XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 67 di Mercoledì 27 gennaio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione del Presidente della Regione autonoma della Sardegna, Francesco Pigliaru, sul federalismo fiscale nelle Regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del regolamento della Commissione):
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 
Pigliaru Francesco , Presidente della Regione autonoma della Sardegna ... 3 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 8 
Lai Bachisio Silvio  ... 8 
Guerra Maria Cecilia  ... 9 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 10 
Pigliaru Francesco , Presidente della Regione autonoma della Sardegna ... 10 
Demuro Gianmario , Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione Sardegna ... 11 
Fornaro Federico  ... 11 
Demuro Gianmario , Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione Sardegna ... 11 
Pigliaru Francesco , Presidente della Regione autonoma della Sardegna ... 11 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 13 

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal Presidente della Regione autonoma della Sardegna, Francesco Pigliaru ... 14

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Presidente della Regione autonoma della Sardegna, Francesco Pigliaru, sul federalismo fiscale nelle Regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del regolamento della Commissione, l'audizione di Francesco Pigliaru, Presidente della Regione autonoma della Sardegna.
  Il tema è quello che presidia tutte queste audizioni, cioè il federalismo fiscale nelle Regioni a Statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano. Abbiamo, infatti, già audito diversi presidenti di Regione.
  Do ora la parola al presidente Pigliaru – che ringrazio per la disponibilità – per lo svolgimento della relazione.

