XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 64 di Mercoledì 2 dicembre 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato sull'attuazione della nuova disciplina concernente l'armonizzazione dei bilanci pubblici (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione):
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 
Bilardo Salvatore , Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni della Ragioneria generale dello Stato ... 3 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 12 
Zanoni Magda Angela  ... 12 
Fornaro Federico  ... 13 
Lai Bachisio Silvio  ... 14 
Guerra Maria Cecilia  ... 15 
Collina Stefano  ... 15 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 15 
Bilardo Salvatore , Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni della Ragioneria generale dello Stato ... 15 
Fornaro Federico  ... 16 
Bilardo Salvatore , Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni della Ragioneria generale dello Stato ... 16 
Zanoni Magda Angela  ... 17 
Bilardo Salvatore , Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni della Ragioneria generale dello Stato ... 17 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 18 

ALLEGATO: Documento depositato dal dott. Salvatore Bilardo, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni della Ragioneria generale dello Stato ... 19

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato, sull'attuazione della nuova disciplina concernente l'armonizzazione dei bilanci pubblici.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato, sull'attuazione della nuova disciplina concernente l'armonizzazione dei bilanci pubblici con specifico riferimento a regioni ed enti locali.
  Ringrazio il dottor Salvatore Bilardo, che è un habitué della Commissione, e gli cedo subito la parola.

  SALVATORE BILARDO, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni della Ragioneria generale dello Stato. Buongiorno a tutti. Vi ringrazio preliminarmente dell'opportunità che mi date di manifestare la nostra soddisfazione, come Ragioneria generale dello Stato, per questo percorso di profonda riforma della contabilità degli enti territoriali.
  I timori erano tanti, le preoccupazioni notevoli e questi primi undici mesi di avvio, sebbene già confortati dagli ottimi risultati degli enti in sperimentazione, stanno dimostrando che la riforma non ha creato grandissimi problemi e sta rispondendo alle aspettative, anche per quanto riguarda la finanza pubblica, dell'operazione di riforma della contabilità degli enti territoriali.
  Il mio intervento mira a fare innanzitutto un focus su quanto è avvenuto nei primi mesi del 2015, con l'applicazione della riforma da parte di tutti gli enti territoriali (comuni piccoli e grandi, città metropolitane, province e regioni), per poi svolgere alcune considerazioni sulla Commissione per l'armonizzazione degli enti territoriali, perché essa è espressione del metodo grazie al quale noi siamo riusciti a portare avanti la riforma e a seguirla con la massima attenzione, con il contributo di tutti i componenti della Commissione stessa.
  Vedremo, quindi, quali sono le nuove sfide che si porranno nel 2016, perché i risultati positivi sono anche il frutto della gradualità con la quale si sta attuando la riforma.
  Il decreto legislativo n. 118 del 2011 ha ridefinito l'ordinamento contabile degli enti territoriali e dei loro enti e organismi strumentali, avviando un percorso di risanamento della finanza degli enti territoriali fondato sulla trasparenza e sulla corretta rappresentazione della situazione finanziaria, economica e patrimoniale e, per alcuni aspetti, ancor più efficace delle manovre di finanza pubblica che negli anni si sono susseguite.
  In particolare, come è noto, la riforma è diretta a:
   realizzare un'omogeneità effettiva e non meramente formale dei bilanci e dei Pag. 4rendiconti che consenta di migliorare la qualità dei nostri conti pubblici ai fini del coordinamento della finanza pubblica, delle verifiche in ambito europeo e per favorire la realizzazione di politiche economiche specifiche con particolare riferimento al federalismo fiscale. A tal fine, accanto a schemi comuni di bilancio finanziario ed economico-patrimoniali sono stati introdotti nuovi strumenti contabili che garantiscono il trattamento contabile uniforme delle singole operazioni gestionali;
   estendere la contabilità economico-patrimoniale a tutti gli enti territoriali, al fine di dare rilevanza agli equilibri economico-patrimoniali e migliorare significativamente gli strumenti informativi e di valutazione disponibili, anticipando il processo di armonizzazione contabile avviato in ambito europeo che attribuisce alla contabilità economico-patrimoniale il ruolo di sistema contabile fondamentale ai fini della rendicontazione della gestione;
   adottare il bilancio consolidato per rappresentare la situazione patrimoniale e finanziaria e il risultato economico di ciascun ente unitariamente a quello dei propri organismi, enti, aziende e società controllate e partecipate, che compongono il «gruppo amministrazione pubblica», considerato come un'entità economica unitaria, a prescindere dalle specificità economiche e giuridiche dei soggetti che lo compongono. Il bilancio consolidato favorisce un effettivo controllo dell'utilizzo delle risorse che, complessivamente, fanno capo a un ente e consente di ovviare alla disomogeneità dei bilanci pubblici determinata dal fenomeno delle esternalizzazioni.

  Il processo di armonizzazione fornirà informazioni fondamentali e nuove leve di intervento anche ai fini dello smaltimento dei debiti pregressi, favorendo così la chiusura della procedura di infrazione comunitaria nei confronti dell'Italia per il ritardo dei pagamenti delle amministrazioni pubbliche.
  In particolare, grazie al potenziamento della contabilità finanziaria e al riaccertamento straordinario dei residui, a decorrere dal rendiconto della gestione 2015 sarà possibile: conoscere l'ammontare dei debiti commerciali degli enti territoriali liquidi ed esigibili alla fine di ciascun esercizio; determinare risultati di amministrazione rappresentativi dell'effettiva situazione finanziaria dell'ente, in quanto riferita a crediti e debiti certi, liquidi ed esigibili, e determinata anche in considerazione dell'ammontare dei crediti di dubbia e difficile esazione, dei vincoli e dei rischi a carico dell'ente.
  L'attuazione della riforma richiede agli enti una profonda revisione del proprio sistema informativo contabile, un'adeguata riorganizzazione degli uffici, da accompagnare con un'adeguata formazione, e l'adozione di princìpi e regole che impongono una rappresentazione contabile seria e rigorosa delle risorse effettivamente disponibili e che impediscono livelli di spesa non sostenibili.
  Al fine di favorire la transizione al nuovo ordinamento contabile, destinato a cambiare così radicalmente la gestione finanziaria, il decreto legislativo n. 118 del 2011 ha previsto un'applicazione graduale dei nuovi princìpi e dei nuovi istituti, consentendo agli enti di distribuire in più esercizi l'attività di adeguamento alla riforma e di limitare nei primi esercizi gli accantonamenti in bilancio riguardanti i crediti di dubbia esigibilità.
  Nei confronti degli enti locali di piccola dimensione è prevista una gradualità più accentuata.
  La forte attenzione dedicata alla sostenibilità della riforma ha consentito di evitare tensioni e difficoltà gestionali nel primo esercizio di applicazione del decreto legislativo n. 118 del 2011, nonostante le fisiologiche e prevedibili resistenze al cambiamento e l'ampiezza e la complessità della riforma.
  Del resto, nel corso del 2015 gli enti territoriali hanno avuto la possibilità di continuare ad adottare i vecchi schemi di bilancio, in modo da concentrare i propri sforzi sull'adozione della nuova configurazione Pag. 5del principio della competenza finanziaria, cosiddetta potenziata, e dedicare oltre un anno di tempo all'aggiornamento del proprio sistema informativo contabile, necessario per l'avvio a regime della riforma nel 2016.
  In particolare, nel 2015 la riforma ha chiesto agli enti territoriali e ai loro enti e organismi strumentali: l'affiancamento, in parallelo, degli schemi di bilancio e di rendiconto vigenti nel 2014, che nel 2015 hanno conservato valore a tutti gli effetti giuridici, compresa la funzione autorizzatoria, ai nuovi schemi di bilancio per missioni e programmi a soli fini conoscitivi; l'applicazione del principio contabile generale della competenza potenziata, unitamente al principio applicato della contabilità finanziaria; il riaccertamento straordinario dei residui, necessario per adeguare lo stock dei residui al 1o gennaio 2015 ai nuovi princìpi; l'applicazione del principio applicato della programmazione concernente gli esercizi 2016-2018.
  Il percorso degli enti verso l'armonizzazione è stato favorito:
   dai princìpi contabili applicati, che costituiscono veri e propri manuali operativi a disposizione degli enti, corredati da numerosi esempi pratici, riguardanti la programmazione, la contabilità finanziaria, la contabilità economico-patrimoniale e il bilancio consolidato e consentono un percorso di autoformazione;
   dall'esperienza maturata presso gli enti coinvolti nella sperimentazione, che hanno svolto una preziosa attività di divulgazione e diffusione delle professionalità sviluppate nel triennio 2014-2016;
   da una serie di corsi di formazione istituzionali, concernenti la riforma contabile degli enti territoriali di cui al decreto legislativo n. 118 del 2011, destinati gratuitamente al personale amministrativo contabile di tutte le città metropolitane, province, comuni, unioni di comuni e consorzi di enti locali in contabilità finanziaria, organizzati sulla base di una convenzione tra il Ministero dell'economia e delle finanze-Ragioneria generale dello Stato, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, l'ANCI, l'IFEL, l'UPI, la Fondazione universitaria per la formazione delle amministrazioni pubbliche e la Fondazione per la formazione e aggiornamento delle amministrazioni pubbliche-FORMAP;
   dall'attività di supporto e divulgazione svolta dal sito www.arconet.tesoro.it, gestito dal Ministero dell'economia e delle finanze-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, che rende disponibile agli enti tutta la documentazione concernente l'armonizzazione nella versione più aggiornata (princìpi contabili, schemi di bilancio, glossario, FAQ e via elencando).

