XVII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti

Resoconto stenografico



Seduta n. 134 di Lunedì 16 gennaio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 

Audizione di rappresentanti del consorzio CONAI (Svolgimento e conclusione):
Bratti Alessandro , Presidente ... 3 ,
De Santis Roberto  ... 3 3 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 7 ,
Puppato Laura  ... 7 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 8 ,
Puppato Laura  ... 8 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 8 ,
Puppato Laura  ... 8 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 8 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 10 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 11 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 11 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 11 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 12 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 12 ,
Puppato Laura  ... 12 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 12 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 12 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONA ... 12 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 13 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 13 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 13 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 13 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 13 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 13 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 13 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 13 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 13 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 13 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 13 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 13 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 13 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 13 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 13 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 13 ,
Braga Chiara (PD)  ... 14 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 14 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 15 ,
Braga Chiara (PD)  ... 15 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 16 ,
Braga Chiara (PD)  ... 16 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 16 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 16 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 16 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 16 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 16 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 17 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 17 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 17 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 17 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 17 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 17 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 17 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 17 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 18 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 18 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 18 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 18 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 18 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 19 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 19 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 19 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 19 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 19 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 20 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 20 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 20 ,
De Santis Roberto , presidente del consorzio CONAI ... 20 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 20 

Audizione di rappresentanti del consorzio COREPLA (Svolgimento e conclusione):
Bratti Alessandro , Presidente ... 20 ,
Ciotti Antonio , presidente del consorzio COREPLA ... 21 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 24 ,
Puppato Laura  ... 24 ,
Paravidino Massimo , direttore generale del consorzio COREPLA ... 24 ,
Puppato Laura  ... 24 ,
Ciotti Antonio , presidente del consorzio COREPLA ... 25 ,
Paravidino Massimo , direttore generale del consorzio COREPLA ... 25 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 25 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 25 ,
Ciotti Antonio , presidente del consorzio COREPLA ... 26 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 26 ,
Ciotti Antonio , presidente del consorzio COREPLA ... 26 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 26 ,
Ciotti Antonio , presidente del consorzio COREPLA ... 26 ,
Paravidino Massimo , direttore generale del consorzio COREPLA ... 27 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 27 ,
Ciotti Antonio , presidente del consorzio COREPLA ... 27 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 27 ,
Ciotti Antonio , presidente del consorzio COREPLA ... 28 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 28 ,
Paravidino Massimo , direttore generale del consorzio COREPLA ... 28 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 28 ,
Paravidino Massimo , direttore generale del consorzio COREPLA ... 28 ,
Ciotti Antonio , presidente del consorzio COREPLA ... 28 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 28 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 28 ,
Ciotti Antonio , presidente del consorzio COREPLA ... 28 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 29 ,
Paravidino Massimo , direttore generale del consorzio COREPLA ... 29 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 29 ,
Ciotti Antonio , presidente del consorzio COREPLA ... 29 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 29 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 29 ,
Paravidino Massimo , direttore generale del consorzio COREPLA ... 29 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 30 

Audizione di rappresentanti del consorzio COMIECO (Svolgimento e conclusione):
Bratti Alessandro , Presidente ... 30 ,
Capodieci Piero , Consigliere del consorzio COMIECO ... 30 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 32 ,
Capodieci Piero , Consigliere del consorzio COMIECO ... 32 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 35 ,
Puppato Laura  ... 35 ,
Capodieci Piero , Consigliere del consorzio COMIECO ... 35 ,
Puppato Laura  ... 35 ,
Capodieci Piero , Consigliere del consorzio COMIECO ... 35 ,
Puppato Laura  ... 35 ,
Capodieci Piero , Consigliere del consorzio COMIECO ... 35 ,
Puppato Laura  ... 35 ,
Capodieci Piero , Consigliere del consorzio COMIECO ... 35 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 36 ,
Capodieci Piero , Consigliere del consorzio COMIECO ... 36 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 36 ,
Capodieci Piero , Consigliere del consorzio COMIECO ... 36 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 36 ,
Capodieci Piero , Consigliere del consorzio COMIECO ... 36 ,
Vignaroli Stefano (M5S)  ... 36 ,
Capodieci Piero , Consigliere del consorzio COMIECO ... 36 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 37 ,
Capodieci Piero , Consigliere del consorzio COMIECO ... 37 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 37 ,
Capodieci Piero , Consigliere del consorzio COMIECO ... 37 ,
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 38 ,
Capodieci Piero , Consigliere del consorzio COMIECO ... 38 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 38 ,
Capodieci Piero , Consigliere del consorzio COMIECO ... 38 ,
Bratti Alessandro , Presidente ... 39

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO BRATTI

  La seduta comincia alle 16.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizioni di rappresentanti
del consorzio CONAI.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti del consorzio CONAI, che ringrazio della presenza. In particolare, sono presenti il professor Roberto De Santis, presidente, accompagnato dal dottor Walter Facciotto, direttore generale, dal dottor Saturno Illomei, responsabile relazioni istituzionali, e dalla dottoressa Simona Fontana, responsabile Centro Studi CONAI.
  L'audizione odierna si inserisce nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul mercato del riciclo, con particolare riguardo all'attività dei consorzi che ne hanno la gestione. Ricordo che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione, dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti, alle bonifiche e al ciclo depurazione delle acque.
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta. Chiaramente questo è uno speech fatto soprattutto per gli approfondimenti che noi facciamo qualora siamo in presenza di chiari illeciti di carattere ambientale o amministrativo, ma non credo sia questo il caso

  .
  Abbiamo deciso di fare questo approfondimento per diversi motivi. Siamo partiti innanzitutto dall'approfondimento sulla conoscenza dei player del sistema e voi siete, probabilmente, i player più importanti nel tema del riciclo degli imballaggi; abbiamo già fatto un paio di audizioni più di carattere generale, anche con il Ministero, per capire, anche in base alle loro funzioni, cosa si stia facendo; oggi e il prossimo lunedì avremo due cicli di audizioni molto intense per raccogliere tutte le informazioni possibili e poi fare una serie di valutazioni che ci serviranno nell'approfondimento finale di questo lavoro. Le darei quindi la parola, presidente, per lo svolgimento di una relazione introduttiva. Ci avete già fornito dell'abbondante materiale, quindi le chiederei in sintesi di darci gli spunti che lei ritiene più importanti per l'attività della nostra Commissione; poi con i colleghi vi faremo qualche domanda. Prego, presidente.

