XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 124 di Giovedì 14 settembre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione del Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, Luigi Marattin, con riferimento allo schema di decreto ministeriale concernente la nota metodologica relativa alla procedura di calcolo e stima delle capacità fiscali per singolo Comune delle Regioni a statuto ordinario (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del regolamento della Commissione):
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 
Marattin Luigi , Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard ... 3 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 6 
Marattin Luigi , Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard ... 7 
Zanoni Magda Angela  ... 7 
Paglia Giovanni (SI-SEL-POS)  ... 8 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 9 
De Menech Roger (PD)  ... 9 
Marattin Luigi , Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard ... 10 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 10

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante trasmissione diretta attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e diretta streaming sperimentale sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, Luigi Marattin, con riferimento allo schema di decreto ministeriale concernente la nota metodologica relativa alla procedura di calcolo e stima delle capacità fiscali per singolo Comune delle Regioni a statuto ordinario.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, Luigi Marattin con riferimento allo schema di decreto ministeriale concernente la nota metodologica relativa alla procedura di calcolo e stima delle capacità fiscali per singolo Comune delle Regioni a statuto ordinario.
  Do subito la parola al professor Marattin per lo svolgimento della relazione, ringraziandolo per la disponibilità.

  LUIGI MARATTIN, Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Grazie, presidente. Grazie a tutti voi per l'invito.
  Come dicevo a mo’ di battuta, vengo sempre più che volentieri qui. Però so che ieri avete avuto in audizione la professoressa Lapecorella, Direttrice generale del Dipartimento delle finanze, quindi ancora una volta non posso offrirvi un particolare valore aggiunto. L'aggiornamento dei dati e della metodologia è stato svolto dal Dipartimento delle finanze, sotto la supervisione di Palazzo Chigi, anche perché la capacità fiscale tecnicamente non è fra i compiti che la legge assegna alla Commissione che presiedo. In ogni caso, tutto è stato fatto in accordo. Poiché come valore aggiunto probabilmente non posso offrirvi nulla, se siete d'accordo, sintetizzerei in brevissimo tempo le principali novità per poi lasciare spazio a voi.
  Questo è stato il primo cambiamento di metodologia da quando abbiamo introdotto la capacità fiscale, che, come sapete, debutta nel 2015 su dati del 2012. Negli scorsi due anni abbiamo semplicemente fatto l'aggiornamento dei dati. Quest'anno, invece, procediamo a un primo cambio di metodologia, che, come immagino abbiate già visto, è comunque molto minimale, a riprova del fatto che l'impianto è abbastanza robusto.
  L'innovazione principale riguarda la stima della capacità fiscale residuale, cioè non IMU e TASI o addizionale IRPEF, ma le imposte minori e le entrate extratributarie, escludendo fra l'altro il servizio idrico e il trasporto pubblico locale, quindi tutte le entrate comunali che non ricadono nelle imposte.
  C'è stato un cambiamento che vorrei qui ricordare perché si tratta del punto principale. Nella stima della capacità fiscale, c'era il problema del reddito medio. In comuni piccoli dove era residente anche solo una persona a reddito particolare alto, se si calcolava il reddito medio, si otteneva un valore molto distorto. Pag. 4
  Banalmente, in una serie composta da uno, due, tre e quattro, se si aggiunge cinque, la media è di un certo tipo, ma, se si aggiunge un milione, ovviamente la media diventa pari a 200.000. La media distorce e viene usata come regressore per la stima della capacità fiscale residuale, quindi è stata sostituita con la mediana, che, nell'esempio di prima, è pari a tre in entrambi i casi: sia nella serie composta da uno, due, tre, quattro e cinque sia in quella composta da uno, due, tre, quattro e un milione, la mediana è sempre pari a tre perché si tratta di un indicatore di tendenza centrale meno distorto.
  Di converso, si rischiava – c'è sempre una coperta che si tira – di distorcere la capacità fiscale nei grandi comuni, quindi abbiamo operato un ulteriore correttivo. Abbiamo diviso in fasce di popolazione e abbiamo introdotto una nuova variabile esplicativa nella regressione, che è il reddito medio dei comuni di quella fascia, quindi, anche se in quel comune vive un miliardario, comunque io utilizzo il reddito medio dei comuni di quella fascia di popolazione per provare a sterilizzare e poi ulteriormente correggere eventualmente lo scostamento fra il reddito medio di quel comune e il reddito medio di quella fascia.