  L'attività più impegnativa richiesta nel 2015 agli enti territoriali ha senza dubbio riguardato l'applicazione della nuova configurazione del principio della competenza finanziaria e la correlata attività di riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi.
  Il riaccertamento straordinario dei residui ha rappresentato anche l'occasione per un'analisi dei rapporti finanziari tra i diversi livelli di governo, diretta a realizzare una «concordanza contabile» tra le scritture contabili riguardanti i crediti e i debiti (i residui attivi e passivi) dello Stato, delle regioni e degli enti locali, fondamentale ai fini della trasparenza delle grandezze della finanza pubblica italiana ed un recupero di qualità dei relativi dati contabili.
  Al riguardo, per quanto riguarda i rapporti finanziari tra Stato e regioni, il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ha intrapreso, con la collaborazione delle regioni, un complesso e impegnativo lavoro di riconciliazione tra residui passivi (compresi i perenti) risultanti dalle scritture contabili dello Stato e i correlati residui attivi delle regioni nei confronti dello Stato.
  Se correttamente applicato, il nuovo impianto della contabilità finanziaria, imperniato sulla competenza finanziaria potenziata, determinerà un tendenziale ridimensionamento delle poste in conto residui, Pag. 6le quali rappresenteranno solo i crediti e debiti veri ed esigibili delle pubbliche amministrazioni territoriali.
  Il riaccertamento straordinario ha offerto agli enti la possibilità di fare pulizia nei propri bilanci, eliminando:
   i residui attivi riconosciuti insussistenti, per l'avvenuta legale estinzione o per indebito o erroneo accertamento del credito, in modo da chiudere definitivamente la stagione dei «disavanzi occulti»;
   i residui attivi che non corrispondono a crediti esigibili, i cosiddetti crediti futuri, i quali sono stati reimputati contabilmente agli esercizi di competenza;
   i residui passivi a cui non corrispondono obbligazioni giuridiche, al fine di evitare, nel futuro, il ripresentarsi di situazioni di incertezza delle partite debitorie e il ripetersi di iniziative eccezionali per la loro sistemazione, quali la concessione di anticipazioni di liquidità da parte dello Stato per il pagamento dei debiti pregressi. I debiti potenziati eliminati dai residui passivi sono ora rappresentati tra i fondi rischi e i fondi spese future;
   i residui passivi che non corrispondono a debiti esigibili, reimputati agli esercizi di competenza.

