XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 104 di Mercoledì 22 marzo 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione del presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, Luigi Marattin, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante l'adozione della nota metodologica e dei coefficienti di riparto dei fabbisogni standard delle Province e delle Città metropolitane (atto n. 398) (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione):
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 ,
Marattin Luigi , presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard ... 3 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 8 ,
Paglia Giovanni (SI-SEL)  ... 8 ,
Guerra Maria Cecilia  ... 9 ,
Zanoni Magda Angela  ... 10 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 11 ,
Marattin Luigi , presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard ... 11 ,
Guerra Maria Cecilia  ... 13 ,
Marattin Luigi , presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard ... 13 ,
D'Alì Antonio  ... 13 ,
Marattin Luigi , presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard ... 13 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 14

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, Luigi Marattin, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante l'adozione della nota metodologica e dei coefficienti di riparto dei fabbisogni standard delle Province e delle Città metropolitane (atto n. 398).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, Luigi Marattin, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante l'adozione della nota metodologica e dei coefficienti di riparto dei fabbisogni standard delle province e delle città metropolitane (atto n. 398), di cui abbiamo cominciato l'esame la settimana scorsa.
  Abbiamo tempi strettissimi, come sapete, per l'espressione del parere. Il contributo del professor Marattin sarà ovviamente importante per riuscire ad arrivare a un parere ponderato.
  Do la parola al professor Marattin per lo svolgimento della sua relazione.

  LUIGI MARATTIN, presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Buongiorno a tutti. Ringrazio il presidente e la Commissione per l'invito, ma temo di non esservi tanto utile. Ho visto che avete già audito il dottor Verde del Ministero dell'interno, quindi credo davvero di apportare un minimo valore aggiunto a ciò che già sapete.
  C'è stato un po’ di ritardo, purtroppo, ma questo ovviamente rientra in un discorso più ampio sulla produzione e sull'iter di alcuni provvedimenti amministrativi. Voi sapete che in questi mesi siamo stati molto impegnati con altri decreti del Presidente del Consiglio dei ministri: quello analogo sui comuni, quello sugli spazi finanziari, i cosiddetti «patto regionale» e «patto nazionale», quello sul riparto del cosiddetto «fondone», il comma 439 dell'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, legge di bilancio 2017.
  Questo intreccio di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di finanze locali, purtroppo, ha portato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri oggetto di quest'audizione in coda a vari altri provvedimenti.
  La revisione metodologica dei fabbisogni standard relativi al comparto province e città metropolitane ha occupato i lavori della Commissione tecnica fabbisogni standard, più o meno un anno fa, per tre sedute, dal 13 aprile 2016 al 3 maggio 2016.
  L'obiettivo era appunto una riforma dell'impianto metodologico di calcolo dei fabbisogni standard per province e città metropolitane per l'anno 2016. Il 3 maggio, la Commissione licenziò la nuova metodologia e da lì è partito l'iter del decreto del Pag. 4Presidente del Consiglio dei ministri che oggi è sottoposto al vostro parere.
  Posso soltanto provare a ricapitolare le tre linee di azione su cui ci siamo mossi in Commissione per riformare la metodologia dei fabbisogni standard e poi ricordare brevemente che uso ne è stato fatto.
  Uso il passato perché questi coefficienti di riparto dei fabbisogni standard di fatto sono stati utilizzati per il riparto del contributo di finanza pubblica a carico del comparto province e città metropolitane per l'anno 2016 e verranno utilizzati per lo stesso riparto nel 2017, salva ovviamente la sterilizzazione di quel contributo, che è stata operata con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ex articolo 1, comma 439, della legge di bilancio per il 2017, il riparto dei 900 milioni a tappo del contributo di finanza pubblica. Ciò non toglie che quel contributo sia stato comunque ripartito a specchio del taglio e che quel taglio sia stato ripartito utilizzando questi fabbisogni standard, quindi la spendibilità di questo impianto metodologico è stata tale per il 2016 e lo è per il 2017.
  Noi ci siamo mossi su tre direttrici.
  La prima è l'aggiornamento dei dati, e, come sapete, se ci fossimo limitati solo a quello, l'iter amministrativo sarebbe stato più veloce: ad esempio, non avrebbe previsto il passaggio per il competente parere alle Commissioni parlamentari.
  I dati sono stati aggiornati al 2012 per quanto concerne l'utilizzo della variabile dipendente, quindi della spesa storica impegnata, mentre per quanto riguarda il calcolo del fabbisogno standard è stato utilizzato l'ultimo dato disponibile, che nella maggioranza dei casi era il 2014.
  La regressione è stata fatta utilizzando i dati di spesa corrente del 2012 e poi, preso il calcolo del coefficiente, è stato utilizzato per calcolare il fabbisogno standard calandolo su dati più recenti, che nella maggioranza dei casi erano relativi al 2014.
  La seconda direttrice di aggiornamento della metodologia è stata, invece, specifica al comparto, che ovviamente ha dovuto fare i conti con la legge n. 56 del 2014, la cosiddetta «legge Delrio», che ha mutato il quadro di funzioni fondamentali attribuite al comparto province e città metropolitane. Infatti, i precedenti fabbisogni standard, approvati, se non ricordo male, nel 2012, ovviamente si riferivano a un quadro di funzioni fondamentali più ampio attribuito al comparto prima della legge Delrio.
