XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 98 di Giovedì 16 febbraio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Marantelli Daniele , Presidente ... 2 

Audizione del Direttore della Direzione Centrale della finanza locale del Ministero dell'interno, Giancarlo Verde, sulla finanza delle Province e delle Città metropolitane (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del regolamento della Commissione):
Marantelli Daniele , Presidente ... 2 
Verde Giancarlo , Direttore della Direzione centrale della finanza locale del Ministero dell'interno ... 2 
Fornaro Federico  ... 5 
Verde Giancarlo , Direttore della Direzione centrale della finanza locale del Ministero dell'interno ... 5 
Fornaro Federico  ... 5 
Verde Giancarlo , Direttore della Direzione centrale della finanza locale del Ministero dell'interno ... 5 
Marantelli Daniele , Presidente ... 9 
Zanoni Magda Angela  ... 9 
De Menech Roger (PD)  ... 10 
D'Alì Antonio  ... 11 
Guerra Maria Cecilia  ... 11 
Fornaro Federico  ... 11 
Marantelli Daniele , Presidente ... 12 
Verde Giancarlo , Direttore della Direzione centrale della finanza locale del Ministero dell'interno ... 12 
Marantelli Daniele , Presidente ... 14 

Allegato 1: Relazione ... 15 

Allegato 2: Tabelle illustrative ... 41

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
DANIELE MARANTELLI

  La seduta comincia alle 8.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Direttore della Direzione Centrale della finanza locale del Ministero dell'interno, Giancarlo Verde, sulla finanza delle Province e delle Città metropolitane.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione, del Direttore della Direzione Centrale della finanza locale del Ministero dell'interno, il dottor Giancarlo Verde, sulla finanza delle Province e delle città metropolitane.
  Abbiamo chiesto al dottor Verde di soffermarsi anche sul tema delle Province in stato di dissesto o pre-dissesto.
  Nel ringraziarlo per la sua disponibilità, cedo la parola al dottor Giancarlo Verde per lo svolgimento della relazione.

