XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 73 di Mercoledì 20 aprile 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti del Centro interregionale studi e documentazione della Conferenza delle regioni e delle province autonome (CINSEDO) e della società SOSE – Soluzioni per il sistema economico S.p.A., sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni nell'attuazione del federalismo fiscale (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione) :
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 ,
Brunello Giampietro , Amministratore delegato della società SOSE – Soluzioni per il sistema economico S.p.A ... 3 ,
Stradiotto Marco , Responsabile rapporti istituzionali per la spesa pubblica di SOSE ... 4 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 5 ,
Banchero Anna , CINSEDO, già coordinatrice tecnica della commissione politiche sociali della Conferenza delle regioni e delle province autonome ... 5 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 8 ,
Banchero Anna , CINSEDO, già Coordinatrice tecnica della commissione politiche sociali della Conferenza delle regioni e delle province autonome ... 8 ,
Principe Marina , Dirigente salute e politiche sociali del Centro interregionale studi e documentazione della Conferenza delle regioni e delle province autonome (CINSEDO) ... 8 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 8 ,
Dirindin Nerina  ... 8 ,
Zanoni Magda Angela  ... 9 ,
Paglia Giovanni (SI-SEL)  ... 10 ,
Marantelli Daniele (PD)  ... 10 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 11 ,
Stradiotto Marco , responsabile rapporti istituzionali per la spesa pubblica di SOSE ... 11 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 13 ,
Dirindin Nerina  ... 13 ,
Banchero Anna , CINSEDO, già Coordinatrice tecnica della commissione politiche sociali della Conferenza delle regioni e delle province autonome ... 13 ,
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 14 

Allegato 1: Ricognizione dei livelli delle prestazioni erogate dalle regioni a statuto ordinario e dei relativi costi ... 15 

Allegato 2: Ricognizione dei livelli delle prestazioni che le regioni a statuto ordinario effettivamente garantiscono e dei relativi costi ... 54

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti del Centro interregionale studi e documentazione della Conferenza delle regioni e delle province autonome (CINSEDO) e della società SOSE – Soluzioni per il sistema economico S.p.A., sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni nell'attuazione del federalismo fiscale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti del Centro interregionale studi e documentazione della Conferenza delle regioni e delle province autonome (CINSEDO) e della società SOSE – Soluzioni per il sistema economico S.p.A., sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni nell'attuazione del federalismo fiscale.
  Si tratta di un argomento che in parte è scomparso dal dibattito politico, che noi, come Commissione, abbiamo voluto riportare quantomeno alla luce, per vedere a che punto siamo. Spero che non creeremo imbarazzo, perché non so a che punto sono gli approfondimenti su questo tema. Ringrazio tutti i nostri ospiti.
  Do la parola al dottor Giampietro Brunello, amministratore delegato della SOSE – Soluzioni per il sistema economico S.p.A., per lo svolgimento della sua relazione.

  GIAMPIETRO BRUNELLO, Amministratore delegato della società SOSE – Soluzioni per il sistema economico S.p.A. Innanzitutto vi ringrazio per l'opportunità che con questa audizione ci offrite per fare il punto sulle attività legate al decreto legislativo n. 68 del 2011.
  La SOSE aveva il compito di effettuare una ricognizione sui livelli essenziali delle prestazioni (LEP), ovvero di creare una base dati dalla quale si potessero rilevare gli elementi per definire i livelli essenziali, partendo dai livelli di fatto. Le materie erano: assistenza, istruzione e trasporto pubblico locale.
  Il trasporto pubblico locale è con riferimento alla spesa in conto capitale. Anche su questo in passato avevamo già avuto occasione di fare alcune osservazioni. Considerando tutta la filiera (comuni, province e regioni), per i comuni e le province sul trasporto pubblico locale dovevamo analizzare la spesa corrente, mentre per le regioni la spesa in conto capitale. Pertanto, c'era un problema di allineamento delle informazioni.
  Non c'è dubbio che è fondamentale riuscire ad avere il monitoraggio di tutto il processo, nelle regioni, nelle ex province che sono rimaste oggi e nei comuni.
  Sulla base di queste informazioni, avremmo dovuto predisporre le metodologie ed elaborare i dati per la definizione dei fabbisogni e dei costi standard delle tre funzioni citate, con la collaborazione dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e ovviamente anche di CINSEDO. Avremmo dovuto collaborare con l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e con l'Istituto e la finanza per l'economia locale Pag. 4(IFEL) per i comuni, con l'Unione delle province d'Italia (UPI) per le ex province e con CINSEDO per le regioni.
  Il modello di analisi partiva dalla ricognizione dei livelli delle prestazioni e dalla mappatura dell'attuale situazione, per, poi, passare all'individuazione dei costi medi stimati e alla definizione dei fabbisogni finanziari connessi ai costi medi. Questa era la base sulla quale il decisore politico avrebbe dovuto definire LEP e livelli essenziali di assistenza (LEA).
  Devo dire che in questo periodo abbiamo svolto un grosso lavoro, però sarebbe stato utile riuscire a portare a casa alcune informazioni complementari rispetto a quelle che abbiamo, integrando il nostro patrimonio informativo. Questo, per una serie di situazioni, non è stato sempre facile.
  Comunque, con le informazioni che abbiamo avuto e con la collaborazione delle persone, ad esempio la qui presente Anna Banchero, siamo riusciti a fare il punto della situazione.
  La situazione che abbiamo costruito vi sarà esposta da Marco Stradiotto e Francesco Porcelli, che hanno lavorato all'interno.