  Al fine di incoraggiare gli enti a svolgere tale fondamentale «operazione verità», la riforma ha previsto modalità «straordinarie» di recupero dell'eventuale disavanzo derivante dal processo di riaccertamento straordinario dei residui, costituite soprattutto da uno «straordinario» ampliamento dei tempi di copertura.
  In attuazione dell'articolo 3, comma 16, del decreto legislativo n. 118 del 2011, nel corso del 2015, previa intesa in sede di Conferenza unificata, è stato emanato il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dell'interno, del 2 aprile 2015, che ha disciplinato le modalità di ripiano dei disavanzi derivanti dal riaccertamento straordinario dei residui ed è in corso di definizione lo schema di decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, concernente l'acquisizione delle informazioni riguardanti il maggior disavanzo derivante dall'accertamento straordinario dei residui, necessario per ridefinire le modalità di copertura di tale maggiore disavanzo, con modalità differenziate in considerazione della dimensione del fenomeno e della dimensione demografica e di bilancio dei singoli enti.
  Nell'attività riguardante il riaccertamento straordinario gli enti sono stati supportati dagli allegati al decreto legislativo n. 118 del 2011, la cui compilazione ha «guidato» gli enti nella rideterminazione del risultato di amministrazione al 1o gennaio 2015 e del fondo pluriennale vincolato da iscrivere in entrata del bilancio di previsione 2015.
  L'ambito di applicazione della riforma prevista dal decreto legislativo n. 118 del 2011 è costituito dalle regioni a Statuto ordinario, dagli enti locali di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (province, comuni, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane, unioni di comuni, consorzi ed enti locali) e dai loro enti e organismi strumentali, con specifica disciplina per gli enti coinvolti nella gestione della spesa sanitaria finanziata con le risorse destinate al Servizio sanitario nazionale.
  Nei confronti delle autonomie speciali non è prevista l'automatica applicazione della riforma, in quanto la decorrenza e le modalità di applicazione delle disposizioni nei confronti delle autonomie speciali e degli enti locali ubicati nelle medesime regioni sono stabilite, in conformità con i relativi Statuti, con le procedure previste all'articolo 27 della legge n. 42 del 2009.
  Consapevoli dell'importanza dell'armonizzazione contabile, che non può considerarsi pienamente conseguita se non con riferimento a tutto il territorio nazionale, le autonomie speciali si sono rese disponibili ad adottare la riforma e, nell'ambito degli accordi concernenti i più ampi rapporti finanziari con lo Stato, hanno formalmente accettato di recepire, con propria legge regionale, il decreto legislativo n. 118 del 2011 e successive modifiche.Pag. 7
  In particolare, le regioni Sicilia e Sardegna hanno adottato dal 1o gennaio 2015, mentre le altre autonomie speciali si sono impegnate ad applicarla a decorrere dal 1o gennaio 2016.
  Grazie alla disponibilità delle autonomie speciali e all'attività di sensibilizzazione svolta dalla Ragioneria generale dello Stato, dal 1o gennaio 2016 la riforma contabile prevista dal decreto legislativo n. 118 del 2011 sarà applicata da tutti gli enti territoriali italiani e dai loro enti e organismi strumentali.
  Per favorire il processo di armonizzazione di tali enti nel corso del 2015, la Commissione Arconet (Commissione per l'armonizzazione della contabilità degli enti territoriali) ha dedicato un'attenzione particolare alle esigenze delle autonomie speciali e nelle riunioni del 7 e 21 ottobre 2015 ha approvato uno schema di decreto di aggiornamento dei princìpi contabili (in corso di emanazione), concernente l'accertamento delle entrate tributarie devolute alle autonomie speciali e la copertura degli investimenti pluriennali con il risparmio corrente, espressamente richiesti da alcune Autonomie ai fini dell'adozione del decreto legislativo n. 118 del 2011.
  L'aggiornamento del principio riguardante la copertura degli investimenti risponde anche all'esigenza di attenuare gli effetti negativi sull'andamento degli investimenti pubblici derivanti dalla rigorosa disciplina del principio della competenza finanziaria e di quella sul debito derivante dall'applicazione della norma costituzionale sul pareggio di bilancio, la legge n. 243 del 2012.
  Per gli enti locali siciliani occorre rilevare che l'applicazione del decreto legislativo n. 118 è avvenuta in una situazione di grande incertezza del quadro normativo di riferimento, determinata dal susseguirsi di leggi regionali di recepimento del decreto legislativo che hanno reso difficile l'individuazione dell'ordinamento contabile vigente nel corso dell'esercizio 2015.
  La Ragioneria generale dello Stato ha chiesto, in particolare, l'impugnativa per illegittimità costituzionale dell'articolo 6 della legge regionale n. 9 del 2015, impugnativa poi non promossa a seguito dell'impegno della regione a modificare la disposizione regionale in coerenza con la riforma. La successiva legge regionale n. 12 del 10 luglio 2015, a esercizio già ampiamente avviato, ha infatti definitivamente chiarito che gli enti locali della regione siciliana e loro enti e organismi strumentali adottano il decreto legislativo n. 118 del 2011 e successive correzioni e integrazioni a partire dal 1o gennaio 2015.
  Per le regioni, storicamente dotate di autonomi sistemi contabili, l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 118 del 2011 assume una rilevanza particolare: per la prima volta, anche tali enti hanno un ordinamento contabile unico, definito dal titolo III del decreto legislativo n. 118 del 2011 (artt. 36-74), omogeneo a quello previsto per gli enti locali e per i loro enti strumentali.
  Gli effetti della riforma sul «sistema regioni» sono da correlare alla novella costituzionale che ha ricondotto l'armonizzazione dei bilanci pubblici tra le materie a legislazione esclusiva dello Stato (articolo 117, comma secondo, della Costituzione, come modificato dall'articolo 3 della legge costituzionale n. 1 del 2012) e soppresso la competenza legislativa regionale in materia di contabilità, che, sia pure nel rispetto dei princìpi fondamentali posti dalla normativa nazionale, aveva consentito la formazione di una pluralità di sistemi contabili regionali.
  Nel nuovo quadro normativo sopravvive solo la competenza normativa regolamentare delle regioni, evidenziata dall'articolo 36, comma 5, del decreto legislativo n. 118 del 2011, secondo cui «le regioni adottano i princìpi contabili generali e i princìpi contabili applicati di cui agli allegati 1 e 4 del presente decreto».
  Nel corso del 2015 il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ha dedicato un forte impegno all'attività di verifica e riscontro delle leggi regionali in materia di contabilità, diretta a garantire una corretta applicazione del decreto legislativo n. 118 del 2011.
  A garanzia dell'unitarietà della disciplina contabile dei bilanci pubblici è stata Pag. 8proposta l'impugnativa costituzionale delle leggi regionali in materia di contabilità.
  Sono state oggetto di rilievo sia le disposizioni che riproducono quanto previsto dal decreto legislativo n. 118 del 2011, sia quelle che vi derogano: le prime in quanto, riproducendo, spesso in maniera poco chiara, nella forma e nelle implicazioni finali, quanto già disposto dalla disciplina statale, avrebbero creato confusione nell'applicazione del decreto legislativo n. 118 del 2011, che, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, rappresenta l'unica disciplina armonizzata dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio cui le regioni devono fare diretto riferimento; le seconde, in quanto rappresentano una palese violazione del decreto legislativo stesso e, quindi, della competenza esclusiva dello Stato.
  Ad avviso della Ragioneria generale dello Stato, la materia contabile non è nella disponibilità legislativa delle regioni, alle quali è riservata la facoltà di emanare regolamenti contabili meramente applicativi del decreto legislativo n. 118 del 2011. Ciò a garanzia dell'unitarietà della disciplina contabile dei bilanci pubblici e, più in particolare, delle regioni, che in passato, in applicazione del decreto legislativo n. 76 del 2000, hanno normato la materia contabile ciascuna con propria legge regionale, creando la disomogeneità dei sistemi contabili, con pesanti ricadute anche sul sistema economico nazionale, quali, ad esempio, la formazione delle ingenti masse di debiti commerciali della Pubblica amministrazione. Si ricorda, infatti, che, dei circa 60 miliardi di debiti commerciali della PA, ben oltre 30 miliardi sono imputabili alle regioni.
  Nel primo anno di applicazione della riforma le regioni hanno segnalato la necessità, emersa anche nel corso della sperimentazione, di un maggior coordinamento tra la disciplina dei titoli I e III del decreto legislativo n. 118 del 2011, concernenti l'ordinamento contabile delle regioni, e quella del titolo II, concernente i princìpi contabili generali e applicati per il settore sanitario e le conseguenti criticità di natura operativa, derivanti dall'appartenenza di una componente significativa del bilancio regionale al Servizio sanitario regionale (la Gestione sanitaria accentrata, i cui risultati di bilancio devono consolidarsi con i risultati degli enti del Servizio sanitario regionale).
  Tali criticità potranno essere gestite attraverso la predisposizione di princìpi contabili applicati di coordinamento tra la gestione sanitaria e non sanitaria delle regioni.
  La riforma contabile degli enti territoriali presenta il carattere della flessibilità, ovvero la possibilità di aggiornare, in via amministrativa, gli schemi di bilancio, i princìpi contabili, il Piano dei conti integrato e gli altri allegati al decreto legislativo n. 118 del 2011.
  A tal fine, presso il Ministero dell'economia e delle finanze è stata istituita la Commissione per l'armonizzazione contabile degli enti territoriali, con il compito di adeguare gli allegati al decreto legislativo n. 118 del 2011 all'evoluzione dell'ordinamento giuridico e alle esigenze di monitoraggio e di consolidamento dei conti pubblici.
  L'attività della Commissione è disciplinata dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 16 dicembre 2014, che, confermando il metodo di lavoro adottato per definire la riforma e seguire la sperimentazione, prevede il coinvolgimento di tutte le istituzioni interessate alla finanza degli enti territoriali.
  Occorre ricordare che il processo di armonizzazione contabile degli enti territoriali è stato caratterizzato: dall'elevato livello di condivisione tra i vari livelli di governo, presente in tutte le fasi e le soluzioni metodologiche e procedurali adottate, che ha consentito di avvalersi delle migliori esperienze e professionalità esistenti in Italia in materia di contabilità pubblica; da una lunga fase di sperimentazione, necessaria in considerazione della radicale portata innovativa della riforma, che ha rappresentato un nuovo metodo di definizione delle riforme della pubblica Pag. 9amministrazione, volto a garantire il coinvolgimento dei destinatari e l'efficacia degli interventi.
  La Commissione Arconet è composta da 23 componenti e relativi supplenti, così suddivisi: 5 rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato, un rappresentante del Dipartimento affari regionali, 3 rappresentanti del Ministero dell'interno, un rappresentante della Corte dei conti, 2 rappresentanti dell'ISTAT, 3 rappresentanti delle regioni, un rappresentante dell'Unione delle province d'Italia (UPI), 2 rappresentanti dell'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), un rappresentante dell'Organismo italiano di contabilità, 2 rappresentanti del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, un rappresentante dell'Associazione bancaria italiana (ABI), un rappresentante dell'Assosoftware.
  Nel corso del 2015 la Commissione Arconet si è riunita con cadenza bisettimanale per seguire e accompagnare la prima applicazione della riforma.
  In particolare, nel suo primo anno di attività la Commissione ha:
   recepito le proposte di modifica dei princìpi contabili definite negli ultimi mesi del 2014 dal gruppo di lavoro che ha seguito la sperimentazione;
   previsto una gradualità negli accantonamenti del fondo crediti di dubbia esigibilità nel risultato di amministrazione in sede di rendiconto;
   aggiornato i princìpi contabili applicati alla disciplina dello split payment e del reverse charge;
   aggiornato i princìpi contabili applicati alle specificità delle autonomie speciali, riguardanti l'accertamento delle entrate tributarie devolute e la copertura degli investimenti pluriennali con il risparmio corrente; risposto alle richieste di chiarimento degli enti, in particolare a quelle presentate dai componenti della Commissione;
   elaborato i princìpi contabili riguardanti il Documento unico di programmazione semplificato per gli enti locali con popolazione inferiore a 5.000 abitanti; aggiornato gli schemi di bilancio e del Piano dei conti degli schemi di bilancio;
   definito il Piano degli indicatori e dei risultati attesi;
   predisposto un documento che riepiloga e richiama l'attenzione sugli adempimenti richiesti dalla riforma nell'esercizio 2016.