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Grazie, presidente, saremo molto sintetici. Naturalmente, eventuali approfondimenti potranno essere fatti Pag. 4successivamente al mio intervento. Nella prima slide ci sono alcune caratteristiche del nostro sistema che, a nostro avviso, se non perfettamente conosciute e condivise, non consentono di fare un giusto apprezzamento del nostro ruolo e del nostro funzionamento. La prima è forse la più importante di tutte: CONAI e i consorzi di filiera non sono consorzi obbligatori. Non lo dice CONAI, ma lo dice una sentenza del Consiglio di Stato – che è citata – che correttamente li qualifica come obbligatori a carattere residuale, nel senso che, ove i produttori di imballaggio non siano in grado autonomamente di organizzare la raccolta e il riciclo, devono necessariamente iscriversi al CONAI: quindi non siamo obbligatori.
  Da questo discende una considerazione molto importante, ossia che solo i consorzi obbligatori si trovano in una condizione di monopolio di diritto. Noi, non essendo obbligatori, non siamo in una condizione di monopolio di diritto. La seconda caratteristica è che il sistema è universalistico e sussidiario. Credo che sul termine «sussidiario» ci sia poco da spiegare, cioè su cosa significhi: interviene semplicemente a chiamata, ove il mercato non è in grado di fare bene il proprio mestiere. Secondo me, è più importante il concetto insito nel termine «universalistico», che riprenderò nella slide successiva. Il sistema è universalistico nel senso che interviene in qualsiasi parte d'Italia sia chiamato ad intervenire per raccogliere e ritirare; è universalistico nel senso che riguarda tutti gli imballaggi, per cui qualsiasi tipologia di imballaggi venga conferita al sistema deve essere avviata a riciclo dal sistema. La terza cosa più importante è che il sistema è universalistico nel senso temporale: qualsiasi sia la congiuntura di mercato sulle quotazioni delle materie prime e delle materie prime e seconde, il criterio continua ad assicurare la sua funzione. La terza cosa per noi molto importante (qui c'è un importante riconoscimento che è venuto dall'associazione europea EXPRA ed è stato ribadito ancora la scorsa settimana dalla Commissione ambiente della Commissione europea) è che i dati forniti dall'Italia, quindi dal sistema CONAI, nonché la trasparenza sui flussi gestiti, quasi sono un unicum in Europa. Anche Paesi molto vantati del nord Europa, sui dati hanno dei difetti, mentre i dati italiani vengono considerati fra i più affidabili in Europa. L'ultima cosa che mi preme sottolineare è che da parte della Commissione europea è stato più volte ribadito che il sistema è conforme non solo con quanto previsto dall'attuale direttiva rifiuti, ma anche con le possibili modifiche sulla direttiva rifiuti.
  Sulla seconda slide credo che questa sia la cosa forse più importante per spiegare tale concetto universalistico. Sul diagramma in alto vi voglio far notare cosa è accaduto nel 2009: la curva azzurra, quella in alto, è la caduta nel 2009, a causa della crisi economica finanziaria, del numero degli imballaggi immessi al consumo; nella slide inferiore, riferita al macero della carta, c'è la quotazione del macero della carta che, come vedete, è andata a zero.
  Cosa ha significato ciò nel 2009? Dato che il CONAI preleva le proprie risorse dalle aziende che sono iscritte a CONAI sulla base di quanti imballaggi vengono immessi al consumo, c'è stato un crollo dei ricavi del sistema, a causa della crisi dell'immesso al consumo. La seconda voce di ricavi del sistema deriva dalle quotazioni delle materie prime e seconde che noi mettiamo sul mercato, ma anche quelle sono crollate. Sono quindi crollate le due fonti di ricavi del sistema. Guardate invece cosa è successo nella curva rossa: la raccolta differenziata ha continuato a crescere in Italia, quindi i conferimenti e quindi i costi del sistema sono continuati a crescere. Ci siamo trovati in una situazione drammatica, per fronteggiare la quale il sistema è universalistico: è stata fronteggiata e non un chilo di rifiuti nel 2009 è stato abbandonato a se stesso. Tutto è stato avviato a riciclo, ma come ciò è stato fatto? È stato fatto, evidentemente, chiedendo alle aziende un sacrificio economico straordinario. Vi voglio dare soltanto un dato. Il contributo ambientale sulla plastica, che era di poco più di 70 euro a tonnellata, nel giro di pochi mesi è passato a 195 euro a tonnellata, quindi il sistema si è fatto carico Pag. 5 di questa gravissima congiuntura economica – di questa crisi – e neanche un chilo di rifiuti di imballaggio è stato abbandonato.
  Sulla slide successiva vi do velocemente qualche macro indicazione numerica. Questi sono i risultati nel 2015, anche se abbiamo già dei risultati – ancorché preconsuntivi – del 2016: in Italia, su 12,3 milioni di tonnellate di imballaggi immessi al consumo, sono riciclati 8,2 milioni di tonnellate, cioè il 66 per cento; 2 imballaggi su 3 vengono avviati ai ricicli e per il 48 per cento questi imballaggi sono gestiti dai consorzi di filiera. Per quanto riguarda i rifiuti urbani, l'informazione è quella contenuta nell'ultima riga. Siamo partiti quasi da zero, diciotto o diciannove anni fa, mentre oggi in Italia vengono riciclati e avviati a riciclo 4,2 milioni di tonnellate di rifiuti urbani. A conferma del fatto che non siamo monopolisti, i consorzi di filiera gestiscono il 75 per cento dei rifiuti di imballaggio urbani, ove i comuni ritengano di doversi affidare a soggetti terzi rispetto ai consorzi perché le condizioni di mercato suggeriscono ricavi maggiori per i comuni (è il caso che si è verificato in questi ultimi anni soprattutto per la carta); così, CONAI si ritira (è previsto dall'accordo quadro ANCI-CONAI che qualsiasi comune può recedere dall'accordo con CONAI) e altri si incaricano del compito di avviare a riciclo. Soltanto il 75 per cento dei rifiuti di imballaggio urbani, quindi, viene gestito direttamente dal sistema dei consorzi. Questa è una breve storia di quello che è accaduto in questi anni, dal 1998 al 2015. In rosso vengono indicati gli imballaggi commerciali e industriali, il cui riciclo è cresciuto del 67 per cento, mentre il riciclo degli imballaggi urbani in Italia è cresciuto del 349 per cento: è la crescita più alta di tutti i Paesi europei, come testimoniato dalla Commissione europea.
  Un'ultima considerazione sui dati riguarda la situazione in Europa. Questo è un diagramma dell'Eurostat: fatta 100 la gestione dei rifiuti di imballaggio nell'istogramma, la parte blu è quella che viene riciclata, la parte rossa è quella che viene avviata a recupero energetico, la parte verde, la parte residuale, è quanto viene inviata a discarica. Come vedete, l'Italia è in una buona posizione, anche se ha un ritardo rispetto ai Paesi a discarica zero, quelli a sinistra dell'istogramma, nel recupero energetico. Si possono fare rapidamente due conti e, ove alcune aree prevalentemente del sud Italia, che sono in ritardo nello sviluppo della raccolta differenziata, conseguissero le stesse performances medie del nord Italia (non delle regioni del nord-est d'Italia, che sono le prime della classe), in quell'istogramma saremmo il secondo Paese d'Europa: questi sono numeri, non opinioni! Ormai si tratta di un sistema molto importante dal punto di vista economico. Quali sono i nostri ricavi? Nel corso del 2015 il sistema complessivo CONAI e consorzi ha ricavato dalle imprese associate 490 milioni di euro, che sono i ricavi da contributo ambientale. Per la cessione dei materiali a riciclo, una volta trasformati in materie prime e seconde prossime ad essere riciclate, il sistema ha ricavato altri 225 milioni di euro.
  Vediamo i costi. Quanti soldi sono andati ai comuni sulla base dell'accordo ANCI-CONAI? Abbiamo pagato ai comuni 438 milioni di euro. Il beneficio per i comuni, però, è pressoché doppio perché i comuni ricevono questi denari e risparmiano una cifra ancora maggiore per il mancato invio in discarica, quindi il beneficio economico per i comuni è di circa 1 miliardo di euro. I costi per la valorizzazione, cioè per trasformare i rifiuti da raccolta differenziata in materie prime e seconde atte ad essere riciclate, sono pari a 234 milioni di euro, mentre le riserve patrimoniali per i 7 consorzi (cioè i 6 di filiera che gestiscono i diversi materiali e CONAI) ammontano complessivamente a 269 milioni di euro, che sono le risorse necessarie ad assicurare cinque mesi di costi da riconoscere ai comuni per avviare a riciclo.
  Vado velocemente su due caratteristiche del sistema. Uno dei pregi di questo sistema riguarda l'evasione e l'elusione contributiva. Il fatto che il contributo ambientale pagato in Italia dalle imprese è mediamente più basso di quello del resto d'Europa, secondo noi è dovuto al prelievo Pag. 6caratteristico del contributo ambientale, quella che chiamiamo «prima cessione», cioè al fatto che la cessione dal produttore dell'imballaggio al primo utilizzatore assicura la possibilità di ridurre al minimo l'evasione e l'elusione contributiva, che insieme ad un efficace sistema di controlli gestito direttamente da CONAI (l'anno scorso abbiamo recuperato 17,7 milioni di evasione contributiva), assicura una bassa evasione ed elusione contributiva, quindi una leale competizione fra le imprese. Tutte le imprese che producono e utilizzano imballaggi sono quindi nella stessa condizione. Un'ultima considerazione – credo la cosa più importante – riguarda una caratteristica tipica dei sistemi come il nostro: gran parte dei sistemi è no profit, cioè senza scopi di lucro. Cosa fa, quindi, il CONAI? Se si dicesse che sulla base dell'accordo impone alle imprese il pagamento del contributo ambientale e poi ritira ed avvia a riciclo, si avrebbe una visione riduttiva del ruolo del sistema CONAI. Noi ci pregiamo di assicurare una strategia che va «dalla culla, alla culla». Mi spiego: noi ci occupiamo anche di prevenzione, cioè della riduzione dell'impatto ambientale degli imballaggi. Cosa facciamo per far sì che le imprese che producono imballaggi riducano l'impatto ambientale dei loro prodotti? In questa sede non ho il tempo per spiegarvi tutti gli interventi che facciamo a favore della prevenzione, ma mettiamo a disposizione una serie di strumenti di cui le imprese possono avvalersi per ridurre l'impatto ambientale: premiamo i casi di successo e abbiamo una leva contributiva. Gli imballaggi riutilizzabili pagano di meno, cioè gli imballaggi in plastica, che impattano meno sull'ambiente, pagano di meno. Interveniamo anche sulla raccolta. In base all'accordo quadro ANCI-CONAI, interveniamo in tutti i comuni, in tutte le aree del Paese che sono in ritardo nella raccolta differenziata, aiutandoli a spese nostre e redigendo i progetti esecutivi di sviluppo della raccolta differenziata; facciamo altresì la comunicazione locale ai cittadini, assistendoli all'avviamento della raccolta e curando la qualità della raccolta. Tutti i capoluoghi di provincia del sud Italia che hanno realizzato in questi ultimi anni successi sulla raccolta differenziata sono stati significativamente aiutati dal sistema CONAI, insomma, interveniamo con questo supporto nei comuni in ritardo. Da ultimo, ci occupiamo della fase a valle. Noi impegniamo risorse significative (l'anno scorso solo CONAI 450.000 euro) per finanziare progetti di ricerca di varie università, nonché del CNR per massimizzare il coefficiente di riciclo sulle tecnologie di riciclo e di selezione. C'è un obiettivo fissato dalla direttiva europea, per cui entro il 2020 deve essere assicurato il 50 per cento del riciclo dei rifiuti urbani, non solo degli imballaggi ma, complessivamente, di carta, metallo, plastica, vetro e organico. A che punto siamo per il raggiungimento di questo obiettivo al 2020? Di tutte le diverse frazioni che riguardano i rifiuti urbani, tenete presente che gli imballaggi sono mediamente il 25 per cento, mentre le altre sono frazioni merceologiche similari, quindi, ci sono gli imballaggi di carta ma poi ci sarà, per esempio, la carta grafica, che non è un imballaggio. Solo gli imballaggi hanno già superato il 59 per cento. Dai nostri dati siamo poco sopra il 40 per cento, quindi la possibilità di raggiungere tale traguardo è concreta, ma occorrerebbe mettere mano anche a tutte le altre frazioni che oggi non sono regolamentate, in particolare l'organico e quelle che chiamiamo le «frazioni merceologiche similari», cioè tutti i rifiuti di carta, metalli, plastica e vetro, che non sono imballaggi. Vado velocemente alla conclusione facendo un accenno alle possibilità di prospettiva di riforma della normativa. Da più parti viene segnalata l'esigenza di mettere mano ad una riforma della normativa. In due slide abbiamo sintetizzato gli obiettivi, i rischi, le scorciatoie e la via giusta da battere per una possibile modifica di miglioramento della normativa. Sugli obiettivi da perseguire credo che ci sia poco da dissertare, così come sul fatto che l'obiettivo primario sia quello di garantire ulteriori miglioramenti di protezione ambientale. La seconda cosa è assicurare una leale concorrenza tra i soggetti responsabili della corretta gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio; la Pag. 7terza cosa è rispondere adeguatamente e tempestivamente alle nuove indicazioni comunitarie che entro la fine dell'anno matureranno. Quali sono i rischi e le scorciatoie, di cui abbiamo prova anche negli ultimi anni addietro, con una serie di emendamenti sui più strani, incredibili, veicoli parlamentari di modifiche parziali, ovvero di improvvisazioni di modifiche all'attuale normativa? La prima consiste nell'introdurre elementi e interventi occasionali che rispondano a esigenze di questa o quella categoria, finendo per alterare le responsabilità dei soggetti coinvolti. Abbiamo alcuni esempi che sono andati in porto: quello più recente e clamoroso è dato dal collegato sull'agricoltura, in cui vengono esonerate dal pagamento del contributo ambientale solo le imprese agricole – non si capisce perché – e quindi si altera profondamente la responsabilità dei soggetti coinvolti. La seconda sta nell'imitare acriticamente modelli adeguati alla realtà del nostro Paese. Autorevoli fonti come l'Antitrust hanno suggerito di seguire il modello tedesco, che i tedeschi stanno già per abbandonare: un modello profit e non no profit, come gran parte dei modelli europei. La terza consiste nell'allargare le maglie autorizzative per il riconoscimento dei sistemi autonomi, cioè di quei sistemi che sono esentati dall'iscrizione al CONAI. Tanto per fare un esempio, oggi i sistemi autonomi si occupano dei propri imballaggi sull'intero territorio nazionale: alcuni di questi emendamenti suggeriscono di togliere il termine «propri». Noi pensiamo che un allentamento di queste maglie faciliti il fenomeno del cosiddetto cherry picking, cioè si creerebbero sistemi autonomi che vanno a raccogliere soltanto alcuni imballaggi, soltanto in alcuni luoghi e soltanto in alcune congiunture.
  Quali sono le linee guida di possibili modifiche della normativa? Noi riteniamo che occorra un approccio integrato al tema della protezione dell'ambiente, che non riguardi soltanto raccolta e riciclo, ma si occupi della prevenzione, cioè della fase a monte, in particolare della produzione degli imballaggi. Come detto ripetutamente, oggi gli imballaggi sempre più performanti, magari per la salvaguardia di sacrosante norme igienico-sanitarie, sono meno riciclabili, quindi privilegiare alcuni obiettivi rispetto ad altri, altrettanto sacrosanti, è un problema. Questo, quindi, è un primo problema: la prevenzione. Il secondo problema è la gestione dei rifiuti, quindi, raccolta ed avvio a riciclo. La terza componente, molto importante, è la ricerca sulle tecnologie di riciclo. Quello che vent'anni fa si riteneva non riciclabile, oggi è riciclabile. Vi è poi il mercato dei prodotti, ossia come consentire che i prodotti ottenuti da riciclo abbiano la stessa dignità di prodotti ottenuti da materie prime vergini. Seconda considerazione (qui faccio riferimento alle polemiche su presunti ruoli di limitazione della concorrenza): bilanciare protezione dell'ambiente e salvaguardia della concorrenza, laddove per noi i due obiettivi non sono necessariamente convergenti; lo slogan «la concorrenza fa bene all'ambiente» può essere uno slogan politico, non tecnico, perché non è detto che i due obiettivi siano convergenti.
  Terza considerazione: lasciare spazio, com'è attualmente, all'autodisciplina privatistica, a una gestione privatistica di questo sistema, naturalmente nella cornice di regole e di obiettivi fissati dalla legge, nonché imporre a tutti i soggetti coinvolti di farsi carico degli oneri ambientali connessi alla loro attività (cosa molto importante). L'ultima cosa, forse la più importante per il nostro Paese, è assicurare trasparenza (ci sono molti punti oscuri nella gestione degli imballaggi) e soprattutto adeguati meccanismi di controllo. Questi sono i cinque punti, i nostri must, per una valida riforma del settore. Io, presidente, avrei finito.

  PRESIDENTE. Grazie per l'esposizione. Passiamo alle domande.

  LAURA PUPPATO. Ringrazio il presidente del CONAI, il quale ci ha reso un quadro molto interessante che mi ha sollecitato alcune domande, che a maggior ragione voglio farle dopo questa presentazione. Per prima cosa volevo chiederle qualcosa in merito ai principali dati economici che lei ha riferito sui consorzi di filiera e Pag. 8CONAI; sono molto chiari i ricavi per cessione di materiale per il riciclo (tra l'altro tutto molto in aumento) e così i costi per i conferimenti (perché sono quelli che vengono restituiti ai comuni), come pure i costi per la valorizzazione, il riciclo e il recupero di 234 milioni di euro. Mi può far capire meglio, però come si distinguono questi costi? Ho immediatamente messo in relazione il fatto che i residui di materiale che si portano agli impianti di incenerimento, spesso vengono pagati soprattutto dai cementifici, laddove il materiale sia di buona qualità combustiva, quindi vorrei capire, trattandosi di costi e non di introiti, come si giustifichi un importo così importante di 234 milioni di euro. Mi ha stupito molto apprendere che CONAI (è un dato di merito che voglio assolutamente renderle) provvede anche a informare le realtà per far nascere la raccolta differenziata e strutturare il sistema. Anche qui non ho potuto evitare di mettere in relazione le cose, nel senso che nel caso Sicilia abbiamo vissuto delle esperienze spaventose. Vorrei capire se fate ciò da poco tempo, se è in corso qualcosa, se può essere più esplicito anche rispetto ad eventuali richieste che arrivino da quell'area d'Italia che mi pare la più difficile in questo senso. Se non ho mal compreso, lei ha parlato di 450.000 euro per ricerca al CNR...