  È stato, quindi, ridotto il novero di funzioni fondamentali su cui si va a calcolare il fabbisogno standard. In particolare, come ben sapete, sono stati calcolati sulle cinque funzioni fondamentali che la legge Delrio attribuisce al comparto: l'istruzione, ovvero la programmazione provinciale della rete scolastica e soprattutto la gestione dell'edilizia scolastica; il territorio, ossia la costruzione delle strade provinciali e la regolazione della circolazione stradale ad esse inerente; l'ambiente per quanto riguarda la pianificazione territoriale, la tutela e la valorizzazione; i trasporti, un'altra funzione solamente di pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale; e la funzione generale relativa alla parte fondamentale, ovvero raccolta ed elaborazione dati e assistenza tecnico-amministrativa agli enti.
  Queste sono le cinque funzioni fondamentali. Nel dibattito pubblico passano per essere solo due, ovvero strade e scuole, che sono ovviamente quelle che implicano attività gestionale più rilevante, ma in realtà da legge sono queste cinque.
  Sapete anche che in realtà la legge n. 56 assegna alle province montane e alle città metropolitane qualche funzione in più, essenzialmente di pianificazione e di coordinamento. A fronte di ciò questo impianto metodologico si adegua calcolando un fabbisogno standard per province montane e città metropolitane del 70 per cento anziché del 50 per cento per quanto concerne le funzioni generali.
  Questo rispecchia la prescrizione della legge, che volle la diminuzione, come ricorderete, della dotazione organica per province e città metropolitane differenziata a seconda delle funzioni assegnate. Nel caso di province montane e città metropolitane si tiene conto del fatto che sono stati lasciati più margini di dotazione organica di personale, adeguando corrispondentemente il fabbisogno standard per le funzioni generali Pag. 5 alle stesse percentuali che la legge Delrio assegna per quanto riguarda la dotazione organica di personale.
  La terza direttrice sulla quale ci muovemmo è quella classica, che abbiamo utilizzato anche per il comparto comunale nello stesso periodo, vale a dire il cambio di metodologia, che giustifica anch'esso questo passaggio parlamentare.
  Dunque, oltre all'aggiornamento dei dati, oltre alla riprogrammazione e ridefinizione del quadro delle funzioni fondamentali su cui calcolare il fabbisogno, abbiamo anche provato a cambiare e, a nostro avviso, a migliorare la metodologia.
  In particolare abbiamo adottato tutte funzioni di costo. Immagino che SOSE (Soluzioni per il sistema economico) ve l'abbia lungamente spiegato. Questa è una delle direttrici che abbiamo utilizzato anche per il comparto comunale. Abbiamo esteso l'utilizzo della funzione di costo a 1-1,5 di ulteriori funzioni fondamentali, oltre alle due già utilizzate per il comparto comunale. Qui fondamentalmente l'estendiamo a tutte.
  Ricordiamo che la funzione di costo è quella metodologia che cerca di individuare il costo, il fabbisogno del servizio sulla base dell’output prodotto, non unicamente sulla base delle condizioni di contesto.
  Lo abbiamo fatto cercando di approssimare l’output prodotto per ciascuna delle cinque funzioni fondamentali che ho ricordato, utilizzando le variabili che meglio identificano i carichi di lavoro.
  Per quanto riguarda l'istruzione abbiamo utilizzato il numero di scuole secondarie superiori presenti nel territorio, ipotizzando che quello sia l'indicatore migliore che approssima il livello di servizio che l'ente di area vasta deve svolgere. Per ciò che concerne la funzione territoriale abbiamo approssimato l’output con i chilometri di strade, nel caso dei trasporti con il numero dei veicoli circolanti e per gli affari generali con la popolazione.
  Abbiamo ridotto il numero di variabili nei modelli per cercare di aumentarne la trasparenza, la semplicità, la comunicabilità, senza sacrificare la significatività statistica, facendo in modo che il modello possa spiegare la varianza dei dati, ma con meno variabili esplicative.
  In tal modo è anche più semplice comunicare pubblicamente che la differenza di costo standard tra una provincia e l'altra è determinata dalla differenza di variabili chiaramente osservabili, chiaramente comunicabili e anche facilmente comprensibili.
  Più in generale, abbiamo cercato di dare maggiore trasparenza. Il calcolo precedente dei fabbisogni standard sulle province era molto più complesso, molto più farraginoso e forse anche molto meno chiaro. Abbiamo cercato di renderlo più intellegibile e il più possibile chiaro.
  Il modello empirico è del tutto analogo, benché un po’ più semplice, a quello utilizzato per il comparto comunale, in cui si cerca di utilizzare una tecnica statistica, la regressione lineare multipla, per tener conto delle differenze territoriali e individuare il costo medio efficiente per quanto riguarda la gestione dei servizi.
  Come nel caso comunale, di cui venni a parlare qualche mese fa proprio qui, abbiamo cercato di dare attuazione a un'indicazione che veniva da questa stessa Commissione, vale a dire provare a utilizzare metodi di stima che non si limitassero all'individuazione di un valore medio.
  Voi sapete che in tema di fabbisogno standard occorre tener conto di due grosse questioni. In primo luogo, secondo la prescrizione normativa, non può essere superiore alla spesa storica, quindi vi è un vincolo di bilancio. Non è possibile per noi, qualsiasi cosa succeda, individuare che una data funzione fondamentale ha un fabbisogno superiore a quanto si è speso. In secondo luogo, la tecnica statistica si basa su un valore medio, perché ovviamente la regressione lineare multipla stima un valore medio.
  L'indicazione che ci avete dato a più riprese è quella di provare a individuare un valore che non sia semplicemente quello medio, ma che si avvicini il più possibile alla frontiera dell'efficienza. Dal punto di vista tecnico questo si fa con diverse metodologie. Quella che abbiamo scelto qui è Pag. 6quella della regressione quantilica, vale a dire si cerca di individuare non il valore medio, ma il valore corrispondente al 20 per cento più efficiente, al 30 per cento più efficiente o al 40 per cento più efficiente, cambiando il quantile di riferimento dei comuni.