  A tal fine, ha approvato tre proposte di aggiornamento degli allegati al decreto legislativo n. 118, recepite con i decreti del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dell'interno e con la Presidenza del Consiglio dei ministri, del 20 maggio 2015 e del 7 luglio 2015, mentre il terzo decreto è in corso di emanazione in questi giorni.
  Nei prossimi mesi la Commissione Arconet seguirà l'attività degli enti territoriali riguardante l'applicazione a regime della riforma e verificherà la possibilità di ulteriori semplificazioni contabili nei confronti dei piccoli comuni, pur nel rispetto degli obiettivi della riforma di garantire bilanci omogenei, aggregabili e consolidabili.
  I prossimi compiti della Commissione consistono nella predisposizione del prospetto concernente il rispetto dell'equilibrio di bilancio in termini di competenza finanziaria da allegare al bilancio di previsione in attuazione della legge di stabilità 2016 in corso di approvazione (regola di finanza pubblica sostitutiva del Patto di stabilità interno a partire dall'anno 2016) e nell'approvazione dello schema di decreto riguardante l'adeguamento della codifica SIOPE alla codifica del Piano dei conti finanziario e dello schema di decreto concernente il monitoraggio degli effetti del riaccertamento straordinario dei residui.
  L'applicazione a regime della riforma, a partire dall'anno 2016, costituirà una tappa cruciale per il processo di armonizzazione contabile degli enti territoriali, in particolare per gli enti che, all'avvio del nuovo anno, non hanno ancora adeguato il Pag. 10proprio sistema informativo contabile alla classificazione del bilancio per missioni e programmi.
  Per tali enti il ritardo nell'aggiornamento del sistema informativo potrebbe determinare il blocco dei pagamenti, in quanto: gli ordini di incasso e pagamento che riportano ancora le vecchie codifiche di bilancio non potranno essere accettati dai tesorieri; in caso di esercizio provvisorio, l'articolo 11, comma 17, del decreto legislativo n. 118 richiede la gestione degli stanziamenti di spesa previsti nel bilancio pluriennale autorizzatorio 2015-2017 per l'annualità 2016, riclassificati secondo il nuovo schema di bilancio per missioni e programmi. Conseguentemente, se il tesoriere non riceve il bilancio secondo il nuovo schema per missioni e programmi, non può avviare la gestione dell'esercizio provvisorio.
  Al riguardo è bene segnalare che le norme che impediscono ai tesorieri di pagare sono assolutamente necessarie per garantire l'avvio dei nuovi schemi di bilancio e l'applicazione a regime delle riforme e che l'eventuale blocco dei pagamenti è da imputare esclusivamente a ritardi di applicazione da parte degli enti, ad oltre un anno dall'emanazione delle disposizioni correttive al decreto legislativo n. 118.
  Al fine di evitare o limitare tali criticità, la Commissione Arconet ha predisposto e pubblicato nel proprio sito internet un documento riepilogativo degli adempimenti previsti dalla riforma per l'esercizio 2016, che, con la collaborazione delle associazioni rappresentative degli enti territoriali, è stato trasmesso a tutte le regioni e province autonome, alle città metropolitane, alle province, ai comuni e ai loro enti e organismi strumentali.
  In particolare, gli adempimenti richiesti per l'avvio a regime della riforma sono i seguenti: – adozione degli schemi di bilancio e di rendiconto per missioni e programmi, di cui agli allegati 9 e 10 del decreto legislativo n. 118, che assumono valore a tutti gli effetti giuridici con riferimento all'esercizio 2016 e successivi. Il bilancio di previsione 2016-2018 è stato predisposto e approvato nel rispetto dello schema di bilancio armonizzato;
   applicazione completa della codifica della transazione elementare ad ogni atto gestionale. In particolare, si segnala l'articolo 5, comma 3-bis, per il quale «negli ordinativi di incasso e di pagamento la codifica della transazione elementare è inserita nei campi liberi a disposizione dell'ente, non gestiti dal tesoriere»;
   – applicazione della codifica del bilancio armonizzato ai titoli di incasso e di pagamento;
   – adozione del Piano dei conti integrato di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 118;
   – adozione dei princìpi contabili applicati della contabilità economico-patrimoniale e del bilancio consolidato al fine di consentire l'affiancamento della contabilità economico-patrimoniale alla contabilità finanziaria, garantendo la rilevazione unitaria dei fatti gestionali, necessaria per l'elaborazione del rendiconto 2016, completo del conto economico e dello stato patrimoniale previsti dall'allegato n. 10 al decreto legislativo n. 118 del 2011;
   – elaborazione del bilancio consolidato dell'esercizio 2016.