  MARCO STRADIOTTO, Responsabile rapporti istituzionali per la spesa pubblica di SOSE. Innanzitutto rivolgo un saluto a tutti. Continuo l'esposizione fatta dal dottor Brunello.
  Noi ci siamo ovviamente concentrati sulle materie che ci aveva delegato il decreto legislativo n. 68 del 2011, verificando i livelli delle prestazioni effettivamente erogate e immaginando, rispetto a questi, alcuni scenari, in maniera da permettere al decisore politico di avere i dati e di comprendere, sulla base di essi, quale possa essere un livello essenziale delle prestazioni previsto per legge, perché questo è l'obiettivo.
  Noi vi abbiamo presentato delle slide e anche un documento. Lo abbiamo mandato ieri sera tardi, quindi non so se sia già a vostra disposizione. Sono un'ottantina di pagine, estratte da un lavoro che stiamo facendo.
  Nei campi in cui siamo riusciti ad avere dei dati, tramite i questionari svolti su province e comuni, abbiamo potuto fare un lavoro di un certo tipo. Mi riferisco in modo particolare all'asilo nido. Credo che quello sull'asilo nido possa essere un dato per voi molto utile.
  Valutando i dati, il decisore politico in prospettiva avrà la possibilità di stabilire un livello essenziale di prestazione, ad esempio, sull'asilo nido, che oggi non esiste, perché è un servizio a domanda individuale e a risposta discrezionale. Qualora lo fosse, a seconda delle percentuali di copertura rispetto agli utenti potenziali, si saprebbe già quale potrebbe essere il costo, ovviamente garantendo un livello minimo di servizio.
  In quel caso, noi ci siamo trovati con situazioni molto diversificate. Ovviamente stiamo parlando di un servizio che viene erogato dai comuni, ma dove spesso e volentieri c'è anche la contribuzione da parte delle regioni.
  Ad esempio, in questo caso noi non siamo riusciti a riscontrare, né dall'ISTAT né dai nostri questionari, i famosi asili nido integrati, che in alcune regioni sono molto presenti e sono quegli asili nido a cui la regione dà una contribuzione. Io conosco il caso del Veneto. Alcune scuole materne parrocchiali, oltre a questo, hanno fatto anche l'asilo nido e l'hanno chiamato «integrato», con contribuzione regionale.
  In quel caso, noi non ne abbiamo trovato traccia nei questionari comunali né nei dati ISTAT. Dobbiamo perfezionare e continuare il lavoro con le regioni, al fine di riuscire ad avere un approfondimento su questo.
  Non so quanto tempo ci sia oggi per poter approfondire tutto. Nei documenti che voi avete, per quanto riguarda l'asilo nido c'è questo aspetto, con la previsione di uno scenario.
  In questo caso, (vedi tabella a pag. 15) noi ci siamo limitati ai comuni delle regioni a statuto ordinario, perché, come ben sapete, il decreto legislativo n. 216 del 2010 ci dà l'incarico di seguire questi comuni e, quindi, ci manca lo scenario delle regioni a statuto speciale. Pag. 5
  Ad esempio, se in tutti i comuni delle regioni a statuto ordinario si stabilisse un LEP del 12 per cento di copertura del servizio rispetto agli utenti potenziali, cosa costerebbe? Se si stabilisse un LEP del 22 per cento cosa costerebbe? Se si stabilisse un LEP del 33 per cento, cosa costerebbe?
  Ovviamente il 33 per cento è un numero assolutamente teorico, perché quando si parla del famoso obiettivo del 30 per cento di cui alla Strategia UE 2020 di Lisbona ci si riferisce a tutti i servizi di asilo nido: asilo fornito dall'ente pubblico, ovvero dal comune, dall'ente privato o dall'azienda. Nel famoso 30 per cento previsto dalla citata strategia è ricompreso tutto l'insieme dei servizi.
  In quel caso, noi immaginiamo che un livello del 22 per cento dato dal pubblico possa consentire di arrivare a quel tipo di limite che eventualmente il decisore politico decidesse di approvare.
  Per quanto riguarda la scuola, noi ci siamo basati su dati ISTAT e su dati del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Su questo avrete la possibilità di vedere nella relazione che vi abbiamo presentato una serie di dati che mostrano qual è la situazione e qual è il livello dei servizi nelle diverse realtà regionali. Ovviamente in quel caso è l'insieme degli enti territoriali che porta a quel tipo di servizio.
  Il grafico che vedete a pagina 17 raffigura quello che vi raccontavo poc'anzi relativamente all'asilo nido. La prima linea in basso rappresenta la situazione attuale, cioè il livello delle prestazioni effettivamente erogate dai comuni di quelle regioni. La linea rossa mostra quale sarebbe il livello se alla percentuale di copertura del servizio si ponesse un limite minimo del 12 per cento, la linea verde se si ponesse un limite del 22 per cento e la linea azzurra se si ponesse un limite del 33 per cento.
  Ci sono delle regioni dove in alcuni comuni il livello di copertura del servizio è maggiore del 22 per cento, quindi è chiaro che quando si somma la media regionale sale.
  Abbiamo svolto una serie di analisi, che ovviamente non c'è il tempo di raccontare, che vi mostrano un resoconto del lavoro che stiamo facendo. Non lo abbiamo finito e contiamo di ultimarlo anche con la collaborazione fattiva di CINSEDO.
  Dobbiamo dire che, a differenza di quello che è accaduto quando ci siamo trovati ad operare con IFEL, ANCI e UPI, con le quali abbiamo sempre lo stesso interlocutore, con CINSEDO purtroppo cambia sempre l'interlocutore.
  Ad esempio, Anna Banchero seguiva in modo particolare il sociale. Noi qui non presentiamo il sociale, perché siamo ancora indietro e non è sufficientemente robusto per presentarlo. Lo presenteremo sulla base del lavoro che continueremo a fare, ovviamente in collaborazione con Anna Banchero, se ci sarà ancora lei, o con chi per lei all'interno del CINSEDO.
  Ovviamente, quando ci sono le elezioni amministrative, regionali eccetera, visto che, come voi sapete, le regioni si organizzano in modo che ogni regione rappresenti una materia, ci sono dei cambiamenti. Per quanto ci riguarda, questo significa cambiare interlocutore e perdere del tempo.
  Nonostante ciò, devo dire che il lavoro svolto sul sociale insieme è stato utile. Non lo abbiamo presentato e non lo presentiamo in questo momento perché non è secondo noi sufficientemente robusto per potervi dare un supporto su cui basare un livello essenziale delle prestazioni.
  Peraltro, come ben sapete, quando parliamo di servizi sociali, la differenziazione regionale e locale nonché la differenziazione dei servizi e delle esigenze dei diversi territori ci pongono la necessità di approfondire meglio il tutto.
  Per quanto mi riguarda, mi fermerei, restando a disposizione per eventuali domande.

