XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 25 di Giovedì 25 settembre 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione del Direttore dell'Agenzia delle entrate, Rossella Orlandi, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del regolamento della Commissione):
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 
Orlandi Rossella , Direttore dell'Agenzia delle entrate ... 3 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 10 
Orlandi Rossella , Direttore dell'Agenzia delle entrate ... 10 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 10 
Orlandi Rossella , Direttore dell'Agenzia delle entrate ... 10 
Fornaro Federico  ... 10 
Guerra Maria Cecilia  ... 11 
Paglia Giovanni (SEL)  ... 12 
Marantelli Daniele (PD)  ... 12 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 12 
Orlandi Rossella , Direttore dell'Agenzia delle entrate ... 12 
Guerra Maria Cecilia  ... 14 
Orlandi Rossella , Direttore dell'Agenzia delle entrate ... 14 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 16 

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal direttore dell'Agenzia delle entrate ... 17

Testo del resoconto stenografico
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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 8.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Direttore dell'Agenzia delle entrate, Rossella Orlandi, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione, del Direttore dell'Agenzia delle entrate, la dottoressa Rossella Orlandi, sull'attuazione e le prospettive del federalismo fiscale.
  Come sapete, la materia è in continua evoluzione. Nel corso di precedenti audizioni, anche da parte del sottosegretario Zanetti, sono state lasciate intendere importanti novità, con un ulteriore lavoro, tuttora in progress, degli organismi competenti. Dunque, con l'approssimarsi della legge di stabilità, credo che sia assolutamente utile conoscere l'opinione dell'Agenzia delle entrate.
  Do, quindi, la parola alla dottoressa Orlandi, ringraziandola nuovamente per la disponibilità a intervenire in Commissione.