  FRANCESCO PIGLIARU, Presidente della Regione autonoma della Sardegna. Ringrazio sinceramente il presidente della Commissione bicamerale per il federalismo fiscale, Giancarlo Giorgetti, e i membri della Commissione per l'opportunità di discutere temi che sono molto importanti e che si trovano all'incrocio tra il problema del federalismo fiscale e alcuni aspetti specifici della Regione autonoma della Sardegna.
  Svolgo una breve introduzione, forse un po’ formale, e poi sarò un po’ più di libero nel dire le cose che ho in mente. Naturalmente, depositeremo la relazione che è più tecnica, lasciandola a vostra disposizione.
  Siamo qui, oggi, a parlare di «specialità» e «bilateralità», dove la parola «bilateralità» è particolarmente importante in questo contesto.
  A fondamento dell'idea stessa del federalismo fiscale naturalmente c’è il riconoscimento costituzionale delle autonomie speciali. Non è infatti un caso che la legge n. 42 del 2009, con riferimento all'attuazione del federalismo, preveda l'utilizzo dello strumento pattizio delle norme di attuazione.
  La fase che viviamo oggi è enormemente diversa da quella che si viveva nel 2009, e la parola chiave è crisi economica e finanziaria, cioè crisi economica con conseguente crisi finanziaria dello Stato, che inizia appunto a partire dal 2009 e che si dirama ancora ai giorni nostri.
  Tale crisi, come a volte è accaduto in altri contesti, tende a generare un movimento in direzione abbastanza opposta a quella della stagione del federalismo fiscale, cioè una tendenza che porta a un maggiore controllo dal centro – forse necessitato – della spesa pubblica in situazioni di grande difficoltà. Il controllo che si esercita con maggiore forza, fisiologicamente, porta a un maggiore accentramento.
  In effetti, oggi ci troviamo, dopo una stagione di grandi entusiasmi – forse non Pag. 4tutti giustificati – per il federalismo fiscale e per il decentramento, in una stagione in cui – è inutile negarlo – c’è un riaccentramento dei poteri. La legge n. 42 del 2009 ha un impianto che, per un verso, come ho detto, è legata a una fase del passato, però può ancora oggi essere utilizzata per pensare al futuro, rafforzando in modo chiaro, appunto, lo strumento della bilateralità sul quale voglio fermarmi: credo che questo abbia dei significati che vanno anche oltre il problema specifico delle Regioni a statuto speciale.
  Vorrei proseguire traendo spunto dalla relazione finale dei lavori della Commissione tecnica per la revisione degli statuti speciali e delle relative norme di attuazione. Si tratta di un documento che è stato approvato ad Aosta il 26 agosto del 2015. Quel documento ha suggerito che la previsione di innovative procedure di preventiva intesa sui contenuti delle riforme può aprire concretamente la strada a una nuova stagione di produttiva modernizzazione del regime di specialità che in tutti i sistemi di autonomia differenziata ha sempre, in maggiore o minore misura, delle fasi di negoziato e di concertazione. In particolare, il riferimento è alle norme di attuazione, di cui ha proposto di ampliare lo spettro di azione, consentendo alle norme di attuazione non soltanto di operare il trasferimento – se vogliamo banale – di uffici e di servizi ma, in modo più importante, di assolvere alla funzione di raccordo e di armonizzazione fra la legislazione nazionale e l'ordinamento della Regione o Provincia autonoma, anche eventualmente delegando ulteriori funzioni, in virtù delle particolari condizioni di autonomia attribuite.
  La Sardegna, quindi, vuole continuare a lavorare in maniera coerente e proattiva per la realizzazione del principio di bilateralità delle decisioni Stato-Regioni, con particolare riferimento ai rapporti finanziari.
  Voglio ricordare, visto che dobbiamo parlare anche di attuazione – cioè di qual è lo stato di attuazione delle idee che nel 2009 sono state proposte alla nostra attenzione – che c’è un combinato disposto tra l'articolo 119 della Costituzione e l'articolo 27, comma 2 della legge n. 42 del 2009, che è particolarmente interessante per quello che dirò nei prossimi minuti.
  Ricordo, visto che mi sembra un argomento particolarmente interessante, che l'articolo 119 della Carta costituzionale prevede misure di perequazione a carico dello Stato per i territori con minore capacità fiscale per abitante: cioè facciamo la fotografia della situazione, vediamo le differenze tra le regioni e poi c’è un meccanismo di perequazione. In qualche modo, credo che l'articolo 119 dia per statica la situazione, cerchi di compensarla, prevedendo meccanismi di compensazione rispetto alla situazione statica.
  C’è poi, in particolare, il comma 2 dell'articolo 27 della legge n. 42 del 2009 che disciplina, invece, l'obbligo a carico dello Stato di prevedere correttivi in ragione degli svantaggi strutturali permanenti e dei costi interessanti per noi, cioè quelli della insularità. Qui, la cosa per me molto interessante è che, da una parte compenso le differenze che oggi vedo, dall'altra, «traduco» io, cerco di intervenire perché queste differenze si riducano.
  Per quanto riguarda lo stato di attuazione, sia sul lato della perequazione a carico dello Stato dal punto di vista formale, sia sul lato dei correttivi per aggredire gli svantaggi strutturali, non credo di svelare nulla nel dire che c’è moltissimo da fare.
  Per quanto riguarda la Sardegna in particolare, si tratta di un'isola, ma non rientra fra le Regioni ultraperiferiche dell'Unione europea, che riconosce uno stato particolare alle isole lontane, come le Azzorre e le Canarie.
  In qualche modo, noi siamo qui per dire che il problema dell'insularità – al quale farò riferimento tra un attimo – è in gran parte poco conosciuto e poco analizzato. In questo momento, è particolarmente difficile dare attuazione al citato articolo 27, comma 2, perché non è a tutti chiaro quali siano gli interventi che potrebbero essere attuati per aggredire gli svantaggi strutturali permanenti, con particolare riferimento all'insularità.Pag. 5
  In merito, è naturalmente nostra intenzione essere molto proattivi da questo punto di vista, per ovviare a questa situazione e per far riconoscere il problema dell'insularità in dettagli – a volte non particolarmente intuitivi – che preciserò fra un attimo, perché crediamo che sia molto importante ovviare a questa situazione di disparità, costruendo un percorso istituzionale finalizzato al riconoscimento del problema dell'insularità, che implica la necessità di avere specifiche deroghe al divieto di aiuti di Stato, tali da ridurre appunto il divario con altre realtà.
  Per esempio, il terreno fondamentale che ci riguarda è quello della continuità territoriale dei trasporti. Certo, è un po’ assurdo che, quando si parla di regole che definiscono gli aiuti di Stato, si applichino gli stessi criteri, sia nel caso di una regione periferica nella quale però ci sono alternative di trasporto rispetto – per esempio – all'aereo, sia nel caso di un'isola che non ha queste alternative.
  C’è tutto un dossier sull'insularità che noi riteniamo debba essere aperto e che io sfiorerò per un attimo, per poi fare un discorso più generale.
  Sull'insularità vorrei spendere qualche minuto per dire cose non tutte intuitive sul significato di insularità. Per rendere tangibile e numericamente chiaro il costo di questo aspetto permanente di una regione come la Sardegna, noi abbiamo recentemente presentato al Governo un dossier, nel quale ci sono numeri e ci sono analisi smentibili, ma certamente precise.
  La Sardegna, per esempio, è l'isola europea più isolata rispetto al continente e ha un mercato interno molto ridotto e una densità di abitanti che non supera i 68 abitanti per chilometro quadrato. Inoltre, caratteristica è la distanza in particolare dalla terraferma, che produce un incremento dei costi di trasporto, di merci, di reti di distribuzione e di comunicazione, nonché varie diseconomie di scala, creando anche discontinuità, aleatorietà, ritardi, debolezze nelle connessioni e nei processi di fusione spaziale dello sviluppo.
  La Sardegna, ovviamente, non ha mezzi di trasporto alternativi alla nave e all'aereo, non ha infrastrutture passanti da sfruttare e non ha regioni confinanti con cui realizzare sinergie.
  Certo, si parla molto di università e di università del Sud. Il Ministero ha alcuni parametri che sono, dal punto di chi vive in un'isola, assurdi, com’è assurdo che siano ancora lì e che nessuno li abbia cancellati. Per esempio, si danno premialità sulla base della capacità di attrarre studenti da regioni limitrofe. Tuttavia, si dà il caso che la Sardegna abbia qualche problema, perché fa più fatica ad attrarre persone da regioni limitrofe che in termini tecnici non esistono.
  Siamo pieni di tante di queste cose che sono lasciate lì e che sarà nostra cura, naturalmente, portare all'attenzione di chi, poi, dovrà fare le correzioni.
  La Sardegna non può avvantaggiarsi del contagio geografico delle conoscenze. Questo è un tema un po’ astratto forse, ma tutti sappiamo che, oggi, la conoscenza passa anche per contiguità, per connessioni e per scambi di persone. Non esisterebbe la Silicon Valley se non ci fosse un problema di densità geografica e di scambi di rapporti. Un'isola ha dei problemi anche da questo punto di vista. C’è un'interruzione spaziale nella continuità territoriale che crea problemi anche da questo punto di vista.
  La discontinuità data dall'insularità e dalla perifericità non ha reso conveniente alla Sardegna per esempio – punto davvero importante e non sempre considerato – il completamento di rami periferici di network. Parliamo di economie di network, ma le isole hanno un problema di connessione al network, com’è del tutto evidente.
  Fatemi illustrare soltanto due esempi, lontanissimi uno dall'altro, o forse persino tre, su cui ritornerò fra un secondo. Il primo: la nostra rete ferroviaria non è collegata direttamente a quella nazionale. Questo ha implicato una «scarsa attenzione» degli investimenti a favore del trasporto ferroviario in Sardegna, perché l'inefficienza della rete ferroviaria sarda incide soltanto sugli utenti della Sardegna e non sugli altri. Credo che, se provate a Pag. 6fare un esperimento mentale, immaginando che la Sardegna si trovi per un attimo al centro della rete nazionale, quegli investimenti sarebbero stati investimenti statali sulla rete ferroviaria sarda e, in quel caso, sarebbero stati enormemente più alti, perché ogni difetto della rete sarda collocata in questo modo e in questo momento astrattamente pensato avrebbe danneggiato l'intera rete.
  I ritardi della rete sarda dentro un'isola danneggiano, invece, «limitatissimamente» e soltanto gli utenti di quell'isola. Questa è una difficoltà di collegamento alla rete con conseguenti minori investimenti da parte di chi è interessato a creare un network nazionale.
  L'altro punto – direi piuttosto ovvio – è quello dell'energia. La Sardegna è l'unica regione che non ha il metano e che non ha il metano per un motivo semplice. È molto più facile portare il metano, per esempio, verso la Puglia con la continuità territoriale, perché i costi per portare il metano e per costruire l'infrastruttura possono essere spalmati man mano che ci si avvicina alla Puglia, dove ci sono dei consumatori che comprano il servizio; mentre per arrivare in Sardegna dobbiamo superare un paio di centinaia di chilometri dove non ci sono consumatori, cioè il mare. Anche questo, quindi, è un fattore che nei nostri calcoli determina un aggravio dei costi per i cittadini interessati, pari a 400 milioni di euro all'anno che, forse, sono solo costi diretti, perché ce ne potrebbero essere anche di indiretti.
  Infine, cito un fatto, anche questo pochissimo sconosciuto. Persino quando si parla dei network in termini di logistica – per esempio della grande distribuzione – abbiamo evidenza che la grande distribuzione ha dei costi diretti dal 10 al 12 per cento in più per via della discontinuità territoriale e per motivi che sicuramente intuite. Tutto ciò rende più difficile avere una logistica efficiente e di dimensioni sufficienti per servire un mercato piccolo e distante, il che si traduce, quindi, in costi maggiori per chi lavora nella grande distribuzione e, dal punto di vista del consumatore, in assortimenti che sono inferiori in termini di differenziazione del prodotto rispetto a quelli che si trovano nel resto d'Italia.
  Ci sono molti aspetti che non continuo ad argomentare e che dicono che c’è una specialità, in effetti, e che quel comma 2 dell'articolo 27 è particolarmente importante, perché ci sono dei dati strutturali che andrebbero aggrediti e che – secondo me – vanno aggrediti. Li stiamo aggredendo ? Naturalmente li stiamo aggredendo. In modo sufficiente ? Stiamo discutendo appunto di questo.
  Voi sapete che, in questo momento, è in discussione con il Governo l'insieme dei patti tra le regioni del Mezzogiorno, le città metropolitane del Mezzogiorno e il Governo, appunto per far sì che nel 2016-2017 qualcosa cambi significativamente in termini di aggressione ai problemi strutturali che la Sardegna ha, cioè quelli che ho appena spiegato, e che il Mezzogiorno naturalmente ha in quota parte anche maggiore nel suo complesso.
  In merito, qualcosa si sta facendo, però voglio sottolineare appunto che, mentre noi parliamo di federalismo fiscale e parliamo di Regioni speciali, questa storia della bilateralità, quindi dello strumento delle norme di attuazione, è particolarmente interessante, perché in fondo cos'altro è se non lo strumento per sedersi intorno a un tavolo, decidere davvero quali sono i fattori strutturali che rallentano il dispiegamento dello sviluppo in queste regioni e scrivere un accordo pattizio, nel quale si decide come aggredire questi problemi.
  Questo a me sembra il punto essenziale sul quale bisogna lavorare molto più di quanto si è fatto fino adesso. Certo, si sta già facendo con il patto con le regioni del Sud ed è un buon inizio, ma bisogna andare molto avanti in questa direzione.
  Mi permetto di dire che, secondo me, questo è un tema che vale per le Regioni a statuto speciale e, in particolare, per quelle del Sud che hanno un ritardo di sviluppo. Io credo che sia un metodo che, in realtà, abbia dentro di sé qualcosa che dovrebbe essere pensato, utilizzato e forgiato per affrontare il principale – lo dico Pag. 7senza tema di smentita – problema del nostro Paese, che è il ritardo economico del Mezzogiorno.
  C’è un enorme problema di politiche specifiche. Ogni ritardo economico – direbbe Tolstoj – ha una sua storia che andrebbe vista, conosciuta e aggredita con precisione. Ci sono regioni che hanno problemi di criminalità molto maggiore di altre e regioni che, magari, hanno un problema geografico importante, come lo abbiamo noi. Inoltre, ci sono problemi che dovrebbero essere conosciuti con la massima attenzione e che dovrebbero essere aggrediti.
  Io ricordo – ho fatto questi calcoli qualche tempo fa – che, come voi sapete meglio di me, al di là dell'articolo sulla perequazione, di fatto, il trasferimento dall'Italia verso le regioni del Sud è qualcosa che sfiora gli 80 miliardi di euro all'anno. Inoltre, stiamo parlando di trasferimenti che raramente possono essere interpretati come investimenti, cioè come risorse che vengono utilizzate per aggredire con precisione, consapevolezza e condivisione i problemi che frenano lo sviluppo in queste regioni.
  Tornando al caso della Sardegna, ho già detto che abbiamo un problema di insularità e ho detto anche che, in quanto Regione a statuto speciale, abbiamo a nostra disposizione l'importante strumento della bilateralità dei rapporti, che va sfruttato al meglio per definire con precisione i problemi e cercare di aggredirli, nello spirito del citato comma 2 dell'articolo 27.
  Concludo dicendo, quindi, che stiamo facendo già delle cose, ma che si può fare di più. In tal senso, faccio riferimento a un aspetto che sfioro, cioè quello degli accantonamenti, perfettamente legittimi e, che lo Stato prevede per gestire l'enorme problema – ancora drammatico – del debito pubblico.
  È giusto che ogni Regione contribuisca – in quota parte – alla gestione sostenibile del debito che, tutti noi, abbiamo contribuito naturalmente a generare. Tuttavia, devo ricordare che, nel caso specifico, una regione come la Sardegna, sommando tutte le varie iniziative dei vari Governi e, soprattutto, se non sbaglio quelle del Governo Monti, oggi – quindi nel 2016 – ha quasi 700 milioni di euro di accantonamenti, che servono appunto come contributo alla gestione del debito pubblico.
  Io credo che nel contesto di cui abbiamo parlato fino adesso una domanda vada posta: sono soldi ben spesi in questo modo e ben allocati ? Attenzione, lo chiedo perché abbiamo appunto 682 milioni di euro del bilancio del 2016 e, se facciamo la somma – ho qui le cifre che troverete nella relazione – per l'arco temporale 2012-2016, stiamo parlando di una riduzione delle entrate a nostra disposizione di 2 miliardi e 622 milioni di euro rispetto alla nostra compartecipazione: quindi si tratta di una cifra estremamente importante di cui sicuramente lo Stato ha bisogno. Ma bisogna fermarsi un attimo e ragionare.
  Come quando il Governo Renzi va di fronte all'Europa a chiedere maggiori spazi finanziari, per poter dare copertura a fondamentali investimenti che sono a loro volta essenziali per spingere la crescita e che rappresentano l'unico meccanismo attraverso il quale possiamo ridurre il rapporto tra il debito e il PIL, analogamente, conviene per me fermarsi un attimo e chiedersi se cifre così importanti siano allocate in modo più efficiente.
  In merito, dico una cosa molto semplice: facciamo anche qui un esperimento mentale, immaginando di sapere cosa dobbiamo fare, per esempio, per aggredire il problema dell'insularità e, attraverso l'aggressione al problema dell'insularità, muovere lo sviluppo di una regione che, oggi, ha un prodotto interno lordo pro capite che è pari al 75 per cento della media nazionale, quindi soffre di bassa produttività, che non è escluso sia legata appunto ai fattori dell'insularità, i quali non sono stati mitigati da interventi strutturali.
  Questo è un problema. Poi, abbiamo 700 milioni di euro che vengono allocati al servizio del debito pubblico. Tuttavia, mentre i 700 milioni vengono allocati al servizio del debito pubblico, il residuo fiscale della Sardegna è intorno ai 2.900 Pag. 8euro pro capite che provengono attualmente dal gettito fiscale generato in altre regioni.
  Siamo sicuri che questo schema è interamente razionale e che è il modo migliore per utilizzare queste risorse ? Almeno il dubbio dovrebbe sfiorarci e dovremmo chiederci se non sarebbe più utile per la Sardegna, ma anche per il Paese e per le finanze dello Stato, non nel brevissimo periodo, ma almeno immediatamente dopo, ragionare sulla possibilità di consentire di poter spendere una parte di questi 700 milioni di euro nella filosofia del comma 2 dell'articolo 27, per aggredire i problemi strutturali che sono probabilmente all'origine della bassa produttività.
  Lo dico perché, se avessimo la chiave per superare i problemi strutturali e quindi far aumentare la priorità della Sardegna, in realtà ci sarebbe un grandissimo vantaggio per lo Stato italiano, in ragione del fatto che i trasferimenti dovrebbero ridursi di molto. Questo vale per la Sardegna e per l'intero Mezzogiorno, vale per un fattore molto maggiore rispetto a quello che sto citando per la Sardegna.
  Concludo, dicendo semplicemente che, siccome qui c’è un enorme valore della bilateralità dei rapporti, è chiaro che avremo lo strumento per sederci con lo Stato e non dire semplicemente «liberami un po’ di accantonamenti perché io possa spendere», ma avremo uno strumento per dire «mettiamoci d'accordo su qual è la scommessa di sviluppo che si può fare», dopo aver studiato i problemi specifici di una certa regione che in questo momento chiamo «Sardegna», ma che potrebbe benissimo essere un'altra regione con ritardo di sviluppo.
  Scriviamo un patto per usare questi soldi intorno a scommesse condivise e per vedere se siamo in grado di attuare il comma 2 dell'articolo 27 rapidamente con risorse che esistono, anche se generano qualche sacrificio in termini di immediata gestione del debito pubblico. Forse, nello spazio di due o tre anni, tali risorse potrebbero portare a casa un risultato del tipo win-win, in cui vince la regione e vince anche la Nazione, perché nel caso di successo di politiche concordate attraverso la bilateralità dei rapporti la regione potrebbe vedere il proprio PIL pro capite aumentare e quindi – tendenzialmente in tempi brevi – avere molto meno bisogno di trasferimenti dal resto d'Italia nella forma di assistenza. Lo sviluppo scaccia l'assistenza e genera maggiore sostenibilità ovunque nel Paese.

