XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta pomeridiana n. 22 di Giovedì 26 giugno 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 23 giugno 2011, n.118, in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi (atto n.92) ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del regolamento della Commissione):
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 3 
Bilardo Salvatore , Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni della Ragioneria generale dello Stato ... 3 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 13 
Zanoni Magda Angela  ... 13 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 13 
Zanoni Magda Angela  ... 13 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 14 
Bilardo Salvatore , Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni della Ragioneria generale dello Stato ... 14 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 16 

ALLEGATO: Documentazione presentata dai rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato ... 17

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 14.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi (atto n. 92).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti della Ragioneria generale dello Stato, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi (atto n. 92).
  È con noi il dottor Salvatore Bilardo, Ispettore generale della Ragioneria, accompagnato dalla dottoressa Cinzia Simeone.
  Questa è l'ultima audizione del ciclo che abbiamo avviato per capire di più circa le correzioni al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, sull'armonizzazione dei sistemi contabili. Dopo quest'audizione inizieremo a ragionare sulla bozza di parere in modo informale, per capire come, nelle prossime settimane e nei tempi stabiliti per l'espressione del parere, possiamo cominciare a predisporre un testo, su cui poi investire tutta la Commissione.
  Io direi di procedere immediatamente, ringraziando nuovamente i nostri ospiti.
  Do la parola al dottor Bilardo per lo svolgimento della relazione.

  SALVATORE BILARDO, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni della Ragioneria generale dello Stato. Consentitemi, prima di dare lettura della relazione (vedi allegato), di ringraziare coloro che ci hanno aiutato in quest'opera monumentale – direi – di riforma della contabilità degli enti territoriali, cioè l'ANCI, l'UPI, le regioni, il Ministero dell'interno, l'ISTAT e l'ABI.
  Quest'opera è stata il frutto di un lavoro intenso e continuo di oltre due anni, che noi speriamo possa trovare conclusione entro il mese di luglio, in modo tale da consentire agli enti territoriali di avviare le iniziative, anche organizzative, per poter attuare la riforma dal 1o gennaio 2015. Poco prima di venire in audizione mi sono incontrato con il Ministro dell'economia e delle finanze, il quale è assolutamente convinto della necessità di questa riforma per la finanza pubblica nel suo complesso.
  Lo schema di decreto legislativo correttivo è stato approvato il 31 gennaio 2014 dal Consiglio dei ministri, ha avuto il parere della Conferenza unificata nella seduta del 3 aprile 2014 e, una volta avuto il parere della Commissione bicamerale e Pag. 4delle Commissioni Bilancio, avrà la definitiva approvazione in Consiglio dei ministri, noi speriamo entro il mese di luglio.
  Lo schema di decreto costituisce una tappa fondamentale nel percorso di risanamento dei conti pubblici, in quanto diretto a favorire il coordinamento della finanza pubblica, il consolidamento dei conti dell'amministrazione pubblica, anche ai fini del rispetto delle regole comunitarie, le attività connesse alla revisione della spesa pubblica e la determinazione dei fabbisogni e dei costi standard.
  L'armonizzazione renderà la finanza pubblica più trasparente a vantaggio dei cittadini e dei vari portatori di interesse verso la pubblica amministrazione. In particolare, la riforma contabile degli enti territoriali costituisce una componente del più ampio progetto di armonizzazione avviato dalla legge n. 196 del 2009, la cui attuazione elimina la pluralità dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio dei vari settori delle amministrazioni pubbliche, prevedendo la graduale adozione di strumenti e princìpi contabili comuni, che garantiscano bilanci e rendiconti confrontabili e aggregabili, in quanto elaborati con le stesse metodologie e criteri.
  In tema di armonizzazione dei sistemi contabili si condivide, peraltro, pienamente l'invito della Corte dei conti, formulato in occasione della recente audizione sullo schema di decreto in esame, a una maggiore coerenza tra il sistema contabile dello Stato e quello degli enti territoriali, con riferimento soprattutto all'adozione della competenza finanziaria potenziata. Il cosiddetto principio della competenza «a scadenza», introdotto per gli enti territoriali, in prospettiva deve trovare applicazione anche per le altre amministrazioni pubbliche.
  In attuazione della delega prevista dall'articolo 2 della legge n. 42 del 2009, la riforma contabile degli enti territoriali è stata definita attraverso un innovativo procedimento legislativo bottom-up volto a garantire una puntuale verifica delle scelte tecniche e procedurali e un attento affinamento e approfondimento metodologico, caratterizzato da una preliminare individuazione dei contenuti generali della riforma nel Titolo I del decreto legislativo n. 118 del 2011 e destinato a essere verificato e integrato a seguito di una sperimentazione.
  La sperimentazione è stata regolarmente avviata il 1o gennaio 2012, coinvolgendo circa un centinaio di enti, e, in attuazione dell'articolo 9 del decreto legge n. 202 del 2013, nell'esercizio 2014 è stata estesa a ulteriori 350 enti.
  Lo schema di decreto in esame è, pertanto, il risultato di oltre due anni di intenso lavoro dedicato a seguire la sperimentazione e a integrare e affinare la versione sperimentale della riforma da parte di diversi gruppi di lavoro operanti presso la Ragioneria generale dello Stato, che, come per il decreto legislativo n. 118 del 2011 e il DPCM 28 dicembre 2011, ha potuto avvalersi dell'esperienza e delle professionalità del Ministero dell'interno, dell'ISTAT, della Conferenza dei Presidenti delle regioni, dell'UPI, dell'ANCI e dell'ABI.
  Per quanto riguarda i risultati della sperimentazione, si rinvia alle relazioni inviate dal Ministro dell'economia e delle finanze alle Camere al termine del primo esercizio finanziario in cui ha avuto luogo la sperimentazione e successivamente ogni sei mesi.
  Al riguardo si rappresenta che l'attività dei gruppi di lavoro è proseguita anche dopo l'approvazione preliminare del decreto da parte del Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2014. Pertanto, i princìpi applicati allegati al presente decreto non tengono conto degli aggiornamenti approvati nel corso del 2014, che sono illustrati alla fine della presente audizione.
  In altri termini, dal 31 gennaio ad oggi la sperimentazione richiederebbe ulteriori interventi legislativi integrativi, che sono riportati in allegato alla relazione e sui quali, ovviamente, richiamiamo l'attenzione anche della Commissione bicamerale.
