XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 40 di Giovedì 12 marzo 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 2 

Audizione di rappresentanti dell'Unione delle province d'Italia (UPI) sui profili finanziari dell'attuazione della legge 7 aprile 2014, n.56, recante disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del regolamento della Commissione):
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 2 
Pastacci Alessandro , presidente dell'Unione delle province d'Italia (UPI) ... 2 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 6 
Fornaro Federico  ... 6 
Paglia Giovanni (SEL)  ... 7 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 7 
Dirindin Nerina  ... 7 
Marantelli Daniele (PD)  ... 7 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 8 
Pastacci Alessandro , presidente dell'Unione delle province d'Italia (UPI) ... 8 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 10 

Allegato 1: Nota sui profili finanziari della legge 7 aprile 2014, n. ... 11 

Allegato 2: La finanza provinciale – i dati sulla spesa centrale e locale, le manovre economiche e le conseguenze su bilanci e servizi ... 16

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.50.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Unione delle province d'Italia (UPI) sui profili finanziari dell'attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56, recante disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti dell'Unione delle province d'Italia (UPI) sui profili finanziari dell'attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56, recante disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni.
  Abbiamo con noi la delegazione dell'UPI, composta dal presidente dell'UPI, Alessandro Pastacci, nonché dai suoi collaboratori, Piero Antonelli, Barbara Perluigi e Luisa Gottardi.
  Do la parola al dottor Pastacci per lo svolgimento della relazione.