  PRESIDENTE. La ringrazio, presidente. Innanzitutto, vorrei complimentarmi per la sua relazione che mi sembra molto ragionata e molto partecipata e che ben ha, in qualche modo, chiarito le ragioni ancora attuali della specialità della Regione Sardegna.
  Prima di dare la parola ai colleghi, vorrei chiederle un chiarimento, per capire le competenze della Regione rispetto agli enti locali, intesi come province – sappiamo che c’è tutta una letteratura sulle province della Sardegna – e anche come comuni. Noi abbiamo già ascoltato i presidenti di Regioni autonome e, nell'ultima audizione, la presidente Serracchiani della Regione Friuli Venezia Giulia ci ha spiegato il modo «un po’ brusco» con cui si è intervenuti per quanto riguarda la ridefinizione delle aree vaste e quant'altro.
  Mi interessa capire quali sono le competenze della Regione Sardegna che mi sembra abbastanza incisiva in proposito e come, in qualche modo, sta intervenendo la Regione su questo tema e anche eventualmente in tema di «perequazione» rispetto a comuni più o meno svantaggiati. Glielo chiedo perché immagino che anche nella stessa Regione Sardegna le necessità di perequazione rispetto a diverse situazioni siano evidenti. Quello del federalismo fiscale – in senso discendente verso le autonomie locali della Sardegna – è un primo aspetto che mi interessa chiarire.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire porre quesiti o formulare osservazioni.

