XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 128 di Mercoledì 11 ottobre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione del sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Pier Paolo Baretta, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto ministeriale recante approvazione della stima delle capacità fiscali per singolo comune delle regioni a statuto ordinario e della nota metodologica relativa alla procedura di calcolo, di cui all'articolo 1, comma 380-quater, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (atto n. 438) (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento della Camera dei deputati) :
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 
Baretta Pier Paolo (PD) , Sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze ... 3 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 8 
Paglia Giovanni (SI-SEL-POS)  ... 8 
Zanoni Magda Angela  ... 9 
De Menech Roger (PD)  ... 10 
Marantelli Daniele (PD)  ... 11 
Fornaro Federico  ... 11 
Gibiino Vincenzo  ... 12 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 12 
Gibiino Vincenzo  ... 12 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 12 
Baretta Pier Paolo (PD) , Sottosegretario di Stato all'Economia e alle finanze ... 12 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 14 

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal Sottosegretario di Stato all'Economia e alle finanze, Pier Paolo Baretta ... 15

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante trasmissione diretta attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e diretta streaming sperimentale sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Pier Paolo Baretta, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto ministeriale recante approvazione della stima delle capacità fiscali per singolo comune delle regioni a statuto ordinario e della nota metodologica relativa alla procedura di calcolo, di cui all'articolo 1, comma 380-quater, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (atto n. 438).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera, del Sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze, onorevole Pier Paolo Baretta, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto ministeriale recante approvazione della stima delle capacità fiscali per singolo comune delle regioni a statuto ordinario e della nota metodologica relativa alla procedura di calcolo, di cui all'articolo 1, comma 380-quater, della legge n. 228 del 24 dicembre 2012 (atto n. 438).
  Il sottosegretario è accompagnato da una delegazione, tra cui dei collaboratori storicamente consolidati, che saluto.
  Nel ringraziarlo per la disponibilità dimostrata, cedo quindi la parola al Sottosegretario Pier Paolo Baretta.