  GIANCARLO VERDE, Direttore della Direzione centrale della finanza locale del Ministero dell'interno. Grazie, Presidente. Buongiorno a tutti i senatori e deputati. Mi è stato affidato un tema, che stamattina svolgerò, cercando di andare a braccio, perché non leggerò la relazione, che ho predisposto e che lascio agli atti, in modo tale che sia possibile ritornare sui dati che vi fornirò stamattina.
  Farò una sintesi di quello che ho predisposto, ma ovviamente sono disponibile per chiarimenti o comunque per approfondimenti che mi vogliate chiedere.
  Inevitabilmente, sono dovuto partire da un minimo di storia. Non andrò tanto lontano, però, per descrivere la situazione attuale delle Province, dobbiamo risalire almeno a cinque o sei anni fa, quindi all'approvazione della legge sul federalismo fiscale del 2009.
  La premessa è che, per semplicità, parlerò sempre di Province e che i dati sostanzialmente sono messi tutti insieme, perché, di fatto, fino al 2016-2017, non cambia nulla, quindi a livello sistematico non è un problema mettere insieme Province e città metropolitane perché ancora a livello finanziario non c'è una differenziazione. Per semplicità di espressione dei dati e dei numeri, secondo me, è più comprensibile unire, fin dove arriviamo, i due insiemi delle Province e delle città metropolitane.
  Dicevo prima che dobbiamo risalire al 2009, alla legge di attuazione del federalismo fiscale, che ha visto i due decreti delegati, il n. 23 per i comuni e il n. 68 per le Province. Da lì nasce la storia, perché viene istituito, con il decreto legislativo n. 68, il Fondo sperimentale di riequilibrio per le Province. Il Fondo viene istituito solamente per due anni e poi è stato prorogato anno per anno, quindi siamo ancora nel sistema prefigurato dal decreto legislativo n. 68.
  Da allora, come poi è avvenuto anche per i comuni, c'è stata la partenza delle risorse, cioè la spiegazione di come nasce il tutto e di come arriviamo a oggi, quindi è necessario fare chiarezza sul momento di partenza. In base al decreto legislativo n. 68, Pag. 3risorse e trasferimenti dello Stato sono stati sostituiti dalle imposte.
  Si tratta di un'operazione simile a quanto fatto precedentemente per le Province, quando, istituendo l'imposta provinciale di trascrizione, la RC auto, nel 1996-1998, lo Stato concede queste due imposte e prende i trasferimenti dell'epoca, così come, in questo momento, crea il fondo di compartecipazione, ma sopprime tutti i trasferimenti dello Stato e sopprime anche le entrate derivanti dall'addizionale provinciale sull'accisa sull'energia elettrica, che noi chiamiamo «addizionale Enel», quindi si fa questa operazione, di fatto. Si suppone che nelle Province le entrate siano sostanzialmente le due imposte proprie e, togliendo l'addizionale Enel e i trasferimenti dello Stato, il Fondo di riequilibrio provinciale.
  Questo riguarda naturalmente le quindici Regioni a statuto ordinario, perché per la Sicilia e la Sardegna, il sistema va avanti senza il Fondo di riequilibrio, perché non sono interessate alla legge sul federalismo fiscale, quindi hanno conservato i trasferimenti in quanto tali.
  Presso la COPAFF viene fatto un lavoro tecnico, che porta poi a un formalismo con un'approvazione per decreto, per stabilire quali fossero queste somme da fiscalizzare. Ancora il sito COPAFF è disponibile sul web, quindi si tratta di atti formali, che si possono consultare. È stato fatto un elenco di 75 voci, che portano a 765 milioni l'importo fotografato in quel momento e che lo Stato conferirà, quindi si sopprimono 765 milioni di trasferimenti dello Stato, per farli confluire nel Fondo di riequilibrio delle Province.
  Dall'altra parte, in questo censimento delle somme che affluivano dallo Stato verso le Province e le quindici Regioni, si isolano gli importi non fiscalizzati, cioè aventi una caratteristica diversa rispetto a quelle di ripetitività, occasionalità o generalità, e che quindi non dovevano e non potevano essere fiscalizzati. In quel momento, quegli importi ammontavano a 13 milioni 423.687 di euro. Questa è l'entità delle somme che sono state mosse.
  Un elemento molto importante, che a volte sfugge nella complicazione ormai di questo sistema, è rappresentato dal fatto che comunque, a quella data, si esplicavano effetti di norme precedenti. Come dicevo prima, nel passato, rispetto al 2009, e in particolare nel periodo intorno all'anno 2000, c'erano state altre manovre di passaggio tra Stato e Province, tra cui, come dicevo prima, l'IPT che andava alle Province, quindi lo Stato rinunciava alla propria entrata, l'attribuzione dell'addizionale per l'energia elettrica e, inoltre, la presa in carico, da parte dello Stato, dei dipendenti non docenti delle scuole, definiti come personale ATA.
  Lo Stato si era assunto in carico quei dipendenti e i connessi costi, e aveva scomputato quel valore dai bilanci provinciali perché, fino a quel momento, erano a loro carico quelli relativi alle scuole provinciali per gli istituti superiori. Questa operazione di compensazione ha fatto sì che il sistema delle Province dovesse comunque dare ancora allo Stato 192 milioni. Il ragionamento a livello macroeconomico di per sé tiene, però, calato al livello della singola provincia, al momento dell'effettiva detrazione, è accaduto che in alcune Province le somme fossero maggiori di quelle che lo Stato erogava, con la conseguenza che il sistema si porta indietro fin dall'inizio, nel momento dell'attuazione del federalismo fiscale dall'anno 2000, un debito destinato ad essere stabile pari a 192.775.000 euro. Si parte quindi, al di là dell'operazione del Fondo di riequilibrio, comunque, con un debito.
  Il Fondo di riequilibrio viene costituito, mettendo i 765 milioni delle somme fiscalizzate, a cui, come vedremo, si aggiungerà l'importo stimato dell'addizionale per l'energia elettrica di circa 800 milioni di euro.
  Questa, quindi, è la base di partenza, che ha fatto vedere come è stato fissato, nel 2011, il Fondo di riequilibrio delle Province. Nel frattempo, a latere, avviene la marcia inesorabile della riduzione di risorse, perché si innestano, anno per anno, riduzioni o compensazioni di assegnazioni da parte dello Stato.
  Da un lato, c'è una sorta di consolidamento con la fiscalizzazione, per cui si dice «bene, terminiamo questa relazione di assegnazioni Pag. 4 finanziarie e vivrai di tuo con questo fondo». Dall'altro lato, per ragioni che conosciamo tutti, c'è la necessità di intervenire da parte dello Stato con riduzioni di assegnazioni oppure compensazioni, dando strumenti di risparmio agli enti locali (Province e comuni) e portando al bilancio dello Stato l'equivalente del risparmio ipotetico, che dovrebbero conseguire le Province o anche i comuni.
  Un esempio per tutti è quello dei costi della politica. Un altro esempio è rappresentato dalla possibilità di rinegoziare del 5 per cento i contratti: poiché il valore complessivo, che si conosce, è pari a tot miliardi di euro e, quindi, che il 5 per cento è pari a un certo numero di miliardi, la conseguenza è che il sistema risparmia quei miliardi, mentre lo Stato li prende. Non si considera un taglio perché l'assunto è che sono state piuttosto poste le condizioni di risparmiare l'equivalente.
  Da una parte, abbiamo il cammino delle assegnazioni finanziarie e il loro mutamento e, dall'altra parte, abbiamo anche il sovrapporsi di riduzioni o compensazioni, che hanno poi effetti cumulati. Magari c'è una norma che fa una detrazione per i tre anni successivi e, l'anno successivo, c'è un'altra norma per i tre anni ancora successivi, quindi ci può essere l'anno in cui si applica la prima norma o quello in cui se ne applicano due o un altro anno in cui, addirittura, si applicano tre norme, con una stratificazione di riduzioni. Per semplificare l'esposizione ho redatto delle tabelle, dove tutto questo appare con molta chiarezza, anno per anno e legge per legge, in modo tale da arrivare al risultato (vedi allegato 2).
  Nel 2011, neanche ci avviciniamo al Fondo di riequilibrio, il quale per logica dovrebbe avere, nella relazione tra enti locali e Stato, l'invarianza di queste somme, che già è presente un taglio di 300 milioni per una riduzione prevista dal decreto-legge n. 78 del 2010, che poi diventa 500 milioni, addirittura, nell'anno 2012. Arrivano, subito dopo, altre riduzioni con il decreto-legge n. 95 del 2012 per 500 milioni di euro, che diventano 1 miliardo e 250 milioni di euro, nel 2015. Inoltre, ricordo i risparmi della spesa pubblica con il decreto-legge n. 66 del 2014 per 344 milioni, che diventano poi 516, fino ad arrivare ai più noti tagli di un miliardo più un altro miliardo e un altro miliardo ancora nel 2015, 2016 e 2017 con le varie leggi finanziarie.
  Di fatto, mettendo insieme l'effetto dell'ultimo anno di queste leggi di riduzioni, che il più delle volte sono incrementali (il primo anno c'è un importo, l'anno successivo è un po’ più alto e quello successivo ancora è ulteriormente aumentato), si arriva a un totale complessivo che, al 2016 compreso, fa registrare una riduzione, tra tagli veri e propri o concorsi a risparmi di spesa pubblica, pari a 4 miliardi 807 milioni di euro. Questo vale per tutti, comprese le Regioni Sicilia e Sardegna.
  Ai fini di una valutazione del peso di questa somma, vi dico che le entrate correnti, nell'anno di partenza 2011, delle Province delle Regioni a statuto ordinario erano circa 8 miliardi e mezzo mentre si spendevano circa 7 miliardi e mezzo in conto corrente e 2 miliardi in conto capitale. Ora, considerate che, in questi anni, le Province hanno di loro solamente l'imposta di trascrizione e la responsabilità civile sulle auto, perché la TEFA è poca roba – visto che si era già al limite e, in più, che il mercato automobilistico è sottoposto a frequenti oscillazioni –, si può affermare, per grandi numeri, che nonostante vi sia stata dal 2011 al 2015 qualche variazione, la situazione sia in qualche modo stabile e che il valore di 4 miliardi e 800 milioni di euro, a fronte di 9-10 miliardi di spese, rappresenti qualcosa di molto pesante.
  Questi sono numeri complessivi e, come al solito, andrebbero studiate e ragionate le singole situazioni. Effettivamente, anche in questo caso, non aiuta molto la statistica perché la situazione è diffusa nel territorio in modo diverso, quindi c'è modo e modo di affrontare queste situazioni.
  Sempre nella relazione che ho consegnato stamattina, abbiamo cercato di riportare con ordine quanto cronologicamente avvenuto: a pagina 10 della relazione viene indicato quali siano state le riduzioni intervenute, per il periodo 2009- Pag. 52017 e anno per anno, segnalando i fattori legislativi che ne sono alla base.
  Nella relazione si può vedere l'effetto cumulato fino all'anno 2016. Va considerato che non sono disponibili ancora tutti i consuntivi per il 2016 e quindi i dati completi sono aggiornati al 2015. Per il 2016 sono disponibili dati più che altro di legge mentre la situazione del 2017 è ancora in fieri, perché la legge stabilità è stata approvata ma deve ancora essere emanato il DPCM. Nella relazione sono stati comunque inseriti i dati noti al momento, però i valori più precisi, come appena detto, riguardano il 2016 perché il 2017 è ancora in movimento. Quindi, l'effetto cumulato è di 4 miliardi 807 milioni di euro, considerando i 300 milioni di euro del 2011, il miliardo e 115 milioni di euro del 2012, i 700 milioni di euro del 2013 e i 445 milioni di euro del 2014 e l'ulteriore miliardo per ciascuno degli anni 2015 e 2016.
  Vero è che, a fronte delle predette riduzioni, è stata sottratta qualche funzione alle Province. Però non è stata data completa esecuzione a quanto programmato in generale e, di fatto, vi sono casi in cui le Province stanno anticipando gli stipendi, perché ancora non sono arrivati i fondi. Mi riferisco, ad esempio, al mercato del lavoro: il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e le Regioni non hanno ancora dato i fondi necessari; vi sono, quindi, taluni problemi di cassa e alcune Province stanno anche anticipando delle somme.

