XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 106 di Giovedì 30 marzo 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 2 

Audizione del Sottosegretario di Stato agli affari regionali e alle autonomie, Gianclaudio Bressa, sulle risorse finanziarie delle Province (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati):
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 2 
Bressa Gianclaudio (PD) , Sottosegretario di Stato agli affari regionali e alle autonomie ... 2 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 4 
Bressa Gianclaudio (PD) , Sottosegretario di Stato agli affari regionali e alle autonomie ... 4 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 4 
Guerra Maria Cecilia  ... 4 
Zanoni Magda Angela  ... 5 
D'Incà Federico (M5S)  ... 5 
Lai Bachisio Silvio  ... 6 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 6 
Bressa Gianclaudio (PD) , Sottosegretario di Stato agli affari regionali e alle autonomie ... 6 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 8

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del Sottosegretario di Stato agli affari regionali e alle autonomie, Gianclaudio Bressa, sulle risorse finanziarie delle Province.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Sottosegretario di Stato agli affari regionali e alle autonomie Gianclaudio Bressa, sulle risorse finanziarie delle province.
  Come concordato a suo tempo, il Sottosegretario di Stato agli affari regionali e alle autonomie aveva promesso di fornirci aggiornamenti sulle risorse finanziarie alle province, anche in vista dell'adozione di un provvedimento d'urgenza da parte del Governo sul tema. Pare che il provvedimento sia prossimo all'emanazione, quindi ringraziamo il Sottosegretario di essere con noi per darci le informazioni che riterrà opportuno portare alla conoscenza della Commissione.
  Do, quindi, la parola al Sottosegretario Bressa per lo svolgimento della sua relazione.

  GIANCLAUDIO BRESSA, Sottosegretario di Stato agli affari regionali e alle autonomie. Grazie, presidente. Scusandomi ancora del ritardo, vorrei cominciare facendo un discorso che è ancora oggetto di valutazione da parte del Governo. Infatti, approssimandosi la data di presentazione del Documento di economia e finanza, è possibile – ripeto, è ancora oggetto di valutazione, quindi non c'è nessuna decisione in proposito – che ci possa essere un decreto sugli enti locali che affronti alcune questioni.
  Pertanto, l'ipotesi di prospettiva è che il finanziamento del sistema province e città metropolitane possa essere contenuto nel Documento di economia e finanza, con l'obiettivo di avere finalmente un'impostazione che dia un respiro pluriennale, dopo anni in cui gli interventi sono stati concentrati anno per anno. Lo dico solo come informazione, in quanto non c'è ancora una decisione assunta in merito. In ogni caso, bisogna distinguere le questioni in due punti.
  Il primo è la necessità di reperire risorse, a prescindere da ogni possibile prospettiva, per l'anno 2017. Il secondo è quello di vedere se, a regime, siamo in grado di definire una modalità di finanziamento del sistema degli enti province e città metropolitane, partendo dal dato di fondo che, dal punto di vista ordinamentale, la riforma Delrio ha prodotto gli effetti che erano stati ipotizzati.
  Il problema dell'attuazione della riforma Delrio non sta tanto nell'averla pensata in quel modo e nell'aver avviato quel tipo di processo, quanto nell'aver accompagnato questa fase di riassetto ordinamentale con manovre di finanza pubblica piuttosto consistenti, come del resto sapete, visto che non è la prima volta che ci incontriamo per parlare di questo. Peraltro, avete esaminato le leggi di stabilità, presentando emendamenti che andavano proprio nella direzione di alleviare la situazione di particolare complessità finanziaria del sistema delle province. Pag. 3
  Sull'ipotesi di prospettiva stiamo lavorando, non solo con il MEF, ma anche con il Dipartimento finanze per cercare di capire come sia possibile adattare alcune norme della legge sul federalismo fiscale ai fini di una loro riproposizione e attualizzazione. Siamo, però, ancora in una fase di valutazione e di studio.