  BACHISIO SILVIO LAI. Per quanto riguarda il tema che ha posto degli accantonamenti, Pag. 9io mi sono permesso di interromperla e le chiedo scusa. Tuttavia, l'ho fatto perché fosse in qualche modo segnalato che non si tratta di una cifra assoluta, ma di una cifra che, ogni anno, rappresenta una trattenuta rispetto al patto costituzionale tra la Sardegna e la Regione.
  Ovviamente, le Regioni a statuto ordinario si trattengono le risorse con i trasferimenti e le Regioni a statuto speciale si fanno gli accantonamenti che, nel nome insidioso, danno la sensazione che, poi, saranno in qualche modo restituiti. Questo ovviamente non avverrà, salvo che si realizzi uno sviluppo dell'entità di quello cinese.
  In merito, vorrei fare una domanda al presidente Pigliaru. Come ci ha detto la scorsa settimana la presidente Serracchiani, sono convinto che ogni specialità, da una parte ha origini differenti e, dall'altra, ha motivazioni per il suo mantenimento più o meno valide e differenti.
  Nel caso della Sardegna, mi pare che il tema dell'isola più lontana dal suo continente – salvo quelle che sono appunto extracontinentali – è evidentemente un gap strutturale molto delicato. In questi giorni se ne vedono gli effetti sui trasporti merci, quando vengono lasciati a terra dei cargo, perché ci sono problemi di competizione commerciale.
  La mia domanda riguarda il fatto che alcune regioni hanno deciso di scambiare questi accantonamenti con nuove competenze. Io vorrei capire se la Regione Sardegna sta valutando l'ipotesi per cui alcune competenze che sono esercitate dallo Stato possano essere in qualche modo messe in un piano di scambio, per cui, come ha fatto il Trentino-Alto Adige con la Carta di Milano, prenderebbe più competenze in cambio di minori trattenute su questo piano.
  La seconda domanda che vorrei porre al presidente è un po’ più specifica.
  Sul tema della insularità, da parte del Governo, oltre il segnale molto importante di un nuovo contributo sul tema della continuità territoriale e aerea dopo molti anni – visto che era dal 2005 che sul tema della continuità territoriale e aerea la Sardegna faceva da sé con le proprie risorse e che quest'anno c’è un primo contributo che non copre tutto quanto il fabbisogno, ma che comunque è significativo –, vorrei capire a che punto si è sul tavolo del confronto col Governo. Lo chiedo perché ritengo giusto il meccanismo per il quale non ci sono le Regioni a statuto speciale – nell'insieme – e il Governo, ma ci sono le singole Regioni a statuto speciale che trattano con il Governo un proprio modo di coprire le differenze e i gap, quindi le esigenze dovute alla specialità.

