XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 120 di Mercoledì 19 luglio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 2 

Audizione di rappresentanti di Riscossione Sicilia Spa sul sistema della riscossione dei tributi negli enti locali (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del regolamento della Commissione) :
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 2 
Fiumefreddo Antonio , amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa ... 2 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 7 
D'Alì Antonio  ... 7 
Paglia Giovanni (SI-SEL-POS)  ... 8 
D'Alì Antonio  ... 8 
Paglia Giovanni (SI-SEL-POS)  ... 8 
D'Alì Antonio  ... 8 
Paglia Giovanni (SI-SEL-POS)  ... 9 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 10 
Fiumefreddo Antonio , amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa ... 11 
D'Alì Antonio  ... 11 
Fiumefreddo Antonio , amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa ... 11 
Paglia Giovanni (SI-SEL-POS)  ... 12 
Fiumefreddo Antonio , amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa ... 12 
D'Alì Antonio  ... 12 
Fiumefreddo Antonio , amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa ... 12 
D'Alì Antonio  ... 12 
Fiumefreddo Antonio , amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa ... 12 
D'Alì Antonio  ... 12 
Fiumefreddo Antonio , amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa ... 12 
D'Alì Antonio  ... 12 
Fiumefreddo Antonio , amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa ... 12 
D'Alì Antonio  ... 14 
Fiumefreddo Antonio , amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa ... 14 
D'Alì Antonio  ... 14 
Fiumefreddo Antonio , amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa ... 14 
D'Alì Antonio  ... 14 
Fiumefreddo Antonio , amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa ... 14 
D'Alì Antonio  ... 14 
Fiumefreddo Antonio , amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa ... 14 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 14 
Fiumefreddo Antonio , amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa ... 14 
D'Alì Antonio  ... 14 
Fiumefreddo Antonio , amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa ... 14 
D'Alì Antonio  ... 14 
Fiumefreddo Antonio , amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa ... 14 
D'Alì Antonio  ... 15 
Fiumefreddo Antonio , amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa ... 15 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 16 
Fiumefreddo Antonio , amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa ... 16 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e, successivamente, sul canale satellitare della Camera.

Audizione di rappresentanti di Riscossione Sicilia Spa sul sistema della riscossione dei tributi negli enti locali.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione, di rappresentanti di Riscossione Sicilia Spa. Ringrazio per la disponibilità l'avvocato Antonio Fiumefreddo, amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa, che ha accettato il nostro invito e a cui cedo subito la parola per lo svolgimento della relazione.