  Per quanto riguarda, invece, la manovra 2017 si riproporranno degli elementi correttivi nel tentativo di ridurre lo sbilanciamento tra le risorse proprie delle province, che derivano dalla propria capacità impositiva, e le funzioni fondamentali che esse sono tenute a garantire. C'è, però, un problema supplementare, che si sta valutando come affrontare in maniera risolutiva. Infatti, ci sono alcune regioni che hanno proceduto in maniera seria a trasferire funzioni e risorse, mentre altre hanno proceduto a trasferire funzioni e solo in parte risorse; ancora, in qualche altro caso (fortunatamente raro) sono state trasferite le funzioni, ma non le risorse.
  Essendo questo un elemento di patologia del sistema, dobbiamo cercare di trovare una norma che ci consenta di esercitare – lo dico tra virgolette perché il termine non è corretto – un «potere sostitutivo» per sanare una situazione che, in alcuni casi, rischia di essere particolarmente gravosa, non tanto per le istituzioni province, ma per i cittadini che in quelle regioni si trovano a vivere, i quali non possono vedere soddisfatte le loro esigenze di servizi perché le funzioni sono state trasferite – magari sono state completate anche le operazioni di trasferimento del personale –, ma poi non sono arrivate le risorse. Allora, per quanto riguarda questa seconda parte, abbiamo trovato delle risorse che costituiscono un fondo di riequilibrio che dovrà essere distribuito con un criterio simile a quello che è stato applicato l'anno scorso, ma probabilmente affinando la perequazione.
  Purtroppo, il nostro sistema delle province – lo abbiamo già detto in altre occasioni – ha al proprio interno situazioni che sono molto diverse una dall'altra. Faccio due esempi.
  La provincia di Monza ha moltissima popolazione e pochissimi chilometri di strade, invece la provincia di Belluno – per restare a casa – è l'esatto contrario perché ha pochissima popolazione e tantissimi chilometri di strada. C'è, dunque, la necessità di trovare gli strumenti che autocompensino queste discrepanze di partenza.
  Accanto a questo fondo, che non è ancora stato puntualmente definito, anche se stiamo parlando, ovviamente, di centinaia di milioni, ci sarà la ripetizione della norma che è già stata approvata nella passata legge di stabilità e, credo, per la prima volta in un decreto sugli enti locali nell'estate scorsa, ovvero l'utilizzo di 100 milioni di euro delle risorse dell'ANAS da destinare a interventi per le strade provinciali.
  La situazione delle strade provinciali è seriamente problematica perché da qualche anno non si interviene in maniera precisa e puntuale, come si dovrebbe; quindi, queste risorse consentono di sistemare definitivamente interi tratti di strada. Si tratta, però, di un intervento in conto capitale che, di fatto, sostituisce quella che potrebbe essere una manutenzione straordinaria. Questo consente, pertanto, di liberare risorse di parte corrente da destinare ad altro.
  La stessa cosa si sta valutando – anche qui con un elemento di complicazione in più rispetto al passato – ai fini dell'utilizzo dell'avanzo libero. Parlo di un elemento in più perché fino all'anno scorso la legge n. 243 non era ancora in vigore, mentre adesso abbiamo la necessità di comporre questa norma con la previsione, appunto, della legge n. 243 che, da questo punto di vista, rende le cose un po’ più problematiche.
  La stessa cosa che è stata fatta l'anno scorso verrà ripetuta in merito alla possibilità della rinegoziazione dei mutui con la Cassa depositi e prestiti, con la quale il discorso è molto avanzato. Stiamo ripetendo, come negli anni passati, la stessa operazione anche con l'ABI, ma i tempi sono un po’ più rallentati. C'è da dire, però, che i due terzi (forse anche di più) delle spese di investimento delle province e delle città metropolitane sono stati effettuati con Cassa depositi e prestiti, non con istituti privati. Questo è per quanto riguarda l'intervento sull'immediato che, come vedete, ricalca gli interventi fatti negli anni passati Pag. 4nel tentativo di riequilibrare la situazione economica e finanziaria delle province.