  FEDERICO FORNARO. Mi scusi, dottor Verde, questo non c'è nella relazione?

  GIANCARLO VERDE, Direttore della Direzione centrale della finanza locale del Ministero dell'interno. No, ma posso casomai dare degli approfondimenti su questa fase.

  FEDERICO FORNARO. Sarebbe utile magari anche solo in una paginetta avere dei dati.

  GIANCARLO VERDE, Direttore della Direzione centrale della finanza locale del Ministero dell'interno. Posso fornirvi un prospetto sul dato di entrata, che ho già a disposizione, ma devo verificarlo, quindi preferisco riservarmi la possibilità di farlo in seguito.
  Come dicevo all'inizio, la Sicilia e la Sardegna non sono state interessate dal Fondo di riequilibrio, perché non interessate al federalismo fiscale, però, nella sostanza, sono interessate a tutte le riduzioni di fondi, quindi hanno conservato le loro assegnazioni, però hanno subito, come tutti, la riduzione dei tagli. Nella tabella 5, riportiamo tutti i tagli previsti per legge, specificando la parte delle quindici Regioni a statuto ordinario e la parte di Sicilia e Sardegna. Sostanzialmente, come si vede a pagina 12 della relazione, il peso è circa dell'11 per cento del taglio, quindi è in linea con quello che è sempre stato il peso specifico di quelle due Regioni nell'ambito trasferimenti. Questa manovra di finanza pubblica è pesata per il 90 per cento sugli enti delle quindici Regioni e per il 10 per cento circa sugli enti di Sicilia e Sardegna.
  Anno per anno, è stato adottato il provvedimento formale del Fondo di riequilibrio, che ci fornisce una lettura di quanto accaduto: a partire dal 2012, si sommano i 765 milioni di euro, cioè la parte fiscalizzata, agli 813 milioni dell'addizionale per l'energia elettrica. Inoltre ci sono i due tagli dell'anno 2012. A quel punto, si arriva a bloccare il Fondo di solidarietà comunale alla cifra di 1.039 milioni di euro, che poi ritroveremo per tutti gli anni in cui questo provvedimento è stato fatto – cioè 2012, 2013, 2014, 2015 e 2016 –, e che sarà confermata anche nel 2017.
  Tuttavia, questa è una somma virtuale, ripartita sulla base di taluni criteri determinati con un decreto che ha visto l'accordo con il sistema delle autonomie locali, quindi con l'UPI, all'epoca, e con l'ANCI per le città metropolitane, adesso. Secondo quanto stabilito, il fondo si ripartisce per il 50 per cento in base al sistema precedente al federalismo fiscale – quindi con una certa finzione –, applicando i vecchi criteri delle Province. Il fondo è stato ripartito come segue: per il 50 per cento in base al peso proporzionale della vecchia ripartizione teorica, ora non più attuale; per il 38 per cento in proporzione al gettito della Pag. 6soppressa addizionale sull'energia elettrica; per il 5 per cento in base al peso della popolazione; per il 7 per cento in base al peso del territorio. Naturalmente, questi parametri sono stati valutati insieme all'UPI, nel tentativo di fare un lavoro che fosse il più armonioso possibile.
  Ciò posto, in realtà si tratta di un'assegnazione virtuale, perché bisogna togliere quei famigerati 192 milioni di euro, per i quali il sistema è debitore – e che quindi vanno detratti – dopodiché vanno considerati anche i tagli del 2012. Quindi, tutto considerato, alla fine il Fondo sperimentale di riequilibrio ha determinato finanziamenti da parte del Ministro dell'interno solo per 518 milioni di euro, nonostante si partisse da 1.039 milioni di euro, e ha richiesto alle Province di versare 87 milioni di euro, in quanto vi erano anche Province che non dovevano ricevere ma versare. Questa somma è da tenere ben presente per vedere, a seguito dei tagli, quale è il punto di arrivo, considerando che si sta parlando di 518 milioni di euro di crediti e 87 milioni di euro di debiti da parte dei soggetti compresi nel sistema a fronte dei 1.039 milioni di euro di partenza.
  Ora, se passiamo all'anno successivo, il 2013, notiamo la stessa procedura. Si fa il provvedimento e si riparte sempre dalla cifra di un miliardo 39 milioni di euro, quindi si calano i nuovi tagli intervenuti in quell'anno. Il risultato finale è che le Province che hanno diritto a percepire dallo Stato ricevono 192 milioni di euro, mentre le Province che devono restituire versano 395 milioni di euro. Vedete come si è ribaltata la situazione completamente già l'anno dopo, perché si calava un taglio di un miliardo 200 milioni di euro, che è una somma notevole e, in assoluto, rispetto a un miliardo 39 milioni di euro, addirittura è più alta, quindi effettivamente comincia un periodo quasi di azzeramento dei fondi.
  Nel 2014, si rifà la stessa operazione di tagli e riduzioni e arriviamo a 200 milioni di euro da pagare alle Province e a 401 milioni di euro da prelevarne. Nell'anno 2015, 182 milioni di euro da pagare alle Province e 427 milioni di euro a loro debito. In questo caso, la cifra è in netto aumento per via del contributo alla finanza pubblica. Considerate anche che alcuni devono addirittura versare da soli perché non c'è neanche la possibilità di prenderli, in quanto si può fare il taglio nei limiti in cui lo Stato deve dare delle risorse ma, qualora per il taglio non ci siano spazi di manovra, la legge prevede che ci si rivolga all'Agenzia delle entrate. In più, considerate altri due tagli e che per quel miliardo, ben sapendo che non c'è più, addirittura la legge prevede che siano autonomamente le Province a versarlo. Di fatto, l'Agenzia delle entrate trattiene quasi tutta l'imposta provinciale di trascrizione, per cui le Province non riescono neanche a vederla, perché non appena entra è di fatto già bloccata, quasi come se fosse pignorata, con la conseguenza che si presentano problemi anche per pagare gli stipendi.
  Siamo arrivati praticamente al 2016, quando per il Fondo di riequilibrio, secondo quanto previsto da un decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale – perché negli ultimi anni si è riusciti ad essere più ordinati e ad inserire anche l'allegato del decreto – l'assegnazione è pari a 184 milioni di euro mentre il recupero è pari a 427 milioni di euro.