  Crediamo di aver introdotto una batteria di correttivi. Viene sempre riportato l'esempio – non lo cito – di un individuo a reddito molto alto, che distorceva, se non ricordo male in Veneto, il reddito medio di quel comune. Crediamo che quest'innovazione, i cui risultati ci confortano, sia abbastanza robusta.
  Abbiamo aggiornato i dati, anche perché il cambio di metodologia non lo impedisce, anzi suggerisce un aggiornamento dei dati. Prima il panel era dal 2003 al 2012 e ora il panel è dal 2006 al 2015, quindi ci allineiamo ai fabbisogni standard per quanto riguarda l'annualità di riferimento, che, a questo punto, è il 2015.
  La nuova capacità fiscale ammonta, come sapete, a poco più di 25 miliardi: 25.217.662.620 euro.
  Per i rifiuti abbiamo sterilizzato in questo modo: abbiamo semplicemente rapportato il peso della capacità fiscale dei rifiuti al peso che hanno i rifiuti nei fabbisogni standard. Lo sapete: non vogliamo perequare quel tipo di capacità fiscale, in quanto i rifiuti vanno a copertura del costo, quindi sarebbe un errore farlo.
  La struttura delle entrate comunali è ricordata nella nota metodologica, ma spendo dieci secondi per un brevissimo passaggio.
  Come vedete, il 38 per cento delle entrate comunali è costituito da entrate tributarie, il 21 per cento da entrate da servizi in conto terzi e il 10 per cento da entrate da accensione prestiti, quindi parliamo di entrate complessive non solo correnti. Inoltre, il 12 per cento è costituito da entrate da alienazioni e trasferimenti di capitale, il 13 per cento da entrate extratributarie e solo il 6 per cento da contributi e trasferimenti correnti.
  Fra l'altro, il Fondo di solidarietà comunale – FSC ammonta a circa 2,7 miliardi su una parte corrente comunale che, in aggregato, è intorno ai 50 miliardi. Lo dico per ricordare ancora una volta che la componente di trasferimento statale nella struttura delle entrate comunali è comunque molto bassa.
  È utile ricordarlo, quando si considerano eventuali ritardi, che quest'anno, come diremo fra un attimo, speriamo non ci siano nella pubblicazione dell'FSC. Quest'anno – lo ripeto – abbiamo per la prima volta tutte le condizioni per pubblicare l'FSC nell'anno precedente a quello di riferimento. In ogni caso, si parla di un effetto sulla struttura delle entrate comunali molto basso.
  Sui principali cambiamenti, procedo – lo ripeto – molto velocemente.
  Per IMU e TASI su case di lusso, abbiamo usato i dati catastali del 2014 per chi non ha variato l'aliquota e le detrazioni e abbiamo usato il riscosso del 2015 per chi ha fatto queste due variazioni.
  Vi ricordo che noi, poiché usiamo il tax gap, di cui dirò velocemente fra pochi istanti, ci basiamo sul riscosso, e non sul catastale, per misurare la capacità fiscale. Poi, correggiamo quello che possiamo chiamare un «disincentivo per la lotta all'evasione», appunto con il tax gap. Pag. 5
  Per l'IMU su altri immobili, diversi dall'abitazione principale, che, come sapete, è una componente molto potente dell'IMU, quest'anno abbiamo usato una metodologia che ci dà un po’ più di robustezza, cioè abbiamo standardizzato il gettito con dati del 2015. Abbiamo creato quattro criteri alternativi per riuscire a standardizzare il gettito, perché non è un'operazione banale stabilire per un comune quale sarebbe il gettito ad aliquota standard.
  Ci sono quattro criteri fondamentalmente: gettito, catasto, acconto e benchmark.
  Molto brevemente, posso dirvi che il criterio del gettito moltiplica matematicamente il gettito per il rapporto fra aliquota base e aliquota effettiva, in modo che, matematicamente, risulti il gettito standard.
