stato un aumento dei costi, quindi l'esigenza è quella di avere un disegno strategico, che concili tutte le esigenze.
  Da questo punto di vista, è molto importante l'approccio che l'Emilia-Romagna ha adottato e, se mi posso permettere un'ulteriore notazione, credo che l'approccio condiviso in parte con la Lombardia sia un fatto assolutamente importante, perché rende unitario per le regioni questo percorso.
  Auspico che anche il Veneto converga su una ragionata gestione unitaria di questo passaggio, perché lo ritengo capace di determinare un'impostazione che sarà difficile ribaltare nel futuro. Le scelte fatte definiscono gli indirizzi, quindi lo dico anche per caricare questa fase del percorso di ulteriori significati e responsabilità, che, grazie all'Emilia-Romagna e alle riflessioni che il presidente Bonaccini ci ha esposto oggi, si chiariscono anche a livello parlamentare.

  DANIELE MARANTELLI. Anch'io credo che abbiate fatto bene a promuovere un incontro fra i tre presidenti (Zaia, Maroni e Bonaccini) e a prevedere un incontro per la settimana prossima con il Governo, perché abbiamo a che fare con una materia estremamente complessa, ma anche interessante.
  È del tutto inutile, per non dire ozioso, a questo punto chiedersi, come ha fatto il presidente Bonaccini, che ringrazio, se era meglio una procedura o l'altra per arrivare al risultato.
  Oggi siamo qui e quello presentato questa mattina è un impianto comprensibile sia nel metodo sia nel merito: il coinvolgimento delle forze sociali e dei corpi intermedi è assolutamente indispensabile e necessario, se si vuole arrivare a un risultato. Lo dico anche perché la possibilità che il nostro Paese intercetti al meglio la ripresa economica in corso in Europa dipende molto dalle possibilità che Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto diventino un traino.
  Anche alla luce della relazione, mi pare di poter constatare che, tra le materie che si chiedono di attribuire alle regioni, quella della ricerca e quella dello sviluppo economico è stata rivendicata da tutte e tre.
  L'Emilia-Romagna e la Lombardia hanno deciso, in particolare, di rimanere nel pieno rispetto dell'articolo 116 della Costituzione. Allora, per non deludere il presidente Giorgetti, mi permetterei di fare una citazione anche stamattina: «non importa quale sia il colore dei gatti, ma l'importante è che si catturino i topi».
  Richiamo questa cultura politica, che credo sia in parte comune al presidente Bonaccini, per dire che l'obiettivo raggiungibile Pag. 11 in questo momento è quello di una modernizzazione dello Stato, in modo da migliorare il rapporto istituzioni-cittadino, che vediamo essere gravemente lacerato.
  Ho già esposto questa riflessione al presidente Maroni, ma la espongo anche al presidente Bonaccini: a distanza di, rispettivamente, ventiquattro e ventitré anni dall'elezione diretta dei sindaci e dei presidenti delle regioni, che cosa sono diventate nel frattempo le assemblee elettive?
  Mi riferisco ai consigli comunali e ai consigli regionali. Non essendo quella di deputato la prima carica da me ricoperta, ma avendo fatto anche il consigliere regionale e quello comunale, mi permetto di porre questa questione, anche perché, se ho capito bene, i lavori svolti dall'assemblea legislativa della regione ci stanno dimostrando come un confronto possa modificare le posizioni. Anche su questa materia, l'Emilia-Romagna inizia il percorso in un modo, con un certo tipo di consenso, e lo finisce in un altro modo, se ho capito bene che cosa è stato votato due giorni fa.
  Penso che, se questa riflessione radicale viene esposta anche nel confronto con il Governo, non si tratti di una velleità astratta, ma di un tema che mi sembra estremamente concreto: il modo in cui le assemblee elettive partecipano a questo sforzo di migliorare il rapporto istituzioni-cittadini.
  È del tutto evidente che c'è un tema centrale, che non potrà essere eluso nei prossimi giorni. Si tratta dell'intreccio tra competenze e risorse.
  In questo caso, il presidente Bonaccini è stato molto chiaro. Io ho apprezzato anche l'approccio flessibile, per il quale lui ha usato il termine «umiltà». In effetti, la volontà di aggiungere alle competenze che l'Emilia-Romagna immaginava di voler chiedere anche quella sui giudici di pace mi pare corrisponda in pieno a un atteggiamento realista e umile.
