XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Giovedì 6 febbraio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 2 

Audizione del Presidente dell'Unione delle province d'Italia (UPI), Antonio Saitta, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale (ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento della Commissione):
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 2 
Saitta Antonio , Presidente dell'Unione delle province d'Italia (UPI) ... 2 
Fornaro Federico  ... 4 
Saitta Antonio , Presidente dell'Unione delle province d'Italia (UPI) ... 4 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 5 
Fornaro Federico  ... 5 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 6 
Marantelli Daniele (PD)  ... 6 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 7 

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal Presidente dell'UPI Antonio Saitta ... 8

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

  La seduta comincia alle 16.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del Presidente dell'Unione delle province d'Italia (UPI), Antonio Saitta, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Presidente dell'Unione delle province d'Italia (UPI), Antonio Saitta, su attuazione e prospettive del federalismo fiscale.
  Ringrazio il dottor Saitta per aver accettato questo invito e per essersi reso disponibile a cambiare gli orari originariamente convenuti. Purtroppo, questi sono giorni di confusi lavori parlamentari e, quindi, dobbiamo riunirci quando è possibile. Ringrazio, naturalmente, anche tutti i collaboratori che hanno accettato di essere qui con il dottor Saitta.
  L'audizione del rappresentante delle Province sembrerebbe quasi antistorica, non di attualità. Invece, in diverse occasioni noi ci siamo posti il problema di come collocare all'interno del lavoro di attuazione del federalismo fiscale il ruolo delle province. Questa è, dunque, l'occasione per sentire proprio da parte delle Province come vedono in prospettiva il loro ruolo eventuale nell'attuazione della delega al federalismo fiscale.
  Do la parola al dottor Saitta per lo svolgimento della relazione.

