XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 81 di Mercoledì 27 luglio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione del Sottosegretario di Stato agli Affari regionali e alle autonomie, Gianclaudio Bressa, e di rappresentanti dell'Unione delle Province d'Italia (UPI), sulla finanza delle Province (Ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 5, comma 5, del regolamento della Commissione) :
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 ,
Rinaldi Giuseppe , componente del consiglio direttivo dell'Unione delle Province d'Italia (UPI) ... 3 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 5 ,
Fornaro Federico  ... 5 ,
Zanoni Magda Angela  ... 6 ,
Guerra Maria Cecilia  ... 7 ,
Paglia Giovanni (SI-SEL)  ... 7 ,
Gibiino Vincenzo  ... 7 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 8 ,
Fornaro Federico  ... 8 ,
Paglia Giovanni (SI-SEL)  ... 8 ,
Rinaldi Giuseppe , componente del consiglio direttivo dell'Unione delle Province d'Italia (UPI) ... 8 ,
Antonelli Piero , direttore generale delle Province d'Italia (UPI) ... 10 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 10 ,
Rinaldi Giuseppe , componente del consiglio direttivo dell'Unione delle Province d'Italia (UPI) ... 10 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 10 

Allegato 1: Documento sulla finanza delle province ... 12 

Allegato 2: Dalle Province agli Enti di governo di area vasta. «Considerazioni in merito al riordino delle autonomie locali» ... 17

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del sottosegretario di Stato agli Affari regionali e alle autonomie, Gianclaudio Bressa, e di rappresentanti dell'Unione delle Province d'Italia (UPI), sulla finanza delle Province.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del sottosegretario di Stato agli Affari regionali e alle autonomie, Gianclaudio Bressa, e di rappresentanti dell'Unione delle Province d'Italia (UPI), sulla finanza delle Province.
  Purtroppo questa notte il sottosegretario Bressa è stato colpito da un grave lutto familiare, la scomparsa del padre; esprimiamo al sottosegretario le espressioni del nostro cordoglio e della nostra vicinanza. L'audizione sarà pertanto svolta soltanto con i rappresentanti dell'Unione delle Province d'Italia (UPI).
  Do quindi la parola a Giuseppe Rinaldi, componente del consiglio direttivo dell'UPI, presidente dell'UPI Lazio, nonché presidente della provincia di Rieti, per lo svolgimento della relazione.