  Per quanto concerne l'ambito di applicazione, il decreto in esame conferma l'ambito di applicazione della riforma individuata al decreto legislativo n. 118 del Pag. 52011, costituita dalle regioni a Statuto ordinario, dagli enti locali di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, cioè province, comuni, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane, unioni di comuni e consorzi di enti locali, e dai loro enti e organismi strumentali, con l'esclusione degli enti coinvolti nella gestione della spesa sanitaria finanziata con le risorse destinate al Servizio sanitario nazionale, disciplinati dal Titolo II del decreto legislativo n. 118 del 2011.
  Anche il decreto correttivo, così come il decreto legislativo n. 118, nel rispetto della sentenza della Corte costituzionale n. 178 del 2012, non prevede l'automatica applicazione della riforma alle autonomie speciali. Pertanto, l'articolo 79 del decreto legislativo n. 118, coordinato con il decreto in esame, si limita a prevedere che la decorrenza e le modalità di applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo nei confronti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano, nonché nei confronti degli enti locali ubicati nelle medesime regioni speciali e province autonome, sono stabilite in conformità con i relativi statuti e con le procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42.
  Nell'ambito dei rapporti con le autonomie speciali si registra comunque positivamente la disponibilità di gran parte delle autonomie speciali ad adottare la nuova riforma. In particolare, nell'ambito degli accordi del Patto di stabilità interno per il 2014-2017, la regione Sicilia ha formalmente accettato di recepire con propria legge regionale, mediante rinvio formale recettizio, le disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni e degli enti locali e dei loro organismi, in modo da consentire l'operatività e l'applicazione delle predette disposizioni entro e non oltre il 1o gennaio 2015.
  Analogo accordo è in itinere con la regione Sardegna e il nostro auspicio è che anche le altre autonomie speciali possano seguire queste positive esperienze.
  La riforma prevede due modelli di sistemi contabili tra loro alternativi: la contabilità finanziaria, affiancata, a fini conoscitivi, da una contabilità economico-patrimoniale, che riguarda le regioni, le province autonome, gli enti locali di cui all'articolo 2 del decreto legislativo n. 267 del 2000 e i loro enti strumentali già in contabilità finanziaria; la contabilità civilistica, che riguarda le amministrazioni sanitarie e gli altri enti strumentali di regioni ed enti locali che adottano già la contabilità economico-patrimoniale.
  Nonostante la previsione di due sistemi contabili, a seguito dell'entrata a regime della riforma per tutte le amministrazioni pubbliche, indipendentemente dal sistema contabile adottato, sarà possibile disporre sia del conto di cassa classificato con modalità omogenee, sia del conto economico e dello stato patrimoniale.
  La riforma definisce, inoltre, con maggiore chiarezza rispetto alla legislazione vigente il sistema contabile dei Consigli regionali, delle istituzioni di cui all'articolo 114 del decreto legislativo n. 267 del 2000 e degli altri organismi strumentali, sistema contabile che deve essere lo stesso adottato dall'ente di appartenenza.
  Per gli enti che adottano la contabilità civilistica la riforma si limita a chiedere: la riclassificazione e tassonomia dei propri dati di cassa, per renderli confrontabili con il Piano dei conti tenuto secondo lo schema della contabilità finanziaria, per non appesantire la gestione degli enti; la riclassificazione richiesta attraverso la rilevazione SIOPE di cui all'articolo 14 della legge n. 196 del 2009; l'elaborazione di un apposito prospetto concernente la ripartizione della propria spesa per missioni e programmi, accompagnata dalla corrispondente classificazione secondo la nomenclatura COFOG di secondo livello allegata al budget e al bilancio d'esercizio.
  Per gli enti in contabilità finanziaria, la riforma prevede un sistema contabile integrato di scritture volto a garantire la rilevazione unitaria dei fatti gestionali sia sotto il profilo finanziario, sia sotto il profilo economico-patrimoniale. La rilevazione unitaria dei fatti gestionali, sia sotto Pag. 6il profilo finanziario, sia sotto il profilo economico-patrimoniale, è garantita dall'adozione del Piano dei conti integrati di cui all'allegato n. 6 del decreto legislativo n. 118, coordinato con lo schema di decreto in esame.
  L'introduzione della contabilità economico-patrimoniale accanto alla contabilità finanziaria potenzia significativamente i sistemi informativi e di valutazione a disposizione delle amministrazioni pubbliche.
  La riforma prevede che tutte le amministrazioni pubbliche territoriali e i loro enti e organismi strumentali in contabilità finanziaria devono conformare la propria gestione a princìpi contabili generali e applicati coordinati allo schema del decreto correttivo in esame, mentre gli enti in contabilità economica-patrimoniale sono tenuti ad adeguarsi ai princìpi contabili generali di cui all'allegato n. 1 e ai princìpi del codice civile.
  Considerato che la contabilità pubblica del nostro Paese ha fatto sempre riferimento a princìpi contabili generali, la definizione di princìpi contabili applicati, costituiti da norme tecniche di dettaglio, di specificazione e di interpretazione dei princìpi generali che svolgono una funzione di completamento del sistema contabile e favoriscono comportamenti effettivamente uniformi e corretti, costituisce un'importante novità della riforma.
  In considerazione dei risultati positivi conseguiti nel corso della sperimentazione il decreto correttivo in esame ha definitivamente adottato il principio della competenza finanziaria potenziata, grazie al quale è possibile superare le criticità della vigente configurazione del principio contabile generale della competenza finanziaria.
  Il principio della competenza finanziaria potenziata prevede che tutte le obbligazioni giuridiche attive e passive sono registrate nelle scritture contabili nell'esercizio in cui l'obbligazione è perfezionata con imputazione all'esercizio in cui l'obbligazione viene a scadenza.
  A tal fine, è necessario fare riferimento a tre momenti dell'obbligazione giuridica: la nascita dell'obbligazione, a seguito della quale è necessario procedere alla registrazione nelle scritture contabili dell'accertamento delle entrate e dell'impegno della spesa; la scadenza dell'obbligazione, cioè quando il credito o il debito diviene esigibile, in considerazione della quale è identificato l'esercizio contabile di imputazione dell'entrata e della spesa; l'estinzione effettiva dell'obbligazione, in considerazione della quale l'entrata e la spesa sono registrate in termini di cassa.
  Rispetto alla vigente definizione, che considera solo il momento della nascita e dell'estinzione dell'obbligazione, la nuova configurazione del principio della competenza finanziaria migliora significativamente la trasparenza, la veridicità e la chiarezza dei bilanci, restituendo a tali documenti la fondamentale funzione conoscitiva che dovrebbe caratterizzarli.