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato all'economia e alle finanze. Presidente e colleghi parlamentari, innanzitutto vi ringrazio dell'invito e mi scuso se ho chiesto qualche giorno fa di rinviare l'audizione, ma ho ritenuto opportuno effettuare qualche approfondimento alla luce dell'interessante discussione che si è sviluppata in questa Commissione sul tema in questione.
  Poiché credo che questa sia l'ultima delle audizioni, penso che il mio compito non sia quello di illustrare, se non per i tratti essenziali utili al mio ragionamento, quanto abbiamo elaborato, che peraltro è stato con competenza esaminato nelle sedute precedenti, bensì quello di interagire con la vostra discussione, in particolare con le osservazioni critiche che sono emerse.
  Come sapete, dal 2015 per i comuni delle regioni a statuto ordinario il riparto di una quota del Fondo di solidarietà comunale avviene con finalità perequative, in base alla differenza tra fabbisogni standard e capacità fiscale. Ciò comporta il superamento graduale del criterio di allocazione delle risorse basata sulla spesa storica e un progressivo incremento dell'applicazione del meccanismo perequativo.
  A tal fine, sulla base di indicazioni della legge di bilancio 2017, il Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia ha effettuato per l'anno 2018 una revisione della metodologia utilizzata negli anni precedenti per la stima della capacità fiscale dei comuni delle regioni a statuto ordinario, che era rimasta negli ultimi tre anni sostanzialmente immutata, se si escludono modifiche di minor rilievo. Pag. 4
  La previsione della stima conseguente a questa nuova metodologia, come è stato detto anche dal presidente, sarà adottata con decreto ministeriale, previo il parere.
  La revisione e l'aggiornamento della stima della capacità fiscale assume in questo frangente un particolare rilievo, se si considera che nell'anno 2018 la quota del fondo da ripartire secondo i criteri perequativi aumenta al 55 per cento rispetto al 40 per cento del 2017, per arrivare al 100 per cento nel 2021.
  Per questo motivo è stato necessario elaborare una stima il più possibile aggiornata ed effettuare importanti affinamenti metodologici, in considerazione anche degli effetti distributivi tra gli enti locali legati al nuovo meccanismo di distribuzione delle risorse.
  La capacità fiscale dei comuni delle regioni a statuto ordinario è valutata complessivamente in 25,2 miliardi di euro nel 2018, con una riduzione di 3,4 miliardi rispetto al 2017, conseguente anche alle modifiche tecnologiche e all'aggiornamento della base dati utilizzata per la precedente stima.
  Il gettito IMU, pari al 40 per cento del totale (47 per cento se si considera il complesso dei tributi immobiliari IMU-TASI) rappresenta la componente di maggior rilievo. L'altra componente rilevante è quella relativa al servizio smaltimento rifiuti, che incide per il 25 per cento del totale, anche se il gettito relativo, che registra una flessione di circa 800 milioni di euro, non si riflette sulla perequazione delle risorse del Fondo di solidarietà comunale. Infatti, le entrate relative a questa componente sono destinate integralmente alla copertura del costo del servizio e non può essere esercitata una manovrabilità o uno sforzo fiscale da parte dell'ente. Ho allegato una tabella, che poi verrà distribuita col testo.
  Come già illustrato dal direttore generale del Dipartimento delle finanze, la professoressa Fabrizia Lapecorella, nel corso della sua audizione del 13 settembre scorso presso questa Commissione e successivamente dal consigliere Luigi Marattin, le principali novità della nuova stima della capacità fiscale hanno riguardato sotto il profilo metodologico l'IMU, la TASI, nonché la capacità fiscale residuale.
  L'aggiornamento della capacità fiscale relativa ai due tributi immobiliari locali IMU e TASI ha confermato la scelta di standardizzazione in base ai dati di gettito effettivi e non in base ai dati catastali.
  Rispetto alla precedente stima, le principali revisioni riguardano in primo luogo l'aggiornamento all'anno 2015 sulla base dei dati di gettito effettivo in luogo della precedente base dati riferita al 2012. Si è tenuto conto nel passaggio dal 2012 al 2015 che il gettito standard del tributo, depurato dalla manovrabilità al rialzo e al ribasso di aliquote e detrazioni deliberate dai singoli comuni, si è ridotto negli anni più recenti, come risulta dall'andamento dei versamenti IMU. Sono stati, inoltre, valutati in misura maggiormente puntuale gli effetti relativi a specifiche agevolazioni IMU introdotte dopo il 2012.
  Un'altra revisione ha riguardato la standardizzazione del gettito effettivo, depurandolo dalle variazioni di aliquote deliberate da ciascun ente mediante specifiche elaborazioni per ciascuna macro-categoria di immobili, con un ulteriore affinamento della stima.
  Il passaggio dei dati dal gettito 2012 al gettito 2015, che incorpora diverse regole di versamento, ha reso dunque necessaria la scelta e l'applicazione di criteri di standardizzazione diversi da quelli precedentemente utilizzati. Tali nuovi criteri sono puntualmente indicati nella nota metodologica allegata allo schema di decreto ministeriale.
  Le novità metodologiche sopra riportate e la riduzione dell'effettivo IMU nel corso degli anni spiegano la differenza negativa di circa un miliardo di euro del gettito IMU ad aliquota di base rispetto all'analogo dato incluso nella capacità fiscale 2017.
  La capacità fiscale residuale, ottenuta mediante una stima econometrica, riguarda tutte le entrate minori, a eccezione di quelle necessarie al finanziamento del costo del servizio di gestione e smaltimento rifiuti.
  La stima della capacità fiscale residuale si riduce di 1,6 miliardi di euro nel 2018 rispetto alle stime precedenti, passando da Pag. 5circa 5,6 miliardi di euro stimati per il 2015 a un valore di circa 4 miliardi di euro per il 2018, che corrisponde a una capacità fiscale residuale pro capite di circa 78 euro per abitante. Tale riduzione è dovuta in primo luogo alla modifica di alcuni criteri di stima adottati.
  Sono state inoltre escluse dalla variabile indipendente del modello di stima alcune entrate residuali, tra cui le tariffe del servizio idrico integrato, del trasporto pubblico locale e soprattutto le categorie indicate in bilancio come «altre imposte» o «altre tasse».
  A fronte di questa impostazione, sono emersi nella discussione della Commissione apprezzamenti per la scelta di aggiornare la metodologia, di adottare il 2015 come anno di riferimento e di mantenere la rotta che ci porterà al 2021.
  Sono anche emerse delle criticità che non sottovaluto e alle quali è doveroso rispondere. Quella politicamente più rilevante è stata posta da ANCI, con richiesta di sospendere il meccanismo.
  Comprendo che nelle parole del sindaco Castelli non c'era altro che la volontà di fare meglio e non quella di invertire la rotta. Sinceramente, però, non ce la sentiamo di dare un messaggio di questo tipo ai tanti enti locali che semmai lamentano un eccesso di gradualismo, tanto più che i comuni maggiormente convinti del passaggio rapido ai fabbisogni sono quelli più virtuosi, che sono tuttora chiamati a farsi carico della solidarietà in misura rilevante e che attendono la liberazione definitiva dal patto di stabilità interno e l'adozione al 100 per cento dei fabbisogni prevista – lo ricordo – per il 2021.
  Si collega a questa riflessione quella più strategica posta dal collega Marantelli, per certi versi contenuta in alcune osservazioni del presidente Giorgetti. Mi riferisco alla critica generale, non tanto a questo o a quell'aspetto tecnico delle scelte in corso, quanto alla tenuta complessiva del federalismo e del rapporto tra lo Stato centrale e il sistema delle autonomie.
  In riferimento a quest'ultimo aspetto, è necessario contestualizzare la discussione. È infatti del tutto evidente che l'esito del referendum del dicembre 2016 ha lasciato incompiuto il disegno di architettura istituzionale, sia per chi ha sostenuto le ragioni referendarie sia per chi le ha ostacolate.
  Non è in discussione ovviamente il segno della volontà popolare che il voto ha espresso, ma è altrettanto evidente che c'è bisogno di riprendere il filo di un equilibrio oggi precario, almeno dal punto di vista dei bilanci ma non solo, tra città metropolitane, province e comuni. Di questa incertezza istituzionale risentono le scelte che compiamo.
  Peraltro, la scelta, politicamente opportuna, di bloccare già da due anni la dinamica impositiva sia a livello nazionale che territoriale ha azzerato lo spazio di manovra degli enti locali e ha lasciato in sospeso la riforma della tassazione locale (ad esempio, la local tax o la tassa di soggiorno).
  Dobbiamo riconoscere, dunque, i problemi che abbiamo incontrato e i ritardi che abbiamo accumulato nella realizzazione di un vero sistema federale, ma è bene riaffermare anche in questa sede che il Governo è intenzionato a rilanciarlo anche in questo scorcio di legislatura. È questo il senso del negoziato aperto con la regione Emilia-Romagna e offerto alle regioni Lombardia e Veneto.
  Consideriamo poi che da alcuni anni il Governo sta, con fatica ma convintamente, arginando prima, riducendo poi e annullando ormai il peso del contributo richiesto alle autonomie locali per il sostegno alla finanza pubblica scaturito nella situazione di pre-default nella quale si è trovato il Paese nel 2011. Il presidente Giorgetti e molti di noi ben ricorderanno la manovra finanziaria del Governo Monti.
  Lo abbiamo fatto, non soltanto con interventi di sostegno finanziario, ma con importanti interventi normativi, che rappresentano una vera e propria svolta nell'approccio che si è andato consolidando. Penso al definitivo superamento del patto di stabilità interno, all'adozione totale dei fabbisogni, agli incentivi ad accorpamenti e fusioni, all'assestamento delle nuove province e al decollo, sia pur faticoso, delle città metropolitane. Pag. 6
  Considero l'insieme di questi snodi, con le difficoltà e le contraddizioni di cui abbiamo parlato, che vanno affrontate, un terreno fertile per provare seriamente a dare un nuovo slancio al modello federale.
  Nell'ambito di nostra competenza, in questa sede, possiamo contribuire a questa esigenza più generale di riordino completando da qui al 2021 il percorso di riorganizzazione delle questioni fiscali di cui anche oggi stiamo discutendo. In tal senso, dobbiamo assumere un approccio dinamico di aggiustamenti progressivi, che rispondano alla teoria ma siano dettati dall'esperienza, senza ritardi o deviazioni del percorso.
  In questa ottica resta fondamentale il rapporto con ANCI, ormai comprensivo dell'UPI, che inizia oggi la propria assemblea annuale delle regioni, alla quale ovviamente auguriamo anche da questa sede un sincero augurio di buon lavoro.
  Peraltro, come è stato opportunamente rilevato dall'onorevole Paglia, le conferenze unificate Stato-regioni e Stato-città possono essere il terreno di questa rinnovata condivisione strategica. Anche per questo è assolutamente importante la proposta, lanciata dalla senatrice Zanoni e ripresa da altri, di un serio ed efficace piano di comunicazione, sensibilizzazione e coinvolgimento.
  Sono state poi prospettate dall'Ufficio parlamentare di bilancio alcune osservazioni critiche che, per il contenuto e l'autorevolezza di chi le ha manifestate, rendono doverosa e necessaria una risposta di merito puntuale.
  In particolare, l'Ufficio evidenzia che le variazioni nei livelli della capacità fiscale dei vari comuni introdotte dalle modifiche metodologiche adottate comportano due effetti che si cumulano. Il primo effetto è dato dalla riduzione della capacità fiscale totale delle regioni a statuto ordinario, che accentuerebbe gli squilibri tra penalizzati e avvantaggiati.
  Nel 2017 l'ammontare delle risorse considerate ai fini della perequazione orizzontale tra i comuni risultava pari a 5.726 milioni di euro. Tale importo si ottiene considerando la capacità fiscale totale, che nel 2017 è di 28.629 milioni, al limite della capacità fiscale perequabile (il target perequativo), che è del 50 per cento e della quota di Fondo di solidarietà comunale da ripartire su basi perequative, che è del 40. Pertanto, 28.629 milioni per 50 per cento per 40 per cento dà 5.726 milioni di euro.
  Nell'anno 2018, fermo restando il limite del 50 per cento della capacità fiscale perequabile, occorre considerare l'ammontare della capacità fiscale totale, che è di 25.218. milioni di euro, e la quota del fondo da ripartire ai fini perequativi aumenta dal 40 al 55 per cento.
  Di conseguenza, l'ammontare delle risorse considerate ai fini della perequazione tra i comuni nel 2018 è pari in valore assoluto a 6.935 milioni di euro, superiore al dato del 2017. Pertanto, l'ammontare delle risorse potenziali destinate alla perequazione tra i comuni aumenta nel 2018 rispetto al 2017 di 1,3 miliardi di euro.
  Il secondo effetto osservato dall'Ufficio è relativo alla distribuzione della capacità fiscale attribuita a ciascun singolo comune, che corrisponderebbe in sostanza a un'ulteriore penalizzazione dei comuni meridionali a vantaggio di quelli delle regioni centro-settentrionali.
  Propongo di riflettere se non possa essere fuorviante un'analisi basata sul semplice confronto tra il 2017 e il 2018, considerando quindi il dato relativo al 2017 come un valore di benchmark.
  In realtà, le modifiche operate alla stima della capacità fiscale residuale assicurano una maggiore omogeneità dello sforzo fiscale e della capacità fiscale in percentuale delle entrate residuali tra i comuni delle varie regioni.
  Risultano, inoltre, corrette alcune precedenti distorsioni, che portavano in alcuni casi a sovrastimare la capacità fiscale dei comuni del Nord: 12 punti percentuali di differenza della capacità fiscale in percentuale delle proprie entrate residuali tra Nord e Sud.
  La nuova stima consente, invece, di attenuare le differenze relative alla varianza dello sforzo fiscale tra i comuni distribuiti per regioni e per fasce di popolazione e di ridurre i casi di eccessiva capacità fiscale Pag. 7stimata in genere per i comuni del Nord, ovvero per i comuni di dimensione intermedie.
  La capacità fiscale residuale dei comuni del Nord si attesta al 48 per cento delle entrate residuali complessive rispetto al precedente 53, comunque superiore alla media nazionale del 45 per cento. Viceversa, la capacità fiscale dei comuni del Sud rimane sostanzialmente stabile e passa dal 41 della precedente stima rispetto al totale delle entrate residuali al 42 della nuova valutazione e comunque si colloca sempre sotto la media complessiva calcolata per tutti i comuni, pari al 45 per cento. Con l'aggiornamento della stima, la capacità fiscale residuale risulta oggi pari al 45 per cento delle entrate residuali totali rispetto al precedente dato del 48 per cento.
  Nel complesso, la nuova stima della capacità fiscale residuale mostra profili di maggior coerenza con i dati di bilancio e di maggiore affidabilità per l'eliminazione di alcuni effetti distorsivi sopra evidenziati.
  È pur vero, se vogliamo metterci nell'ottica di migliorare ulteriormente il sistema, che dobbiamo partire dalla constatazione che i fabbisogni standard riconoscono maggiori risorse ai comuni virtuosi, mentre la capacità fiscale tempera questo dato. L'effetto è un riequilibrio a favore dei comuni più in difficoltà.
  Ovviamente non è compito del meccanismo indagare sulla natura di queste difficoltà, stabilire cioè se sono derivanti da fattori oggettivi o da minore virtuosità. Le nuove stime della capacità fiscale e dei fabbisogni standard attenuano, però, questa tendenza. Se confrontiamo il 2018 con il 2017 in aggregato guadagnano comuni piemontesi, lombardi, veneti, emiliani, umbri, marchigiani, abruzzesi, molisani, lucani e calabresi, mentre perdono comuni liguri, laziali, campani e pugliesi. C'è chi spende male, ma spende poco, mentre altri spendono bene, ma di più. Sul versante della capacità fiscale c'è chi viene favorito dalle rendite catastali più basse di quelle di altri.
  Il percorso ulteriore per rendere maggiormente equo il sistema dovrà allora affrontare la revisione delle rendite catastali? Dovrà prevedere il riconoscimento di un LEP (livello essenziale delle prestazioni) minimo a tutti su TPL (trasporto pubblico locale) e asilo nido? Come considerare i trasferimenti ordinari del comune di Roma ai fini del meccanismo perequativo?
  Vengo ora ad alcune precisazioni di merito che sostanziano questo ragionamento. In particolare, per ciò che riguarda l'IMU, che registra una diminuzione di circa un miliardo di euro, la variazione in esame è principalmente dovuta all'effettiva riduzione del gettito standard osservabile dall'andamento dei versamenti tra il 2015 e gli anni seguenti.
  Per quel che concerne la stima della capacità fiscale residuale, per la quale si rileva una riduzione di 1,6 miliardi di euro, l'Ufficio pone l'accento sull'esclusione di alcune entrate, tra cui le tariffe del servizio idrico e del trasporto pubblico locale e l'imposta di soggiorno. Queste entrate presentano un'erraticità e una disomogeneità dei dati di bilancio utilizzati per la stima della capacità fiscale che ne hanno consigliato l'esclusione al fine di assicurare una maggiore coerenza della stima relativa a tutti i comuni delle regioni a statuto ordinario.
  La componente di maggior rilievo esclusa dalla stima della capacità fiscale residuale per l'anno 2018 non è tuttavia rappresentata dalle tariffe, ma dalla categoria «altre imposte e tasse». È la forte incoerenza dei dati di bilancio disponibili che ha favorito la loro esclusione, senza contare che questa voce include anche le entrate di esercizi precedenti, che andrebbero sottratte dalla stima e che, però, non risultano identificabili sulla base dei soli dati di bilancio. Inoltre, la stessa dinamica dei dati degli ultimi anni mostra valori anomali, in particolare per ciò che riguarda l'anno 2012.
  Infine, per ciò che riguarda l'imposta di soggiorno, bisogna ricordare che la stessa era esclusa anche dalle precedenti stime della capacità fiscale residuale, per l'insufficienza di dati disponibili per la stima econometrica. Il panel dei dati era riferito agli anni tra il 2003 e il 2012 e l'imposta in questione è stata introdotta dal 2011. Pag. 8
  La scelta di escludere l'imposta di soggiorno è stata confermata anche nella stima al 2018, perché si tratta di un'entrata che riguarda solo pochi enti (il 6 per cento del totale), in prevalenza comuni turistici. Si è infatti ritenuto che l'impatto dell'imposta di soggiorno sia già di fatto colto dall'applicazione nel modello di stima di un apposito coefficiente relativo alle presenze turistiche. Va d'altra parte detto che avremmo inserito un dato inutilizzabile fino a che permane il blocco delle imposte locali.
  In conclusione, pur coscienti, come ho esplicitamente affermato, che ci sono margini per ulteriormente migliorare e che continueremo a lavorare con questo spirito, possiamo asserire che le revisioni della stima della capacità fiscale 2018 assicurano un sistema di sostanziale miglioramento della stima stessa e apportano correzioni che riducono le anomalie registrate precedentemente.
  Una rapida approvazione ci mette nelle condizioni di varare il necessario decreto dando certezza nell'immediato e impostando da subito il lavoro futuro. Vi ringrazio dell'attenzione.