  Tuttavia, come vi avevo accennato, il tema più interessante, oggetto di discussione vera – speravo di avere qualche elemento in più oggi, ma abbiamo finito ieri sera molto tardi e non abbiamo ancora chiuso la discussione – è immaginare quale possa essere la fonte di finanziamento stabile e definitiva per il sistema delle province.
  Su questo ci sono varie ipotesi in corso, ma mi auguro che quanto prima si possa trovare una soluzione seria e stabile. Da qui ritorno a quanto detto in premessa, ovvero alla possibilità di abbinare l'intervento economico-finanziario sulle province con il DEF per dare il senso della manovra.
  Stiamo parlando di un'operazione abbastanza complicata da realizzare dal punto di vista tecnico, relativamente alle cose che sono oggetto di valutazione, perché si tratterebbe di modificare alcune norme e di riscriverle per consentire nuove fonti di finanziamento, che andrebbero ad alimentare un fondo nazionale unico, che poi dovrebbe essere oggetto del vero riequilibrio e della vera perequazione per venire incontro alle disarmonie, cui facevo riferimento in precedenza, tra realtà e realtà, che sono strutturalmente molto diverse. Insomma, l'operazione ha una sua complessità, ma confido che riusciremo a mettere a fuoco il problema. Se non dovessimo riuscire a farlo – perché, ripeto, il problema è molto serio – in ogni caso questa parte deve essere decisa entro l'estate per dare finalmente una prospettiva pluriennale alle province, dopo tre anni di bilanci annuali.
  La partita delle province ha una rilevanza più che significativa in due settori, la viabilità e le scuole. Ci sono oltre 130.000 chilometri di strade provinciali e 6.000 edifici scolastici superiori. Queste sono funzioni che devono assolutamente essere garantite dal punto di vista della copertura; quindi le province, proprio grazie a una programmazione pluriennale, devono essere messe in condizione di poter recuperare i gap che nel corso di questi tre difficilissimi anni si sono accumulati.
  Come vi dicevo, è un'operazione non semplice, che comunque il Governo ritiene assolutamente indispensabile e che può essere articolata anche in due tempi: in un primo momento, con il decreto enti locali, che dovrebbe essere adottato – se questa è la strada – entro la fine della prossima settimana, e, in un secondo momento, con la manovra di finanza pubblica più complessiva, in cui sarebbero contenuti anche questi elementi di prospettiva.
  È del tutto evidente che, nel caso in cui ci fossero gli elementi di prospettiva, avremmo alcuni mesi di intenso lavoro per trasformare queste ipotesi politiche in norme vere e proprie. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie dell'inquadramento. Abbiamo capito che il decreto ci potrebbe essere la settimana prossima, non questa.

  GIANCLAUDIO BRESSA, Sottosegretario di Stato agli affari regionali e alle autonomie. Questo è sicuro.

  PRESIDENTE. Bene. Do la parola ai colleghi che desiderino intervenire.

  MARIA CECILIA GUERRA. Vorrei ringraziarla della relazione e dell'aggiornamento e porle alcune domande. La prima riguarda la questione dei fabbisogni standard. Siccome li abbiamo esaminati ieri, vorrei capire in che misura entrano in questa vicenda.
  Per quanto riguarda la situazione immediata, ovvero quella dell'emanazione del decreto, le domande sono due.
  Innanzitutto, vorrei sapere in quale misura si è tenuto conto dei risultati delle elaborazioni di SOSE nel calcolare l'ammontare del fondo di riequilibrio, perché le anticipazioni che abbiamo avuto ieri dicono che c'è una differenza non piccola fra la valutazione del gap tra risorse e fabbisogni che emerge dall'analisi di SOSE, quantificata in circa 650 milioni, e l'ipotesi del Governo. Vorrei capire se questa distanza è legata semplicemente a una carenza di risorse in questo momento o se quel tipo di valutazione non viene considerato credibile. In questo secondo Pag. 5 caso, chiederei perché SOSE lavori, visto che la perequazione ex federalismo fiscale del 2010 non esiste più. Insomma, se non viene utilizzata neppure in questo modo, potremmo risparmiare quei soldi. Questa era la prima domanda, giusto per capire.