  Vi sono anche altre metodologie, di cui vi aveva parlato SOSE, ma abbiamo scelto su questo comparto la metodologia della regressione quantilica, che tenta di stimare come fabbisogno standard non il costo medio, tenuto conto delle specificità territoriali, ma il costo più efficiente della media. Permettetemi di brutalizzare in modo, sicuramente, non perfetto in termini scientifici, ma in poche parole il punto è questo: riferimento a un quantile di minimizzazione del costo diverso da quello medio.
  Come nel caso dei comuni, non ci è riuscito di utilizzare questo avanzamento metodologico, che in realtà corrisponde a un vero e proprio avanzamento anche politico nella stima di individuazione del fabbisogno standard, vale a dire si stabilirebbe che il costo di riferimento non è necessariamente quello medio, ma è quello a cui arriva una data percentuale più «efficiente» di comuni.
  Non si è riusciti nemmeno in questa fase a collocarlo in una parte diversa dall'appendice. Non è certo un segreto che nei lavori della Commissione, per un'opposizione specifica sul punto da parte dei rappresentanti degli enti locali, questo avanzamento metodologico è semplicemente «relegato» nell'appendice, ma non è utilizzato per il calcolo dei coefficienti di riparto, per il quale, invece, continuiamo a utilizzare il metodo classico della regressione lineare stimata sul valore medio.
  Vi sono due fondamentali argomentazioni per questo. In primo luogo, è indubbio che è un metodo leggermente meno robusto dal punto di vista scientifico. La regressione basata sul valore medio è una tecnica standard da diversi decenni, mentre quelle un po’ più avanzate sono oggettivamente leggermente meno robuste. Inoltre, indubbiamente questo cambio di metodologia così radicale avrebbe effetti evidenti in termini di cosa intendiamo per fabbisogno standard. Ovviamente sono valutazioni che non spettano a noi della Commissione.
  Il compromesso, anche questa volta, come nel caso dei comuni, è stato inserire pienamente questa nuova stima in appendice della nota metodologica, segnalare che siamo pronti a utilizzarla, confrontare i differenti risultati ottenuti utilizzando lo stimatore medio e lo stimatore quantilico, che in realtà non variano di tantissimo, e poi ovviamente lasciare alla politica le decisioni in merito.
  È la stessa cosa che abbiamo fatto, come ricorderete, sul comparto comunale, seguendo l'indicazione di questa stessa Commissione.
  Infine, devo ricordare che questi fabbisogni standard, usando i coefficienti di riparto calcolati secondo il metodo «classico», quello dello stimatore medio, sono stati utilizzati nel riparto del contributo di finanza pubblica ex legge n. 190 del 2014 nella legge di stabilità 2015 per l'anno 2016.
  In particolare, per l'anno 2016 era previsto il secondo miliardo di taglio, come ricorderete. La legge di stabilità 2015 aveva la successione di tagli a carico del comparto: un miliardo nel 2015, 2 miliardi nel 2016 e 3 miliardi nel 2017.
  Questo impianto metodologico e questi coefficienti di riparto sono stati utilizzati per il riparto nel 2016, secondo una metodologia particolare. Come sapete, la legge ci impone di utilizzare i fabbisogni standard. Già l'anno scorso erano evidenti i problemi di sostenibilità di quell'ammontare di tagli applicato al comparto, problemi su cui in queste ore ovviamente siamo tutti impegnati.
  Pertanto, questi coefficienti di riparto furono utilizzati mescolando due metodologie diverse. Da una parte, c'è il criterio che fa riferimento alla differenza fra spesa storica e spesa standard. Una parte del taglio, quindi, è stata distribuita sulla base della differenza fra livello di spesa e spesa standard come risultante dai fabbisogni standard, ovviamente tagliando di più a chi aveva una differenza maggiore. Pag. 7
  Ricordo quelle settimane particolarmente complesse – come sono complesse queste – su quel comparto. Una parte di quel taglio è stata attribuita, invece, con un criterio che non esito a definire di sopravvivenza: fondamentalmente sono state prese le entrate correnti delle province da una parte e la differenza fra la spesa storica e la spesa incomprimibile dall'altra. Le spese incomprimibili fondamentalmente erano la spesa per il personale e spesa per il servizio del debito, ovvero interessi in conto capitale. Il ragionamento era: «Vediamo quanti soldi hai e vediamo dall'altra parte quanto stai spendendo in più di quello obbligatorio per legge».
  Ovviamente questa seconda gamba del riparto andava a tagliare di più a coloro i quali avevano un'eccedenza di entrate correnti rispetto all'eccedenza fra la spesa effettiva e la spesa di cui non possono fare a meno per legge, definita, però – lo ripeto – come spesa per il personale e spesa per il servizio del debito, intesa come capitale e interessi.
  Questi fabbisogni standard sono stati utilizzati, in realtà, solo nella prima delle due gambe che vi ho detto, vale a dire la differenza fra spesa storica e spesa standard, risultante dall'applicazione dei fabbisogni standard.
  Il secondo criterio, invece, è un criterio che io definisco «di sopravvivenza», nel senso ovviamente di sostenibilità, vale a dire: vado a tagliare di più a quegli enti che hanno un'eccedenza di risorse rispetto alla spesa obbligatoria per legge.
  In realtà, già da questo si poteva capire, come poi il legislatore capì. Infatti, sapete bene che già nel 2016 parte di questo taglio è stato sterilizzato. Nelle polemiche di queste ore forse non si ricorda abbastanza: tutto il taglio alle città metropolitane (250 milioni) è stato già sterilizzato nel 2016 con un contributo di pari importo, e quello tra i 400 e i 500 milioni per le province con una serie di contributi successivi, alcuni previsti in legge di stabilità 2016 e altri previsti col decreto enti locali del giugno scorso.