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Sì, 450.000 euro all'anno spesi da CONAI.

  LAURA PUPPATO. Spesi da CONAI per la ricerca in relazione al tema imballaggi?

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Per ricerca sulle tecnologie di riciclo.

  LAURA PUPPATO. Perfetto. Se ci potesse informare sugli esiti di queste ricerche, anche perché, come diceva il presidente, la nostra è una Commissione d'inchiesta ma, naturalmente, siamo tutti componenti di altre Commissioni ordinarie, quindi ciò ha anche valore di informazione per il nostro ruolo in altra sede: so di non sapere, come diceva Socrate, ma c'è tutto il problema connesso con i consorzi di filiera rispetto ai consorzi autonomi, con le perplessità che lei diceva in ordine al fatto che questi possano crescere solo in funzione di un mercato che, a un certo punto, diventa appetibile, laddove poi, come è ben dimostrato nelle sue slide, può invece risultare con picchi negativi che producono l'abbandono dei rifiuti. Visto che da una parte lei dice questo, ma dall'altra sollecita la nascita di consorzi che vengano in qualche modo condizionati rispetto alla garanzia della raccolta, vorrei capire come eventualmente intervenire in questo senso.
  Tetrapak: lei ha parlato di imballaggi performanti, ma meno riciclabili e non è possibile non condividere. Vorrei capire se la ricerca stia andando nel senso di individuare soluzioni anche per riciclare quei multi-materiali che creano queste difficoltà, oppure verso l'idea che invece ciò non sia possibile, se non portandoli a impianti di incenerimento. Le chiedo, quindi, se secondo lei sia opportuno intervenire legislativamente per limitarne piuttosto che incrementarne l'uso. Ultimissima domanda: modello di controlli; 17,7 milioni. Mi spiega come voi, come CONAI, potete fare il controllo specifico?

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. La prima domanda riguarda i costi per la valorizzazione, che abbiamo indicato in quella slide. In generale, anche se poi c'è un problema specifico che lei ha toccato e che immagino riguardi la plastica, successivamente alla raccolta differenziata i rifiuti vanno in quelle che in gergo chiamiamo «piattaforme», che provvedono a selezionare, purificare e a far sì che la raccolta differenziata produca delle materie che poi possono essere riciclate. Questo, naturalmente, è fatto con dei conti lavorazione; tali materie sono gestite dai privati ma pagate dai consorzi. Nel caso della plastica, per esempio, quello più emblematico, che lavoro fanno? Si tolgono gli scarti, cioè quello che non è imballaggio, cioè la materia estranea (ma nel caso della plastica si selezionano anche le diverse materie plastiche). Le materie plastiche sono materiali chimicamente molto diversi. Il Pag. 9Consorzio COREPLA paga quindi 234 milioni per questo mestiere, quindi si tratta di tutto il costo a carico dei consorzi per pagare la prestazione delle piattaforme, che sono prestazioni di purificazione e selezione, per far sì che i rifiuti differenziati possano essere avviati a riciclo. Lei ha citato, all'interno di questa, una cifra particolare che riguarda la plastica. Sui conferimenti fatti alla plastica (ne parleranno forse i colleghi di COREPLA dopo), oggi il dato del 2015 è che circa il 61 per cento dei conferimenti di rifiuti in plastica viene riciclato, mentre il 39 per cento non viene riciclato perché giudicato, per una serie di motivi che eventualmente possiamo approfondire, non riciclabile. Questa frazione, in gergo, viene chiamata plasmix. Questa roba viene mandata a termovalorizzazione. Qui c'è una polemica annosa perché, nonostante questo sia un materiale eccellente dal punto di vista energetico (perché la materia plastica è data dalle poliolefine, un idrocarburo sostanzialmente puro, che ha un alto potere calorifico, che quindi è molto utile ai fini del rendimento energetico di un termovalorizzatore), per una serie di ragioni di mercato, diventa invece un costo. Se ricordo bene, 35-40 milioni di euro sono i denari che COREPLA spende per far sì che questo 39 per cento residuo di plasmix possa essere dato ai termovalorizzatori ed essere avviato a recupero energetico. Non so se sono stato chiaro, ma questa è la situazione. Quindi, si paga.
  Promozione della raccolta differenziata. Forse saprete che tra le città del sud, una delle prime che ha avuto successo nella raccolta differenziata è Salerno, che è stata fatta da noi, a spese nostre (anche se tutte le città del sud sono state aiutate). Ci sono due esempi brillanti in Calabria: Cosenza e Catanzaro; recentemente anche Potenza e Andria in Puglia. In Calabria e in Basilicata ci sono casi isolati di amministrazioni lungimiranti (oggi Catanzaro è al livello del nord-est d'Italia), però in Sicilia è diverso. Le notizie parziali sui grandi centri urbani evidenziano che il caso più positivo (anche se siamo veramente all'inizio) è Catania, dove da qualche mese è stato avviato un progetto di raccolta su un quarto della città; questo è stato per noi un investimento economico molto importante, ma il Sindaco Bianco ci ha messo la faccia, si è impegnato direttamente e la raccolta è stata avviata, pur tra mille difficoltà. Adesso stanno facendo la gara per la gestione di tre quarti della restante città e anche noi stiamo dando una mano: seppure con grande fatica, Catania è avviata, così come è avviata, in alcuni quartieri, anche Palermo, pur fra mille difficoltà. Tutti gli altri grandi capoluoghi della Sicilia, invece, sono in clamoroso ritardo, per non dire a zero.
  L'ultimo caso importante, a parte Catania, è stato Bari, in cui abbiamo rivisto tutto il sistema della raccolta differenziata: lì c'era un sistema stradale molto vecchio, con bassissimi rendimenti, quindi abbiamo diviso la città, tra zone con porta a porta e zone con sistema stradale. Ora anche a Bari si sta avviando con successo il nuovo sistema proposto da noi.
  I 450.000 euro sulla ricerca: i titoli delle ricerche che stiamo finanziando sono Università di Salerno e Napoli, due centri del CNR e il Centro sperimentale per la ricerca sul vetro di Murano. Quest'ultimo riguarda la cosiddetta «sabbia di vetro», che è lo scarto della raccolta differenziata del vetro, ma che contiene molto vetro utile che potrebbe essere riciclato, laddove invece, in grande misura, oggi ciò non avviene. La ricerca verte sulle tecnologie che possono migliorare la qualità della sabbia di vetro per aumentare il tasso di riciclo del vetro. Sulle plastiche miste, c'è da dire che molti imballaggi sono fatti di plastiche miste. Io cito sempre il caso della protezione del prosciutto nelle atmosfere controllate: ci sono diversi strati, di PET, di poliolefine, di poliammide, che nel caso degli imballaggi in plastica è pochissima, al solo scopo di barriera. Ebbene, queste componenti oggi non sono riciclate. Due istituti del CNR si stanno occupando del riciclo delle plastiche miste.
  Poi c'è il caso del Tetrapak, in cui l'imballaggio è misto, ma non di plastiche miste, di materiali diversi (ossia polietilene, carta e alluminio). Si sta tentando – i primi risultati non sono però brillanti – di utilizzare lo scarto del pulper di cartiera come Pag. 10rinforzante alcuni materiali compositi. Finora non abbiamo avuto grandi risultati. L'ultimo caso, molto interessante riguarda gli imballaggi d'acciaio. Sapete che oggi la banda stagnata ha poco valore rispetto agli scarti di acciaio tradizionale perché c'è lo stagno. Si sta quindi cercando, per via elettrochimica, di rimuovere lo stagno per recuperarlo e far sì che l'acciaio residuo maturi quotazioni di mercato simili a quelle dell'acciaio. Questi sono i cinque progetti di ricerca che attualmente stiamo finanziando.
  Sistemi autonomi. Ciò è stato oggetto di una contestazione con l'Antitrust, che si è chiusa con una serie di impegni. Oggi la legge prevede che nel processo di riconoscimento da parte del Ministero dei sistemi autonomi intervenga CONAI, ma non per decidere – perché decide il Ministero – bensì per fornire i necessari elementi di valutazione.
  L'Antitrust ha ritenuto che noi siamo in una sorta di conflitto di interesse, quindi ha criticato la legge, considerandoci non terzi ma partigiani. Abbiamo condiviso questa impostazione e, negli impegni che abbiamo assunto con l'Antitrust, il compito che la legge oggi assegna a CONAI è stato dato a quello che, nel gergo dell'Antitrust, si chiama monitoring trustee, cioè un soggetto terzo autorevole, che sostituisce il CONAI per dare al Ministero dell'ambiente i necessari elementi di valutazione per l'autorizzazione dei sistemi autonomi. Su questo siamo d'accordo e abbiamo chiuso. Non siamo d'accordo, invece, quando si dice che i sistemi autonomi si debbono occupare non solo dei propri imballaggi ma di imballaggi simili e non sull'intero territorio nazionale; a questo punto scatterebbe quello che gli studiosi chiamano cherry picking, cioè ci sarebbero sistemi che, a seconda della congiuntura, delle regioni d'Italia, del tipo di imballaggio, si occupano solo di alcune cose gradevoli, lasciando lo scarto agli altri produttori di imballaggi.
  Controlli: i 17,7 milioni. Il nostro sistema di controlli è estremamente efficace perché, stante il fatto che il pagamento del contributo ambientale è al punto di contatto fra produttori ed utilizzatori di imballaggi, i produttori di imballaggi sono un numero migliaia di volte inferiore a quello degli utilizzatori (migliaia di soggetti producono imballaggi mentre gli utilizzatori sono centinaia di migliaia); il particolare punto di prelievo, quindi, consente di fare le verifiche soltanto sui produttori, che sono pochi.
  Abbiamo una struttura che, sulla base di incroci con banche dati anche dell'Agenzia delle dogane, ci dice quali aziende verificare anno per anno e se queste siano in regola con il pagamento del contributo ambientale. I 17,7 sono una cifra molto importante, che smentirebbe il fatto che l'elusione e l'evasione contributiva siano basse; in realtà, questa è maturata nel 2015 ma è relativa ai 18 anni presenti, cioè a tutto quello che è stato scoperto nel 2015 su tutti gli anni precedenti. Continua, quindi, in maniera significativa.

  STEFANO VIGNAROLI. Mi ero preparato alcune domande, però la seconda parte dell'intervento mi ha chiarito alcune cose. Ho notato una discreta differenza tra i soldi che entrano e quelli che vengono dati ai comuni. Visto che con questi soldi, compreso il CAC, bisognerebbe pagare l'onere maggiore dei comuni per quanto riguarda la raccolta differenziata e visto che almeno la metà degli ingressi del CONAI va a finanziare i comuni (però non basta per finanziare tutta la raccolta differenziata), è forse sbagliata la regola, nel senso che non dovrebbe essere il CONAI ad avere in carico tutti questi oneri, oppure bisognerebbe aumentare il CAC affinché questo avvenga. Attualmente non è così, però la regola lo impone. Per quanto riguarda il Garante, avete preso un impegno a non intervenire, quindi nella legge alcune cose anomale c'erano e ne avete preso atto anche voi. Vorrei capire meglio, visto che sono tra i fautori dell'opportunità di togliere la parola «propri», quale sarebbe il lato negativo in ciò. Le chiederei, quindi, di spiegarmi meglio questo punto.
  Per quanto riguarda il plasmix, che considero un problema cruciale, nella seconda parte dell'intervento lei ha spiegato che questo progetto di ricerca non ha dato grandi risultati, ma ho personalmente visitato questi impianti, ho parlato con COMIECO Pag. 11 e, per esempio nelle cartiere di Lucca, so che questo progetto è invece avviato, garantendo ottime prospettive future, anche in considerazione del fatto che la percentuale di raccolta differenziata della plastica inviata a recupero energetico, a differenza di quello che ha detto, secondo me è alta perché è quasi la metà e questa tecnologia potrebbe essere un valido sostitutivo.
  Per quanto riguarda la questione Bernocchi, che è stata ripresa con varie interrogazioni (tra cui anche la mia) e da vari giornali, vorrei conoscere la vostra posizione; lei ricopre la posizione di delegato ANCI e cura le relazioni con il CONAI, tuttavia il suo studio legale si occupa del recupero crediti da parte del CONAI, quindi le chiedo se questo, secondo voi, sia un conflitto di interessi; vorrei, infine, sapere la vostra posizione per quanto riguarda la società privata Energia e ambiente. Fino a febbraio, infatti, Bernocchi era presidente e questa è stata ceduta come società privata, però con tutti i contratti in essere che riguardano l'accordo ANCI-CONAI; quindi vorrei sapere qual è la vostra posizione.
  Sul vuoto a rendere qual è la vostra situazione, visto che i decreti attuativi non sono ancora stati fatti e sono fermi al Ministero? So che il Consiglio di Stato ha chiesto maggiori chiarimenti e credo che non abbia ben chiara la posizione del Ministero. Mi fa piacere sentire sempre parlare di raccolte, di percentuali, ma la qualità è uno dei grandi problemi, anche con il cartone, per questo il plasmix è così elevato come scarto: chi certifica la qualità, chi la prova?