  Per gli enti strumentali degli enti territoriali che adottano solo la contabilità economico-patrimoniale nel 2016 non sono previsti adempimenti aggiuntivi rispetto al 2015. Tali enti, a decorrere dal 2015, sono tenuti alla redazione: del budget economico; del rendiconto di cassa, ai sensi dell'articolo 2428 del Codice civile; del prospetto della tassonomia, se sono già soggetti alla rilevazione SIOPE.
  Tra gli enti strumentali in contabilità economico-patrimoniale sono comprese anche le aziende municipalizzate e le fondazioni che rispondono ai requisiti di cui all'articolo 11-ter del decreto legislativo n. 118 del 2011, mentre le società controllate e partecipate non sono enti strumentali Pag. 11e sono interessate dalla riforma contabile esclusivamente ai fini dell'elaborazione del bilancio consolidato.
  A decorrere dal 2016 gli enti territoriali, i loro organismi strumentali e i loro enti strumentali in contabilità finanziaria approvano il bilancio di revisione almeno triennale, secondo il nuovo schema per missioni e programmi.
  Dal 2016 è soppressa la distinzione tra il bilancio annuale e il bilancio pluriennale e viene meno l'obbligo di predisporre bilanci e rendiconto, secondo un doppio schema (conoscitivo e autorizzatorio), richiesta agli enti in sperimentazione dal 2012 e a tutti gli enti nel 2015, al fine di favorire il passaggio al nuovo schema e di garantire, anche nella fase di transizione, una fonte informativa omogenea dei dati di bilancio e di rendiconto.
  L'elaborazione del bilancio di previsione 2016-2018 per missioni e programmi con funzione autorizzatoria risulta favorita dall'attività di riclassificazione dei capitoli e degli articoli del bilancio gestionale e del PEG per missioni e programmi richiesta nell'esercizio 2015 ai fini dell'elaborazione del bilancio di previsione 2015-2017 con funzione conoscitiva.
  La riclassificazione dei capitoli/articoli, oltre che per missioni e programmi, è richiesta anche ai fini del Piano dei conti finanziario (almeno al quarto livello), dal quale deriva la classificazione per categorie di entrata e per macroaggregati di spesa, necessaria per l'elaborazione del rendiconto della gestione.
  Le riclassificazioni sono effettuate nei rispetto dell'articolo 7, che vieta l'adozione del criterio della prevalenza, salvi i casi in cui ciò sia espressamente consentito. Pertanto, ove necessario, gli enti sono tenuti al cosiddetto «spacchettamento» dei capitoli del bilancio gestionale o del PEG, al fine di garantire, in fase di gestione e di rendicontazione, una correlazione con rapporto di tipo 1:1 tra le voci del bilancio gestionale/PEG e le voci del Piano dei conti finanziario di quarto livello.
  Dal 2016 anche il documento tecnico di accompagnamento, il bilancio gestionale (per le regioni e il loro enti) e il PEG (per gli enti locali) devono essere aggiornati al decreto legislativo n. 118, adottando la classificazione delle entrate per titoli, tipologie, categorie e capitoli e delle spese per missioni, programmi, titoli, macroaggregati e capitoli/articoli e introducendo le previsioni di cassa annuale e le previsioni di competenza almeno triennali.
  Nel 2016 entra in vigore anche la disciplina «armonizzata» delle variazioni di bilancio, con l'obbligo di allegare ai provvedimenti di variazione il prospetto di cui agli allegati n. 8 al decreto legislativo n. 118, destinato al tesoriere.
  Dal 2016 tutti gli enti territoriali, i loro organismi e i loro enti strumentali in contabilità finanziaria sono tenuti ad adottare un sistema di contabilità economico-patrimoniale, garantendo la rilevazione unitaria dei fatti gestionali, sia sotto il profilo finanziario, sia sotto il profilo economico-patrimoniale. Pertanto, a decorrere dal 2016, il rendiconto di tutti gli enti territoriali, escluse le autonomie speciali che hanno applicato il decreto legislativo dall'esercizio 2016, comprende anche il conto economico e lo stato patrimoniale.
  A tal fine è richiesto l'adeguamento del sistema informativo contabile e l'applicazione: del Piano dei conti integrato di cui all'allegato n. 6 al decreto legislativo n. 118; del principio contabile generale n. 17 della competenza economica; del principio applicato della contabilità economico-patrimoniale.
  La corretta applicazione del Piano dei conti integrato è diretta a consentire: nel corso dell'esercizio, la rilevazione dei fatti economici e patrimoniali, come «misurati» dalle operazioni finanziarie; a seguito delle operazioni di assestamento economico-patrimoniale, effettuate in autonomia rispetto alle registrazioni in contabilità finanziaria, di elaborare il conto economico e lo stato patrimoniale del rendiconto della gestione, aggregando le voci del Piano dei conti secondo il raccordo riportato nell'allegato 6.
  L'avvio della contabilità economico-patrimoniale e l'adozione del Piano dei conti integrato richiedono: l'attribuzione ai capitoli/articoli Pag. 12del bilancio gestionale/PEG della codifica prevista nel Piano finanziario secondo le modalità indicate al paragrafo 4.1; la codifica dell'inventario secondo il Piano patrimoniale del Piano dei conti integrato, sempre evitando l'applicazione del criterio della prevalenza, e l'eventuale aggiornamento dell'inventario; l'elaborazione dello stato patrimoniale di apertura, riferito contabilmente al 1o gennaio 2016, ottenuto riclassificando l'ultimo stato patrimoniale, secondo lo schema previsto dall'allegato n. 10 al decreto legislativo n. 118, avvalendosi della ricodifica dell'inventario e applicando i criteri di valutazione dell'attivo e del passivo previsti dal principio applicato della contabilità economico-patrimoniale.
  Gli enti territoriali che nel 2015 si sono avvalsi della facoltà di rinviare l'elaborazione del bilancio consolidato sono tenuti a predisporre il primo bilancio consolidato riferito all'esercizio 2016.
  Per gli enti locali con popolazione inferiore a 5.000 abitanti è prevista la possibilità di un ulteriore rinvio all'esercizio 2017.
  Nel 2016, come prima applicazione del principio contabile applicato concernente il bilancio consolidato, gli enti devono: predisporre e approvare in Giunta due distinti elenchi riguardanti gli enti, le aziende, le società che compongono il gruppo amministrazione pubblica, evidenziando gli enti, le aziende e le società che, a loro volta, sono a capo di un gruppo di amministrazioni pubbliche o di impresa, nonché gli enti, le aziende e le società componenti del gruppo compresi nel bilancio (criteri irrilevanza e impossibilità); trasmettere agli enti i cui bilanci sono destinati a essere compresi nel bilancio consolidato le direttive concernente le modalità e le scadenze per l'invio della documentazione necessaria per l'elaborazione del consolidato.
  L'entrata in vigore della riforma contabile degli enti territoriali nel 2015 ha rappresentato il punto di partenza, e non di arrivo, del percorso degli enti territoriali verso l'armonizzazione contabile, fondato sulla trasparenza e sulla corretta rappresentazione della situazione finanziaria, economica e patrimoniale.
  I positivi risultati registrati nel 2015, costituiti dall'assenza di difficoltà gestionali, non garantiscono il superamento delle criticità previste per l'esercizio 2016.
  L'avvio a regime della riforma richiede la collaborazione e la piena condivisione degli obiettivi da parte di tutti i soggetti interessati al governo della finanza territoriale.
  Nel 2015 la Commissione per l'armonizzazione degli enti territoriali ha svolto pienamente la funzione di strumento di condivisione delle scelte e degli obiettivi, ma, per garantire la corretta applicazione della riforma, risulterà fondamentale il ruolo: dei responsabili dei servizi finanziari, principali attori nell'attuazione della riforma; dei responsabili dei vari servizi dell'ente, in quanto interessati alla corretta programmazione e gestione delle risorse pubbliche; degli organi di revisione, cui sono affidati molteplici compiti di verifica e controllo; delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, chiamate a effettuare un sistematico monitoraggio dell'attuazione della riforma anche grazie al potenziamento dei controlli sul sistema delle regioni attuato dal decreto-legge n. 174 del 2012; dei tesorieri, primi soggetti esterni agli enti, chiamati a gestire i nuovi schemi di bilancio armonizzati.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Credo che sia stato fornito un quadro completo e sistematico di una normativa armonizzata, ma sicuramente complessa.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MAGDA ANGELA ZANONI. Vorrei ringraziare per la relazione, che fornisce una serie di elementi estremamente utili. Se ne sentiva la necessità, perché molti enti ci chiedono informazioni. Portarli a conoscenza di questa relazione credo potrà essere molto utile.
  Vorrei porle alcune domande. A pagina 14 della relazione scritta da Lei depositata, Pag. 13si fa riferimento al Piano degli indicatori dei risultati attesi. Se possibile, vorrei avere copia di questo Piano degli indicatori; credo, infatti, che possa essere utile per capire verso quale direzione ci si è mossi e con quali obiettivi, poiché gli indicatori rappresentano la sintesi estrema degli obiettivi che si volevano raggiungere.
  L'altro aspetto che mi pare interessante riguarda il terzo decreto che si dice sia in corso di emanazione in questi giorni. Cercheremo di porvi attenzione, ma, se fosse possibile da parte della Commissione segnalarcelo appena approvato, ciò potrebbe essere utile.
  C’è un altro aspetto sul quale vorrei avere qualche delucidazione, se possibile. Ne parlavo con il mio collega Federico Fornaro. A pagina 16 della relazione, si fa riferimento all'attività di formazione. Poiché dagli enti ci arrivano informazioni contrastanti su questa tematica, vorrei, se possibile, avere maggiori dettagli sui corsi effettuati, sulle modalità di svolgimento degli stessi e, soprattutto, sul numero di partecipanti, così da poter, a mia volta, interloquire con gli enti che lamentano alcune difficoltà.
  C’è un altro aspetto, sempre legato a questo. A pagina 19 si fa riferimento agli organi di revisione, che mi sembra siano gli elementi lasciati un po’ al di fuori. Soprattutto negli enti più piccoli, dove i revisori sono giovani e non hanno grande esperienza, essi rischiano, secondo me, di essere l'anello debole dell'intero impianto, sebbene abbiano poteri forti all'interno dell'ente nella definizione dei bilanci. Mi sembra quindi interessante capire se ci sia stato un intervento formativo anche nei confronti dei revisori dei conti.
  Grazie.