  MARIA CECILIA GUERRA. Per quanto riguarda il tema dell'insularità, la ringrazio molto, perché a noi che non la viviamo ha dato dei suggerimenti in più, anche se va sottolineato che i colleghi che provengono dalla Sardegna il tema lo pongono continuamente.
  Le chiedo se dal punto di vista della «massa critica politica» esiste qualche possibilità o realtà di alleanza con l'altra isola, la Sicilia, che ha problemi simili, ma che capisco sono anche molto diversi, perché c’è un problema di perifericità che è diverso, per esempio, per i collegamenti ferroviari. Tuttavia, mi sembra che quello sia un tema che almeno anche nei nostri dibattiti si pone.
  L'altra cosa più futuribile che abbiamo già chiesto a quasi tutti i presidenti di Regioni a statuto speciale che sono venuti, e che mi sembra particolarmente interessante chiedere a lei, riguarda questo vago, nel senso di indefinito, dibattito sulle macroregioni di cui si parla e su cui, anzi, abbiamo persino votato un ordine del giorno che impegna il Governo a studiare la possibile riduzione del numero a dieci o a dodici regioni. Tale aspetto per la Sardegna mi sembra ponga un problema anche serio, nel senso che un'aggregazione che richiederebbe un qualche tipo di contiguità non è facile da immaginare ma, nello stesso tempo, confrontarsi poi con regioni che assommano una dimensione – Pag. 10quindi un peso anche politico – diverso potrebbe essere problematico.
  Vorrei capire se c’è qualche riflessione su questi due temi.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al nostro ospite per la replica.