  PRESIDENTE. Do la parola ad Anna Banchero di CINSEDO per lo svolgimento della sua relazione.

  ANNA BANCHERO, CINSEDO, già coordinatrice tecnica della commissione politiche sociali della Conferenza delle regioni e delle province autonome. Buongiorno a tutti. Ho seguito il coordinamento delle politiche sociali fino al 2015. Dal punto di Pag. 6vista telefonico e anche umano siamo ancora molto in contatto.
  In questo ultimo settennio, sono cambiate molte cose dal punto di vista delle politiche sociali. Mi pare che anche i colleghi di SOSE abbiamo già detto quanto sono complesse le politiche sociali. Basti pensare che, se una persona che ha bisogno di assistenza domiciliare ha un familiare o qualcuno che la assiste, ha un vicino di casa che si prende l'impegno oppure ha un volontario, cambia completamente la prestazione che l'ente fornisce.
  Qual è stato il grosso lavoro delle regioni? In primo luogo, è stato quello di semplificare un po’ queste prestazioni, prima ancora di arrivare al discorso del federalismo, e, quindi, di costituire un nomenclatore, dove per lo meno c'è un riferimento. Non sono poche cose, sono 400 prestazioni.
  Il secondo lavoro è stato quello di costruire, insieme al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con la collaborazione dell'ISTAT, un sistema informativo che si sta perfezionando ora, dopo dieci anni di raccolta di dati.
  Cosa abbiamo fatto quando ci siamo incontrati con SOSE? In primo luogo, abbiamo rimarcato alcune differenze, raccogliendo i dati comune per comune. Era il loro compito, non se lo sono assunto in una maniera differente.
  Avendo provato il nostro sistema informativo, abbiamo capito – evviva Dio – che, con l'insistenza delle regioni, dopo tutto quello che è successo dal punto di vista della crisi economica, se i comuni non si associano è un disastro.
  Abbiamo visto la differenza fra i servizi gestiti in maniera associata e gli altri. Questa associazione dovrebbe diventare addirittura un obbligo – non credo che mi picchieranno, perché abbiamo buoni rapporti con i rappresentanti dell'ANCI – perché altrimenti non si va avanti con le attività.
  Io vengo dalla Liguria, dove di 235 comuni oltre il 65 per cento è al di sotto dei 1.000 abitanti. Sono comuni stupendi, nelle vallate, però dalla geografia al dare servizi ci sono un po’ di passaggi.
  Quando ci siamo incontrati con SOSE – mi assumo un po’ di responsabilità e ringrazio anche il collega Stradiotto – ho detto: «Qui dobbiamo prendere un percorso, indipendentemente dal fatto che i costi standard o cose di questo genere vadano avanti». Noi vogliamo che si proceda con un qualcosa che misuri un po’ meglio di quello che noi abbiamo fatto con il nomenclatore delle prestazioni.
  Abbiamo cominciato ad analizzare dati ISTAT e dati SOSE, dove c'erano grandi differenze. Infatti, mi pare che la seconda rilevazione sia stata un po’ più orientata anche alle associazioni intercomunali.
  Anche questo primo passaggio, tuttavia, ha messo in evidenza delle grandi differenze nella spesa media (non chiamiamola ancora «costo standard») tra le regioni del Nord e alcune regioni del Sud e del Centro. Guardo se c'è Turturiello, con cui abbiamo fatto un lungo percorso insieme.
  Ci sono differenze anche nelle cose più banali, come la presa in carico e l'assistenza domiciliare. In alcune aree nella presa in carico c'è un colloquio fatto esclusivamente con l'assistente sociale, mentre in altre c'è una cosa un po’ più seria, che segue una valutazione multidimensionale, che tiene conto anche della parte sanitaria. Infatti, oggi la maggioranza dei bisogni sono sociosanitari.
  Questo è un altro grosso problema, difficilmente rilevabile facendo l'esame esclusivamente dei dati dei comuni. Con la rilevazione ISTAT da due anni abbiamo cominciato a inserire anche questa parte del socio-sanitario.
  Il lavoro con SOSE ci è stato utile anche per fare un nostro esame interno su tutto ciò che avevamo fatto.
  Per farla breve, siamo arrivati ai primi mesi del 2015, prendendo a riferimento il decreto legislativo n. 68 del 2011 e facendo questo passaggio. Con i dati che avevamo rilevato, sia quelli di SOSE sia quelli che venivano dal sistema informativo ISTAT, che abbiamo cercato di far dialogare, abbiamo individuato, tra quelli previsti nel citato decreto legislativo n. 68, i servizi Pag. 7maggiormente diffusi e omogeneamente diffusi, ovvero i servizi che sono erogati, nel bene e nel male, con qualche differenza, nel Nord, nel Centro e nel Sud.
  Cito sempre la più banale, che è l'assistenza domiciliare, ma anche l'assistenza ai minori e alla famiglia e il sostegno per la disabilità o la non autosufficienza.
  Anche su questo abbiamo cercato di fare una «pulitura» rispetto alle 400 prestazioni, che è stata pesante. Siamo arrivati a individuare sei gruppetti di prestazioni, che sono il preliminare di quelli che potranno diventare i livelli essenziali.
  Mi permetto di fare una battuta. Io sono ligure. I liguri hanno una caratteristica che li contraddistingue: vogliono dei patti, vogliono che le cose si fermino. In passato ciò avveniva con una stretta di mano. Siamo abituati ai viaggi, ai trasporti di merci e, quindi, dobbiamo avere sempre delle certezze, anche perché il soldo in Liguria ha ancora qualche valore.
  Grazie al supporto dei colleghi della Conferenza e del CINSEDO, in particolare Marina Principe, che è la segretaria della commissione sociale e sanitaria, ho detto: «Arriviamo a un'intesa Stato-regioni, per tutto il percorso che abbiamo fatto, ma anche per quello che dovremo ancora fare».