  ANTONIO FIUMEFREDDO, amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa. Grazie, presidente. Grazie per l'opportunità di illustrare i compiti e i risultati dell'attività di Riscossione Sicilia, che, come loro sanno, svolge in Sicilia l'attività riservata nel resto del Paese prima a Equitalia e, adesso, all'Agenzia delle entrate-Riscossione. Per ragioni che trovano fondamento nelle previsioni autonomistiche, quindi nella riserva costituzionale, in Sicilia la raccolta dei tributi erariali destinati allo Stato avviene a mezzo delle attività poste in essere da Riscossione Sicilia.
  Si tratta di una società partecipata, inizialmente con una presenza importante dell'Agenzia delle entrate, che è divenuta, via via, assolutamente marginale, quasi simbolica: quindi Riscossione Sicilia Spa è una società partecipata quasi totalmente dalla Regione.
  Le vicende che riguardano la riscossione in Sicilia sono ovviamente identiche a quelle che riguardano il resto del Paese e, in particolare, sono legate alla storia della riscossione in Sicilia, per certi versi anche famigerata. Infatti, l'organizzazione delle esattorie in Sicilia faceva capo ai cugini Salvo di Salemi e la sua impostazione, in termini di struttura, risorse umane e organizzazione, per tanti anni, ha risentito di questo peccato d'origine. Quella struttura, infatti, fu interessata da indagini importanti della magistratura, anche per fatti di mafia, che colpirono gli stessi titolari delle esattorie.
  Complessivamente, anche nel passaggio successivo, cioè dalla forma assolutamente privata di vuoto per pieno – che spiegherò – verso l'ingresso della banca Monte dei Paschi di Siena, lo spirito – oggi si direbbe la mission – non cambiò molto, nel senso che in Sicilia la riscossione rimaneva strettamente legata alla struttura, agli interessi e, comunque, alla forza d'ambiente – come si direbbe in scienze criminali – della politica intesa come presenza sul territorio.
  Tutto ciò ha portato a una riscossione assolutamente disomogenea e a grandi sacche di attività (e di patrimoni) sul territorio, inspiegabilmente lasciate per anni libere e franche rispetto agli oneri. Non spetta a me stabilire se questo sia avvenuto con dolo, cioè con un concerto diretto con chi, nel corso degli anni, rappresentava la Pag. 3Regione dal punto di vista politico, però posso dire che vi era un patto ambientale per cui la riscossione lambiva, ma non aggrediva, soprattutto i grandi patrimoni.
  Dopo questa premessa molto breve, voglio dire che, quando mi sono insediato nella società Riscossione Sicilia Spa, inizialmente vi era un consiglio di amministrazione e, solo dopo la riforma, si è passati alla figura dell'amministratore unico. Nel 2015 il dato fermo al 31 dicembre 2014 dava una riscossione pari a 480 milioni di euro, su un totale da riscuotere di 5 miliardi e 700 milioni di euro.
  Si tratta di un dato veramente agghiacciante, pari all'8 per cento di ciò che doveva essere riscosso. Quel dato, peraltro scomposto, dava ancor di più il senso della eterogeneità di questa riscossione: quell'8 per cento diventava il 25-26 per cento in relazione al contribuente dipendente e diventava il 3,62 per cento con riferimento ai contribuenti che dichiaravano più di mezzo milione di euro all'anno e che, a quel tempo, si stimava fossero 1.272 contribuenti in Sicilia.
  Potremmo dire che, più che una raccolta coattiva, era uno spontaneo versamento nella coazione, nel senso che non esistevano procedure di verifica, ma esisteva un principio che in questa sede desidero in un qualche modo denunciare e che riguarda tutto il sistema: il rifugio nella cosiddetta «inesigibilità».
  L'esattoria fa carte e produce documenti, ma non è tanto preoccupata dell'effettivo incasso, quindi dell'esazione delle somme, quanto piuttosto di poter attestare l'inesigibilità. Naturalmente, questo ha portato a punte di inesigibilità assolutamente omogenee con quelle che si registrano nel resto del Paese, nel senso che abbiamo un inesigibile per circa 150 miliardi di euro e il sistema Paese ha superato i 1.000 miliardi di euro di inesigibile.
  Sto parlando di costi assolutamente enormi per produrre carte e, soprattutto, sto parlando dell'assenza totale di studi di settore che consentissero di aggredire quelle fasce in elusione o di stilare, come abbiamo fatto dopo, quei protocolli che hanno consentito di individuare le sacche più propense a eludere o a sottrarsi, anche in maniera fraudolenta, all'esattoria.
  Al 2014 erano scarsissime anche le denunce ai sensi del decreto legislativo n. 74 del 2000 sulla sottrazione fraudolenta. Eppure, i dati in nostro possesso consentivano di appurare e di accertare imponenti patrimoni, con posizioni che ci preoccupavano. Voglio fare un esempio: la posizione più importante nel messinese è di 140 milioni di euro di mancato versamento relativo all'IVA; nel catanese la prima posizione è di 80 milioni di euro ed è identica la prima posizione nel palermitano, mentre è più bassa nel trapanese e nel siracusano.
  La geografia di ciò che non si riusciva ad esigere, quasi tutta relativa all'esazione dell'imposta sul valore aggiunto, quindi un moltiplicatore del fatturato, ci restituiva un quadro di contribuenti che riuscivano a sottrarsi all'esazione, composto, per lo più, di contribuenti sconosciuti, cioè non noti imprenditori o professionisti affermati, e ci consentiva di accertare che, per di più, le categorie interessate dalla mancata esazione, da questa vera e propria evasione, sono ed erano raggruppabili in alcune categorie commerciali: i pubblici appalti; i trasporti; il movimento terra; le onoranze funebri; l'economia che gira attorno all'ortofrutticolo e all'ittico. Si tratta di cinque attività che, in Sicilia, purtroppo, sono particolarmente a rischio di infiltrazione criminale e mafiosa.
  Abbiamo segnalato agli uffici delle procure distrettuali i tabulati con i nomi perché, per lo più, abbiamo presunto si potesse trattare (e si tratta) di prestanome, cioè di persone che, anche per l'età e le condizioni anagrafiche o per la mancanza di storia, hanno evidentemente l’identikit di un prestanome.
  Questa era stata fino a qualche tempo fa la diversità siciliana. Ho detto «era stata» perché dalle ultime proiezioni, anche le Regioni del nord del Paese, purtroppo, muovono nella stessa direzione, con un effetto imitativo in negativo.
  Per cercare di porre rimedio all'assenza della riscossione, intanto, abbiamo implementato l'infrastruttura tecnologica: reggendosi, oramai, la raccolta su flussi massivi, Pag. 4 abbiamo investito molto sulle procedure, anche cercando di ristabilire un rapporto prima con Equitalia e oggi con l'Agenzia e cercando di mutuare i software e le procedure informatizzate che, naturalmente, semplificano il nostro lavoro.
  C'è stato, quindi, un primo investimento sull'infrastruttura. Poi, abbiamo avviato, ovviamente con i limiti previsti dalla legge, anche una ristrutturazione interna, riguardante le risorse umane. Ho parlato dei limiti previsti dalla legge perché vige un blocco delle assunzioni, un blocco delle progressioni verticali, ma anche di quelle orizzontali che comportano costi aggiuntivi. Dunque, dobbiamo svolgere il nostro lavoro solo con le risorse attualmente disponibili.
  Malgrado queste difficoltà, abbiamo ristrutturato gli ambiti regionali. In precedenza, vi erano nove ambiti per nove province, mentre oggi abbiamo diviso la Sicilia in tre zone. Abbiamo ristrutturato completamente la politica degli immobili e, soprattutto, abbiamo imposto una serie di procedure contenute nel codice degli appalti e relative all'acquisto di beni e servizi, ottenendo sostanziosi risparmi. In un qualche modo, queste procedure venivano eluse dalla società con la giustificazione che, essendo stata presente nella società privata la banca per molti anni, non vi era alcun obbligo di avvalersi di procedura di evidenza pubblica. Evidentemente, non era questa la situazione, anche perché siamo stati, comunque, concessionari di un pubblico servizio. Quindi, abbiamo, per un verso, attivato seriamente una politica di risparmi molto severa e, per un altro verso, c'è stato l'incremento delle attività, con la creazione di un ufficio per i grandi morosi e con la stipula di protocolli d'intesa con le procure della Repubblica, l'INPS e l'Agenzia delle entrate, al fine di monitorare la storia prima della decozione di alcune imprese. Mi riferisco a chi si prepara al cosiddetto «botto fiscale». Tutto ciò ha portato a incrementi molto importanti.
  Dopo poco meno di due anni di attività, abbiamo portato la riscossione a quota un miliardo e 100 milioni di euro, quindi, di fatto, l'abbiamo raddoppiata. Questo risultato sembra eclatante, visto che partivamo veramente da zero, però, con umiltà, vorrei ridurlo, nel senso che è un risultato importante, ma è ancora lontano dalla performance che dovremmo avere, e non mi riferisco alla previsione di 5 miliardi e 700 milioni di euro, che è un budget assolutamente inattendibile, nel senso che, come loro sanno, al suo interno c'è di tutto e c'è veramente molto di inesigibile. Vorrei fare un esempio per tutti: la nostra società ha anche la necessità di recuperare le condanne inflitte agli scafisti, per cui potete immaginare in che modo e dove questo potrà mai avvenire. Ci sono anche altri ruoli che, oggettivamente, meriterebbero di essere rivisti perché, pur inchiodando a percentuali basse di riscossione, in verità, sono ruoli veramente da rivedere.
  La circostanza del raddoppio della riscossione ha consentito, peraltro, per la prima volta dopo diciannove anni, di riportare in attivo la società: chiudiamo questo bilancio, per la prima volta, con poco più di 38 milioni di euro di attivo, nonché al netto della definizione agevolata, cioè non considerando il dato dopato dalla definizione agevolata, che pure in Sicilia ha avuto dei risultati formidabili perché abbiamo rottamato 3 miliardi e mezzo di euro di cartelle. Naturalmente, questo è un dato grezzo che deve essere rivisto alla luce di chi poi effettivamente riuscirà a sostenere le cinque rate, però abbiamo appurato che c'è una distribuzione di medio debito e ciò incoraggia a pensare che avremo anche una scarsa falcidia rispetto a questi 3 miliardi e mezzo di euro, che portano un flusso molto importante per i prossimi anni (una tantum) e che intendiamo investire, per lo più e ancora una volta, nell'infrastruttura tecnologica.
  Non spetta a me entrare nel dibattito circa l'utilità o meno di un sistema regionale della riscossione. Io posso dire che, dal punto di vista organizzativo, l'organizzazione regionale, se funziona, è certamente più attenta al territorio: si giova di maggiori presidi sul territorio, di una maggiore conoscenza e di una maggiore collaborazione anche con le altre strutture, quindi, dal punto di vista della pervasività del Pag. 5sistema, se efficace, non c'è dubbio che l'organizzazione regionale porta maggiori entrate alla Regione e allo Stato.
  Naturalmente, per la Sicilia bisognerebbe fare un ragionamento a parte. Lo faccio davanti a questa Commissione, che ha una predilezione per questi temi. Trattare la Sicilia alla stessa stregua delle altre Regioni, senza tener conto di un deficit strutturale e infrastrutturale, quindi dei costi di cui si fanno carico, per lo più, le attività di impresa, non rende giustizia degli sforzi compiuti.
  Tutti conoscono la nostra realtà anche dal punto di vista del trasporto delle merci e della mobilità: è molto più semplice per noi raggiungere Roma che non muoversi da Catania a Trapani. Di tutto questo non si tiene conto, anche se la Sicilia soffre molto questa condizione e soffre più di altre Regioni, presidente, una condizione veramente giunta all'esasperazione relativamente alla compensazione debiti-crediti con la pubblica amministrazione. In tal senso, la spinta che ci viene dai contribuenti più importanti è quella di utilizzare anche questa sede per invocare una correzione o un intervento del legislatore che consenta, anche in sede di definizione agevolata, di portare in compensazione i crediti.
  In Sicilia ci sono imprese che vantano milioni e milioni di euro di crediti e c'è la più bassa percentuale di compensazione del Paese. Questo è dovuto anche all'indebitamento che le imprese hanno con il sistema del credito: in qualche modo i loro crediti sono, purtroppo, già compensati con il sistema creditizio e le imprese non riescono a effettuare queste compensazioni, anche qualora lo volessero. C'è una difficoltà enorme con la pubblica amministrazione, che, nei dodici mesi previsti, non paga, pertanto, oggi, in sede di definizione, ci ritroviamo con molte imprese importanti che rischiano la chiusura e che devono pagare una prima maxi rata entro il 31 di luglio, pur potendo compensare.
  In maniera accorata, vi chiedo, anche perché mi è stato richiesto dalle associazioni di categoria, ma anche dai singoli contribuenti, di considerare questo importante problema che avvertiamo fortemente.
  Devo dire che abbiamo cominciato ad aggredire quei patrimoni di cui vi parlavo, con risultati importanti grazie a una collaborazione forte con la Guardia di finanza, ma anche con le prefetture. C'è un rapporto molto importante, per esempio, con la prefettura di Palermo e stiamo studiando in che modo possiamo mettere a disposizione anche delle questure e dell'Ufficio Misure di prevenzione la nostra banca dati; infatti, i profili di alcuni contribuenti consentono anche di riscontrare o di segnalare o di allertare rispetto all'inquinamento in certi settori, quindi consentono una migliore tutela dell'economia e una migliore possibilità di preservarla.
  In tal senso, in sede di Comitato provinciale per l'ordine pubblico e la sicurezza pubblica abbiamo discusso con il prefetto di Palermo e siamo quasi pronti ad adottare un protocollo che consenta alla prefettura di entrare nelle nostre banche dati, ovviamente schermandosi anche nei nostri confronti, cioè conservando il principio di segretezza delle indagini. Un ragionamento in questo senso è stato avviato anche con la procura distrettuale della Repubblica di Catania, con il procuratore Zuccaro, immaginando che ai magistrati che si occupano di crimini contro l'economia si dia la possibilità di accesso diretto per verificare alcune posizioni. Questo lavoro è stato fatto sul piano dell'aggressione, della repressione e della deterrenza rispetto ad alcuni fenomeni.
  Rimane la necessità di sottolineare che gli sforzi che si compiono dovrebbero portare un miglioramento. A questo proposito prevediamo di arrivare, entro il 2018, a un miliardo e 440 milioni o, al massimo, a un miliardo e mezzo di euro di riscossione. Non saremo in grado di fare di più con le strutture di cui disponiamo, ma pensiamo che, rispetto a questa situazione, si debba considerare anche il dato relativo alla depressione economica del Paese. Le sale d'attesa dei nostri uffici sono piene di povera gente che viene a pagare. Ci sono interi settori che rimangono fuori dalla riscossione, uno fra tutti – ce ne stiamo occupando in queste settimane – è quello della sanità. La sanità privata è convenzionata. Pag. 6 Pur dando la possibilità all'esattoria di avere una riscossione certa, perché può prendere il denaro direttamente presso le ASP, in maniera ovviamente razionale ed intelligente (c'è il personale e ci sono i debiti delle società), abbiamo potuto registrare, negli ultimi dieci anni, un debito di 517 milioni di euro, fortunatamente ancora non prescritto o non del tutto prescritto, quindi procedibile. In merito, stiamo agendo e ci rendiamo conto delle difficoltà che deriveranno, in quanto l'unico modo di agire che abbiamo è quello di prendere il denaro presso le ASP, il che, in un qualche modo, può provocare uno scompenso per un sistema che, negli anni, non è stato neppure lambito dalla riscossione.
  In Sicilia la stessa circostanza si è verificata per le strutture petrolifere. Per le piattaforme sul demanio marittimo non veniva richiesto il pagamento di alcun canone, diversamente da quanto avviene nel resto del Paese. A Ravenna i canoni vengono pagati e ci sono state delle sentenze al riguardo, mentre, in Sicilia, i canoni non si pagano.
  Quello del demanio marittimo è un altro problema enorme: la nostra è un'isola e abbiamo difficoltà enormi, persino di individuazione precisa delle aree. Anche su quest'aspetto, stiamo lavorando con la Regione per l'esazione dei ruoli. Alcune concessioni sono state rinnovate negli anni, pur in assenza di qualunque saldo. Abbiamo, quindi, messo in cantiere una serie di azioni che nascono da un ragionamento molto chiaro, cioè evitare di assillare il medio contribuente, che – lo devo dire – paga, cercando di portare avanti un'azione anche legalitaria rispetto al grande contribuente e, soprattutto, verificando che effettivamente si tratti di contribuenti ai quali corrisponde un'attività economica ed imprenditoriale vera.
  In tal senso, il problema della fiscalità nell'isola incontra dei paradossi, soprattutto riguardo alla fiscalità locale. Tenete conto che in Sicilia, al 31 dicembre 2016, erano iscritti ancora a ruolo circa 357.000 persone decedute e i comuni non provvedono a cancellarli. La seconda provincia in Sicilia, dopo Palermo, non è Catania, ma è fatta di deceduti: 58.000 nel comune di Palermo e 19.000 nel comune di Catania. Ciò dà luogo a forzature di bilancio perché queste persone decedute vengono iscritte a ruolo, ma non esistono. Sottolineo che non abbiamo neanche la possibilità di perseguire gli eredi perché il decesso è precedente all'iscrizione. Noi richiediamo continuamente che le persone decedute siano depennate.
  Ci sono dei paradossi che resistono, ma c'è anche un problema reale che il legislatore deve affrontare inerente alla difficoltà legata alla quota di fiscalità che c'è in questa terra. Mi riferisco all'abbandono dei territori, soprattutto con riferimento alla popolazione più giovane, che oramai va via per studiare o per lavorare, quindi rimane solo chi non ha nemmeno la possibilità di pagarsi il biglietto aereo. Si tratta di un problema estremamente grave.
  In questo senso, una riforma sempre più attenta alle difficoltà federate del Paese non può non tenere conto di questa disomogeneità, che non è una specificità alla Regione Sicilia.
  Vorrei spendere, in ultimo, una parola assolutamente positiva. Abbiamo ereditato una condizione difficile del Paese, però ritengo che nel raddoppio della riscossione, nelle azioni messe in campo e nel non guardare in faccia nessuno e fare il nostro dovere, c'è un segnale positivo per il Paese. Nell'essere stati tra i primissimi per la definizione agevolata e nell'aver toccato per la prima volta alcuni santuari, anche criminali, vi è un messaggio positivo per il Paese: c'è una capacità di ripresa importante.
  Il mio timore è che, quando si denunciano le cose che attengono e afferiscono alla Sicilia, si crei un unicum, pur non essendo questa la situazione perché vi è anche una capacità di reazione molto forte. In questo senso, c'è un'attività di sensibilizzazione e c'è un ruolo molto importante, per esempio, degli ordini professionali, con cui collaboriamo molto, anche al fine di aiutarli e sostenerli. Gli ordini, peraltro, sono stati di grande sostegno nella procedura di definizione: abbiamo ridotto gli sportelli, ma abbiamo previsto presidi in Pag. 7tutti gli ordini e in tutte le attività professionali.
  Questo sforzo è, secondo me, positivo per il sistema Paese, però, adesso, c'è bisogno di interventi. Uno per tutti riguarda il fatto che la nostra società non è ammessa alla piattaforma tecnologica SOGEI, il che è una assurdità e, per noi, rappresenta un problema enorme, nonostante, dal 2011, chi mi ha preceduto lo abbia segnalato. Raccogliamo per lo Stato, ma, secondo una vecchia circolare del MEF, non ci è concesso di entrare nella piattaforma SOGEI, il che è un suicidio per lo stesso Stato. Non disponiamo, quindi, facilmente dell'accesso ai flussi e alle informazioni: tenete conto che abbiamo la disponibilità di accessi finanziari soltanto da un anno e mezzo perché prima eravamo fermi all'anagrafe tributaria, per cui, se una persona risultava nullatenente, la procedura si fermava ed è chiaro che, se questa persona vuole sottrarsi ai controlli, risulterà nullatenente.
  Ci sono meccanismi amministrativi rispetto ai quali chiedo l'aiuto autorevole del presidente e dei membri di questa Commissione. Risolvere il problema dell'accesso alla SOGEI per noi sarebbe un salto in avanti formidabile. Tenevo a darvi questa informazione.