  In secondo luogo, lei ha fatto riferimento alla questione della diversa situazione delle province – quelle con più strade e quelle con più persone – mentre parlava del fondo di riequilibrio. Invece, se capisco bene, il tema della diversità si pone soprattutto sotto il profilo delle entrate, perché sotto quello delle uscite ci sono i fabbisogni standard. Dal punto di vista delle entrate, capisco che è difficile trovare un prelievo che sia distribuito abbastanza omogeneamente – questa è la logica di un prelievo decentrato – quando ci sono delle situazioni così differenziate, se si punta sulle persone o sulle strade. Vorrei, quindi, capire il senso della sua affermazione.
  Inoltre, comprendo che nel DEF, se si riuscirà, verrà affrontato il tema del finanziamento. Credo anch'io che sia prioritario perché abbiamo varie situazioni che non si controllano, non solo per ammontare di risorse, ma ormai anche per la logica del sistema. Tuttavia, è indubbio che questo tema sia legato anche al quadro istituzionale della riforma della governance.
  Se siamo andati nella direzione di un ente a elezione indiretta, probabilmente l'enfasi sull'autonomia del finanziamento può essere anche ridotta. L'ente comunale, per il quale è prevista l'elezione diretta, ha una responsabilità su un insieme molto ampio di funzioni. Poi, possiamo ragionare nei termini classici della responsabilità nei confronti dei cittadini, perché chi prende più imposte, fornisce più servizi. Pertanto, c'è anche un grado di autonomia nell'esercizio di servizi e di prestazioni al di fuori di quelli fondamentali.
  Le province, invece, sono ormai pensate come un ente che deve svolgere funzioni fondamentali. A questo proposito, la Costituzione (lo avrebbe previsto anche la riforma costituzionale) prevede una garanzia di risorse da parte dello Stato, quindi, in quest'ottica, un trasferimento non è proibito. Allora, vi chiedo se ragionare sul fatto di utilizzare anche questo strumento, nel momento in cui è veramente difficile trovare un'entrata fiscale che sia, appunto, omogeneamente distribuita, sia nel vostro pensiero.

  MAGDA ANGELA ZANONI. Ringrazio anch'io il Sottosegretario Bressa perché ci ha dato degli aggiornamenti quanto mai utili in questo momento in cui tutti ci stanno chiedendo che cosa capiterà alle province.
  Vorrei chiedere solo una precisazione. Se il decreto-legge sugli enti locali verrà emanato la prossima settimana, come pensate di risolvere il problema della proroga dei termini per la presentazione dei bilanci di previsione delle province, che scadrebbe il 31 marzo, visto che ci sarebbe un vuoto di più di una settimana?
  Peraltro, mentre prima la proroga si poteva concedere con un atto del Ministero dell'interno, oggi questa procedura è prevista all'interno di una norma, quindi vi chiediamo conferma che si possa fare.
  Inoltre, vorrei capire bene un altro aspetto. Vorrei sapere se la distribuzione di questi fondi (centinaia di milioni di euro, i 100 milioni di euro dell'ANAS eccetera) è in più rispetto alla distribuzione del miliardo di euro previsto all'interno della legge di stabilità. Peraltro, su quel miliardo si pensava di dare 650 milioni di euro alle province e 250 milioni di euro alle città metropolitane.
  Ancora, mi chiedo se il ragionamento che ha fatto sulle province, nella prospettiva di una nuova modalità di gestione delle entrate, riguardi anche le città metropolitane, che non mi pare aver mai sentito citare nella sua esposizione.
  Per il resto, devo dire che concordo con quanto detto dalla senatrice Guerra. Anch'io mi chiedo quanto di tutto il lavoro della SOSE, che ha una sua importanza scientifica, di conoscenza del territorio e così via, possa ancora essere utilizzato per le altre modalità, dalla distribuzione del miliardo di euro al fondo di riequilibrio o di perequazione e quant'altro.