  PRESIDENTE. Ringraziamo noi il sottosegretario Baretta. Nella sua relazione all'inizio ha girato un po’ alto, ma poi a un certo punto ha cominciato a porre degli interrogativi retorici, come si suol dire, sulle questioni politicamente più sensibili, che credo si lasceranno in eredità alla futura legislatura, perché non penso che nello scorcio che ci resta saremo in grado di dare risposta.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIOVANNI PAGLIA. Più che una domanda, vorrei fare una considerazione. Ringrazio il sottosegretario Baretta, che, come diceva anche lei ora, presidente, ha posto delle questioni che peraltro sono condivisibili e andrebbero approfondite. C'è solo un ragionamento che vorrei proporre.
  Innanzitutto, il punto su cui stiamo discutendo non è se si debba andare avanti o meno rispetto alla questione dei fabbisogni standard e della capacità fiscale; stiamo discutendo sul rinnovo della metodologia della capacità fiscale, che è una cosa diversa. Lei a un certo punto, sottosegretario, poneva la questione se fosse o meno il caso di andare avanti. È il caso di andare avanti, ma non è detto che si debba cambiare necessariamente la metodologia.
  Io credo che lei abbia almeno il pregio, come spesso capita, di porre una questione in modo esplicito: c'è una distorsione che porta in alcuni casi a sovrastimare la capacità fiscale dei comuni del Nord. Questo mi pare il nodo politico della vicenda.
  Ciò significa, di riverso, che si interviene in negativo sui comuni del Sud, anche se non di tutte le regioni. La scorsa volta Marattin diceva che questo riguarderà solo i comuni di Puglia e Campania. Considerato che la Sicilia non è coinvolta, quando si parla del Meridione d'Italia, tolte Puglia e Campania, non è che rimanga molto altro, almeno in termini di popolazione e di impatto.
  Io ritengo, come ho già avuto modo di dire, che, quindi, la questione vada valutata politicamente, soprattutto rispetto agli effetti, non rispetto a un'astrazione. In altre parole, il cambio di metodologia non è da valutarsi dal punto di vista accademico, ma è da valutarsi da un punto di vista politico e la politica, quando si tratta di redistribuire risorse date, ha a che fare con una valutazione rispetto al come vengono redistribuite queste risorse.
  Io credo che non vengano redistribuite correttamente. Credo anche che, dal momento che alla radice di un meccanismo quale quello della perequazione c'è necessariamente un patto politico, implicito o esplicito, nel momento in cui questo patto politico viene cambiato – e qui evidentemente si cambia – dovrebbe essere fatto con l'accordo di tutti i contraenti.
  Andare avanti ora, dopo che l'ANCI ha riconosciuto che è necessario sospendere almeno per un anno per ricostruire le condizioni di un patto politico fra i contraenti – perché questo è il punto – credo sia un errore grave sul piano politico, da cui vi invito nuovamente a soprassedere. Pag. 9
  Io credo che non ci sia alcuna necessità dal punto di vista del bilancio dello Stato di andare avanti in questa direzione. Io, come dissi quando abbiamo cominciato questo dibattito, non avrei avuto alcun problema, nonostante tutte le mie riserve, ad andare avanti, se avessi avuto la certezza che c'era l'accordo tanto dei comuni penalizzati tanto di quelli avvantaggiati. Infatti, si può anche riconoscere nell'immediato che, nonostante alcune deviazioni temporanee, ci può essere un accordo sul metodo, ma mi pare che questo accordo nemmeno ci sia.
  Non c'è nemmeno perché, come ci è stato riportato qui, chi ha condotto la partita da un punto di vista tecnico e politico l'ha condotta male. Quando ti arriva l'ANCI e ti dice «non siamo stati messi nelle condizioni di sapere in anticipo come sarebbe andata a finire», vuol dire che chi l'ha condotta l'ha fatto molto male.
  Questo è il motivo per cui, come avevo detto, io non voterò e, di conseguenza, non posso fare il relatore di un provvedimento che fra le condizioni non ponga la questione della sospensione per un anno di questa riforma metodologica.
  Dato che mi sembra di capire – ma poi lo dirà anche la senatrice Zanoni – avendo ascoltato il Governo che questa disponibilità non c'è, perché il Governo lo dice esplicitamente, io non voterò il parere e, di conseguenza, rimetterò anche il mandato da relatore.