  Tuttavia, il taglio è stato ripartito sulle province per il 78,5 per cento con questo criterio di sostenibilità, quindi la seconda gamba che vi ho detto, ovvero la differenza fra le entrate e l'eccedenza di spesa rispetto a quella obbligatoria per legge, mentre per le città metropolitane addirittura l'83,7 per cento del taglio, poi sterilizzato con il contributo, è stato ripartito sulla base di questo criterio di sostenibilità.
  Per province e città metropolitane circa il 20 per cento del taglio fu ripartito con la prima gamba, vale a dire differenza fra spesa storica e spesa standard, e circa l'80 per cento del taglio è stato ripartito, invece, sulla base del criterio di sopravvivenza o di sostenibilità, a seconda di come lo vogliamo chiamare.
  Ripeto che per l'esercizio 2016 tutto il taglio alle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario (250 milioni) è stato sterilizzato con un contributo di pari importo e buona parte (adesso non ricordo la cifra esatta, perché furono diversi contributi uno sopra l'altro) del taglio delle province delle regioni a statuto ordinario fu sterilizzato con contributi di pari importo.
  Come la Commissione ben sa, nel 2017, invece, l'intero terzo miliardo è stato sterilizzato con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ex articolo 1, comma 439, della legge 11 dicembre 2016, n. 232: tutti i 650 milioni di taglio addizionale alle province per l'anno 2017, tutti i 250 milioni di taglio alle città metropolitane per il 2017 e addirittura anche i 100 milioni per gli enti delle regioni a statuto speciale.
  Dunque, i complessivi 3 miliardi di taglio stabiliti dalla legge di stabilità 2015 sul triennio alla fine sono stati sterilizzati per circa la metà. Parliamo di tutto il terzo miliardo e, fra una cosa e l'altra, di quasi metà del secondo miliardo del 2016.
  Questo è stato l'utilizzo dei fabbisogni standard che oggi discutiamo e questo sarà formalmente anche l'utilizzo nel 2017, perché formalmente nel 2017 noi abbiamo il taglio – dovremo decidere come ripartirlo, però sicuramente lo faremo utilizzando i fabbisogni standard – e poi il contributo che va a specchio di questo taglio, in modo da sterilizzare.
  Ovviamente lo sfondo di tutta questa discussione – immagino ci sarà modo di Pag. 8discuterne ora o nei prossimi giorni – è la complessiva adeguatezza delle risorse attualmente attribuite al comparto. Specialmente dopo l'archiviazione delle prospettive di riforma costituzionale di questo livello di governo, ovviamente è un tema molto caldo.
  Io ricordo che le province e città metropolitane sono il comparto dell'amministrazione locale dello Stato che ha effettivamente proceduto in questi anni a un taglio massiccio di spesa corrente. Mi verrebbe quasi da dire «l'unico», ma sicuramente è stato il comparto in aggregato che ha effettuato il taglio maggiore. Parliamo di circa il 15 per cento di riduzione di spesa corrente fra il 2010 e il 2015. Non altrettanto si può dire – ma avremo modo di parlarne – per gli altri due comparti, comunale e regionale.
  Indubbiamente l'adeguatezza delle risorse è un tema su cui il Governo è impegnato in queste ore ed è un tema su cui immagino che anche voi avrete molto da dire.
  Come dicevo, purtroppo questo provvedimento arriva alla vostra attenzione con molto ritardo. I fabbisogni standard hanno comportato queste tre maggiori modifiche: aggiornamento dati, riduzione del perimetro delle funzioni fondamentali in accordo con la legge Delrio e cambio di metodologia per migliorarne la trasparenza e la fruibilità con l'adozione delle funzioni di costo, eccetera e, anche qui, come nel comparto comunale, un ponte verso il futuro, vale a dire l'utilizzo di tecniche di stima alternative, che, però, non riusciamo mai a far uscire dall'appendice. Tuttavia, se posso permettermi, questo non è nostro compito.

  PRESIDENTE. Anticipo per chi non si ferma in Ufficio di presidenza che domani mattina audiremo finalmente il Sottosegretario di Stato agli affari regionali e alle autonomie, Gianclaudio Bressa, sulle province, quindi potremo approfondire i temi ora richiamati con la controparte politica.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIOVANNI PAGLIA. Io avrei due domande. Una ha a che fare con il calcolo dei fabbisogni standard relativi alle strade. Non l'ho chiesto a SOSE la settimana scorsa perché è una riflessione che è arrivata nel frattempo. Si è scelto di utilizzare come criterio il numero di occupati anziché il numero di automobili immatricolate per calcolare i livelli di traffico e di usura. Si considerano il numero di occupati e i chilometri di strade.
  Il numero di occupati in questo Paese non è oggettivamente uguale dappertutto. A seconda dei livelli di sommerso, che non sono equamente divisi sul piano nazionale, si hanno pezzi di economia e, quindi, di usura delle infrastrutture che in questo modo non sono assolutamente rilevati.
  C'è chi ha fatto un calcolo empirico a spanne. Verrebbe fuori, per esempio, che la provincia di Napoli e la provincia di Milano sarebbero totalmente squilibrate, perché mentre quest'ultima ha un numero di occupati molto elevato, l'altra ha un numero di occupati evidentemente molto sottostimato rispetto ai livelli reali di traffico.
  Capisco la ratio, che però mi sembra molto teorica, perché si basa su un Paese che probabilmente non c'è, cioè su un Paese in cui il numero di occupati sia realmente proporzionale in modo equamente diviso su tutto il territorio nazionale e sia un indice affidabile del livello di sviluppo dell'economia locale e, quindi, dell'uso delle infrastrutture.