  GIUSEPPE RINALDI, componente del consiglio direttivo dell'Unione delle Province d'Italia (UPI). Grazie, presidente. Ovviamente, la delegazione UPI si associa alle espressioni di cordoglio per la scomparsa del padre del sottosegretario Bressa.
  Abbiamo diviso il documento che vi abbiamo consegnato in due parti, la prima principalmente legata ai temi del federalismo fiscale, la seconda invece, stante la prevista presenza del sottosegretario Bressa, rappresenta il punto sullo stato di attuazione della legge n. 56 del 2014 e sul complicato e delicato processo che stiamo portando avanti al riguardo. Mi limiterò quindi in questo mio breve intervento a soffermarmi sugli aspetti prevalentemente legati ai temi del federalismo fiscale.
  Come sapete, la legge n. 56 del 2014 ha profondamente innovato le funzioni delle province: ha previsto una serie di funzioni fondamentali con legge dello Stato e ha demandato alle regioni l'attribuzione di ulteriori competenze su materie delegate dalla regione.
  Il problema che ci troviamo ad affrontare (vado al cuore della vicenda) è che, in base ai calcoli del Ministero e di SoSE (Soluzioni per il sistema economico Spa), non vi è un'adeguata copertura finanziaria per lo svolgimento di queste funzioni fondamentali; ci troviamo pertanto in una situazione di estrema difficoltà, con uno squilibrio strutturale di oltre 600 milioni di euro.
  Il Parlamento, con vari interventi, da ultimo il decreto sugli enti locali, ma anche il decreto dello scorso agosto, ha tentato di rimediare a questa situazione di grave squilibrio. Tali tentativi però non sono sufficienti e oggi siamo alle prese con una situazione che vede oltre 40 province italiane nella oggettiva impossibilità di approvare Pag. 4 i bilanci di previsione, il cui termine scadrebbe il 31 luglio. Sebbene oggi sia il 27, infatti, non abbiamo potuto neanche approvare lo schema di bilancio con delibera del presidente.
  Per noi è quindi fondamentale che in ordine a tale problematica si intervenga nuovamente (ribadiamo tale concetto in questa sede), perché, a fronte di attribuzioni di competenze, si devono prevedere risorse adeguate per far fronte agli adempimenti che ne derivano. Non c'è bisogno di ricordare qui (lo faccio solo per me stesso) le molteplici sentenze della Corte Costituzionale su questo tema, perché è chiaro che, al di là della difesa di ufficio, non siamo qui a fare il sindacato delle province, rappresentiamo le esigenze dei territori (siamo tutti amministratori locali, sindaci, quindi le province oggi sono veramente la casa dei sindaci). Oggi più che mai, con la riforma Delrio, i territori, principalmente su temi come le scuole superiori e le strade, sono in gravissima difficoltà.
  Se a questo aggiungiamo che la riforma Delrio demandava alle regioni la definizione di diversi rapporti su funzioni delegate, ci rendiamo conto delle ulteriori difficoltà che devono affrontare le province. Questo meccanismo è andato avanti a macchia di leopardo, alcune regioni sono intervenute in un modo, altre lo hanno fatto in modo diverso, altre ancora non hanno fatto quasi niente, e soprattutto quasi tutte le regioni si sono trovate con la difficoltà di garantire le adeguate risorse per le funzioni storicamente svolte dalle province. Ricordo che per svolgere tali funzioni le province provvedevano con risorse proprie (probabilmente, nella maggior parte dei casi), grazie ad una compartecipazione ai tributi che consentiva loro tale possibilità.
  Per non parlare poi (un breve cenno va fatto) di quelle funzioni che non erano né demandate da leggi dello Stato, né delegate dalle regioni, ma che le province svolgevano per conto proprio. Oggi non c'è una regolamentazione precisa, né da parte dello Stato, né da parte delle regioni su queste funzioni. Vi potrei elencare alcuni esempi: molte province avevano istituzioni culturali, impiantistica sportiva, per non parlare di chi aveva percorsi ciclabili, cammini religiosi piuttosto che piste di sci di fondo; in nessuna legge troviamo cenno di questi ambiti e delle relative funzioni, quindi diventa difficile normare in materia, da un punto di vista di compartecipazione.
  Oggi, quindi, quelle funzioni non le svolge più nessuno, ovviamente non possiamo chiedere ai nostri sindaci di gestire un palazzo dello sport o una piscina (ci vogliono risorse importanti). Le regioni ci dicono che non sono funzioni loro, perché non si occupano di gestire palazzetti dello sport, piscine o piste ciclabili; questo però crea un importante problema al patrimonio pubblico, che rischia di essere abbandonato a se stesso.
  Vogliamo quindi ribadire in questa sede che c'è bisogno di trasferimenti adeguati per far fronte a funzioni come quelle previste dalla legge n. 56 del 2014. Probabilmente va pensato un sistema di compartecipazione a tributi regionali, con riferimento alle funzioni che le regioni scelgono di far svolgere alle province.
  Capisco che questo è reso difficile dalla riforma costituzionale (non sono un esperto, faccio l'amministratore locale da tanti anni, prima il sindaco e oggi il presidente della provincia), però probabilmente si potrebbe pensare – fatte salve le modifiche della Costituzione – a una forma di compartecipazione in relazione alle funzioni che lo Stato ci attribuisce con la legge n. 56 del 2014. Così la situazione non regge, è evidente che non ci sono risorse sufficienti: Quindi, chiediamo che ci si fermi, soprattutto per il 2017!
  Con il decreto-legge n. 113 del 2016 in materia di enti locali abbiamo messo qualche paletto (come lo stanziamento di 148 milioni per le province), tutti insieme siamo riusciti a fare qualcosa, però il taglio triennale di risorse, che per l'anno prossimo sarà addirittura triplicato, non ci permetterà di andare avanti se dovremo continuare a svolgere le funzioni che lo Stato ci riconosce, come strade e scuole, oltre a un'altra sulla quale c'è grande confusione, Pag. 5ossia le funzioni ambientali di cui si parla nella legge n. 56 del 2014.
  Qui si è aperto un mondo, perché le funzioni ambientali sono quelle previste dal decreto legislativo n. 152 del 2006, sono quelle delegate dalle regioni, quindi è veramente un momento di grande difficoltà. Spesso le regioni hanno ripreso alcune di queste funzioni e ne hanno lasciate altre, ma nella maggior parte dei casi non ci hanno dato le risorse necessarie e quindi noi ci troviamo in questa situazione. Con il termine «noi» in realtà mi riferisco a imprese e cittadini, perché è a loro che non riusciamo a dare risposte su tante di queste materie, ciò a causa di una norma che non ha voluto o potuto scendere nel dettaglio e ha demandato a leggi regionali materie sulle quali spesso le regioni non sono riuscite ad intervenire.
  Soprattutto, per il 2017 bisognerà rimettere mano a quanto previsto dalle finanziarie precedenti e quindi annullare l'ulteriore contributo previsto in 650 milioni di euro per le province delle regioni a statuto ordinario. Proponiamo che venga ripensato questo sistema di finanziamento delle funzioni fondamentali delle province o di enti di area vasta, per garantire integralmente la copertura di quei servizi che lo Stato ci ha assegnato. Altrimenti così non è possibile andare avanti.
  Chiediamo quindi a questa Commissione una valutazione attenta dei dati emersi anche dal lavoro di approfondimento sui costi standard, che si sono dimostrati non in linea con gli effettivi costi che dobbiamo sostenere per svolgere taluni servizi.
  Mi fermo qui, ma sono ovviamente a disposizione per domande o chiarimenti su aspetti che possano essermi sfuggiti. Grazie.