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. La prima domanda credo che meriti qualche precisazione. Quella è la situazione: quei conti finiscono più o meno in pari, tra costi e ricavi. Noi siamo senza fini di lucro, quindi, ammesso che ci siano degli avanzi di gestione, questi finiscono nelle riserve: nessuno li prende. Come vede, il conto è in pari. Noi ricaviamo dal CAC 490 milioni di euro e li diamo, quasi per intero (438) ai comuni. Poi, invece, si bilanciano i ricavi per cessioni di materiali e costi per la valorizzazione a riciclo. Al di là di questo, che mi pare abbastanza chiaro, lei ha posto un altro tipo di problema, se ho ben compreso, ossia che potremmo chiedere più denari alle imprese, più di quei 490 milioni di euro, compensando di più i comuni perché la raccolta differenziata costa molto o costa molto di più di quello che voi pagate: è corretto quello che ho detto?

  STEFANO VIGNAROLI. Sì, potrebbe essere un'alternativa.

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Perfetto. Per prima cosa, secondo le nostre valutazioni, noi dobbiamo pagare, secondo la legge, i maggiori oneri della raccolta differenziata, come lei correttamente ha detto, cioè i costi che i comuni hanno in più per organizzare la raccolta differenziata. Seconda considerazione: noi paghiamo i costi in più, non della raccolta differenziata ma della raccolta differenziata degli imballaggi, che sono mediamente il 25 per cento. Noi non paghiamo l'organico. Io sono d'accordo che la raccolta differenziata costa di più, ma non quella degli imballaggi. Terza cosa: noi abbiamo valutazioni basate non sui bilanci, ma sulla contabilità analitica di molte imprese del nord Italia, efficaci ed efficienti, che dimostrano come i denari che paghiamo ai comuni servono perfettamente a coprire questi loro costi. L'ultima considerazione la voglio fare sui costi della raccolta differenziata. Sa quanto è durata la trattativa ANCI-CONAI due anni fa? Più di un anno. Questa non è stata gestita direttamente dal presidente Fassino o dall'avvocato Bernocchi: è stata gestita da loro, ma coinvolgendo decine di imprese di gestione della raccolta differenziata in decine e decine di riunioni. Solo dopo un anno si è arrivati ad una sintesi, ad un compromesso, grazie all'intervento diretto del presidente Fassino. Dico ciò perché è stata una cosa molto dura e alla fine si è trovato questo punto d'incontro. La nostra ipotesi è che 438 milioni siano più che sufficienti per i maggiori oneri di una raccolta differenziata dei soli imballaggi, gestita in maniera efficace ed efficiente, perché non possiamo pagare gestioni inefficaci e inefficienti. Pag. 12 Questa – ripeto – non è soltanto una nostra opinione e, se qualcuno vorrà, potremo mostrarvi alcuni dati che dimostrano che un gestore efficiente, dentro a tutto ciò, ci sta. Non so se ho risposto alla sua domanda.

  STEFANO VIGNAROLI. Sì, perfettamente. Una considerazione: differenziare il CAC in base al tipo di possibilità di riciclo è possibile, a che punto è la situazione? Credo sia una strada da seguire.

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Noi lo abbiamo già deciso da più di un anno e credo che non siamo in ritardo. È una procedura complessa perché abbiamo dovuto catalogare per la plastica centinaia di tipologie di imballaggio parlando con il sistema delle imprese, con un vincolo da parte nostra: che non aumenti l'evasione e l'elusione contributiva, cioè che si dica che questo imballaggio fa parte di questa categoria o di quest'altra. Un altro problema tecnico molto importante è l'esigenza di adeguare i sistemi informativi di CONAI e delle imprese. Oggi il sistema informativo delle imprese è molto semplice da gestire: il giorno in cui l'impresa produce diverse tipologie di imballaggio e deve pagare diversi contributi ambientali, deve adeguare i sistemi informativi. La conclusione è che noi speriamo di attivare già quest'anno, per sei mesi, il nuovo contributo ambientale in maniera sperimentale e, in maniera definitiva, dal 1 gennaio 2018. Qui abbiamo anche una slide con tutti gli imballaggi che finiscono nelle diverse categorie. La cosa più importante è che abbiamo individuato un metodo tecnico-scientifico per collegare l'impatto ambientale delle diverse tipologie di imballaggio all'onere economico che si sostiene per il loro riciclo, in modo da evitare polemiche tra le imprese che debbano pagare 110, piuttosto che 120 o 130. Abbiamo trovato anche una rigorosa metodologia tecnico-scientifica per farlo. Spero di aver risposto alla sua prima domanda. Sul discorso dei sistemi autonomi le ho già detto. Se si togliesse il termine «propri», questa è una nostra preoccupazione, ma il Parlamento dovrà decidere. Lei immagini che nasca un sistema autonomo che decida di occuparsi soltanto di questa tipologia di imballaggio o di imballaggi simili; lo si raccoglie soltanto in alcune aree dell'Emilia-Romagna e soltanto quando il prezzo del petrolio è molto alto perché, come è evidente, la quotazione dei rifiuti di plastica è strettamente condizionata al valore di mercato delle materie plastiche vergini, quindi al prezzo del petrolio. Se il prezzo del petrolio è alto – e quindi le materie plastiche vergini valgono tanto – si ricicla; se invece il prezzo del petrolio crolla e le materie prime e seconde non valgono nulla, non riciclo. Imponendo questo discorso, il termine «propri», si cerca di evitare quello che nel gergo dell'Antitrust si chiama cherry picking, per cui ognuno sceglie cosa fare, dove farlo, e via dicendo.

  LAURA PUPPATO. Diciamo che la risposta è nell'ultima osservazione.

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Lei ha parlato di Lucca. Dato che Lucca è una città molto famosa per la carta, vorrei capire se la sua domanda riguarda il discorso della plastica (plasmix) o della carta, quindi il Tetrapak.

  STEFANO VIGNAROLI. Gli scarti della cartiera, ovvero il plasmix.

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONA. Quindi gli scarti della cartiera e una serie di cose che riguardano il materiale tipo il Tetrapak, quindi imballaggi rigidi tipo il tetrapak o anche quelli flessibili, plastica e alluminio, cioè quelli dei surgelati o dei biscotti. A Lucca, in due cartiere, ci sono degli impianti, che però non hanno una tecnologia sofisticata. Il tempo di residenza del Tetrapak nel pulper di cartiera viene aumentato in maniera tale da consentire ai tre diversi materiali di staccarsi l'uno dall'altro e di recuperare – glielo dico perché bisogna essere onesti – solo la carta, non la plastica e l'alluminio. In quell'impianto che lei ha visto a Lucca, si recupera la carta, non si recuperano tutti i materiali.

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  STEFANO VIGNAROLI. Io non ho visto questo impianto a Lucca, ma l'ho visto da altre parti e riguarda...

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Solo Lucca e Verona ce l'hanno, non ci sono altri siti!

  STEFANO VIGNAROLI. Io l'ho visto in Emilia-Romagna e riguarda il recupero del plasmix!

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Sono due cose diverse.

  PRESIDENTE. Sono due cose diverse: uno è il recupero del pulper di cartiera e l'altro è il recupero del plasmix, che è un insieme di plastiche diverse.

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Esatto! Sul recupero di cartiera penso di aver parlato. Poi c'è il discorso del plasmix.

  STEFANO VIGNAROLI. Anche le cartiere hanno questo problema del plasmix!

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. No, non ce l'hanno le cartiere: sono due concetti diversi.

  PRESIDENTE. Sono insiemi di materiali plastici: non c'entra niente con il Tetrapak e con la carta.

  STEFANO VIGNAROLI. Infatti, non c'entra niente con il Tetrapak, però le cartiere – sono stato anche a visitare quella di Tivoli – hanno uno scarto di plastiche eterogenee e quello è un problema.

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Negli scarti del pulper di cartiera c'è la plastica e c'è anche il Tetrapak, ovvero materiali compositi: quello è lo scarto del pulper di cartiera. Lo scopo di questi impianti che lei ha visitato è il recupero della carta, che è anche una carta abbastanza pregiata, in quanto ha le fibrille di cellulosa abbastanza lunghe e cose di questo genere. Il riciclo di questi impianti, quindi, riguarda la parte nobile degli impianti stessi, che concerne la carta. Il plasmix è un altro concetto: fatto 100, tutto quello che viene conferito dai comuni a COREPLA, per il 61 per cento viene riciclato e per il 39 per cento costituisce il plasmix, cioè tutto quello che non viene riciclato, viene termovalorizzato.

  STEFANO VIGNAROLI. Esatto. Io ho visitato l'impianto in Emilia-Romagna che fa quello.

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Posso dirle una cosa: ci sono molte persone che dicono che riciclano al cento per cento. Mi creda: io di professione nella vita ho fatto il professore di ingegneria chimica. Tutto può essere riciclato: il problema non è soltanto a quali costi, ma per ottenere che cosa. Bisogna ottenere dei prodotti che stanno sul mercato: se i prodotti non stanno sul mercato, è inutile riciclare. Non so se sono stato chiaro.

  STEFANO VIGNAROLI. Infatti, è un problema di mercato!

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Tenga presente che riciclare le plastiche non è come riciclare l'acciaio o l'alluminio: sono materiali sintetici. Se si ricicla tre o quattro volte la plastica, non si trova più la plastica perché i polimeri degradano. È un problema estremamente complesso dal punto di vista tecnologico. Io inviterei a non banalizzare questo discorso. Comunque, allo stato delle tecnologie, anche per considerazioni economiche, spendere milioni per ottenere un prodotto vile non sta assolutamente in piedi. Ci sono molti operatori che hanno cercato di aumentare il riciclo e qualcuno è fallito. Non faccio nomi, ma forse lei sa a chi mi riferisco.

  STEFANO VIGNAROLI. Non ci sono gli incentivi che hanno gli inceneritori!

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Riguardo al discorso sull'avvocato Pag. 14 Bernocchi, come abbiamo sempre detto, noi ci avvaliamo per il recupero credito di decine di studi legali, tutti alle stesse identiche condizioni. Noi non abbiamo rapporti diretti con l'avvocato Bernocchi, ma c'è uno studio legale del quale l'avvocato Bernocchi è socio. In secondo luogo, non c'è conflitto di interesse perché il nostro rapporto non è con Ancitel energia e ambiente – lo abbiamo detto ripetutamente – ma con l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI). Se vuole, le faccio vedere un accordo tra CONAI e ANCI fissato dal presidente Fassino. ANCI, autonomamente, ha deciso di gestire alcuni progetti affidandoli ad Ancitel energia e ambiente. La sua è una domanda che va rivolta all'ANCI. Noi abbiamo l'accordo con l'ANCI e ci guardiamo molto bene dal fare un accordo con una società privata: è un accordo con l'ANCI. Voglio testimoniare che, nonostante l'avvocato Bernocchi sia il responsabile energia e ambiente di ANCI, tutta la trattativa non è stata gestita dall'avvocato Bernocchi ma dall'architetto Foglietta, ex responsabile della gestione dei rifiuti nell'area metropolitana di Torino, nonché, nell'ultimo periodo, direttamente dal presidente Fassino: lo verifichi, per evitare polemiche di questo genere.
  Sul vuoto a rendere non abbiamo assolutamente nulla contro: aspettiamo. Ripeto che la legge prevede la possibilità che i produttori facciano cose di questo genere. Forse avremmo qualcosa da ridire se per vuoto a rendere si intendesse il modello tedesco. Se vuole approfondiamo, ma saremmo fortemente contrari a ciò. C'è poi il problema della qualità e lei ha toccato un punto fondamentale. Il problema della qualità è decisivo perché non soltanto condiziona le rese al riciclo, ma ha un altro effetto, che è la qualità del prodotto riciclato, per cui fa sì che non possa stare sul mercato in quanto viene considerato un prodotto di serie B dai consumatori.
  Questo è uno dei problemi sui quali insisterei. Quest'anno noi spenderemo un milione di euro a favore dei comuni per tutti i progetti, prevalentemente di comunicazione. Avrei qualche numero ma credo che non ci sia tempo per citarli, per esempio relativamente al vetro, sull'impatto negativo della qualità dal punto di vista economico e sulla qualità del prodotto finito. Il problema della qualità per noi è centrale: sono d'accordo con lei.