  Se permette, presidente, vi lascio questa intesa. In primo luogo, da questa intesa abbiamo individuato sei grossi comparti di servizi. Il primo è quello dell'accesso e della presa in carico, che c'è dappertutto, anche se con delle differenze.
  Il secondo comprende gli interventi per l'assistenza domiciliare e il sostegno educativo, che sono altri modi per mantenere il disabile in famiglia.
  Il terzo gruppo è quello dei servizi integrativi per la prima infanzia e dei nidi. Sui nidi abbiamo lavorato molto insieme. Giustamente, come dicevano loro, in questo campo ci sono grosse differenze. Ci sono i nidi aziendali, i nidi di quartiere.
  Non vi ricomprendo i nidi di caseggiato, che sono soltanto forme di assistenza integrativa. Da noi sono molto positivi quelli realizzati nelle vallate. In alcuni casi ci sono dieci o dodici bambini in tutta la vallata e un paio di mamme, insieme al comune, si mettono d'accordo per fare un piccolo nido. Li abbiamo chiamati «micronidi».
  Il quarto gruppo è quello dei servizi territoriali di carattere semiresidenziale e residenziale, cioè le strutture per anziani e quelle per portatori di handicap. Ci sono anche quelle per soggetti dipendenti, che sono molto più «sanitarie».
  Infine, abbiamo incluso gli interventi per facilitare l'inclusione e l'autonomia, per cui ovviamente ci sono dei trasferimenti monetari nazionali, ma ci sono anche quelli di carattere regionale.
  Partendo da questi servizi che sono stati considerati omogeneamente diffusi, abbiamo ipotizzato un percorso con la Commissione finanze (per questo cercavo Turturiello). Siamo riusciti a delimitare già un percorso che, andando avanti, nel giro di quindici mesi dalla data d'inizio del lavoro, potrebbe arrivare a determinare sia fabbisogni standard sia degli scenari di costi medi (non mi spingo a parlare di costi standard).
  Avevamo cercato – questo era stato approvato in Conferenza – sei regioni, due del Nord, due del Centro e due del Sud. Nel Sud avevamo messo anche un'isola, in modo che fosse presentata un'attività abbastanza omogenea, che avesse dei riscontri con le realtà.
  Che cosa dovrebbe fare – mi auguro che lo faccia – questo gruppetto di lavoro in cui sono inseriti ISTAT, Ministero delle politiche sociali e Ministero dell'economia e delle finanze? Dovrebbe individuare un set di servizi, come si fa sempre quando si crea un sistema informativo serio. Avevamo già preconizzato un set di servizi, perché potrebbero essere in questo gruppo.
  In secondo luogo, dovrebbe definire le modalità di erogazione di ciascun servizio (si fa un colloquio, se ne fanno tre, oppure si fa soltanto una segnalazione con una scheda), perché dietro a queste cose ci sono dei costi.
  In terzo luogo, deve individuare le prestazioni, ad esempio nel caso di una prestazione pura, come l'aiuto domiciliare, quanto costa mandare un assistente familiare Pag. 8 oppure una colf (ogni regione usa delle terminologie diverse) per due, tre o quattro ore a domicilio della persona.
  In questo c'è anche la componente sanitaria. A questo punto, in questi servizi di carattere integrato, occorre valutare. Certamente non andrà a diventare il costo standard del sociale, ma ricordiamoci che se facciamo un costo medio ci sarà un «pezzetto» – mi esprimo in maniera molto semplice – che riguarda anche il sistema sanitario.
  Definite queste caratteristiche strutturali del set, si dovrebbe procedere con tre o quattro mesi di rilevazione. Ovviamente avevamo già individuato i comuni all'interno delle sei regioni. Tutto questo lavoro si dovrebbe fare anche con il SOSE.
  Dopo quindici mesi, si dovrebbe arrivare a individuare il fabbisogno. Infatti, ipotizzando che il servizio dato in un certo comune di una regione risponda al 30, al 40, al 50, al 60 o al 70 per cento della domanda, si potrebbe affermare, un po’ come diceva il dottor Stradiotto per i nidi: «Se copriamo fino al 12 è così, se copriamo fino al 18 è così eccetera».
  Noi avevamo fatto un'esercitazione con l'assistenza domiciliare, quando speravamo che il discorso dell'integrazione socio-sanitaria andasse avanti, ma poi si è bloccato. L'avevamo fatta legandola proprio a questo aspetto delle aliquote crescenti. Speriamo che si possa andare avanti.
  Infine, avuto il costo medio e anche una sorta di indicatore per il fabbisogno, si potrebbe fare il passo successivo. Cinque livelli essenziali sono pochi, però in prima battuta possono essere anche tanti. Ora si comincerà con il livello essenziale povertà, in base a questo disegno di legge. Inseriamo qualche altro livello essenziale, in maniera tale che si cominci anche da questo punto di vista.
  Abbiamo previsto una gradualità. I livelli essenziali possono essere dati in un triennio o in un quinquennio, ma si devono dare in un determinato modo, per fornire delle risposte adeguate e per rispondere da un punto di vista organizzativo a dei criteri di efficacia, di efficienza e di qualità.
  Io mi auguro che questo lavoro possa continuare. Io darò ancora la mia collaborazione, per quanto posso, come esperto, visto che insegno all'università. Comunque, le regioni sono in grado di procedere anche da sole.

  PRESIDENTE. C'è una cosa che non abbiamo ben capito: attualmente nessuno ricopre il suo ruolo?

  ANNA BANCHERO, CINSEDO, già Coordinatrice tecnica della commissione politiche sociali della Conferenza delle regioni e delle province autonome. Formalmente sì.