  ROSSELLA ORLANDI, Direttore dell'Agenzia delle entrate. Signor Presidente, signori senatori e signori deputati, vi ringrazio per l'invito. Come avete richiesto nella convocazione, passo subito a illustrare gli aggiornamenti sulle attività che l'Agenzia delle entrate sta svolgendo nel processo di attuazione del federalismo fiscale (vedi allegato).
  A tal riguardo, proprio in considerazione dei molteplici aspetti che questa materia comporta sotto il profilo tributario, ribadisco un concetto base che funziona da guida nell'addentrarsi nel territorio del federalismo. In un sistema tributario di ampie dimensioni e multilivello, cioè decentrato come quello italiano, è sempre necessario confermare e riequilibrare le esigenze di autonomia delle singole entità con quelle di funzionalità del sistema, evitando così di sacrificare le une alle altre.
  Se da un lato infatti la ricerca della semplificazione, dell'efficienza e della trasparenza nell'amministrazione dei tributi spinge verso un governo unitario, tra centro e periferia, delle azioni di accertamento e riscossione, o comunque verso una forte cooperazione interistituzionale, è bene sempre tenere a mente che, dall'altro lato, a livello decentrato risiede e si attiva una propria capacità autonoma decisionale, fissata dal legislatore entro determinati limiti e legata a ben precisi ambiti e finalità di attuazione.
  È quindi necessario garantire, nel quadro di una sempre più significativa partecipazione delle realtà territoriali alle attività di controllo, la centralità e l'unitarietà dell'indirizzo e del coordinamento dell'attività amministrativa, senza sacrificare i rispettivi ambiti di autonomia degli enti con cui ci si interfaccia.
  Un caso particolare, che trovo molto interessante, ce lo forniscono le possibili evoluzioni del modello organizzativo dell'amministrazione Pag. 4finanziaria, che i recenti provvedimenti normativi hanno previsto in relazione al trasferimento e alla delega alle Province autonome di Trento e Bolzano delle funzioni statali e dei relativi oneri finanziari, riferiti tra l'altro alle Agenzie fiscali.
  In questo momento sono in corso complessi approfondimenti al fine di pervenire alle previste intese fra le due Province e lo Stato, le quali, in base al disposto della norma, sarebbero già dovute intervenire entro il 30 giugno.
  La realizzazione di questa iniziativa infatti, anche se riferita a un ambito territoriale ristretto, presenta diverse criticità, derivanti dall'incontro di una duplice necessità, quella di assicurare la centralità dell'indirizzo e il coordinamento dell'azione amministrativa, da un lato, e quella di non superare la soglia delle rispettive competenze stabilite dalla normativa, dall'altro.
  Ad accentuare queste difficoltà di mediazione e interazione, anche sul piano prettamente normativo, contribuisce la moltiplicazione degli attori del sistema fiscale, che di fatto appare in controtendenza rispetto all'obiettivo generale di accorpamento delle funzioni dell'amministrazione in un'ottica di spending review.
  Nel particolare caso delle Province autonome di Trento e Bolzano, si sottolinea come ulteriori difficoltà applicative derivino dal fatto che, essendo state escluse dall'ambito delle funzioni trasferibili quelle riferite ai tributi armonizzati e comunque applicabili su base transnazionale, risulta oltremodo difficoltoso configurare forme separate di gestione di attività come quelle di accertamento e di liquidazione, che necessariamente riguardano sia tributi delegabili (imposte dirette), sia tributi non suscettibili di delega (IVA).
  Vorrei essere più chiara. Attualmente tendiamo, anche per una questione di semplificazione e di vantaggio per il contribuente, a mettere al centro dell'azione nostra e dell'amministrazione il contribuente che, essendo tale, non può ricevere più azioni separate a seconda di chi è il titolare dell'accertamento nei confronti di quel tributo, perché questo complica assolutamente le cose.
  L'IVA è un tributo che non appartiene all'amministrazione italiana, ma alla Comunità europea, che detta regole proprie, quindi non è delegabile. In questo momento, potrebbe voler dire, per essere chiari, che lo stesso contribuente potrebbe subire due controlli, magari neanche identici, se non riusciamo a trovare un sistema di delega che tenga insieme le due cose.
  Si potrebbe avere un controllo del soggetto delegante provincia, che determina un certo tipo di valutazione ai fini delle imposte sui redditi, e un controllo da parte dell'amministrazione finanziaria sull'IVA che, pur essendo due tributi diversi, attengono alla stessa sfera e agli stessi fatti. A parte essere particolarmente costoso, se si dovesse arrivare a queste estremizzazioni per entrambe le amministrazioni, con due procedimenti, due pratiche e quindi due atti, ciò comporterebbe delle difficoltà inimmaginabili per il contribuente, con due ricorsi e via dicendo.
  Insomma, è una questione assolutamente complessa, non di scuola. È dunque particolarmente interessante questo caso, se si volesse arrivare a forme spinte, che non credo siano auspicabili sul piano generale, perché dovremmo cercare di coordinare queste diverse esigenze in modo tale che la funzionalità del sistema rimanga, che i costi non si moltiplichino, ma soprattutto che non sia il contribuente a pagare le spese di un sistema complesso.
  A me piace essere molto chiara, non vorrei rimanere dietro formule un po’ vaghe e generaliste. Ci stiamo ponendo il problema di come mettere insieme una situazione di questa complessità, senza che ciò comporti limiti alle autonomie stabilite per legge, ma neanche danni al sistema intero e soprattutto al soggetto, che invece dovrebbe essere tutelato dalla legge. Dico questo con la massima chiarezza, perché è un caso spinoso che evidenzia delle difficoltà, ma forse proprio l'esercizio di una riflessione più attenta e di un'analisi reciprocamente intelligente fra le parti potrebbe portarci un'esperienza che potrebbe Pag. 5guidarci anche nelle scelte successive. Comunque, in questo momento, è uno dei punti più critici dell'attuazione di un federalismo che si è particolarmente accentuato.
  Per quanto riguarda la partecipazione dei comuni all'accertamento, faccio solo un breve passaggio, perché siete stati aggiornati in merito qualche mese fa. I dati definitivi fanno riferimento al 31 dicembre 2013 e quindi vi erano già stati illustrati a marzo. C’è stato qualche aggiornamento, ma non ancora di sostanza.
  Abbiamo recentemente sottoscritto un nuovo protocollo di intesa fra Agenzia, ANCI, IFEL e Guardia di finanza, che è stato diramato alle nostre direzioni nello scorso giugno.
  L'obiettivo del protocollo è quello di rendere uniforme su tutto il territorio nazionale il processo di partecipazione dei comuni all'accertamento dei tributi statali, migliorandolo e rendendolo ancora più efficiente, nel rispetto delle disposizioni normative e regolamentari in vigore.
  Per raggiungere tale obiettivo, l'Agenzia delle entrate si concentrerà prevalentemente sulla formazione, sull'aggiornamento, sull'evoluzione delle best practices e sulla predisposizione e diffusione di specifici percorsi metodologici, che permetteranno ai comuni di trasmettere segnalazioni qualificate di qualità e in numero compatibile con le capacità operative delle direzioni provinciali dell'Agenzia e dei reparti della Guardia di finanza.
  Anche qui vorrei essere molto chiara. L'azione di un'amministrazione è legata a molteplici questioni, a molteplici elementi, sia legislativi, sia di scelta, sia di obiettivi che si pone, ma le risorse sono finite, non infinite. Pertanto, nel mix delle fonti e delle scelte il nostro principio guida è quello della proficuità comparata. Quando abbiamo un numero di possibili segnalazioni da sviluppare più alto rispetto al numero delle risorse che sono in campo in quella determinata realtà, usiamo sempre il principio di proficuità, secondo quanto è più importante e più rilevante sotto il profilo reddituale dell'evasione, o dell'IVA evasa, del fenomeno, pesando le varie fonti. Non vi meravigliate, perché questo è il sistema che dobbiamo necessariamente usare, secondo il principio della capacità operativa e della proficuità comparata.
  In tal modo, anche le segnalazioni dei comuni entrano in questo mix e hanno una pesatura e, se sono di rilievo e di importanza inferiore rispetto a quelle già emerse da altre attività istruttorie o già presenti, necessariamente andranno in coda; lo dico per spiegare i numeri che possono essere utilizzati e lavorati.
  Per quanto riguarda l'attività di formazione, l'Agenzia e la Guardia di finanza effettueranno specifici corsi rivolti agli operatori dei comuni. Negli ultimi anni, le iniziative di formazione hanno coinvolto il personale di 2.100 comuni di tutte le regioni, senza che questo abbia comportato nessun onere per gli enti locali. È un altro punto importante quando si parla di risorse, dal momento che l'Agenzia delle entrate – a me piace dirlo perché così rimane sempre presente – sta svolgendo, e svolge, una serie di funzioni nei confronti di altri enti con oneri nel suo bilancio. Quindi, le azioni di spending review che stiamo subendo devono tenere anche conto del fatto che noi le toglieremo a qualcun altro. Vorrei essere molto chiara in proposito.