  CHIARA BRAGA. Vorrei un chiarimento su alcuni punti rispetto all'audizione già molto esaustiva, di cui ringrazio il presidente. Nella sua osservazione, in commento al grafico sul tasso di riciclo e recupero, che posiziona l'Italia in una posizione che potrebbe essere migliore, lei ha fatto riferimento allo squilibrio nord-sud e anche ad alcune esperienze virtuose che sono state avviate in alcune città e in alcune realtà amministrative del sud. A suo avviso, è solo un problema di scelta o ci sono anche dei fattori strutturali, legati ad esempio alla dotazione impiantistica, che voi avete potuto verificare? Ho poi una domanda sul contributo ambientale. Non so se è già in questa documentazione, ma in caso contrario potete fornirci un dato sull'andamento del contributo ambientale dalla nascita del CONAI e su come si è evoluto, anche in funzione dei cambiamenti dei fattori che hanno determinato il rapporto con le imprese? Inoltre, vorrei sapere come sono state gestite finora le quote degli accantonamenti delle riserve, cioè se sono stati oggetto di investimenti o se sono semplici accantonamenti. Ho infine una domanda sul tema che interessa particolarmente la nostra Commissione: la trasparenza e i meccanismi di controllo. Lei ha affermato in un passaggio che ci sono alcuni punti oscuri: quali sono? Chi potrebbe aiutare a chiarirli?
  Vorrei sapere se c'è una responsabilità in capo principalmente al Ministero e se i meccanismi di controllo, al momento, dal vostro punto di vista, sono sufficienti e adeguati. In questi anni di attività del CONAI, quante volte vi è capitato di avere richieste di chiarimento dagli organismi di controllo? Gli organi di controllo hanno formulato delle richieste sui bilanci, sul raggiungimento degli obiettivi e sulla qualità dei risultati?

  PRESIDENTE. Aggiungo un'altra questione correlata. Voi sapete che c'è una Pag. 15discussione sulla costituzione dell’authority a livello nazionale. Come considerereste voi, rispetto a tutti quei ragionamenti fatti prima sulla contrattazione, su come viene definito il CAC e via dicendo, la costituzione di un’authority terza, non solo per l'attività ex ante che riguarda il ciclo dei rifiuti ma anche per quella ex post? Non semplificherebbe un po’ una serie di meccanismi?

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Mi si chiedeva qual è il problema che noi abbiamo incontrato nel sud. Cerchiamo di elencarli. La prima questione è il costo delle discariche. Se le discariche costano poco, evidentemente ciò è un forte incentivo. Adesso non do dei numeri, ma abbiamo avuto dei casi assolutamente eclatanti in cui la discarica non costava assolutamente nulla. In quel caso il sindaco si chiede: «Io perché devo coinvolgere un'iniziativa così costosa o altre cose di questo genere, quando evidentemente...» Questo, quindi, è il primo discorso, cioè quanto costano le discariche. In secondo luogo, distinguiamo l'aspetto economico dall'aspetto finanziario. Per quanto riguarda l'aspetto economico dei soli imballaggi, noi riteniamo che con i soldi che CONAI paga, i comuni ci stiano dentro, se hanno una gestione efficace ed efficiente (mi riferisco solo agli imballaggi, non all'organico evidentemente). I comuni hanno però un problema di tipo finanziario: per avviare un progetto di raccolta differenziata, occorrono degli investimenti iniziali. Si devono comprare gli automezzi, i cassonetti e cose di questo genere; molto spesso c'è un impegno finanziario iniziale che è un ostacolo affinché tutto questo si realizzi. Dunque, dal punto di vista finanziario c'è questa difficoltà iniziale. Dal punto di vista economico il problema non è sugli imballaggi, ma sulla raccolta differenziata in generale. In terzo luogo, ciò dipende moltissimo – parliamoci chiaro – dall'autorevolezza delle amministrazioni locali. Abbiamo degli esempi brillanti, ma adesso non voglio far nomi. Ci sono stati dei sindaci che si sono impegnati direttamente, giorno per giorno addirittura, su come andavano le cose e che sono riusciti a portare in porto dei risultati: il sud non è diverso dal nord. Altri sindaci, invece, hanno detto: «sì, facciamo la raccolta differenziata», ma poi l'hanno abbandonata. Direi che queste sono le tre gerarchie di problemi.
  L'onorevole mi ha chiesto come è andato il CAC nel tempo. È una domanda molto interessante. Io le potrei dire che, nel caso della plastica, è andato progressivamente in aumento. Siamo partiti da 70 e oggi è a 180, ma perché è aumentato progressivamente quello della plastica? La raccolta differenziata della plastica è andata aumentando e tutta la plastica viene conferita; la plastica è il materiale di gran lunga più oneroso da riciclare, quindi nessun comune evita di conferire. Dunque, cosa è successo? I ricavi sull'immesso al consumo della plastica, più o meno, sono costanti perché la plastica crescerà dell'1,2 per cento circa (di questo stiamo parlando). I ricavi sono più o meno gli stessi, mentre i costi aumentano e quindi, progressivamente, per compensare questo progressivo disallineamento tra ricavi e costi per la plastica, si è obbligati ad aumentare il contributo ambientale, che è quasi triplicato nel corso degli anni. Diverso è il caso della carta, in cui adesso il contributo ambientale è diminuito e ha raggiunto il valore minimo, cioè 4 euro a tonnellata, anche se credo che a breve lo dovremo aumentare perché si è verificato un fenomeno incredibile per la carta. Sono successe due cose. I conferimenti dei comuni si sono ridotti e quindi anche i costi di COMIECO si sono ridotti; il macero della carta è andato alle stelle; questo viene mandato in Cina e quindi COMIECO ricava molto vendendolo. Di conseguenza, il conto economico di COMIECO è andato esattamente così: ha evitato di pagare i comuni – perché gli danno meno roba – e ha venduto tutto quello che aveva a prezzi maggiori perché il valore del macero della carta è andato alle stelle. Di qui deriva la minore esigenza di penalizzare le aziende e siamo così arrivati a 4 euro a tonnellata. Non so se sono stato chiaro.

  CHIARA BRAGA. Perché è diminuita la quantità di carta conferita dai comuni?

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  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Sa quant'è in questo momento la quota conferita a COMIECO? Circa il 50 per cento della raccolta differenziata della carta viene data a COMIECO perché molti comuni, soprattutto del nord, hanno considerato meglio per loro non convenzionarsi con COMIECO ma affidarsi a soggetti privati che riconoscono cifre maggiori di quelle previste dall'accordo ANCI-CONAI. L'accordo ANCI-CONAI consente ai comuni di recedere dalle convenzioni e molti, soprattutto al nord, lo hanno fatto. Credo che, come vi diranno i colleghi di COMIECO, si tratti di circa il 50 per cento. Ciò significa costi minori e, per la parte gestita, ricavi maggiori perché le quotazioni del macero sono andate alle stelle. Non so se sono stato chiaro.

  CHIARA BRAGA. Non oggi perché non c'è tempo, ma vorrei avere un quadro di dettaglio su questi aspetti.

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Più tardi audirete COMIECO e potrete chiederlo direttamente a loro.

  PRESIDENTE. Abbiamo in audizione tutti i consorzi di filiera.

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Vi ho dato un'idea dei due materiali più importanti dal punto di vista economico per illustrare che ci sono andamenti difformi a seconda della tipologia dei materiali. Mi ha chiesto delle riserve a patrimonio. Io la ringrazio di queste domande perché di questo siamo stanchi. Io non so se le riserve patrimoniali di 269 milioni di euro siano ritenute alte: c'è qualcuno che le ritiene alte. Si tratta di sette consorzi: dividete 270 per sette e vedete quante sono le riserve.
  Le riserve patrimoniali dei consorzi sono il patrimonio di questi ultimi perché il fondo consortile è minimo. Queste riserve sono pari a circa cinque mesi di costi (nel caso della plastica sono pari a meno di tre mesi) per conferimenti, per pagare i comuni e avviare al riciclo. Se ci fosse una crisi di mercato improvvisa, come è stato, il sistema andrebbe in perdita. Vi cito l'esempio della crisi del 2009. COREPLA era fallito perché non aveva riserve patrimoniali: sapete come abbiamo superato l’impasse? Dando garanzie noi del consorzio CONAI al sistema delle banche. Le banche hanno finanziato COREPLA come se fosse una società di capitali – perché COREPLA era fallito – in quanto in una certa congiuntura di mercato non c'era patrimonio sufficiente ad assicurare il ritiro e l'avvio al riciclo. Un livello medio-alto di riserve serve per dare continuità a questa operazione. Non si sa come è nata questa credenza. Noi siamo senza fini di lucro: le riserve sono lì, non è che qualcuno le prende. Le riserve sono nel patrimonio dei consorzi. Per «accontentare» qualcuno, ci siamo dati anche un meccanismo di autoregolamentazione. Se lei vuole, le manderemo un documento in proposito. Se le riserve di un determinato consorzio superano una certa soglia, interviene un meccanismo per cui, entro due anni, queste devono rientrare. C'è un meccanismo di autoregolamentazione del valore delle riserve per cui, automaticamente, si deve rientrare. La nostra convinzione è che un adeguato valore del patrimonio dei consorzi sia necessario per dare garanzia di continuità al servizio. Le riserve non sono distribuibili: siamo senza fini di lucro, sono lì.

  PRESIDENTE. A parte questa situazione negativa congiunturale della plastica, che può essere sempre presente perché il prezzo del petrolio è molto fluttuante, in quali altri casi storicamente siete intervenuti attingendo alle riserve per colmare delle situazioni?

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Purtroppo non so se abbiamo il dettaglio storico. Noi abbiamo una serie di andamenti; alcune volte l'intero sistema è in avanzo di tipo economico, quindi aumentano le riserve; altre volte siamo in disavanzo e quindi diminuiscono le riserve. Vorrei soltanto dirvi una cosa, però non vorrei entrare troppo nel tecnicismo: un livello adeguato di riserve patrimoniali Pag. 17 è importante per un'altra questione, ossia per l'attuale meccanismo di prelievo del contributo. Facciamo l'esempio della plastica. Se noi decidessimo di aumentare il contributo ambientale della plastica a partire dal 1o luglio di quest'anno, l'incasso di questo contributo non si verificherebbe al 1o luglio, ma si verificherebbe con sei mesi di ritardo. C'è una differenza di sei mesi tra l'aspetto patrimoniale (che scatta dal 1o luglio) e l'aspetto finanziario (che scatta dal 1o gennaio dell'anno seguente). Pertanto, uno zoccolo adeguato di riserva è importante per colmare questo buco di tipo finanziario.
  C'era un'ulteriore domanda su riserve, controlli e cose di questo genere. Noi, dal nostro punto di vista, abbiamo un consiglio di amministrazione e un collegio sindacale nel quale siedono tre rappresentanti di tre Ministeri: Ministero dell'ambiente, Ministero dello sviluppo economico e Ministero dell'economia. Inoltre, ai sensi della legge n. 231, abbiamo l'organismo di vigilanza che vigila sulla commissione. Infine, abbiamo una primaria società, che mi pare si chiami DNV, che certifica l'affidabilità dei nostri dati e delle nostre informazioni, con giudizi anche su quelli degli altri Paesi europei, in particolare dei tedeschi. Giovedì scorso questo è stato oggetto di una discussione con i parlamentari italiani della Commissione ambiente presso il Parlamento europeo. Credo che potrete chiedere all'onorevole Bonafé, che è la relatrice, cosa dice dei dati degli italiani e dei dati di qualche Paese virtuoso del nord Europa. Questi sono i nostri controlli interni. Mi si chiedeva se tali dati ci sono stati richiesti: noi abbiamo un colloquio intenso con ISPRA, che ci chiede informazioni su una serie di dati. In particolare, su quali dati? Questo è il problema. Noi abbiamo, come abbiamo visto, dei dati gestiti – quelli dei consorzi – che sono certificati; poi abbiamo degli altri dati – tutto quello che non è gestito dai consorzi – che vengono stimati secondo le migliori procedure certificate da questo organismo terzo. Spesso ci vengono richieste spiegazioni sui criteri con i quali noi stimiamo i dati dei riciclo non gestito. Secondo noi, quello dei controlli è un problema fondamentale in questo Paese. Chi controlla che i sistemi autonomi una volta costituiti e autorizzati facciano bene il loro mestiere? Non lo controlla nessuno. Questo è il punto: chi è che controlla? Non so se sono stato chiaro.

  PRESIDENTE. Neanche l'ISPRA?

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Non hanno gli strumenti per fare cose di questo genere.