  PRESIDENTE. Grazie. Credo che ci siano tanti elementi di riflessione.
  Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANTONIO D'ALÌ. Intanto ringrazio l'avvocato Fiumefreddo per averci fornito informazioni sicuramente interessanti, che, peraltro, integrano altre informazioni da lui rese al Parlamento anche in sede di altre Commissioni. In merito, vorrei dei chiarimenti.
  Purtroppo, dal punto di vista storico, sono figlio di un periodo precedente a quello in cui è stata prevista la scuola dell'obbligo, quindi un nozionista. Il breve flash storico che lei ci ha delineato è interessante, ma mancano le date, quindi le sarei grato se lo potesse cadenzare con le date. Così come, rispetto alla partecipazione della Regione, lei ha detto che è quasi totale, ma vorrei avere una quantificazione. Vorrei sapere a chi fa capo la piccola quota non in possesso della Regione. Lo chiedo solo per inquadrare quanto ha detto al meglio.
  Lei ha parlato di due versanti. Per quanto riguarda quello dell'attività pura di riscossione, ha evidenziato un'inesigibilità pari a 150 miliardi di euro, contro i mille miliardi dell'Italia, quindi, se non proprio in linea, un po’ sopra la percentuale media nazionale. Precedentemente lei aveva denunciato, se ben ricordo, una inesigibilità – lo ha detto in sede di Commissione antimafia – di 50 miliardi di euro, di cui 22 a rischio di prescrizione. Questo è interessante, ma vorrei capire quanto di questa cifra ormai è soggetto a prescrizione e che cosa si sta facendo per evitare che la prescrizione possa interessare ancora più cospicue risorse.
  Lei ha anche parlato, più che da riscossore, da accertatore. Qual è il rapporto della società Riscossione Sicilia Spa con l'Agenzia delle entrate? C'è una défaillance da parte dell'Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza? Lo chiedo perché gli accertamenti normalmente vengono effettuati dalla Guardia di finanza e dall'Agenzia delle entrate, per cui la società di riscossione deve eseguire un'attività conseguente a quegli accertamenti. Vorrei capire quali sono i rapporti e vorrei capire se Riscossione Sicilia Spa si è occupata anche di accertamenti, al di là della consistenza patrimoniale del debitore, dal punto di vista del debito fiscale da parte del contribuente. Quanto ha detto è interessante, ma bisogna capire, come dicevo, quali sono i rapporti con le istituzioni che sono preposte all'attività di accertamento, cioè la Guardia di finanza e l'Agenzia delle entrate.
  Lei ha citato i settori a maggior rischio dal punto di vista delle infiltrazioni, che ritengo siano anche i settori maggiormente interessati dal mancato pagamento. Ha citato – giustamente, senza fare nomi – casi eclatanti che riguardano centinaia di milioni di euro di singoli rapporti interessati da evasione dell'IVA. Vorrei capire se c'è un accertamento rispetto a tale evasione e da chi è effettuato, prima di essere trasmesso Pag. 8alla vostra società per l'attività di riscossione.
  Nelle sue precedenti audizioni, ha citato marginalmente, alla fine del suo intervento, come principali morosi della Regione Sicilia, i comuni. Vorrei capire se i comuni risultano effettivamente morosi in quanto tali, ossia come soggetti debitori, e non per attività che i contribuenti effettuano tramite i comuni, di cui le multe rappresentano il caso eclatante di mancato pagamento. Vorrei sapere se effettivamente queste cifre così considerevoli di mancato pagamento sono reali. Non si può parlare di evasione per il comune perché il comune ha le carte in chiaro o, almeno, dovrebbe avere le carte in chiaro, quindi può essere un cattivo pagatore, ma non un evasore.
  Ritengo anche che sia interessante la nuova attività che la società Riscossione Sicilia Spa sta mettendo in atto. La questione della SOGEI mi era sconosciuta, ma presenteremo un emendamento nella prossima manovra finanziaria al riguardo, se siamo in tempo. Altrimenti, lo faremo in occasione del primo provvedimento utile. Mi sembra paradossale il fatto che sia necessaria una legge perché la SOGEI trasmetta i dati a un riscossore dello Stato. In effetti, Riscossione Sicilia Spa, presidente, è un riscossore per conto dello Stato, oltre che per conto della Regione e dei comuni, e fa parte, comunque, dell'ex Equitalia perché, al di là dello stretto, c'è sempre stata Riscossione Sicilia Spa e non c'è mai stata Equitalia.
  Veramente mi sembra paradossale che Riscossione Sicilia Spa non possa utilizzare gli stessi strumenti che utilizzava Equitalia e che, adesso, l'Agenzia delle entrate, succedanea di Equitalia, può utilizzare sul resto del territorio nazionale. Se occorre una legge, allora, proviamo a fare una legge, ma – lo ripeto – questo mi sembra veramente paradossale.
  Ha fatto anche cenni simpatici sulle strutture petrolifere che non pagano. In realtà, quelle strutture petrolifere non pagano delle miserie. Ho sollevato una questione in Parlamento sui canoni delle concessioni a mare...