  ANTONIO SAITTA, Presidente dell'Unione delle province d'Italia (UPI). Ringrazio per l'invito e per tutte le preoccupazioni espresse, che evidentemente abbiamo anche noi, sul futuro dell'ente, che sarà meno drammatico di come viene normalmente annunciato. Noi siamo nelle condizioni oggi di esprimere qualche opinione sul processo del federalismo fiscale, perché l'abbiamo seguito con grande attenzione fin dall'inizio e ne abbiamo anche verificato continuamente lo stato di attuazione.
  Confesso che, quando venne approvata la legge n. 42, da parte nostra ci fu non solo una grande attenzione, ma anche una grande convinzione che potesse aprirsi una fase nuova nel rapporto tra lo Stato centrale e gli enti locali. In tutta quella fase noi abbiamo lavorato e contribuito anche a migliorare il percorso e il testo. Siamo convinti, infatti, che in termini complessivi, come sistema locale, bisogna uscire dalla fase della spesa storica, come veniva detto – considerazione che oggi mi sembra abbandonata, un po’ dimenticata – per passare a parametri diversi, che tenessero conto concretamente della situazione del nostro Paese, e soprattutto a un elemento fortemente autonomista. Mi riferisco a una maggiore autonomia di entrata e di spesa nelle province, nelle città metropolitane e nei comuni, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà.
  Abbiamo, quindi, seguito il processo, ma soprattutto ci ha convinto enormemente allora, e ci convince ancora oggi, il Pag. 3fatto che tra i criteri direttivi della legge n. 42 ci fosse quello della determinazione del costo e del fabbisogno standard come elementi di valorizzazione dell'efficienza e dell'efficacia dell'azione pubblica, soprattutto sulle funzioni fondamentali.
  Voglio contestualizzare il fatto che la discussione sulla legge n. 42 venne svolta quando si parlava di Codice delle autonomie. Questo per essere molto chiari: si trattava di un punto fondamentale, perché venivano definite le funzioni fondamentali degli enti e la questione dei fabbisogni standard era basata proprio sulle funzioni fondamentali. C'era, quindi, un processo di chiara indicazione delle competenze e dei fabbisogni standard, costruiti sulle funzioni fondamentali.
  Poi abbiamo avuto i decreti legislativi n. 216 del 2010 e n. 118 del 2011 e tutto ciò che è capitato successivamente: oggi siamo in grado di dire che le aspettative che erano state create attraverso la legge n. 42 sono state in parte deluse, anche per via dei cambiamenti che sono avvenuti nelle scelte da parte dei Governi che si sono succeduti.
  In modo particolare ci rendiamo conto che quello era un processo forse datato, anche se non è passato tantissimo tempo. Di certo è avvenuto un peggioramento della situazione della finanza pubblica, che, per forza di cose e per scelte politiche, ha determinato un aumento del centralismo nazionale. Oggi viviamo una delle fasi più difficili.
  Dal nostro punto di vista possiamo sicuramente dire che in questa fase, cioè dalla legge n. 42 in poi, il contenimento della spesa ha determinato per le province un forte peggioramento, nonostante alcune indicazioni importanti che erano state contenute nel decreto n. 68, uno dei decreti di attuazione, quello sul sistema tributario delle province. Vi veniva individuato un meccanismo in grado di coprire anche alcune funzioni che noi svolgiamo per conto delle regioni attraverso la fiscalizzazione di qualche tributo regionale. Il sistema definiva competenze, funzioni, rapporti e, quindi, era delineato.
  Di quelle indicazioni c’è stata scarsa attuazione, se non, mi pare, per la regione Lombardia, che ha fiscalizzato alcuni oneri; per il resto siamo a livello di discussione. Nel frattempo le province hanno subìto enormi tagli, dal 2010, per complessivi 2,115 miliardi su 12 miliardi, che rappresentavano la situazione del 2010. Per quanto riguarda il Patto di stabilità, negli ultimi cinque anni il contributo che è stato chiesto è di 5,2 miliardi di euro.
  La discussione «province sì, province no» ha determinato, anche con alcune scelte concrete nelle diverse leggi finanziarie e di stabilità, un accanimento nei confronti delle province in termini non solo di dibattito, ma anche di tagli. I tagli sono, infatti, superiori proporzionalmente a quelli dei comuni. Basta vedere qual è normalmente il rapporto e ci si rende conto di questo: per quanto riguarda, per esempio, i consumi intermedi, noi siamo stati più penalizzati percentualmente rispetto ai comuni.
  Detto questo, noi facciamo notare, se può essere utile alla Commissione, che le province, all'interno di questo percorso, sono state gli enti che hanno ridotto la spesa corrente. È sufficiente leggere che cosa ha scritto la Corte dei conti, la quale ha riconosciuto che la provincia è l'ente locale che più ha contribuito al contenimento della spesa. Nel documento che vi è stato distribuito (vedi allegato) abbiamo riportato puntualmente che cosa è capitato nel tempo.
  È avvenuto anche un contenimento degli investimenti. Tuttavia, il contenimento della spesa corrente ci ha permesso di mantenere un livello non dico decente di investimenti – perché questo non è capitato – ma di fare l'operazione che la Corte dei conti ci riconosce. Non vogliamo dire che questa sia la nostra valutazione.
  Questa è oggi la situazione delle province. Facciamo notare che – e, anche qui, le tabelle lo dimostrano – all'interno di questo centralismo nuovo e molto rafforzato rispetto al passato noi, come Province, abbiamo subìto una maggiore penalizzazione rispetto agli altri enti e, Pag. 4quindi, abbiamo maggiori problemi nella gestione e nella programmazione dei servizi, in modo particolare per quanto riguarda gli investimenti.
  Per quanto concerne la questione precisa del federalismo fiscale, che noi abbiamo definito in questo titolo «federalismo fiscale negato», dal 2009 in poi, cioè dalla legge n. 42 in poi, la nostra autonomia si è ridotta. La legge n. 42 era basata sull'autonomia di entrata e di spesa, ma questa si è ridotta in modo particolare. Facciamo un esempio che riguarda una delle principali entrate che noi abbiamo, l'imposta RCAuto.
  L'RCAuto è una fonte importante delle entrate delle province. Nel contenimento della spesa e nei tagli che sono stati fatti è capitata una situazione paradossale: molte province – siamo quasi a 58 – finanziano lo Stato. Noi introitiamo e lavoriamo per l'RCAuto e ne abbiamo la responsabilità, ma poi ci viene imposto un prelievo forzoso. Con questa sorta di federalismo nuovo, noi finanziamo l'Erario dello Stato. Questa è l'assurdità.
  Nel documento troverete il meccanismo di fondo esposto puntualmente, ma sostanzialmente si è verificato questo.

