XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 39 di Giovedì 12 marzo 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) sul Fondo di solidarietà comunale e sui profili finanziari dell'attuazione della legge 7 aprile 2014, n.56, recante disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del regolamento della Commissione):
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 
Castelli Guido , Sindaco di Ascoli Piceno, delegato per la finanza locale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ... 3 
Ferri Andrea , Responsabile dell'Area finanza locale e catasto dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ... 4 
Castelli Guido , Sindaco di Ascoli Piceno, delegato per la finanza locale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ... 4 
Ferri Andrea , Responsabile dell'Area finanza locale e catasto dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ... 4 
Castelli Guido , Sindaco di Ascoli Piceno, delegato per la finanza locale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ... 4 
Ferri Andrea , Responsabile dell'Area finanza locale e catasto dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ... 5 
Fornaro Federico  ... 9 
Ferri Andrea , Responsabile dell'Area finanza locale e catasto dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ... 9 
Fornaro Federico  ... 9 
Ferri Andrea , Responsabile dell'Area finanza locale e catasto dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ... 10 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 10 
Zanoni Magda Angela  ... 10 
Paglia Giovanni (SEL)  ... 10 
Nicotra Veronica , Segretario generale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ... 10 
Paglia Giovanni (SEL)  ... 11 
Nicotra Veronica , Segretario generale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ... 11 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 11 
Ferri Andrea , Responsabile dell'Area finanza locale e catasto dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ... 12 
Zanoni Magda Angela  ... 12 
Ferri Andrea , Responsabile dell'Area finanza locale e catasto dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ... 12 
Castelli Guido , Sindaco di Ascoli Piceno, delegato per la finanza locale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ... 12 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 12 

ALLEGATO: Documentazione depositata dai rappresentanti dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) ... 13

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) sul Fondo di solidarietà comunale e sui profili finanziari dell'attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56, recante disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) sul Fondo di solidarietà comunale e sui profili finanziari dell'attuazione della legge 7 aprile 2014, n. 56, recante disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni.
  Do il buongiorno e il benvenuto alla delegazione dell'ANCI, che è composta dal sindaco di Ascoli Piceno, dottor Castelli, delegato per la finanza locale, e dal dottor Ferri, responsabile dell'Area finanza locale e catasto dell'ANCI.
  Ringraziando il sindaco di Ascoli Piceno, dottor Castelli, per aver risposto al nostro invito, gli do subito la parola.

  GUIDO CASTELLI, Sindaco di Ascoli Piceno, delegato per la finanza locale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI). Grazie alla Commissione dell'opportunità. Cercherò di fornire un inquadramento generale, salvo poi, al termine, passare la parola al dottor Ferri dell'Istituto per la finanza e l'economia locale – IFEL per una più compiuta valutazione di alcuni aspetti che noi sintetizziamo nella richiesta di un decreto enti locali, che possa in qualche misura intervenire su alcuni temi che nella legge di stabilità avrebbero dovuto trovare una loro regolazione e che, per qualche motivo, non è stato possibile puntualizzare, così come condiviso e valutato congiuntamente con il Governo.
  Mi intratterrò brevemente sulle problematiche, in particolare, delle città metropolitane. Con riferimento alla missione di questa Commissione, evidenzio che le involuzioni che il quadro storico italiano ha avuto rispetto a un organico intervento di federalismo fiscale oggi creano delle incertezze e delle opacità, dovute al fatto che una serie di interventi successivi di carattere ordinamentale e finanziario hanno fortemente cambiato il quadro complessivo su cui si calava anche la missione originaria di questa Commissione.
  Parlando di città metropolitane, vi è ormai una convinzione diffusa che gli squilibri finanziari che caratterizzano questi enti nascenti devono poter trovare nell'immediatezza una risposta, dal momento che ci sono due situazioni che in qualche misura ci allarmano profondamente.
  Da un lato, vi è il fatto che la situazione economico-finanziaria delle città, pressoché di tutte, presenta dei disavanzi importanti Pag. 4e degli squilibri che, allo stato, non possono consentire un avvio della riforma degno di tal nome.
  Dall'altro, una valutazione, rispetto alla prima strumentale e ancillare, è che almeno nove delle città metropolitane si trovano oggi nella condizione di aver esaurito le proprie capacità fiscali. Necessariamente, una valutazione prospettica di quello che dovrà essere il loro futuro non può non prevedere anche una disciplina innovativa e diversa rispetto alla capacità di prelievo.
  Sono nove su quattordici, mi pare, dottor Ferri.

  ANDREA FERRI, Responsabile dell'Area finanza locale e catasto dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI). Considerando anche le regioni a Statuto speciale.