  GIOVANNI PAGLIA. Non ci riferiamo ai canoni, ma all'IMU.

  ANTONIO D'ALÌ. A mare? Credo che in Sicilia le concessioni si debbano pagare tramite Riscossione Sicilia Spa.

  GIOVANNI PAGLIA. Oltre ai canoni, ci sono l'IMU e l'ICI. Nel mio comune, parliamo di una cifra 80 milioni di euro...

  ANTONIO D'ALÌ. Vorrei capire se l'accenno dell'avvocato Fiumefreddo si riferiva solamente ai canoni, che sono – lo ripeto – assolutamente irrisori e fermi a trent'anni fa. Credo che per un chilometro quadrato di mare la concessione per le prospezioni preveda un canone di 5 euro all'anno. Abbiamo sollevato la questione in Parlamento e ne abbiamo discusso, ma il Governo è sempre stato fermo sulla posizione di non adeguamento dei canoni.
  Mi ha impressionato il fatto che lei abbia detto che i concessionari del demanio marittimo regionale non pagano. Sappiamo che, in Sicilia, tranne pochissime entità legate ancora la portualità nazionale, le aree in concessione sono tutte concesse, dal punto di vista dell'attribuzione al concessionario, dalla Regione. Le capitanerie di porto svolgono una funzione di agente del demanio marittimo regionale per quanto riguarda la concessione e immagino che Riscossione Sicilia Spa debba svolgere il suo ruolo per quanto riguarda le riscossioni. Normalmente, sono coloro che non pagano ad essere iscritti a ruolo, non quelli che pagano.
  Questo è un altro dato interessante perché, come sottolineava l'avvocato Fiumefreddo, è noto che la Sicilia ha uno sviluppo costiero assolutamente interessante, anche dal punto di vista del turismo, quindi bisogna capire se ci sono le possibilità di migliorare l'equilibrio del bilancio complessivo della Regione, attraverso un corretto utilizzo della fiscalità, basandosi sul principio che abbiamo sempre affermato: se tutti pagano, meno si paga.
  È giusto dirlo perché la mancanza di capacità di riscossione, non addebitabile certamente solo all'istituzione, ma anche al Pag. 9contesto complessivo sociale, non può incidere sui soliti noti che pagano. Ci sono i soliti noti che non pagano, ma ci sono anche quelli che pagano e questa discrasia, che grava sempre di più su chi paga, provoca alcune conseguenze dirette.
  Mi piacerebbe sapere se lei dispone del dato sull'evasione della TARI in Sicilia perché sappiamo che il problema dei rifiuti in Sicilia è uno dei problemi maggiormente gravi in questo momento. In questo caso, l'evasione può riguardare due fronti: quello del singolo cittadino contribuente, che, peraltro, subisce tariffe anche al di sopra della media nazionale, e quello degli operatori. Lei ha citato molti settori a rischio e, secondo me, quello dei rifiuti è uno dei principali. Non so se la sua è stata, nell'esemplificazione, una dimenticanza non voluta e le chiedo se può dirmi che cosa accade in Sicilia dal punto di vista della riscossione nel settore dei rifiuti. Tale dato sarebbe molto utile.