  FEDERICO FORNARO. Mi associo anch'io ai ringraziamenti al dottor Bilardo. Volevo porre, con una battuta semplicissima, la questione della formazione, perché su questo tema noi avevamo molto insistito anche col Sottosegretario Zanetti, all'epoca del parere sullo schema di decreto legislativo concernente l'armonizzazione. Segnalo che, se ci sono 2.800 enti locali su 8.000 comuni, ciò significa che quasi i due terzi dei comuni non hanno partecipato a corsi di formazione.
  Da questo punto di vista mi sembra opportuno che ci sia fornito il dato richiesto dalla collega Zanoni e mi permetto di insistere con forza su questo punto, oltre che sulla pubblicizzazione del sito internet www.arconet.tesoro.it, che non mi sembra sia molto conosciuto né adeguatamente pubblicizzato dai responsabili dei servizi.
  Vorrei porre alcune questioni. La prima è una segnalazione. Colgo positivamente la volontà di ulteriori semplificazioni contabili nei confronti dei piccoli comuni. È evidente, infatti, che richiedere lo stesso tipo di capacità di analisi e di dettaglio al comune di Roma e al comune di Moncenisio pone un problema di sproporzione e comporta altresì il rischio che nei piccoli comuni questo lavoro non sia fatto, o sia fatto solo parzialmente.
  Credo che da questo punto di vista ci sia una necessità molto forte. Se mi è consentito, lo sforzo di formazione andrebbe rivolto soprattutto in questa direzione. Sto pensando al Nord, evidentemente, dove è maggiore la concentrazione dei piccoli comuni.
  Passo a un'altra questione. Vorrei sottolineare alcuni aspetti relativi alla questione dei revisori dei conti. La recente decisione, da me condivisa, di sorteggiarli, anziché individuarli, credo abbia prodotto maggiore trasparenza. Mi ero permesso comunque di presentare un emendamento che mi sembrava di buonsenso al fine di limitare, però, la possibilità di scelta a livello provinciale e non regionale.
  Noi qui abbiamo persone che arrivano – cito il Piemonte, una realtà che conosco – dalla provincia di Torino. Inoltre, occorre tener conto del fatto che i piccoli comuni hanno approvato la normativa più stringente possibile sui rimborsi spese e anche sull'entità del compenso per questi soggetti. Il risultato è che le presenze dei revisori dei conti, che in questa fase dovrebbero essere molto numerose, non lo sono, per ragioni oggettive.Pag. 14
  Il mio emendamento non è stato accolto con favore dal Governo, con la motivazione del rischio che in alcune province si andasse sostanzialmente a esaurimento delle persone disponibili. Detto questo, non ritorno sul tema, ma ritengo che la questione della formazione e della specializzazione di queste persone vada affrontata.
  Con riferimento alla formazione, ritengo che per molti revisori sarebbe necessario avere un curriculum particolare, direi «speciale». Dobbiamo sempre più specializzarli. L'essere commercialista non è sufficiente, anche perché spesso ci troviamo di fronte a persone degnissime, con un curriculum professionale ineccepibile, ma che hanno lavorato in aziende private. La contabilità pubblica è, ovviamente – non lo devo spiegare a lei – è un'altra cosa. Non dico che si trovino a dover chiedere agli uffici ma, in molti casi, la situazione è più o meno questa.
  Segnalo questo problema, non banale, perché all'interno del sistema il revisore ha un ruolo importante e non secondario. Il suo ruolo si è anzi ampliato, da questo punto di vista. Dovrebbe essere anche una figura che svolge una funzione di supporto e di controllo.
  Colgo l'occasione per segnalare un'ulteriore questione. Mi riferisco al tema dell'addizionale IRPEF comunale. Da notizie di stampa, risulterebbe essere stata introdotta una novità, cioè la previsione che, nel bilancio 2016, l'addizionale IRPEF sia inserita per cassa e non per competenza. Segnalo che ciò provocherà un disavanzo immediato, anche in termini significativi. Credo che, se mettiamo anche questo tra le novità introdotte nel 2016, rischiamo di porre una mina sull'intero sistema.
  Peraltro, va considerato che sull'IRPEf ci troviamo di fronte a un ritardo «fisiologico», perché c’è un problema di contabilizzazione che non dipende dai comuni. Si tratta infatti di un'imposta che viene trattenuta dallo Stato e poi attribuita ai comuni. Dire improvvisamente che, di fatto, il 50 per cento di quel gettito nel bilancio 2016 non c’è più significa far partire i comuni con un potenziale disavanzo di bilancio molto significativo. Adesso non ho il valore complessivo dell'addizionale IRPEF, ma non stiamo parlando di qualche decina di milioni di euro. Credo si tratti di svariate centinaia di milioni di gettito.
  È quindi un problema non di poco conto. Questo è un passaggio che, se non gestito bene, rischia di essere molto delicato ai fini della contabilizzazione.

  BACHISIO SILVIO LAI. Chiedo scusa, ma purtroppo io sono arrivato in ritardo e, quindi, sono andato indietro a rileggere la prima parte. Ho soltanto due domande.
  Vorrei capire se le regioni a Statuto speciale che non hanno iniziato il 1o gennaio 2015 inizieranno ad applicare dal 1o gennaio 2016, come è scritto nella sua relazione, la riforma del modello di pareggio di bilancio in forma completa, oppure se applicheranno una formula semplificata, con solo una parte degli impegni. Questo era un tema che alcuni colleghi senatori in Commissione Bilancio hanno posto in sede di discussione della legge di bilancio, sostanzialmente il tema di un avvio soft.
  La seconda domanda è la seguente: le riunioni del 7 e 21 ottobre di Arconet dedicate alle autonomie speciali hanno risolto il tema delle diverse tipologie di entrate tra le regioni a Statuto ordinario e quelle speciali in merito alla difficoltà di garantire in anticipo un'entità precisa.
  Nel caso delle regioni a Statuto ordinario si tratta di trasferimenti allo Stato, ragion per cui la quantità delle entrate è chiara. Nel caso delle regioni speciali, invece, si tratta di compartecipazioni che, ovviamente, non sono verificate tutte a monte, bensì, almeno in parte, a valle.
  Veniva posta la richiesta di una valutazione di modalità flessibili di applicazione del meccanismo di pareggio di bilancio in un triennio, piuttosto che anno per anno. Volevo capire se questo tema è stato risolto, oppure se sia risolvibile attraverso altre strade.
  Grazie.