  FRANCESCO PIGLIARU, Presidente della Regione autonoma della Sardegna. Per quanto riguarda, in particolare, le sperequazioni interne e gli enti locali, devo dire che io mi auguro che stamattina venga approvata in via definitiva la nostra riforma sugli enti locali.
  Noi abbiamo, come tante regioni italiane, il problema di avere un vero frazionamento della struttura degli enti locali, infatti abbiamo 377 comuni, di cui il più piccolo credo abbia 95 abitanti. Abbiamo una geografia un po’ particolare, perché si tratta di un'isola e per tanti altri motivi, tra cui il fatto di aver avuto un'economia di un certo tipo, con un'agricoltura poco ricca.
  Insomma, abbiamo una struttura un po’ particolare che ci ha lasciato, forse, in dote un numero di comuni che crea una situazione amministrativamente molto frammentata, che crediamo sia un elemento di debolezza appunto per la coesione territoriale interna.
  Inoltre, abbiamo bisogno di salire sulla scala della gestione dei servizi, quindi abbiamo spinto sulle unioni dei comuni e abbiamo fatto anche una cosa che un giorno sarebbe interessante discutere. Noi abbiamo avuto un fortissimo dibattito in Sardegna, per esempio, sul concetto di Città metropolitana e stiamo approvando una legge che è a fianco della Città, per non rischiare di dare al concetto di Città metropolitana significati che non dovrebbe avere.
  Secondo me, la Città metropolitana è principalmente una città che ha caratteristiche di dimensioni e di densità particolari e che deve affrontare il problema di organizzare la propria densità. Noi, per non dare al concetto di Città metropolitana caratteristiche che non dovrebbe avere, abbiamo ricordato che l'Italia in generale, e anche la Sardegna, è fatta non solo di agglomerati – quindi da Città metropolitane – caratterizzati da densità, ma anche da reti di città medie e di città piccole. Inoltre, abbiamo ricordato che il problema della specificità di alcune forme urbane, in realtà, non è quello di gestire la densità, ma di gestire la rete e di rinforzare le reti.
  Noi, per esempio, abbiamo nel nord-ovest della Sardegna una città di 130.000 abitanti, un'altra città di oltre 40.000 abitanti, un'altra di oltre 20.000 abitanti. Inoltre, ci sono città che, in quanto hanno vissuto forme amministrative troppo indipendenti l'una dall'altra e hanno collaborato poco, benché siano a pochi chilometri l'una dall'altra, hanno un problema di rete e non di densità, anzi hanno il problema di aumentare la densità. Stiamo, quindi, lavorando molto sugli enti locali.
  Voglio soltanto dire che la Sardegna trasferisce agli enti locali cifre molto importanti. In merito, sarebbe interessante un giorno avere un confronto dei trasferimenti dalle regioni verso gli enti locali nel quale credo che noi appariremmo come la regione che trasferisce di più – se i miei dati non sono sbagliati – agli enti locali, per cui lo dobbiamo fare in un modo migliore. Di 377 comuni, molti sono molto piccoli e molti si stanno spopolando, perché l'economia va male. Questo – per la verità dalla Sardegna fino al Giappone – è un tema della modernità molto importante da affrontare e particolarmente importante da noi che vogliamo mantenere caratteristiche della Sardegna paesaggistica ed economica che la rendono diversa.
  Certo, diamo molti soldi, ma non credo che li diamo nel modo più efficace per aggredire il problema dello spopolamento. Anche su questo, naturalmente, faremo dei ragionamenti, perché l'ultima cosa che vogliamo in Sardegna è avere una Sardegna che si concentri tutta sulle coste e sul turismo balneare, il che sarebbe una vera sconfitta e anche un modello economico poco sostenibile. Pag. 11
  Non so se il mio collega su questo tema voglia aggiungere qualcosa.