  Noi svolgiamo attività per conto di molteplici soggetti pubblici. Questa è una cosa fondamentale nella collaborazione fra enti e credo necessariamente, proprio in un'ottica di risparmio, che certe funzioni debbano essere accentrate e guidate da qualcuno. Non possiamo spargere gli F24 su 8.300 comuni. Sarebbe impossibile. Tuttavia, se i cittadini oggi possono utilizzare l'F24, che offre loro molteplici vantaggi nel pagamento, nella compensazione e nei tempi, è perché quello strumento è gestito integralmente e centralmente dall'Agenzia delle entrate, sul proprio bilancio. Sottolineo solo questo aspetto e spero che lo ricorderete in un altro momento, quando voterete in altre situazioni, perché se ciò non sarà possibile questi oneri dovranno tornare agli enti locali. Voglio essere molto chiara, perché a volte vengono fuori situazioni piuttosto strane.Pag. 6
  Allo stesso modo, come ho spiegato ieri nel corso dell'audizione alla Commissione di vigilanza sull'Anagrafe tributaria, l'agenzia ha messo tutti gli enti locali in condizione, anche in questo caso senza oneri a loro carico, di accedere a gran parte dei dati presenti in Anagrafe tributaria attraverso un'importante infrastruttura informatica, nel rispetto degli standard di sicurezza e di tutela, della riservatezza dei dati personali, che sono indicati dal Garante della privacy.
  Per consentire agli enti locali non solo di trasmettere segnalazioni qualificate all'Agenzia per l'accertamento e il recupero di tributi statali evasi, ma anche per migliorare i loro processi interni di analisi del rischio e accertamento dei tributi locali e i loro servizi di assistenza ai cittadini, occorre un'efficace azione di formazione e un confronto costante fra le direzioni provinciali dell'Agenzia e i comuni nella fase operativa del processo di partecipazione.
  È chiaro che conoscere quei dati, saperli utilizzare, saper fare l'analisi del rischio ha ricadute immediate sui tributi propri dei comuni, perché è l'incrocio del dato, è l'analisi che permette di individuare chi non ha diritto a prestazioni, o l'evasione dei tributi locali e così via. Ci sono stati importanti esempi in questo senso fra comuni magari un po’ più strutturati e i nostri uffici che hanno permesso il recupero di un'evasione pesante, ma anche recupero di prestazioni sociali indebite. A mio avviso, questo è l'elemento più importante dell'interazione fra ente locale e Agenzia delle entrate non solo per l'utilizzo delle banche dati, ma anche per la capacità dei nostri uffici di guidare un'analisi del rischio e di dare indicazioni su come effettuare il controllo.
  In alcuni casi virtuosi, ciò è stato fatto e ha portato anche a elementi significativi di recupero. Penso a Genova, qualche giorno fa, a Torino e a Bologna che hanno effettivamente avuto un'azione di ritorno molto importante proprio dall'interazione con l'Agenzia delle entrate.
  D'altra parte, nello specifico riferimento al processo di partecipazione all'accertamento dei tributi statali, i numeri ci confermano che abbiamo intrapreso la direzione giusta. Ormai la collaborazione tra Agenzia e comuni è concreta, anche se non uniformemente sviluppata su tutto il territorio nazionale. Sono state oltre 66.000 le segnalazioni trasmesse da oltre 900 comuni, da febbraio 2009 ad agosto 2014, di cui quasi 12.000 sono già state trasfuse in atti di accertamento, con oltre 226 milioni di maggiori imposte accertate.
  Tra i comuni più attivi su questo fronte spiccano quelli delle regioni del Centro-Nord (Emilia-Romagna, Lombardia, Liguria, Piemonte, Toscana, Veneto, Marche e Umbria), mentre il processo stenta a decollare nelle regioni meridionali, ad eccezione della Calabria.
  Segnali confortanti arrivano dalla Sicilia, grazie anche alla legge regionale n. 5 del 2014 con cui la Regione Siciliana, che è a statuto speciale, ha devoluto la quota incentivante del 100 per cento dei maggiori tributi accertati dall'Agenzia delle entrate, a seguito delle segnalazioni trasmesse dai comuni siciliani.
  Quasi la metà delle segnalazioni comunali, come è facile immaginare, riguardano fenomeni evasivi legati al patrimonio immobiliare e consentono all'Agenzia delle entrate di effettuare recuperi ai fini delle imposte dirette, dell'IVA, di registro, ipotecarie e catastali, e ai comuni di effettuare nell'immediato recuperi di somme evase ai fini di IMU, TARI e TASI, nonché di ottenere a regime un aumento della compliance dichiarativa dei propri cittadini sui tributi locali.
  Gli altri ambiti su cui si sono concentrate le segnalazioni comunali sono quelli relativi all'individuazione dei beni indici di capacità contributiva, quello riguardante le fittizie residenze all'estero e quello riferito alle finte attività non profit.
  Vorrei ricordare che il decreto legislativo n. 23 del 2011 ha innalzato al 50 per cento la quota di compartecipazione al gettito derivante dall'accertamento dei tributi statali a seguito di segnalazioni comunali, e successivamente il decreto-legge n. 138 del 2011 ha portato tale quota al 100 per cento per il solo triennio 2012-Pag. 72014. Pertanto, salvo interventi legislativi specifici, a partire dal 1o gennaio 2015 la quota di compartecipazione tornerà al 50 per cento.
  Per quanto riguarda l'IRAP e l'addizionale regionale all'IRPEF, fin dall'inizio l'Agenzia ha fornito a regioni ed enti locali la propria competenza e le proprie strutture, stipulando specifiche convenzioni per la gestione dei tributi di questi enti. Sono un esempio concreto di federalismo fiscale gli accordi con le amministrazioni regionali e con le province autonome per la gestione dell'IRAP e dell'addizionale regionale all'IRPEF.
  Per quanto riguarda la gestione tecnico-operativa delle imposte regionali, l'affidamento all'Agenzia consente non solo di amministrare efficientemente il tributo, garantendo l'uniformità dei rapporti con il contribuente, ma anche di rispettare gli ambiti di autonomia riconosciuti dalle norme.
  Gestire un tributo vuol dire avere a disposizione un patrimonio significativo di risorse umane, logistiche e tecnologiche. Varie, infatti, sono le singole attività regolate dagli accordi: si va dall'assistenza ai contribuenti alla liquidazione delle imposte, sulla base delle dichiarazioni presentate; dall'accertamento al contenzioso; dalla riscossione all'erogazione dei rimborsi.
  Questo modello di gestione dei tributi, basato su convenzioni, fa sì che si realizzi una economia di gestione senza duplicare le strutture e consente di incrementare l'efficienza e la qualità dei servizi ai cittadini.
  Fare amministrazione con queste modalità consente di rispettare le politiche sempre più ferree di spending review e l'esigenza di semplificazione nei rapporti con i contribuenti.
  Uno stretto rapporto di confronto e collaborazione con le Regioni e le Province autonome è stato sempre possibile per l'Agenzia grazie alle proprie direzioni regionali. Stipulare convenzioni per la gestione dell'IRAP e dell'addizionale regionale all'IRPEF ha fatto sì che venissero coinvolti direttamente nel coordinamento e nel monitoraggio delle attività di gestione di questa imposta gli enti territoriali.
  Le commissioni paritetiche, istituite a questo fine presso le Regioni e composte generalmente da due rappresentanti della Regione e da due rappresentanti dell'Agenzia, attraverso la condivisione del patrimonio informativo e di esperienze di cui ciascuna amministrazione è portatrice, hanno migliorato la conoscenza delle strutture sociali ed economiche del territorio.
  Le strategie che in materia di IRAP devono ispirare le attività di assistenza, controllo e contenzioso nei confronti dei contribuenti con il domicilio fiscale nella regione sono definite con apposito atto della Regione. Il coordinamento di queste strategie viene svolto nelle commissioni paritetiche, insieme a quelle degli altri tributi amministrati dall'Agenzia che, come previsto dalla convenzione triennale con il Ministero dell'economia e delle finanze, deve assicurare lo svolgimento delle funzioni istituzionali previste dagli articoli 62 e 64 del decreto legislativo n. 300 del 1999 e il conseguimento degli obiettivi strategici, di politica fiscale e di gestione tributaria, indicati nell'atto d'indirizzo.
  Attualmente sono convenzionate 18 amministrazioni, rappresentative di oltre il 90 per cento dei soggetti passivi IRAP. Si sta perfezionando la convenzione con la Basilicata – dovrebbe essere questione di giorni – e ci stiamo impegnando per giungere alla stipula degli accordi, anche con la Regione Siciliana e la Provincia autonoma di Trento. L'adesione di queste amministrazioni alle convenzioni potrebbe consentire loro di sfruttare al meglio le sinergie che derivano da una stretta collaborazione con le strutture dell'Agenzia.
  Per quanto riguarda la riscossione coattiva degli enti pubblici territoriali – credo che questo sia un punto molto importante e delicato –, ci troviamo di fronte a un quadro normativo complesso e disarmonico. L'ho citato tutto a memoria, riesaminarlo punto per punto richiederebbe un po’ di tempo. Non a caso è intervenuta la legge-delega fiscale, anche al fine di rivedere e semplificare il quadro normativo.Pag. 8
  Per quanto non abbia competenza diretta in materia, occupandosi della sola riscossione nazionale, attraverso Equitalia, l'Agenzia delle entrate è molto interessata all'individuazione di un modello di riscossione degli enti locali centrato sulla chiarezza e sulla trasparenza per i contribuenti, che sappia anche tenere in considerazione le ripercussioni sull'effetto organizzativo del gruppo Equitalia. Quest'ultimo, in base alle attuali norme, non si occuperà più della riscossione locale a partire dal 2015. La legge-delega, infatti, tende ad attribuire agli enti locali il servizio della riscossione delle loro entrate, con l'obiettivo di ottenere, da un lato, controlli più stringenti e, dall'altro, un corretto e regolare afflusso delle entrate anche a garanzia dei contribuenti.