  Peraltro, accade anche un'altra cosa: siamo nel 2017, ma non abbiamo ancora versato i predetti 184 milioni di euro. È, infatti, scattato un altro meccanismo legato alle esigenze di cassa del bilancio dello Stato che sta, peraltro, creando molti problemi alle Province. In effetti, i fruitori di questo diritto non hanno grandi entrate e sopravvivono praticamente con quanto versato dallo Stato e, tuttavia, si trovava capiente per subire il taglio perché aveva quella liquidità che lo Stato versava all'ente: da qui si comprende quanto per loro questo sia importante. Tale somma, in realtà, non è stata ancora liquidata, perché occorre prima che le Province versino i predetti 427 milioni di euro: dopodiché ci saranno le disponibilità per pagare i 184 milioni di euro.
  Nel 2012-2013, i soldi, più o meno, entravano, mentre adesso i soldi non stanno entrando più, perché le Province non versano, quindi anche le Province che hanno Pag. 7un credito da parte dello Stato non riescono a riscuoterlo. E tutto ciò si riverbera in materia di stipendi – anche perché ormai le Province pagano solo stipendi e di altro fanno ben poco.
  Solo in questa settimana, sono venute tre Province a chiedere come si può fare per avere questi fondi. Sembrano numeri piccoli in quanto, in fondo, tre Province sono poche. Però sto parlando solo dell'ultima settimana e rapportati ai tempi e al numero delle Province delle quindici Regioni – 87 Province –, questi numeri diventano grandi. In questo mese, peraltro, già mi hanno contattato per sapere quando pagheremo.
  Anche questo è un problema da risolvere perché, altrimenti, vi sono Province, come per esempio Vibo Valentia, dove le proteste dei dipendenti sono permanenti visto che si parla di un arretrato di quattro mensilità di stipendio. Pensate che questi dipendenti hanno ricevuto la tredicesima i primi di gennaio, perché, scattando l'anno nuovo, c'era un'anticipazione del Tesoriere e le Province hanno potuto pagare gli arretrati, che adesso non pagheranno nuovamente per tre o quattro mesi.
  Al di là delle somme in gioco, bisognerebbe trovare dei meccanismi che permettessero di erogarle rapidamente. Probabilmente, si tratta di oneri per lo Stato, perché l'anticipo di fondi passa per un indebitamento. Tuttavia, è necessario fare una valutazione perché quello che accade in sede locale è veramente delicato.
  Qual è la particolarità dell'anno 2016? Rispetto al 2015, molti enti hanno violato il patto di stabilità, come vedremo dopo, qualcuno è andato in dissesto e molti in equilibrio. Il Governo e il Parlamento si sono fatti carico di cercare, in qualche modo, di attenuare i problemi dei bilanci delle Province, di fronte a questi tagli e alla fatica di gestire il mutamento istituzionale e il passaggio delle funzioni.
  In particolare, con la legge di stabilità per il 2016, sono stati inseriti alcuni interventi, che alleviassero queste riduzioni. Sostanzialmente, nel 2015 e nel 2016, ma anche nel 2017, c'è una sterilizzazione del taglio per le città metropolitane, per cui c'è un'assegnazione di 250 milioni di euro per viabilità ed edilizia scolastica a favore delle città metropolitane, che, andando a regime, in pratica sterilizza il miliardo di taglio del 2015-2016 e 2017, che più o meno era di 900 milioni di euro per le 15 Regioni a statuto ordinario e di 100 milioni di euro per Sicilia e Sardegna. Dei 900 milioni di euro, 650 milioni di euro sono per le Province e 250 milioni di euro per le città metropolitane.
  Con la disposizione dell'articolo 1, comma 754, si assegnano 250 milioni di euro alle città metropolitane, quindi a livello contabile le città metropolitane non pagano il taglio di un miliardo e non lo subiscono, perché lo bilanciano. Alle Province, che subiscono i 650 milioni di euro di taglio, sono stati dati, nel 2016, 245 milioni di euro per viabilità ed edilizia scolastica, quindi c'è stato un recupero di quel taglio, più 100 milioni di euro per la manutenzione straordinaria delle strade (solo per l'anno 2016) e 60 milioni di euro – 20,4 milioni di euro e 39,6 milioni di euro – per il personale in mobilità e per un'altra voce. Rispetto al miliardo di quell'anno, sono stati messi quasi 650 milioni di euro di risorse, di cui solo 500 milioni di euro sono stabili, mentre il resto è stato occasionale, quindi è stato sterilizzato un po’ il 2016.
  Tutto ciò ha permesso, a gran parte delle Province, di chiudere i bilanci, anche perché c'erano altre disposizioni di legge agevolative, che magari saranno un'ipoteca per il futuro e che hanno permesso comunque di autorizzare la vendita del patrimonio per la parte corrente, quindi si è trattato di misure straordinarie, che hanno evitato un dilagare di dissesti a tutto tondo.
  Rispetto alla normativa vigente, visto che il triplice taglio pari a un miliardo ciascuno del 2015 si ripercuote anche sul futuro, già nell'anno 2016, c'è stato un intervento per cercare di compensare quelli che sono evidentemente stati valutati come problemi effettivi. Adesso, siamo in attesa dello sviluppo di quello che mi pare sia il comma 494 della legge di stabilità per l'anno 2017, che demanda a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il riparto Pag. 8di una somma complessiva, tra cui anche quella per gli interventi alle Province.
  Ci sono state alcune riunioni in Conferenza Stato-città e in Conferenza unificata, perché una parte di quei fondi va alle Regioni, e nei ragionamenti fatti sono a buon punto anche gli accordi politici, perché c'è una certa condivisione, quindi si potrebbe arrivare effettivamente a corrispondere una somma di quasi 600-650 milioni di euro alle Province, per sterilizzare, anche per le Province, visto che le città metropolitane già sono a posto, il taglio del 2017.
  Tutti i tagli ante anno 2015 (in sequenza: un miliardo, più un miliardo, più un miliardo) sono ormai inclusi nei bilanci degli enti delle Province e le misure per affrontarlo consistono sostanzialmente in razionalizzazione e risparmi di spesa compresa quella relativa alla parte del personale transitato in altre parti, e quindi eliminata.
  Relativamente al predetto taglio, il secondo e il terzo miliardo sono quasi completamente sterilizzati. Restano difficoltà, come si evince dai confronti con le Province, a gestire il taglio del primo miliardo, che è stato compensato nei loro bilanci attraverso poste occasionali. Essendo stato in passato il problema affrontato solo occasionalmente, inevitabilmente ora tende a riemerge dal 2017.
  La situazione fin qui descritta – e per la quale rinvio al riepilogo allegato alla relazione (vedi allegato 1) che descrive come sono stati tagliati i predetti 2 miliardi di euro – oggi ha comportato quanto si può vedere nelle slide che ho portato con me (vedi allegato 2), alla tabella di pagina 1. Alcune Province hanno dovuto inevitabilmente ricorrere alle procedure di risanamento del Testo unico n. 267 del 2000, che prevede la possibilità per gli enti locali di adottare misure straordinarie, quando non riescono a gestire i bilanci in equilibrio.