  PRESIDENTE Grazie. Il quadro era un po’ quello che prevedevamo. Lascio quindi la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FEDERICO FORNARO. Grazie, presidente. Diciamo che il quadro ci era abbastanza conosciuto, aggiungo, come elemento positivo, lo stanziamento di 100 milioni per la manutenzione straordinaria delle strade che nell'ultimo decreto vengono destinati alle province, mentre originariamente erano indirizzati all'ANAS: questo dovrebbe consentire una maggiore agibilità.
  Purtroppo, l'assenza del sottosegretario Bressa, per le motivazioni esposte dal presidente (mi associo anch'io al cordoglio per la scomparsa del padre del sottosegretario Bressa) fanno mancare un interlocutore, non fondamentale, ma certamente importante. Il problema infatti è individuare le modalità per uscire da questa «trappola». A livello provinciale i numeri sono chiari: oggi abbiamo uno squilibrio strutturale, per un importo di 600 milioni, che, se non risolto, porterà a una situazione di default per la stragrande maggioranza delle province.
  Alcune di queste hanno scelto un'altra strada, quella di approvare il bilancio senza tagli, quindi intervenire in fase successiva con una variazione. Dinanzi a questo quadro ritengo che, in questa sede, non si possa che ribadire il principio sottolineato dal presidente della provincia di Rieti: i trasferimenti dello Stato devono coprire i costi per le competenze delle province, pur con tutte le efficienze possibili e sulla base dei costi standard. Si trovi pure il metro più corretto, assoluto e perfetto!
  In precedenti audizioni, insieme al sottosegretario Bressa questa questione era stata sottolineata a più riprese – anche da noi –: e cioè che la sequenza dei tagli alle province, assolutamente non proporzionale al peso delle stesse province nel complesso dei trasferimenti, avrebbe prodotto proprio questo risultato. Adesso si è intervenuti parzialmente, oggi al Senato abbiamo in discussione la conversione del decreto-legge (di cui la collega Zanoni è relatrice) che verrà approvata con voto di fiducia, e quindi è sostanzialmente intoccabile.
  Ad oggi, non esiste uno strumento su cui lavorare ulteriormente per almeno cercare di lenire alcune ferite. Se fosse stato oggi presente il sottosegretario Bressa, ovviamente gli avremmo rivolto una richiesta di Pag. 6ripensare ad uno strumento ad hoc che definisca una volta per tutte questa vicenda. Mi pare infatti che, mentre sul fronte delle regioni, anche attraverso il decreto enti locali, si interviene in maniera molto significativa, pure sulla parte relativa alla sanità, e si è iniziato ad affrontare alcuni problemi strutturali, sul versante delle province invece, anche in ragione del sostanziale carattere di provvisorietà dal punto di vista costituzionale, in attesa della riforma, si continua ad andare avanti senza risolvere i problemi. La questione delicata è il rischio del default, del dissesto o pre-dissesto di larga parte delle province, con tutte le conseguenze del caso e le problematiche che potrebbero emergere.
  Propongo quindi, presidente, di tentare di riprogrammare l'audizione con il sottosegretario Bressa già la prossima settimana, atteso che Camera e Senato lavoreranno anche se con orari diversi dal solito. Oppure in alternativa, fissare un incontro il prima possibile, a settembre, perché credo che da qui debba partire un segnale forte al fine di affrontare strutturalmente questa questione, altrimenti rischiamo di non poter governare il problema.