  Il metodo del catasto costruisce il cosiddetto «coefficiente di standardizzazione», vale a dire che si divide il gettito catastale ad aliquota deliberata dal Comune per il gettito catastale ad aliquota base. Quella diventa la discrasia fra i due gettiti, che viene poi moltiplicata per il gettito effettivo, in modo da ottenere il gettito standard.
  Con l'acconto si fa la stessa cosa, ma utilizzando i dati dell'acconto dell'anno in corso.
  Con il benchmark, si assume semplicemente il valore dell'anno precedente e lo si corregge per i nuovi cambiamenti catastali nel frattempo intervenuti.
  Per standardizzare il gettito dell'IMU sugli altri immobili, abbiamo sostanzialmente utilizzato tutti e quattro i criteri, prendendo, di volta in volta, quello che consente la maggiore accuratezza e controllando che quello scelto non sia troppo distante dagli altri tre.
  Crediamo di aver usato tutti gli accorgimenti tecnici necessari per far sì che il criterio scelto per la standardizzazione non fosse solo quello più accurato, ma anche quello non palesemente in disaccordo con gli altri tre.
  L'unica eccezione riguarda il 2015 ed è in positivo, nel senso che abbiamo utilizzato i dati del 2016 per standardizzare il gettito dell'IMU sui terreni agricoli, in modo da tener conto delle esenzioni che la legge di stabilità 2016, all'articolo 1, comma 13, ha introdotto, come ricordate, per i terreni agricoli. Tutto è standardizzato in questo caso, tranne i terreni agricoli, per i quali si utilizzano i dati del 2016.
  L'addizionale IRPEF, come sempre, è quella più facile: gettito standard e aliquota media del 4 per mille per il gettito desumibile dalla dichiarazione dei redditi dell'anno 2015 presentata nel 2016. Questo è il gettito effettivo che poi viene standardizzato per ottenere il gettito standard.
  Per quanto riguarda il tax gap, basando la capacità fiscale sul riscosso, se ci fermiamo a quel punto, c'è quello che possiamo chiamare «incentivo a favorire» o «disincentivo a combattere». Io preferisco chiamarlo «disincentivo a combattere l'evasione» perché, nella perequazione, più bassa è la capacità fiscale per un dato fabbisogno standard e maggiori sono le risorse che arrivano al comune. Per correggerlo, abbiamo lasciato al 10 per cento – c'è stato un aumento l'anno scorso – la percentuale di tax gap e aumentato la stima della capacità fiscale per eliminare il disincentivo alla lotta all'evasione.
  Facciamo due correzioni, di cui una è il tax gap pari a zero per i Comuni terremotati. In secondo luogo, visto che comunque ci basiamo su una base dati catastale che, per ciascuno dei comuni delle regioni a statuto ordinario, non è sempre accurata, effettuiamo un riproporzionamento per evitare evidenti errori sulle mappe catastali. Nel caso in cui l'informazione catastale non sia accuratissima in qualche comune, adottiamo un riproporzionamento, se la distanza è eccessiva ed evidentemente non plausibile.
  In realtà, la novità principale è quella che vi ho detto in apertura sulla capacità fiscale residuale. Si standardizzano: imposta comunale sulla pubblicità, tassa o canone di occupazione spazi di suolo pubblico, diritti sulle pubbliche affissioni ed entrate extratributarie, al netto del settore idrico e del trasporto pubblico locale.
  L'anno scorso, non si può dire che il problema del ricco in un comune non fu affrontato, ma fu affrontato con un correttivo a valle, cioè si stimava il coefficiente nel vecchio modo e poi si teneva conto, ex Pag. 6post, della distorsione derivante da quello che ho detto prima.
  Questa era una toppa al problema, ma non era la soluzione al problema. Adesso, invece, trattandosi di una regressione, si stima il coefficiente, modificando la variabile di regressione nel modo che vi ho detto: inseriamo il reddito mediano e non quello medio e poi, per correggere, inseriamo il reddito medio dei comuni di quella fascia di popolazione, con un ulteriore correttivo, qualora il reddito medio del comune e il reddito medio di quella fascia di riferimento siano troppo distanti. In questo modo, la capacità fiscale residuale si abbassa un po’.