  In particolare, la misura più recente è quella del riequilibrio finanziario, che mi pare sia stato oggetto della precedente audizione, l'anno scorso, per quanto riguarda i comuni in questa sede. Si tratta di una via di mezzo, che il legislatore nel 2012 ha individuato come soluzione per non arrivare al dissesto e che viene chiamata «pre-dissesto». Noi insistiamo con «riequilibrio pluriennale», perché, chiamandola «pre-dissesto», si evoca un po’ il dissesto, quasi a dire «arrangiati e cerca di non fare il dissesto e, anche se sei dissestato, usa un'altra strada», invece non è questa la realtà, perché, perlomeno idealmente, per come è costruita la legge, il riequilibrio pluriennale è una fase avanzata, rispetto al riequilibrio ordinario già previsto dal Testo unico nell'esercizio in corso e nei due successivi, e sarebbe destinato agli enti che non hanno motivo per fare il dissesto.
  Ho detto «sarebbe» perché, in effetti, almeno sui comuni, che ci danno grandi numeri, perché i comuni che hanno già deliberato il ricorso al dissesto superano i 200, tra quelli esaminati il 40 per cento poi ha fatto dissesto. Questo ti fa capire che quei comuni hanno usato male l'istituto. Non è questo il caso, per fortuna, però a livello generale ritenevo utile precisarlo.
  In questi anni, la procedura di riequilibrio è stata adottata: da tre Province nel 2012; quattro Province nel 2013; cinque Province nel 2014; una nel 2015 e una nel 2016. Spero non sia banale dirlo, ma stiamo parlando di quasi il 20 per cento delle Province; il numero assoluto sembra basso ma va rapportato alla platea di riferimento. Su 95-100 Province, a seconda di quali Regioni vogliamo prendere in considerazione, 14 casi sono quasi il 20 per cento: quindi si tratta di un fenomeno importante.
  Il fenomeno ha avuto dimensioni rilevanti, nei primi tre anni successivi alla legge. Poi la situazione è rimasta sotto controllo: il grafico a pagina 2 (vedi allegato 2) rende bene l'idea. In termini di diffusione regionale, nonostante tutto, il fenomeno è ripartito con una certa omogeneità. Certo, si può ragionare sul rapporto tra il numero di enti della regione e quelli indicati in tabella per dire che, eccetto il Piemonte che ne ha tre, ogni regione è stata colpita e che quindi si tratta di un fenomeno diffuso. Naturalmente, parliamo del 2016, ma aspettiamo di vedere cosa succederà nel 2017, che si annuncia come un anno delicato. Pag. 9
  Il grafico per istogrammi, a pagina 4, descrive il numero delle Province in pre-dissesto per regione.
  La tabella successiva riporta il dato di chi ha chiesto di accedere al fondo di rotazione. Quanto contenuto nella tabella a pagina 5 deve essere rapportato ai comuni e non inteso solo per le Province. In realtà, ho previsto questa slide perché dà una chiave di lettura rispetto ai comuni: si vede che, dei comuni che hanno fatto ricorso al riequilibrio, neanche un terzo richiede il Fondo, perché chi lo richiede deve poi ridurre le proprie spese nel triennio del 10 per cento, il che, per i comuni, è qualcosa di faticoso, mentre per le Province è banale, perché, non avendo un soldo, riescono a ridurre del 10 per cento senza problemi, quindi, volentieri, accedono al fondo nazionale, perché quella non è vissuta come una limitazione, com'è per i comuni. Il senso della slide è quello di dimostrare in che situazioni diverse siano le Province rispetto ai comuni.
  Nella tabella a pagina 9, il grafico è sostanzialmente lo stesso e, anche se è diviso per Regioni, comprende chi ha deliberato per l'accesso al Fondo.
  Come dicevo, non solo è stato attivato il riequilibrio, ma – ahimè! – qualcuno ha deliberato anche il dissesto. La legge del dissesto risale al 1989 e i comuni che l'hanno deliberato sono ormai quasi 600, quindi, su 8.000 comuni, siamo al 7-8 per cento, con un fenomeno che ha una sua curva particolare.
  Come vedete dal grafico a pagina 10, ci sono quattro Province, sempre su 98, quindi si tratta del 4 per cento, quindi un po’ meno rispetto ai comuni. Dal 1993, quindi dal primo dissesto di una provincia, che è storico e fu l'unico, vediamo che dal 2013 si sono verificati altri dissesti: Biella, Vibo Valentia e Caserta. Biella, più o meno, si è sistemata anche se aveva un indebitamento enorme, perché non si riuscivano a pagare le rate dei mutui. Invece Vibo Valentia e Caserta hanno problemi strutturali, perché il debito è costituito da spese che non possono essere compresse, sostanzialmente stipendi. Mi riferisco sia al comune che alla provincia di Caserta e di Vibo Valentia. Comunque, anche il comune di Napoli ha avuto all'epoca il dissesto, che è stato superato, con il senatore D'Alì, nel 2004-2005.
  Alcune hanno problemi sulla competenza e altre anche sulla cassa, perché, per esempio, la provincia di Caserta forse ha anche liquidità, ma il problema è che non riesce a fare un bilancio equilibrato di competenza, perché le spese che sostiene non sono coperte dalle entrate di quell'anno – questo è, molto banalmente, quello che accade – e hanno entrate rigide. A parte il blocco di tutte le imposte, considerate che a una provincia, se la gente non compra la macchina, non entra nulla, per cui, anche se l'imposta è al massimo, non ci sono margini. Inoltre, se, in molte, va il foglio di busta-paga, obiettivamente i margini di risanamento sono veramente limitati.
  Questa è la situazione che si presenta attualmente, riassunta nel grafico a pagina 10 che, credo, rende bene l'idea. Vi ringrazio per l'attenzione. Se potrò dare qualche altro chiarimento lo farò volentieri.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il dottor Verde per questa sua ricostruzione sintetica, ma chiara, di questi quattro anni delle Province, vissuti intensamente e da alcune pericolosamente. Si tratta di un contributo prezioso, anche perché, nei prossimi giorni, dovremo affrontare il DCPM sui fabbisogni standard di Province e città metropolitane, che ha avuto il parere favorevole della Conferenza Stato, Città e autonomie locali del 9 febbraio 2017, quindi, a giorni, credo questo dovrà essere esaminato anche da noi; la ringraziamo particolarmente per questo suo contributo.
  Do la parola ai colleghi che vogliano intervenire per fare domande.