  MAGDA ANGELA ZANONI. Anche come relatrice del provvedimento di conversione mi sono sentita in dovere di fare buon viso con il Governo; ciò in relazione al fatto che i tempi tecnici sono stretti, il decreto deve essere portato in conversione al più presto e quindi non possiamo modificarlo. Ho però sottolineato al sottosegretario il tema delle città metropolitane e delle province, che deve essere affrontato in una sede diversa dal decreto, ma deve essere affrontato.
  Non si può sottovalutare la situazione in cui versano numerosi enti, che rischiano il dissesto finanziario. È un problema grave, non si può negarlo, e non si può negare soprattutto che i tagli previsti per le province erano legati alla loro chiusura, almeno sostanziale. Il programma di arrivare al 2017 con zero entrate per i servizi era legato al fatto che nel 2017 le province non avrebbero più dovuto esistere, mentre ci sarebbero stati gli enti di area vasta, già riorganizzati.
  Questo non è avvenuto perché il processo ha richiesto più tempo, è un processo che si sta costruendo ed esiste il problema del finanziamento di taluni servizi. Ma ai cittadini questo è ben chiaro: non interessa il tema «province» o «enti di area vasta», l'importante è che ci siano i servizi, che le strade d'inverno non siano intasate dalla neve, che le scuole superiori stiano in piedi, e a questo dobbiamo puntare.
  Io ho chiesto con urgenza l'apertura di un tavolo di crisi, perché la scadenza del 31 luglio rischia di portare un numero rilevante di città metropolitane e di province sulla strada del dissesto, con tutto ciò che comporta anche in termini di difficili rapporti con le organizzazioni sindacali: si creano infatti stati d'ansia e di paura che legano insieme cittadini e dipendenti.
  Torno quindi a ribadire che la conversione del decreto-legge n. 113 del 2016 è sicuramente una cosa da fare, anche perché contiene misure attese da tutti, anche se il problema sono le misure che mancano. Ma il provvedimento va sicuramente approvato perché è un'ottima cosa, contiene misure positive, ma bisogna affrontare con coraggio la restante parte, laddove tra l'altro l'imminenza di un referendum che può decidere sulle sorti dell'assetto istituzionale, introduce un ulteriore elemento di incertezza che non aiuta.
  Bisogna poi affrontare in modo coraggioso lo spostamento del termine del 31 luglio, inevitabilmente. Come sapete, mi sono sempre battuta perché i bilanci siano approvati prima, quindi è quasi contro natura per me dirlo, però sta di fatto che tale misura è necessaria, se si vuole avere ancora tempo per evitare una situazione che poi sarebbe davvero difficile da gestire.
  Domani mattina è convocata la Conferenza Stato-città e in quella sede bisogna adottare una soluzione immediata, che è lo spostamento della data, con l'inizio di un percorso sulle singole realtà (penso in particolare alle città metropolitane), perché non è più l'ora di provvedimenti standardizzati (che hanno avuto una loro fase). Adesso bisogna intervenire realtà per realtà, perché ci sono Pag. 7soluzioni non proponibili complessivamente, ma che magari per quella singola realtà funzionano.
  Bisogna quindi avviare il confronto ad un tavolo di crisi, che individui i provvedimenti specifici. Grazie.