  GIANMARIO DEMURO, Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione Sardegna. Per quanto riguarda gli enti locali, la Regione Sardegna, come le altre Regioni a statuto speciale, ha competenza esclusiva che, come ricordava prima il presidente Pigliaru, è stata utilizzata per adattare la legge Delrio alle caratteristiche della Sardegna.
  Questo è avvenuto con l'identificazione di una Città metropolitana nella conurbazione di Cagliari, con l'abrogazione delle quattro province cui lei, presidente, immagino facesse riferimento prima e con il superamento delle altre quattro a partire dal prossimo mese di ottobre a séguito – poi vedremo – del referendum di revisione costituzionale. L'uso dello strumento dell'unione dei comuni è la novità, com’è stato ricordato dal presidente Pigliaru, delle reti di città ed è appunto un concetto europeo che in Sardegna potrebbe essere applicato e che detiene gli elementi di collegamento alla rete. Rispetto al Friuli-Venezia Giulia che ha fatto degli interventi più...

  FEDERICO FORNARO. Mi scusi, assessore. Vorrei un chiarimento: sono unioni obbligatorie o volontarie ?

  GIANMARIO DEMURO, Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione Sardegna. Sono unioni obbligatorie, incentivate in alcuni casi.
  A differenza del Friuli Venezia Giulia, che è in una fase più avanzata, perché ha già definito il quadro delle unioni, per noi appunto, dopo un lungo periodo di discussione che è durato un anno, oggi ci sarà l'approvazione della legge in Consiglio regionale.