  Devo dire che noi abbiamo registrato positivamente le audizioni di chi ci ha preceduto, in particolare dell'ISTAT e della Corte dei conti, i quali hanno espresso giudizi assolutamente positivi sul principio della competenza potenziata anche ai fini del consolidamento dei dati contabili che l'ISTAT deve effettuare per il rispetto del rapporto deficit/PIL.
  In particolare, la competenza finanziaria potenziata rafforza la funzione programmatoria del bilancio grazie alla maggiore attenzione attribuita alla scadenza delle obbligazioni, impedisce l'accertamento di entrate future ed evita l'accertamento e l'impegno di obbligazioni inesistenti, riducendo in maniera consistente l'entità dei residui attivi e passivi.
  Per i soli comuni, i residui passivi raggiungono i 100 miliardi, mentre i residui attivi sono oltre 25 miliardi, cifre assolutamente rilevanti, che hanno anche preoccupato il Fondo monetario internazionale, perché hanno indotto nell'errore che il residuo passivo sia espressione di debito, mentre nell'attuale contabilità degli enti locali il residuo passivo non è espressione di vero e proprio debito.
  La sperimentazione ha dimostrato, per esempio, che i residui passivi si sono ridotti, a seguito di riaccertamenti alla Pag. 7luce del nuovo principio, del 45 per cento, mentre quelli attivi a poco meno del 20 per cento. Anche qui c’è una riflessione di ordine, più che tecnico, politico da fare, perché ogni amministratore tende a fare pulizia nei residui passivi, ma non nei residui attivi.
  Il principio della competenza finanziaria potenziata consente, inoltre, la conoscenza dei debiti commerciali degli enti – un altro dei grossi problemi che abbiamo in questo momento sul tavolo, in quanto i residui passivi sono costituiti solo da obbligazioni giuridicamente perfezionate ed esigibili – e favorisce la modulazione dei debiti finanziari secondo gli effettivi fabbisogni degli enti. Infatti, nel caso di ricorso all'indebitamento per il finanziamento di spese di investimento, l'imputazione delle obbligazioni passive secondo le scadenze consente di correlare il tiraggio del debito agli effettivi fabbisogni, con effetti evidenti sul debito dell'amministrazione locale e della finanza pubblica in generale.
  Inoltre, il principio della competenza finanziaria potenziata introduce una gestione responsabile delle movimentazioni di cassa, con avvicinamento della competenza finanziaria alla cassa, (potenziamento della competenza finanziaria e valorizzazione della gestione di cassa); consente la rappresentazione contabile preventiva e concomitante di equilibri di bilancio effettivi; evidenzia, attraverso il Fondo pluriennale vincolato, la distanza temporale tra l'acquisizione delle risorse finanziarie e il loro utilizzo. Infatti, l'elevata dimensione e la persistenza nei bilanci relativi a più esercizi degli stanziamenti riguardanti il medesimo Fondo pluriennale vincolato individua il ritardo nell'impiego di risorse già acquisite, che in genere comporta rilevanti oneri finanziari per l'amministrazione.
  A proposito degli schemi di bilancio, la riforma prevede l'adozione di comuni schemi di bilancio finanziario, economici, patrimoniali e consolidati, eliminando con, particolare riferimento al comparto delle regioni e dei loro enti e organismi strumentali, quella disomogeneità che attualmente impedisce il confronto e il consolidamento dei conti pubblici e il loro raccordo con le classificazioni economiche e funzionali individuate dai Regolamenti comunitari.
  L'adozione del bilancio di previsione per missioni e programmi rafforza la funzione, tipica dei bilanci finanziari, di rappresentare la finalità dell'utilizzo delle risorse pubbliche quale fondamentale momento della decisione di spesa e attribuisce ai bilanci pubblici una maggiore trasparenza del processo di allocazione delle risorse pubbliche alle politiche di settore, offrendo una chiara rappresentazione agli organi decisionali sull'utilizzo delle risorse in riferimento al loro fine ultimo, in analogia a quanto avviene in Parlamento durante la sessione di bilancio.
  Le missioni rappresentano le funzioni principali e gli obiettivi strategici perseguiti dalle amministrazioni pubbliche territoriali utilizzando risorse finanziarie, umane e strumentali ad esso destinate e sono definite in relazione al riparto di competenze di cui agli articoli 117 e 118 del Titolo V della Costituzione, tenendo anche conto di quelle individuate per il bilancio dello Stato.
  I programmi rappresentano aggregati omogenei di attività, volti a perseguire le finalità individuate nell'ambito delle missioni, e costituiscono unità di voto del bilancio di previsione oggetto di approvazione da parte del Consiglio, al quale è affidata la responsabilità di decidere la ripartizione delle risorse tra le funzioni che l'ente è chiamato a perseguire.
  Al fine di consentire il consolidamento anche funzionale dei dati contabili degli enti territoriali con quelli delle altre amministrazioni pubbliche è previsto che i programmi siano raccordati alla classificazione COFOG di secondo livello, che costituisce, quindi, l'elemento comune e univoco di classificazione della spesa.
  Per fornire un supporto alle amministrazioni in sperimentazione è stato predisposto il Glossario delle missioni e dei programmi, che descrive i contenuti dei singoli programmi e di ciascuna missione, nonché i gruppi COFOG abbinati e la Pag. 8relativa codifica. Considerato il positivo riscontro ricevuto, tale strumento è diventato un allegato al decreto integrativo e correttivo.
  La dimensione economica della spesa è rappresentata attraverso i macroaggregati che costruiscono il primo livello di classificazione della spesa nel bilancio tecnico di accompagnamento per le regioni e nel bilancio gestionale e di collegamento con il piano dei conti.
  La riforma ha abolito la distinzione tra bilancio annuale e bilancio pluriennale, riunendo i due documenti contabili e potenziando la natura programmatoria del bilancio di previsione, che è almeno triennale. Le previsioni riguardanti il primo esercizio costituiscono il bilancio di previsione finanziaria annuale e sono espressi in termini di competenza e di cassa. Le previsioni degli esercizi successivi al primo sono espresse solo in termini di competenza.
  Il decreto dispone, infine, termini analoghi per la deliberazione di bilanci preventivi, consuntivi e consolidati, nonché per la trasmissione degli stessi alla banca dati unitaria delle amministrazioni pubbliche.