  MARIA CECILIA GUERRA. Non tornerò sui temi già ampiamente trattati dai colleghi, ma vorrei fare una domanda puntuale, perché ne so meno degli altri e guardavo i dati che ci avete fornito e che sono stati utilizzati nella conferenza del 14 luglio 2016.
  Si dice che sono dati calcolati sul rendiconto 2014, però non mi sembra siano solo i dati del rendiconto. Vorrei sapere se sono dati relativi ai costi standard o ai rendiconti? L'anno scorso nell'audizione del sottosegretario Bressa i dati evidenziavano uno squilibrio rilevante, ma non così forte.
  Mi chiedevo dunque il motivo di questa diversità. Vorrei sapere, cioè, se questi siano dati di bilancio e come questi dati siano collegati a quelli sui costi standard. Inoltre, vi chiedo se avete ulteriori informazioni anche sui costi standard, perché so che era stato fatto uno sforzo specifico per le province perché, diversamente da quanto avviene per i comuni in cui i costi standard sono usati solo come criterio di riparto, nel caso delle province si era fatto lo sforzo di considerarli nel valore pieno, per capire lo squilibrio.
  Volevo fare questa domanda sul 2016 perché, se qui lo squilibrio è di 628 milioni e dal decreto ne arrivano 250, la dimensione del problema è di un tipo, se i dati sono diversi, è di altro tipo.
  Ho constatato nel vostro documento, e da quanto lei ha anticipato, che è in corso una riflessione sugli enti di area vasta. Vorrei capire da chi è stata condotta questa valutazione. Perché, se per l'anno 2017 esiste il problema del taglio dei fondi, non possiamo però pensare che a un certo punto la provincia muoia e l'ente di area vasta nasca dal nulla. A tal riguardo mi chiedevo se, pur dovendo aspettare gli esiti della riforma costituzionale, sia in corso una riflessione su questo tema. Non vorrei infatti che si creasse un vuoto istituzionale pazzesco oppure che ci fosse un'apertura a progetti estremamente diversi, quindi mi chiedevo se sia in corso una riflessione istituzionale.

  GIOVANNI PAGLIA. A me è sempre parso abbastanza chiaro che la sottrazione della legittimità democratica ad un organo come le province, cioè la sua trasformazione in ente di secondo livello, fa sì che l'ente (a questo punto non elettivo) diventi un vaso di coccio, perché nessuno ha un interesse determinante a difenderne interessi e funzioni. Questo è il quadro che credo sia delineato anche nell'ultimo decreto sugli enti locali, laddove è stata in parte risolta la questione delle regioni (che hanno un organismo elettivo alla radice).
  Il problema è che nel 2017 spariranno le province, ma nessuno si è posto il problema che le relative funzioni non si possono far sparire per legge. Questo è il problema che ci siamo trovati ad affrontare, sapendo che l'avremmo affrontato dal momento in cui si è scelto di fingere che le province fossero enti che non facevano nulla e che quindi le risorse ad esse destinate si potessero tagliare, cancellandole insieme alle province. Ciò si è finto consapevolmente, e quindi credo che qui ci sia una responsabilità politica molto forte, che sta in capo ai partiti di maggioranza.
  Il senatore Fornaro diceva che l'80 per cento degli enti sarebbe a rischio dissesto, quindi vorrei sapere se confermate questo dato e se ritenete che, in assenza di trasferimenti di nuove risorse, ci siano spazi interni per diminuire questa percentuale. Inoltre, confermate che arriveremo alla fine dell'anno con un pezzo dell'amministrazione pubblica in dissesto?
  Anche se questo non è necessariamente un dramma, comunque rappresenta un passo ulteriore verso l'esproprio di funzioni e verso la gestione secondo una logica diversa.