  FRANCESCO PIGLIARU, Presidente della Regione autonoma della Sardegna. So che il tempo è poco, quindi sarò velocissimo.
  Per quanto riguarda la soluzione di alcune Regioni che hanno scambiato gli accantonamenti con le competenze, io penso che sia un terreno assolutamente interessante, però quello che io ho posto oggi all'attenzione, in realtà, è una cosa diversa. Quella era una cosa secondo me molto interessante a regime infatti, non a caso, lo fanno Regioni che hanno il contrario del nostro problema, cioè che hanno per esempio un livello di produttività rispetto alla media nazionale che è superiore, quindi è molto giusto ragionare in quei termini.
  Io credo che noi, invece, abbiamo un problema essenziale che vale per la Sardegna e, come ho detto, in quota parte molto maggiore per altre regioni del Mezzogiorno, cioè quello di aggredire il problema della scarsa produttività. Voglio dire che, per aggredire il problema della scarsa produttività, stiamo facendo delle cose – ci torno fra un attimo – e forse dobbiamo farne di più. Lo dico perché, forse, quegli accantonamenti sarebbero più utili se utilizzati come investimento per fare un vero cambiamento strutturale e per consentire un salto nel livello della produttività che, alla fine, renderebbe molto più sostenibili i conti nazionali. Questo è il punto su cui voglio mantenere l'enfasi.
  L'insularità nel nostro caso è il problema specifico. Certo, se parlassimo di altre regioni, per esempio del Mezzogiorno, parleremmo naturalmente di altri problemi. Questo è il valore dei rapporti bilaterali e del mettersi intorno a un tavolo per dire quali sono i problemi specifici e provare a trovare risorse per aggredirli.
  Il senatore Lai mi chiedeva qual è lo stato dei rapporti col Governo in tema di insularità. In merito, io non ho timidezze a dire che questo Governo è, a mia memoria, il Governo che certamente negli ultimi anni con più attenzione ha accettato di discutere di insularità, tecnicamente e precisamente. Noi abbiamo fatto tutte le richieste e su tutte e tre le richieste che ho detto prima stiamo lavorando. Insularità vuol dire, in primo luogo, continuità territoriale, in secondo luogo – meno intuitivamente – una rete di trasporti interna Pag. 12su ferro adeguata e portata a livelli medi nazionali, perché siamo convinti della disastrosa situazione attuale.
  Tenete conto che, pari a 100 l'infrastrutturazione media italiana di trasporto su ferro, in Sardegna è pari a 17, per cui non stiamo parlando di un gap piccolo, ma gigantesco e in aumento, quindi dobbiamo aggredire quest'aspetto. Il tema del trasporto su ferro, tra l'altro, ci consentirebbe di collegare i tre aeroporti della Sardegna, quindi di rendere più facile il collegamento, poi, nella continuità territoriale col resto del Paese.
  Terzo tema è quello dell'energia e del metano.
  Sono tutti aspetti legati all'insularità. Inoltre, su questi tre aspetti stiamo lavorando molto col Governo, non soltanto nel patto con il Governo.
  Sulla continuità territoriale – come ha detto il senatore Lai – abbiamo avuto il riconoscimento della necessità che lo Stato contribuisca a pagare la continuità territoriale, come ponte virtuale con il resto d'Italia. Sono già arrivati 30 milioni di euro per il 2016 e aspettiamo la conferma sul periodo pluriennale, perché senza pluriennale non possiamo fare i bandi, quindi non possiamo – di fatto – finanziare una continuità territoriale migliorata.
  Per quanto riguarda i collegamenti su ferro, con il Governo in generale, e con il Ministro Delrio in particolare, stiamo facendo un bel lavoro. Spero che nei prossimi giorni o settimane potremo annunciare un'allocazione di risorse molto importanti per realizzare cose normali, cioè fare percorrere 250 chilometri in due ore, perché non stiamo parlando di alta velocità, ma di roba normale, e stiamo parlando di uscire dai romanzi russi dell'Ottocento.
  Inoltre, sul metano stiamo lavorando con forza e determinazione. Mi piace ricordare che la Sardegna è l'unica regione italiana senza metano. La Sicilia, per esempio, è un'isola, ma ha il metano, e i collegamenti su ferro sono naturalmente più densi di quelli che abbiamo noi. Mi piace dire una cosa che non tutti sanno, cioè che le Baleari hanno il metano che non viene portato come GNL (gas naturale liquefatto) con navi, ma viene portato con un tubo che è stato interamente finanziato dal Governo ipercentralistico di Madrid.
  Stiamo facendo la bottom line e il Governo è stato molto sensibile. Tuttavia, io sto suggerendo che, in riferimento agli accantonamenti, ci siano meccanismi che vanno in quella direzione e attraverso i quali quello che stiamo facendo potrebbe esser fatto più velocemente e più intensamente di quanto comunque stiamo facendo: quindi siamo soddisfatti, ma ci permettiamo di dare dei suggerimenti per rendere ancora più denso e più intenso questo movimento, per aggredire i fattori strutturali che tengono bassa la nostra produttività.
  Per quanto riguarda la massa critica politica, lascerò poi a ragionamenti più attenti quest'aspetto. Certamente, c’è un problema in Italia. Naturalmente, noi abbiamo alcuni problemi in comune con la Sicilia che riguardano non il metano, ma forse un po’ il trasporto ferroviario, anche se in parte ridotto, e certamente il trasporto aereo, quindi questo è un tema sul quale abbiamo tutte le possibilità di ragionare insieme.
  A livello europeo, noi tra poco realizzeremo un incontro nelle Baleari, per discutere esattamente di continuità territoriale in una situazione insulare vera – Baleari, Corsica e Sardegna – e faremo il punto per capire come – ai nostri Governi e all'Europa – spiegare in dettaglio con tutta la serietà dei numeri e dei ragionamenti cosa vuol dire insularità e come aggredire le insularità.
  Infine, quello delle macroregioni è un gran tema che, naturalmente, affronteremo in qualche altra occasione.
  Per concludere, vorrei dire che, se qualcuno ha il dubbio su cosa vuol dire specialità, è giusto e legittimo che abbia tutti i dubbi, perché i dubbi vanno considerati sempre. Tuttavia, nel caso della Sardegna, questi dubbi dovrebbero essere ridotti ai minimi termini, perché la specialità Pag. 13della Sardegna è ben ancorata sulla caratteristica permanente geografica.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Pigliaru e i suoi accompagnatori, ovvero l'assessore Demuro e la portavoce del presidente Daniela Sari. Ringrazio anche per la documentazione consegnata, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.05.

Pag. 14

ALLEGATO

Pag. 15

Pag. 16

Pag. 17

Pag. 18

Pag. 19

Pag. 20

Pag. 21

Pag. 22

Pag. 23

Pag. 24

Pag. 25

Pag. 26

Pag. 27

Pag. 28