  MARINA PRINCIPE, Dirigente salute e politiche sociali del Centro interregionale studi e documentazione della Conferenza delle regioni e delle province autonome (CINSEDO). Formalmente la commissione politiche sociali è coordinata dalla regione Molise. Come spiegavo prima ai colleghi, il coordinatore, l'assessore Michele Petraroia, si è dimesso, quindi ci troviamo in un momento di passaggio, di cui risentono l'organizzazione e i lavori.
  Comunque, è una commissione istruttoria endoprocedimentale...

  PRESIDENTE. Abbiamo capito che non siamo proprio all'anno zero.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  NERINA DIRINDIN. Ringrazio per la relazione e per i documenti che ci avete offerto, che avremo modo di guardare con più attenzione.
  Vorrei una precisazione riguardo agli asili nido, che mi sembra il settore sul quale i lavori hanno proceduto con una certa capacità di raggiungere qualche risultato. Ho delle domande per comprendere il materiale. I dati si riferiscono ancora al 2010 o già al 2013?
  In secondo luogo, vedo qui scritto che il costo e il fabbisogno standard sono stimati al lordo della compartecipazione degli utenti e dei contributi regionali. Questo mi sembra giusto dal punto di vista metodologico, Pag. 9 quindi non ho nessuna osservazione, ma mi domando se avete anche qualche elemento di conoscenza sulla compartecipazione degli utenti e su eventuali contributi regionali nelle diverse regioni.

  MAGDA ANGELA ZANONI. Anch'io ringrazio i nostri ospiti per il lavoro e i dati forniti, che leggeremo con attenzione.
  Faccio solo un paio di considerazioni di carattere generale, con domande che sono rivolte agli ospiti, ma anche a noi stessi, soprattutto perché forse gli ospiti, per il loro lavoro, non sono in grado di dircelo.
  Il lavoro è interessante, però oggettivamente vediamo solo gli asili nido – non è un problema vostro, ma siamo noi che dobbiamo capire come procedere – e forse un pezzo del sociale, appena sarete in grado di darcelo.
  La parte sul sociale sicuramente sarà molto interessante, anche perché il sociale per lo meno è presente in tutti i comuni.
  Oggettivamente, con tutto l'interesse che avremo nel leggere questa parte, il problema degli asili nido, che forse è l'unico servizio su cui da trent'anni abbiamo qualche dato a disposizione, riguarda pochissimi comuni, quelli grandi, mentre ci sono un enorme numero di comuni piccoli che non sono minimamente toccati dal problema, perché lo risolvono in un altro modo, avendo piccoli numeri di bambini.
  L'altro problema è che con il Fondo di solidarietà comunale attuale chi ha i nidi li chiuderà, perché non ce la fa più. Mi riferisco ai comuni medi. Ci sono poi i comuni grandi, dove però la strategia dell'asilo nido è tutta un'altra cosa.
  Invece, resta il problema dei LEP, perché nella distribuzione attuale del Fondo di solidarietà comunale continuiamo a non avere i LEP di riferimento. Anche il fabbisogno standard in realtà non è definito come fabbisogno vero, ma è un modo diverso di vedere le entrate comunali che già ci sono.
  Peraltro, nella distribuzione del Fondo di solidarietà comunale, il 70 per cento continuano a essere in realtà criteri di entrata storica un po’ rivista. L'altro 30 per cento è accettato dai comuni davvero con grande fatica, perché non si capisce come si evince quella percentuale.
  Il problema che abbiamo affrontato, anche in un colloquio con Luigi Marattin, responsabile delle politiche degli enti locali, era quello di riuscire a fare un passo avanti, perché questo sistema di distribuzione del Fondo di solidarietà comunale presenta dei grossi limiti.
  Noi abbiamo dato un parere la scorsa settimana, con pochissime osservazioni, ma questo è un tema che andrà affrontato nei prossimi mesi.
  Bisogna rivedere il sistema di finanziamento, innanzitutto perché non è quello previsto dalla legge n. 42 del 2009. Non mi stancherò mai di ripeterlo. Il Fondo di solidarietà comunale adesso è orizzontale fra i comuni, mentre quello che era previsto nella citata legge n. 42 era un fondo perequativo nazionale.
  Finora, l'ANCI ha dato un parere favorevole, ma adesso che sul Fondo di solidarietà comunale i comuni stanno cominciando a vedere che cosa capita, stanno, a ragione, emergendo delle situazioni di grosso conflitto.
  Infatti – non faccio nomi – in un comune che ha fatto un grosso lavoro sul recupero dell'evasione i cittadini sono puniti due volte: la prima volta in modo corretto, perché hanno contribuito correttamente a partecipare al recupero, e adesso perché si vedono decurtati profondamente di una parte delle entrate.
  In questo modo si creano delle situazioni di grande difficoltà proprio per le realtà più virtuose. Questo sistema, così com'è, necessita di correttivi.
  Stamattina noi speravamo di sentire – torno a ripetere che non è un problema dei nostri ospiti – che fossimo un po’ più avanti sulla definizione dei LEP.
  Lo dico perché a noi, che dobbiamo prendere decisioni, vanno bene i lavori molto approfonditi sul settore, ma ci servono relativamente, in quanto abbiamo bisogno di prendere una decisione in tempi rapidi su come distribuire il Fondo di solidarietà comunale. Meglio avere quattro informazioni brutte e cattive, ma averle Pag. 10subito, in modo che ci aiutino a prendere decisioni.
  Oggettivamente il problema dei nidi – lo ripeto – è interessante dal punto di vista conoscitivo, ma, dal punto di vista delle decisioni sui comuni, serve molto poco.
  Possiamo dire che è ancora una scelta totalmente politica dei comuni, che la adottano in parte perché storicamente avevano delle strutture e in parte perché politicamente credono in un sistema di intervento fatto in un modo piuttosto che in un altro. Purtroppo, non è quasi mai in relazione al costo medio del servizio che viene presa la decisione.
  Se in ambito nazionale viene presa la decisione di inserire un livello standard, allora bisogna capire come i comuni piccoli o i comuni che stanno attorno a una grande città che ha i nidi e che contribuisce... allora il discorso è esattamente l'inverso di quello che stiamo facendo noi, perché in questo momento chi ha i servizi si vede togliere delle risorse. Storicamente aveva entrate più alte, perché se le è costruite per poter erogare il servizio. Adesso si vede togliere i soldi per darli a qualcuno che tanto non apre quel servizio e che li usa in modo indistinto.
  Potremmo inserire dei criteri di vincolo sull'uso delle risorse, ma a questo punto l'autonomia finanziaria dei comuni sarebbe pari a zero. Già adesso, con il blocco delle entrate eccetera, si riduce molto. C'è stata una trasformazione di parte della tassazione locale in un trasferimento. Se introduciamo anche dei vincoli sull'uso del Fondo di solidarietà comunale che trasmettiamo, l'autonomia finanziaria è pari a zero.
  Scusate questo piccolo sfogo, però sono alcune settimane che sto ricevendo da parte dei comuni molte lamentele, e questo mi dispiace molto.