  Quanto al piano dei conti integrato, il piano dei conti è uno strumento, strutturato gerarchicamente secondo vari livelli di dettaglio, che riconduce le operazioni gestionali e degli enti a uno schema classificatorio comune, rendendo omogenee le scritture sia della contabilità finanziaria, sia della contabilità economico-patrimoniale sottostanti la formazione dei bilanci.
  Inoltre, rappresenta la struttura di riferimento per la predisposizione dei documenti contabili di finanza pubblica delle amministrazioni pubbliche e per il raccordo della contabilità finanziaria alla contabilità economico-patrimoniale, consentendo la registrazione contestuale delle transazioni attraverso voci contabili correlate del piano finanziario, del piano economico e del piano patrimoniale, in termini sia di contabilità finanziaria, sia di contabilità economico-patrimoniale.
  La struttura del piano risponde anche alla necessità di migliorare la raccordabilità dei dati di finanza pubblica con il sistema europeo dei conti, rispondendo di fatto già alle indicazioni fornite in tal senso dalla direttiva n. 85 del Consiglio dell'8 novembre 2011.
  Il coordinamento tecnico tra i gruppi di lavoro incaricati di armonizzare i vari comparti delle amministrazioni pubbliche ha consentito la definizione di un piano dei conti unico valido per tutte le pubbliche amministrazioni italiane.
  Operativamente, i tavoli tecnici deputati all'implementazione degli indirizzi del decreto legislativo n. 118 del 2011 hanno adottato il piano dei conti redatto dai tavoli previsti dal decreto legislativo n. 91 del 2011. Al contempo, questi ultimi hanno potuto in itinere beneficiare del lavoro svolto dagli enti territoriali interessati dalla sperimentazione, calibrando e integrando il piano sulla base delle osservazioni e delle istanze che da questi pervenivano, avvalendosi anche dei risultati della sperimentazione degli enti territoriali attraverso un processo complessivo di concertazione e condivisione di significativa importanza.
  Pertanto, il piano dei conti degli enti territoriali è lo stesso previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 132 del 2013, attuativo del decreto legislativo n. 91, per le amministrazioni pubbliche non territoriali.
  Inoltre, l'armonizzazione è garantita anche nel tempo dall'articolo 4, comma 7-ter, del decreto in esame, che prevede la possibilità di adeguare il piano dei conti degli enti territoriali a seguito degli aggiornamenti del piano dei conti integrato delle amministrazioni pubbliche.
  La definizione di un unico piano dei conti garantisce, quindi, non solo la fondamentale armonizzazione dei dati di finanza pubblica, a partire dalla registrazione dei singoli fatti di gestione, quanto anche la necessaria comparabilità degli schemi di bilancio, che, in assenza di una struttura unica di registrazione contabile a livello aggregato, non potrebbero essere utilmente confrontati, considerando i diversi Pag. 9comparti della pubblica amministrazione e le rispettive norme di adeguamento contabile.
  Il bilancio consolidato è il documento contabile che espone la situazione patrimoniale e finanziaria e il risultato economico di un ente unitariamente agli organismi, agli enti, alle aziende e alle società controllate e partecipate che compongono il gruppo «amministrazione pubblica» considerato come un'entità economica unitaria, a prescindere dalle specificità economiche e giuridiche dei soggetti che lo compongono.
  È uno strumento contabile diretto a favorire un effettivo controllo dell'utilizzo delle risorse che complessivamente fanno capo a un ente, ma anche a ovviare alla disomogeneità dei bilanci pubblici determinata anche dal fenomeno delle esternalizzazioni, ossia dal trasferimento da parte delle pubbliche amministrazioni, attraverso contratti e convenzioni, dello svolgimento di funzioni, servizi e attività strumentali di propria competenza ad altri soggetti pubblici o privati.
  In presenza di tale fenomeno, i bilanci dei singoli enti possono fornire informazioni incomplete, non rappresentative delle attività e delle funzioni complessivamente svolte e, a parità di servizi resi alla collettività, presentano situazioni del tutto differenti.
  La disciplina della sperimentazione ha consentito agli enti di rinviare l'elaborazione del primo bilancio consolidato con riferimento all'esercizio 2013. Di conseguenza, ad oggi il gruppo di lavoro incaricato di seguire la sperimentazione non ha ancora ricevuto alcun bilancio consolidato predisposto nel rispetto dei princìpi applicati previsti dal DPCM 28 dicembre 2011, che è stato, quindi, oggetto di limitate verifiche e integrazioni.
  Considerato che la riforma a regime prevede la possibilità di integrare e modificare i princìpi applicati attraverso le modalità previste dall'articolo 3-bis del decreto legislativo n. 118 del 2011 inserito dal decreto in esame, il principio applicato al bilancio consolidato è destinato a essere oggetto di perfezionamenti successivi in considerazione degli esiti della sperimentazione.
  In ogni caso, la disciplina del bilancio consolidato prevede soluzioni contabili differenziate nel caso in cui una società veda la partecipazione di una pluralità di azionisti pubblici. A tal fine, la riforma distingue l'ipotesi di controllo da quella di partecipazione, per le quali il paragrafo 4.4 del principio applicato al bilancio consolidato individua differenti modalità di consolidamento (metodo integrale per la prima ipotesi e metodo proporzionale per la seconda ipotesi).
  Inoltre, occorre segnalare che, in occasione dell'intesa sancita il 3 aprile 2014 in sede di Conferenza unificata, all'articolo 11-quater del decreto legislativo n. 118 inserito dallo schema di decreto in esame è stato introdotto un ulteriore elemento di gradualità nel consolidamento del bilancio, cioè la previsione che per il triennio 2015-2017, ai fini del consolidamento, non sono considerate le società quotate e quelle da esse controllate.
  Pertanto, fino all'esercizio 2013, oltre a considerare società partecipate solo le società a totale partecipazione pubblica affidatarie dei servizi pubblici locali della regione e dell'ente locale, indipendentemente dalla quota di partecipazione, è prevista l'esclusione dal consolidato delle società quotate in borsa.
  Al fine di favorire l'entrata in vigore della riforma a decorrere dal 1o gennaio 2015, lo schema di decreto in esame consente un'applicazione graduale dei nuovi princìpi e dei nuovi istituti contabili da parte degli enti territoriali e dei loro enti strumentali in contabilità finanziaria.