  Lascio la domanda principale alla fine, per dire, invece, che, dopo i primi tre incontri, che costituiscono indiscutibilmente un elemento di novità, anche perché la possibilità di fare il primo incontro a Bologna e il secondo a Milano è comunque un elemento di novità, che testimonia anche la sensibilità del Governo, credo che probabilmente sia interesse nostro fare un primo bilancio.
  Lo dico perché questa Commissione ha la possibilità di fornire moltissimi dati. Per esempio, noi sappiamo quali sono i costi degli stent in Emilia-Romagna, in Veneto o in Calabria.
  Tuttavia, c'è un tema – ecco, la domanda finale – per il quale personalmente sono molto interessato a capire che cosa succederà, dopo i primi tre incontri. Mi riferisco ai LEP, cioè ai Livelli essenziali delle prestazioni. Su questo tema, le conoscenze di cui disponiamo probabilmente non sono del tutto adeguate, almeno per quel che mi riguarda.
  Ecco, la domanda è: in questo confronto, come intende agire l'Emilia-Romagna su tale tema? Lo chiedo perché, anche se è chiaro che si tratta di una sfida molto complessa, questa dovrebbe essere sottratta alla polemica politica. Quindi, mi auguro davvero che i tempi per arrivare a un confronto decisivo siano brevi. Non so se tale confronto sarà conclusivo e condiviso da regioni e Governo, ma, certamente, i ritmi che vi siete dati sono incoraggianti.
  Non voglio ricorrere a paroloni perché non amo particolarmente l'enfasi, però è evidente che, come diceva anche il collega De Menech, vincere questa sfida avrebbe un valore storico. Nessuno di noi è così illuso da immaginare che possa essere adottato questo provvedimento definitivamente, cioè con una legge approvata dello Stato, ma possiamo dire che l'accordo regioni-Governo è un obiettivo alla nostra portata.
  Per quanto ci riguarda e per quanto permetterà il tempo che abbiamo di fronte fino alla fine della legislatura, penso che siamo interessati a conoscere il lavoro che state facendo, anche perché c'era l'ambizione di concludere questo lavoro con un minimo di bilancio dell'attività compiuta. Il confronto tra regioni e Governo ha un'importanza decisiva per fare un bilancio anche del lavoro che abbiamo cercato di fare in questi anni con questa Commissione.
  Grazie ancora, presidente Bonaccini.

  PRESIDENTE. Grazie. Pag. 12
  Non essendoci altre domande da parte dei commissari, do la parola al presidente Bonaccini per la replica.

  STEFANO BONACCINI, Presidente della Regione Emilia-Romagna. Provo a essere molto breve, anche perché, a proposito di Istituzioni e di Conferenze, devo partecipare alla Conferenza delle regioni e delle province autonome.
  La prima questione riguarda – intanto vi ringrazio per le valutazioni – il tema del coinvolgimento della Commissione competente. Non abbiamo ragionato, rispetto alla composizione, sulla presenza delle istituzioni del territorio o dell'assemblea legislativa.
  Per quanto mi riguarda, nulla osta alla volontà di un rappresentante o di una rappresentanza della Commissione a partecipare. Questa questione può essere posta ancora meglio al Sottosegretario Bressa, che, se ho capito bene, verrà la prossima settimana in audizione, ma, per quanto mi riguarda, non c'è nulla che possa ostare a tale partecipazione, che può persino arricchire la discussione che stiamo facendo.
  Dal punto di vista delle risorse, vi dico la verità: sono curioso anch'io di vedere come sarà articolata la discussione, perché non si tratterà di una discussione banale.
  L'ho detto io, ma, come risulta dalle vostre domande e dalle vostre riflessioni, lo stiamo dicendo insieme. Peraltro, se ho capito bene le considerazioni dell'onorevole Giorgetti, credo sarebbe doveroso affrontare, in questo Paese, non da oggi, ma da tempo, un ragionamento più complessivo sui costi standard, a partire dalla sanità.
  Ciò ci premierebbe evitando un dibattito, che, a volte, rischia di essere anche poco produttivo, perché ognuno vede la questione dal proprio punto di vista e può avere persino ragione a farlo. Quindi, se non si hanno strumenti oggettivi per misurare le grandezze in discussione, si fa fatica a ottenere un risultato.