  ALESSANDRO PASTACCI, presidente dell'Unione delle province d'Italia (UPI). Buongiorno a tutti. Ringraziamo il presidente e tutti i componenti della Commissione per quest'audizione. Naturalmente, a noi fa molto piacere poter fare il punto della situazione relativa all'attuazione della legge n. 56 e, quindi, anche sull'attuazione del federalismo fiscale.
  La legge n. 56, approvata nell'aprile scorso, aveva come obiettivo una ridefinizione complessiva del quadro delle autonomie locali, ossia dei due livelli amministrativi più vicini ai cittadini, comuni e province, in rapporto anche con il quadro regionale, naturalmente in una logica di sistema che portasse a rafforzare ulteriormente i princìpi di sussidiarietà, di differenziazione delle funzioni, di ripartizione e anche di adeguatezza, secondo un principio fondamentale, quello della responsabilità degli amministratori.
  La trasformazione insita nella norma, poi attuata con le elezioni del 12 ottobre, riguarda le province che diventano enti di secondo livello e, quindi, di rappresentanza ampia e ormai associativa, potremmo dire, dei comuni, ossia delle realtà di base delle nostre comunità. Tuttavia, la legge non abolisce le province, ma impone un quadro nuovo dell'organizzazione territoriale, identificando e introducendo il tema dell'area vasta, prima tema di discussione nei confronti territoriali e ora entrato, con la legge n. 56, in un testo normativo. Esso va a definire un nuovo rapporto tra gli enti locali, in vista anche di successivi passaggi.
  Rimanendo sulla legge n. 56, che è quella oggi esistente, non essendoci la riforma costituzionale, abbiamo il quadro di una provincia rivista e ridefinita. La legge ridefinisce, infatti, completamente il volto delle province e va a inquadrare meglio, dopo anni, la necessità di una distinzione tra quelle che rimangono, che sono le funzioni fondamentali delle province e che sono poi inserite nella norma, Pag. 3e il quadro delle funzioni che via via nei decenni, nelle 15 regioni a statuto ordinario, sono state in maniera differenziata delegate alle province.
  Si crea così sicuramente, dal punto di vista dell'erogazione dei servizi ai cittadini, una situazione complessiva di equilibrio, ma di scarsa chiarezza, tra la compartecipazione a queste funzioni da parte della regione, con il trasferimento delle risorse, non sempre adeguate, come abbiamo visto nelle analisi condotte in questa fase di riattribuzione o di ridefinizione dei quadri normativi regionali, e di quelle che erano invece le risorse proprie delle province, le quali venivano destinate a queste materie delegate, naturalmente ridistribuendole su queste funzioni rispetto al cuore delle loro funzioni. Oggi quest'analisi diventa pregnante.
  Diventa fondamentale il ruolo delle province rispetto ai comuni, perché si introduce nella legge n. 56 un aspetto fondamentale, ossia il supporto all'attività di coordinamento dei comuni, ma anche di servizio. Questo è l'altro elemento importante, considerando che oltre il 70 per cento dei comuni italiani ha una popolazione inferiore ai 5.000 abitanti. Questo dato si ritrova mediamente in tutte le province, il che la dice lunga.
  Un altro elemento importante è quello dell'articolo 1, comma 90, della legge n. 56, che individua nelle province l'ente ottimale a cui si devono rifare le regioni per poter avere elementi premiali rispetto ad agenzie e soggetti regionali che operano su base sub-regionale, e quindi con riferimenti territoriali che possono essere quelli dimensionali delle province.
  Quanto allo stato di attuazione della legge n. 56, non riusciamo a capire il quadro finanziario se non partiamo da un presupposto, che è il quadro della legge n. 56, che si incontra poi, nell'ottobre di quest'anno, con la legge di stabilità. Pertanto, avremo così il quadro vero e proprio, da cui trarremo le conclusioni rispetto al livello di attuazione del federalismo fiscale.
  Lo stato di attuazione è praticamente quello che ha avuto definitivamente corso il 26 settembre dell'anno scorso, con l'approvazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e, quindi, con le indicazioni attuative della legge n. 56. Sono state previste la mappatura delle funzioni, la ridefinizione e la riattribuzione eventuale delle funzioni alle province, o il loro trasferimento definitivo alle regioni o ai comuni, entro il 31 dicembre 2014. La normazione regionale sarebbe dovuta intervenire a quella data, consentendo dal 1o gennaio 2015, di avere il quadro definitivo di attribuzione delle funzioni ai singoli enti – comuni, province e regioni – nonché il quadro finanziario ridefinito.
  La legge prevedeva che, fatta la mappatura delle 21 funzioni, come uscite dall'Osservatorio regionale sulle province, da parte delle rispettive regioni, le funzioni, alle quali veniva attribuita l'entità finanziaria e l'entità di personale, se trasferite, si trasferissero agli altri soggetti.
  Ad oggi praticamente una sola regione ha prodotto una legge regionale di riassetto. Le altre hanno prodotto una deliberazione dell'organo esecutivo, attualmente in discussione nei Consigli regionali e un paio di regioni ad oggi non hanno ancora prodotto alcun atto di indirizzo.