  FEDERICO D'INCÀ. C'è una certa preoccupazione relativamente ad alcune province Pag. 6 che sono in chiara difficoltà. Per esempio, la provincia di Belluno, di cui ha parlato prima, data la sua dimensione, è in difficoltà soprattutto per la parte viaria. È un tema che il Sottosegretario conosce benissimo. Allora, la domanda è questa.
  Siccome anch'io ho fatto riferimento al dato prima citato, ovvero ai 650 milioni di euro che SOSE ha indicato come valore per poter avere un riequilibrio, visto che si prevede di emanare il decreto, appunto, tra una settimana, pare strano che non vi sia ancora almeno un valore di massima del fondo di perequazione o di quanto può essere aggiunto al miliardo di euro prima menzionato.
  Se parliamo di 200 milioni di euro, sono troppo pochi; se, invece, parliamo di 500 milioni di euro, è un valore che potrebbe avvicinarsi ai 650 milioni. Diversamente, territori, come appunto quello bellunese prima descritto, mancando 28 milioni di euro, si troverebbero nuovamente in difficoltà, soprattutto per la parte relativa alle strade. Peraltro, conosciamo entrambi le difficoltà con Veneto Strade Spa.
  Vorrei, quindi, chiedere se si può avere un'indicazione più precisa sull'entità del fondo perequativo aggiuntivo, per avvicinarsi ai 650 milioni di euro, riflettendo sul fatto che se non ci avviciniamo a quella cifra, l'intervento diventa un palliativo. Certo, potremmo sempre andare verso la manovra di fine anno, ma le province rimarrebbero ancora scoperte.
  Inoltre, anch'io sono a chiedere, come la senatrice Guerra, se non vi sia un margine per entrate fiscali che possano essere più razionali per il territorio, ovvero trovare la modalità di poter trasferire soldi a chi realmente ha bisogno per dimensione e per una popolazione che evidentemente è molto ridotta rispetto ad altre zone.

  BACHISIO SILVIO LAI. La prima osservazione è che uscire dalla condizione di precarietà dei bilanci annuali ha certamente una sua netta positività. Stiamo parlando, ovviamente, delle province e delle regioni a statuto ordinario, mentre mi sembra che su quelle a statuto speciale ci sia ancora una condizione di diversità da regione a regione. Vorrei, quindi, capire, anche con una breve battuta, se si sta lavorando almeno su quelle due regioni che hanno ancora la finanza locale in relazione con il Governo.
  La seconda osservazione che pongo all'attenzione del Sottosegretario è la seguente. È chiaro che la riforma Delrio si connetteva a quella istituzionale più complessiva, quindi tendenzialmente alla scomparsa delle province. Ora, il risultato elettorale del referendum ha bloccato questa trasformazione. Mi chiedo, allora, se il Governo, prendendo atto del mantenimento delle province, possa ragionare sul fatto che esse non devono rimanere esattamente come sono, ovvero che possano essere rivisti il numero e la dimensione delle province, con un coordinamento rispetto alle altre due riforme che sono in elaborazione, vale a dire quella che riduce il numero delle camere di commercio da 100 a 60 e quella che attua la revisione del numero delle prefetture.
  Insomma, non è detto che l'alternativa sia tra l'abolizione delle province il mantenimento di quelle attuali. Può darsi che la strada su cui iniziare a ragionare sia costruire una rete più efficiente, ridotta e più coordinata sul piano dimensionale, che possa rappresentare comunque un'evoluzione rispetto allo status quo ante.

  PRESIDENTE. Do la parola al Sottosegretario per la replica.