  MAGDA ANGELA ZANONI. Anch'io ringrazio Baretta, perché questa relazione è stata davvero utile, innanzitutto perché ha spiegato alcuni passaggi e in secondo luogo perché ha posto alcune questioni.
  Io mi trovo in una posizione diversa da quella dell'onorevole Paglia, perché ritengo che la sintesi finale di Baretta sia quella più condivisibile, ovvero le revisioni della stima della capacità fiscale 2018 assicurano al sistema un sostanziale miglioramento della stima stessa e apportano correzioni che riducono le anomalie registrate precedentemente. Qui non sono state cambiate le modalità di pensiero sul modello, ma sono stati ridotti gli errori precedenti. Allora cosa diciamo? Non andiamo a mettere una pezza agli errori? Mi sembra un passaggio determinante questo.
  Infatti, da questo punto di vista probabilmente, dopo aver visto gli effetti reali di queste modifiche, bisogna prenderli per quelli che sono. Se dei comuni erano stati penalizzati prima, non si capisce perché si debba continuare a penalizzare, essendo questo frutto di errori di stima.
  Con questo ritorno al mio pensiero originario sul ragionamento. Visto che Baretta ha cominciato a dire «proviamo a fare dei ragionamenti», i ragionamenti sono da un lato sul modello di federalismo e dall'altro sulle modalità di perequazione, sulla finanza locale e anche sui criteri adottati, che purtroppo inducono a stime, con tutti i problemi legati, non al modello concettuale di federalismo e di ripartizione delle risorse, ma al modello di stima.
  Io da questo punto di vista mi sentirei di avallare assolutamente. Mi pare che la proposta dell'ANCI non sia accoglibile per un problema di tempi. Io dico che i tempi sono sostanza, anche in questo caso. Pensare di interrompere un processo ora creerebbe un ulteriore scompiglio nei comuni. Accolgo la proposta dell'ANCI di una revisione e di un ripensamento, ma questo va fatto a partire dal giorno dopo in cui i comuni sono messi in grado di fare il bilancio di previsione 2018.
  Uno degli aspetti positivi di quest'anno, che abbiamo già ribadito anche nelle audizioni con Marattin, è proprio la capacità di essere riusciti finalmente a recuperare progressivamente i ritardi nel fornire le informazioni utili ai comuni per poter fare il bilancio di previsione in tempi ragionevoli. Da questo punto di vista, mi sento di avallare assolutamente in breve tempo il licenziamento della metodologia per consentire questi aspetti.
  Faccio ancora solo un paio di osservazioni, una sul piano di formazione. Ringrazio Baretta di aver ricordato che è stato richiesto un serio ed efficace piano di comunicazione, sensibilizzazione e coinvolgimento. Magari gradirei un pezzettino in più. Va bene il riconoscimento, ma, siccome i tempi sono stretti non possiamo pensare di organizzare adesso un qualcosa Pag. 10che nel 2018 o nel 2019... Spero che il Governo sia in grado di fare qualche piccola proposta di piano di divulgazione, che potrebbe essere offerta all'ANCI in questi giorni di lavoro, ai quali io cercherò, per quanto possibile, da domani di partecipare.
  Sugli accordi con i partecipanti sono parzialmente d'accordo con quanto detto da Paglia, perché sicuramente ci sono i tavoli in cui queste questioni vengono dibattute, l'ANCI ha i suoi rappresentanti, anche all'interno della commissione che verifica la metodologia e partecipa a questi tavoli, quindi in quelle sedi ha tutte le opportunità per poter far valere le sue richieste.
  Qui è arrivato formalmente lo schema corredato del parere della Conferenza Stato-città. Successivamente si possono acquisire certe informazioni aggiuntive che magari possono aiutare a definire meglio il proprio parere, però anche in questo caso è una questione di tempi: ci sono dei tempi in cui si devono far valere le proprie posizioni e ci sono altri momenti in cui si può avviare una discussione, ma non fermare il provvedimento.