  Per ora che cosa sta accadendo ? Sta succedendo che, secondo la norma di salvaguardia, le province italiane stanno gestendo tutte le funzioni come prima. Finché non intervengono la normazione definitiva delle regioni e l'analisi del fabbisogno, ma in particolare la normazione regionale, la norma di salvaguardia prevista nella legge n. 56 consente alle province di continuare a esercitare tutte le funzioni.
  Il punto che si evidenzia è che le province non operano, quindi, nelle funzioni risultanti dal riordino, perché operano nelle funzioni di prima. È stata rinviata definitivamente l'attuazione della norma, perché le norme regionali interverranno quest'anno, col quadro che avremo in corso nel 2015 o, in alcuni casi, immaginiamo, nel 2016.
  Vi sono situazioni molto differenziate, da quelle che prevedono un riaccentramento complessivo nelle regioni, a quelle Pag. 4che prevedono una riattribuzione quasi in toto alle province, a situazioni miste. Questo nelle 15 regioni a statuto ordinario, perché le altre 5 regioni hanno un anno di tempo per l'attuazione della norma.
  In più, c’è il tema centrale delle città metropolitane, che rimangono parte integrante di tutto questo processo – e dal punto di vista finanziario non può essere diversamente – ma che subiscono anche una normazione che non dà slancio a questo nuovo soggetto che si è configurato con l'attuazione della legge Delrio.
  Naturalmente, il problema è anche, e lo vedremo, quello di individuare una maggiore capacità delle province di supporto ai comuni, capacità che sta decollando con grandissima difficoltà, perché nel frattempo è intervenuta la legge di stabilità e, con essa, il problema finanziario.
  In ultima analisi, c’è il problema legato alla gestione del patrimonio e al personale, non potendo più seguire l'attuazione della legge Delrio, per via del decreto intervenuto successivamente con la stabilità che prevede di ridurre la spesa relativa al personale, senza ridurre il personale. È stato ridefinito un quadro di attuazione della norma al 23 dicembre, con l'approvazione della legge di stabilità e, quindi, con la legge n. 190 del 2014.
  Cosa è successo dal punto di vista finanziario in questo quadro normativo che si è andato evolvendo nel corso del 2014 ? Viene sicuramente meno un principio fondamentale sancito dall'articolo 119 della Costituzione, ossia che le risorse finanziarie proprie degli enti territoriali devono essere utilizzate per le funzioni loro attribuite.
  Questo è un principio, io credo, fondamentale nel tema dell'attuazione del federalismo fiscale. Se viene meno questo principio, viene meno il principio dell'attribuzione di queste risorse alla comunità con una produzione di finanza propria e, quindi, di tributi propri per il reperimento delle risorse e si pone, quindi, il tema della responsabilità dell'amministratore che fa questa scelta.
  Questo, purtroppo, con la legge di stabilità e con l'introduzione del contributo di un miliardo di euro nel 2015, di 2 miliardi nel 2016 e di 3 miliardi nel 2017, diventa un elemento di grandissima criticità, perché in questa fase le province mantengono le funzioni di prima, in attuazione delle leggi regionali, ma entro, ormai probabilmente, il 30 giugno, se questo sarà, ci sarà un prelievo automatico di questo miliardo di risorse proprie delle province. Non trattandosi di un taglio, esso non può essere oggetto di una ridefinizione, o di un fondo, come poteva essere il Fondo di perequazione che lo Stato distribuiva alle province. Non trattandosi di finanza derivata, ma di risorse proprie, questo è un contributo che le province erogano ai fini dei provvedimenti della legge di stabilità. Se questo non avviene, esiste un prelievo automatico sul trasferimento del pagamento dell'RC Auto o, se è incapiente, dell'IPT, che sono i tributi propri.
  Questo cosa significa ? Significa che, essendo il prelievo automatico, se rimangono i costi, i costi comunque devono essere sostenuti, ma le risorse vengono meno in maniera automatica. Questo è il problema fondamentale e, io credo, anche il nodo che riguarda questa Commissione rispetto alle criticità di questo quadro normativo, in relazione al rafforzamento e all'attuazione del federalismo fiscale, a meno che non sia l'attuazione del federalismo fiscale in meno e non in più. Questa è una valutazione che è lasciata a voi.
  A questo problema si aggiunge fondamentalmente che, anche rispetto ai quadri finanziari elaborati ad agosto, con il primo intervento normativo che prevedeva questo prelievo automatico – che era quello a copertura del decreto-legge n. 66 del 2014, il quale aveva già previsto questa modalità di copertura e di contributo delle province – noi avevamo già fatto un quadro finanziario della criticità che si stava creando, considerando che dalla fine del 2013, praticamente, le province non hanno più trasferimenti dallo Stato, ma contano solo sulle proprie risorse.
  Nel 2014 a questo si aggiunge la seconda tranche di risorse da trasferire, che è di circa 512 milioni. Sommate al miliardo, Pag. 5nel 2015 si ha 1,512 miliardi di risorse che devono essere erogate come contributo dalle attività locali alle funzioni esercitate dallo Stato.