  GUIDO CASTELLI, Sindaco di Ascoli Piceno, delegato per la finanza locale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI). Esatto, le entrate proprie, ossia l'RC Auto e l'IPT, sono esaurite.
  Pertanto si è iniziata una valutazione con il Governo per quanto riguarda la possibilità di trovare soluzioni alternative che possano consentire almeno a queste città metropolitane di avere un approvvigionamento finanziario utile e sufficiente allo svolgimento delle loro funzioni.
  Al di là di questo aspetto, c’è una tematica molto importante e significativa che riguarda il processo di determinazione dell'obiettivo di Patto per quanto riguarda le città metropolitane. Già il 26 febbraio di quest'anno, in Conferenza Stato-regioni è stata ipotizzata, sia per il comparto dei comuni, sia per gli enti di area vasta, sia per le città metropolitane, una revisione procedurale dell'obiettivo di Patto.
  Ogni anno noi diciamo che è un anno orribile, ma questo è un po’ più orribile degli altri, perché c’è una concomitanza che, al netto delle vicissitudini ben note, determina il processo della nuova contabilità, la quale già di per sé porta un allineamento dei conti dei comuni, che il comparto ha deciso responsabilmente di accettare, così come previsto dalla normativa nazionale, proprio per dare veridicità e sostegno ai nostri bilanci. Tutto ciò, però, come sapete, determina l'obbligo di accantonare fondi e residui di dubbia o complessa esigibilità, tale da produrre una diminuzione della capacità di spesa importante.
  Nella proposta ANCI, che è stata elaborata proprio dal dottor Ferri, noi cerchiamo di combinare questo effetto con la riduzione dell'obiettivo di Patto nominale. Questo riguarda i comuni, ma un processo non dissimile l'abbiamo proposto anche per quanto riguarda città metropolitane ed enti di area vasta. Ancora non ne è stato individuato un veicolo, dovrebbe essere un intervento normativo urgente. L'accordo c’è in Conferenza unificata. Ci sono una certa esigenza e anche una certa urgenza, visto che il 31 marzo, salvo differimenti, che non sono stati chiesti, i bilanci di previsione necessitano di avere con precisione la formulazione e l'indicazione dell'obiettivo di Patto. Quest'anno essa è proprio il frutto della riduzione nominale che è stata accordata in legge di stabilità, la quale, però, deve trovare un contrappunto in una determinazione – lo dico brevemente – che ad oggi non era possibile fare, per ragioni proprio logiche, di quanto peserà il Fondo crediti di dubbia esigibilità.
  Noi abbiamo fatto delle stime, che si orientano sui 3,3 miliardi di euro...

  ANDREA FERRI, Responsabile dell'Area finanza locale e catasto dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI). La nostra stima iniziale era intorno ai 2,8 miliardi di euro, con il fondo pieno, cioè con il riflesso in bilancio pieno. Adesso le stime sono rese più complicate dal fatto che, tra enti sperimentatori e non sperimentatori, ci sono stati degli aggiustamenti anche nelle valutazioni del Ministero dell'economia e delle finanze, che stima in 1.750 milioni di euro l'impatto del Fondo crediti di dubbia esigibilità, comprensivo delle modifiche impostate nell’iter della legge di stabilità.

  GUIDO CASTELLI, Sindaco di Ascoli Piceno, delegato per la finanza locale dell'Associazione Pag. 5nazionale comuni italiani (ANCI). Il problema è che, per avere contezza ufficiale di quello che ha appena detto il direttore Ferri, dovremo aspettare fine 2015-inizio 2016, orientativamente.
  Nella metodica di individuazione dell'obiettivo di Patto abbiamo introdotto dei riferimenti alla capacità di riscossione, che tendenzialmente dovrebbe parametrarsi anche su quelli che saranno gli esiti dei fondi. È ragionevole pensare che chi ha una capacità di riscossione maggiore abbia un Fondo crediti di dubbia esigibilità minore. Questi, però, sono meccanismi presuntivi, razionali e credibili, che tuttavia richiedono di essere subito tradotti in una norma, proprio per essere coerenti con l'obbligo di onorare il principio dell'approvazione del bilancio di previsione in tempi non biblici. Vi ricordo che l'anno scorso arrivammo a ottobre e novembre, con tutto ciò che ne è derivato.
  Il secondo macro-problema, oltre alla determinazione degli obiettivi di Patto, è la modalità di calcolo dei tagli, con particolare riferimento al riparto del taglio da un miliardo di euro della legge di stabilità. Le difficoltà, le ritrosie, le incertezze che il sistema delle regioni sta inevitabilmente mostrando rispetto all'individuazione delle funzioni, soprattutto per quanto riguarda le aree vaste, richiede certezze anche da questo punto di vista. Si tratta di un intervento che non ha un impatto finanziario per quanto riguarda il sistema pubblico statale, ma di cui, in termini di disciplina e regolazione, c’è un'assoluta necessità.
  L'ultimo elemento è rappresentato da una serie di interventi che abbiamo richiesto, con riferimento in particolare alle città metropolitane, ma non solo. Si tratta di introdurre delle mitigazioni per quanto riguarda le sanzioni del Patto, soprattutto rispetto allo switch dal sistema delle province, superate dal decreto Delrio, e alla necessità di consentire ai nuovi enti, già oppressi – non so se sia il termine giusto – o comunque già infastiditi e alle prese con quello che ho detto prima, di non dover subire le conseguenze di sanzioni che obiettivamente, in una condizione tanto emergenziale e speciale, si fa fatica a comprendere nella loro razionalità e logicità.
  Questo è il quadro generale per quanto riguarda gli aspetti istituzionali così come si è delineato a fronte degli ultimi interventi normativi in materia di città metropolitane, province e aree vaste. Va da sé che la nostra pressante richiesta è di intervenire subito con un decreto enti locali che abbia caratteristiche di omogeneità normativa.
  Noi auspichiamo, e concludo davvero, che contenga anche qualche buona notizia per quanto riguarda il famoso fondo da 625 milioni di euro che l'anno scorso aveva consentito ai comuni il passaggio dal regime IMU al regime IMU-TASI.
  Da questo punto di vista – vi prego di non considerare lacrimevoli le mie esternazioni – sono 1.800 i comuni che hanno beneficiato di questo fondo, che, come è noto, doveva consentire semplicemente l'invarianza di gettito. Per 900 di questi l'assenza di un fondo analogo a quello dell'anno scorso porterebbe tagli in una percentuale che va dal 50 al 300 per cento in più. È come se il taglio della legge di stabilità, invece, che di 1,5 miliardi di euro, fosse di 3 miliardi, sostanzialmente, per 900 comuni. Non li cito, ma sono una congerie che ha tutte le caratteristiche sia dell'altitudine geografica, sia delle dimensioni, sia dell'importanza politica.
  Da questo punto di vista, quindi, noi speriamo e auspichiamo che le condizioni di miglioramento del sistema economico italiano, di cui sentiamo in questi giorni la notizia, possano consentire di reperire le risorse necessarie per dare priorità a questo aspetto, che obiettivamente non è negoziabile, nel senso che, in sua assenza, si dovrebbe pensare a un fenomeno diffuso di pre-dissesto, che potrebbe riguardare anche comuni in sé non afflitti da particolari tensioni finanziarie.