  Suggerirei – e lo scriverei anche nel parere – di rivedere questo criterio, non perché teoricamente non corretto, ma perché praticamente non corretto.
  C'è un'altra questione che mi ha colpito l'altra volta durante l'audizione di SOSE. A un certo punto è stato detto che molti dei questionari non sarebbero considerati affidabili.
  Considerando che le province italiane coinvolte sono 86, il fatto che si ritenga che ce n'è una percentuale tutto sommato rilevante i cui questionari non sono affidabili e, quindi, vengono di fatto esclusi o solo parzialmente considerati nelle valutazioni dovrebbe mostrarci che c'è qualche problema. Pag. 9
  Mentre sui comuni, che sono migliaia, ciò è comprensibile, perché peraltro ci sono anche comuni piccoli, il fatto che su 86 enti su alcune cose quasi il 50 per cento dei dati vengono scartati perché non affidabili non credo possa essere ritenuto normale e accettabile.
  Se è così, bisognerà prevedere un corso di aggiornamento straordinario, perché altrimenti anche il valore euristico di questa norma rischia di essere in parte spiazzato.

  MARIA CECILIA GUERRA. Noi siamo un po’ in difficoltà nel nostro parere, perché ovviamente noi siamo chiamati a esprimere questo parere in relazione all'utilizzo che avrebbe dovuto essere fatto dei coefficienti di riparto ai fini perequativi. Questa storia è scomparsa completamente dal quadro, non essendoci più perequazione e, quindi, tutte le altre cose, che sono assolutamente rilevanti per questa Commissione, possono entrare nel parere in termini evocativi.
  Gli altri utilizzi decisi per legge, peraltro, non sono al vaglio di questa Commissione, perché noi abbiamo all'esame l'attuazione del decreto del 2010, non l'attuazione della legge di stabilità che ha previsto quest'altro utilizzo.
  Siamo oggettivamente in una situazione un po’ anomala, in cui il vero utilizzo è quello di cui non dobbiamo occuparci, ma questo è un quadro che sappiamo essere in evoluzione.
  Tuttavia, questo aspetto della perequazione è un punto che comunque non può restare sullo sfondo. È un tema che dovrà essere affrontato.
  Io mi scuso con i colleghi del fatto che ripropongo domande che ho già posto. Uno dei punti problematici è il peso assegnato alle funzioni, che prescinde da una considerazione di tipo regionale. Per i comuni, che però sono molti di più, avevamo visto che la variabile regionale in alcune tipologie di servizi alla fine è stata introdotta, perché evidentemente rappresenta uno spartiacque significativo.
  Anche per queste funzioni può succedere esattamente questa cosa, nella misura in cui, soprattutto nella funzione ambiente, la relazione fra province e regione è stata molto differenziata, per cui ci sono regioni che hanno preso in carico quasi completamente la funzione e altre regioni che, invece, l'hanno lasciata alle province. Utilizzare lo stesso peso nella ripartizione può, quindi, comportare dei risultati poco attendibili.
  Riprendo la questione che sollevava il collega rispetto ai dati che sono stati eliminati, che effettivamente per alcune funzioni sono piuttosto rilevanti. Per esempio, nei trasporti solo 54 questionari su 86 sono stati utilizzati. Gli scarti, da quello che ci è stato detto, riguardano prevalentemente alcune zone geografiche dell'Italia, in particolare le province del Sud.
  Capisco che non ne è stata fatta un'applicazione, perché è relegata nell'appendice, però, quando noi andiamo a fare una valutazione quantilica ci manca un pezzo molto significativo. Da quello che ho capito la regressione quantilica prende a riferimento non la media ma la distribuzione. Tuttavia, è una distribuzione su un campione significativamente falsato. Questo è un problema, secondo me, piuttosto rilevante.
  In secondo luogo, questa è una cosa che approssima una funzione di costo, ma non è propriamente una funzione di costo e, quindi, include elementi che andrebbero esclusi, ad esempio elementi di qualità.
  Cosa vuol dire qualità in questo caso? Per esempio, nel caso della manutenzione delle strade, uno può avere una manutenzione molto bassa e pesare poco nel calcolo perché non l'ha fatta, mentre altri enti possono aver una manutenzione molto alta perché, invece, l'hanno fatta. Anche questo ovviamente è un elemento che, quando poi si va a fare soprattutto calcoli di efficienza, pesa. Non ho capito come e se ne avete tenuto conto.
  Una domanda più puntuale riguarda la questione del 70 per cento, 50 per cento, 30 per cento e la spesa per il personale. Se ho capito bene, voi avete preso l'orientamento del taglio della spesa per il personale che viene dalla legge n. 56 e l'avete applicato, però non al 100 per cento della spesa per le funzioni generali, ma alla parte che originariamente era pensata già come rilevante Pag. 10 per i fabbisogni, cioè al 70 per cento. Avete preso una percentuale del 70 per cento, non una percentuale del 100 per cento.
  Chiedo questo perché altrimenti i conti non mi tornano. Questo è il punto. La domanda diretta sarebbe: mi può spiegare in dettaglio come si arriva a quelle percentuali, perché io non l'ho capito? La sottodomanda, cioè il retropensiero, è: se l'avete applicato al 70 per cento, secondo me è sbagliato, perché effettivamente il taglio del personale non teneva conto solo della rimodulazione delle funzioni fondamentali, ma anche del venir meno delle funzioni non fondamentali che comunque erano già state escluse utilizzando il 70 per cento di spesa.