  Questo, come potete immaginare, rispetto al quadro normativo di copertura, dal punto di vista finanziario, mi sembra molto chiaro. Dal punto di vista funzionale è naturale che queste risorse, in questo esercizio specifico, ossia nel 2015, vengono tolte dai servizi locali.
  Per quale motivo ? Perché la copertura di questo contributo e, quindi, la riduzione dei costi da parte delle province per poter generare un'entrata da trasferire allo Stato era, nelle intenzioni del legislatore, figlia di un minor costo derivante dal trasferimento del personale. Il costo del personale, però, rimarrà, perché almeno nel primo trimestre l'abbiamo pagato tutto e probabilmente lo pagheremo anche nel secondo e nel terzo. L'attuazione dei provvedimenti regionali sarà, infatti, successiva e, quindi, quella contribuzione allo Stato potrà essere fatta solo ed esclusivamente andando a ridurre ulteriormente la dotazione finanziaria.
  Facciamo presente che la dotazione finanziaria, a seguito del decreto-legge n. 95 del 2012 e del decreto-legge n. 66 del 2014 è passata progressivamente da 9 miliardi a 8,5 miliardi, attestandosi nel 2014 a 7,2 miliardi in parte corrente. Questo vuol dire che nel 2015, nel 2016 e nel 2017 arriveremo a meno 3 miliardi in parte corrente, mantenendo però funzioni fondamentali, che sono quelle, come sapete, legate alla gestione del 70 per cento del sistema infrastrutturale e viario della nazione, oltre che di 5.000 edifici scolastici, con 2.500.000 studenti che frequentano nelle scuole, con tutte le conseguenti azioni e attività che vengono svolte, che possono essere quantificate e che trovate nella documentazione allegata.
  A questo si somma un problema che abbiamo evidenziato nella legge di stabilità, e prima ancora nelle analisi condotte nei mesi antecedenti alla sua approvazione, nonché nella fase di cosiddetta definizione del decreto-legge n. 192 del 2014, c.d. Milleproroghe. La condizione, ormai strutturale, di diverse province, già nel 2014, per poter assolvere al pagamento del contributo previsto dal decreto-legge n. 66 del 2014, è lo sforamento del Patto di stabilità, perché avevano coperto il contributo da erogare allo Stato con un riequilibrio di bilancio attraverso l'utilizzo dell'avanzo di amministrazione.
  L'avanzo di amministrazione che si era prodotto, solitamente, negli ultimi anni veniva congelato, perché essendo aumentato il saldo-patto ed essendo l'utilizzo dell'avanzo di amministrazione rilevante ai fini del Patto di stabilità, tale avanzo veniva continuamente accantonato. In questa fase, però, per poter riequilibrare il bilancio, come è naturalmente indicazione prioritaria nella gestione, dovendo fare una scelta, le province hanno riequilibrato, ma hanno anche sforato il Patto di stabilità.
  Questa, naturalmente, diventerà una situazione quasi totalitaria nel 2015, perché chi ancora ha dell'avanzo di amministrazione lo utilizzerà per riequilibrare, se riesce a riequilibrare. Buona parte degli enti, invece, come avrete notizia, in conseguenza del contributo richiesto non riesce a fare i bilanci di previsione perché probabilmente c’è un errore sulla previsione del miliardo di contributo.
  Detto questo, c’è stata ed è in corso un'interlocuzione con il Presidente del Consiglio dei ministri, con il Dipartimento per gli affari regionali e con il Ministero dell'economia e delle finanze su elementi e provvedimenti che possano permettere una correzione e favorire alcuni processi di copertura, per avere maggiori risorse. Tali provvedimenti sono diretti intanto a ridurre l'impatto delle sanzioni legate al Patto di stabilità, che, se vengono confermate per il 2014, gravano per ulteriori 400 milioni circa sulle finanze degli enti che hanno sforato il Patto.
  Inoltre, c’è l'elemento legato alla riduzione di alcuni costi strutturali che sono oggi indicati, come la rimodulazione e la ridefinizione dei Piani di ammortamento dei mutui, nonché la cessione del patrimonio delle province. Quanto al tempo e all'effetto sul bilancio 2015, per quanto Pag. 6riguarda la cessione del patrimonio, noi riteniamo che questo, non potendo essere considerato un'entrata di parte corrente, ma eventualmente solo di parte capitale e riducendo solo una parte dell'indebitamento, con un effetto che non è un effetto leva, ma è un effetto sicuramente minore rispetto alla quantità di risorse che possono essere incamerate, riduca notevolmente la possibilità di avere un quadro in equilibrio.
  In conclusione, quello che portiamo alla vostra attenzione, rispetto alle due risorse fondamentali che sono rimaste alle province, ossia l'IPT e l'RC Auto, che sono tributi propri, è la necessità che, per mantenere un livello di autonomia, in coerenza con l'attuazione del federalismo fiscale, tali risorse debbano rimanere a disposizione della finanza locale per l'esercizio delle funzioni locali. Diversamente, questo soggetto intermedio, che diventa un soggetto fondamentale per i comuni, rischia di non esercitare più definitivamente le proprie funzioni, a danno degli stessi enti che oggi dovrebbero essere i protagonisti di queste operazioni, ossia i comuni.