  Sulla sanità, per esempio, è stata sollevata in questo momento una questione. A proposito di Conferenza delle regioni e delle province autonome, abbiamo posto la questione anche noi, con emendamenti da proporre al Governo perché incrementi il Fondo sanitario nazionale. Quindi, ci auguriamo che arrivi qualche risorsa in più di quelle previste.
  Tuttavia, ho sempre sostenuto che sia necessario porre l'attenzione anche sul tema degli sprechi, quindi della capacità di dimostrare di saper spendere bene le risorse pubbliche, che sono di tutti i cittadini e che, in una regione piuttosto che in un'altra, si utilizzano. Ecco perché quello dell'efficientamento non è un tema banale.
  Nel quadro del confronto complessivo, mi auguro che questo dibattito, che domani cominceremo dal punto di vista anche tecnico, possa entrare nel merito specifico delle singole competenze.
  È evidente che non potrebbe esserci applicazione di autonomia differenziata, se le risorse che servono per gestire quelle competenze vengono trasferite dallo Stato alle regioni per un ammontare insufficiente. Lo dico perché, altrimenti, ci prenderemmo in giro.
  È altrettanto evidente che non basta dire «più risorse per me», anche perché avremmo chiesto tutte le ventitré competenze, se questa fosse la condicio sine qua non, in modo da avere più soldi. Il problema è capire che cosa ne farà chi debba gestirle.
  Secondo me, il dibattito che stiamo facendo a proposito di quello che succederà in futuro potrebbe aprire una pagina davvero nuova. Tale discussione ci porterebbe, a mio parere, anche oltre la singola – per quanto definita – storica valutazione rispetto a qualcosa che mai nessuno ha ottenuto in questo Paese. Per la prima volta, attraverso il terzo comma dell'articolo 116, introdotto nella Costituzione nel 2001, è possibile persino aprire una discussione sul tema del futuro regionalismo.
  Credo che questo tema – lo dico da Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome – dovrebbe essere affrontato in futuro, sia sul fronte della specialità sia sul fronte dell'ordinarietà dell'autonomia delle altre singole regioni.
  C'è già stata una discussione in merito e ricordo che sono state presentate anche alcune proposte di legge riguardanti eventuali Pag. 13 accorpamenti o smembramenti delle regioni.
  Ecco, senza entrare oggi nel merito, visto che non c'è abbastanza tempo e si rischierebbe di essere banali e superficiali, credo debba esserci una riflessione futura su tale tema. Penso che, se si riuscisse a stipulare una sorta di intesa sulla richiesta di autonomia differenziata, tra una regione o più regioni e il futuro Governo, inevitabilmente si potrebbe aprire una discussione più generale nel rapporto tra regioni e Paese.
  Vengo alla richiesta dell'onorevole De Menech sulla necessità di evitare un rischio realmente esistente, per cui, da un centralismo nazionale, si possa produrre un centralismo regionale.
  Questo magari è un problema sentito ancora di più nelle regioni particolarmente grandi o popolose, quali sono le nostre. La Lombardia è addirittura più del doppio dell'Emilia-Romagna, ma l'Emilia-Romagna è la quinta o la sesta regione per popolazione nel Paese.
  Come sapete, nell'ordinamento italiano c'è una legge sulle unioni e sulle fusioni di comuni, definita una tra le più avanzate, se non la più avanzata in materia.
  Nella nostra regione quasi una trentina di comuni si sono già fusi, sulla base di tale legge, e potrebbero tenersi ulteriori referendum. Uno è appena stato celebrato nel piacentino e tre piccoli comuni si sono fusi, quindi diventeranno un altro comune unico, con il voto nella prossima primavera, ma, in ogni caso, ci sono anche altre ipotesi di fusioni.
  Ci sono stati referendum con esito positivo, mentre altri hanno avuto un esito negativo. Comunque, tenete conto che, dopo questa fusione, da 333 comuni, ci saranno 331 comuni in Emilia-Romagna su una popolazione di 4 milioni e mezzo di abitanti, quindi non ci sono tantissimi comuni. C'è solo un comune sotto i 100 abitanti e ci saranno, dopo questa fusione, solo sedici comuni sotto i 1.000 abitanti.
  Il fatto che circa 30 comuni (quasi il 10 per cento) siano arrivati a una fusione dà l'idea che si tratta di un percorso non banale. Credo che il Trentino-Alto Adige sia tra le regioni che meglio sono riuscite a fare questo percorso. Peraltro, con un referendum che chiede ai cittadini che cosa preferiscano, il Trentino-Alto Adige riconosce loro la potestà di decidere se seguire le indicazioni delle istituzioni.