  ROGER DE MENECH. Io credo che rispetto alle osservazioni che sono emerse anche oggi noi dobbiamo fare un passo indietro sul perché siamo finiti dentro la teoria e la pratica del federalismo. Io credo che forse non ci siamo resi conto tutti quanti di una cosa ovvia: quando si applicano in un Paese dei princìpi oggettivi per valutare l'efficienza e l'efficacia della pubblica amministrazione, è chiaro che non si può prendere come riferimento dati storici, che vanno obiettivamente messi tutti in discussione.
  A me non preoccupa sinceramente il paragone tra i dati del 2016, del 2017 e del 2018, perché, se partiamo con questo approccio – è meglio che ce lo diciamo subito – ritorniamo alla spesa storica.
  Il vero problema del Paese sta in una frase, che è quella su cui dobbiamo lavorare. Il sottosegretario afferma che il meccanismo non è in grado ancora oggi di individuare in maniera oggettiva quali sono le difficoltà e se queste difficoltà sono vere oppure dipendono dalla minore virtuosità dell'ente che ha le difficoltà stesse. È questo il vero tema.
  In questo Paese – io lo ricordo a tutti – abbiamo pagato un chilometro di strada esattamente uguale – non ne faccio una questione di Nord e Sud – dai 6.000 euro a chilometro ai 20.000 euro al chilometro. Questa è la verità.
  Se vuoi perequare, attuare un principio federale e alzare l'asticella dell'efficienza dello Stato, è chiaro che dovrai efficientare, non tagliare – io uso questo termine – chi ha speso troppo rispetto al servizio che rendeva ai cittadini, riequilibrando con quelli che non avevano le risorse per fare lo stesso servizio. Io la semplifico, perché altrimenti perdiamo di vista l'obiettivo finale.
  In questo percorso, io gradirei molto di più un lavoro serio per continuare a migliorare la raccolta e l'elaborazione del dato, perché ci porti a capire se il problema è oggettivo di quei comuni di quelle regioni, al Nord e al Sud del Paese, oppure se dentro ai differenziali che stiamo mettendo e che sono oggetto anche della discussione di oggi c'è un problema di virtuosità degli enti.
  Guardate che siamo dentro – e lo ha scritto bene il Sottosegretario Baretta, che ringrazio – un periodo storico in cui ci sono spinte per richiedere un maggior grado di autonomia per questo motivo. Ricordiamocelo, perché altrimenti non contestualizziamo il momento storico che stiamo vivendo.
  C'è chi preferisce spingere fuori dall'ordinamento e chi, invece, probabilmente vuole dibattere dentro l'ordinamento per raggiungere degli obiettivi di perequazione all'interno dello Stato nazionale. Questa è la sfida vera.
  L'impegno di tutti, Governo e controparti, in questo caso i comuni e l'ANCI, è migliorare il sistema per rendere effettivo l'emergere dell'efficienza o meno del sistema degli enti locali.
  È per questo che condivido appieno le domande che pone il sottosegretario. Io toglierei il punto di domanda. Dobbiamo rendere maggiormente equo il sistema delle rendite catastali? Certo che sì. Non lo facciamo oggi? Va bene. Ci diamo del tempo, Pag. 11i prossimi due anni o i prossimi tre anni? Va bene, però è chiaro che in Italia ci sono aree del Paese che hanno efficientato quel sistema e aree che non l'hanno fatto. Ce lo diciamo o no? Il tentativo di migliorare il sistema di raccolta ed elaborazione dei dati per rendere lo Stato innanzitutto più efficiente e più equo passa da questo coraggio.
  Capisco il fatto di sospendere tutto come rivendicazione sindacale da parte dell'ANCI, ma non lo capisco come obiettivo strategico. Vuol dire ammettere il fallimento. Allora diciamo che non siamo in grado di sapere se un comune ha speso in maniera virtuosa le risorse negli ultimi quindici-venti anni, che non saremo mai in grado di saperlo e teniamoci la spesa storica.
  In questo modo, però, creiamo un Paese che mantiene le differenze e che (cosa che mi interessa molto di più) non efficienta la spesa pubblica, che oggi mi pare sia un obiettivo imprescindibile se vogliamo mantenere anche un equilibrio dei conti, non per favorire lo Stato in senso generale, ma per dare maggiori servizi ai cittadini. Infatti, dobbiamo vederla anche sotto quel profilo.