  FEDERICO FORNARO. Come è accaduto a molti comuni con l'IMU.

  ANTONIO SAITTA, Presidente dell'Unione delle province d'Italia (UPI). Si è verificato già parecchio tempo fa. Parliamo di 467 milioni con un'operazione di questo tipo. Si è trattato di un prelievo forzoso su una somma che per noi era una fonte per investimenti che non sono stati più fatti. Questa è una delle questioni preoccupanti anche per il futuro. Indipendentemente da quello che succederà alla provincia, il problema si pone per quanto riguarda la gestione delle funzioni.
  Fatto questo lamento, che è anche noto, c’è un annacquamento dei tributi locali che vale in generale. Che riguardi i comuni, come il senatore Fornaro ricordava, o le province, questo annacquamento implica una riduzione delle autonomie.
  Noi pensiamo che bisogna ritornare ai fabbisogni standard, su cui è stato fatto un ottimo lavoro. Pensiamo che quel lavoro possa essere utilizzato per costruire uno schema di finanziamento ragionevole, che tenga conto delle diverse esigenze, ma anche di livelli di efficienza, perché sappiamo che questo era uno degli obiettivi.
  Quel lavoro va ripreso puntualmente, noi diciamo, anche per la costruzione di una riforma del sistema degli enti locali. L'affidamento di una funzione al comune o alla provincia, oltre a essere basato sul principio del rapporto tra cittadini, può essere anche effettuato con qualche valutazione di carattere economico. È così. Se per caso, come ci pare, l'edilizia scolastica – dico una cosa che può sembrare una bestemmia – noi province la gestiamo a prezzi migliori rispetto ai comuni, indipendentemente dal fatto che si tratti di scuole medie o superiori, qualche ragionamento va fatto.
  Si parla della rete e della quantità di informazioni utili per assegnare le funzioni, ma si tratta anche, se necessario, come io credo che sia, di fare una valutazione economica in termini di riduzione dei costi. Esiste il problema di assegnazione delle funzioni, ma c’è anche il tema dei costi, sganciato da questi elementi.
  Penso all'edilizia scolastica, che il Ministro Delrio vuole passare ai comuni. Questo aumenta i costi. Basta vedere i fabbisogni che, mi pare, lo dicono chiaramente, ma lo si evince anche da alcuni ragionamenti semplici, come l'aumento dei centri di spesa. Questo ci consente di affermare che i fabbisogni standard, cioè le valutazioni di carattere economico, sono un patrimonio che non può essere ignorato dal legislatore per compiere delle scelte in termini di riordino del sistema degli enti locali.
  In più, c’è anche un'altra questione: come province, noi abbiamo subìto un effetto doppio di riduzione di trasferimenti nazionali, o di prelievo forzoso – chiamiamolo così – dell'RCAuto, e, contestualmente, anche una riduzione dei trasferimenti dalle regioni per le funzioni che noi esercitiamo.
  Il federalismo fiscale com'era stato immaginato era anche un elemento per diversificare, Pag. 5attraverso la fiscalizzazione, le modalità. La provincia di Torino e le province piemontesi che hanno funzioni trasferite dalla regione devono avere un trattamento diverso rispetto a quello che è stato trasferito. Se, invece, pensiamo ai consumi intermedi come li ha calcolati il commissario Bondi – non so come saranno calcolati dal nuovo commissario – vediamo che hanno ignorato completamente il meccanismo delle funzioni trasferite e le hanno considerate come se fossero consumi intermedi, come se fossero la spesa della luce, tanto per intenderci.
  Questo lavoro è importante, non va assolutamente perduto e può essere utilmente utilizzato. È chiaro che il lavoro che è stato fatto attraverso la legge n. 42 e anche successivamente si inserisce meglio in un quadro anche di carattere europeo.
  A proposito delle province, vi è noto sicuramente che un ente intermedio, anche se si chiama in modo diverso, esiste in tutte le parti d'Europa, a partire dalla Germania. Le modalità di finanziamento delle funzioni, che sono più numerose rispetto a quelle che esercitano attualmente le province, sono superiori. Basta vedere i bilanci complessivamente: la quantità di risorse gestite da questi enti è basata su modalità di finanziamento incentrate sull'autonomia delle entrate e delle spese e sull'equità.
  Il lavoro avviato con la legge n. 42 è, dunque, un lavoro davvero utilissimo. Per quanto ci riguarda, speriamo che sia ripreso velocemente, perché non ci sono altre modalità per garantire equità se non quella della responsabilità all'interno di un sistema e di un quadro di carattere generale.
  Queste sono, in sintesi, le nostre considerazioni, che sono contenute nel documento che vi è stato distribuito (vedi allegato).