  Vi anticipo che vi arriverà dal Dipartimento delle finanze la correzione di un refuso nel testo dell'audizione della professoressa Lapecorella. Per un banale errore di Excel, sono state invertite due celle: rifiuti e capacità fiscale residuale. Non si passa da 7,6 miliardi a 4 miliardi, come vedete in tabella, ma si passa da poco più di 5 miliardi a 4 miliardi. C'è un'inversione banale di due celle, ma vi arriverà il testo corretto. Questa novità abbassa la capacità fiscale residuale, ma non la dimezza, come poteva sembrare da quella tabella.
  Mi sentirei di dire che questa è l'innovazione metodologica fondamentale. Le altre sono, come vi ho detto, molto minori.
  Ci si limita comunque ad aggiornare i dati alle ultime informazioni disponibili, che sono relative – lo ripeto – al 2015, tranne che per l'IMU sui terreni agricoli, per la quale si considerano i dati del 2016 per tener conto delle esenzioni. Inoltre si fortifica la standardizzazione dell'IMU sugli altri immobili, utilizzando quel criterio che vi ho brevemente esposto.
  Interpretiamo tutto ciò come una conferma del fatto che l'impianto metodologico della stima della capacità fiscale è abbastanza robusto, tale da non richiedere stravolgimenti, anche dopo tre anni. Infine, come sapete, posso dirvi, anche se questo ha a che fare relativamente con l'oggetto del mio intervento, che la capacità fiscale viene usata al 50 per cento per i fini perequativi all'interno dell'allocazione dell'FSC.
  Come dicevo, considerato che ieri avete avuto una forse più ampia e dettagliata spiegazione, non mi sento in questo momento di aggiungere altro. Sono a disposizione per le vostre domande.

  PRESIDENTE. Grazie. Ora, se non ci sono domande, rompo io il ghiaccio.
  È ovvio che si tratta di un percorso di avvicinamento al sentiero adatto a dispiegare pienamente le potenzialità del sistema che era stato immaginato.
  Sui fabbisogni standard, magari ci rivedremo per un'altra audizione. Concentrandoci, invece, sulla capacità fiscale, c'è una prima osservazione, che a me era sorta ascoltando la professoressa Lapecorella ieri. Al netto della capacità della metodologia adottata per individuare il tax gap – ipotizzando che questa metodologia sia ottimale e individui esattamente l'evasione, quindi possa funzionare da incentivo o disincentivo a evadere – mi sembra di aver capito che oggi il tax gap pesi sulla determinazione della capacità fiscale per l'1 per cento. Questo è il dato che ci ha fornito la professoressa Lapecorella ieri.
  Quindi o non ci fidiamo adeguatamente delle modalità con cui è stato individuato il tax gap oppure è stata fatta la scelta di non spingere verso la dimensione di incentivo al recupero dell'evasione ovvero di disincentivo all'evasione, che forse dovrebbe essere riconsiderata. Perché non aumentiamo o enfatizziamo questa dimensione che ha in sé un criterio insito ed implicito di equità e di giustizia?
  Quell'1 per cento deriva – il mio è un giudizio – dal fatto che probabilmente non siamo in grado di fotografare esattamente il fenomeno dell'evasione per quanto riguarda questi cespiti tributari.
  La seconda riflessione torna alla base. Com'è stato ricordato dal professor Marattin, plafoniamo la capacità fiscale al 50 per cento, cioè questa non viene utilizzata pienamente – al di là del fatto che abbiamo capito che ormai, per come si è tradotta in questi anni, in modo confuso e disordinato, la tassazione negli enti locali, effettivamente questa non è più rappresentativa. Anche l'autolimitazione al 50 per cento implicitamente nasconde la necessità di evitare Pag. 7 effetti abnormi o comunque non esattamente corretti nell'applicazione del sistema.
  Questi sono due dubbi che ho rispetto all’optimum. Secondo me, la capacità fiscale dovrebbe essere pienamente utilizzata e, nella capacità fiscale, a pieno titolo e con un peso significativo, anche volto all'effetto di incentivo verso le amministrazioni locali, dovrebbe essere compreso il fenomeno del tax gap.