  PRESIDENTE. Il quadro, come temevamo, è sicuramente complicato e sconfortante.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FEDERICO FORNARO. Ringrazio il presidente. Mi sembra che, purtroppo, abbiamo avuto solo conferme. Da questo punto di vista la nostra richiesta di portare l'attenzione della Commissione sullo stato d'avanzamento della legge Delrio era una richiesta giusta e necessaria. È chiaro che il passaggio sarà verificare nelle prossime audizioni quale sia l'intendimento del Governo.
  Mi pare che, come già emerso nell'audizione precedente, ci sia la necessità di mettere mano a un decreto urgente sugli enti locali per prendere atto, in alcuni casi, di ritardi, non tutti imputabili, mi sento di dirlo, allo Stato e, quindi, al Governo. C’è un tema di inadempienze o comunque di ritardi delle regioni piuttosto evidente. Come l'ha fatto la Toscana – lo dico come battuta – non si vede perché non potessero farlo altre regioni.
  È chiaro che questo porta evidentemente a un tema delicato, che è il rapporto tra Regioni e Stato. Quando la coperta è corta, ognuno la tira dalla sua parte. Quello che non è assolutamente accettabile, e che quindi deve vedere impegnati tutti, è questa situazione di assoluta incertezza, che ha riflessi anche verso l'esterno, sulla qualità e quantità dei servizi resi ai cittadini. Valga per tutti la manutenzione delle strade. Basta andare in giro per vedere qual è la differenza tra ieri e oggi.
  Evidentemente c’è poi anche il senso di responsabilità nei confronti degli enti e di chi oggi ha accettato questa missione di amministrare le province. Io credo che si stia avvicinando il momento della verità, che sarà quello dei bilanci. In queste condizioni difficilmente ci saranno amministratori che si assumeranno questa responsabilità, con tutte le relative ricadute.
  L'auspicio è ovviamente che, il più velocemente possibile, si rimetta un po’ in filo tutto e si riescano ad avere dei punti fermi di certezza che consentano di amministrare questa fase di transizione, difficile e complessa, ma non impossibile, ovviamente partendo da una riflessione critica o autocritica sulla dimensione del taglio, che, sicuramente, per il 2016 e il 2017 è impossibile e che per il 2015 deve porre una riflessione sul fatto se sia sostenibile. Personalmente, ritengo di no. Ritengo che il miliardo non sia sostenibile e che, quindi, bisognerebbe ragionare su questo aspetto.
  Chiudo con una battuta ottimistica. Ogni tanto ci vuole anche. Mi sembra che l'unico dato favorevole alle province sia quello delle vendite di auto di gennaio, perché indica una ripresa del mercato automobilistico. Sapendo che le province per una quota ricavano le loro entrate da quello, è una notizia positiva. È una battuta, ma, nell’àmbito delle varie componenti, la crisi del mercato automobilistico Pag. 7ha portato il suo contributo negativo. Se riprende, almeno qualche centesimo in più arriverà.