  Nel 2015 sono previste: l'adozione in parallelo degli schemi di bilancio e di rendiconto vigenti nel 2014, cioè quelli dell'attuale TUEL, che conservano valore a tutti gli effetti giuridici, compresa la funzione autorizzatoria, e dei nuovi schemi di bilancio a soli fini conoscitivi; l'integrale applicazione del principio contabile generale della competenza potenziata e il riaccertamento straordinario dei residui; l'applicazione dei princìpi contabili applicati Pag. 10della contabilità finanziaria e della programmazione; l'adozione da parte del Consiglio regionale e delle istituzioni dei comuni del medesimo sistema contabile previsto per le regioni e per i comuni.
  Nel 2016 sono previsti, invece: l'adozione dei nuovi schemi di bilancio e rendiconto ai fini autorizzatori, che assumono valore ad ogni effetto giuridico; l'adozione del piano dei conti integrati; l'affiancamento della contabilità economico-patrimoniale integrata alla finanziaria e l'applicazione del principio contabile generale, della competenza economica e dei princìpi applicati della contabilità economico-patrimoniale; l'adozione dei princìpi applicati del bilancio consolidato, al fine di consentire nel 2017 l'elaborazione del bilancio consolidato 2016.
  Un altro tema significativo riguarda il riaccertamento straordinario dei residui.
  Tra le attività più impegnative richieste agli enti nell'esercizio 2015 la riforma contabile chiede agli enti di procedere al riaccertamento straordinario dei propri residui, al fine di adeguare lo stock dei residui attivi e passivi formatisi prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, alla nuova configurazione del principio contabile generale della competenza finanziaria.
  L'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo n. 118 del 2011, coordinato con lo schema di decreto correttivo e integrativo in esame, prevede che il riaccertamento straordinario dei residui sia effettuato con riferimento alla data del 1o gennaio 2015, contestualmente all'approvazione entro il 30 aprile 2015 del rendiconto 2014.
  Il processo di adeguamento dei residui è adottato con delibera di Giunta, previo parere dell'organo di revisione economico-finanziaria, nella stessa giornata in cui è approvato il rendiconto, immediatamente dopo la delibera del Consiglio.
  Pertanto, nella stessa giornata sono formalmente definiti: l'importo dei residui attivi e passivi al 31 dicembre 2014, determinati nel rispetto del previgente ordinamento contabile in sede di approvazione del rendiconto 2014; l'importo dei residui passivi al 1o gennaio 2015 rideterminati nel rispetto della riforma prevista dal decreto legislativo n. 118 del 2011 e della delibera concernente il riaccertamento straordinario dei residui.
  Il riaccertamento straordinario dei residui è costituito da una serie di attività gestionali meramente ricognitive dei residui esistenti e di adeguamento degli stessi al principio contabile generale della competenza finanziaria individuate con precisione dall'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo n. 118 del 2011, coordinato con il decreto in esame.
  L'attività diretta alla determinazione del risultato di amministrazione al 1o gennaio 2015 e del Fondo pluriennale vincolato da iscrivere in entrata e in spesa del bilancio di previsione è guidata attraverso la combinazione di due prospetti da allegare alla delibera di riaccertamento straordinario dei residui.
  Considerato che il riaccertamento straordinario offrirà agli enti territoriali la possibilità di fare pulizia nei propri bilanci, riducendo significativamente la mole dei residui, la riforma dedica una particolare attenzione alle modalità di recupero dell'eventuale disavanzo derivante dal processo di riaccertamento straordinario dei residui.
  L'individuazione delle modalità e dei tempi di copertura dell'eventuale maggiore disavanzo è rinviata a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto col Ministero dell'interno, da definire in considerazione dei risultati contabili riscontrati al 1o gennaio 2015, prevedendo incentivi, anche attraverso la disciplina del Patto di stabilità interno e nei limiti di spesa del personale, per gli enti che alla data del 31 dicembre 2017 non presentino quote di disavanzo derivanti dal riaccertamento straordinario dei residui.
  Nelle more dell'emanazione di tale decreto l'eventuale maggiore disavanzo di amministrazione al 1o gennaio 2015 determinato dal riaccertamento straordinario dei residui e dal loro primo accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità Pag. 11è ripianato per una quota pari almeno al 10 per cento l'anno, secondo modalità definite attraverso un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto col Ministero dell'interno, previa intesa in sede di Conferenza unificata, da emanarsi entro il 31 luglio 2014.
  Il gruppo di lavoro incaricato di definire lo schema di decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto col Ministero dell'interno, è stato costituito e ha avviato il 24 giugno la propria attività.
  L'applicazione della riforma sarà favorita dalla possibilità di avvalersi dei princìpi applicati allegati al decreto legislativo n. 118, che costituiscono dei veri e propri manuali operativi a disposizione degli enti, corredati anche da esempi pratici riguardanti la programmazione, la contabilità finanziaria, la contabilità economico-patrimoniale e il bilancio consolidato.
  È, pertanto, possibile attuare la riforma attraverso un percorso di alta formazione, seguendo l'esempio degli enti di sperimentazione. Essa sarà favorita: dalla gradualità prevista per l'entrata in vigore dei nuovi princìpi e istituti contabili, che consente di distribuire in più esercizi l'attività di formazione, rinviando al 2016 una parte significativa della riforma, riguardante l'adozione del Piano dei conti integrati, l'affiancamento della contabilità economico-patrimoniale e la predisposizione del bilancio consolidato; dalla formazione istituzionale organizzata sul territorio per tutti gli enti locali; e dalla Scuola superiore dell'economia e delle finanze, confluita nella Scuola nazionale dell'amministrazione (SNA), sulla base di una convenzione in corso di definizione con ANCI, UPI e RGS.
  Il nostro auspicio è che già nel mese di luglio riusciremo a fare delle edizioni nell'Italia centrale e nell'Italia settentrionale. Ovviamente, stiamo spingendo per riuscire al più presto a coprire tutto il territorio nazionale.
  L'applicazione della riforma sarà, quindi, favorita anche dall'esperienza diffusa sull'intero territorio nazionale degli enti di sperimentazione, che stanno già svolgendo un'attività di divulgazione e diffusione delle professionalità sviluppate a decorrere dal 2012.
  Venendo alle criticità e alla proposte di soluzione, dobbiamo considerare il pareggio di bilancio costituzionale.
  La riforma definisce distintamente per le regioni e gli enti locali il sistema degli equilibri del bilancio. La definizione degli equilibri di bilancio è destinata a essere integrata al fine di dare attuazione alla legge rinforzata n. 243 del 2013, che, a decorrere dal 1o gennaio 2016 per gli enti territoriali, prevede il rispetto di ulteriori equilibri che possiamo definire costituzionali.