  GIOVANNI PAGLIA. Prima della sua audizione, ero uno di quelli che aveva alcune perplessità, già espresse in passato, riguardo al fatto che la Sicilia avesse un proprio ente di riscossione autonomo rispetto alle altre Regioni italiane e devo dire che le ho conservate. Da un punto di vista organizzativo, non c'è alcun dubbio – questo vale per la Sicilia, come per qualsiasi altro territorio italiano – che un'organizzazione che si doti di presidi territoriali funzioni meglio di una che opera solo in modo centralizzato. D'altra parte, lei conferma che esistono problemi di natura ambientale. Non credo che questi siano amplificati in una Regione come la Sicilia, ma, in quanto tali, potrebbero determinarsi ovunque. Per questo motivo, ho sempre avuto delle perplessità rispetto a organizzazioni che ricalchino esattamente, sul piano organizzativo, la forma politica di un territorio, anziché rispondere a un criterio di natura più generale e nazionale.
  Queste perplessità che avevo sull'esistenza stessa di Riscossione Sicilia Spa rimangono. Il mio non è un giudizio sul lavoro che viene svolto, anche perché, certamente, le stesse persone potrebbero svolgere lo stesso lavoro rispondendo a un altro principio gerarchico, ma rimango convinto delle mie perplessità.
  L'altro dato che mi ha colpito come segnale e che riporto per un approfondimento su base nazionale, è quello sull'adesione alla rottamazione. È stupefacente la corsa per aderire a un condono, quando precedentemente c'era stato un rifiuto netto. Non mi riferisco alla fase finale, in cui evidentemente sono maturati interessi e sanzioni tali per cui si può ragionevolmente sperare che, prima o poi, il condono arrivi. Mi riferisco, invece, alla fase iniziale in cui questi non sono ancora maturati, per cui ci si chiede il motivo dei 3 miliardi e mezzo di ora, rispetto al un rifiuto di qualche anno fa ad adempiere in modo volontario. Ciò è difficilmente spiegabile e non credo che ci sia semplicemente un tema di carattere nazionale su quest'aspetto.
  Tra le domande che vorrei porle una riguarda i grandi evasori, per i quali lei parlava di 80 milioni di euro di evasione IVA, che rimandano fatturati di svariate centinaia di milioni di euro. Lei prima parlava della difficoltà di aggredire tali patrimoni anche perché si tratta di prestanome. Parliamo di ditte individuali? Considerando che esistono ditte individuali con svariate centinaia di milioni di euro di fatturato, non si dovrebbe arrivare al momento della riscossione per capire che qualche problema probabilmente c'è. Quella situazione non è normale perché quella non sarebbe la forma organizzativa propria di un'attività con quel livello economico.
  Ciò mi porta alla domanda con cui concludo. Quello dell'aggredibilità dei patrimoni non è un problema solo siciliano. D'altronde, è stato detto prima: punto percentuale più o punto percentuale in meno, in realtà la mole del non riscosso e del non aggredibile in Sicilia è alta, ma non è che nel resto del Paese sia particolarmente più bassa perché, se si osservano, i dati di Equitalia sono una mostruosità da questo punto di vista.
  Quello che chiedo anche a lei, come lo chiedo normalmente quando rappresentanti di Equitalia vengono in audizione, è se ci sono dei consigli per rendere più aggredibili questi patrimoni. L'altro giorno dicevo Pag. 10 scherzando, ma neanche poi tanto, che sarei per superare il limite dell'intangibilità dei parenti di primo e secondo grado, come minimo. Quello sarà anche un principio giuridico giusto, ma arriva, di fatto, a essere un principio giuridico di impunità.
  Al di là di ciò, mi chiedo quali possano essere i consigli perché questo diventi un punto centrale: non serve a niente né accertare né dare avvio alle attività di riscossione, se, al momento finale, si arriva a scoprire che l'80 per cento risulta ufficialmente in mano a nullatenenti.

  PRESIDENTE. La prima cosa che mi interessa chiederle riguarda il caso specifico della Sicilia. Sappiamo che Equitalia è stata interessata, almeno nominalmente, da una grandissima riforma in cui l'organo accertatore e l'organo riscossore sono sostanzialmente condensati nel medesimo soggetto. Questo ovviamente non riguarda la Sicilia e non può riguardarla perché il vostro è un soggetto autonomo, però il tema dell'aggio, per me, rimane equivoco in Sicilia, nel momento in cui non si capisce perché il contribuente debba pagare un aggio a un soggetto riscossore che è esattamente quello che accerta, in quanto svolge il servizio per se stesso.
  Vorrei sapere qual è il livello dell'aggio in Sicilia, in rapporto a quello che era e probabilmente (purtroppo) sarà praticato da Equitalia. Questa è la prima questione che sollevo perché si tratta di un altro onere non indifferente che grava sul contribuente finale.
  La seconda riflessione è relativa al concetto federalista. Quello della Sicilia è l'unico caso in Italia in cui sostanzialmente, al di là di quello che si verificherà o si è verificato nei comuni, in termini effettivamente di strutturazione seria e importante, la riscossione avviene sul territorio e avviene sul soggetto, per cui, alla fine di un giro strano, si dovrebbero trovare le risorse.
  Al netto delle considerazioni di carattere «ambientale», che ovviamente condizionano particolarmente questa realtà, non sono molto d'accordo con l'onorevole Paglia su quest'aspetto e penso che, sotto l'aspetto teorico, l'esperienza della riscossione in capo al soggetto che, alla fine, ne beneficia dovrebbe incentivare alla riscossione rispetto al caso in cui la riscossione sia in capo a un soggetto che rispetto ad essa ha un interesse non immediato e indiretto. Al netto di questa considerazione e al netto del percorso di miglioramento che farà Riscossione Sicilia Spa anche in futuro, questo tipo di esperienza, secondo me, deve essere valutata nell'ottica di una ristrutturazione di tipo federalista anche rispetto ad altre realtà.
  La terza e ultima riflessione riguarda la capacità di riscossione, ma anche i metodi di riscossione. Faccio un esempio concreto per capire come può funzionare il sistema. Alla fine di un lunghissimo ed estenuante processo, riuscite a mettere all'asta una mega villa con piscina di un boss mafioso. La pubblicità che date a quest'asta è una pubblicazione su un bollettino che non legge nessuno o la pubblicizzate in Giappone o in Russia o in giro per il mondo per vedere se c'è qualche miliardario disposto a partecipare alla gara, anziché aspettare che questa vada inesorabilmente deserta? Quali sono gli strumenti di marketing e di approccio per cui valorizzare al massimo i cespiti al fine del recupero?
  Lo chiedo perché è chiaro che, se c'è una villa che può valere 5 milioni di euro, ma questa viene pubblicizzata sul sito internet o sul bollettino, non partecipa nessuno né al primo incanto, né al secondo né al terzo. Certo, se magari si pubblicizza a Mosca o a Los Angeles o da qualche altra parte, può darsi che si trova qualcuno interessato a partecipare e si può incassare la somma.
  Nonostante tutte le procedure farraginose, quello che mi manca da capire è l'anello terminale di queste procedure, cioè come attivare l'interesse. A questo punto, siccome possono partecipare alle gare per le aree demaniali i giapponesi a Ravenna o a Trapani, non capisco perché non si debba attivare un processo di sollecitazione d'interesse internazionale su alcuni cespiti particolarmente interessanti.
  Questa era una mia curiosità personale, ma, vedendo empiricamente come funziona Pag. 11 la procedura, può darsi che questo sia un elemento di grande possibilità di miglioramento.
  Grazie per le sue risposte ai colleghi e alle mie provocazioni.