  GIOVANNI PAGLIA. Ho una curiosità. Stavo guardando il focus sullo scenario di costo con LEP ipotetico al 33 per cento nei tre diversi casi: con la legislazione vigente, con la deroga delle assunzioni e con la gestione completamente diretta.
  Dato che la lettura non è molto complicata, almeno rispetto al quadro che ne date (un aumento dell'esternalizzazione porterebbe a un calo dei costi del 20 per cento rispetto al livello attuale, mentre una gestione completamente diretta a un aumento dei costi del 6-7 per cento), mi chiedo questo forte differenziale di costo che avete calcolato da quale fattore dipende.

  DANIELE MARANTELLI. Credo che abbiamo fatto bene a chiedere un approfondimento su questo tema, perché abbiamo bisogno di contribuire a condurre un'operazione-verità verso i cittadini e, senza essere enfatico, anche verso il Paese. Conoscere meglio i dati relativi ai LEP è essenziale. Per questo, il mio ringraziamento al dottor Giampietro Brunello, al dottor Marco Stradiotto e alla dottoressa Anna Banchero non è formale. Capisco anche le difficoltà con le quali si devono misurare.
  Bisognerà leggere con attenzione i contributi che sono stati portati qui, però la mia prima impressione, se non ho capito male, è che ci troviamo di fronte a una sorta di trionfo del condizionale: «ci sarebbe», «sarebbe».
  Io esprimo solidarietà professionale al riguardo. Mi pare evidente che siamo in assenza di molti dati necessari per giungere all'obiettivo che tutti ci siamo posti.
  Le responsabilità su questo campo sono prevalentemente delle regioni? Io non lo so. Certamente, mi colpisce che si dà la delega ai servizi sociali a una regione che ha 300.000 abitanti, molti meno di moltissime province che abbiamo cancellato o che probabilmente verranno cancellate con la riforma in itinere.
  Naturalmente questo non vuole essere un giudizio circa la totale autonomia con la quale la Conferenza delle regioni e delle province autonome si organizza e lavora, però certamente è un dato che colpisce.
  Perché faccio questo riferimento? Se vogliamo evitare che il confronto impegnativo che ci sarà nei prossimi mesi tra le forze politiche, sociali e culturali, anche in vista del referendum, avvenga a colpi di slogan e di pronunciamenti demagogici, bisogna riuscire a imprimere un colpo di reni per avere i dati, in modo tale da contribuire Pag. 11 a far diventare il nostro un Paese adulto.
  La mia impressione è che, altrimenti, il confronto che necessariamente ci dovrà essere su temi così delicati, che hanno a che fare con la vita quotidiana delle persone, dei comuni e delle famiglie, rischia di essere condizionato dalle uscite oggi del presidente della Banca Centrale Europea, domani di quello dell'Istituto nazionale di previdenza sociale, poi, ancora, di quello dell'Istituto nazionale di statistica.
  Rischiamo di essere tramortiti da una serie di dati, senza riuscire a trovare quella bussola necessaria che io penso debba invece essere individuata, per condurre, come dicevo, un'operazione-verità nei confronti dei cittadini e del Paese.
  In ogni caso, vi ringrazio molto per l'apporto che avete dato stamattina.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica

  MARCO STRADIOTTO, responsabile rapporti istituzionali per la spesa pubblica di SOSE. In merito alla domande poste dalla senatrice Dirindin, i dati relativi al 2013 saranno pronti nel corso dal prossimo mese. Come sapete, ci siamo dedicati ai nuovi fabbisogni e alla revisione dei numeri, a metodologia invariata, relativi al questionario 2013.
  Devo dire che i numeri si abbassano, nel senso che diminuiscono le famiglie che chiedono il servizio di asilo nido, probabilmente anche per questioni di carattere economico.
  Comunque, nel corso del prossimo mese noi potremo fornirvi le nuove tabelle con i dati aggiornati.
  Relativamente a quanto osservato dalla senatrice Zanoni, oggettivamente, al di là delle considerazioni su come sia cambiato il fondo perequativo o di solidarietà, che da verticale è diventato orizzontale, per questioni legate alle scelte di finanza pubblica, noi riscontriamo che il fabbisogno standard tira la coperta a nord, mentre la capacità fiscale tira la coperta a sud.
  Il vero problema non è nel meccanismo, ma, innanzitutto, nella necessità della revisione delle rendite catastali, perché la capacità fiscale è fatta da aliquote standard, quindi non da aliquota massima, e in parte tiene conto anche della ricerca dell'evasione. Il problema nasce dove abbiamo rendite catastali «balorde», anche all'interno della stessa città.
  In questo senso, noi confidiamo che il lavoro possa stare in piedi. Non è una cosa che ci riguarda in particolare, però nell'insieme comprendiamo che le obiezioni fatte dalla senatrice Zanoni sono corrette.
  Da questo punto di vista, perché noi abbiamo fatto il lavoro sugli asili nido in modo più approfondito? Forse ricorderete che oltre un anno fa era nata la polemica del Sud, in particolare della Campania, che si lamentava che nei fabbisogni standard noi non avessimo calcolato un fabbisogno standard per tutti i comuni.
  Dovendo noi calcolare il fabbisogno a saldi invariati, come ci dice il decreto legislativo n. 216 del 2010, quando siamo arrivati, ovviamente in accordo con la COPAFF, con IFEL e con ANCI, siamo andati a dare il fabbisogno a chi effettivamente aveva il servizio, anche perché stiamo parlando di un servizio che fino a quando non ha un LEP non è obbligatorio, ma è un servizio a domanda individuale e a risposta discrezionale.
  A quel punto, quindi, abbiamo approfondito il tutto, tant'è che nell'approvazione del decreto riguardante tutti i fabbisogni standard è stato aggiunto dalla Presidenza del Consiglio un comma che ci ha obbligato ad aggiornare i dati ogni anno, proprio perché, se un comune nel frattempo attiva un servizio di asilo nido, gli viene riconosciuto il fabbisogno.
  In questo senso, ritengo che la scelta sia giusta, perché fa in modo di qualificare un servizio. Per i servizi in cui è stata fatta una funzione di costo (istruzione e asilo nido), se da un anno all'altro un comune migliora quel servizio, ovviamente gli si riconosce il fabbisogno.
  Lo scenario ipotizzato nella tabella che vedete, di cui parlava prima l'onorevole Paglia, illustra anche quali potrebbero essere le necessità finanziarie nel caso in cui Pag. 12si vada a erogare il servizio alle percentuali di cui parlavo.
  Oggi, mediamente, l'11 per cento dei bimbi da zero a due anni ha il servizio di asilo nido. Tuttavia, come affermava giustamente la senatrice Zanoni, questo riguarda solo circa 2.000 dei 6.700 comuni che noi abbiamo monitorato. Ciò vuol dire che oltre 4.000 comuni non hanno il servizio, perché non hanno voluto attivarlo oppure perché lo stesso cittadino non lo richiede, trovando altre forme che danno risposta a questo tipo di esigenza.
  Noi abbiamo inserito lo scenario a legislazione vigente, perché la legislazione vigente di fatto permette di sostituire solo il turnover. Eventualmente, ogni x pensionamenti è possibile assumere una persona. Il problema è che, anche se un comune volesse attivare l'asilo nido, non riuscirebbe a farlo, perché non può assumere il personale con gestione completamente diretta, ma lo può fare solo appaltando all'esterno il servizio a cooperative o ad aziende che fanno questa scelta.
  Dunque, abbiamo inserito lo scenario a legislazione vigente, quello con un'eventuale deroga all'assunzione del personale per l'asilo nido e quello con una gestione completamente diretta.
  Perché abbiamo ipotizzato questi diversi scenari? Perché, registrando i dati dei questionari dei comuni rispetto alla spesa sostenuta e alla spesa storica, ci siamo accorti di questa differenza di spesa e, quindi, abbiamo replicato lo scenario con percentuali diverse di copertura del servizio.
  Secondo noi, la cosa simpatica per certi versi, per la parte politica che può ovviamente tenerne conto, è che, dando a tutti i comuni il 12 per cento – questa è teoria pura, perché, come giustamente diceva la senatrice Zanoni, ci sono comuni che mai attiveranno l'asilo nido, in quanto non ce n'è la necessità – con 300 milioni di euro in più di spesa – ovviamente c'è la possibilità dell'investimento oppure dell'affitto dell'ambiente, non è detto che si debba per forza costruire un ambiente nuovo – si potrebbe dare il servizio a circa 60.000-70.000 bambini in più, con una percentuale di copertura molto più alta, soprattutto, nelle regioni del Sud, dove anche le grandi città non hanno il servizio.
  Servono risorse nuove? In parte sì, ma in parte si potrebbero usare meglio le risorse che alcuni comuni usano, secondo il nostro punto di vista, in modo squilibrato.
  Noi riscontriamo che alcune realtà spendono fuori standard sulle funzioni generali, cioè sulla prima funzione, che è la parte burocratica dell'ente, mentre spendono poco su servizi sociali e asili nido.
  Credo che questo riscontro appaia abbastanza chiaro. Se avete occasione di entrare in OpenCivitas, vedete che in alcuni comuni del Sud si assiste a questo tipo di squilibrio, cosa che invece non c'è in altre realtà.
  Per quanto riguarda la questione sollevata dal vicepresidente Marantelli, il tema è questo. Penso che anche Anna Banchero indirettamente l'abbia fatto comprendere. Sul sociale è stato fatto un grande lavoro; non siamo arrivati al dunque, ma ci siamo vicini. Questo accordo fra noi è fondamentale, però deve essere portato avanti.
  Di fatto, dalle elezioni amministrative dell'anno scorso, noi non abbiamo più trovato l'interlocutore. Lo dico nell'interesse di tutti.
  In un primo momento nelle regioni questa era considerata una cosa che si doveva fare perché lo prevede il decreto legislativo n. 68 del 2011, non perché è utile. Io credo che invece questo lavoro sia utile, indipendentemente dal citato decreto legislativo.
  Non vorrei che succedesse come con le province. Il lavoro che noi abbiamo fatto con loro a un certo punto è diventato utile perché le province hanno detto: «Ci certificate che facciamo qualcosa, mentre nell'opinione pubblica sembrava che non facessimo nulla, Questo costa. Se lo facciamo noi province o lo facciamo fare a un altro, quei soldi da qualche parte devono saltare fuori».
  Riguardo alle regioni, siccome questo Paese segue le mode, credo che più dati forniamo e mettiamo a vostra disposizione, più avrete informazioni utili per fare le scelte più giuste. Scegliere di attribuire un Pag. 13determinato servizio a un ente o a un altro ovviamente è di competenza del legislatore.
  In questo senso, a noi servirebbe una cosa che abbiamo avuto con comuni e province. Se un comune o una provincia non rispondeva, aveva una sanzione, ovvero si bloccavano i trasferimenti. Noi abbiamo portato a casa tutti i dati. Hanno risposto 6.700 comuni su 6.700.
  Secondo noi, servirebbe un lavoro di maggiore collaborazione. Il problema non riguarda il CINSEDO, lo avrete capito perfettamente. Le persone che sono qua oggi hanno fatto più di tutti per arrivare a dare dei risultati maggiori.
  Quello che chiediamo è un intervento da parte del legislatore, in questo caso con il coinvolgimento dei presidenti delle regioni, affinché comprendano che queste cose non si fanno perché le prevede un decreto legislativo, ma perché probabilmente è utile al sistema Paese avere dati di questo tipo.