  GIOVANNI PAGLIA. A me, invece, stupisce molto meno che le regioni non normino, perché mi sembra di capire che qui, più che contendersi le competenze, si tratti di contendersi i tagli. In un quadro del genere anch'io fondamentalmente rimanderei tutto in avanti. Alle regioni che cosa compete ? Di attrarre su di sé tagli e difficoltà che attualmente sono distribuite altrove. Questa è la condizione in cui sono state messe, mi sembra di capire, e non da oggi. Dovranno normare, ma io credo che non si risolverà il problema, perché non è che, se si spostano i tagli dalle province alle regioni si sia risolta la questione.
  Provo a vedere se ho capito bene. Sostanzialmente si tratterebbe, fra la prima e la seconda audizione odierna, di rottamare il 20-25 per cento della legge di stabilità. Non mi sembra che se ne esca in un altro modo. Si dovrebbe dire oggi che i 3 miliardi di euro di tagli si recuperano altrove e che si era individuata una copertura sostanzialmente inesistente, se non a prezzo di quello che stiamo vivendo. Lo dico da opposizione, ma non mi sembra che il quadro sia molto diverso.
  Da questo punto di vista, passando alla domanda, voi avrete, immagino, un'interlocuzione col Governo aperta e continuativa. Io chiedo quali siano le risposte che, anche informalmente, stanno arrivando sotto questo punto di vista. Più che una questione di legge, questa mi sembra una questione di risorse, indipendentemente da dove si allochino le competenze e il personale, a meno che non li si voglia realmente spostare altrove. Questo è il tema di fondo.
  La seconda considerazione è forse una provocazione. Da una scorsa rapida alle tabelle, e anche avendovi ascoltato, fondamentalmente, a parte i costi fissi, noi siamo in una situazione in cui paghiamo sempre più il personale anche se non eroga servizi. Mi sembra infatti che stiamo arrivando a una situazione in cui si ha sempre più difficoltà a erogare servizi e in cui di fatto la spesa viene assorbita dalla macchina. Il fatto è che non si può trasferire il personale, perché viene inchiodato lì, ma, in realtà, viene inchiodato lì non a erogare servizi, ma a mantenere se stesso.
  A me sembra che all'atto pratico diventi questo, quello di una macchina provinciale sempre più autistica, sempre più centrata in se stessa a sopravvivere molto male, fino a quando non potrà più andare avanti. Non può più neanche essere commissariata.