  VINCENZO GIBIINO. Grazie. Mi unisco agli interventi dei colleghi e alle loro preoccupazioni e vorrei aggiungere che il dato non confortante relativo all'attività ordinaria Pag. 8 di questi enti diventa ancora peggiore se si prendono in considerazione le ripercussioni sulle regioni a statuto speciale.
  In Sicilia, ad esempio, siamo stati campioni nel 2012 nel commissariare le province. Andremo al voto per la prima volta come enti di secondo livello a settembre, dopo un calvario di leggi emanate e poi impugnate. Inoltre, le funzioni delle province in Sicilia erano e sono diverse e anche più corpose, come anche il gettito.
  L'assenza delle province in Sicilia si è sentita tantissimo, perché erano enti che governavano veramente il territorio. Ma senza risorse economiche, come enti di secondo livello, questi probabilmente diverranno quel vaso di coccio cui faceva riferimento il collega, quindi ci ritroviamo a far funzionare degli enti senza sapere cosa fargli fare e con quali risorse.
  Questa mattina non sono venuto qui per appesantire ulteriormente il dibattito, però la sollecitazione dei colleghi a mettere mano con grande velocità e attenzione a questa materia è assolutamente da cogliere e da rilanciare. Grazie.

  PRESIDENTE. Se posso aggiungere una riflessione, è chiaro che su tutta questa vicenda pende l'esito del referendum costituzionale. Qualche tempo fa, il tema era chi avrebbe ereditato le funzioni delle province, adesso il problema è chi erediterà il dissesto delle province perché, qualora dopo l'esito (spero infausto) della consultazione, queste scomparissero anche sotto il profilo costituzionale, la vicenda rischierebbe di peggiorare ulteriormente.
  A quel punto, anche la nuova definizione a livello regionale delle aree vaste (non sono ottimista come il senatore Fornaro) creerà ulteriori, grossi problemi nel momento in cui le regioni dovessero definire dei confini che non ricalchino le vecchie province e ne ridefiniscano la geografia. L'eredità dei dissesti, piuttosto che del patrimonio a cui è stato fatto riferimento, creerà un caos insostenibile, però la vicenda del personale, con il trasferimento o meno della mobilità alle regioni in fase di riassorbimento ne riceverebbe ulteriore impulso.
  Prevedo quindi una situazione parecchio complicata e sono preoccupato, anche perché le funzioni che le province continuano a svolgere sono delicate e fondamentali (penso soprattutto all'edilizia scolastica).

  FEDERICO FORNARO. Solo una cosa che mi ero dimenticato: volevo capire se nell'interlocuzione con il Governo ci siano novità rispetto all'elezione dei consigli provinciali, perché a legislazione vigente entro fine agosto bisogna presentare le liste.

  GIOVANNI PAGLIA. Qualcuno le ha già votate...