  Le nuove norme, fra l'altro, delegano il Governo a trovare soluzioni che possano valorizzare le competenze tecniche e organizzative specialistiche, in materia di entrate degli enti locali, accumulate, fra l'altro, presso le aziende del gruppo Equitalia. Tali competenze potrebbero, in questo modo, anche attraverso un riassetto organizzativo del gruppo, finalizzato ad una razionale riallocazione delle risorse umane, essere messe a disposizione delle autonomie locali. In questo quadro, è necessario individuare una strategia che permetta sia agli enti locali, sia al gruppo Equitalia, di programmare per tempo le attività e consentire un ordinato svolgimento della riscossione; siamo a tre mesi dalla scadenza, vorrei sottolinearlo. La legge delega è sul piatto, quindi forse ci sono ancora gli spazi per valutare delle soluzioni.
  Desidero sottolineare che l'Agenzia è disponibile a fornire le proprie competenze tecniche per individuare soluzioni che dovrebbero tendere a determinati risultati, tra i quali la previsione di un maggior coinvolgimento e responsabilità degli enti locali, nell'attività di indirizzo della riscossione coattiva delle proprie entrate. In questo caso, come sapete, c’è un comitato per l'indirizzo e la vigilanza, previsto da un decreto, che dovrebbe essere nominato a breve, in cui è prevista la partecipazione dei vari enti – elemento che trovo molto importante – che dettano i criteri e le regole poi riportati al Parlamento perché approvino i criteri stessi, quindi con un sistema di partecipazione diretta, in cui è prevista la partecipazione dell'ente locale.
  Forse, in una visione più forte, questo elemento potrebbe essere maggiormente rafforzato. Ad ogni modo, la partecipazione di rappresentanti degli enti locali è già prevista. Come ripeto, in una forma ancora più stringente, questo potrebbe essere un elemento di garanzia e di coordinamento più stretto, così come di responsabilizzazione, perché quando si gestiscono delle cose, occorre esserne responsabili. Sono convinta di questo.
  Tra i risultati di cui parlavo, dunque, oltre alla previsione di un maggiore coinvolgimento, vi sarebbe: un conseguimento di economie di scala e di scopo per gli attori della fiscalità locale, massimizzando i volumi di riscossione, evitando duplicazioni di attività e sprechi di risorse pubbliche; individuazione della corretta riallocazione delle risorse materiali e organizzative attualmente dedicate alla riscossione delle entrate locali, garanzia dei livelli occupazionali e dei livelli di servizio. Resta fermo che ogni soluzione individuata dovrà assicurare la continuità dell'attività di riscossione attraverso una disciplina chiara per la sorte dei carichi già affidati ai soggetti incaricati della riscossione delle entrate locali, così da evitare ogni incertezza e quindi potenziale contenzioso; ciò significa perdita di gettito, con molta chiarezza.
  L'altra attività che indirettamente seguiamo attraverso SOSE è quella dei fabbisogni standard per gli enti locali. Il 23 dicembre 2013, la SOSE – Soluzioni per il Sistema economico Spa – ha concluso un intenso lavoro di calcolo dei fabbisogni standard delle funzioni fondamentali dei comuni, delle province e delle regioni a statuto ordinario.
  I fabbisogni standard rappresentano il peso specifico di ogni ente locale in termini di fabbisogno finanziario, sintetizzano, in un coefficiente di riparto, i fattori Pag. 9di domanda e offerta estranei alle scelte discrezionali degli amministratori locali che meglio spiegano il differenziale di costo e bisogno lungo il territorio nazionale. La scelta di affidare la determinazione dei fabbisogni standard a un organo tecnico come la SOSE, risponde completamente alle linee guide dettate dall'OCSE in termini di modello di governance più coerente per la gestione delle relazioni intergovernative. Attribuire a un organismo super partes gli aspetti tecnico-metodologici, infatti, può agevolare la mediazione tra Governo centrale e enti locali. SOSE riveste da anni questo ruolo di terzietà, valorizzato inoltre dal principio di compliance, caratteristica comune di tutte le attività della società.
  Questo compito valorizza pertanto il know how statistico ed econometrico acquisito da SOSE nel campo degli studi di settore, patrimonio risultato fondamentale nella progettazione delle metodologie statistiche di determinazione dei fabbisogni standard.
  Con l'intento di arginare il rischio di una carenza informativa legata al calcolo dei fabbisogni standard, basato su tecniche statistiche, le informazioni desumibili dalle fonti ufficiali (certificati di conto consuntivo, Ministero dell'interno, Istat, Ancitel, Ministero dell'istruzione, dell'università e delle ricerca, Agenzia delle entrate e Agenzia del territorio) sono state integrate con nuovi dati ottenuti inviando a tutti gli enti dei questionari ad hoc. Attraverso l'uso strategico dei questionari sui fabbisogni standard, si è strutturata una nuova banca dati che, per la prima volta in Italia, consente l'analisi dettagliata degli output e degli input, delle modalità di gestione e delle scelte organizzative adottate nel processo di produzione dei servizi locali da parte dei governi locali.
  La rilevazione dei dati attraverso l'utilizzo di questionari, oltre a consolidare un importante patrimonio informativo e a conferire un alto indice di robustezza e affidabilità alle stime elaborate, rappresenta una straordinaria novità nel panorama internazionale delle tecniche di calcolo dei fabbisogni standard. La validità del modello elaborato da SOSE, infatti, è stata riconosciuta anche in contesti internazionali, come in occasione del convegno International Tax Dialogue del dicembre 2013.
  Il calcolo dei fabbisogni standard rappresenta il primo imprescindibile passo verso un nuovo sistema perequativo, non più legato al criterio della spesa storica, che si è rivelato una fonte di iniquità nella distribuzione delle risorse e una causa di inefficienza nella gestione della spesa da parte dei Governi locali.
  Già a partire dal prossimo anno, sulla base del fabbisogno standard e della capacità fiscale standard di ogni singolo ente, sarà possibile individuare in modo equo, tenendo conto delle reali necessità e possibilità, una corretta ripartizione del fondo di solidarietà. Inoltre, la determinazione dei fabbisogni standard ha contribuito ad ampliare in misura importante il patrimonio informativo di supporto al decisore politico, sia in un'ottica d'individuazione dei processi di gestione dei servizi pubblici locali più efficienti, sia di definizione dei livelli essenziali delle prestazioni delle funzioni fondamentali di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m) e p) della Costituzione.
  A partire da gennaio scorso, è stato avviato l'aggiornamento della banca dati dei fabbisogni standard. Per quanto riguarda le province, dove i fabbisogni standard sono di fondamentale importanza per la corretta riallocazione delle funzioni provinciali, in attuazione della legge n. 56 del 2014, è stato predisposto, con l'Unione italiana delle province, un nuovo questionario pubblicato on line il 9 aprile 2014, ora in fase finale di compilazione.
  Per quanto riguarda i comuni, invece, il nuovo questionario costruito insieme all'Istituto della finanza e dell'economia locale (IFEL) è in fase di costituzione e verrà pubblicato nel prossimo mese di ottobre.
  SOSE ha fatto confluire i dati raccolti per la determinazione dei fabbisogni standard nella business intelligent opencivitas, uno strumento on line di esplorazione, benchmarking e simulazione dei dati dei comuni, delle unioni dei comuni e delle Pag. 10province. Questo strumento consente a cittadini e amministratori locali di monitorare il fabbisogno finanziario e la performance di tutti gli enti locali italiani e delle regioni a statuto ordinario, confrontando il posizionamento del proprio ente rispetto agli altri, così da rendere più facile il controllo dei cittadini e supportare gli amministratori locali nell'individuazione delle strategie di gestione, per l'erogazione più efficiente dei servizi.
  In ragione del lavoro svolto, SOSE, anche da ultimo, è stata coinvolta per il supporto tecnico nei progetti di revisione della spesa pubblica.
  Vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Romperò io il ghiaccio, per quanto riguarda gli interventi da parte della Commissione. A pagina 12 della sua relazione (vedi Allegato), dottoressa Orlandi, lei dice che: «già a partire dal prossimo anno, sulla base del fabbisogno standard della capacità fiscale standard di ogni singolo ente locale, sarà possibile individuare in modo equo e tenendo conto delle reali necessità e possibilità una corretta ripartizione del fondo di solidarietà». Credo che questo sia veramente il punto di arrivo di tutto il lavoro che è stato fatto in questi anni. Del resto, senza coniugare il fabbisogno standard con la capacità fiscale standard, è impossibile fare qualsiasi discorso di tipo perequativo.
  Sui fabbisogni standard siamo abbastanza informati, invece le chiedo se può dirci qualcosa di più sulla capacità fiscale standard. Infatti, se il prossimo anno fosse disponibile per ogni singolo comune questo tipo di raffronto e confronto – posto che non so come possa essere svolta la gestione politica, perché abbiamo già visto le reazioni rispetto alla pubblicazione e alla trasparenza per quanto riguarda i fabbisogni standard –, certamente avrebbe un impatto molto significativo anche per quanto riguarda la scelta del legislatore sulla definizione e la ripartizione del fondo di solidarietà.