  PRESIDENTE. Scusate, inserisco un'altra domanda. Prima c'era un contributo che voi davate per...

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. C'è ancora adesso.

  PRESIDENTE. Voi continuate a elargire questo contributo al Ministero?

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. No, adesso la informo. Nella legge era previsto che i sistemi autorizzati, tra i quali noi, dovessero finanziare per 2 milioni di euro all'anno l'Osservatorio nazionale rifiuti. Si riferiva a noi e ad altri soggetti obbligati. Dopodiché, non ricordo in quale anno, è intervenuta una legge che ha abolito l'osservatorio. In seguito, da circa un anno, nel collegato ambientale il funzionamento è stato dato direttamente in carico al Ministero. C'è un periodo di buco tra la fine dell'osservatorio e la nuova regola. Il Ministero aveva sostenuto che noi dovessimo pagare anche i denari del periodo di buco. Poco prima di Natale c'è stata la sentenza del Consiglio di Stato, che ha detto che questi denari non sono dovuti. Questa è la situazione.

  PRESIDENTE. Tuttavia, da adesso in poi, dal momento in cui è in vigore la legge...

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Questo vale dal 2010 al 2015. Dal 2016 bisogna pagare e aspettiamo che arrivi il decreto, che non è un decreto facile perché occorre ripartire i 2 milioni Pag. 18fra tutti i soggetti obbligati, quindi bisogna individuare il criterio di ripartizione.

  PRESIDENTE. È chiaro. Non ha risposto alla questione dell’authority.

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Noi non siamo contrari al discorso dell’authority, naturalmente precisando tutta una serie di cose: l’authority che cos'è? Si potrebbe immaginare in futuro che lo stesso CONAI diventi un’authority, cioè che diventi terzo rispetto ai consorzi di filiera, al limite mettendo dentro CONAI non soltanto rappresentanti delle imprese ma anche altri rappresentanti. Il primo problema è il seguente: l’authority alla quale pensiamo è una authority classica, tipo quelle che ci sono adesso, o è una authority di tipo privatistico? Se l’authority è di questo tipo, viene sottratta alla responsabilità privatistica la gestione di questo genere, nel senso che se c'è un’authority di natura pubblicistica, che è quella che dovrebbe dire, per esempio, che il CAC è questo e i soldi da dare ai comuni sono questi, salta il principio dell'autonomia privatistica di gestione. Pertanto, noi non siamo contrari a un’authority, ma bisognerebbe precisare bene.

  PRESIDENTE. Potrebbe dire che il costo sta in un certo intervallo!

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Appunto, occorre precisare. Tenga però presente che la legge attuale già prevede una serie di cose tipiche dell’authority. Il compito della programmazione e il compito di garantire alle istituzioni che gli obiettivi siano perseguiti e raggiunti, è pienamente in carico a CONAI, non ai consorzi, quindi la legge già adombra in CONAI un ruolo con natura di authority, che non è come quello che credo lei immagini. Non siamo contrari a ciò purché si precisino una serie di cose. Naturalmente, essendo rappresentanti del sistema delle imprese, noi terremmo molto all'autonomia privatistica nella gestione di queste cose.

  ALBERTO ZOLEZZI. Io pongo una serie di domande. A vostro parere, la governance del CONAI non è un po’ troppo sbilanciata verso i produttori e meno verso le aziende che si occupano del riciclo? Una questione che mi è venuta in mente mentre esponevate i dati, sia finanziari che quantitativi, è quella dell'assimilazione dei rifiuti. Voi chiaramente avete fatto riferimento al contributo ambientale CONAI, avendo rapporti con i comuni per i rifiuti solidi urbani. Mi chiedo: vi occupate anche di rifiuti strettamente speciali o solo di quelli che in qualche modo vengono assimilati? Avete notato un incremento dell'assimilazione dei rifiuti da imballaggio? Inoltre vorrei sapere se, anche a livello economico, questa assimilazione per voi è positiva o negativa e se potete fare un commento su questa questione. Per quanto riguarda il materiale raccolto e i rapporti con i comuni, io ho fatto personalmente un'interrogazione su ciò. Si nota che questa quantificazione del materiale apparentemente può sembrare difficile da controllare, per esempio, da parte del comune. Noi abbiamo visto qualche registro del famoso ORSO (Osservatorio rifiuti sovraregionale). Di solito il comune prende per buoni questi dati. Abbiamo poi le piattaforme di secondo livello, dove apparentemente potrebbe risultare non semplice definire quale comune ha portato e quante cose. Non c'è solo un discorso di quantità, ma anche un discorso di qualità: chi giudica la qualità del materiale raccolto? Non potrebbe esserci un conflitto di interesse se magari quello che giudica la qualità è sempre all'interno del CONAI?
  Dal punto di vista economico, come hanno già detto i miei colleghi, noi cerchiamo di ragionare in termini assolutamente laici ma propositivi. Guardavo alcuni dati relativi all'Emilia Romagna sui costi della raccolta differenziata spinta in molte realtà della loro filiera, sulla vendita dei prodotti e sui costi di gestione della discarica. Infatti, la discarica non ha solo un costo di conferimento, ma ha anche dei costi di gestione per molti anni. Facendo alcuni calcoli, la raccolta spinta, che produce un maggiore quantitativo di differenziazione, viene a costare meno rispetto alla Pag. 19raccolta stradale. Io vorrei capire se nel vostro ruolo, che voi avete definito «educazionale», sui comuni vengono portati anche dei dati di questo tipo, che forse potrebbero indirettamente giovare anche al vostro bilancio.
  Per quanto riguarda il recupero energetico, mi sembra che non abbiate esposto il dato economico. Vi chiedo se potete darci qualche dato un po’ più preciso.

  PRESIDENTE. Ascolteremo COREPLA subito dopo.

  ALBERTO ZOLEZZI. Va bene. Comunque, anch'io vi suggerisco – questa è un'affermazione mia – di fare un po’ più di ricerca sul plasmix e sul mercato.

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Per quanto riguarda la governance, lei correttamente ha colto un problema che viene posto ripetutamente: se la governance è troppo puntata su produttori autorizzati e non su riciclatori. Nella composizione del consiglio d'amministrazione, noi abbiamo privilegiato la presenza dei soggetti che per legge sono responsabili. La legge stabilisce che la responsabilità nel perseguimento degli obiettivi è in capo a produttori e utilizzatori. Pertanto, la nostra governance prevede uguale partecipazione nel consiglio e nella rappresentanza assembleare della filiera dei produttori e degli utilizzatori. Il fatto che i riciclatori non siano presenti negli organi amministrativi del CONAI, non significa che essi non siano presenti nei consigli di amministrazione dei consorzi di filiera – infatti, ci sono – né che non dialoghino con CONAI. Abbiamo un dialogo frequentissimo in altri organismi, alcuni addirittura istituzionalizzati. Pertanto, per quanto riguarda il solo CONAI, non i consorzi di filiera, lei ha ragione: i riciclatori non sono presenti nel consiglio. La governance CONAI ha inteso privilegiare i soggetti che sono responsabili del raggiungimento dell'obiettivo. Quello relativo all'assimilazione è un dibattito ormai lungo. Credo che siamo tutti d'accordo sul fatto che bisognerebbe mettere mano dal punto di vista normativo a questo problema. Quello sull'assimilazione è un discorso ampio ed era anche nel recente report dell’antitrust. Noi sosteniamo che nel meccanismo dell'assimilazione a carico del sistema dei consorzi, ci sia il costo di gestione dei rifiuti speciali che finiscono nella raccolta differenziata. Tenete presente che questi finiscono nella raccolta differenziata, non soltanto per assimilazione, come si pensa, ma per nuove abitudini di consumo. Per esempio, l’e-commerce, che si sta sviluppando, fa sì che soprattutto imballaggi terziari finiscano nella raccolta differenziata urbana e, quindi, che il sistema dei consorzi sia obbligato a farsi carico di costi che teoricamente non gli spetterebbero. Mi chiedeva se ci occupiamo anche di rifiuti speciali. In linea con le indicazioni dell’antitrust, dato che la legge stabilisce che ci dobbiamo occupare prevalentemente dei rifiuti urbani, l'unica cosa che noi abbiamo fatto è stata quella di prevedere un meccanismo di salvataggio, ovvero, come lo chiamiamo noi, «un meccanismo assicurativo». Si tratta di un sistema di piattaforme in giro per l'Italia, convenzionate con i consorzi, che sono pronte a intervenire ove le condizioni di mercato sui rifiuti speciali non permettano al mercato di funzionare.
  In questo caso, interviene questo meccanismo assicurativo, per cui si garantisce che anche i rifiuti speciali siano avviati a riciclo. Questo vale per cinque materiali al netto del legno. Lei saprà che il legno riguarda prevalentemente i terziari, quindi è un discorso di tipo diverso. Aggiungo due cose. Lei mi ha chiesto come viene fatta la verifica della qualità. Come diceva il presidente, io la inviterei a porre il problema ai miei colleghi dei consorzi: sono loro che gestiscono operativamente il discorso, ma se vuole posso anche risponderle.

  PRESIDENTE. No, lo facciamo dopo.

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. C'era poi una domanda sul recupero energetico e sul dato economico. Per ciò che concerne il dato economico preciso, chiedete ciò ai colleghi della plastica. A memoria ricordo che è fra i 35 e i 40 milioni di euro. Questo è il costo che Pag. 20viene impegnato da COREPLA per avviare a recupero energetico la quota di imballaggi, che è circa il 37-38 per cento, che non viene avviata a riciclo.

  PRESIDENTE. Ho due domande molto veloci. Voi fate un'attività di comunicazione e anche di pubblicità molto capillare, chiaramente relativa alla vostra attività: monitorate il ritorno di questa attività? Ci dice, più o meno, quanto spendete in questa vostra attività?

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Naturalmente, presidente, la comunicazione è fatta sia da CONAI che dai consorzi. Io parlo di CONAI. Noi a budget abbiamo poco meno di 5 milioni di euro per la comunicazione annuale. Di questi 5 milioni di euro, 1,2/1,3 milioni circa – che quest'anno diventeranno 1,5 milioni – sono automaticamente destinati alla comunicazione locale sulla base di un accordo con l'ANCI, che stabilisce che noi dobbiamo sostenere la comunicazione ai cittadini da parte di comuni e gestori locali su come fare bene la raccolta differenziata. Di questi 5,5 milioni, quindi, 1,5 milioni sono destinati a cose di questo genere. La seconda parte di comunicazione fa parte dei progetti territoriali. Quando noi interveniamo sui singoli comuni per la comunicazione ai cittadini, su come si fa inizialmente, facciamo ciò con una cifra che è assolutamente variabile. Inoltre, abbiamo la comunicazione istituzionale. È inutile che le illustri i rivoli della comunicazione. Se vuole, le posso mandare un report.

  PRESIDENTE. Sì, ve lo chiederemo.

  ROBERTO DE SANTIS, presidente del consorzio CONAI. Allora vi mandiamo il nostro budget e anche il consuntivo. La comunicazione istituzionale è volta a spiegare ai cittadini il valore ambientale della raccolta e del riciclo, quindi, il ruolo di CONAI. A questo destiniamo circa 1,5 milioni. Adesso non ricordo a memoria la cifra esatta, ma siamo su questo ordine di grandezza. Infine, abbiamo una serie di rivoli molto importanti, quali convegni e soprattutto studi. Ne approfitto, presidente, per anticipare un'informazione. Noi non condividiamo una larga parte dell'ultimo rapporto dell’antitrust sulla raccolta e il riciclo. Secondo noi, alcune informazioni non sono precise e alcune parti sono superficiali. Per evitare cose di questo genere, abbiamo appaltato un grande studio sul tema rifiuti, riciclo e concorrenza, realizzato dalla Luiss con noti studiosi. Uno di questi studiosi è un professore dell'Università di Milano, che è stato membro per sei anni dell’antitrust. Hanno prodotto in maniera autonoma uno studio sui limiti della concorrenza su questa materia. Questo studio sarà presentato alla Luiss il 26 gennaio prossimo e, a parte i professori, sarà presente anche il presidente Pitruzzella dell’antitrust. Si tratta di uno studio autonomo di due studiosi, che illustra quali sono i limiti della concorrenza su questa materia.