  DANIELE MARANTELLI. Sarebbe sbagliato non approfittare di questa occasione per ringraziare il Sottosegretario Baretta, perché dopo l'audizione con l'Ufficio di bilancio obiettivamente abbiamo avuto più di un motivo di riflessione intorno al tema di cui stiamo discutendo.
  Io penso che ribadire che il superamento della spesa storica è un'esigenza giusta e sacrosanta non sia inutile. Naturalmente affermare questo e cercare di sostituirlo con un meccanismo che ha rivelato alcuni punti critici non è facilissimo e, quindi, va affrontato con delle teorie di base, facendo tesoro anche dell'esperienza concreta.
  Io condivido molte delle cose che ha detto ora De Menech, ma aggiungerei quanto segue. Credo che il Sottosegretario Baretta abbia colto il senso dell'ironia e della leggerezza quando gli chiedevo se era un errore di stampa il punto di domanda o meno. È chiaro che questa questione della riforma del catasto, da anni invocata e mai attuata, è un problema di non poco conto.
  Io insisterei molto, invece, sulla questione in genere poco affrontata – noi qualche volta l'abbiamo discussa – dei LEP, perché questo è uno dei grandi convitati di pietra di cui si sa troppo poco. Io, invece, credo che su questo occorrerebbe avere qualche elemento di conoscenza in più.
  Detto questo, credo che il dato di fondo – però qui non c'entrano nulla la decisione e le valutazioni di questi giorni – sia come si finanzia il sistema degli enti locali. Credo che ormai una riflessione di fondo rispetto a questo in futuro sarà difficilmente aggirabile. Penso che le vicende di questi anni, dopo l'emergenza del 2011 e del 2012 col Governo Monti, siano state istruttive.
  Per concludere, realisticamente la proposta che viene avanzata dalla senatrice Zanoni mi sembra ricca di buonsenso. Per una volta che tentiamo di arrivare in tempo nel cercare di dare alcune certezze agli enti locali, credo che questa occasione non vada sprecata, pur essendo consapevole dei problemi che oggettivamente abbiamo riscontrato anche noi.
  Cerchiamo di fare uno sforzo per individuare bene dov'è il confine tra difficoltà oggettive e minore virtuosità delle amministrazioni locali interessate, altrimenti non diamo nemmeno noi un contributo utile alla riflessione e alle decisioni che dovremo prendere in futuro.