  ROSSELLA ORLANDI, Direttore dell'Agenzia delle entrate. In questo caso le do una risposta veloce, perché in realtà sappiamo solo dell'elaborazione del piano. La partecipazione diretta a questo progetto e il controllo dello stesso sono affidati al Dipartimento delle politiche finanziarie del Ministero dell'economia e delle finanze, quindi magari in un'audizione ad hoc potrete avere elementi più certi. Noi conosciamo la metodologia e gli avanzamenti, ma nel merito di un'attività che non riguarda le fiscalità gestite dall'Agenzia. È il Dipartimento delle politiche fiscali che segue in modo più puntuale questo progetto.

  PRESIDENTE. Aumenta la suspence nel senso che il sottosegretario Zanetti ci ha tranquillizzato e ha fatto alcune affermazioni in tal senso, lei invece ci conferma che potremo avere i dati in un'altra audizione, quindi adesso tutta la responsabilità dell'argomento si concentra sul prossimo incontro con la dottoressa Lapecorella.

  ROSSELLA ORLANDI, Direttore dell'Agenzia delle entrate. Non so a che punto siano. So che stanno procedendo a delle elaborazioni, ma non posso entrare nel merito.

  FEDERICO FORNARO. Intanto ringrazio la dottoressa Orlandi. Quanto al tema della partecipazione dei comuni all'accertamento dei tributi statali, su cui siamo già tornati altre volte, anche con tabelle puntuali e dati molto interessanti nelle audizioni precedenti, credo che questo sia un terreno importante anche nel merito dell'equità, per l'utilizzo corretto dell'ISEE sostanzialmente. Lì si può nascondere un'evasione potenziale molto significativa, con l'aggiunta della beffa, per i cittadini onesti, di vedere l'erogazione di servizi nelle modalità che conosciamo.
  Mi permetto di suggerire un possibile intervento, perché credo che sia molto più facile attivare gli strumenti che sono riportati anche nella sua relazione in grandi comuni, dove c’è una depersonalizzazione, mentre è più complicato in un piccolo comune. Ebbene, credo che in alcuni casi Pag. 11potrebbe essere attivata un'iniziativa autonoma dell'Agenzia, come indicazione di controllo, utilizzando come parametro di riferimento proprio la presentazione di ISEE particolarmente bassi nel valore. Nella mia esperienza di amministratore comunale ho visto degli ISEE a zero, che presuppongono situazioni molto gravi, in alcuni casi reali e in altri meno. Da questo punto di vista, ritengo che un intervento di tal tipo potrebbe aiutare.
  Da ultimo, sui fabbisogni standard mi permetto di insinuare qualche dubbio. Ho perso qualche mezz'ora per andare dentro a opencivitas a guardare i fabbisogni standard in aree che conosco. Su alcuni dati e su alcune loro attendibilità ho molte riserve. Faccio un esempio concreto, così ci intendiamo: è chiaro che quando si parla soprattutto di piccoli comuni in cui ci sono dipendenti che svolgono tre, quattro o cinque funzioni è molto difficile tagliare correttamente. Al netto di questo, ci sono comuni che denunciano spese per l'anagrafe a zero. Ebbene, se c’è una spesa che un comune ha, anche il più piccolo, è quella dell'anagrafe, perché è la base. Da questo punto di vista, prima di considerare quello come un lavoro già finito, inviterei a fare alcune verifiche.
  In secondo luogo, viene il dato storico. Nel raffronto sul fabbisogno standard, vi sono comuni che hanno identità, territori e composizioni molto simili, ma fabbisogni differenti. Da questo punto di vista, qualche riserva ce l'ho.
  Peraltro, se poi queste indicazioni diventano le tavole della legge, anche nei termini che diceva il Presidente, e se quello è l'obiettivo a cui tendere, la situazione diventa estremamente complicata e si rischia di riprodurre in altra forma le disuguaglianze per l'allocazione corretta delle risorse che invece era uno degli obiettivi da evitare.