  Se ritiene può rispondere intanto alle mie osservazioni e successivamente, se ce ne saranno, a quelle dei commissari.

  LUIGI MARATTIN, Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Per entrambe fornirò la motivazione tecnica e una mia opinione più generale, anche se non è esattamente il mio ruolo.
  Sul tax gap, ha pesato la scarsa affidabilità dell'informazione catastale. Come ben sapete, la riforma del catasto, che pure era un obiettivo, è stata posticipata, per cui, al netto di qualche aggiornamento, il catasto risale al 1939. La risposta tecnica è: l'informazione catastale non è esattamente accurata.
  La risposta tecnica alla seconda domanda sul perché la capacità fiscale sia al 50 per cento è: la somma di IMU, TASI e addizionale IRPEF sulle entrate comunali è circa del 50 per cento, quindi la ragione alla base di quella scelta è che, per il momento, devono essere perequate soltanto le differenze nella capacità fiscale per quanto riguarda i tributi.
  Lo traduco: tengo conto del fatto che Milano ha una potenza di tributi superiore a quella di Vibo Valentia e correggo quella differenza, ma lascio fuori – se semplifico troppo, perdonatemi – il fatto che Milano ha dei dividendi da aziende partecipate che Vibo Valentia potrebbe non avere o che le entrate extratributarie delle palestre e della biblioteca comunale sono più alte a Milano che a Vibo Valentia.
  Questa scelta ci riconduce nell'alveo della differenziazione degli strumenti tributari e quel 50 per cento non è un numero tirato a caso, ma risponde alla scelta di perequare per il momento soltanto l'eterogeneità di basi imponibili sugli strumenti tributari.
  Non vi nascondo che su entrambi i punti vi è anche una ragione più generale, che sostanzialmente è sempre la stessa.
  Forse passo per il cattivo nei confronti della situazione dei comuni, anche se non credo di esserlo, ma devo dire che su entrambi i punti, c'è una forte pressione di ANCI, basata anche su argomentazioni tecniche e non semplicemente su desiderata non motivati. Come sapete, il tax gap accresce la capacità fiscale, quindi, ceteris paribus, riduce la componente di trasferimento, non più verticale, ma orizzontale.
  Sulla capacità fiscale, c'era una forte richiesta di ANCI per limitarla il più possibile perché, legittimamente e del tutto comprensibilmente, l'associazione dei comuni tende a smussare le variazioni di anno in anno e, in generale, le variazioni rispetto allo status quo. Questa non è una scelta sulla quale io esprimo giudizi perché non è mio compito farlo.
  È altrettanto vero che, con le modifiche normative, il Governo può portare in Conferenza Stato-città i decreti, sia sulla capacità fiscale che sui fabbisogni standard, senza il parere di ANCI, attraverso la cosiddetta «procedura d'intesa debole», prendendosene la responsabilità. Il Governo è comunque sempre responsabile dei suoi atti, però faccio solo presente che, su entrambi i temi, al fine di raggiungere una posizione condivisa con l'azione dei comuni, c'era una richiesta sostenuta abbastanza fortemente dall'Associazione nazionale dei comuni italiani.

  MAGDA ANGELA ZANONI. Intanto la ringrazio per un aspetto importante che ha sottolineato: per la prima volta forse riusciamo a far avere ai comuni i dati sui trasferimenti in tempo utile per fare il bilancio entro dicembre, come è loro dovere nonché loro diritto, il che mi sembra una buona cosa.
  In merito, mi sentirei di spezzare una lancia a favore dei comuni, che in questo momento hanno grosse difficoltà a chiudere i bilanci e soprattutto non capiscono le modalità con cui avvengono questi trasferimenti.
  Credo che dovrebbe essere fatto un piano di comunicazione. Cogliendo l'occasione di queste novità e del fatto che i dati arrivano in anticipo e possono essere inseriti in tempo utile nei bilanci, un piano di comunicazione Pag. 8andrebbe fatto, anche perché i sindaci e gli assessori dei comuni grandi hanno ancora un ufficio di ragioneria, che li supporta e che in qualche modo può far da tramite per cercare di spiegare queste novità, sempre che anche quegli uffici le capiscano. Tuttavia, gli uffici di ragioneria hanno tante cose da fare, quindi non è detto che possano dedicare un mese a studiare solo le metodologie eccetera. Forse un piano di comunicazione aiuterebbe anche un po’ a migliorare i rapporti con gli enti locali.