  MAGDA ANGELA ZANONI. Intanto ringrazio moltissimo il dottor Verde per le sue relazioni, che sono sempre molto puntuali ed esaustive e che rileggerò con attenzione e con calma, perché la massa di dati è davvero rilevante.
  Vorrei porre solo due domande molto veloci. Innanzitutto, vorrei sapere se sa Pag. 10quando uscirà il DPCM di riparto, perché molti territori ci stanno ovviamente pressando in questa direzione. In secondo luogo, le chiedo se il decreto-legge sugli enti locali, che è in costruzione e che cerca di supplire sostanzialmente all'impossibilità del Senato di poter intervenire sulla legge di bilancio, arriverà in tempi brevi e se conterrà ancora aspetti rilevanti per Province e città metropolitane. Grazie.

  ROGER DE MENECH. Grazie per l'intervento. Giustamente lei diceva che, nel 2016, è iniziato uno scostamento rispetto alla teoria dei tagli dei famosi 3 miliardi, cioè con una serie di contributi (riportati a pagina 16 della relazione, vedi allegato 1), che allentano, di fatto, le misure dei 3 miliardi effettuate dal 2015. Di queste, una serie è stabilizzata, e vale circa 500 milioni di euro, e una serie è costituita da provvedimenti una tantum.
  La prima domanda è: vista la sua relazione e visto che dobbiamo costruire il decreto sugli enti locali, quindi il Governo, con tutti i Ministeri, deve farlo, non crede che, vista anche la situazione e l'analisi puntuale dei tagli, dobbiamo intervenire con misure stabili o meglio con contributi consolidati, in modo da togliere anche quella usanza, secondo me molto malsana, del bilancio annuale, che abbiamo inventato negli ultimi?
  Lo dico perché siamo a un punto di non ritorno, rispetto alla garanzia del servizio, perché, in tutto il Paese, ci sono – poi, citerò anche dei casi paradossali – Province che ormai non riescono più a garantire le funzioni fondamentali nei confronti dei cittadini, e che quindi si limitano a pagare gli stipendi.
  Rispetto alla viabilità e alle scuole in particolare, si tratta di un elemento di grande preoccupazione. Questa mattina, ci sarà, non a caso, una riunione dell'UPI, che credo sarà molto partecipata dai presidenti di provincia, che diranno esattamente questa cosa.
  Vi dico di più: sta succedendo nel Paese anche un caso, secondo me, estremamente paradossale. Nello svolgimento di alcune funzioni, c'è una cosa che non è stata puntualmente calcolata dentro le logiche delle valutazioni dei bilanci. Lo dico perché, visto il punto in cui siamo arrivati riguardo al taglio, dobbiamo lavorare puntualmente. Per fortuna, sono poche le Province, come ha detto lei, ma hanno dietro una marea di variabili enorme. Poi, le spiegherò un caso, secondo me, paradossale per capire il punto in cui siamo arrivati. A questo punto, se non lavoriamo puntualmente per garantire l'effettuazione del servizio, corriamo il rischio che, nonostante il ripristino parziale dei fondi, la ripartizione eccetera, quindi tutto quello che ha detto, in alcune situazioni non riusciamo a svolgere i servizi.
  Siamo arrivati al paradosso: per le Province, in cui pezzi del servizio di viabilità vengono effettuati da società in house partecipate, non ci sono più le risorse per trasferire i capitali. Che cosa succede? Glielo dico perché questa cosa fa capire il punto in cui il nostro Paese è arrivato. Noi corriamo il rischio che un altro Ministero, come il Ministero del lavoro e dello sviluppo economico, eroghi la cassa integrazione a personale di fatto pubblico, che faceva la manutenzione delle strade, – quindi comunque con un costo per lo Stato, perché questi cittadini dipendenti hanno un costo, peraltro giustamente, essendoci la garanzia della cassa integrazione – e nel contempo, lo Stato dovrà supplire a quella garanzia del servizio, a meno che non vogliamo chiudere le strade, ipotesi fantasiosa, ma credo non percorribile, e dovrà garantire comunque le risorse a quella provincia o, meglio, dovrà surrogare le risorse a quella provincia, per garantire esattamente lo stesso servizio moltiplicando, di fatto, i costi.
  Le ho fatto questo esempio, che rappresenta il paradosso del momento che stiamo vivendo, perché credo che dobbiamo agire oggi, innanzitutto, ripristinando i fondi. È chiaro che bisogna sterilizzare il 2017, mantenere stabilmente i 500 milioni del 2016 e aggiungere la somma di 500 che l'UPI chiede. Certo, scopriremo solo vivendo il punto di caduta, ma le dimensioni sono quelle e non andiamo molto distanti. Come quarto punto fondamentale, bisogna fare un'operazione molto puntuale rispetto all'analisi dei fabbisogni Pag. 11 per il mantenimento dei servizi sul territorio.
  Sono queste quattro le azioni da fare, soprattutto intrecciando in maniera importante anche le varie tipologie, rispetto a quello che è stato il federalismo stradale degli anni Duemila. L'Italia è molto variopinta da questo punto di vista. In alcune Regioni abbiamo trasferito tutto e in altre niente e in alcune Regioni abbiamo un servizio diretto e in altre ci sono le società in house, però sta succedendo questo caso di specie molto particolare, che ci può far capire, al di là della risoluzione puntuale del problema, che dobbiamo agire – lo ripeto – molto puntualmente, oltre il caso eccezionale, anche perché mi dicono che i presidenti, anzi lo diranno oggi alle 11, che, come ha sottolineato bene lei, i punti di caduta rispetto al pre-dissesto e al dissesto credo che potrebbero esplodere, se non facciamo un correttivo nel 2017.
  Per chiudere, vorrei dire che noi ci impegniamo a rendere cosciente la politica, ma credo che anche la capacità tecnica dei Ministeri di scorgere nei bilanci le varie diversità possa aiutarci per fare dei provvedimenti equilibrati. Grazie.

  ANTONIO D'ALÌ. Vorrei ringraziare il dottor Verde. Le notizie che ci ha fornito non sono confortanti e mi pare di capire che anche le interlocuzioni per ora sono di soccorso. La direzione della finanza locale, del Ministero e delle Province, lascia presagire che quelle cifre potrebbero aumentare rapidamente se, come diceva il collega, non si prendono dei provvedimenti urgenti.
  Vorrei chiederle due cose specifiche. Esistono ancora conti da regolare tra lo Stato e le Province relativi a bilanci pregressi e a tutta una serie di dare e avere che sappiamo essere stati nel passato anche rilevanti? Le Province, che, come lei ha detto, si sono un po’ ingegnate e alcune sono state autorizzate e altre non hanno ottenuto l'autorizzazione per mettere in vendita il patrimonio, le partecipazioni, gli immobili eccetera, hanno ancora riserve di avanzi di amministrazione, che potrebbero essere utilizzati per intervenire in una fase magari di immediato soccorso, sbloccandoli ai fini appunto di un riequilibrio dei bilanci?