  MARIA CECILIA GUERRA. Alcuni dei temi che volevo sollecitare sono già stati ripresi dagli interventi che mi hanno preceduto. Ad ogni modo, vorrei porre una domanda per quanto riguarda la partecipazione dei comuni all'accertamento. Lei ci ha detto che, ovviamente – e questo non mi meraviglia – il processo segue delle priorità, per cui si sceglie anche in relazione al ritorno che si può avere in termini di gettito per lo Stato e i comuni.
  Ebbene, se dovessi dire, credo questo porterà sicuramente a privilegiare i comuni grandi rispetto ai piccoli. Le pongo la questione, così mi risponde, perché il problema è delicato, nel senso che alcuni comuni fanno delle segnalazioni magari non particolarmente rilevanti, ma che possono esserlo per le ricadute sul proprio piccolo bilancio e, dal momento che abbiamo un sistema di partecipazione al 100 per cento, per adesso, ma a regime forse di nuovo al 50, rispetto al maggior accertamento, tale scelta di priorità, pur essendo chiaramente giustificata nell'economia del lavoro dell'Agenzia delle entrate, può porre un problema di equità. Mi chiedo e le chiedo se questo è vero.
  Per quanto riguarda la riscossione, non nascondo che nella mia ignoranza ho una preoccupazione enorme per la scadenza del 2015 e per il decentramento dell'attività di riscossione a enti che in parte dovranno gestirla in forma associata, com’è ovvio. Mi sembra di capire, da quello che lei ci ha detto, che il suggerimento che viene dall'Agenzia delle entrate è quello di fare un modello di riscossione che possa essere adottato dai comuni nel loro insieme. Soprattutto vi è, fra le righe, il suggerimento di ritornare a un modello che veda Equitalia come protagonista principale, mentre nelle note alla relazione ciò è scritto in modo evidente, quindi le chiedo una conferma di questa lettura.
  Vengo poi alla questione del recupero delle prestazioni. Abbiamo una riforma ISEE – mi dispiace dover citare questa cosa a cui ho partecipato – che in larga parte, come è stato sottolineato sia da lei che dall'intervento del collega Fornaro, affronta e supera il problema, dal momento che i dati fiscali vengono presi senza richiederli al contribuente.
  Mi chiedo se le procedure richieste che avrebbero dovuto essere completate entro luglio 2014 – so che ci sono stati ritardi anche legati a richieste dei comuni – la Pag. 12tecnologia che porterà all'incrocio dei dati dell'INPS e dell'Agenzia delle entrate sia ragionevolmente a un punto di realizzazione tale da permettere l'entrata in vigore di questa riforma a partire dal gennaio 2015, come ci è stato promesso. Del resto, unita a questa, vi è l'altra riforma che ha previsto finalmente una possibilità di azione, anche in termini di sanzioni da parte dell'ente locale – che prima non c'era, dobbiamo ricordarlo – e che dovrebbe intervenire sui casi che sono stati richiamati.
  Anch'io sottolineo l'importanza della capacità fiscale standard perché, oltre a tutti i problemi che richiamava il senatore Fornaro, su cui credo che avremo tempo e possibilità di soffermarci nel prosieguo dei nostri lavori, è molto importante avere anche queste indicazioni perché gli stessi dati di spesa sono sicuramente influenzati dallo sforzo fiscale degli enti, che sarà apprezzato e definibile soltanto quando avremo lo sforzo standard.

  GIOVANNI PAGLIA. Vorrei sapere se, rispetto all'organizzazione della riscossione coattiva degli enti locali – vedremo se riusciremo a risolverla a dicembre o meno –, lei ritiene che l'ipotesi di sottrarre ad Equitalia tutta la parte che la riguarda per trasferirla agli enti locali medesimi risponda ad un qualsiasi tipo di razionalità organizzativa o sia un tema valutabile solo ed esclusivamente attraverso l'ottica dell'opportunità politica.

  DANIELE MARANTELLI. Ringrazio la dottoressa Orlandi per la chiarezza dell'esposizione e formulo i miei auguri per un buono ed efficace lavoro, nell'interesse di tutti i cittadini onesti.
  Non credo che di questi tempi il federalismo incontri grandi consensi nell'opinione pubblica, eppure resto convinto che l'unico criterio corretto per l'abbattimento della spesa pubblica, che non sia quello brutale dei tagli lineari, sia esattamente quello di applicare in maniera corretta i costi standard.
  Nell'introduzione, si è detto con chiarezza che, per esempio per quanto riguarda la collaborazione tra comuni e Agenzia, i risultati non sono uniformi su tutto il territorio. Tuttavia, nell'audizione precedente con il dottor Befera ci erano stati forniti questi dati e possiamo dire che certamente c’è una differenza tra piccoli e grandi comuni per valutazioni abbastanza evidenti, che non riprendo, per cui è più difficile per un piccolo comune, visto il rapporto con l'amministrato, intervenire in un certo modo.
  Ad ogni modo, mi aveva colpito il dato di una grande città come Roma, che aveva come risultato zero. Siccome non credo che Roma sia la città più virtuosa d'Italia nel campo, a occhio e croce, in questo caso, di fronte a un dato così plateale, qual è la possibilità concreta di intervento ?

  PRESIDENTE. Ricordo, tra l'altro, che la dottoressa Orlandi ci ha opportunamente ricordato che il 31 dicembre 2014 si ritorna al 50 per cento della devoluzione dell'eventuale accertamento ai comuni, anziché al 100 per cento. Ciò ha un effetto potenzialmente meno incentivante rispetto questo tipo di attività; lo dico a beneficio di tutti coloro che dovranno in qualche modo contribuire a scrivere la nuova legge di stabilità.
  La parola alla dottoressa Orlandi, per la replica.