  Vorrei precisare due o tre piccole cose sul contenuto.
  Innanzitutto, questo sistema perequativo era pensato dalla legge n. 42 del 2009 per trasferimenti verticali, quindi con un trasferimento nazionale che era il fondo perequativo. Negli anni, questo sistema si è trasformato in tutt'altra cosa.
  Forse un ripensamento al sistema – già da un po’ di tempo lo diciamo – e all'uso di questo sistema per il trasferimento andrebbe fatto. Per molti comuni, un conto è ricevere una perequazione dallo Stato, per cui io ho le mie entrate e poi ricevo una perequazione dallo Stato, e un conto è che io ho le mie entrate e poi mi tocca anche perequarle con gli altri. Certo, diventa disincentivante fare un'attività precisa di recupero dell'evasione in cui conta poco il tax gap, quindi andrebbe ripensato il sistema.
  Vorrei aggiungere due considerazioni, di cui una riguarda i piccoli comuni.
  Ieri, con la professoressa Lapecorella, abbiamo visto una tabella molto interessante sulle componenti della capacità fiscale pro capite per fasce di popolazione. Ci ha lasciato un po’ perplessi il primo dato, cioè il valore dei comuni con meno di 500 abitanti, che è molto alto e simile a quello dei comuni con oltre 250.000 abitanti.
  Sicuramente ci sono ci possono essere degli aspetti distorsivi, che mi fa piacere siano stati in parte affrontati utilizzando tecniche statistiche più sofisticate rispetto alla semplice media, però resta la motivazione. Una delle motivazioni può essere che questi comuni, rispetto alla fascia successiva di 500.000 abitanti, siano davvero tutti in montagna, quindi capire quali comuni sono in fascia montana per dividerli dagli altri potrebbe essere interessante.
  Su quelli in fascia montana, abbiamo fatto anche un'audizione molto interessante da questo punto di vista, posso dire che quei comuni, è vero che hanno entrate, ma hanno costi anche molto rilevanti perché mantenere una scuola a 2.000 metri non è la stessa cosa che mantenerla a 1.000 metri o, meglio ancora, a 200 metri d'altezza, per non parlare dei costi delle strade.
  Bisogna capire meglio come suddividerli, anche perché ci sono comuni montani ad alta vocazione turistica e comuni montani che non la hanno e che rischiano di avere costi elevati per una popolazione tutto sommato piccola. I comuni con meno di 500 abitanti sono tanti, ma, alla fine, hanno poco peso in termini di abitanti, quindi per noi diventa importante che quelle comunità siano considerate montane per avere i finanziamenti ed essere sostenute.
  Si rischia di avere una politica un po’ schizofrenica perché, da un lato, ci diamo tanto da fare per sostenere i comuni montani e per sostenere le nostre comunità in montagna, ma, dall'altro, li penalizziamo con il sistema dei trasferimenti. Forse su quest'aspetto varrebbe la pena di fare un approfondimento per capire meglio e per tener conto di queste istanze.
  In ultimo, vorrei ribadire quanto già chiesto ieri. Ci avete mandato di nuovo il testo dello schema, ma continua a non esserci la metodologia. Che cosa possiamo fare per averla?

  GIOVANNI PAGLIA. Vorrei tornare sulla questione del tax gap IMU. Avrei bisogno di capire meglio quanto ho già chiesto ieri alla dottoressa Lapecorella.
  Sull'IMU, il tributo che pesa almeno per il 50 per cento sulle entrate, abbiamo a disposizione la differenza tra gettito previsto e gettito effettivamente realizzato perché, tutti gli anni, questo dato viene corrisposto, normalmente per regione, anche se immagino che questo derivi da dati disponibili persino per comune. Non stiamo parlando dell'IRPEF, per cui non c'è bisogno di fare una stima dell'evasione fiscale, ma di un dato puntuale.