  PRESIDENTE. Gli esuberi della provincia non li vuole nessuno, nel senso che nessuno è in grado di sostenerne il costo. Che fine fanno questi dipendenti ?

  NERINA DIRINDIN. Anch'io ringrazio per il quadro molto chiaro e per le preoccupazioni, che sono certamente importanti e condivisibili. Aggiungo una piccola curiosità, si fa per dire.
  Io ho visto la drastica riduzione degli incassi dell'RC Auto. Tra i diversi fattori possibili quali sono, secondo voi, se avete fatto qualche riflessione o qualche analisi, quelli che incidono di più ?

  DANIELE MARANTELLI. Anch'io ringrazio molto. L'intenzione nostra è quella di provare a colmare il divario che c’è tra impalcatura e realtà. Il provvedimento sulle province mi sembra uno degli esempi più importanti.
  Che cosa abbiamo visto nelle ultime settimane ? Abbiamo visto il Governo e il ministro recentissimamente esprimere un giudizio molto severo nei confronti delle regioni, alle quali attribuiscono la responsabilità dell’impasse.
  Noi sappiamo con sicurezza – l'ha detto anche Delrio – che alle province è stata attribuita la competenza in materia di strade provinciali e scuole e che il resto è di competenza delle regioni. Così dice Delrio nella recente intervista che ha rilasciato tre o quattro giorni fa. In realtà, poi le regioni, dal loro punto di vista, procedono con fatica a causa dei tagli che Pag. 8hanno avuto anche loro e il risultato di tutto questo è un'evidente situazione di incertezza e di confusione.
  L'apporto di questa mattina per noi è prezioso, intanto perché ci permette di conoscere meglio la realtà. Anche i dati contenuti nell'elaborazione, che, per la verità, vedo essere datata 28 gennaio, sono molto ben fatti e rendono un'idea di insieme.
  Al netto della riforma costituzionale, che avrà i suoi tempi, e condividendo le valutazioni che facevano prima i colleghi, anche se può apparire fuori tema, presidente, io volevo chiederle una cosa. Prima della prossima legge di stabilità, molto prima, bisognerà arrivare ad alcune decisioni importanti. Io penso che una delle questioni che vanno affrontate rapidamente, per esempio, sia la questione della local tax. Noi non possiamo pensare di affrontare questa questione a novembre o dicembre. Va iniziato subito questo confronto e su questo vorrei una sua valutazione.
  Alla fine il cittadino, parliamoci chiaro, fa fatica a capire se le strade le debba mettere a posto la provincia, la regione, il comune o il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Vuole capire perché nelle strade ci sono le buche. In questo senso a me sembrava interessante, anche se forse non è di sua stretta attinenza, conoscere anche la sua valutazione al riguardo, anche per aiutarci nel nostro lavoro.