  ROSSELLA ORLANDI, Direttore dell'Agenzia delle entrate Cercherò di essere breve, magari sintetizzo perché alcune domande sono molto vicine nei loro contenuti, seppure con sfumature diverse.
  Quanto alla partecipazione dei comuni all'accertamento, cercherò di dare un quadro. Per quella che è la nostra esperienza oggi, ormai abbastanza strutturata, credo che la partecipazione dell'ente locale all'attività di accertamento abbia soprattutto un valore di educazione alla legalità, di partecipazione, che vada oltre la cifra, alla fine relativamente modesta nell'economia di un bilancio comunale, e si concentri più nella scelta di affermare un principio di equità, contribuzione e quant'altro, con l'inserimento delle proprie funzioni e dei propri collaboratori in un processo virtuoso.Pag. 13
  In questo Paese abbiamo circa 8.300 comuni con differenze veramente rilevanti, dalla grande metropoli come Roma a comuni in qualche caso con forse neanche cento abitanti (in Piemonte ne ho incontrato qualcuno). Ebbene, in tali circostanze si pongono delle questioni circa la possibilità di influenzare di più la scelta di partecipazione del comune, e non solo per ovvie ragioni di vicinanza molto stretta fra elettore ed eletto e con l'amministrazione (non è detto, perché ci sono situazioni virtuose in questo caso), ma anche perché le forze che il comune può mettere in campo, lo sforzo di individuazione, di segnalazione, nonostante tutti gli strumenti siano gratuiti, richiede personale e alcuni comuni non sono in grado di svolgere tale attività. Bisogna prenderne atto.
  Voglio far capire una cosa importante e cioè che qualunque sia la partecipazione o meno, lo svolgimento di una attività su quei comuni, noi agiamo con forza. Che Roma non abbia segnalazioni è un problema del comune e della città di Roma che ad oggi non ha segnalato, o ha segnalato cose che sono rimaste bloccate. È un problema di scelta, politica o amministrativa, o forse più di organizzazione, di Roma perché ci sono stati tentativi che ancora non sono arrivati a compimento.
  Ad ogni modo, noi lavoriamo con forza e presenza su Roma. Il nostro compito è quello di accertare l'imposta, di mantenere la task compliance. Mi piacerebbe – non ci arriverò mai probabilmente, perché ormai sono troppo vecchia, ma mi auguro che le persone più giovani possano avere questa opportunità – arrivare a vedere l'Italia diventare un Paese finalmente normale, in cui l'evasione, che esiste in tutto il mondo, sia fisiologica. Questo richiede la partecipazione e lo sforzo di tutta la comunità. Ovviamente il nostro lavoro è massimizzato nel risultato, che non è solo di monetizzazione in questo caso; lo voglio dire con molta certezza, perché sarebbe riduttivo.
  Abbiamo un obbligo di recupero dell'imposta e di cassa e lo rispettiamo con molta trasparenza, perché oltretutto non diamo risultati di accertamento o teorici, ma di cassa che vanno immediatamente nel bilancio allargato dello Stato e procedono, in base alle partecipazioni, in tutti i bilanci. Del resto, le addizionali comunali o regionali, o l'IRAP, o la quota di IVA, vanno comunque a tutto il sistema.
  Tuttavia, oltre a questo, abbiamo un compito ancora più alto che è quello di contrastare i fenomeni di evasione, che non sempre portano alla cassa per motivi tecnici, ma anche per motivi pesantemente normativi e di fatto, a cui comunque non potremmo mai rinunciare. Se dovessimo ragionare in termini esclusivamente di cassa, dovremmo probabilmente trascurare una serie di fenomeni evasivi che sono pesanti, pericolosi e che comportano anche distorsioni del mercato, illegalità e via dicendo, ma che difficilmente possono concretizzarsi con l'incasso. Il nostro compito è quello di contrastare l'evasione, quindi cerchiamo di farlo tutti insieme.
  È chiaro anche che la nostra stessa ripartizione territoriale fa sì che sia diverso il piano di lavoro a seconda della dimensione della provincia. Pertanto, in una provincia in cui esistono piccoli comuni che magari hanno segnalazioni più limitate, normalmente il nostro piano di attività è proporzionato e dunque, quando sono efficaci, le utilizziamo e portano un ritorno, senatrice. Se per ipotesi – un'ipotesi che non esiste – ricevessi 100.000 segnalazioni su Roma, non potrei fare altrettanti controlli, soprattutto se fossero particolarmente limitati. Devo perseguire fonti di innesco, obblighi e recuperi che sono previsti dalla legge e che spesso sono previsti dagli accordi internazionali.
  Insomma, il nostro è un lavoro molto complesso. Quindi, la ripartizione è pesata. Intendo dire che in alcuni casi la nostra capacità operativa non riesce a esaurire tutto, proprio per un principio di proficuità comparata e anche per una questione di proficuità della segnalazione.
  Come ho detto molto chiaramente, stiamo facendo attività di formazione e stiamo lavorando insieme ai comuni per abilitare una sensibilità e una forma di conoscenza del territorio che sia aggiuntiva rispetto alle nostre conoscenze, altrimenti Pag. 14sarebbe inutile e richiede anche del tempo. Laddove siamo partiti prima, in città molto presenti su questa situazione, il livello adesso è molto buono; tant’è vero che le segnalazioni sono più facilmente lavorabili e danno risultati. Dove siamo partiti da poco, probabilmente le prime segnalazioni non sono tali da avere un principio di affidabilità e di conoscenza sufficiente, però cerchiamo di tenere conto di questo su tutto il territorio.
  Continuo a dire che, anche laddove non ci sia la partecipazione diretta del comune che ottiene il controllo dell'accertamento, il ritorno nelle casse degli enti locali avviene comunque attraverso l'azione principale dell'Agenzia.
  Per quanto attiene, invece, alla preoccupazione sui costi standard, conosco SOSE dal punto di vista della funzione statistica e dell'affidabilità dell'analisi del dato per una storia ormai di quasi quindici anni – anzi di più, sono vent'anni – di capacità statistica e di elaborazione del dato.
  Non posso entrare nel dettaglio, in quanto abbiamo una partecipazione in SOSE, ma non siamo noi che guidiamo il progetto. Chiaramente, la funzione del costo standard è la stessa, nell'elaborazione statistica, di affidabilità. Per quanto riguarda i metodi, normalmente sono affidabili. Il problema della limitazione del dato ci potrebbe essere e dunque potrebbe essere necessario – infatti sta partendo – un secondo questionario. Questo mi dà l'idea che stiano affinando e richiedendo puntualizzazioni, laddove il dato sia statisticamente anomalo.
  Per quanto riguarda l'ISEE non solo c’è una legge, ma il progetto è in uno stato avanzato e dovrebbe concludersi a brevissimo per quel che ci risulta; la gestione definitiva sarà dell'INPS. Ad oggi, c’è un problema che ha ritardato gli sviluppi, ma che non riguarda i dati disponibili, né una volontà, bensì la mancanza di autorizzazione del Garante della privacy all'utilizzo dei dati finanziari, che in ISEE sono fondamentali.
  Infatti, mentre l'incrocio riferito alla esistenza patrimoniale o reddituale di un soggetto dalle nostre banche dati è facilmente individuabile, con incroci affidabili e certi, la consistenza finanziaria, che comunque fa parte del patrimonio mobiliare, che rientra nei criteri ISEE, è utilizzabile solo attingendo a banche dati degli archivi dei flussi, su cui c’è ancora un lavoro con il garante della privacy che non mi risulta ancora sbloccato e questo sta comportando qualche ritardo...

  MARIA CECILIA GUERRA. Sulla consistenza media.