  Non riesco a capire il nesso per cui, rispetto a un dato che è addirittura puntuale, Pag. 9cioè non stimato, alla fine inseriamo un tax gap che è sostanzialmente uniforme e non è nemmeno una media. Per quello che ricordo dei dati reali, non si può nemmeno dire che il 10 per cento sia una media, a parte il fatto che sarebbe comunque assurdo utilizzare una media nazionale.
  Riguardo alla risposta che lei ha dato sulla questione del catasto, è chiaro che, al massimo, quello può essere utilizzato per dire che ci sono delle disparità fra territorio e territorio. In quel caso, c'è un tema generale di equità, rispetto a quanto i cittadini debbano o non debbano pagare a parità di immobile, perché si ha la fortuna o la sfortuna di nascere in un comune piuttosto che un altro.
  Il tax gap dovrebbe essere un'altra cosa, cioè il differenziale, che conosciamo esattamente e puntualmente. Ora, avendo fatto la scelta, se ho capito bene, di partire dal dato del gettito incassato, possiamo girarla come vogliamo, ma si sa quanto manca per arrivare al gettito previsto.

  PRESIDENTE. A condizione che questo non danneggi i comuni dove si paga tutto.

  ROGER DE MENECH. Non lo dico per difendere un lavoro prudenziale che è stato fatto fino a oggi, anche perché, se arriviamo a un indice più incisivo, corriamo il rischio di penalizzare maggiormente quelli che hanno il catasto più aggiornato, ancora una volta.
  Su quest'aspetto, io starei molto attento, nel senso che il problema di fondo è che ci vorrebbe una revisione profonda del sistema catastale in tutto il territorio nazionale. Ci sono zone di questo Paese in cui la puntualità del sistema catastale è molto più accentuata rispetto alle altre zone del Paese. Questi dati si vedono chiaramente, per cui basta analizzarli.
  Per ricondurre tutto a un dato nazionale, se lo teniamo prudenziale, riusciamo a proteggere anche quelli che hanno già fatto uno sforzo di avvicinamento dei valori catastali e hanno fatto già un pezzo di quel percorso che in tutta Italia non è stato fatto. Altrimenti, secondo me, il rovescio della medaglia è che corriamo un rischio.
  Pur essendo d'accordo rispetto alle sue considerazioni, vorrei precisare due cose.
  Anche rispetto alle considerazioni molto complicate e tecniche, sono molto d'accordo con la strategia dell'onorevole Zanoni, per cui un lavoro di comunicazione sul metodo ai comuni sarebbe straordinariamente importante, perché questo aspetto si intreccia col fatto che non si tratta più di un trasferimento che dall'alto va verso il basso, ma di un trasferimento fra comuni, spesso vicini l'uno all'altro, che si parlano, creando un'attenzione nella pubblica amministrazione enorme.
  Su quest'aspetto di metodo, invito a una riflessione non soltanto il Governo, ma anche il Ministero dell'economia e delle finanze, per cercare di tradurre in maniera semplice la metodologia, che di per sé è complicata e che non potrà mai essere alla portata di tutti. Il tentativo di tradurla e di portarla nelle amministrazioni ha ancora più valore oggi perché il trasferimento non è verticale e vede i territori, di fatto, l'uno contro l'altro.