  PRESIDENTE. Vi ringraziamo per la vostra illustrazione. Come dicevo, se in base alle cose che ci avete detto avremo necessità di qualche ulteriore informazione, vi scriveremo. Dichiaro chiusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti
del consorzio COREPLA.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti del consorzio COREPLA, che ringrazio per la loro presenza. È presente il dottor Antonio Ciotti, presidente del consorzio, accompagnato dall'ingegner Massimo Paravidino, direttore generale, e dal dottor Gianbattista Folli, direttore affari legali e generali.
  L'audizione odierna si inserisce nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul mercato del riciclo, con particolare riguardo all'attività dei consorzi che ne hanno la gestione. Ricordo che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi a ciclo dei rifiuti, bonifiche e ciclo di depurazione delle acque. Pag. 21
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Come ho detto ai vostri predecessori, noi stiamo svolgendo un approfondimento sul mercato del riciclo in senso generale, alla stregua di un'indagine conoscitiva, per vedere quali sono i player che svolgono questa attività e che rappresentano un pezzo importante del sistema del recupero e del riciclo. Abbiamo già fatto alcune audizioni, tra gli altri, anche con rappresentanti del Ministero. Stiamo facendo un lavoro che speriamo ci dia qualche feedback di ritorno, anche come legislatori, per poter fare qualche proposta nella discussione che si è aperta, finora, forse, in maniera un po’ confusa. Cederò la parola al presidente Ciotti per lo svolgimento di una breve relazione introduttiva, a seguito della quale i commissari potranno fare qualche domanda. Tenga presente che abbiamo già sentito il CONAI, quindi abbiamo l'inquadramento generale. Chiaramente il COREPLA è uno dei consorzi più interessanti, non solo per il volume d'affari ma anche per le problematiche che il mondo della plastica in generale comporta. Do quindi la parola al presidente Ciotti per lo svolgimento della sua relazione.

  ANTONIO CIOTTI, presidente del consorzio COREPLA. Vi ringrazio innanzitutto per l'invito a presentare COREPLA. Il mio nome è Antonello Ciotti e sono presidente di COREPLA dal luglio del 2016. Mentre ero fuori e attendevo di essere chiamato mi chiedevo cosa avrei detto se avessi dovuto riassumere in una sola slide l'eccellenza di COREPLA. Mi sono venute in mente tre parole: noi ricicliamo tutta la plastica, cioè non solo quella che ha un valore; ricicliamo in tutt'Italia; ricicliamo sempre, cioè anche quando le condizioni economiche non sono favorevoli. Voi sapete che il mercato del riciclo dipende molto dall'andamento delle materie prime vergini, per cui in una fase come questa, caratterizzata da un basso valore del petrolio, riciclare è economicamente meno attraente. Noi, invece, abbiamo dei risultati positivi anche nel corso di questi anni di ciclo basso.
  Nella prima slide vediamo che cosa è COREPLA. Il nostro è un consorzio di diritto privato senza scopo di lucro. Le categorie rappresentate sono quattro: produttori e importatori di materie prime polimeriche; produttori di imballaggi in plastica e importatori di imballaggi vuoti, che sono la grande maggioranza; autoproduttori e importatori di imballaggi pieni in plastica, ossia le aziende che effettivamente utilizzano gli imballaggi; riciclatori e recuperatori di rifiuti di imballaggi in plastica. In totale, sono oltre 2500 consorziati.
  Poc'anzi ho affermato che raccogliamo ovunque in Italia. Circa il 97 per cento della popolazione italiana vive in comuni che hanno un rapporto istituzionale con COREPLA. In questa slide vedete che tra i nostri clienti ci sono i riciclatori, i riciclatori con contributo, i centri di selezione e gli operatori della raccolta. Quello che mi piacerebbe fare con voi, è seguire passo passo quanto illustrato in questa slide perché si vede esattamente che cosa facciamo in termini di prodotto e di finanziamento. Facciamo l'esempio di un consumatore. Il consumatore acquista la sua bottiglia, la beve e poi, generalmente, la getta in un cassonetto per la raccolta differenziata. A quel punto il comune raccoglie la bottiglia, che viene conferita al COREPLA. La freccia rossa indica un esborso di soldi. Noi paghiamo ai comuni l'extra-costo della raccolta differenziata. In base a un accordo ANCI-CONAI viene stabilita una tabella, discussa generalmente ogni cinque anni, secondo la quale si definisce quanto si debba corrispondere al comune che fa questa raccolta differenziata.
  La bottiglia, con tutto il sacco di plastica, continua il suo viaggio e raggiunge i centri di selezione: che cosa accade nei centri di selezione? Nei centri di selezione le plastiche vengono suddivise perché si ha una situazione simile a quella di un condominio estremamente litigioso: il PET non Pag. 22va d'accordo con il polietilene, né con il polipropilene, per cui questi materiali vanno in qualche modo suddivisi. Peraltro, presidente, se lei e i membri della Commissione foste interessati, ci farebbe piacere potervi ospitare e farvi visitare un impianto di selezione perché è estremamente interessante vedere cosa arriva e cosa esce. Questo impianto di selezione divide le varie famiglie, laddove quelle più richieste passano a un'azienda riciclatrice. A quel punto, il COREPLA vende questi prodotti.
  Avete visto che c'è un'altra freccia rossa che va verso il centro di selezione perché noi paghiamo i centri di selezione. Per tutta quella parte di materiale che non ha un valore in un riciclaggio immediato, c'è una fase di recupero energetico, per cui noi conferiamo il prodotto e paghiamo un certo gate-fee, affinché il termovalorizzatore utilizzi questo materiale. Il prodotto viene riciclato e, in qualche modo, l'azienda trasformatrice lo riusa e rientra in ciclo, per cui si ritorna alla bottiglia iniziale. Cito un esempio su tutti, che a me piace perché, peraltro, nel mio sviluppo professionale io mi occupo di un'azienda produttrice di PET. Ci sono alcune aziende di PET che usano le bottiglie che vengono da raccolta differenziata per fare materia prima vergine. Inoltre, specialmente in Italia, ogni volta che comprate un tessuto di pile, comprate delle bottiglie riciclate perché tutto il pile è fatto con poliestere proveniente dalla raccolta e dal riciclo delle bottiglie. In questa slide ho illustrato in modo sintetico lo sviluppo dei prodotti, come camminano all'interno della filiera e dove noi interveniamo in termini economici per sostenere il sistema del riciclo.
  Adesso vi cito un paio di grossi numeri (su queste slide sarò molto veloce). L'immesso al consumo in Italia è pari a 2,128 milioni di tonnellate ogni anno. Il domestico è la parte principale, pari a 1,3 milioni, mentre circa 760.000 tonnellate derivano da commercio e industria. All'interno del domestico, le bottiglie rappresentano il 19 per cento, con 400.000 tonnellate; la gran parte sono altri imballaggi flessibili (circa 900.000 tonnellate), mentre 640.000 tonnellate sono imballaggi rigidi. Abbiamo iniziato la nostra avventura nel 1997, raccogliendo circa 200.000 tonnellate e, nel 2017, contiamo di superare il milione di tonnellate. È estremamente importante vedere come il nostro sistema si sia in qualche modo instaurato. Quello che mi piace sottolineare quando vado a fare i convegni internazionali e presento il sistema Italia, è che siamo un sistema virtuoso, tra i migliori a livello europeo, sia in termini di costi per la comunità, sia di benefici come obiettivi di raccolta. Segue la solita differenziazione in aree geografiche: il nord rappresenta il 54 per cento, il centro il 20 e il sud il 26 per cento. Anche in questo caso, quello che è interessante rilevare – vado alla slide successiva – è la raccolta pro capite per regione, da cui si vede che il Veneto, la Val d'Aosta e la Sardegna sono in una fascia alta, al di sopra o vicino ai 20 chili per abitante per anno; nella parte bassa, invece, Basilicata, Molise e Sicilia hanno livelli intorno ai 5-7 chili per abitante per anno. Questo ci dà un'idea delle fasce geografiche su cui intervenire.
  In questa slide ricapitolo semplicemente gli attori all'interno della filiera. Ciascuno di loro ha un ruolo: il produttore, i comuni, i centri di selezione, l'azienda riciclatrice e l'azienda trasformatrice. Sotto c'è una linea che indica che cosa ciascuno di loro deve fare. Il produttore realizza gli imballaggi, il comune deve impegnarsi nella raccolta differenziata, i centri di selezione selezionano i rifiuti, l'azienda riciclatrice produce scaglie e granuli, ma quello che è importante è che l'azienda trasformatrice deve creare nuovi oggetti, tanto che una delle direttive maggiori del prossimo triennio di COREPLA è quella di sviluppare ricerca e sviluppo.
  Nel 2005, estraevamo da questa miniera, come a me piace dire, da questo sacco che ci viene conferito, cinque prodotti. Adesso siamo passati a estrarne quindici, ma è importante estrarre dei prodotti che poi abbiano un utilizzo pratico. Questo si può creare solo con un forte impulso alla ricerca e allo sviluppo dell'intera filiera.
  Questi che seguono sono dati macroeconomici, in un flash, su che cosa siamo. In base al CAC, il contributo ambientale CONAI, Pag. 23 i ricavi sono 371 milioni di euro all'anno, più ricavi di vendite di quei materiali che avete visto, che hanno un valore, circa 105 milioni. Questo totale, circa 475 milioni di euro all'anno, è così impiegato: 264 milioni vengano ripagati ai comuni, come ho detto prima, per pagare gli extracosti della raccolta differenziata; 170 milioni sono tutto ciò che va in quella parte di sovvenzione, di sviluppo del riciclo e del recupero (riciclo, con i riciclatori e i selezionatori; recupero, per il recupero energetico).
  La nostra riserva patrimoniale potrebbe sembrare elevata, ma è limitata a tre mesi di costi totali. Ogni mese abbiamo una parcella di quasi 40 milioni di euro e dobbiamo pagare i comuni e i nostri clienti selezionatori.
  Anche di questa slide siamo molto orgogliosi. Dimostra l'impatto dei costi di struttura COREPLA nel corso degli anni.
  Quando siamo partiti, nel 2003, si raccoglievano 289.000 tonnellate e il costo fisso per tonnellata gestito da COREPLA era di 43,49 euro. L'anno scorso, nel 2015, abbiamo fatto scendere questo costo per unità per tonnellata trattata a 15 euro – questo è il costo della struttura – e contiamo nel 2016 di scendere sotto i 15 euro. C'è un'attenzione, direi spasmodica, ai costi di struttura del nostro consorzio.
  Adesso vorrei dare alcune indicazioni in termini di obiettivo di riciclo, sull'ammontare del riciclo totale. Arriviamo al 61,2 per cento di riciclo, a cui si somma un recupero energetico del 38 per cento. Tutto ciò che mandiamo in discarica è meno dell'1 per cento del totale trattato. A fianco vedete le famiglie di prodotti: PET, le bottiglie HDPE (alta densità, per lo più i flaconi per la detergenza), il film, altri imballaggi e i sottoprodotti. Anche questo è molto importante perché ci offre un'idea di come l'Italia si posizioni nel sistema europeo. Il riciclo COREPLA è il 25,4 per cento, a cui si somma il 15,4 per cento di riciclo indipendente. Sono gli operatori che non conferiscono i loro materiali al sistema COREPLA. Il totale del riciclo è al 40,7 per cento, a cui dobbiamo sommare la parte di recupero energetico: 15,2 per cento è la parte direttamente svolta da COREPLA; 28,4 per cento è quanto viene recuperato dagli imballaggi attraverso gli RSU, cioè i rifiuti solidi urbani. Nei rifiuti solidi urbani rimane nella raccolta indifferenziata una certa parte di imballaggi, che poi va a recupero energetico: si valuta quella parte in un 28,4 per cento, per cui il totale energetico è 43. Sommando 40,7 al recupero di 43,7, arriviamo a 84,4 per cento, un dato che sul piano europeo ci pone a livello delle grandi nazioni del nord Europa in termini di recupero e riciclo totale.
  Di questa slide mi piace far vedere, al di là dei numeri – a quest'ora forse siamo tutti un po’ stanchi – come mentre il riciclo indipendente è in qualche modo stabile negli anni (perché ha trovato un suo punto di equilibrio), il riciclo COREPLA continua a crescere. Nella nuova direttiva dei rifiuti, degli imballaggi, in discussione a Bruxelles, voi sapete che si parla dell'obiettivo tra il 50 e il 55 per cento. È chiaro che se adesso siamo al 40,7 per cento, per arrivare al 50 o al 55 per cento, chi si dovrà impegnare in modo considerevole sarà il riciclo COREPLA. I riciclatori indipendenti, infatti, hanno già raggiunto una sorta di livello oltre il quale è difficile per loro andare. Ecco la stessa slide in termini numerici. Qui abbiamo il riciclo totale, che arriva, come ho detto, alle 900.000 tonnellate nel 2015: supereremo il milione quest'anno. Il riciclo COREPLA ha superato le 540.000 tonnellate nel 2015.
  Questo è un'altra slide molto importante. Prima avete visto, nella descrizione della nostra bottiglia, che ci sono vari punti in cui COREPLA paga i comuni per l'extracosto della raccolta, paga gli impianti di selezione e incassa quello che riesce a vendere. È chiaro che più gli incassi sono elevati, più il petrolio è alto. Vendiamo, infatti, materie plastiche. In questa fase, come vedete, gli incassi di quello che vendiamo sono piuttosto bassi, per cui il cosiddetto deficit di catena è molto elevato. In questi anni, ci stiamo stabilizzando intorno ai 361-364 euro per tonnellata, per cui il sistema è peculiare perché più si raccoglie e più si spende. Dobbiamo sia ricompensare i comuni per il lavoro svolto nella Pag. 24raccolta differenziata, sia tutto quello che avete visto prima, i riciclatori e i selezionatori.
  Qui abbiamo fatto una sorta di differenziazione tra i vari deficit di catena, dividendo tra gli imballaggi che hanno un riciclo consolidato: quelli che hanno un valore maggiore come materia prima seconda (arriviamo a 263 euro a tonnellata) e gli imballaggi (il cui riciclo è in via di sviluppo). Come ho detto, prima estraevamo solo cinque prodotti, mentre adesso siamo arrivati a estrarne quindici, per cui ci sono alcuni prodotti che sono nella fase sperimentale: siamo a 449. Tutto ciò che invece va a recupero energetico, ha un costo più elevato perché siamo a 479, quasi a 480. Io avrei finito.