  PRESIDENTE. Grazie, presidente.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  FEDERICO FORNARO. Non posso che condividere le osservazioni, anche un po’ amare, del presidente Saitta e rilevare come in questi anni sulle province si sia attuata una riforma di fatto che, in realtà, non è stata una riforma, ma un taglio piuttosto scriteriato delle risorse, mettendo molte province nelle condizioni di esporsi a critiche anche ingenerose e ingiuste da parte dell'opinione pubblica.
  Cito, per brevità, solo il tema dello spazzamento della neve. Molte province nel Nord sono state costrette a modificare i regolamenti di «ingaggio» degli appalti e a intervenire soltanto con un'altezza di neve che anche solo sulle colline, per non dire sulle montagne, ha reso le strade impraticabili.
  Lo rilevo perché alla fine è il cittadino quello che fruisce dei servizi. Da questo punto di vista si è innestata, in maniera anche volgare, un'immagine delle province come origine di tutti i mali italiani, che è stata alimentata in questi anni.
  La speranza è che quest'audizione possa essere di aiuto. Oltre a noi, immagino che questi dati siano stati trasferiti anche alle Commissioni di merito che stanno lavorando sulla riforma delle province. Mi riferisco al disegno di legge Delrio, che il Senato dovrebbe a brevissimo esaminare, nella speranza che si possano apportare perlomeno alcune correzioni – penso soprattutto alle funzioni, non tanto al sistema di elezioni – rispetto al testo che è stato licenziato dalla Camera.
  Credo, però, che in questa sede non possa che essere sottolineata l'esigenza di avere rapidamente un quadro istituzionale certo. È nell'incertezza che i tagli lineari, come è stato ricordato da Saitta, hanno finito per danneggiare le province.
  Questo è avvenuto, a onor del vero, anche per i comuni con l'ultima ridefinizione del Fondo di solidarietà comunale, ma soprattutto con i tagli della spending review, sulla base dei consumi intermedi. Ciò ha finito per penalizzare le province e i comuni che erogavano più servizi, perché Pag. 6avevano materie delegate da parte delle regioni, nel caso delle province, differenti da territorio a territorio.
  Da questo punto di vista il quadro è veramente di un «non federalismo». L'auspicio ovviamente è quello che, definiti l'assetto istituzionale e la necessità che ci sia un ente intermedio per gestire le politiche di area vasta, ci sia poi anche una conseguenza in termini di architettura di federalismo fiscale che consenta di dare a questi enti la possibilità di vivere e di erogare servizi ai cittadini, con riferimento a quelli che si riterrà rimangano in capo a loro, e soprattutto di svolgere un ruolo fondamentale – penso, in particolare, a molte regioni del Nord – di raccordo con le entità comunali.
  Io credo che su questo tema, e non posso che ribadire un po’ l'amarezza del presidente Saitta, effettivamente in questi anni non si sia costruito. Si è tentato, piuttosto, di distruggere, senza poi alla fine riuscire ad avere nulla di certo. Speriamo che il 2014 da questo punto di vista sia l'inizio di una fase nuova.