  MARIA CECILIA GUERRA. Vorrei fare una domanda lampo e mi scuso perché poi vado via. Comunque, noi possiamo ascoltare l'audizione anche in differita, perché c'è questa possibilità.
  Ho trovato la sua relazione veramente molto interessante, quindi la ringrazio anch'io.
  La mia è una domanda che riguarda una curiosità molto puntuale. I trasferimenti che sono stati fatti per cercare di sistemare la questione dei tre miliardi sono vincolati, cioè sono legati a spese di settori specifici, quali edilizia scolastica, viabilità eccetera, o almeno così dovrebbe essere teoricamente, quindi mi pongo il problema e chiedo a lei se è stato così. Questo, in alcune Province, può creare un mismatch, perché è chiaro che potrei averne bisogno per edilizia, invece chiedo i soldi per la viabilità o viceversa. Vorrei capire se anche questo ha costituito un problema dentro il problema. Grazie e mi scuso ancora.

  FEDERICO FORNARO. Vorrei aggiungere solo una battuta perché vorrei che rimanesse agli atti un ringraziamento non formale al dottor Verde per la trasparenza e la grande onestà intellettuale di questo documento, che ci restituisce una situazione, che non esito a definire drammatica e su cui credo e spero il Governo riesca a intervenire. Ormai siamo ampiamente oltre la linea di attenzione e, in molte realtà, oltre la linea del pericolo.
  Dicendo «pericolo», non penso solo all'aspetto, pure importante e fondamentale, del pagamento degli stipendi, quindi di onorare gli impegni, ma penso anche che, rispetto ai cittadini, c'è il tema della manutenzione delle strade e ci sono temi, che devo dire, senza voler fare nessun tipo di speculazione, sono venuti fuori in maniera abbastanza evidente durante la nevicata straordinaria sull'Appennino. I numeri degli stanziamenti, per esempio, per la provincia di Teramo dimostrano che c'erano stanziamenti che, per far quadrare tutti questi bilanci, erano larghissimamente insufficienti di fronte a eventi straordinari.
  Spero che il Governo possa trovare anche le risorse perché queste Province, che si sono trovate con un dramma nel dramma, Pag. 12hanno sostenuto spese per lo spazzamento neve molto superiori a quelle previste in bilancio.
  Vorrei aggiungere un'ultima osservazione e, poi, purtroppo devo scappare in Commissione finanze. All'interno della tabella alle pagina 18 e 19 della relazione (vedi allegato 1) sul contributo di 2 miliardi di euro, basta dare un'occhiata veloce per capire le sperequazioni molto forti tra provincia e provincia. Ci sono dei numeri che veramente lasciano senza parole. Conoscevo già alcune situazioni – talune meglio di altre – però, se guardiamo anche le più rilevanti, trovo che vi siano cose difficili da comprendere e che bisognerebbe riuscire ad avere il tempo per meglio analizzare le ragioni che hanno portato a queste sperequazioni.
  Posso citare l'esempio che conosco meglio, cioè quello della provincia di Alessandria che ha 24 milioni di euro di tagli mentre Modena che è molto più grande, perché è più del doppio, ne ha 23. Oppure Novara che ne ha soltanto 7. O, ancora, Cuneo, che è più grande come popolazione e come territorio, ne ha 13.
  Ci sono delle cose che, alla fine, hanno impattato e vi assicuro che è difficile spiegarle sui territori. Capire le ragioni per cui hai un taglio di queste dimensioni non è assolutamente facile e questo è un ulteriore elemento che io credo sia di difficile gestione. Poi, stamattina ci sarà la riunione dell'UPI, in cui questo tema deve essere affrontato di petto. Rivendico a questa Commissione un impegno forte in questa direzione.
  Da gennaio, stiamo facendo le audizioni e abbiamo sollevato la questione in maniera forte, per quello che possiamo fare. Credo che continueremo a farlo, perché, a maggior ragione dopo l'esito del referendum, le Province ci sono ancora, per cui bisogna ritrovare un equilibrio finanziario nel rispetto della situazione della finanza locale. Va tutto bene, però non si può andare avanti in una situazione in cui, di fatto, lo Stato non sta più trasferendo i soldi per le funzioni fondamentali, perché questo è, nella sostanza e fino a prova contraria, una violazione della Costituzione.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi, vorrei ringraziare anch'io il dottor Verde per la chiarezza e il rigore, con cui ha fotografato una situazione che in questa Commissione non ci sorprende. Le preoccupazioni emerse in questa mattinata non ci colgono di sorpresa perché è grande – lo dico anche con un certo orgoglio – la nostra consapevolezza, fuori da ogni demagogia spicciola, anche per il lavoro che è stato fatto anche nelle settimane precedenti.
  Un'analisi differenziata, assieme alla sua comprensione, credo che sia importante anche per il lavoro che dovremo fare a sostegno del Governo per le misure che verranno prese. L'esempio paradossale che ha fatto De Menech sul personale utilizzato, che viene soccorso dal Ministero del lavoro con la cassa integrazione, è la cosa più paradossale, quindi è evidente che dobbiamo arrivare ad alcune misure stabilizzatrici, altrimenti, altro che finanza creativa: rischiamo davvero di superare quel limite di cui parlava il senatore Fornaro.
  Ora, siccome sono state fatte da parte di tutti colleghi deputati e senatori domande precise, credo che sia necessario dare la parola al dottor Verde per la replica.