  ANDREA FERRI, Responsabile dell'Area finanza locale e catasto dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI). Su quest'ultimo punto vorrei fare una precisazione. Poiché si parla di questo contributo Pag. 6come di un contributo fatto apposta per le grandi città, che ne assorbono molto obiettivamente, perché la tensione fiscale riguarda le grandi città, di questi 900 comuni che aumentano l'aggravio, rispetto ai tagli previsti per legge, di oltre il 50 per cento, 603 sono al di sotto dei 10.000 abitanti.
  Purtroppo, abbiamo spesso l'attenzione rivolta al grande numero, in valore anche assoluto, di Milano, Roma, Torino, Firenze, Genova e Bari, ma i 250.000 euro di un comune delle Marche o della Puglia, che abbia le stesse condizioni di gettito, equivalgono assolutamente agli 89 milioni di euro di Milano presi sulla base di questo concetto.
  Per concludere su questo tema e perché siano ben chiare alcune questioni, noi non chiediamo questi soldi in termini di risorse. Quei soldi sono dovuti in base a un meccanismo studiato al millimetro dal Ministero dell'economia e delle finanze. Si può poi discutere se qualche calcolo si debba migliorare.
  In una nota pubblicata presso la Conferenza Stato-città, se non sbaglio, il 19 giugno del 2014 si ripercorre perfettamente, per filo e per segno, la storia del fatto che nel passaggio dall'IMU alla TASI, così come lo Stato, nel caso di riduzioni dell'IMU, ristora il gettito dei terreni rurali montani, pur sempre con qualche problema, ma lo ristora – nessuno ha detto che non serve ristorare – esattamente con lo stesso principio, passando da un regime con una data capacità di manovra di aliquota a un regime con un'altra capacità di manovra di aliquota, si ristora, essendo il regime in corsa. Ovvero non si è inventato un nuovo tributo e ricominciato tutto da capo, ma si è passati da un regime a un altro, in una situazione in cui sull'IMU i comuni avevano già operato delle legittime linee di principio. È molto pesante oggi, per una moltitudine di comuni, aprire il file del bilancio, non chiuderlo. Speriamo che questo aspetto sia tenuto in conto, perché non è una richiesta aggiuntiva.
  Parlando di fondo di solidarietà e di assetto finanziario dei comuni, noi abbiamo affrontato con la legge di stabilità, in questi giorni, un problema di attuazione della manovra che aveva diverse facce.
  L'aspetto più strettamente finanziario, come accennava poco fa il Presidente Castelli, riguardava la molteplicità, la multiformità della manovra finanziaria del 2015 in senso stretto: un obiettivo di Patto che aveva un forte andamento discendente, parzialmente, ma ampiamente compensato da una nuova contabilità, che porta un nuovo peso, una restrizione diretta.
  È chiaro che, nel meccanismo della nuova contabilità, i crediti che non hanno un'adeguata probabilità, in base all'andamento del passato, di essere realizzati sterilizzano direttamente la spesa corrente, la spesa per l'ente, con un effetto perfettamente analogo a quello del Patto di stabilità.
  Tant’è vero che nelle negoziazioni che hanno accompagnato la legge di stabilità, i suoi aggiustamenti e i suoi miglioramenti, sotto questo fronte piuttosto significativi, dal punto di vista della Ragioneria generale dello Stato, ossia dal punto vista del governo della finanza pubblica, una variazione della stima di impatto del Fondo crediti di dubbia esigibilità, che è la novità principale, di impatto immediato, nella nuova contabilità, equivaleva a un aumento dell'obiettivo di Patto. L'obiettivo finanziario della finanza pubblica di quest'anno è pari alla somma dell'obiettivo Patto di stabilità e dell'impatto del Fondo crediti di dubbia esigibilità.
  Comunque la si giri, comunque si ragioni, quello è l'obiettivo. Infatti, noi abbiamo cercato di impostare una soluzione che prendesse atto di questo fatto. Il mancato raggiungimento di ambedue questi addendi dell'obiettivo avrebbe provocato per legge, come scritto nella legge di stabilità, un intervento espresso del Ministro, non necessariamente negoziato.
  Non è previsto che questo intervento fosse negoziato. Se in corso d'anno si fosse verificato che, invece di 3,6 miliardi di euro, com’è questa somma, si fossero realizzati, per l'aleatorietà del Fondo crediti di dubbia esigibilità, 3,3 miliardi di euro, Pag. 7300 milioni sarebbero stati fissati, attraverso un'iniziativa di governo della finanza pubblica prevista dalla legge, come aggravio di manovra, riferiti al Patto, evidentemente, perché non si può imporre un fondo che non c’è.