  Dall'altra parte, la percentuale dei comuni accorpati in una unione di comuni è tra l'80 e il 90 per cento. Alcune funzionano bene e altre meno bene, perché c'è chi ha fatto la gestione associata dei servizi, il che ha un senso, e c'è chi non lo ha fatto, il che ha un altro senso perché, fatta la cornice, non si mette il contenuto.
  Stiamo lavorando insieme ai territori a un aggiornamento della legislazione perché capiamo che vi può essere una stagione nuova, rispetto al tema della premialità. Così come la stiamo chiedendo per le regioni virtuose, la premialità deve essere considerata anche con riferimento ai territori virtuosi, senza voler obbligare nessuno a fare una scelta, ma, mettendo chi la vuole fare in condizione di poter avere un valore aggiunto in termini di risorse, ovvero, di risparmio e di efficienza.
  D'altra parte, la disciplina delle fusioni prevede, per una serie di anni, l'esclusione dal patto di stabilità o il riconoscimento di premialità, e via dicendo.
  Nella nostra regione, avevamo immaginato di poter arrivare, per esempio, alla costituzione delle cosiddette «aree vaste», se il referendum del 4 dicembre avesse dato un esito positivo.
  In quel caso, l'abrogazione della disposizione costituzionale delle province, avrebbe consentito, a nostro avviso, di individuare nel rapporto tra regione e singoli comuni un ulteriore livello, che non corrispondesse a un ente di primo grado, ma che comportasse politiche territoriali a più ampio raggio rispetto a quelle in capo al singolo comune, nel rapporto con la regione.
  Esistendo ancora le province quali enti di secondo livello, visto che bisogna prendere atto della volontà espressa dal popolo italiano, non potremmo più prendere in considerazione l'idea di istituire le aree vaste perché rischieremmo di introdurre addirittura un quarto livello, avendo già un ente di secondo livello insieme agli altri. Pag. 14
  Ci piacerebbe ragionare sulla possibilità di accorpare le province, se queste lo volessero. Non so se questa strada sia percorribile o meno, ma, come per la fusione dei comuni, stiamo facendo una valutazione sulla possibilità di costituire un ente di una tale dimensione.
  La discussione è ancora – lo ripeto – tutta da fare, perché stiamo ancora provando trovare l'approccio giusto, ma lo dico perché, secondo noi, si deve evitare un neocentralismo regionale. Abbiamo bisogno, invece, di maggiore equilibrio nel rapporto tra le decisioni di Governo e la loro conseguente attuazione nel territorio.
  Certo, c'è il tema di un'impostazione strategica che noi abbiamo voluto dare al percorso. Non abbiamo valutato la possibilità di chiedere più risorse, preferendo quella di trattenere una parte di risorse, scelta che, tra l'altro, consentirebbe un risparmio per lo Stato. In tale impostazione strategica, l'autonomia significa anche poter decidere in che modo gestire le risorse.
  Siamo convinti che potremmo spendere bene le risorse, per come siamo abituati a gestire il rapporto con il territorio. La mia è, se volete, anche una valutazione presuntuosa, ma che, in ogni caso, presuppone una responsabilità in più rispetto ai cittadini.
  Non si può scaricare, come ognuno di noi fa a volte, la responsabilità su qualcuno lontano. A quel punto, chi ha la responsabilità, deve dimostrare di sapere fare. È come se attribuissimo alla regione la colpa di una cattiva gestione degli asili nido in un comune, come quelli pubblici o anche privati, in un rapporto di convenzione o di accreditamento allo Stato, gestione che, tuttavia, non è riconducibile a una competenza esercitata dalla regione in forma diretta, o la responsabilità di una cattiva gestione della sanità pubblica, materia nella quale alla regione, per molte cose, interviene direttamente.
  C'è un concetto che ho già espresso nella discussione in occasione della campagna per il referendum. Ci sono state delle dispute, perché ci siamo confrontati da posizioni diverse per cercare di giustificare, come è giusto fare in una campagna elettorale, il fatto di voler tenere i referendum, nelle regioni in cui i referendum ci sono stati, o, dall'altra parte, per spiegare il motivo per cui non si è voluto fare il referendum. Si cerca di provare a mettere in campo le migliori argomentazioni per convincere le persone della bontà del proprio ragionamento.