  GIUSEPPE RINALDI, componente del consiglio direttivo dell'Unione delle Province d'Italia (UPI). Presidente, se posso dare alcune risposte, poi lascerei la parola al direttore Antonelli per rispondere alla domanda specifica sui dati consuntivi e sulla SoSE.
  Rubo un minuto per una brevissima considerazione di carattere generale: a nostro modesto avviso questa vicenda si è rivelata, come era prevedibile, molto più complessa rispetto a quello previsto nelle norme che la dovevano regolare, perché questo passaggio di delicate competenze, soprattutto in materie importanti come quelle che svolgevano le province, andava fatto con maggiore attenzione da parte di tutti gli attori di questo processo, quindi da parte di chi ha scritto la norma e da parte delle regioni.
  Noi ci siamo messi a disposizione per cercare di applicare questa norma e ci siamo ritrovati nell'impossibilità oggettiva di farlo, perché nel 2015 è stata scritta una legge di stabilità che ha di fatto impedito l'attuazione di questa riforma, è questo il dramma che ci troviamo davanti.
  Rispondo anche a qualche domanda precisa. Prima della piccola boccata di ossigeno che abbiamo ricevuto con il decreto che il Senato si appresta a votare, avevamo un quadro molto più preoccupante in relazione alla situazione di oltre 40 province, che non potevano approvare il bilancio. Oggi stiamo facendo di tutto Pag. 9per arrivare (avremo bisogno ovviamente di uno slittamento dei termini per l'approvazione dei bilanci, perché per il 31 luglio non ce la facciamo) ad una condizione di normalità (se questo termine può passare in questa situazione eccezionale) fino alla riforma costituzionale compiuta, cioè fino al referendum.
  Sono state già introdotte alcune misure eccezionali (il bilancio solo per un anno e l'utilizzo degli avanzi), ma è necessario mettere subito mano a quello che la finanziaria del 2015 prevede per il 2017, perché altrimenti arriveremo ad ottobre, se riusciamo ad ottenere questo slittamento per l'approvazione dei bilanci, però un mese dopo saremo di nuovo nella stessa situazione. Stiamo infatti cercando di far tenere questo sistema e di non far crollare tutto, ma, se dovessimo mettere in campo una rigorosa e burocratica applicazione delle norme, oggi dovremmo alzare le mani, in primis come presidenti, insieme ai nostri dirigenti che si stanno facendo in quattro per far quadrare questi conti, e ammettere poi che non c'è la possibilità oggettiva di farlo.
  Vi porto due banali esempi della mia piccola provincia: prima ancora di approvare il bilancio 2016, già non ho più un euro per i 1.200 chilometri di strade, di cui un terzo sono strade montane su cui nevica. All'inizio dell'anno ho dovuto impegnare sia le somme per lo «snevamento» che parte a novembre dell'anno precedente e finisce a marzo dell'anno in corso, sia i soldi per tagliare l'erba sulle strade, perché altrimenti sarebbero diventate una giungla. Ad oggi, 27 luglio, non ho più un euro per la manutenzione di quelle strade, pago solo gli stipendi ai dipendenti che mi sono rimasti, i quali però sono nell'impossibilità oggettiva di lavorare.
  Un altro piccolo esempio per farvi capire la drammaticità e lo sforzo che si sta cercando di fare: siamo una piccola provincia, con 22 istituti superiori, per il 2016 per la manutenzione di tutti e 22 gli istituti superiori ho 200.000 euro, ossia 9.000 euro l'anno per la manutenzione di scuole che ospitano migliaia di ragazzi. Questo con la finanziaria dell'anno scorso, perché lo scorso anno avevo un taglio di circa 1,3 milioni, quest'anno ho un taglio di più di 5 milioni, quindi con 1,3 milioni di taglio sto in questa situazione, con cinque 5,3 milioni...
  Vi cito dei numeri solo per farvi capire di cosa stiamo parlando, quindi abbiamo l'interlocuzione con il Governo, con i sottosegretari Bressa e De Vincenti, e credo che tutti ormai siano consapevoli di questo. La mia preoccupazione (lo dico anche qui e chiedo scusa a chi mi ha ascoltato anche in altre Commissioni) è che noi continuiamo ad avere feedback positivi rispetto a quanto abbiamo drammaticamente rappresentato, ma facciamo una gran fatica, malgrado lo sforzo sul decreto enti locali, a trovare una chiusura definitiva, e stiamo sempre rincorrendo con provvedimenti di emergenza per tamponare le falle.
  Vorremmo invece che questo quadro (stiamo lavorando in primis con il sottosegretario Bressa) si evolvesse con una risposta definitiva perché, come avete detto tutti voi, a noi interessa relativamente la distinzione tra provincia o area vasta: la cosa importante sono le risposte e i servizi che siamo chiamati a garantire ai territori.
  Con il sottosegretario Bressa e con chi si occupa della materia si sta discutendo su un cosiddetto «check» alla legge Delrio (dopo due anni), per capire cosa abbia funzionato e cosa no. Auspichiamo che a questo tavolo si riesca a riunire anche la Conferenza delle regioni (continuiamo a pensare positivo altrimenti non avremmo fatto i presidenti di queste province e aree vaste), perché tanta parte di questo ragionamento oggi è stata catapultata su regioni che a loro volta non si sono dimostrate pronte.
  Vi cito l'esempio del Lazio e della legge n. 14 del 1999: in passato erano già state fatte leggi delega con cui erano stati assegnati ruoli importanti alle province, ma chi si è occupato di quella legge nel 1999 (allora facevo il sindaco) sa che c'è voluto oltre un anno e mezzo, materia per materia, per definire questa cosa. Oggi ci siamo ritrovati con molte regioni che, con un tratto di penna, hanno deciso che una Pag. 10materia dovesse essere gestita dall'ente di area vasta, con conseguente caos istituzionale. Personalmente, avendo iniziato a fare il consigliere di minoranza nel 1990 e il sindaco nel 1995, non ho mai visto una cosa del genere.
  Scusate gli esempi, ma posso parlare di quello che conosco, quindi mi ritrovo con la mia regione, il Lazio, che si è ripresa le funzioni sui tesserini della caccia e della pesca e sulla regolamentazione della raccolta dei funghi, su cui le regioni legiferano come mi è stato sempre spiegato, mentre ha lasciato in una non comprensibile «terra di mezzo» materie come il vincolo idrogeologico, l'urbanistica, non normandole e togliendoci anche il personale!
  Capite quindi che stiamo andando veramente verso una situazione complessa, che faccio fatica anche a spiegare a me stesso. Non riesco a comprendere come sia possibile che la regione si riprenda le competenze sui tesserini dei cacciatori (che vanno autorizzati per andare a caccia o per fare le squadre della caccia al cinghiale) e lasciano a noi materie come l'idroelettrico, e senza normarlo!
  Ci sarebbe veramente bisogno di una cabina di regia nazionale che aiuti questo processo, anche alla luce della riforma costituzionale. L'Osservatorio nazionale non c'è riuscito.
  Mi fermo qui, spero di aver dato qualche risposta o comunque ulteriori elementi di conoscenza e cedo la parola al direttore per la parte legata all'aspetto tecnico su quei numeri.