  In questo senso, noi abbiamo puntato a una soluzione che tenesse insieme le cose, che abbandonasse l'idea di un obiettivo di Patto predeterminato e favorisse un obiettivo finanziario generale capace di favorire i comuni con bassa incapacità di riscossione e, quindi, con alta riscossione, i quali non avevano niente o avevano poco da portare alla finanza pubblica come Fondo crediti di dubbia esigibilità, perché, essendo giustamente virtuosi o privi di complicazioni sulle entrate, non avevano questo margine di irriscuotibilità e di irriscossione che potesse alimentare la finanza pubblica. Con due quote di obiettivo abbiamo cercato di armonizzare questa misura.
  Questo versante si potrebbe considerare chiuso per la parte dei comuni, ma per la parte delle città metropolitane e delle province resta, invece, aperto, perché non c’è alcuna norma in questo momento che permetta adattamenti e miglioramenti dei criteri del Patto. Perfino per la parte dei comuni, per queste bizzarrie dell'eccesso di specificità delle nostre norme, se non diamo una sanzione formale al raggiungimento di un'intesa, come è stata raggiunta sui comuni il 19 febbraio scorso, rischiamo un contenzioso strisciante e diffuso, perché la legge ci diceva che, se entro il 31 gennaio non c'era un'intesa – e quindi, secondo l'interpretazione più restrittiva, se non c'era un decreto firmato dal Ministro dell'economia e delle finanze – in merito ai nuovi criteri di Patto, rimanevano in vigore i vecchi criteri, adattati al nuovo obiettivo con una percentuale.
  A mio parere, su tutti gli elementi negoziali è sbagliato imporre questo genere di precisioni, perché poi c’è il rischio che ne nascano dei paradossi. Per di più, è irresponsabile, se vogliamo esagerare un po’ il termine, immaginare soltanto che si possa applicare per i comuni il vecchio criterio del Patto di stabilità, adattato ai nuovi obiettivi.
  Non posso entrare assolutamente nel merito, ma con il vecchio criterio e con obiettivi ridotti approssimativamente da 4,4 miliardi di euro a 1,8 miliardi, anzi a 1,3 miliardi inizialmente – era ancora peggiore la situazione in termini distributivi – quindi dell'80 per cento. Il meccanismo non è lineare, non è proporzionale. Qualche comune calcola meno l'80 per cento o meno il 60 per cento, ma non è così. Bisogna sommare i tagli effettuati con il decreto-legge n. 78 del 2010, che erano tagli sui trasferimenti erariali, che non esistono più – chi se li ricorda ? – distribuiti però in un certo modo preciso.
  Sommando e facendo le differenze, ci sono comuni identici che hanno chi meno 95 per cento di obiettivo e chi meno 2 per cento, a fronte di una media dell'80 per cento. Hanno meno 3, meno 5 o meno 10 semplicemente perché, per caso, i trasferimenti statali tagliati con il decreto-legge n. 78 per quel comune, che gode adesso di questo straordinario ipotetico vantaggio, erano tanti quell'anno, il 2010, in cui il decreto-legge n. 78 stabiliva di tagliare in proporzione i trasferimenti statali.
  Per di più, dal 2011 al 2014, oltre al taglio sui trasferimenti statali, c’è stato un insieme di tagli – almeno tre filoni – due spending review e un taglio sullo sforzo fiscale, sulla base fiscale dell'IMU, che valgono circa due volte il taglio del decreto-legge n. 78. Che cosa andiamo, quindi, a sterilizzare ? Sterilizziamo una situazione casuale.
  Questo meccanismo andava comunque superato, e noi immaginiamo che possa essere utilmente superato attraverso una normazione con decreto urgente, anche per la parte province e città metropolitane, che, anche se hanno problemi meno gravi (le province hanno meno variabilità sotto questo profilo), hanno, però, anche il problema di stabilire meglio come avviare nuove strutture di area vasta.
  C’è una grossa ripartizione, a cui, naturalmente, l'ANCI tiene molto, tra città metropolitane, che sono chiamate a fare Pag. 8altri servizi, più ampi di quelli degli organi di area vasta, ed ex province, che dovrebbero ridurre le proprie attività. Si sta studiando che cosa voglia dire fare Piani di gestione e di sviluppo cosiddetti industriali sulle strette funzioni fondamentali proprio in queste settimane.
  Questa è una parte di problemi su cui, sia per eventualità normative, per tecniche normative, sia per motivi di opportunità reale, c’è urgenza di intervenire. Si tratta di aspetti che non costano soldi, ma che costano in termini di attenzione e tempestività.
  Il quadro delle sanzioni è un altro aspetto molto importante. C’è un'ipotesi, nell'accordo del 26 febbraio, di riformulazione organica delle sanzioni, in maniera che si tenga conto meglio dell'entità dello sforamento rispetto all'entità del proprio bilancio. Occorrerebbe farne un meccanismo un po’ meno cieco di quello che c’è adesso, che ci costringe praticamente ogni anno a intervenire, stabilendo di porre un tetto massimo del 2 o 3 per cento.