  GIANCLAUDIO BRESSA, Sottosegretario di Stato agli affari regionali e alle autonomie. Mescolerò le risposte, visto che sono coerenti l'una con l'altra. Partiamo dalla questione di SOSE, che ha fatto un lavoro notevolissimo. Vorrei, però, sottolineare una cosa che il più delle volte sfugge. Tutti gli interventi che sono stati fatti per la redistribuzione dei fondi alle province, sono stati effettuati, appunto, sui fabbisogni standard. Questo è l'unico comparto che non si porta dietro retaggi di spesa storica o altro, ma tutto è in relazione alla definizione dei fabbisogni standard, quindi del lavoro che SOSE ha fatto non solo in astratto, ma creando delle schede provincia per provincia e definendo puntualmente le singole situazioni.
  La valutazione di SOSE di 600 milioni e oltre di differenza è realistica perché nasce Pag. 7dall'analisi dei conti consuntivi delle province. SOSE non ha fatto delle astrazioni di tipo econometrico, ma ha semplicemente preso i conti consuntivi e rapportato la situazione finanziaria ai fabbisogni standard che sono stati definiti. Lì viene fuori il concetto di «spesa efficientata», ovvero cosa manca per poter garantire che tutte le province diano risposte all'altezza delle situazioni che sono chiamate a governare.
  Il lavoro di SOSE è tanto più importante perché noi dovremo perfezionare sempre più – quest'anno immagino che saremo più raffinati rispetto all'anno scorso – la distribuzione del fondo di riequilibrio. Infatti, come vi dicevo prima, la situazione è talmente varia e complessa che ha bisogno di strumenti che siano autocompensativi. L'anno scorso abbiamo avuto la grande collaborazione da parte dell'Unione delle province italiane, che ha provveduto, regione per regione, a una distribuzione che fosse rispettosa delle diversità territoriali e demografiche.
  Se restiamo sulla questione dei fabbisogni standard – vi faccio un esempio così capite benissimo – tutto è rapportato ai servizi che bisogna garantire, i quali sono rapportati alla complessità della risposta della gestione. Ripropongo l'esempio che abbiamo fatto prima. Abbiamo Monza che ha pochissimi chilometri di strade, ma moltissimi abitanti, e Belluno, che ha moltissimi chilometri di strade, ma pochissimi abitanti. Sono, però, due enti identici, quindi occorre uno strumento che consenta una ridistribuzione delle risorse.
  Apro e chiudo una parentesi per dire che noi, di fatto, siamo già in un sistema di trasferimenti perché acquisiamo le risorse della responsabilità civile auto e le riversiamo attraverso queste operazioni. Se ricordate – credo fosse proprio in occasione della primissima audizione che ho svolto in questa sede – ho detto che per quanto riguardava il sistema delle province e delle città metropolitane non era un'eresia immaginare meccanismi di trasferimenti di finanza derivata.
  Ora, vi dico che stiamo cercando di elaborare nuove forme di intervento che partono, sì, da un dato di fiscalità locale, ma alimentano anche un fondo nazionale. Noi abbiamo bisogno di un fondo nazionale che sia in grado di riequilibrare le differenze di cui stiamo parlando.
  La proroga dei termini si prevede, come sempre, con una decisione della Conferenza Stato-città, che è convocata questa settimana o forse la prossima. Comunque, vi anticipo che lo slittamento dei bilanci per le province e le città metropolitane è al 30 giugno; per gli altri resta marzo. Quando parlo delle province, do per scontato che parlo anche delle città metropolitane. Non le cito solo per abitudine.
  Se volete, però, apro una parentesi. Contemporaneamente alla definizione di un modello che renda stabile il sistema della finanza delle province e delle città metropolitane, dobbiamo porci il problema della particolarità delle città metropolitane rispetto al resto delle istituzioni. Infatti, anche sulla base di un'ispirazione di livello europeo, esse sono state concepite come enti che affrontano i problemi, quindi la programmazione, la progettazione e la soluzione, su una scala diversa da quella comunale. Nel caso delle città metropolitane, le funzioni che entrano in gioco vanno molto oltre quelle della viabilità e delle scuole. Soprattutto, ci sono i piani strategici delle città metropolitane che, come esempi importantissimi di altri Paesi europei, rappresentano la capacità di programmazione e di pensare se stesse in misura diversa perché si comincia, appunto, a ragionare su scala metropolitana e non comunale o come sommatoria dei comuni.