  Non so se mi sono spiegata. Su questo, però, posso sbagliarmi, perché effettivamente ci sono solo tre righe di spiegazione. Questa è un'insufficienza dell'atto che ci è stato presentato, perché, essendo questo tema così rilevante, forse meritava una spiegazione un po’ più diffusa.

  MAGDA ANGELA ZANONI. Faccio poche considerazioni. Innanzitutto ringrazio il presidente Marattin per la sua descrizione utile.
  Parto da una prima considerazione di carattere più generale. Io credo che la riduzione delle risorse che era stata prevista fosse fatta anche in una logica di modifica istituzionale dell'ente in questione con la riforma costituzionale.
  È chiaro che, non essendo passata la riforma costituzionale ed essendo rientrate le province a pieno titolo e a parità di dignità all'interno delle istituzioni, un ripensamento va fatto, anche perché la legge n. 42 del 2009 prevedeva determinate modalità, come diceva prima la senatrice Guerra, relativamente alla perequazione. La perequazione non esiste più, perché adesso le province raccolgono gettito che versano allo Stato e questo è un problema che va affrontato.
  Altre osservazioni sono più legate alla metodologia. In primo luogo, la semplificazione mi sembra un grosso passo avanti. Era una cosa che noi, anche come Commissione, avevamo chiesto, perché il sistema deve essere puntuale, ma deve essere in qualche modo anche accettato dagli enti che lo subiscono.
  Soprattutto nel caso dei comuni, ma anche in quello delle province, dove non sempre c'è del personale sufficientemente addentro alle modalità tecniche che vengono utilizzate, si chiede quasi un atto di fede. Viene fuori un coefficiente e dobbiamo sperare che sia quello giusto, con molte difficoltà di comprensione. Questo è un aspetto che riguarda la perequazione, la redistribuzione e il riparto. Dunque, va bene la semplificazione, ma occorre spingere ulteriormente in quella direzione.
  C'è un altro aspetto che mi lascia un po’ perplessa, anche se capisco le difficoltà (non è una critica). C'è scritto che i dati sono per la maggior parte dei casi dell'annualità più recente, che è il 2014. In anni di grande evoluzione dei nostri sistemi, dei bisogni e anche delle capacità di intervenire nelle istituzioni, che sono in grande trasformazione, oggettivamente qualche perplessità si pone.
  Questo tema si riallaccia al sistema della semplificazione. Forse è meglio utilizzare dati già disponibili e più certificati. Magari sono un po’ più grossolani, ma ci sono tantissimi dati nei conti consuntivi che non vengono utilizzati quasi da nessuno, mentre si vanno a raccogliere dati nuovi che sono vecchi. Con i sistemi informatici che ormai sembrano darci le informazioni in tempo reale, credo che bisognerebbe fare almeno uno sforzo per arrivare, non dico al dato dell'anno precedente – capisco che è difficile – ma almeno a quello immediatamente prima, ossia al dato del 2015.
  Ho un'ultima domanda che ho già fatto in via informale prima, ma voglio che resti a verbale. L'uscita di questo decreto-legge enti locali è importante per due motivi. In primo luogo, se da un lato vogliamo essere rigorosi nel mantenere le date per la definizione dei bilanci di previsione degli enti, dobbiamo essere altrettanto rigorosi con noi nel dare le informazioni necessarie. Altrimenti, da un lato chiediamo che facciano i bilanci di previsione, ma dall'altro non gli diamo le informazioni necessarie. Pag. 11
  Da questo punto di vista, è evidente il caso delle province. Mentre sui comuni la data del 31 marzo è compatibile, perché tutto sommato le informazioni c'erano quasi tutte, è chiaro che per le province il caso dovrebbe essere diverso.
  Credo che questo processo virtuoso, che si è innescato in questi ultimi due anni rispetto agli anni precedenti, di rientro a una normalità di scadenze per gli atti di bilancio vada mantenuto, soprattutto mantenendo la rigorosità verso noi stessi. È davvero indispensabile che il decreto-legge esca al più presto, altrimenti siamo fuori tempo massimo per chiedere agli altri di essere rigorosi.

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente Marattin per la replica.

  LUIGI MARATTIN, presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Grazie a tutti per le domande e le sollecitazioni interessanti. Provo, nel più breve tempo possibile, a fornire una risposta.
  Sugli occupati ovviamente, come l'onorevole ha intuito e detto, l'idea è che quante più persone lavorano tante più persone si spostano e, quindi, utilizzano le strade. Ovviamente questa era la ratio.
  Mi viene da dire che purtroppo il problema del sommerso si applica a ogni rilevazione statistica. Penso agli studi di settore o anche alle stesse indagini sull'occupazione e il livello della pressione fiscale. Purtroppo, è un minimo comune denominatore di ogni tipo di indagine statistica, che sicuramente impatta anche su questo.
  Mi viene davvero difficile pensare a un modo per riuscire a catturare l'entità dei lavoratori in nero che si spostano. Questo è il punto, però ritengo che dal punto di vista tecnico spiega molto di più l'altro dato, cioè il numero dei chilometri di strade. La percentuale di differenza della spesa è spiegata molto più dalle strade che non da quest'altra variabile, che sicuramente soffre di questo problema: c'è chi sfugge alla rilevazione statistica.
  A ciò si lega la sua seconda questione, ripresa anche dall'onorevole Guerra, sui missing data, cioè sui questionari compilati poco e male. Purtroppo, siccome queste metodologie si basano su fonti ufficiali di dati (soprattutto i consuntivi, ma non solo, perché noi attingiamo anche a banche dati ISTAT e Banca d'Italia) e, per essere il più puntuali possibile, su questionari fatti agli enti, ovviamente il tutto riposa sulla buona volontà degli enti di farlo nel modo corretto.