  La definizione degli equilibri costituzionali degli enti territoriali da aggiungere agli equilibri contabili è stata rinviata in attesa della definizione degli equilibri di bilancio degli enti non territoriali, per i quali le disposizioni della legge n. 243 del 2013 entrano in vigore il 1o gennaio 2014, al fine di garantire comportamenti omogenei tra le amministrazioni pubbliche.
  Per gli enti territoriali, comprese le autonomie speciali, l'articolo 9 della legge n. 243 del 2013 richiede il conseguimento, in fase sia di programmazione, sia di rendiconto, di un valore non negativo, in termini di competenze di cassa, del saldo tra entrate finali e spese finali e del saldo tra entrate correnti e spese correnti, incluse le quote di capitale delle rate di ammortamento dei prestiti.
  La disciplina del pareggio degli enti territoriali è la più rigorosa e la più vicina alla definizione di indebitamento netto adottata in ambito europeo, in quanto impone anche l'equilibrio corrente dei bilanci, sia in termini di competenza finanziaria, sia in termini di cassa, non consente l'utilizzo dell'avanzo di amministrazione ai fini del riequilibrio e limita fortemente il ricorso al debito.
  Nel caso in cui a consuntivo sia registrato uno scostamento dall'obiettivo, ciascun ente provvede ad assicurare il recupero del disavanzo entro il triennio successivo. Nell'ipotesi in cui si registrassero avanzi di bilancio, tali risorse devono Pag. 12essere destinate al ripiano del debito o al finanziamento delle spese di investimento.
  Possibili elementi di flessibilità degli enti territoriali possono derivare: dall'utilizzo ai fini dell'equilibrio del Fondo pluriennale vincolato; dall'esclusione degli accantonamenti di spesa (Fondo crediti di dubbia esigibilità e fondi di riserva), sui quali non si impegnano e non si effettuano pagamenti; dal concorso all'equilibrio costituzionale, sia in fase di previsione, sia in fase di rendicontazione; dagli accordi regionali per l'utilizzo dell'avanzo e del debito, che garantiscono, per l'anno di riferimento, l'equilibrio della gestione di cassa e finale del complesso degli enti della regione interessata, compresa la medesima regione.
  In caso di complessivo scostamento dall'equilibrio il disavanzo concorre alla determinazione dell'equilibrio di cassa dell'esercizio successivo ed è ripartito tra gli enti che non hanno rispettato il saldo previsto.
  Di conseguenza, il decreto legislativo n. 118 del 2011 ha rinviato la definizione contabile dell'equilibrio costituzionale aggiuntivo al tradizionale equilibrio contabile, equilibrio che comunque va declinato in tempi stretti, in modo da consentirne la decorrenza dal 1o gennaio 2016.
  Nei tavoli di confronto con i rappresentanti delle regioni non è stato possibile pervenire a una condivisione delle modalità di attuazione della competenza esclusiva statale in materia di armonizzazione contabile prevista dalla legge costituzionale n. 1 del 2012.
  Le regioni ritengono che la competenza esclusiva dello Stato non impedisca l'emanazione di leggi regionali in materia contabile, nel rispetto dei princìpi previsti dal decreto legislativo n. 118 del 2011, mentre la Ragioneria generale dello Stato ritiene che le regioni debbano applicare direttamente la riforma, limitandosi ad adeguare i propri regolamenti in materia contabile al pari degli enti locali.
  In altri termini, secondo l'orientamento della Ragioneria generale dello Stato, è preclusa la possibilità alle regioni di legiferare in materia di contabilità, alla luce della chiara indicazione dell'articolo 117 della Costituzione, che include l'armonizzazione dei bilanci pubblici tra le materie di competenza esclusiva dello Stato.
  Pertanto, a decorrere dal 1o gennaio 2015, eventuali leggi regionali in materia contabile potrebbero indurre a sottoporre la questione all'esame della Corte costituzionale, in modo da chiarire la portata del nuovo articolo 117 della Costituzione.
  La Ragioneria generale tiene particolarmente a questo aspetto, perché la disarmonia contabile delle regioni non è solo un fatto contabile, ma rende inapplicabile qualsiasi ragionamento su virtuosità, premi, fabbisogni standard, fondo perequativo e sull'attuazione complessiva della legge n. 42, ma anche l'applicazione del pareggio di bilancio in Costituzione, che dal 1o gennaio 2016 dobbiamo applicare.
  Le nostre simulazioni mostrano una situazione paradossale: ogni regione ha un proprio sistema contabile, non solo nello spazio, ma anche nel tempo. Per questo la determinazione della Ragioneria generale, sulla base del fatto che l'armonizzazione dei bilanci pubblici è competenza esclusiva dello Stato, è di avere una posizione molto ferma su questo punto: l'autonomia non passa dall'autonomia contabile.
  Per quanto riguarda le autonomie speciali, abbiamo già detto prima che stiamo registrando positivamente la volontà di recepire, addirittura con propria legge regionale – neanche con il percorso dell'articolo 27 della legge n. 42 – l'intera riforma.
  Con riferimento al Titolo II del decreto legislativo n. 118 del 2011, concernente i princìpi contabili generali applicati per il settore sanitario, lo schema di decreto correttivo approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2014 si limitava ad adeguare l'articolo 33, confermando la disciplina sperimentale riguardante la tassonomia degli enti sanitari.
  Nel corso dell'esame dello schema di decreto in Conferenza unificata le regioni hanno chiesto un maggior coordinamento della disciplina del Titolo I e del Titolo II, con particolare riferimento all'articolo 20. L'intesa sancita il 3 aprile 2014 ha opportunamente Pag. 13chiarito che i gettiti derivanti da manovre fiscali regionali destinate al finanziamento del Servizio sanitario regionale sono iscritti nel bilancio nell'esercizio di competenza dei tributi.
  Permangono ancora alcune criticità di natura operativa derivanti dall'appartenenza di una componente significativa del bilancio della regione, costituita dalla gestione sanitaria accentrata, al Servizio sanitario regionale, i cui risultati di bilancio devono consolidarsi con i risultati degli enti del Servizio sanitario regionale. Si ritiene, tuttavia, che tali criticità potranno essere gestite attraverso la predisposizione di princìpi contabili applicati che consentano alle regioni di evitare una duplice registrazione nella contabilità economico-patrimoniale dei medesimi eventi contabili.