  La questione per cui le città metropolitane sarebbero gravate dalla situazione di dismissione che le rispettive province hanno subìto fino al 2014 è stata detta ed è, ovviamente, molto importante. Ci sono, però, alcuni altri aspetti di dettaglio.
  Il sistema si appresta a irrogare una sanzione di parecchi milioni di euro nei confronti di una città in dissesto che, nel frattempo, essendo in dissesto, ha dovuto riformulare i conti dell'anno in cui è andata in dissesto. Formalmente, da quei conti nuovi emerge una sanzione quest'anno. A norma di legge è quest'anno che si applica, ora per allora, ma a quale ente, a quale comune e contro quali cittadini ? Non si capiscono più la responsabilità e la ratio. Noi vorremmo semplicemente abolirla, perché è un'emergenza paradossale, che vale la pena semplicemente di togliere.
  Infine, ci sono alcune cose che apparentemente non dovrebbero di nuovo essere contenute in un atto legislativo e che riguardano la compilazione dei bilanci. Non sono questioni alte, ma erogazioni di anticipi su fondi previsti, che, per una serie di motivi, non hanno le cadenze giuste, ma che dobbiamo chiedere urgentemente come intervento normativo.
  Lo stiamo chiedendo in tutte le sedi come intervento normativo, perché, come si sa, il Fondo di solidarietà comunale non è un fondo statale. Ormai, anzi, i comuni contribuiscono con propria IMU verso lo Stato – non per la redistribuzione interna, ma verso lo Stato – per circa 650 milioni di euro, che, secondo la Ragioneria generale dello Stato, giustamente, dovrebbero essere ridotti del maggior gettito dei terreni montani, che ancora non sappiamo bene a quanto ammonti (per adesso il Fondo ammonta a 650 milioni di euro, poi vedremo quanto viene esattamente dalle aree montane) con una sorta di perequazione verticale al contrario. La fiscalità comunale contribuisce direttamente alla finanza pubblica.
  È la prima volta che si può dirlo in modo così forte e preciso. Prima bisognava spiegarlo con molte parole. Adesso si fa il conto: «Voi mi prendete 4,7 e noi ci riprendiamo 4,1». È facile proprio, non c’è bisogno di spiegare tutta la storia dei gabellieri dello Stato e dell'IMU a metà che abbiamo dovuto un po’ faticare a mettere nei documenti dal 2012 in poi.
  È chiaro che, essendo davvero completamente fiscalizzato il valore delle assegnazioni comunali, noi abbiamo una vacatio da dicembre a gennaio, perché le tasse si pagano in maniera discreta, non tutti i mesi. L'IMU si paga il 16 dicembre e poi il 16 giugno.
  Questo è assolutamente naturale, è ovvio, nessuno lo contesta. Nessuno dice che sia una richiesta strana quella per cui, intorno a febbraio, come da sempre e per sempre probabilmente, venga effettuata un'integrazione ad anticipo del gettito dell'IMU. Questo non è contestato da nessuno. Per questo, però, ci vuole una norma espressa. Normalmente, in questi tre anni in cui questo è stato particolarmente evidente, perché le assegnazioni statali proprio non c'erano, è sempre stato erogato tra il 20 febbraio e il 10-15 marzo il primo acconto. Si trattava del 15-20 per cento del fondo dell'anno prima, da detrarre poi.Pag. 9
  Questa è una questione che sembra triviale e marginale, ma noi siamo costretti a dire anche al Parlamento che, purtroppo, non c’è una regola amministrativa generale che permetta, anzi obblighi un direttore della finanza locale, di un tipo o dell'altro – ne abbiamo tanti, di interni, di economia – a fare questo. Non essendoci questa regola, c’è bisogno di una norma, altrimenti non ci si muove. Coglieremo anche l'occasione per evitare di aspettare di aver deciso tutto del Fondo di solidarietà, la cui decisione è, peraltro, prossima, per fare le trattenute dall'IMU, che alimentano questo fondo.
  L'anno scorso, per il fatto che il DPCM non era stato materialmente firmato dal Presidente del Consiglio e non era stato materialmente controllato da due Corti dei conti, una degli interni e una dell'economia – non ci facciamo mancare niente: sullo stesso argomento ci sono due concerti diversi e, quindi, due controlli – il DPCM è arrivato un giorno di dicembre ed è stato pubblicato addirittura il 20 gennaio di quest'anno. E quindi nessuno si è sentito in animo di dire al Ministero dell'economia e delle finanze, anzi, all'Agenzia delle entrate, struttura di gestione F24: «Non ho ancora il pezzo di carta». Poiché i numeri, però, sono noti da qualche mese e sono stati pubblicati da qualche mese, non sono noti solo tra i tecnici, ma sono stati pubblicati ufficialmente sui siti da qualche mese, si sarebbe potuto dire: «Per piacere, fammi queste detrazioni prima di creare qualche confusione ai conti, al Patto di stabilità, alle detrazioni da prendere prima o dopo e così via».
  Questo non è successo. Cerchiamo di metterlo in una norma, così forse abbiamo una situazione di principio generale.