  Anche in questo caso purtroppo, secondo me, sbattiamo contro un problema difficilmente aggirabile. Ricorderete quando sono venuto qui per i comuni: per quanto riguarda il comparto comunale, noi abbiamo fatto tutto il possibile per rendere semplice il questionario. Abbiamo ridotto le voci del 70 per cento, da 6.500 a 1.500. Ovviamente è tutto on line, nessuno va con la carta.
  Dico una cosa che forse non dovrei dire, ma la dico come eventualità. Io temo che ci sia un fattore ancora più preoccupante. Non abbiamo solo persone che compilano male o poco. Preciso che abbiamo delle sanzioni: chi non compila il questionario entro una certa data, che per i comuni è il 21 gennaio, non riceve più trasferimenti dallo Stato. Parlo dei comuni in questo caso. C'è il blocco delle erogazioni delle spettanze finché il questionario non viene compilato.
  Purtroppo, quando ci si affida alle compilazioni sul campo, c'è un altro effetto che prima o poi, come vedrete, diventerà rilevante. Quando questo meccanismo verrà veramente interiorizzato dagli enti, dovremo anche fare i conti, probabilmente, con un fenomeno di segno inverso.
  Chiaramente, quando si capirà che maggiore è il fabbisogno e più sono i soldi che arrivano allora ci saranno interventi, diciamo così, correttivi. Un paio informalmente ci hanno già detto: «Lo posso ricompilare, ora che ho capito come funziona?» Abbiamo risposto: «No, non puoi ricompilare».
  Noi proviamo già a minimizzare il ricorso a queste informazioni attingendo a banche dati ufficiali, però, nella misura in cui si deve far ricorso al questionario, è un fattore da un certo punto di vista difficilmente aggirabile. Pag. 12
  Ci tengo anche a sottolineare che, come voi sapete, la maggior parte delle indagini campionarie ha livelli di copertura del campione infinitamente più bassi. Un buon questionario arriva al 10 per cento. Ovviamente qui non parliamo di un'indagine campionaria, parliamo di cose sicuramente diverse, però siamo ben lontani dal 10 per cento. La copertura di 54 su 86, che è la consistenza del campione, è un universo di riferimento di un certo rilievo.
  Peraltro, in questo caso c'è la specificità del comparto.
  Veniamo al tema più generale: perché noi non abbiamo questo problema nei comuni? Non ce l'abbiamo un po’ perché morde la sanzione e un po’ perché purtroppo il comparto di cui parliamo oggi fino a qualche mese fa era un dead man walking, quindi aveva una determinata prospettiva, che in parte c'è tuttora per le difficoltà finanziarie. Di conseguenza, la compliance e la voglia di partecipare a un'iniziativa del genere erano significativamente diverse dal passato.
  Sicuramente si deve tener conto del clima che vi è. Sapete che gli amministratori non sono più eletti e non percepiscono più un compenso. Non voglio dire che si debba percepire un compenso per compilare bene un questionario ovviamente, però sapete meglio di me che purtroppo il clima tra gli amministratori provinciali in questi ultimi due anni non ha aiutato l'adesione a un sistema significativamente diverso dal passato. Ovviamente è un tema su cui occorrerà fare di più.
  La perequazione, così come concepita dalla legge n. 42, non c'è più da un bel po’ di tempo. Questo è il vero punto. È, quindi, evidente che questi non sono strumenti utilizzati per fare perequazione verticale. Il fondo specifico provinciale nei fatti è completamente azzerato, quindi questo è un tema valido anche per i comuni.
  Attualmente lo strumento del coefficiente di riparto viene utilizzato per la ripartizione di un taglio. Questo è evidente.
  Per quanto concerne la sterilizzazione regionale, lo abbiamo fatto per i comuni. La valutazione fatta sulle province ovviamente è opinabile. Io capisco l'argomento della senatrice Guerra, ma l'argomentazione fondamentalmente è che nel caso delle province si tratta di funzioni essenzialmente di pianificazione, su cui l'effetto regionale è meno evidente rispetto a una funzione di gestione che abbiamo considerato nel caso comunale, ad esempio, su alcune dimensioni del sociale.
  Questa è stata la valutazione. Probabilmente è una valutazione su cui si può ritornare. Non è stata ritenuta opportuna una sterilizzazione regionale, in quanto la funzione attribuita alle province non è di natura gestionale, ma in molti casi è di natura autorizzatoria e di pianificazione.
  Ho omesso di dire o forse non ho sottolineato abbastanza che la funzione di costo qui è approssimata. Si approssima il livello di output con l’output che dovresti fare, perché sono a carico tot strade, tot scuole, eccetera.
  Il convitato di pietra, il grande assente della discussione, è sempre lo stesso: finché noi non fissiamo nella funzione di costo un livello obiettivo, vale a dire un livello essenziale delle prestazioni, ovviamente questa critica sarà sempre lì.
  L'assunto è che, se tu hai tot scuole, le devi manutenere. È completamente esclusa la dimensione qualitativa, e ciò accade sempre. Tutto questo impianto metodologico è quantitativo, non è assolutamente qualitativo, in questo caso come per i comuni.
  Tuttavia, se è sufficiente o no la manutenzione che fai è un'informazione che è possibile dare soltanto se si fissa un benchmark di sufficienza comunemente noto come livello essenziale delle prestazioni (LEP), di cui abbiamo già parlato lungamente e che effettivamente è il grande assente di questa discussione.
  La funzione di costo è il presupposto necessario per arrivare al LEP, perché altrimenti non posso avere uno strumento che mi dice a fronte di questo servizio quanto spendi, ma il LEP ovviamente non c'è. Confermo che il 70-30 per cento è sul generale.