  ROSSELLA ORLANDI, Direttore dell'Agenzia delle entrate. Sì, sulla consistenza media che doveva affinare. Come dicevo, quello è stato un pochino il motivo del rallentamento.
  Noi stessi abbiamo cercato di spiegare, portare e tagliare la sicurezza del dato, che poi è l'elemento fondamentale, ma ad oggi non siamo riusciti a concludere, per cui probabilmente andremo avanti con gli altri dati senza la consistenza media, che non viene ritenuta utile o affidabile del garante della privacy. Questa è la legge e io, signori, mi attengo strettamente ad essa. Come ho detto in un'altra occasione, noi siamo – tengo a sottolinearlo perché per me stranamente è motivo d'orgoglio, per molti forse no, ma per me sì – funzionari dello Stato, quindi rispettiamo tutte le leggi e tutte le prescrizioni, compresa quella data da un'autorità che esiste sull'utilizzo di dati che sono protetti da una legge.
  Il tema della riscossione locale è complesso e credo che meriterebbe qualche ora di approfondimento che farei volentieri, perché è una delle cose che mi preoccupa di più come responsabile dell'agenzia che si occupa a livello nazionale di accertamento, liquidazione e riscossione dei tributi; quindi già per noi è una grossissima questione.
  Inoltre, mi preoccupa a livello di socio di maggioranza di una società pubblica – esclusivamente pubblica, lo sottolineo – come Equitalia e mi preoccupa anche a livello di cittadino, perché credo che ognuno di noi sia prima di tutto un cittadino.Pag. 15
  Su questo tema della riscossione, credo che sia necessaria una valutazione approfondita di costi, benefici e funzionalità del sistema che sta avvenendo nella legge delega e nel confronto con lo stesso Governo su alcuni temi molto importanti.
  Se ragioniamo di riscossione pubblica – sottolineo la parola pubblica, perché questa è la scelta di fondo – la riscossione coattiva può essere solo pubblica. Veniamo da una storia – mi permetto di ricordarla – di 41 società private che non hanno dato risultati significativi in termini di gettito e hanno avuto, fino al 2005 e poi fino al 2009, a seconda dei periodi considerati, costi esorbitanti per il sistema pubblico, che arrivano anche a 900 milioni di euro. Adesso non è più così. Questo è l'elemento fondamentale.
  C’è una scelta prevista sia dalla legge delega che da una legge «puntuale» che dice che il 1o gennaio gli enti locali prenderanno in carico la riscossione coattiva. Stavamo ragionando della struttura, dei costi, della possibilità che ha un ente locale, non delle dimensioni di Milano, Roma o Torino, ma delle dimensioni medie del comune italiano, di gestire direttamente un'attività che è costosa. La riscossione coattiva – permettetemi di dirlo con chiarezza – non è un business, ma un costo. La riscossione coattiva è complessa, pesante, procedurale e ha oneri molto pesanti. Quindi, pensare di darla come un business mi fa preoccupare per che tipo di ragionamento di business può fare chi l'accetta, ma questa è una mia preoccupazione.
  D'altra parte, basta fare un'analisi dei costi di affinamento medio, che peraltro esiste perché 3.000 comuni lo hanno già fatto. Esiste un'analisi puntuale su quanto costa all'ente locale – non voglio essere partigiana, ma come ho detto la questione mi preoccupa dal punto di vista di cittadino – la riscossione coattiva, il totale della riscossione.
  Attendiamo le posizioni del legislatore come sempre, lo sottolineavo prima. Anzi, non suggeriamo soluzioni, perché credo che in questo caso sia importante svolgere un ragionamento che non può prescindere da due questioni. Una di esse è che c’è un problema di competenze e di affidamenti che sono molto alti e che riguardano i residui dei comuni che, anche quando ne sono usciti – perché sono usciti 3.000 comuni da Equitalia – hanno lasciato lì i residui. Quindi, bisognerà decidere cosa fare di quei residui e chi li gestisce. Del resto, quelli sono oneri a perdere per la maggior parte, signori. Hanno qualche problema sul bilancio degli enti locali in generale e il punto va regolato con molta chiarezza, perché il contenzioso successivo potrebbe essere pesante e devastante.
  Occorre un serio ripensamento che preveda anche in via legislativa l'indicazione di quale debba essere la sorte di quei residui. Non è un tema che possiamo affrontare con leggerezza. Dall'altro lato, sottolineo che qualsiasi attività che ritenga – l'abbiamo detto prima – la despecializzazione del lavoro comporta oneri molto pesanti. In un momento in cui si parla di fabbisogno standard e di spending review, qualche problema ce l'abbiamo, anche perché attualmente nel sistema Equitalia, a torto o a ragione, il problema dal punto di vista standard è il contribuente unico. Questo significa che tutti i costi di elaborazione, cartellazione e procedura sono racchiusi in una unità. Se vediamo lo stesso contribuente come debitore di IMU, debitore di un'imposta provinciale (tipo quella di motorizzazione, che ancora esiste in qualche forma), e poi di IRPEF, lo controlliamo utilizzando un'unica azione, ma in questo caso diventerebbero tre. Naturalmente questo ha dei costi e «immagino» che questi non andrebbero a carico dell'ente locale, ma del cittadino, perché l'ente locale non può reggere il costo di ogni singola operazione.
  Il valore medio dell'attività di riscossione per un ente locale è di 300 euro. Voi conoscete tutte le norme che sono state approvate in Parlamento e sapete qual è il limite per cui si procede alla riscossione effettiva coattiva: oggi è 2.000 euro di fatto, quindi tutti gli affidamenti dei comuni sono mediamente inferiori ai 300 euro. Questo pone un problema e non lo Pag. 16dico perché voglio influenzare le scelte. Anzi, me ne guardo bene, però vi devo fornire i dati.
  Credo che serva un serio ripensamento della struttura complessiva, con soluzioni che – ne sono assolutamente convinta – siano serie, ponderate e innovative, e che questo debba tenere conto dei dati effettivi.
  Oltretutto, lo dico con estrema chiarezza, abbiamo avuto e abbiamo tuttora un confronto continuo e positivo con ANCI. Stiamo dando tutti i dati, tutte le informazioni, stiamo confrontando tutte le possibili evoluzioni del sistema in varie soluzioni da un punto di vista prettamente tecnico e di progetto con chi rappresenta i comuni, ossia ANCI. Non è un lavoro che stiamo facendo autonomamente, ma procediamo insieme a Equitalia che ovviamente ha tutti i dati statistici, di affidamento e di costi.
  Naturalmente c’è un problema occupazionale perché Equitalia è strutturata per un volume di riscossioni che ha mantenuto l'equilibrio di bilancio. Equitalia non ha costi sul bilancio dello Stato, quindi ha un volume di riscossione.
  Su tutta la parte dei Comuni – per cui ci potrebbe essere una soluzione, anzi ci sono varie idee di lavoro per un consorzio e via dicendo, le ipotesi che ANCI sta facendo sono più di una – comunque c’è un problema di occupazione, per cui, se passiamo alla sola riscossione erariale, stimiamo che potrebbero esserci oltre 2.500 esuberi. Anche questo è un problema che si pone alla valutazione della parte politica. Non so se con questo ho dato tutte le informazioni o se ho saltato qualcosa. Se ho mancato di dare qualche informazione, fatemelo presente.

  PRESIDENTE. Dottoressa Orlandi, il tema di Equitalia e della riscossione si incrocia con il decreto che proprio questa Commissione ha trattato in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici. Tutti noi sappiamo che dall'anno prossimo dovrebbe cambiare anche il criterio con cui i residui vengono conservati nei bilanci, con tutto quello che ne consegue sul presumibile disavanzo che emergerà. Quindi, è una faccenda che abbiamo evidenziato al Governo nella sua estrema problematicità.
  Il sottosegretario Zanetti, anche nell'ultima audizione, si è detto abbastanza tranquillo. Noi lo siamo meno, perché abbiamo tanti colleghi che sono esperti nelle amministrazioni locali e portano in Commissione il loro contributo di esperienza. Vedremo come si evolverà questa vicenda nei prossimi mesi, ma oggettivamente la situazione è molto complicata, con potenziali effetti sui bilanci locali, e non solo, che dovrebbero essere attentamente ponderati.
  Ringrazio i nostri ospiti dell'Agenzia delle entrate per il contributo che ci hanno fornito, come al solito e per la documentazione consegnataci, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta (vedi allegato). Naturalmente ci riserviamo nel prossimo futuro di risentirci per constatare le evoluzioni in corso.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.15.

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