  Come dicevo prima, a seguito dell'ulteriore sperimentazione, sono emerse ulteriori esigenze di perfezionamenti tecnici, che noi abbiamo riportato in allegato con le relative motivazioni.
  In conclusione, la riforma costituisce una tappa fondamentale nel percorso di risanamento della finanza pubblica attesa anche a livello internazionale. L'avvio a regime della riforma, oltre a migliorare la qualità dei conti pubblici nazionali, favorirà la conoscenza dei fenomeni che più preoccupano la finanza pubblica, consentendo di aggredirne le cause e di trovare le adeguate soluzioni.
  Consentirà, in particolare: di conoscere i debiti effettivi degli enti territoriali; di fare pulizia nei bilanci degli enti territoriali, riducendo in maniera consistente la mole dei residui; di avere la rappresentazione degli equilibri di bilancio effettivi e non solo meramente contabili; di conoscere, attraverso il bilancio consolidato, gli effetti sulla finanza pubblica delle gestioni e delle articolazioni organizzative degli enti strumentali e delle società controllate e partecipate; di effettuare l'adozione della contabilità economico-patrimoniale, anticipando l'orientamento comunitario in materia di sistemi contabili pubblici.
  Pertanto, si auspica che il decreto correttivo possa essere pubblicato in Gazzetta ufficiale entro il mese di luglio, in modo da consentire un'adeguata preparazione, anche organizzativa, degli enti territoriali in vista dell'entrata in vigore dal 1o gennaio 2015.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Bilardo. Grazie, in particolare, per aver collegato in modo così esplicito con la riforma costituzionale dell'equilibrio di bilancio questo provvedimento.
  Intanto è sopraggiunto anche il sottosegretario Zanetti. Lo ringraziamo. È sempre utile ripassare, visto quello che dovremo fare dopo.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, a meno che siano soddisfatti, o meglio annichiliti, dal fiume di concetti espressi.

  MAGDA ANGELA ZANONI. Ringrazio il dottor Bilardo per l'esposizione estremamente chiara, che sicuramente ci aiuta a capire. Leggerò poi con attenzione anche l'allegato, in modo da completare la sua relazione.
  Svolgo solo un paio di osservazioni, perché mi pare da questa presentazione che ci sia la volontà di procedere a tamburo battente rispetto alla prosecuzione delle tempistiche che erano previste.
  Qualche difficoltà nelle audizioni, di cui voi mi pare abbiate avuto conto, sono emerse e noi non possiamo non tenere conto di queste difficoltà. In particolare, ci sono un paio di punti.
  A pagina 18 della relazione (vedi allegato) voi affermate, in modo molto semplice, che «si consente di far pulizia nei bilanci degli enti locali e degli enti territoriali, riducendo in maniera consistente la mole dei residui». Questo è un passaggio non indolore, perché non è un problema solo contabile, ma è un problema che ha una ricaduta forte sulla tenuta dei bilanci degli enti.

  PRESIDENTE. Si tratta di una ricaduta attuale di responsabilità pregresse.

  MAGDA ANGELA ZANONI. Esatto. Questo è, oggettivamente, un problema.Pag. 14
  Noi abbiamo cominciato anche a pensare a come organizzare il parere. Credo che su questo punto verrà sottolineata la necessità di una cautela, onde evitare che al sommarsi di problemi organizzativi, legati anche al sistema informativo, che mi pare qui non sia stato accennato – forse è l'unico aspetto sul quale varrebbe la pena di spendere una parola – si aggiunga anche questo.
  Mi sono segnata un altro punto. A pagina 3 si dice che occorre «garantire bilanci e rendiconti confrontabili e aggregabili, in quanto elaborati con le stesse metodologie e criteri».
  Io credo che le metodologie e i criteri vadano bene, però, ahimè, chi ha un minimo di esperienza di elaborazione e di confronto fra i dati pervenuti dai bilanci sa che, se questi non hanno anche un supporto informativo e informatico – con le due accezioni – è difficile fare i confronti, o comunque si rende molto più complicato un processo che potrebbe essere automatico e rapido.
  A questo punto, un altro degli aspetti che noi abbiamo sottolineato è la possibilità per gli enti di avere un supporto in questa direzione. SIOPE avrà sicuramente un proprio programma. Occorrerebbe dare la possibilità agli enti di avere un programma in base al quale, eventualmente in riuso, loro possano gestirsi, ampliandolo per le necessità specifiche territoriali. Un conto è aggiungere delle informazioni a una stringa già composta, un altro è andare a interagire con tutti questi strumenti, che partono differenziati dalla base.
  L'ultimo aspetto che ci preoccupa è quello relativo alla sovrapposizione del «fare pulizia» – utilizzo le vostre stesse parole – dal punto di vista dei residui, con consolidato e con le partecipate. Questo rischia, di nuovo, di non essere solo un problema contabile. C’è un problema contabile, ma poi c’è anche una ricaduta molto forte.
  Occorre forse prevedere ancora delle forme di gradualità, senza assolutamente precludere la prosecuzione delle attività. Certamente noi siamo, in questo momento, in presenza di tre tipi di enti, se possiamo schematizzare rapidamente così, in modo un po’ grossolano: quelli che hanno partecipato alla sperimentazione e, che, quindi, sono chiaramente in grado di passare alle fasi successive e anche di ripianare i residui, perché hanno già fatto tutto un lavoro e si sono già in parte preparati; quelli che, pur non avendo partecipato alla sperimentazione, si sono già preoccupati di essere in ordine, non solo dal punto di vista organizzativo, ma anche e soprattutto dal punto di vista della gestione dei risultati in termini di residui e di partecipate; quelli che, invece, possono avere dei problemi ancora organizzativi, perché non hanno ancora mai affrontato il tema, o soprattutto avere ricadute pesanti in termini di gestione dei residui.
  È vero che viene prevista una gradualità, una fase transitoria, ma forse, alla luce anche dei dati che sono emersi in queste audizioni sulla dimensione di questi interventi, tale gradualità andrebbe rivista.
  Spenderei una parola particolare sulle province, perché sulle province ci sono oggettivamente delle difficoltà, e soprattutto sul passaggio alla nuova gestione delle città metropolitane.
  Siamo in una fase delicata di transizione. Bisogna capire se le città metropolitane partano già con una grossa difficoltà, sia organizzativa, sia di pagamento di debiti pregressi, che in parte non erano evidenti, ma che adesso, se si parte tutto insieme e dal 1o gennaio 2015, emergeranno. La sovrapposizione è esatta, tra l'altro, dal punto di vista temporale del passaggio alla città metropolitana. Io credo che questo aspetto debba essere gestito con un po’ di accortezza.