  PRESIDENTE. Io vorrei soltanto aggiungere che ci troviamo in una fase sicuramente di transizione, ma estremamente confusa. Nel momento in cui si deve ristrutturare tutta l'organizzazione istituzionale, anche con modifiche costituzionali, forse sarebbe il caso di calare anche la riforma delle province in questo quadro, a cascata, senza procedere in modo – oserei dire – disordinato.
  Per carità, vedremo che cosa verrà fuori. Sicuramente il lavoro che è stato fatto e che sta producendo i risultati descritti è un lavoro che dovrebbe essere tenuto in considerazione per affrontare razionalmente, oltre che ideologicamente, tutta la ristrutturazione della Repubblica. Questo è forse il contributo che il lavoro che è stato fatto, anche sulle province e sulle funzioni fondamentali delle province, ci ha lasciato.
  Io penso che questo lavoro debba essere tenuto in considerazione nel momento in cui si andrà, e si sta andando, a riscrivere le competenze dell'organismo intermedio – non so se si chiamerà provincia – che sta tra comuni e regioni.

  DANIELE MARANTELLI. Ringrazio il presidente Saitta. La valutazione molto tranchant che viene fatta, cioè il giudizio senza appello sulla fine del federalismo fiscale, colpisce. Tuttavia, si fa fatica a non essere d'accordo, alla luce di quello che è accaduto finora, con questo giudizio, così come sul riferimento a un risorgente neocentralismo regionale e statale che effettivamente noi abbiamo potuto constatare.
  Noi non possiamo fare grandi cose, come Commissione in sé, ma un obiettivo interessante può essere favorito anche dal lavoro che facciamo noi: quello di fornire i dati. Per questo motivo io la ringrazio anche per la relazione scritta e per l'auspicio da lei espresso, che è quello di ritornare – questa è l'espressione che ha usato lei – ai fabbisogni standard. Io penso sia una cosa di cui questo Paese ha un grande bisogno, altrimenti tutte le notti sono grigie. Invece, non è così.
  Naturalmente, si fa fatica a delineare un modello ordinato nel quale collocare le diverse funzioni. Certo, venendo io dalla Lombardia – una regione che conta quasi 10 milioni di abitanti e 1.541 comuni – stento a immaginare che ci possa essere il Pirellone, niente in mezzo e il comune di Pino sul Lago Maggiore, che ha qualche centinaio di abitanti. L'auspicio è che questa discussione sull'ammodernamento e sulla semplificazione delle nostre Istituzioni necessarie venga fatta tenendo conto della realtà.
  Peraltro, noi siamo un Paese curioso. Parlo di casa mia. Tutti erano favorevoli all'abolizione delle province, sostenendo che bisognasse risparmiare. Quando è stato approvato il primo provvedimento, tutti gli stessi che prima ne erano gli sponsor – parlo di importanti associazioni di categoria e non solo – gridarono allo scandalo.
  Forse un po’ più di equilibrio nell'affrontare le questioni si riesce a raggiungere se, da parte nostra, almeno per quello che riesco a capire io, cerchiamo di fornire i dati. Di fronte ai dati, di fronte alla Pag. 7dura realtà dei fatti, credo che tutti si possa avere anche una migliore cognizione delle decisioni che si stanno prendendo.
  Certo è che questa condizione di confusione alla fine si traduce in un danno enorme per cittadini, famiglie e imprese, perché uno non sa a chi rivolgersi, a chi pagare l'imposta o la tassa. Questa condizione confusa non può durare a lungo. Io mi auguro che la discussione che è ormai in corso – c’è poco da fare – sul cosiddetto superamento del Senato e sulla revisione del Titolo V non possa non tenere conto dell'insieme dell'armatura istituzionale, province comprese, anche se mi pare che questa discussione al Senato sia ormai in una fase piuttosto stringente.
  Per ora mi limito a ringraziarla per l'apporto che ci viene fornito, perché credo sia prezioso, dovendo noi affrontare la questione non in maniera ideologica, ma in maniera interessata a dare un contributo affinché si migliori il rapporto cittadino-Istituzioni, che mi sembra, insieme al lavoro in oggetto, il problema numero uno che il nostro Paese ha.

  PRESIDENTE. In effetti, basta guardare l'ultima pagina, che contiene il confronto tra le dotazioni di risorse finanziarie degli enti di area vasta in Germania, Francia, Spagna e Italia e che evidenzia già una suggestione che dovrebbe far riflettere.
  Ringraziamo il presidente e tutta l'Unione delle province d'Italia, che ha voluto portare un contributo ai nostri lavori, anche per la documentazione che ci ha consegnato, della quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.40.

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