  ANTONIO FIUMEFREDDO, amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa. Grazie, presidente.
  Il senatore D'Alì ha posto una serie di questioni. Il senatore ha maggiore esperienza rispetto alla mia e conosce molto meglio di me lo sviluppo delle attività esattoriali in Sicilia. Naturalmente, io mi riferisco al periodo dagli anni Settanta e Ottanta fino all'inizio degli anni Novanta.

  ANTONIO D'ALÌ. Scusi se la interrompo. Siccome è stata istituita una commissione di inchiesta sul settore bancario e ho chiesto che, tra gli argomenti su cui indagare, siano inserite anche le partecipate delle banche dedicate al settore della riscossione, è interessante capire per quanto tempo la banca Monte dei Paschi di Siena ha tenuto Riscossione Sicilia Spa? Non voglio un giudizio valutativo da parte sua, anche perché potrebbe rifiutarsi di darmelo, però vorrei sapere, grosso modo, qual è stata l'evoluzione nel periodo di Monte dei Paschi di Siena.

  ANTONIO FIUMEFREDDO, amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa. In realtà, c'è stata un'involuzione. Le rispondo subito.
  Come ho detto ai vertici della banca Monte dei Paschi di Siena, il problema è che la logica dei cugini Salvo, al riparo dalle vicende giudiziarie, cioè la logica dell'impresa esattoriale, non è cambiata con l'avvento di Monte dei Paschi di Siena. Come dicevo all'inizio, quella logica non è cambiata neppure nella prima fase di gestione regionale. Ho parlato di un patto criminale, che sembra un'espressione forte, però, nel momento in cui si decide che su un territorio la riscossione, di fatto, non esiste e può diventare una leva formidabile per danneggiare qualcuno, cioè, se la riscossione diventa un danno nei confronti di qualcuno, nello stesso momento in cui è un vantaggio nei confronti di altri, quello è un esercizio criminale della riscossione.
  In Sicilia, terra, alla stregua di altre, molto attenta alla gestione del potere, quindi anche a questa leva fiscale, la riscossione è stata parte di questo patto criminale, che – senza voler dare colpe a nessuno – non è terminato con l'ingresso di Monte dei Paschi di Siena. Dagli anni Ottanta e Novanta fino al 2006, in realtà, la banca prima è entrata nella società, essendo ancora presente nel capitale la famiglia Salvo, e dopo è diventata socio maggioritario; l'altro socio è la Regione. Anche in quel caso, non c'è stato alcun progresso sulla riscossione, cioè non è mutato nulla, e c'è stato un disprezzo totale delle procedure di evidenza pubblica, immaginando di poter agire come istituto creditizio e non come concessionario di un servizio pubblico. Si tratta di una gravissima e lapalissiana violazione. Tant'è vero che ci siamo ritrovati con affidamenti milionari non sottoposti a gara e, quando la legge ha imposto ai privati di lasciare la società, con una cessione di quelle quote, ho presentato un esposto alla procura presso il tribunale di Palermo perché ci fu un'elaborazione del prezzo, con un meccanismo di tenuta dei debiti, assolutamente leonina e fortemente influenzata dal potere politico centrale. Va detto che le operazioni societarie in Sicilia non sono mai state operazioni siciliane e hanno risentito, in maniera anche criminale, di centrali affaristiche politiche «imprenditoriali» nazionali.
  Non è mia, ma dell'ex direttore de Il Corriere della Sera, la definizione sul Monte dei Paschi di Siena e su che cosa è accaduto. In Sicilia, quando Monte dei Paschi di Siena lascia la società, per valutarne la quota, viene stimato un inesigibile per 650 miliardi di lire, il che è assolutamente fuori dal mondo. Dopodiché, la banca presta a Riscossione Sicilia Spa il denaro per comprare le quote che la banca venderà alla Regione e, successivamente, apre una scopertura al 5 per cento di tasso di interesse per pagare gli interessi.
  Si tratta di un meccanismo assolutamente fuori da ogni regola, con una serie di riservate degli amministratori del tempo, Pag. 12che denunciavano pressioni politiche fortissime, non siciliane. Sulla questione di Monte dei Paschi di Siena e sul modo con cui hanno agito gli amministratori del tempo, anche perché, oggi, vi è una compagine totalmente diversa...

  GIOVANNI PAGLIA. Di quale periodo stiamo parlando?

  ANTONIO FIUMEFREDDO, amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa. Del periodo 2006-2011, in particolare. Si tratta delle due operazioni finanziarie che costeranno alla Sicilia all'incirca mezzo miliardo di euro. Il vero problema è la zavorra che ha mantenuto la riscossione, in termini societari.
  C'è stata un'operazione opaca che abbiamo avuto modo di rappresentare ai responsabili attuali di Monte dei Paschi di Siena e devo dire che, oggi, abbiamo trovato una disponibilità seria a discuterne. Abbiamo anche attivato una procedura in sede civile, richiedendo indietro 130 milioni di euro, che sono appunto somme che, a nostro modo di vedere, non dovevamo versare.
  Con ciò, voglio dire che, con Monte dei Paschi di Siena, nel Paese inizia una delle prime operazioni di confusione dei problemi bancari e del credito con la riscossione. In quel momento, nelle 34 strutture che gestivano la riscossione nel Paese, si poteva in qualche modo riguadagnare una impostazione di tipo europeo. Con l'arrivo della banca, si dà un colpo mortale perché la riscossione, per ovvie ragioni di flussi di denaro, viene zavorrata di pesi che appartenevano al sistema creditizio. Quella della riscossione è diventata una bad company vecchio stampo, il che è veramente tragico per il Paese perché è il motivo alla base delle inesigibilità storiche che vi ho illustrato.
  Per rispondere al senatore D'Alì anche su questo punto, vorrei precisare che l'inesigibilità ovviamente è diversa dalla prescrizione, cioè molte inesigibilità sono tali a prescindere dalla prescrizione; quindi, quando io parlavo dei 50 miliardi di euro, con riferimento, peraltro, ad alcuni crediti prescritti, questi sono ovviamente inesigibili oggi per la prescrizione, ma sono...

  ANTONIO D'ALÌ. Dei 50 miliardi, 30 miliardi sono di crediti prescritti e 22...

  ANTONIO FIUMEFREDDO, amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa. E 22 non lo sono ancora.

  ANTONIO D'ALÌ. Quei 50 miliardi non sono tutti prescritti?

  ANTONIO FIUMEFREDDO, amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa. Quelli non sono tutti prescritti. Abbiamo completato le procedure per i 22 miliardi di euro, ma non so quante riusciremo a completarne in maniera...

  ANTONIO D'ALÌ. Avete interrotto i termini?

  ANTONIO FIUMEFREDDO, amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa. Certo, abbiamo interrotto i termini.
  Ci sono posizioni incredibili. Pare che la nostra terra, secondo la profezia sciasciana, renda ineducati persino quelli che sono severi.
  Non c'è dubbio che gli americani hanno un sistema fiscale con pene severissime per chi lo viola.

  ANTONIO D'ALÌ. C'è una fase di negoziato...