  Devo dire che questo è il salto di qualità che dovremmo aspettarci da tutto il sistema delle città metropolitane. Tuttavia, mentre aspettiamo questo salto di qualità culturale, dobbiamo mettere in condizione le città metropolitane di avere, loro per prime, la prospettiva di un'ipotesi pluriennale. Ci rendiamo tutti conto, infatti, che è complicato immaginare di ragionare su scala metropolitana, di piani strategici e così via, avendo bilanci che vengono definiti anno per anno e non sapendo quali sono le risorse alle quali si può accedere. Non dobbiamo dimenticare, però, che uno dei fondi strutturali è il PON Metro, che dedica Pag. 8risorse specifiche ai sistemi metropolitani italiani.
  Non sono stato reticente per colpa, ma perché non abbiamo ancora definito qual è la somma che metteremo a disposizione delle province. Manca una settimana. Non è che mancano i soldi, ma bisogna decidere dove metterli. Purtroppo, si sa dove dobbiamo prenderli, ma dove metterli è oggetto di una discussione piuttosto intensa. Per questo vi ho detto che abbiamo finito molto tardi ieri sera. Il problema è solo ed esclusivamente questo, ovvero che non abbiamo ancora messo il punto fermo.
  Per quanto riguarda la questione delle regioni a statuto speciale, per la Sardegna, sono stati previsti 30 milioni di euro per le autonomie locali negli ultimi due provvedimenti. Nel caso specifico, per la Sardegna e il Friuli Venezia Giulia, visto che le altre regioni hanno ancora in corso i precedenti patti, si comincia la discussione nelle prossime settimane, con un confronto tra Stato e governi regionali per la ridefinizione del Patto 2018-2020. Il tema, soprattutto per quanto riguarda la Sardegna e gli enti locali, è importante. Credo, quindi, che possa essere anche l'occasione per immaginare di ripensare le competenze stesse della Sardegna in materia di enti locali, in modo che, come le altre regioni a statuto speciale, anch'essa possa avere una competenza non solo primaria, ma completa del sistema. Questo sarà oggetto del tavolo che verrà insediato a giorni con la regione Sardegna. Nel sistema delle regioni a statuto speciale ci sono, come sapete, questi accordi bilaterali che vengono conclusi tra lo Stato e l'autonomia speciale interessata.
  Sulla riforma Delrio, il Governo non immagina di rimettere in discussione la struttura portante, cioè la governance di secondo livello e così via. Ci sono altre cose che andrebbero sistemate, a mio modo di vedere. Infatti, dovremo fare pulizia di alcuni punti che sono stati frutto di compromesso parlamentare, ma che, alla prova dei fatti, si sono dimostrati essere non propriamente funzionanti. Ne cito uno per tutti. In alcune realtà, il consiglio provinciale può avere senso, ma in altre non lo ha, perché l'assemblea dei sindaci può benissimo sostituirsi alla funzione del consiglio.
  Anche in questo caso abbiamo le più diverse situazioni. Per esempio, abbiamo la provincia di Torino che ha 315 comuni e quella di Bari che ne ha 41. Insomma, abbiamo delle diversità strutturali molto profonde. Da parte del Governo non c'è, però, intenzione di mettere in discussione il fatto che stiamo parlando di organismi di secondo livello, in quanto espressione di una rappresentanza territoriale dei comuni, non politica, cioè derivata dalla scelta dei cittadini. Questo tipo di caratterizzazione rimarrà.
  Il cittadino sceglie il suo sindaco, sapendo che questo ha delle responsabilità anche rispetto alla dimensione territoriale della provincia. Devo dire che, tolta qualche eccezione, questo tipo di mentalità e questo tipo di cultura sono largamente passate in tutte le amministrazioni provinciali che si sono succedute nel corso di questi anni. Insomma, da questo punto di vista, abbiamo un risultato i cui segni positivi sono molto superiori a quelli negativi.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Sottosegretario Bressa del suo intervento e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.