  PRESIDENTE. La senatrice Dirindin vuole aggiungere qualcosa.

  NERINA DIRINDIN. Vi ringrazio molto. Innanzitutto, mi fa piacere sapere che almeno avremo a breve dei dati aggiornati, perché in effetti, come ha detto lei, i dati del 2010, con tutto quello che è successo dal 2010 a oggi, ci danno un po’ di conoscenza, ma ci aiutano poco. Spero che si possa avere a breve la possibilità di acquisire queste informazioni.
  In secondo luogo, mi interessa avere un approfondimento, eventualmente con del materiale, rispetto all'elencazione dei macrolivelli degli obiettivi di servizio e di quelli che voi chiamate «servizi omogeneamente diffusi».
  Questa rilevazione, al di là dei valori economici di spesa, può essere molto interessante, come avete detto anche voi, per provare ad avviare una riflessione su come possono essere definiti i livelli essenziali delle prestazioni nel sociale.
  Questa intesa del maggio 2015 – ringrazio per avercela messa in evidenza – porta, come è stato detto, a sei livelli.
  A me piacerebbe capire l'utilità di avere sei livelli. Il lavoro che avete fatto voi in questo senso è estremamente utile. Io ho un'impressione, ma ovviamente posso sbagliare. Ne abbiamo parlato tante altre volte con Anna Banchero, però adesso colgo l'occasione per chiedere a SOSE di darci qualche elemento che ha a disposizione.
  Questa è una classificazione fatta in base a due criteri: la tipologia di servizio e la tipologia dei destinatari. Questo crea sempre qualche problema quando si vuole fare un'analisi complessiva, perché c'è una sovrapposizione.
  Inoltre, ho l'impressione – forse è dovuta alla sinteticità dei documenti – che sia difficile da attribuire a un «macrolivello» anziché a un altro, perché ci sono alcuni possibili interventi effettuati nei comuni che possono essere attribuiti a uno o all'altro macrolivello, con rischi di sovrapposizioni, di duplicazioni o di carenze.
  Per esempio, i contributi economici erogati alla famiglia per l'accesso agli asili nido sono diversi dai contributi economici per l'alloggio o per altro, ma sono sempre contributi economici. Il problema è la natura dell'intervento, la destinazione dell'intervento o il tipo di beneficiario, in questo caso i bambini?
  Passo a un'altra questione. Cito semplicemente degli elementi di conoscenza che mi piacerebbe avere. Fra le misure di sostegno al reddito, ci sono i contributi per cure o prestazioni sanitarie. Che cosa vuol dire questo? Voi avete rilevato che i comuni danno un contributo per pagare il ticket o per pagarsi le cure privatamente? Questo mi sembra un punto interrogativo.

  ANNA BANCHERO, CINSEDO, già Coordinatrice tecnica della commissione politiche sociali della Conferenza delle regioni e delle province autonome. I comuni in alcune situazioni, soprattutto nell'entroterra o in casi di questo genere, pagano, addirittura, degli infermieri che vanno a domicilio, perché l'ASL non li manda. Analizzando la spesa ISTAT, abbiamo dei dati anche più chiari.
  In seconda battuta, i comuni, molto spesso, danno alle persone contributi per pagare il ticket, perché alcuni non sono esenti in base al reddito, per il famoso discorso dei cento euro in più o cento euro Pag. 14in meno. Quando si stabilisce un range, quello è, e quello rimane. Se uno prende 300 euro in più, non è un benestante.
  Non tutti i comuni lo fanno. Questo è meglio evidenziato nell'analisi della spesa sociale elaborata dall'ISTAT che non nei questionari del SOSE, che sono giustamente di carattere generale, quindi parlano semplicemente di contributi.
  Il lavoro che la senatrice Dirindin proponeva di fare, ovvero dividere i destinatari e la strutturazione del servizio, con un'analisi più chiara, è scritto proprio nelle conclusioni di questa intesa. Infatti, questo gruppetto doveva stabilire le determinanti in quel set di servizi, per evitare che ci fossero delle duplicazioni.
  La senatrice Zanoni è andata via. Credo che, stando chiusi in una stanza – non è una battuta – per due o tre giorni, con i dati che abbiamo, mettendo insieme SOSE e ISTAT, alcune stime si possano già fare, però bisogna non avere altro da fare per una settimana ed elaborare.
  Nell'intesa Stato-regioni, per esempio, a ognuno dei macro-obiettivi è collegato un livello di spesa, che non sarà «purissimo» come dato – so che la senatrice Dirindin è un grande tecnico – però è già uno scenario, un orientamento. Potremmo arrivare, non a una «cifretta», un po’ come hanno fatto loro nella tabella sul nido, ma a una determinazione di costo, che può essere un po’ più alto o un po’ più basso, a seconda della struttura organizzativa.
  A mio avviso, già oggi riusciamo a fare un lavoro di questo genere con i dati del 2013, perché anche l'ISTAT ha i dati aggiornati al 2013.
  Ci sarà una stima approssimata. Nello stesso tempo, può andare avanti anche il lavoro delle sei regioni, che analizzano, partendo da qui, quanto siamo vicini o meno.

  PRESIDENTE. Abbiamo lanciato un sasso nello stagno, o meglio nella palude (non so come definirla). Credo che oggettivamente tutti ci rendiamo conto del deficit rispetto alle aspettative iniziali su questo tema.
  Ringrazio gli intervenuti per le loro relazioni e per la documentazione consegnata, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegati).
  Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.10.

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