  ANTONIO FIUMEFREDDO, amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa. Assolutamente.
  In Sicilia, abbiamo un grande problema con gli americani, tra gli altri. La base degli Stati Uniti d'America a Sigonella ha un debito con Riscossione Sicilia Spa di oltre 12 milioni di euro, per le ritenute previdenziali ai lavoratori italiani, quindi, in Sicilia, c'è un problema persino con gli americani.
  Il problema è che nessuno ha chiesto loro il dovuto: solo da qualche mese abbiamo chiesto ciò che non è prescritto, ossia 12 milioni di euro, anche se le somme Pag. 13dovute erano maggiori di quella cifra, e nessuno le aveva chieste con il presupposto che «non si possono chiedere i soldi agli americani», come se stessimo dichiarando guerra agli Stati Uniti e ci fosse una sorta di guarentigia. Ora, stiamo agendo e, sul prescritto, stiamo facendo l'impossibile. Naturalmente, si tratta di una corsa contro il tempo e, poi, bisogna vedere come andranno le procedure.
  Non tutti i comuni in Sicilia pagano. I piccoli comuni mediamente pagano e la posizione debitoria riguarda, se non erro, 283 comuni, che è una cifra notevole: c'è chi ha poche migliaia di euro di debito e c'è chi, come il comune di Catania, non paga le ritenute ai lavoratori, il che è un problema molto serio. Tale situazione, che abbiamo segnalato, ha provocato uno scandalo e di essa si è occupata anche la stampa. C'è il contributo figurativo, ma poi siamo noi a pagare perché l'INPS vede che c'è un buco.
  Ci sono comuni che non pagano le ritenute ai propri dipendenti e che non pagano il servizio della raccolta dei rifiuti. Poi, per le autovetture, non si paga il bollo. È veramente difficile per un sindaco chiedere al cittadino di pagare la tassa sulla nettezza urbana, che, condividendo l'osservazione del senatore, è un importo davvero esoso in Sicilia, per cui molte famiglie non possono permetterselo. Secondo il nostro ultimo studio, che risale a luglio del 2016, il 32 per cento paga tale tassa, quindi abbiamo un servizio come cittadini.
  In merito al sistema dei rifiuti, il senatore D'Alì ha ragione, in quanto ho parlato solo dei primi cinque settori in ordine di infiltrazione. Il sesto è esattamente il settore dei rifiuti. Riguardo al settore dei rifiuti in Sicilia, non dobbiamo generalizzare: ci sono anche imprenditori assolutamente onesti e corretti che pagano per intero. C'è un meccanismo complicato, nel senso che, se non si paga, si prendono i soldi direttamente da chi ha fornito il servizio, quindi non c'è, da questo punto di vista, un problema di soddisfazione del ruolo, anche perché loro, per primi, hanno necessità di avere la DURC in regola e di dimostrare la propria regolarità fiscale.
  C'è un'altissima infiltrazione e c'è un'attività di evasione organizzata. Lo dimostrano le interdittive antimafia e l'arrivo degli amministratori nominati dai prefetti, cui è corrisposto un aumento del gettito tributario importante per la Regione e per lo Stato, il che significa che, prima, questo fenomeno non emergeva. Questo fenomeno, molto diffuso in Sicilia, dipende dal fatto che, purtroppo, la Sicilia, in tema di raccolta dei rifiuti, è in mano ai privati... Certo, quello è un problema di accertamento.
  Per rispondere a quello che diceva il senatore D'Alì, è chiaro che l'esattoria è l'ultimo anello di una catena grande, ma, in Sicilia, se le cose sono andate in un certo modo, come in altre parti del Paese, vuol dire che non ha funzionato l'intera rete.
  C'è un'attività molto importante, portata avanti da anni dalla Guardia di finanza e c'è stata una grande latitanza dell'Agenzia delle entrate, che ora è terminata, grazie a un funzionario regionale eroico e coraggiosissimo, il dottore Stellacci, che ha veramente messo mano al sistema e alla sua cancrena, ma, per tanti anni, ci sono state mancanze anche laddove era necessario un accertamento più puntuale.
  Per quanto riguarda accertamento e riscossione, c'è una sentenza della Corte costituzionale che, in qualche modo, obbligandoci oramai a occuparci anche di evasione, ci immette in un terreno promiscuo. Per esempio, ci occupiamo di accertamento in qualità di studio e l'accertamento ci serve a capire le situazioni che possono verificarsi. In materia di canoni demaniali, ci eravamo stupiti perché, di fatto, non avevamo un ruolo: o i concessionari di demanio sono virtuosi in Sicilia e pagano tutti oppure l'amara verità era che non c'era neppure il ruolo. Dalla Regione ci hanno risposto che, siccome il canone si paga con F24, il sistema era complicato. Di fatto, abbiamo dovuto compiere un'attività di accertamento per aiutare la Regione a comporre un ruolo, quello dell'accertatore. Se poi questo diventerà un ruolo esecutivo ed esattoriale, lo vedremo, però è impressionante che non esistesse una qualche Pag. 14forma di pandette del demanio marittimo, che è compito dell'assessorato regionale competente.
  Per le piattaforme, ci è stato risposto che la Regione non era a conoscenza della loro esistenza. Riguardo alle piattaforme, facevo riferimento non tanto al canone, che – lei ha ragione – è assolutamente ridicolo, quanto al beneficio che ne deriverebbe per i comuni e per l'indotto.

  ANTONIO D'ALÌ. Non lo pagano?

  ANTONIO FIUMEFREDDO, amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa. No, abbiamo un problema...

  ANTONIO D'ALÌ. Nell'area di Milazzo? Nell'area di Gela?

  ANTONIO FIUMEFREDDO, amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa. Anche nell'area di Priolo Gargallo. Oramai, quella zona è uno dei nostri presidi: siamo continuamente lì e chiamiamo i carabinieri per cercare di creare almeno una deterrenza. Tuttavia, loro hanno una ragione di fondo in quanto non hanno l'iscrizione al ruolo.
  In quel caso, abbiamo fatto un'attività di accertamento, rispondendo che le somme dovute vanno pagate non in quanto richieste, il che sarebbe un problema di ruolo e di riscossione coatta, ma perché, all'origine, dovevano essere pagate. Ho detto che da questo punto di vista siamo il primo porto franco, quindi una sorta di... Però per conto di pochi.
  A fronte di tutto ciò, ho l'obbligo di dire che, in questo momento, siamo, subito dopo la Toscana, tra le Regioni del centro-meridione, quella con la migliore performance di riscossione, quindi possiamo immaginare qual è la condizione, che voi conoscete bene, dell'ex Equitalia in Regioni come il Lazio, la Campania e la Calabria. Ci sono situazioni in cui lo Stato è inesistente, seppure la sua presenza che sia fondamentale.
  In che modo si possono aggredire tali situazioni? Su quest'aspetto, ho una posizione che probabilmente mi sono fatto sul campo. Basta capire in che modo perdiamo questi patrimoni: non li perdiamo con atti di grande ingegneria finanziaria o di bilancio o notarile, perché semplicemente si prende il bene e si trasferisce al figlio o alla moglie o al nipote. Nel caso di un prestanome, c'è un problema di tipo diverso, di tipo criminale, ma, per la cosiddetta sottrazione «seriale» del bene, che è comune a tutto il Paese, non c'è il prestanome classico, la testa di legno e il titolare coincide spesso con un affine o con un parente.
  Allora, bisognerebbe fare tesoro di quelle che, in campo penale, sono le misure di prevenzione: dovremmo seguire questa ricchezza, così come si fa altrove. Ecco perché è importante condividere le banche dati anche con le forze...

  ANTONIO D'ALÌ. Le revocatorie?

  ANTONIO FIUMEFREDDO, amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa. Le revocatorie sono complicatissime per via dei tempi e dei termini...

  ANTONIO D'ALÌ. Si potrebbe accelerare il processo...

  ANTONIO FIUMEFREDDO, amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa. Non è facile. È un nervo scoperto...

  PRESIDENTE. C'è bisogno di una causa tutte le volte...

  ANTONIO FIUMEFREDDO, amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa. Sì, ma noi abbiamo...

  ANTONIO D'ALÌ. Bisogna agire prima con la prevenzione...

  ANTONIO FIUMEFREDDO, amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa. Con l'inversione dell'onere della prova. Il punto è che, di fronte a chi sottrae...

  ANTONIO D'ALÌ. Non è incostituzionale...