  Grazie comunque per tutte le informazioni che ci avete fornito, che sono davvero molto utili.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Bilardo per la replica.

  SALVATORE BILARDO, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni della Ragioneria generale dello Stato. Sicuramente Pag. 15il tema dei disavanzi emergenti era noto fin dall'avvio della riforma. È ovvio che il problema, oltre che tecnico, è anche politico.
  Noi abbiamo sempre approvato sia il bilancio dello Stato, sia i bilanci degli enti territoriali nel rispetto dell'articolo 81 della Costituzione. Ciononostante, conosciamo l'entità del debito pubblico e anche l'entità dei debiti commerciali. È evidente che si debba prendere consapevolezza e coscienza del fatto che abbiamo gestito – parlo di tutti i livelli di governo, incluso lo Stato – i bilanci probabilmente non nel rispetto sostanziale degli equilibri.
  È ovvio che questo è un momento in cui si prende atto di ciò e si cerca di trovare una soluzione. Per questo noi abbiamo cercato di fare questo percorso insieme a tutti i soggetti interessati – ANCI, UPI, regioni – nella consapevolezza che soltanto la gradualità ci consentirà di arrivare alla situazione ottimale cui tutti tendiamo.
  In termini di competenza, abbiamo previsto che l'eventuale disavanzo verrà coperto in un arco temporale molto più ampio di quello che attualmente il TUEL consente. L'attuale TUEL lo consentirebbe in tre anni, ma, in presenza di disavanzi che non sono l'entità effettiva. Dovendo noi ragionare sull'entità effettiva, quei tre anni sarebbero insostenibili. Abbiamo, quindi, ipotizzato, prima di stabilire un quantum in maniera più fondata sulla base della sperimentazione e sulla base dell'avvio, che magari impiegherà anni, della riforma, al momento di prevedere almeno il 10 per cento dell'assorbimento in termini di competenza.
  Probabilmente ci saranno delle conseguenze anche in termini di liquidità, ragion per cui il tavolo a cui si fa cenno nell'audizione che ha avuto il primo incontro il 24 giugno cerca di trovare una soluzione per gli eventuali problemi anche di liquidità che dovessero venir fuori da questa operazione.
  Di fatto, ancora una volta, si tratta di prendere atto della realtà. Se un'entrata non c’è, non c’è. Il debito, a prescindere da come si contabilizza, rimane. Le somme non ci sono per pagare i propri debiti, qualunque sia la forma di contabilità.
  È ovvio che il sistema sta ponendo insieme forma e sostanza, cosa che in passato non avveniva, con una certa disponibilità, ripeto, anche di valutare interventi di tipo finanziario, nei limiti che la finanza pubblica potrà consentire.
  Ho sentito prima menzionare i 17 miliardi di cui parla, in realtà, l'ANCI nella propria audizione. È evidente che, per poter avere l'idea precisa, noi dovremmo analizzare non soltanto la pulizia dei residui attivi, ma anche la pulizia dei residui passivi. È probabile che quei 17 miliardi saranno molto meno.
  Questo è il compito che si è dato il tavolo avviato il 24 giugno: nell'ambito dei residui attivi, intanto, cercare di distinguere tra quelli che rappresentano le entrate di cui si avrà la certezza che non verranno mai incassate dalle entrate che, invece, a seguito del nuovo principio, verranno spalmate, sulla base della previsione dell'esigibilità, in un arco temporale più ampio e che, quindi, nell'anno uno di partenza saranno molto inferiori rispetto al sistema previgente.
  Ripeto, il tavolo, insieme con ANCI, UPI e le regioni, è finalizzato proprio a cercare di stimare l'effetto sostanziale di questa operazione di riaccertamento, guardando ai due diversi aspetti, cioè a quelle obbligazioni, sia di entrata, sia di uscita, che effettivamente non si tradurranno mai in sostanza di cassa e a quelle che, invece, rappresentano semplicemente una spalmatura temporale, ma per le quali la certezza c’è.
  Per quanto riguarda il sistema informativo, la scelta è stata quella di non avere una regia nazionale. Gli enti in sperimentazione hanno già adeguato i propri sistemi informatici senza che noi abbiamo avuto particolari problemi.
  Faccio l'esempio del registro delle fatture, che parte il 1o luglio, per il quale il timore era che molti enti non fossero in grado di partire. Con la piattaforma elettronica da noi istituita e con le società informatiche che si sono già attrezzate Pag. 16non stiamo registrando particolari preoccupazioni in questa operazione, che è imminente.
  Su province e città metropolitane c’è un altro tavolo, perché abbiamo l'effetto della legge n. 56. Al tavolo delle province, che penso avvieremo a brevissimo, perché queste grida di allarme sono arrivate anche a noi, occorre verificare se non ci sia un problema di redistribuzione delle risorse e delle modalità di finanziamento a cui siamo arrivati.
  Attualmente il comparto delle province si autoalimenta sostanzialmente con IPT e RCAuto, con meccanismi piuttosto complessi: i soldi devono prima arrivare al bilancio dello Stato in entrata, essere riassegnati in spesa e poi essere redistribuiti alle province che hanno una IPT e una RCAuto più bassa, con una certa sofferenza.
  Probabilmente, la sofferenza deriva da questi meccanismi un po’ contorti, che effettivamente abbiamo un po’ perso di vista, perché siamo andati avanti tagliando sempre il Fondo sperimentale di riequilibrio con le varie manovre. Queste manovre avrebbero dovuto essere accompagnate da un efficientamento da parte delle province. Nell'impostazione del decreto-legge Bondi, così come in quella del decreto legge n. 66, per il comparto l'operazione (ossia taglio) avrebbe dovuto essere neutra, ma a fronte di efficientamenti di spesa da parte del comparto delle province.
  Ripeto, anche in questo caso stiamo avviando un tavolo per capire l'effettiva situazione delle province, anche in vista dell'attuazione completa della legge n. 56 e, quindi, del subentro da parte delle città metropolitane, delle regioni o dei comuni, a seconda di quanto previsto dalla legge n. 56 stessa.

  PRESIDENTE. Grazie. Con il contributo della Ragioneria dello Stato terminiamo questo ciclo di audizioni. Ringraziamo i nostri ospiti, anche per la documentazione consegnataci, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.40.

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