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  MARIA CECILIA GUERRA. Premesso che faccio un po’ fatica ad addentrarmi in questa materia molto complicata, la domanda riguarda l'interazione fra questa normativa e la regola del pareggio di bilancio, introdotta con la legge di stabilità e, in prospettiva, rafforzata nei prossimi anni.
  In particolare, mi interessano le implicazioni per gli enti piccoli, quelli sotto i 5.000 abitanti. È possibile avere un rinvio, come era previsto, al 2017 di queste regole e, al tempo stesso, applicare a tutti le regole del pareggio di bilancio ? Quale interazione c’è fra queste due discipline normative e le regole derogatorie introdotte con legge di stabilità per quanto riguarda il trattamento del fondo pluriennale vincolato ? Come impattano, se impattano ? Può darsi che io stia facendo una domanda fuori luogo.
  La seconda è un'osservazione. Il fatto che il bilancio di previsione triennale diventi uno strumento anche autorizzatorio, in un contesto in cui il quadro cambia radicalmente di anno in anno, mi rende perplessa. I comuni della zona da cui provengo, sono piuttosto contrariati per il fatto che nella loro programmazione, che ancora non aveva questa funzione, avevano previsto aumenti di imposta che adesso non sono più accessibili e che non danno luogo, diversamente che a chi li ha fatti nel 2015, a compensazioni.
  Proiettando questo tipo di malessere sul prossimo triennio, che sarà sicuramente ancora di assestamento, le due cose possono porre problematiche particolari agli enti decentrati. La mia è una segnalazione più che una domanda.

  STEFANO COLLINA. Anch'io ringrazio il dottor Bilardo per il quadro fornito. Sono più interessato al bilancio consolidato, poiché è un grande passo in avanti per fare chiarezza riguardo a una stagione che ha visto le autonomie locali gestire le più svariate problematiche attraverso la creazione di società partecipate, strumentali, in alcuni casi, alle gestione di determinati servizi e, in altri casi, agli scopi più vari. Mi interessava avere una sua valutazione rispetto a questo percorso. Ci sono già segnali o valutazioni sul nuovo quadro dei bilanci consolidati e delle partecipazioni e su come le partecipate vanno a incidere, complessivamente, sui bilanci degli enti locali ?
  Grazie.

  PRESIDENTE. Mi aggancio a quest'ultima domanda, prima di dare la parola al dottor Bilardo per la replica.
  C’è la possibilità del rinvio sul bilancio consolidato ? Poiché ritengo che il bilancio consolidato armonizzerà il quadro, che sappiamo benissimo essere, in tanti casi, abbastanza precario, c’è la possibilità di chiedere il rinvio ? In quanti sono partiti effettivamente col bilancio consolidato nel 2015 e quanti hanno cercato di portare avanti l'armonizzazione di una realtà che probabilmente nel gruppo evidenzierebbe qualche diseconomia esternalizzata, per esprimersi così ?
  Più in particolare, le chiedo: lei non ne ha parlato esplicitamente, ma l'armonizzazione ha incrociato, per quanto riguarda le province, un'altra grande riforma. L'impatto sulle province di questa armonizzazione, in taluni casi, ha generato grandi difficoltà nella costruzione dei bilanci. Sicuramente il bilancio pluriennale è impossibile. Le chiedo se può fare qualche valutazione su questo incrocio cosmico tra la riforma delle province della Delrio e l'impatto dell'armonizzazione della riforma contabile, posto che, per gran parte degli enti, tale situazione ha generato seri problemi per la predisposizione dei bilanci, con la conseguente previsione di numerose deroghe.
  Do la parola al dottor Bilardo per la replica.

  SALVATORE BILARDO, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni della Ragioneria generale dello Stato. Per quanto riguarda il Piano degli indicatori, ieri è stato mandato alla firma del Ragioniere generale dello Stato. Una volta che sarà stato firmato, verrà pubblicato sul sito internet.Pag. 16
  Abbiamo cercato di individuare indicatori confrontabili tra i vari enti, finalizzati soprattutto a evidenziare l'equilibrio strutturale dell'ente, con un capitolo sul quale si è discusso molto, quello dei debiti fuori bilancio. Si è discusso molto su quale rappresentazione dare nell'ambito degli indicatori a questo, così come al tema dei debiti commerciali e del ritardo dei pagamenti, oltre che di altri indicatori specifici per evidenziare la salute dell'ente, come il ricorso alle anticipazioni di tesoreria, il rapporto tra entrate accertate e riscosse e il tema degli investimenti.
  Ovviamente, si tratta di indicatori semplici, non numerosi e, per così dire, aperti; questa è stata, devo ammetterlo, una valutazione prevalentemente tecnica della Commissione. Il dubbio che mi è venuto è se la volontà del legislatore fosse finalizzata all'individuazione di indicatori con un significato anche «politico», oltre che tecnico. Se ci saranno suggerimenti in questo senso, potranno essere valutati.
  La riforma ha previsto questo strumento abbastanza snello, per cui c’è il passaggio in Commissione Arconet e il decreto, che per le regioni è della Ragioneria generale dello Stato e per gli enti locali è del Ministero dell'interno, ma è il testo approvato dalla Commissione Arconet.
  Il terzo decreto è già nel sito. Lo schema è già nel sito. È proprio questo il decreto a cui faceva riferimento il senatore Fornaro parlando dell'addizionale IRPEF. Abbiamo approfondito questo tema ieri.
  Il testo iniziale prevedeva la valutazione degli accertamenti di entrata per cassa, ma anche sulla base dei dati che per singolo comune il Dipartimento delle finanze pubblica. Il Dipartimento delle finanze ci ha rappresentato che non erano assolutamente indicativi di stime. L'ultimo decreto ha preso atto di ciò e ha eliminato le parole che facevano riferimento alla pubblicazione delle stime nel sito del Dipartimento delle finanze.
  Siamo consapevoli del problema: il problema esiste ed è serio, tant’è che noi abbiamo calendarizzato il punto all'ordine del giorno della Commissione Arconet del 16 dicembre, in cui cercheremo di individuare una soluzione che consenta di accertare che con l'addizionale IRPEF, in particolare con il fatto che ci sono gli incassi per conto e per saldo, il problema esiste, soprattutto nell'anno in cui...

  FEDERICO FORNARO. Mi consenta un'interlocuzione. Il problema qual è ? Il problema è che nella fase previsionale gli stessi modelli l'Istituto per la Finanza e l'Economia Locale (IFEL) e il Ministero danno una forbice. La prudenza, ovviamente, sarebbe quella di indicare il dato più basso di previsione. Spesso si assume il dato mediano e alcuni, per far quadrare i bilanci, prendono quello più alto.
  È un problema molto delicato. La forbice non è piccolissima. Effettivamente la stima riferita all'IRPEF è una stima problematica. Si potrebbe forse assumere – mi permetto un suggerimento – il dato storico, cioè quello dell'anno precedente, il consolidato.
  La previsione ha un elemento di aleatorietà. Nei piccoli comuni, per esempio, basta lo spostamento di qualche persona per spostare di 1.000-2.000. La questione non è semplicissima, proprio perché c’è questa forbice.