  GIANCARLO VERDE, Direttore della Direzione centrale della finanza locale del Ministero dell'interno. Vorrei partire da quest'ultimo spunto perché tocca, in realtà, riflessioni che faccio a tutto tondo e che non riguardano la materia alla quale io lavoro, perché sono anche un cittadino e faccio delle riflessioni.
  Effettivamente, abbiamo difficoltà a vedere i fenomeni tutti insieme, quindi, tante volte, vedendoli parzialmente, non si affrontano nel modo giusto, creando delle conseguenze negative, nel senso che si spenderanno i soldi, ma quelle persone rimarranno a casa e le strade non saranno manutenute. Si cerca di fare nei modi giusti, perché ovviamente quanto svolto dal Ministero del lavoro pertiene ai suoi capitoli di bilancio. Si tratta di cose difficili da Pag. 13fare, ma, a volte, bisogna fare delle riflessioni nel complesso, perché si verificano delle ricadute incredibili, in cui si disperdono risorse. Lo dico anche da cittadino e lo faccio volentieri per quello che può essere il nostro contributo su quanto stiamo facendo in questo periodo.
  Credo che forse il rallentamento – è una valutazione mia dall'esterno – sul decreto-legge sia dovuto al fatto di voler arrivare a un decreto-legge, che riesca in modo utile a porre in essere le misure che gli enti locali stanno chiedendo.
  Sul DPCM, giovedì prossimo dovrebbe esserci la riunione conclusiva della Conferenza unificata, dove, avendo l'avallo delle Regioni per quella parte di competenza sarà possibile fare il decreto, per il quale con gli enti locali l'accordo è stato raggiunto, perché si è cercato proprio di distribuire al meglio quei 650 milioni. È in atto – credo che emergerà anche oggi nell'incontro con l'UPI – un rapporto serrato tra UPI e il Governo in tutte le sue componenti, presidenza compresa. Molto lucidamente l'UPI ha posto i problemi che il senatore De Menech diceva prima e che sono oggettivi ovviamente che sono stati presi in carico.
  Le modalità ondivaghe della fase legislativa per cui si stabiliscono contenuti diversi da un anno all'altro, e qualche volta pure i 250 milioni alle Province si riducono di 20 milioni, è anche la prova che c'è probabilmente la difficoltà di inserire tra le risorse da destinare nel bilancio statale questi interventi. Si risente un po’ di queste problematiche perché ancora non riusciamo a progettare cose di ampio respiro, com'è evidente, ma anche per il quadro ordinamentale perché, essendo stato fatto da poco il referendum, ancora non c'è chiarezza sulle Province.
  È ovvio che fare cose di ampio respiro diventa complicato e questo incide sui servizi. Percepisco che questa è la realtà dei fatti sulla base della mia esperienza – il mio punto di vista è privilegiato – basata anche sulla frequentazione di funzionari e presidenti con i quali ho un colloquio politico. Ho vissuto anche i decreti del 2000 e anche per questi c'erano stati degli errori.
  Chiedeva il senatore Fornaro come si è arrivati a questa differenza di peso delle Province nei tagli. In realtà, anche in questo caso dobbiamo fare una valutazione seria, perché la norma originaria del taglio, che poi viene compensato, è fatto sui dati SIOPE che in secondo momento entrano nella tabella in legge. Uno dei problemi è rappresentato, appunto, dalla correttezza dei dati SIOPE e dalle fasi della sua produzione.
  Ciò detto passo ai problemi accessori, come il caso della qualità dei dipendenti degli enti locali, perché non ci sono assunzioni, quindi abbiamo poi oneri indiretti. Non si fa bene la contabilità e non è possibile fare corsi di formazione, perché i capitoli sono per legge ridotti e azzerati.
  Queste che sembrano misure di risparmio della spesa, in realtà, ti fanno spendere di più perché è un sistema nuovo, come la codifica SIOPE che non è un sistema semplice, come i costi e fabbisogni standard, che scientificamente sono meravigliosi, ma chiediamoci come sono compilati. Vi parla un dirigente dello Stato, che, di fronte alla richiesta oggi di venire in Commissione, quindi di prepararsi, aveva anche il problema di rispondere agli uffici per la trasparenza sulla propria attività: gli obiettivi dell'anno scorso come sono andati oppure gli obiettivi di quest'anno come andranno? Inoltre, lo devi fare, perché tocca a te e non alla segretaria, essendo cose importantissime, come i controlli, che sono identiche nei comuni.
  Può accadere che il dirigente della provincia o regionale si trovi di fronte problemi rilevanti come ad esempio le persone alla porta per fatture non pagate e i dipendenti non pagati, ma debba occupare tempo e impegno per compilare i costi e fabbisogni standard, che verranno approvati, come è giusto che sia, perché sono scientificamente fatti bene. Tuttavia, ci dobbiamo porre un altro problema: chi compila lo fa bene. Lo dico perché anche quella è una parte importante e non basta solo individuare quelli giusti, altrimenti, il meccanismo non funziona, non perché il fabbisogno non sia scientificamente ideale, essendo Pag. 14 fatto bene, ma perché il soggetto che li compila magari non lo fa bene.
  Vi assicuro che questo rappresenta un problema che altera il risultato. Non è il metodo che non va bene, ma chi lo pone in essere. Il problema è che magari tra quelle due le Province ci può essere stato un dato assurdo per qualche motivo. Anche la restituzione dei 650 milioni di euro viene fatta un po’ col bilancino appunto perché si capisce che, qua e là, c'è qualche errore e viene condiviso, per quanto possibile, con l'UPI, perché ovviamente ognuno ha la sua parte.
  Non avevo detto quanto il senatore D'Alì ricordava, cioè che lo Stato aveva comunque delle partite di valore elevato, ossia più di un miliardo e mezzo di euro da dare alle Province per situazioni vecchie, per le quali sono stati poi stanziati, per fortuna, in tre anni i fondi. A oggi, una partita che, compresi i comuni, valeva quasi 3 miliardi è stata azzerata e mancano circa 360 milioni da dare alla città metropolitana di Napoli nei prossimi anni, ma la liquidità c'era, quindi per l'ente questo non ha rappresentato un problema e il sistema è stato interamente rimborsato.
  C'è un altro dato che non ho messo nelle tabelle e che riguarda quanto è successo in Sicilia e Sardegna, dopo questi tagli. Rispetto alle circa 14 Province tra Sicilia e Sardegna, noi eroghiamo solo 1 milione 400.000 euro e ci facciamo dare 81 milioni di euro. Si tratta di Province piccole, quindi non hanno grandi bilanci, però comunque è rimasto da dare solo 1 milione 400.000 euro, mentre raccogliamo 81 milioni, quindi non paghiamo nessuno sostanzialmente. Il fatto che queste non ricevano i soldi dallo Stato significa che o li dà la regione o devono avere il PTA che vi lascio immaginare insomma quanto si è ridotto.
  La senatrice Guerra chiedeva di sapere come vanno quei fondi e lei stessa faceva notare che si tratta di un sistema ideale, mentre le Province vivono il quotidiano. Di fronte a un'emergenza o ai rifiuti per terra, l'ente responsabile non si mette a pensare al capitolo di bilancio, ma chiama la ditta per raccogliere i rifiuti per evitare il colera.
  Dobbiamo anche noi calarci nel mondo della realtà e non fare accademia, ma avere consapevolezza che il mondo reale può anche vivere di necessità e ammettere, di fronte a situazioni così eccezionali, che, sempre nella legittimità e con correttezza, il problema deve essere affrontato.

  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Verde per il suo intervento e per la documentazione consegnata, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegati 1 e 2).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.10.

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ALLEGATO 1

Relazione.

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ALLEGATO 2

Tabelle illustrative.

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