  Rispondo alla senatrice Zanoni sul lag dei dati. In realtà, è già t-2. La senatrice diceva: «Non l'anno prima, ma l'anno prima ancora». In realtà, essendo questo lavoro Pag. 13fatto nel 2016, l'anno prima ancora era il 2014, per cui questo ritardo di cui parlavo all'inizio giustifica.
  Bisogna, però, dire un'altra cosa. Sui questionari noi siamo abbastanza rigidi, anche se l'ANCI chiede e ottiene sempre proroghe su questo. Il problema è che le informazioni alle quali attingiamo, che sono i consuntivi, in questo comparto arrivano molto tardi, anche in questo caso perché il comparto è molto sotto stress. Per quanto possa suonare strano, se non ricordo male, qualche tempo fa, al momento della legge di bilancio, c'erano venti province che non avevano approvato il consuntivo del 2016.
  Infine, sul decreto-legge enti locali ovviamente i nostri lavori sono in corso, ma la decisione politica di procedere venerdì o meno non è nelle mie mani. Condivido l'auspicio che si faccia presto. Specifico solo – ma l'ha già detto bene la senatrice – che regioni e comuni hanno da diversi mesi tutte le informazioni necessarie per procedere all'approvazione dei bilanci. L'unica vera eccezione è la possibilità che il Governo decida di attribuire alle province e alle città metropolitane un contributo addizionale. Ovviamente questa è un'informazione rilevante per fare i bilanci, ma, esclusa questa, comuni e regioni hanno da tempo tutte le informazioni di cui hanno bisogno per predisporre l'approvazione del preventivo.

  MARIA CECILIA GUERRA. Forse non mi sono spiegata bene. Io non avevo il dubbio che 70 per cento e 50 per cento si riferissero alla spesa generale. La mia domanda è: perché 70 per cento e perché 50 per cento? Si è detto che ci si è arrivati tenendo conto del taglio della spesa.

  LUIGI MARATTIN, presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. L'idea è: siccome alle città metropolitane è consentito mantenere il 70 per cento della dotazione organica, in quale di queste funzioni questo si rispecchia?
  Secondo noi, si rispecchia in quella generale, quindi io taglio dalla percentuale corrispondente il fabbisogno relativo alle funzioni generali. Non essendo noi in grado di spacchettare questo 30 per cento e 50 per cento nelle funzioni fondamentali, perché non possiamo sapere cosa di quel 30 per cento che le città metropolitane devono tagliare serviva per fare le scuole, le strade, eccetera, abbiamo attribuito tutte al comparto generale, in modo da dire: «Tu hai una dotazione minore, ma su un minimo comune denominatore, che sono le funzioni generali».

  ANTONIO D'ALÌ. Vorrei porre una domanda più di carattere politico che tecnico, se mi è consentito. Secondo lei, tutto questo meccanismo di determinazione della finanza derivata in base ai fabbisogni, eccetera non costituisce un ritorno a un centralismo dal punto di vista dell'autonomia finanziaria degli enti locali, la cui critica era stata alla base dell'eliminazione dei vecchi criteri delle commissioni che c'erano al Ministero dell'interno che decidevano sul trasferimento agli enti locali? Questo meccanismo non rischia di limitare enormemente l'autonomia finanziaria degli enti locali?

  LUIGI MARATTIN, presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. No, credo che sia un'altra questione, nel senso che possiamo discutere se l'autonomia in generale sia maggiore o minore rispetto a venticinque anni fa, ma non credo abbia molto a che fare con i fabbisogni.
  Le spiego perché: l'introduzione dei fabbisogni standard e della capacità fiscale è «semplicemente» un criterio per ripartire un trasferimento, che nel caso delle province, come sappiamo, è un trasferimento negativo, ma, ad esempio, nel caso dei comuni è un trasferimento orizzontale, cioè da comuni e comuni, non più statale.
  Il vecchio metodo era: io, Stato, ti do i soldi su base storica, cioè fondamentalmente sulla base di quello che fu fatto nel 1977, quando i decreti Stammati restituirono la finanza derivata, indipendentemente da come li usi e dal fatto che ti servano o no.
  Il concetto di fabbisogno standard e capacità fiscale è che il trasferimento fra Pag. 14livelli di Governo è dato sulla base di quanto ti dovrebbe costare il servizio in condizioni di efficienza. Qui si apre il discorso dello stimatore medio, quantilico, eccetera, cioè di come misuro l'efficienza. Quanto ti dovrebbe costare il servizio, tenendo conto che un chilometro di strada di pianura costa meno di uno di montagna, che riscaldare le scuole a Belluno costa più che a Napoli, eccetera? Sulla base dei soldi che tu ente già autonomamente di tuo puoi raccogliere, cioè la capacità fiscale che hai, io Stato intervengo laddove il tuo fabbisogno è superiore.
  Qui si apre il discorso dell'autonomia. Io potrei dire che il fatto che lo Stato blocca da due anni la leva tributaria è sintomo di autonomia oppure no, ma questa è un'altra vicenda. L'applicazione dei fabbisogni standard e della capacità fiscale è un modo di allocare risorse statali ai comuni o, nel caso delle province, tagli statali agli enti.
  Il tema dell'autonomia è estremamente interessante. A venticinque anni dall'inizio di una stagione federalista varrebbe la pena fare un bilancio. Io potrei anche argomentare che i fabbisogni standard, in realtà, spingono a maggiore autonomia, proprio perché si basano su condizioni di spesa e di efficienza e sono relativi al territorio. Infatti, nel momento in cui io alloco le risorse sulla base delle specificità territoriali, in realtà sto tenendo conto maggiormente di quello che accade sul territorio e non in un ufficio a Roma.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Marattin per il suo intervento e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.

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