  SALVATORE BILARDO, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni della Ragioneria generale dello Stato. Siamo consapevoli del problema. Anch'io personalmente ero orientato sul prendere il dato certo del riscosso per competenza e residui relativo all'ultimo anno disponibile, in modo da avere una base di certezza sostanziale del rapporto incasso-accertato.
  Questo terzo decreto ha già avuto le firme e, quindi, verrà pubblicato. Il nostro intento è portarlo in Commissione Arconet il 16 dicembre ed eventualmente fare una correzione i primi di gennaio. Tra l'altro, stiamo parlando non della possibilità di prevedere la stima di entrata, ma di accertare. Non c’è, quindi, l'urgenza immediata di intervenire entro l'anno.
  Per quanto riguarda la formazione, questa riforma si incrocia con le misure di Pag. 17spending review. La formazione istituzionale a cui noi abbiamo fatto riferimento ha utilizzato risorse previste nella riforma dell'università, nell'ambito del fondo ordinario, in cui c'era una determinata dotazione finalizzata a corsi di formazione per l'attuazione del federalismo fiscale.
  Adesso anche quelle risorse sono state tagliate e abbiamo poche centinaia di migliaia di euro in conto residui. È l'unica possibilità che abbiamo per la formazione istituzionale da realizzare insieme al MIUR e a queste due fondazioni universitarie che hanno collaborato con noi.
  Nell'ambito dei processi di semplificazione e di spending review dei comuni, di cui si sta parlando proprio in questi giorni anche nell'ambito della legge di stabilità, tra i vari vincoli che si è ipotizzato di eliminare per gli enti locali c’è appunto questo relativo alle spese per la formazione. Ripeto, esso si incrocia, però, con le misure di revisione della spesa che in questi anni sono state poste in essere.
  È vero che 2.800 enti non costituiscono il panorama complessivo, ma essere riusciti a fare questi corsi con le risorse disponibili è stato già un buon risultato. La formazione è fondamentale, soprattutto quando si fanno grandi riforme e lo sarà ancora di più nel momento in cui dovremo passare alla contabilità economico-patrimoniale che, a mio giudizio, avrà effetti ancor più dirompenti sul modo di porsi del responsabile del servizio finanziario. Sono d'accordo, quindi, sul fatto che la formazione andrebbe incentivata.

  MAGDA ANGELA ZANONI. È possibile avere il dettaglio di questi dati ?

  SALVATORE BILARDO, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni della Ragioneria generale dello Stato. Quanto al dettaglio, noi abbiamo fatto 76 corsi e abbiamo cercato di distribuirli un po’ su tutto il territorio nazionale. Anche in questo caso abbiamo cercato di porre attenzione affinché i corsi fossero omogenei ed effettivamente utili.
  Per quanto riguarda i revisori, è stata fatta una convenzione con l'Ordine dei dottori commercialisti, con il quale abbiamo fatto un corso di formazione online, che ha raggiunto un po’ tutti gli ordini sul territorio, finalizzato ai revisori.
  Il problema dei revisori è un problema serio anche per noi della Ragioneria generale dello Stato: tutte le volte in cui poniamo in essere un determinato adempimento abbiamo il problema di individuare i soggetti che ne garantiranno l'esecuzione.
  Per esempio, in materia di debiti commerciali vi è l'obbligo, dopo che la fattura elettronica entra nel sistema, nel momento in cui la si paga, di fornire l'informazione che è stata pagata. Abbiamo cercato di chiamare in causa, nella verifica di questo adempimento, i revisori. Come Ragioneria, noi chiamiamo sempre in causa i revisori, ma ci rendiamo conto che non sempre essi hanno la dovuta attenzione. Pongono anche un problema di compensi. Questo è effettivamente un problema serio, che va risolto e affrontato, perché noi li consideriamo lo strumento che ci può consentire di avere bilanci gestiti in maniera corretta.
  Per quanto riguarda i piccoli comuni, avete visto che poniamo la nostra attenzione su questo tema. Stiamo cercando di porre attenzione a questo aspetto specifico perché avvertiamo una certa preoccupazione. Recentemente abbiamo semplificato il documento di programmazione.
  Confidiamo inoltre molto sul processo di informatizzazione. Al riguardo, faccio sempre l'esempio di mia sorella, la quale è responsabile in un piccolo comune e che riesce a gestire, grazie ai sistemi informatici, riforme complesse come questa. Si tratta di un piccolo comune, di poco più di 1.000 abitanti,.
  Per quanto riguarda le autonomie speciali, per quelle che non sono partite nel 2015 e partiranno nel 2016 è prevista la gradualità prevista per tutti gli altri enti. Il primo anno porranno in essere gli adempimenti che gli altri hanno svolto nel 2015, e via di seguito.
  Il tema del pareggio che poneva il senatore Lai, purtroppo, pone un problema di copertura in termini di indebitamento netto. La proposta che abbiamo Pag. 18ricevuto, attraverso emendamenti nel corso dell'esame del disegno di legge di stabilità al Senato, di fatto autorizza allo sforamento nel primo anno, con possibilità di recupero nel biennio successivo. Di fatto, essa autorizza l'ente ad attestarsi oltre l'obiettivo che gli è stato posto. Ciò dal punto di vista formale, oltre che sostanziale, comporta la necessità di una copertura in termini di indebitamento netto. È un problema di finanza pubblica e di attuazione della legge n. 196 del 2009 di verifica degli impatti sui tre saldi di finanza pubblica.
  Quanto alla correlazione tra riforma e pareggio, in realtà vanno tutti nella stessa direzione, e la direzione è quella di consentire di spendere solo a chi effettivamente ha le risorse necessarie. Ciò che abbiamo rilevato è che, in passato, le regole del Patto di stabilità interno che ci hanno guidato fino al 2015 hanno consentito spazi finanziari a chi non aveva risorse, mentre non li hanno concessi a chi le risorse le aveva, sebbene si fosse poi cercato di attenuare tale fenomeno attraverso i Patti regionali e nazionali. Tra l'altro, scontava dietro la presenza di accertamenti non accompagnati dalle riscossioni. In realtà, questi sono due percorsi che avranno effetti, secondo le nostre aspettative, se cammineranno parallelamente, con l'unico obiettivo di consentire di effettuare spese a chi ha effettivamente le risorse.
  Con riguardo al bilancio triennale autorizzatorio, è vero che il quadro è incerto. È stato fatto un lavoro per il Sottosegretario Zanetti sull'evoluzione dell'imposizione immobiliare negli ultimi anni. Essa è cambiata, anno dopo anno, in maniera considerevole. La nostra speranza è che si possa stabilizzare il quadro legislativo di riferimento per la finanza locale nel suo complesso.
  Il bilancio consolidato è un'altra preoccupazione della Ragioneria generale dello Stato. Attraverso le regole del Patto di stabilità interno, e adesso attraverso le regole del pareggio e la riforma della contabilità di tutti gli enti territoriali, abbiamo il polso della situazione. Il fenomeno dell'esternalizzazione rappresenta l'impegno e la sfida per il futuro che, come Ragioneria generale dello Stato, stiamo affrontando, anche attraverso nuove forme di organizzazione all'interno della Ragioneria stessa. Ci rendiamo, infatti, conto del fatto che si tratta di un contesto del tutto nuovo, che va compreso e controllato..
  Noi abbiamo, a legislazione vigente, norme che impongono agli enti di coprire le perdite attraverso accantonamenti nei bilanci. Probabilmente non è sufficiente, ragion per cui dovremo prima conoscere meglio il fenomeno e poi prendere le decisioni conseguenti.
  Per le province è inutile che mi esprima. Purtroppo, non so cosa rispondere, anche perché penso che ancora, almeno dal mio punto di vista, non ci sia chiarezza su che cosa effettivamente debbano essere le «aree vaste» in futuro. Io penso che questa sia più una questione istituzionale, che riguarda il ruolo delle aree vaste. I problemi di contabilità seguiranno queste decisioni. È un'opinione assolutamente personale. Ancora non so chiaramente, anche alla luce della riforma Boschi, quale debba essere il ruolo delle aree vaste in futuro.

  PRESIDENTE. Chiaramente, questo sarà il prossimo capitolo della vicenda.
  A nome di tutta la Commissione, ringrazio il dottor Bilardo per il quadro che, con assoluta competenza, ci ha fornito e per la documentazione consegnata, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.20.

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ALLEGATO

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