  In tal senso, vorrei sottolineare un'altra cosa. Il problema dell'IMU, quindi delle seconde case, s'intreccia con uno dei problemi più forti nel nostro Paese: lo spopolamento di alcune aree. Può sembrare impossibile, ma io credo che ci sia una connessione ormai diretta fra le dinamiche di spopolamento per cui le aree interne si spopolano a favore delle metropoli. Questo accade in tutta Europa e non solo in Italia, quindi è un dato sociale netto. Questo provoca il fatto che i comuni più piccoli, i comuni delle aree interne e i comuni di montagna si spopolano, quindi aumenta, di per sé, il numero delle seconde case, anno dopo anno. Lo si vede dalla tabella perché basta analizzare i dati, come ho fatto io sul Veneto. Aumentando il numero delle seconde case, aumenta la capacità fiscale di quei comuni, cui si riducono i fabbisogni perché hanno meno cittadini residenti e si riducono i servizi, con l'effetto indiretto dell'aumento dello spopolamento: il cittadino, invece di abitare nel comune di 500 o 600 abitanti, che non ha più un servizio perché non riesce a renderlo, si sposta e, nell'anno successivo, aumentano di nuovo le seconde case perché quel cittadino se ne è andato, e si riducono i servizi. Pag. 10
  Questo problema va al di là del compito del Presidente Marattin, che ringrazio della presenza. Dobbiamo fare una riflessione politica partendo da dati molto interessanti come quelli di oggi. Non c'è solo un problema per i comuni turistici e non è vero che questo è un problema delle seconde case turistiche. Oggi, c'è un'altra emergenza perché un pezzo del Paese si sta spopolando completamente, per cui dobbiamo cercare, anche con la fiscalità, di agevolare quei comuni, che sono un presidio. Potremmo anche accorparli e non soltanto agevolarli con le leve fiscali, magari facendo sinergia con accorpamenti, unioni di valle eccetera, come già si sta facendo, ma anche considerando ciò quando dobbiamo dare loro dei trasferimenti.

  LUIGI MARATTIN, Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Sulla comunicazione sono assolutamente d'accordo. So che l'ANCI da anni sta autonomamente facendola, ma, qualora fosse necessario, il Governo, nelle sue componenti tecniche, è più che felice di provare a comunicare questioni che, come veniva ricordato, sono abbastanza tecniche, ma ormai fondamentali.
  Parto dalla fine, aiutatemi se scordo qualcosa.
  L'onorevole De Menech mi ha un po’ tolte le parole di bocca, nel senso che il problema dello spopolamento, per quanto riguarda l'intenzione del Governo, è aggredibile soprattutto con il potenziamento, che ricorderete essere stato molto forte in questi tre anni, degli incentivi alle fusioni comunali. Ormai siamo arrivati al 50 per cento dei trasferimenti del 2010, per dieci anni corrisposti ai comuni che intendono fondersi, e non è escluso che nella legge di bilancio il Governo decida di potenziare ulteriormente questo meccanismo.
  Sul tax gap è già stata fornita una risposta, per cui vorrei solo ricordare che è vero quanto diceva l'onorevole Paglia, vale a dire che il tax gap non è una stima, ma un dato puntuale.
  Non è tanto un problema di fotografia statica, ma un problema di updating. Il pericolo di innalzare oggettivamente troppo – anche se, come ricordava il presidente, adesso la stima è molto bassa (l'1 per cento sull'impatto totale) – non sta nel fatto che non siamo sicuri della staticità della fotografia catastale, ma sta nel fatto che non siamo sicuri che quella fotografia che sia in linea con quello che realmente accade.
  Per fare un semplice esempio, posso dire che, nel caso di un'impresa che ha abbandonato un edificio, se l’updating non è stato veloce, quell'edificio è ancora accatastato, quindi c'è un gettito teorico, ma in realtà non c'è possibilità di recuperarlo incentivando la lotta all'evasione. Inoltre, essendo questa tensione all'aggiornamento molto eterogenea nel Paese, si possono creare dei problemi.
  È lapalissiano il fatto che la perequazione sia orizzontale perché, dal 2011 al 2015, sono intervenuti 8 miliardi e 431 milioni di tagli, quindi la scelta di invertire questo meccanismo è politica.
  Voglio anche spezzare una lancia a suo favore: in letteratura economica, la perequazione è verticale ed è forse più elegante, ma c'è anche la perequazione orizzontale. In molte narrazioni questa viene vista come uno sfregio, ma esiste un modello di perequazione orizzontale, che ha, come implicazione, quella che possiamo chiamare «competizione territoriale», com'è stato ricordato.
  Per rispondere alla senatrice Zanoni sui piccoli i comuni, posso dire che questa situazione, come veniva appunto già ricordato, è soprattutto dovuta al fatto che si tratta dei comuni con una base imponibile piuttosto consistente. Vorrei solo ricordare che, quando si dice che quei comuni hanno anche necessità speciali connesse all'essere comune montano, come riscaldare una scuola eccetera, in teoria, se facciamo bene il nostro lavoro, quella specificità è catturata sul lato fabbisogni standard.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Presidente Marattin per il suo intervento.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 8.40.