  La nostra regione, da tre anni, cresce più di tutte. Addirittura, l'anno scorso, i dati avevano certificato una crescita dell'1,4 per cento ma pare che, addirittura, sulla base delle revisioni, il tasso di crescita sia stato dell'1,9 per cento. Tra poco, saranno pubblicati anche i dati definitivi, per i quali, come sapete, ci vuole un po’ di tempo.
  Ora, non mi interessa se questo valore è di 1,4 per cento o di 1,9 per cento, considerato che, anche quando ci avevano attribuito un tasso di crescita dell'1,4 per cento, eravamo tra quelli che crescevano di più.
  Siamo primi per tasso di attività e, per la prima volta, lo scorso anno abbiamo superato tutti sull’export per capita. La disoccupazione era al 9 per cento nel marzo 2015 e credo che, alla fine dell'anno, saremo attorno al 6 per cento, visto che a giugno 2017 eravamo al 6,4 per cento.
  Le previsioni ci dicono che, nel 2020, realizzeremo quanto avevamo ambiziosamente descritto nel Patto per il lavoro firmato con tutte le parti sociali. Addirittura il Papa è venuto in piazza Maggiore a Bologna a dire che «quel metodo è il più utile per la coesione sociale», sorprendentemente. Le previsioni ci dicono che nel 2020 il tasso di disoccupazione potrebbe scendere fino a un valore tra il 4 e il 5 per cento, come ambiziosamente avevamo detto al momento del nostro insediamento.
  Al di là di uno 0,3 per cento in più o in meno e al di là del fatto che, rispetto al terrorismo internazionale o alla frenata all'economia globale, non possiamo essere tra le regioni migliori al mondo, anche perché, con ciò, non ci faremmo granché, è vero che ci siamo incanalati in un percorso rispetto al quale l'idea è quella di garantire alle persone che vogliano lavorare la possibilità di trovare un lavoro, cioè di ricreare sostanzialmente la piena e buona occupazione, Pag. 15 che è la politica con cui l'Emilia-Romagna ha affrontato il dopoguerra, quando si era triplicata la disoccupazione ed erano raddoppiati i poveri in povertà assoluta. Abbiamo affrontato quella situazione usando, per la prima volta, un reddito di solidarietà affiancato a un provvedimento nazionale di pari importo.
  Crediamo che questo sia un obiettivo possibile e che questo potrebbe essere raggiunto indipendentemente dal tema dell'autonomia. Siamo convinti però che, con l'autonomia differenziata, possiamo crescere ancora più robustamente. Inoltre, se cresce di più l'Emilia-Romagna, crescerà di più anche l'Italia, considerando che, come sapete e mi avete sentito dire nella polemica anche pubblica, sono contro la secessione fiscale mascherata da richieste di autonomismo. Lo dico perché, se si chiede di trattenere tutte le tasse, a casa mia quella si chiama «secessione fiscale», cosa mette a rischio l'unità del Paese.
  Siamo contro la richiesta di uno statuto speciale, non perché tale richiesta non sia legittima, ma perché è incostituzionale, ma noi non l'avremmo chiesta a prescindere.
  Penso che la crescita dell'Emilia-Romagna aiuti a far crescere di più anche in Italia, per le ragioni che avete descritto.
  In questo quadro solidaristico nazionale, tra aree più forti e aree meno forti, pensiamo di avere tutte le condizioni per poter erogare ai nostri cittadini i servizi, affinché questi possano continuare a funzionare o, magari, addirittura migliorare, laddove non siamo ancora così capaci ed efficienti, dentro un quadro equilibrato, che permetta – lo ripeto – di fare un dibattito sulle risorse, spogliato dagli slogan e molto cogente.
  Ecco perché dicevo, c'è la disponibilità nostra anche a valutare e a rivedere in questa discussione se aggiunger la richiesta di ulteriori competenze o se ridurne il numero. Mi pare di averla colta persino dalla regione Lombardia, anche perché nessuno di noi «nasce imparato» e stiamo parlando di una vicenda nella quale non vi è nessuna esperienza pregressa e la discussione va valutata minuto per minuto.
  Parto dopodomani per una missione istituzionale in Cina, dove porterò la citazione di Marantelli e sicuramente avranno piacere di sentirla.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente Bonaccini per il suo intervento e per la documentazione consegnata, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.10.