  ANTONIO FIUMEFREDDO, amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa. Il nostro sistema lo prevede in regime di Pag. 15misura di prevenzione. Per carità, ce ne occupiamo in punto di accademia, ma poi ci sono gli abusi. Ora, se il patrimonio è nelle mani di un affine o di un parente o di una persona immediatamente riconducibile, deve essere il soggetto che sottrae il bene a provare che l'evidenza è contraria alla verità.
  Secondo me, abbiamo fatto passi da gigante. Tra l'altro, c'è stata un'azione legalitaria anche sul piano del contrasto alle forme criminali, non per forza mafiose. Ci sono forme criminali che comunque riguardano il riciclaggio o l'autoriciclaggio, rispetto alle quali il presidio fiscale è assolutamente sottovalutato. Eppure, si tratta di un pilastro che risulta fondamentale per poter reprimere il fenomeno.
  Personalmente, credo che bisognerebbe avere il coraggio di estendere, non tanto a una forza di polizia, come per le misure di prevenzione, quanto a un'istituzione civile competente in materia tributaria, la possibilità di disporre o di proporre all'autorità giudiziaria anche in materia di sequestri. Dico questo perché c'è il rischio del contenzioso. Ovviamente, siamo oberati di contenzioso e devo dire che, per lo più, la performance del contenzioso, nella farraginosità delle nostre procedure, è quasi sempre favorevole a chi cerca di sottrarsi alla procedura medesima.
  Il presidente non ha posto delle provocazioni, ma delle questioni importanti.
  Per la prima, mi sento di ripetere, presidente, quello che penso e quello che pensa l'Europa: la vera riforma è l'eliminazione dell'esattoria. Non ha motivo di esistere, in un sistema semplificato, un'esattoria non regionale, ma un aggio esattoriale. In merito, sappiamo qual è la posizione dell'Europa, che sarebbe opportuno seguire.
  Si pone il problema del costo di questi «carrozzoni» e del reimpiego del personale, ma sinceramente è illogico immaginare, ancora oggi, una presenza dell'aggio esattoriale che incide pesantemente, peraltro, sul cittadino.

  ANTONIO D'ALÌ. Le percentuali di Equitalia?

  ANTONIO FIUMEFREDDO, amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa. Quelle percentuali sono tra l'8 e il 6 per cento. Non abbiamo un dato nostro, quindi si tratta di quello nazionale. Tale percentuale incide soprattutto sulle partite importanti.
  Dopodiché, bisognerebbe anche aumentare i poteri di negoziazione. In nome di una finta trasparenza, negare sempre al funzionario la possibilità di negoziare, dando per presupposto che il funzionario sia un disonesto, annientiamo centinaia di imprese, le quali potrebbero pagare, ma non lo fanno per diverse ragioni.
  Per rispondere all'onorevole Paglia, sul motivo per cui, a volte, le imprese non hanno pagato prima e pagano dopo, posso dire che, intanto, c'è, anche da noi, un avvio timidissimo di una ripresa che consente di organizzarsi diversamente. Il nostro accumulo di debito tributario è, negli ultimi dieci anni, impressionante e rappresenta una povertà reale: la gente ha dovuto fare i conti per decidere se mandare i figli a scuola o pagare la tassa sulla nettezza urbana. Mi riferisco ovviamente alla massa e non all'attività di certe imprese.
  Ciò spiega per quale motivo in questo momento storico, al di là del richiamo evocativo del condono, c'è stata – lo dico anche in senso negativo – una corsa massiva rispetto alla rottamazione delle cartelle, che non riguarda i grandi capitali. Lo dico perché, in Sicilia, la grande impresa – non in senso canonico, ma nel senso di quella di maggiori dimensioni – soffre ancora problemi enormi e pochissimi hanno avuto accesso alla procedura, in quanto molti non erano in grado di affrontare la rateazione, in termini di tempi e consistenza delle rate.
  Sull'organizzazione, partendo dal presupposto che i nostri territori non sono così pessimi come a volte si descrivono, sono convinto che, al di là dell'attore centrale, l'organizzazione periferica sia fondamentale. Da questo punto di vista, ci sono in Baviera, ma anche in Francia, degli esempi virtuosi. C'è una capillarità – in questo sono veramente iperfederale –, da questo punto di vista, e il sistema funziona molto bene. Nella riscossione, quello che funziona bene è l'attività di prossimità: più è prossima, più l'attività è importante. Siamo in difetto in quelle aree che sono impenetrabili, mentre nelle aree in Pag. 16cui riusciamo a entrare, cominciamo a guadagnare territorio.
  Per fare un esempio, posso dirvi che dal terremoto la città di Messina non ha una sua toponomastica, quindi potete immaginare quale sia la difficoltà di procedere alla riscossione senza toponomastica. A Gela, c'è un tasso impressionante di dichiarazioni false sui domicili e sulle residenze, come pure a Barcellona Pozzo di Gotto. Tuttavia, una volta che si riesce a entrare nel territorio sano, si guadagna terreno: moneta buona caccia moneta cattiva.
  Dal punto di vista delle esecuzioni immobiliari, c'è un grande business. Lei, presidente, ha toccato un punto dolente perché si tratta dell'ambiente in cui è presente maggiore collusione, a causa di quel patto criminale di cui parlavo.
  C'è stata un'esperienza importante: siamo riusciti a sequestrare più di 3.000 autovetture di cilindrata superiore a 3.000 centimetri cubici a contribuenti che avevano delle pendenze. La fase della vendita è stata un fallimento, per cui si ha la sensazione di rimanere buggerati vis-à-vis. Lo dico perché, se per un'autovettura di valore non si presenta nessuno, ma, al terzo incanto, a chi si presenta il tizio non si ha il potere di chiedere qual è il rapporto che lo lega al debitore, anche se quella persona è riconducibile allo stesso debitore. Addirittura, c'è stato un caso in cui una Ferrari era intestata al marito della donna di servizio di un professionista.
  Sull'esecuzione immobiliare in Sicilia, bisogna aprire una partita. La Sicilia ha il merito di essersi occupata di alcuni reati. Questo è un elemento periodico perché periodicamente la procura di Palermo o quella di Catania o quella di Messina intervengono sulle aste per recidere il cordone con ambienti criminali, che spesso le usano per reinvestire.
  Abbiamo ampliato la pubblicità a livello nazionale per il momento, ma quanto fatto è ancora molto poco. Anche in questo caso, c'è una forza burocratica per cui occorre spiegare perché ci si rivolge fuori dal Paese. La pubblicità e la trasparenza sulle esecuzioni immobiliari rappresentano un obiettivo da raggiungere per la riscossione italiana perché lo Stato non è in grado di incamerare nulla, cioè lo Stato non ha il denaro... Come sapete, siamo costretti, anche dopo una procedura lunghissima, a restituire il denaro perché, per legge, bisogna restituire...

  PRESIDENTE. Allo Stato?

  ANTONIO FIUMEFREDDO, amministratore unico di Riscossione Sicilia Spa. No, se lo Stato non paga, dobbiamo restituire al debitore, il quale vede la restituzione del bene, dopo anni di procedure.
  Su quest'aspetto, dobbiamo fare un'operazione importante perché si tratta di un patrimonio immobiliare importantissimo, pertanto, mi permetto di dire che, forse, varrebbe la pena di prevedere, in qualche modo, un protocollo di servizi con le istituzioni dello Stato per gestire in maniera più imprenditoriale quella fase e, magari, di esternalizzarla, anche perché non si tratta di una gestione che può seguire la struttura di riscossione.

  PRESIDENTE. In quel caso, sì, dovrebbe essere previsto l'aggio o la provvigione, anche perché, se si consegna all'intermediario immobiliare la provvigione, questi si attiva per vendere; forse, voi non siete in grado.
  Penso che questa audizione di oltre un'ora e mezza sia stata molto interessante.
  Ringrazio l'avvocato Fiumefreddo, che è stato nostro ospite, per il suo intervento e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.25.