  PRESIDENTE. Do la parola al Presidente Pastacci per la replica.

  ALESSANDRO PASTACCI, presidente dell'Unione delle province d'Italia (UPI). Dalle domande sono emersi alcuni elementi. Cercherò di ripercorrerli un po’ tutti. Se eventualmente ne rimane qualcuno, lo riprendiamo.
  Il dato relativo agli anni 2015, 2016 e 2017 è insostenibile. Lo prendiamo come un dato di studio. Potrebbe essere una buona analisi in una tesi universitaria per capire quale sia la ricaduta nel momento in cui si volesse provare ad applicare quello strumento, ma sarebbe stato interessante se tale studio fosse stato fatto prima che questo diventasse legge.
  Detto questo, sul 2015 il problema è che ricade direttamente sull'esercizio in cui si erogano i servizi. Non è solo più programmazione. Il tema principale è prendere atto che vi è un totale disallineamento tra la gestione del prelievo delle risorse a questi enti e il riassetto che porta una ridefinizione dei costi di queste strutture.
  Questo era in linea, e aveva tempi definiti, con la legge di riforma Delrio. La legge di riforma Delrio non ci aveva spaventato da questo punto di vista, perché il quadro che si andava a ridefinire avrebbe avuto un quadro finanziario invariato, ma esclusivamente ridistribuito, perché le risorse seguivano le funzioni nei vari enti, ma le seguiva anche il personale che generava questi costi, con la copertura dei costi conseguenti e delle risorse. Il problema era gestire in maniera chiara la tempistica, ma sapendo che il quadro delle risorse, finanziarie e umane, per erogare i servizi c'era, pur con dei correttivi e i tempi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 settembre.
  Il problema è l'elemento di grande «disturbo» nell'attuazione della norma che è stata la legge di stabilità per il 2015. Questo miliardo, rispetto alle valutazioni fatte dal Governo nella sede di definizione della stabilità e al quadro reale della situazione, è completamente disallineato. Lo stiamo vedendo nella fase di attuazione.
  Questo disallineamento si sta ulteriormente aggravando nei tempi, perché naturalmente, ma questo era molto prevedibile, si unisce l'ulteriore elemento che prima era presente, ma non ancora manifesto, che riguarda i tempi delle regioni.
  Le regioni hanno avuto pochissimo tempo, dal 27 novembre. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è stato approvato il 26 settembre ed è stato pubblicato il 12 novembre. Dal 12 novembre partivano i quindici giorni da parte delle province per produrre la mappatura alle regioni, che da lì al 31 dicembre avrebbero poi dovuto produrre il testo Pag. 9normativo attraverso gli osservatori regionali. Le province hanno prodotto tutto il materiale il 27 novembre. Dal 27 novembre al 31 dicembre era quasi impossibile, con le leggi di bilancio che le regioni avevano in corso, che questo venisse definito.
  Io credo, correttamente, che nel 2015 si debba rimettere mano a questa impostazione, perché non c’è solo un problema di tenuta dei servizi rispetto al quadro finanziario, che è un elemento tipicamente delle leggi di stabilità, cioè valutare le previsioni finanziarie, ma si rischia anche che non si riesca a dare attuazione a un provvedimento di riforma, che è quello della legge Delrio sugli enti locali.
  Velocemente, l'interlocuzione col Governo è in corso da luglio e agosto dell'anno scorso – io vi dico vi riferisco i fatti, dopodiché voi valuterete gli atti che sono stati prodotti. La situazione, che si è aggravata con la legge di stabilità, era già presente nel decreto-legge n. 66 del 2014.
  Nell'agosto del 2014 noi abbiamo prodotto una due diligence complessiva su 104 province, rispetto alle 107, che forniva il quadro finanziario chiaro. Era, quindi, possibile valutare gli impatti rispetto al prelievo dei tributi propri che si stava attuando. Sono stati individuati, quindi, questi provvedimenti relativi a personale, mutui e immobili.
  Tuttavia, per i mutui sono in fase di definizione le modalità da parte di Cassa depositi e prestiti, e prima di fine marzo non le avremo. Per gli immobili il regolamento per la gestione del fondo INVIMIT è ancora da definirsi. Le problematiche relative al personale le avete di fronte agli occhi. Siamo già in corso d'esercizio, il che vuol dire che la previsione probabilmente – ce lo auguriamo – potrà essere realmente oggetto di un decreto che rifaccia in parte il quadro.
  Per quanto riguarda la riduzione dell'RC Auto, i motivi sono fondamentalmente due. Uno è il calo delle immatricolazioni e ciò che ne è conseguito. Poi c’è un altro elemento, che è ancora più grave, ossia, purtroppo, quello dell'evasione per la quale si sta svolgendo, anche sui territori, congiuntamente alle Forze dell'ordine, un'attività di un controllo e anche, io auspico, l'introduzione di meccanismi che in automatico possano verificare se effettivamente sia presente la copertura RC Auto, come può succedere con la rilevazione delle targhe in alcuni punti o varchi di controllo tramite sistemi automatizzati. Questo inizia a diventare un vero problema soprattutto di sicurezza stradale, se manca la copertura assicurativa.
  Chiudo con la local tax. Per la local tax c’è stato un grande dibattito, che è iniziato a novembre dell'anno scorso. È durato circa tre settimane, giusto perché così attenuava – scusate – il discorso dei tagli. Al loro posto si parlava di local tax. Poi questo tema è stato rimandato. Il problema della local tax è un tema che, naturalmente, chi, come me, è stato sindaco o amministratore, conosce. Il tema di una fiscalità locale attribuita esclusivamente alla gestione dell'ente, per poter assolvere a tutte le funzioni ad esso affidate, e alle proprie scelte, è un percorso che ormai da anni si richiede e che è venuto meno poi con l'introduzione di alcuni provvedimenti che hanno eliminato tributi locali compensandoli con fondi nazionali, i quali sono andati poi via via riducendosi e, quindi, hanno creato una commistione.
  Non a caso, dai sindaci e dal territorio in alcuni momenti è venuto il grido: «Ci sentiamo esattori e basta». Si viene visti come coloro che richiedono le tasse ai cittadini, perché effettivamente queste nascono da una valutazione e da una contribuzione locale, ma finiscono pro quota non nel territorio, ma fuori. Io credo che vada non solo ripreso, ma anche accelerato, questo confronto, in una ridefinizione dell'assetto della tassazione locale, soprattutto per fare massima chiarezza tra i livelli.
  Faccio un piccolo paragone con quello che sta accadendo alle province. Noi oggi abbiamo l'RC Auto e, poi, quando l'RC Auto sarà incapiente, avremo l'IPT, che sono tributi propri che il cittadino si aspetta vengano spesi per la sicurezza delle strade e per la gestione delle scuole, Pag. 10ossia per qualcosa che vede e vive quotidianamente, ma che finiranno su altre cose.
  Io credo che la chiarezza porterebbe a ridurre probabilmente le aliquote RC Auto e IPT e le entrate delle province. Se queste tasse non servono più per assolvere alle loro funzioni, come viene ritenuto dal legislatore, si possono ridurre, per aumentare, invece, l'IRPEF a livello nazionale, perché sono somme che servono per coprire il fabbisogno e l'esercizio delle funzioni dello Stato. Questa è la chiarezza e io credo che sarebbe un elemento maggiore di attuazione del federalismo fiscale.

  PRESIDENTE. Grazie. Con questo noi siamo, ovviamente, d'accordo, ma la tendenza è leggermente diversa.
  Noi ringraziamo i nostri ospiti dell'UPI, che ci hanno fornito questo quadro di insieme e per la documentazione consegnata, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegati).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.30.

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ALLEGATO 1

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ALLEGATO 2

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