  PIERO ANTONELLI, direttore generale delle Province d'Italia (UPI). Solo una risposta alla senatrice Guerra in merito alla tabella che riporta lo squilibrio degli enti. Come vedete, la tabella riporta uno squilibrio in aumento di 300 milioni rispetto a quello che rappresentava il sottosegretario Bressa, perché questa tabella è aggiornata con i dati 2016.
  È evidente che, non essendoci ancora i rendiconti relativi alla totalità delle province per il 2015, sono dati riferiti a entrate standardizzate su base 2014. Per quanto riguarda la spesa corrente, anche se la base dati è dell'anno 2014, questa è spesa corrente efficientata da SoSE sui fabbisogni standard.
  Come vedete, l'incremento dello squilibrio è determinato dal fatto che il taglio passa da 650 milioni a 1 miliardo e 295 milioni, quindi questo determina uno squilibrio in aumento per 627 milioni, che viene coperto, come diceva anche il senatore Fornaro, da interventi straordinari previsti nel decreto-legge n. 113 del 2016.
  Un'altra precisazione rispetto alla questione delle elezioni. Abbiamo ancora 7 province che devono rinnovare per la prima volta i loro organi e che quindi andranno al voto. La provincia di Ravenna ha già indetto le elezioni per il 3 agosto e le altre 6 andranno al voto tra la fine di agosto e i primi di settembre.
  Rinnoveranno invece i Consigli provinciali tutte e 64 le province che già li avevano rinnovati due anni fa, in quanto, come sapete, abbiamo una norma che prevede un termine di durata dei Consigli di due anni e dei presidenti di quattro anni (è una questione un po’ anomala). Queste 64 province voteranno per il rinnovo dei Consigli tra la fine di settembre e la metà di ottobre (a normativa attuale).

  PRESIDENTE. Diciamo che l'argomento è molto stimolante...

  GIUSEPPE RINALDI, componente del consiglio direttivo dell'Unione delle Province d'Italia (UPI). Noi ci auguriamo di tornare con il sottosegretario Bressa per approfondire.

  PRESIDENTE. Assolutamente. Credo che purtroppo questo tema, che noi seguiamo da anni – offrirà ulteriori elementi di novità da qui a settembre. Posso promettere che la Commissione, come sempre peraltro, dedicherà la debita attenzione a questo tema, anche perché voi siete quasi delle cavie: le province sono state sacrificate probabilmente anche in nome di qualche istinto demagogico...
  Ricordo le prime pagine de Il Corriere della sera con l'ammontare dei risparmi che secondo illustri professori l'eliminazione Pag. 11 delle province avrebbe garantito, sono gli stessi illustri professori che teorizzavano il pareggio di bilancio neppure quattro anni fa e che adesso non hanno più il coraggio di parlare sull'argomento. Comunque chiudo la parentesi perché, se i professori sapessero cosa fare, non saremmo in questo disastro globale!
  Ringrazio i nostri ospiti per il contributo e per la documentazione consegnata, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 8.50.

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