  FEDERICO FORNARO. Se posso interromperla, vorrei segnalare un altro problema che sta emergendo. In questa foga vorace, sugli F24 le trattenute dello Stato prima si fermavano agli incassi IMU. Questo nel bilancio non creava problemi per il fatto che c'era il trasferimento allo Stato di ritorno e, quindi, la posta correttiva.
  Segnalo che dal mese scorso anche sui recuperi, ossia anche sugli F24 che riguardano non l'IMU dell'anno precedente, ma recuperi per attività di accertamento, c’è la trattenuta da parte dello Stato, se ovviamente non si era riusciti a recuperare sul resto.
  Segnalo che questo pone un problema di bilancio spaventoso. Non c’è la controparte. Ho provato a sentire il ministero e mi ha detto: «Avete ragione».

  ANDREA FERRI, Responsabile dell'Area finanza locale e catasto dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI). Se non capisco male, in realtà, la libertà di fare detrazioni riguarda tutte le entrate, non solo l'IMU. Il fatto è che in questo momento non c’è stata capienza. Se si vuole prendere tutta la trattenuta a dicembre e, per di più, si ha il problema della TASI – ricordo che una parte dell'acconto 2014 era fatto per i comuni che il 23 maggio non avevano ancora deliberato, per i quali è previsto uno specifico meccanismo – il punto, secondo me, fondamentale è che non c’è una tabella chiara di motivazioni di detrazione. Se un comune ha un solo motivo e non c’è la TASI, è chiaro quello che gli stanno facendo, anche se lì si accavallano gli anni. Quello che ci dicono molti comuni è che non hanno la chiarezza del perché su quella somma sia stata detratta una cifra e dove si va a pescare.