  FEDERICO FORNARO. Pur condividendo l'approccio molto problematico del Sottosegretario Baretta, mi pare che anche nella discussione di oggi ci ritroviamo di fronte a un bivio. Lo dico non tanto rispetto a questo parere quanto più in generale rispetto al rapporto complessivo tra gli enti locali e lo Stato centrale.
  Da questo punto di vista, mi pare che le osservazioni e i dubbi che sono emersi durante le audizioni dovrebbero indurre a una maggiore prudenza.
  A mio avviso, l'ipotesi di riproporre anche per il 2018 lo schema del 2017, non attuando le innovazioni, non va verso un ritorno al passato. Non lo dico per rispondere al collega De Menech, ma per interloquire. Non si tratta di ritornare alla spesa storica – si tratterebbe per il 2018 sostanzialmente di confermare il 2017 – e neanche Pag. 12 di contraddire l'esigenza espressa dalla senatrice Zanoni, che io condivido totalmente, che i comuni abbiano per tempo i dati.
  Se alla fine il Governo addivenisse all'ipotesi di sospendere la nuova metodologia del 2018 e di riconfermare quella del 2017, saremmo in grado di comunicare ai comuni i dati nei tempi utili. Da questo punto di vista, credo che un'aggiunta di riflessione nei confronti del Governo vada fatta.
  In una fase in cui l'ANCI avanza questa richiesta, fermo restando che evidentemente nessuno ha potere di veto, credo che questo, anche alla luce delle osservazioni critiche che sono arrivate da organi tecnici, possa essere un atteggiamento realistico e di prudenza, che non inficerebbe il lavoro e l'obiettivo finale.

  VINCENZO GIBIINO. Io vorrei porre l'accento sul fatto che oggi uno dei due relatori si è dimesso. Capisco che in Italia succede di tutto e siamo abituati nelle aule parlamentari a vederne di tutti i colori, però...

  PRESIDENTE. Questa, però, è un'osservazione che facciamo dopo, ora siamo in audizione.

  VINCENZO GIBIINO. Sto arrivando al merito. Dall'intervento dell'onorevole Paglia ovviamente vengono messe in evidenza una serie di difficoltà che questa Commissione ha evidenziato e che hanno portato anche a chiedere nuove audizioni e chiarimenti.
  Anch'io ritengo che, se si volesse soprassedere a questo aggiornamento della metodologia, probabilmente faremmo cosa buona e giusta.
  Su una parte della relazione tra l'altro, nell'evidenziare la capacità fiscale dei comuni, si pone l'accento sul fatto che l'IMU è diventata un gettito praticamente fondamentale per i comuni. La domanda che è all'interno della relazione stessa concerne la necessità di aggiornare o meno le rendite catastali, ma sappiamo anche che non tutti pagano l'IMU in Italia. I comuni non riescono a farsi pagare da tutti i proprietari degli immobili.
  Vorrei sottolineare una cosa. Riguardo alla TARI viene indicato nella relazione che il gettito relativo non si riflette sulla perequazione delle risorse, perché di fatto è come se fosse una partita a entrare e uscire. Ricordo che la TARI, di fatto, è una patrimoniale, cioè viene quotata sui metri quadrati e non sugli effettivi rifiuti prodotti.
  Segnalo anche che, poiché c'è stato un aumento dal 100 al 600 per cento a seconda che si tratti di case o di esercizi commerciali, visto che ancora i comuni non si fanno pagare la TARI da tutti, probabilmente, se la facessero pagare a tutti, un valore marginale in aumento ci sarebbe.
  Da ultimo, vorrei fare una domanda. Nella relazione viene evidenziato che l'IMU registra una diminuzione di circa un miliardo di euro. Le pongo una domanda secca: perché ci sono questi dati di variazione in ribasso?

  PRESIDENTE. Do la parola al Sottosegretario Baretta per la replica.