  FEDERICO FORNARO. Mi segnalano che con ogni probabilità la detrazione viene fatta anche sui recuperi di accertamenti. Questo è il problema. E quindi non c’è la voce di uscita a bilancio. Bisogna trovare una formula.
  Mentre prima avevo 100 e sapevo che 80 dovevano ritornare allo Stato, avevo la voce di bilancio di 80. Adesso ne trattengono 12 dagli accertamenti, ma io non ho la corrispondente voce di bilancio in uscita.
  Stavo facendo una questione proprio di correttezza di bilancio. Gli incapienti – io, da sindaco, sono stato tra coloro che li hanno sperimentati tra i primi, come sa bene il dottor Ferri – non sono un problema. Pag. 10Il fatto che non diano i soldi a marzo è una questione che vediamo da anni.

  ANDREA FERRI, Responsabile dell'Area finanza locale e catasto dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI). Chiaramente, la contabilità del comune soffre anche di queste cose, che sono giornate di lavoro. Sembrano sempre cose di piccolo taglio, ma poi alla fine sono giornate di lavoro.

  PRESIDENTE. Do la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MAGDA ANGELA ZANONI. Svolgo solo una considerazione, ahimè, triste. Io credo che si debba insistere perché si ritorni progressivamente a un regime normale di stesura dei bilanci. In un inciso della relazione, si è detto che, per fare i bilanci di precisione, la scadenza è il 31 marzo, ma che verrà chiesta una proroga.
  Il problema è che bisognerebbe tornare a una normalità in cui i bilanci si fanno al 31 dicembre dell'anno precedente. Questo continuo a dirlo in tutte le sedi. Credo che ormai siano persino annoiati di sentirmelo dire, ma il problema è che bisogna capire qual è il costo di stare in un regime in dodicesimi. Facciamo una valutazione di quanto costa dal punto di vista amministrativo, contabile, di lavoro e di incapacità di lavorare per il raggiungimento degli obiettivi, perché ci dimentichiamo sempre, in tutto questo contesto, che gli enti dovrebbero avere degli obiettivi da raggiungere entro quel periodo di riferimento contabile e quanto questo mal funzionamento costi. Oltre al fatto che bisogna avere la doppia contabilità, impedisce sicuramente qualunque ragionamento, anche rispetto ai cittadini, di correttezza e di trasparenza del meccanismo.
  Pertanto, io credo che compito dell'ANCI, oltre che nostro sicuramente, debba essere quello di chiedere al Governo che faccia un programma, un piano per cui, nell'arco di uno o due anni, si ritorni a un regime più o meno normale, perché la situazione sta decisamente peggiorando.

  GIOVANNI PAGLIA. Volevo solo capire se in questa tabella che ci avete fornito sulla situazione economico-finanziaria delle città metropolitane gli squilibri che vengono citati sono certi. Sono stime, ovviamente. A situazione invariata a fine anno, però, si stima che siano questi. In assenza di interventi sul piano dei trasferimenti o sul piano normativo, i dati sarebbero questi, secondo le stime vostre. È così ?

  VERONICA NICOTRA, Segretario generale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI). In verità, dobbiamo tener conto anche della norma che riguarda il personale contenuta nella legge di stabilità, che, lo ricordiamo, prevede che per le città metropolitane ci sia una riduzione della dotazione finanziaria relativa ai contratti a tempo indeterminato del 30 per cento. Pertanto, come dice il Governo, l'impatto, lo squilibrio finanziario, nel corso dell'anno dovrebbe ridursi.
  Tutte le città metropolitane, ai sensi della normativa e delle scadenze, hanno già fatto la riduzione della dotazione finanziaria del 30 per cento ed entro il 30 marzo individueranno il personale che entrerà nel bacino di soprannumerario. Questo spetta a loro.
  Nel frattempo, le regioni dovrebbero disciplinare collegi e riordino delle funzioni non fondamentali, in particolare quelle che non sono più assegnate a questi enti, ossia province e città metropolitane, il che serve anche a individuare l'eventuale personale che va trasferito e a chi va trasferito. Il Governo dovrebbe emanare il decreto che disciplina criteri e modalità della mobilità del personale e predisporre una piattaforma che consenta di rilevare il fabbisogno assunzionale di tutta la pubblica amministrazione, in modo da procedere nei tempi più rapidi possibili alla mobilità.
  Questo noi stiamo chiedendo, come ANCI. Abbiamo scritto formalmente, anche di recente, al Dipartimento della funzione Pag. 11pubblica, perché riteniamo che si debba proprio accelerare nell'attuazione della legge Delrio. Solo così possiamo alleviare dal punto di vista almeno finanziario, per quanto è possibile, sul versante del personale, in quanto, secondo quanto sostenuto dal Governo, uno degli aspetti fondamentali per alleggerire province e città metropolitane è la mobilità del personale.
  Vi segnalo, però, che ci sono gravi contraddizioni nelle scelte che il Governo sta facendo proprio in queste settimane, così come anche il Parlamento. Per esempio, se c’è un blocco di fatto per quanto riguarda le facoltà assunzionali dei comuni e delle regioni, un blocco molto parziale, come prevede la legge di stabilità, per quanto riguarda le amministrazioni centrali che hanno delle deroghe importanti, nel frattempo ci sono, però, bandi di assunzione da parte delle amministrazioni centrali, come l'Agenzia delle entrate, la Motorizzazione civile e qualche altro ente.
  Andrebbe fatta, e noi lo stiamo segnalando, un'assunzione di responsabilità generale da parte di tutte le amministrazioni centrali, perché il personale che va in soprannumero dovrebbe essere collocato preferibilmente laddove ci sono esigenze e in particolare, come stanno evidenziando gli atti che vengono adottati, in amministrazioni dello Stato.
  Per quanto riguarda le regioni, poiché la legislazione regionale è un tema che interessa direttamente questa Commissione, comunico che l'unica regione che ha già legiferato, con un atto legislativo che sta per essere pubblicato sul Bollettino Ufficiale, è la Toscana. Tutte le altre sono molto indietro.
  Per quanto riguarda – vi do proprio un flash – la qualità delle decisioni che si stanno adottando in questi provvedimenti di legge e ancora in molti atti di giunta, il quadro è molto sconfortante e anche disarmonico a livello nazionale.
  In molti casi, per quanto riguarda le province, le funzioni vengono conservate, anche quelle non provinciali, in capo agli enti. Pertanto, ci saranno problemi serissimi, ovviamente, rispetto ai tagli di gestione effettiva e di capacità gestionale e finanziaria di quelle funzioni.
  In altri casi, vediamo una forte centralizzazione in capo alle regioni. Per quanto riguarda la Toscana, c’è un processo di forte centralizzazione. Il rapporto dovrebbe essere di riprendere la funzione che si finanziava annualmente, così come il Governo aveva indicato.
  C’è una preoccupazione che noi avvertiamo. Molte province sono, ovviamente, come sapete bene, amministrazioni di secondo grado, rette dai sindaci, con cui noi parliamo quotidianamente. C’è grande preoccupazione sulla capacità effettiva di svolgere funzioni importanti come la messa in sicurezza delle scuole e il trasporto dei disabili, perché le regioni stanno ritrasferendo le risorse finanziarie. In molti casi quelle funzioni non erano neanche finanziate annualmente, ma erano a bilancio delle province o delle città metropolitane. Con un taglio di un miliardo di euro, che, come sapete, è previsto per il 2015, c’è molta preoccupazione sulla capacità di svolgere queste funzioni.
  Il Governo parla di personale e rinegoziazione dei mutui. Noi abbiamo preoccupazione che per il 2015 queste due voci di alleggerimento non potranno essere attuate, perché per la mobilità del personale, se va bene, per esempio in Toscana, si arriverà a ottobre e novembre. Per le altre province e città metropolitane andremo al 2016. Il dramma 2015, dunque, rimane.