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato all'Economia e alle finanze. Non ho nascosto i problemi. Credo di aver assunto nei confronti della Commissione, come è giusto che sia, un rapporto di trasparenza e di chiarezza, ed è per questo che avevo chiesto – e ringrazio il presidente di avermelo consentito – di poter avere alcuni giorni, avendo letto gli atti della Commissione.
  L'espediente retorico di aver messo in forma interrogativa alcune questioni è relativo al fatto che, per essere sinceri, come è chiaro, quei temi non sono solo tra maggioranza e opposizione, ma attraversano anche la maggioranza e le posizioni del Governo. Pensate al tema delle rendite catastali. Io non posso porre ad altri il problema, lo devo porre anche a me stesso e, quindi, lo pongo in maniera interrogativa, ma è del tutto evidente che sono i nodi sui quali abbiamo bisogno che si vada avanti.
  Noi non siamo convinti – abbiamo riflettuto molto – di accogliere la richiesta di sospensione per più motivi. C'è un motivo Pag. 13formale: pur manifestando delle perplessità, l'ANCI ha dato l'intesa in Conferenza e, quindi, da questo punto di vista ovviamente le perplessità sono legittime, ma quello che vale alla fine... Verremmo meno a un patto che in qualche modo c'è stato.
  In secondo luogo, l'ANCI – e lo dico sempre con rispetto della discussione – non ha chiesto la sospensione relativa soltanto al meccanismo, ma – non vorrei dire una cosa inesatta – in qualche modo quello che vorrebbe è che non si passasse al 55 per cento.
  Questo è un punto che semmai possiamo approfondire, ma la nostra preoccupazione è che una discussione sulla moratoria o sulla sospensione, anche indipendentemente dalla volontà dei proponenti, non si limiti a interloquire, come ha detto adesso il senatore Fornaro, su un punto specifico del tema, ma finisca per inceppare il meccanismo.
  Peraltro, in queste ore stiamo assistendo al fenomeno inedito dell'indipendenza sospesa. Sappiamo che è abbastanza facile che si passi da una moratoria...È come avviene con le proroghe.
  In quest'ottica, noi vi chiediamo di comprendere, pur nella differenza di opinioni, che conviene a tutti continuare nella discussione dialettica, ma non sospendere il meccanismo, soprattutto perché daremmo un messaggio... I comuni italiani sono 8.000 e percepiscono i messaggi in maniera generalizzata, non soltanto per le nostre discussioni.
  Il meccanismo deve andare avanti. La vera domanda è: quello di quest'anno è l'ottimale? La risposta è «no», l'abbiamo detto e stiamo lavorando. Migliora l'anno scorso? La risposta è «sì». Se migliora l'anno scorso, è un passo. Se lo peggiorasse, avremmo di fronte una discussione legittima. Se lo migliora, ma non è ancora l'ottimale, attenzione che interrompere il meccanismo verso il 2021 sarebbe probabilmente controproducente. Ciò non toglie che la discussione continui. Per questo io ho concluso dicendo: «Acceleriamo anche il ragionamento sul futuro».
  Passo alla seconda considerazione. Le osservazioni interessanti, alle quali ho cercato di rispondere, dell'Ufficio parlamentare di bilancio ci hanno indotto a una discussione tra Nord e Sud, che in parte è legittima – e ne abbiamo discusso anche in questi giorni con i colleghi – ma in parte dobbiamo stare attenti che non sia fuorviante.
  Per questo io a un certo punto, pur assumendo e replicando all'osservazione dell'Ufficio parlamentare di bilancio, cercando di dimostrare che non c'è questa netta divisione, ho introdotto un nuovo criterio di valutazione. Ho messo insieme il ragionamento che l'onorevole De Menech ha rilevato, cioè «attenzione che il meccanismo non risolve la lettura della storia», a un'altra frase che vi prego di valutare. A un certo punto, tagliando la discussione Nord-Sud, ho introdotto il seguente tema: «Ci sono comuni che spendono bene e spendono tanto e comuni che spendono male e spendono poco».
  Questa distinzione, che è diffusa nel territorio (con aggregazioni ma diffusa) è un criterio di lettura che può avere delle conseguenze anche nei dati di calcolo, quindi noi dobbiamo rapidamente – questo è il vero lavoro che dovremo fare con ANCI, con le regioni e anche tra noi – cercare di capire le ragioni e le cause.
  Mi rivolgo a Marantelli, che ha ricordato la questione dei LEP e accanto a questa ha messo gli asili nido. Quando nel 2012 abbiamo presentato il primo giro dei fabbisogni, ci fu una polemica giornalistica sugli asili nido, perché, se un comune piccolo ha tre asili nido e constati che avrebbe bisogno di sei, il suo fabbisogno è del 50 per cento, mentre, se uno ha zero asili nido, perché non li ha fatti per un disordine amministrativo, il suo fabbisogno è del 100 per cento anche se ne fa uno.
  Attenzione, andiamo oltre il dato, cominciamo a vedere, nella libertà delle scelte politiche degli amministratori, la gestione reale di questa situazione. Noi dobbiamo in qualche modo assumere anche questi dati come un aiuto a entrare nel merito della realtà vera e propria.
  Per quanto riguarda, invece, gli aspetti della formazione, colgo lo stimolo della senatrice Zanoni. Troviamo il modo di fare Pag. 14una proposta concreta anche per questo scorcio di legislatura. Approfittiamo dell'assemblea dell'ANCI per fare un passo in avanti in questa direzione.
  Semplicemente c'è stata una riduzione di entrate. Mi è stato domandato perché ci sono state meno entrate. Non indago adesso le ragioni, è un'altra discussione. Possiamo farla, ma in questa sede non indago sulle ragioni. Noi constatiamo che c'è stata una riduzione delle entrate, che ha portato a questo dato che vi abbiamo fornito.
  Mi pare, presidente, che grosso modo queste siano le questioni.

  PRESIDENTE. Naturalmente, siccome noi abbiamo aspettato il sottosegretario per l'audizione, lui aspetterà noi per il parere per quanto riguarda l'emanazione del decreto. Visto che c'è stata una dilazione, contrattiamo una medesima dilazione dei tempi. Lo ringraziamo nuovamente anche per questo.
  Ringrazio il Sottosegretario Baretta per il suo intervento e per la documentazione consegnata, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.

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