  GIOVANNI PAGLIA. Quindi a fine anno, in assenza di nuovi interventi, le stime saranno queste.

  VERONICA NICOTRA, Segretario generale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI). La nostra preoccupazione è questa. C’è questo pericolo. Noi ci stiamo attivando il più possibile per il rispetto dei termini di legge, però la mobilità del personale richiede tempi non brevissimi.

  PRESIDENTE. C’è qualche altra rapidissima domanda ? Qualcuno vuole replicare in chiusura ?

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  ANDREA FERRI, Responsabile dell'Area finanza locale e catasto dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI). Vorrei solo dire all'onorevole Zanoni che noi confidavamo nella possibilità di poter avere un atto normativo annunciato, che avrebbe potuto rappresentare un pavimento di certezze. In realtà, per motivi su cui non è necessario ritornare, questa riforma ha tardato, non per responsabilità dell'ANCI, per carità. Speriamo che, se la volontà del Governo e del Parlamento è quella di introdurre il nuovo sistema, lo si faccia in tempi utili a evitare che le traversie e le singolarità delle proposte si scarichino ancora una volta sulla possibilità, o meglio sull'impossibilità, di...

  MAGDA ANGELA ZANONI. I tempi utili sono a luglio.

  ANDREA FERRI, Responsabile dell'Area finanza locale e catasto dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI). Esatto, al massimo, per poter ottenere questo risultato. Lei consideri, onorevole, che, peraltro, quest'anno ha visto la concentrazione di scadenze e adempimenti che davvero hanno eroso la capacità di risposta anche dei nostri servizi finanziari. Fra reverse charge, nuova contabilità, accertamento straordinario dei residui e informativa che dovremmo fornire sulle partecipate il 31 marzo, in questo momento gli uffici comunali, al di là di un quadro vittimistico, che non c’è assolutamente, sono impegnati anche su una serie di scadenze, di adempimenti e di precisazioni che il Governo aveva assunto l'impegno di eliminare. Sono adempimenti che non hanno costi in sé, ma c’è una tendenza alla concentrazione di scadenze che sa tanto di un centralismo per via indiretta, che torna a una regolazione dei comportamenti, sulla base di una burocrazia limitativa non solo della spesa, ma anche della possibilità di esercitare un'autonomia reale.

  GUIDO CASTELLI, Sindaco di Ascoli Piceno, delegato per la finanza locale dell'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI). Sullo sfondo – e concludo – c’è la riscossione, una variabile che incide in maniera sempre più profonda sulla capacità di raggiungere gli equilibri finanziari, proprio per effetto della nuova contabilità. Il periodo transitorio, lo ricordo, scade a giugno di quest'anno, la delega è stata rinviata, ma, anche da questo punto di vista, il fatto che noi, comparto dei comuni, abbiamo accettato, ripeto, senza esitazioni, la sfida della nuova contabilità, che è veramente una rivoluzione copernicana, va sostenuto, però, da un ordinamento diverso nella riscossione. Le norme a cui dobbiamo far riferimento oggi sono del 1915-17 per quanto riguarda l'ingiunzione fiscale, o comunque precedenti la seconda guerra mondiale, sicuramente.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli intervenuti per la relazione svolta e per la documentazione consegnata, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 8.50.

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