  PRESIDENTE. La ringraziamo per l'esposizione precisa. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, pregandoli di essere precisi.

  LAURA PUPPATO. La ringrazio, presidente, anche per la spiegazione che si sta dando sul tema del riciclo delle plastiche in Italia. Prima, con CONAI, si è accennato al tema, peraltro presente in misura visibilmente importante nell'ambito del vostro consorzio, relativo ai costi di smaltimento: 179 milioni – vado a memoria, ma mi pare di sbagliare di poco – rispetto a un totale del CONAI intorno ai 230 milioni complessivi annuali.

  MASSIMO PARAVIDINO, direttore generale del consorzio COREPLA. Sono 140! Gli altri conti che vede (130), sono costi di selezione. Di quei 170, circa 40 sono i costi di smaltimento. Paghiamo circa 100 euro a tonnellata. Sono 400.000 tonnellate, quindi paghiamo 40 milioni di euro. Gli altri 130 sono costi di selezione, cioè quanto paghiamo agli impianti per selezionare PET. Ovviamente, paghiamo di più per selezionare i prodotti, molto meno per selezionare il plasmix. Giusto per darle un'idea: paghiamo in questo momento 210 per i prodotti e 75 per il plasmix, ma il costo per i selezionatori è 130 milioni di euro, mentre 140 è la parte a cui lei fa riferimento.

  LAURA PUPPATO. Perfetto. Proprio in relazione a quest'ulteriore precisazione, senz'altro utile, se ci offriste anche una specifica di questi valori rispetto all'importo complessivo dato dalle slide, ve ne saremmo particolarmente grati perché il tema è un po’ questo. Il grande tema, la grande scommessa in corso, in relazione al tema delle plastiche sta proprio nel cercare, laddove sarà possibile, di ridurre quella componente che oggi non trova riuso e riciclo, ridimensionandone sia il ritorno in discarica – peraltro marginale ma che comunque esiste – sia la parte relativa all'incenerimento, che peraltro mediamente paghiamo come costo. In relazione a quello che nella slide n. 13 viene definito sottoprodotto, quel 38,8 per cento del complessivo quantitativo di materie plastiche che trattate, è in realtà quello che va a recupero energetico in discarica. I 460.000 euro di cui parlava il CONAI sono una cifra importante in sé, ma anche poca cosa rispetto ai valori in campo perché qui stiamo parlando di una grandissima industria italiana, per capirci. Quali sono gli elementi di valutazione che siete in grado di darci su un'ulteriore capacità di riduzione di questi sottoprodotti?
  Inoltre, proprio alla luce dei dati che mi sono stati testé forniti sulle piattaforme, che hanno evidentemente costi importanti di ulteriore specializzazione del materiale, quanto di meglio si può fare – la dico così – in relazione alla raccolta differenziata? Quali margini di miglioramento ci sono di differenziazione ulteriore nell'ambito del materiale raccolto? Ci avete pensato? Ci sono delle iniziative in corso in Italia? Che cosa ci sapete dire in relazione a questo?
  Quanto ai sottoprodotti, quali sono le attività di ricerca in corso per riuscire a ridimensionare questa quota, facendola diventare sempre di più riciclo e quindi recuperando anche quel materiale? Le chiedo ciò perché, rispetto alle percentuali che vedo di lavorazione – il 6,4 per cento del film, per esempio – pensavo che gran parte del sottoprodotto scontasse valori diversi: non è così, invece, vero?

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  ANTONIO CIOTTI, presidente del consorzio COREPLA. Cercherò di rispondere con dei fatti. Innanzitutto, il fatto che siamo passati da cinque prodotti estratti nel 2015, l'anno scorso, significa che quest'attività di ricerca sta andando avanti. Per essere più chiari, fino a un paio di anni fa non estraevamo il polipropilene, mentre adesso stiamo lavorando anche sul polipropilene. L'attività di ricerca su cui ci stiamo impegnando è proprio quella di parlare anche con gli utilizzatori finali, affinché utilizzino quello che tiriamo fuori. Se tiriamo fuori e spendiamo per qualcosa di bello, che però non usiamo, spendiamo soldi inutilmente. Questo è il primo punto.
  L'altro punto è quello del film. Relativamente ai sottoprodotti, c'è anche un problema grande. Nel momento in cui chiediamo a un imballaggio di essere estremamente performante, gli chiediamo di avere una certa struttura chimica, se posso esprimermi così. Generalmente, l'imballaggio comincia a essere fatto di più film accoppiati: più questo imballaggio è performante, più diventa difficile per noi separare le varie famiglie.
  Stiamo parlando con i centri di ricerca – non possiamo favorire un prodotto solo, altrimenti ci accusano di essere pro PET o pro poliolefine – perché si cerchi di lavorare tendenzialmente verso un monomateriale. Quest'anno, per la prima volta, abbiamo stanziato quasi un milione dei nostri costi in COREPLA per finanziare tale ricerca. Mi piace molto l'idea di COREPLA come catalizzatore per l'industria e le università italiane di studi di ricerca. L'Italia è un Paese guida per i macchinari nell'imballaggio. Se siamo guida nei macchinari, dobbiamo diventarlo anche nei prodotti utilizzati. Moplan è stato inventato qui in Italia, ma poi ci siamo un po’ fermati: perché non spingere le nostre attività di ricerca in questa direzione? Non so il direttore vuole aggiungere qualcosa.

  MASSIMO PARAVIDINO, direttore generale del consorzio COREPLA. Vorrei solo collegarmi, per esempio, a un prodotto che realizziamo da circa quindici mesi, il VPET, una bellissima sigla (noi le inventiamo e facciamo impazzire le persone) ossia le vaschette di PET, che servono per comprare il prosciutto. Sono bellissime e tutti le compriamo perché il prosciutto ci deve durare tre settimane, ma purtroppo è PET, film barriera, colle poliuretaniche e altro PET: è bellissimo come prodotto, ma ho 1.400 tonnellate bloccate che non riesco a riciclare! Ho speso 210 euro a tonnellata per farle selezionare e ora sto cercando un sistema. È lì che ora stiamo investendo, ma tutti compriamo le vaschette del prosciutto perché comodissime. È il discorso che facevo anch'io: il prosciutto nero non mi piace, come non piace a nessuno. Purtroppo, però, è PET: PET poliammide e colle poliuretaniche! Sono difficili da riciclare, ma chiediamo all'imballaggio una performance. Nello stesso tempo, però, ho difficoltà a riciclarlo: ne ho 1.400 tonnellate bloccate! Ho questo problema (ho voluto citare un esempio banale, ma è così).

  PRESIDENTE. Molto chiaro.

  STEFANO VIGNAROLI. Io taglio il prosciutto a mano. È anche difficile! A maggior ragione per il fatto che esistono imballaggi e imballaggi, come vedete la possibilità di differenziare il CAC pagato in funzione della conformazione dell'imballaggio? Sempre a proposito della ricerca – mi ha preceduto la senatrice Puppato – ho visitato impianti che trasformano in materia il plasmix (mi riferisco alla Liteco, che poi ha chiuso), ma ci sono anche altre aziende: qual è la situazione? Questo è un costo, quindi, secondo me, vale la pena proseguire su questa strada. So che negli ultimi anni, come voi stessi avete detto, la ricerca alla lunga ha pagato. Queste ricerche sono iniziate da poco: varrebbe la pena andare avanti su questo.
  Vorrei anche conoscere la vostra posizione per quanto riguarda gli ecocompattatori che si vedono in qualche realtà, un po’ distribuiti a macchia di leopardo: qual è la vostra posizione, la vostra competenza al riguardo? Che posizione avete sul vuoto a rendere? Inoltre, vorrei conoscere il vostro punto di vista su Coripet: so che vuole distaccarsi da voi per creare un consorzio autonomo, qual è la vostra posizione?

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  ANTONIO CIOTTI, presidente del consorzio COREPLA. Sarò molto sintetico. La ricerca è fondamentale, per cui la porteremo avanti; anzi sarà, come ho detto prima, uno dei tratti salienti del prossimo triennio.

  STEFANO VIGNAROLI. Su questa considerazione ho dimenticato di farle un'ulteriore domanda: come possiamo noi parlamentari agevolare o aiutare questo sistema? In particolare, avete lamentato una mancanza del mercato, avete detto che è inutile investire in ricerca per un prodotto che poi non ha mercato, soprattutto perché spesso gli incentivi vanno all'incenerimento: come vi possiamo aiutare in questo processo virtuoso? Anche l'Europa dice che la priorità è recuperare materia e non energia.

  ANTONIO CIOTTI, presidente del consorzio COREPLA. Rispondo prima alla domanda che mi ha rivolto per ultima. Deve esserci un sistema di incentivazione fiscale anche da parte delle amministrazioni pubbliche per prodotti che hanno una certa parte di riciclato. Mi pare che sia già stata fatta una legge, ma non è mai stata attuata. Quanto agli ecocompattatori, ho avuto una riunione proprio giorni fa: piace molto anche a me l'idea. Noi premiamo i comuni cosiddetti ricicloni ma, secondo me, dovremmo premiare i cittadini ricicloni, non i comuni ricicloni. L'idea dell'ecocompattatore a me piaceva molto. Abbiamo tenuto una riunione e mi sono fatto presentare il caso. La situazione non è semplice. Una bottiglia in cui non c'è più acqua è un rifiuto. Per la legislazione quel rifiuto è di proprietà del comune, non è più suo. Se io compenso lei, ho un po’ di problemi. L'area su cui far sorgere l'ecocompattatore: a me piacerebbe poterlo installare nei centri commerciali e in altri luoghi ma, secondo la legislazione italiana, quell'apparecchiatura è soggetta a normative estremamente pesanti. A oggi, se vogliamo andare in quella direzione, la legge è tale che gli unici che possono avere un profitto sono quelli che vendono le macchinette. Abbiamo stimato che, se in un'area commerciale molto densamente frequentata un ecocompattatore raccoglie nel corso di un anno – forse – qualche decina di tonnellate, con la raccolta fatta due volte al giorno, i costi di esercizio e di manutenzione sono proibitivi. Possiamo pensare ad avere delle convenzioni particolari con i comuni, che tra l'altro ci devono dare l'okay. In questo modo, infatti, portiamo via la frazione nobile di quello che il comune raccoglie. Il comune si potrebbe anche innervosire, obiettando che gli viene fatta fare la raccolta differenziata e poi gli si porta via quello che ha più valore laddove conferisce. È un processo, un problema piuttosto complesso. L'abbiamo valutato e, proprio tre giorni fa, la settimana scorsa, abbiamo detto di sospendere finché non ci sarà una chiarezza legislativa su come queste macchine, questi impianti verranno considerati.
  Infine, Coripet vuole fare a noi esattamente quello che l'ecocompattatore vuole fare al comune. Come ho detto (mi piace questo slogan che ho coniato mentre ero fuori): raccogliamo tutto, raccogliamo sempre e raccogliamo ovunque. Coripet non raccoglie tutto, non raccoglie sempre e non raccoglie ovunque. Allora: o giochiamo la partita sullo stesso piano, oppure non si gioca la partita!
  A raccogliere PET e a rivenderlo non ci vuole niente: il mercato è già lì, l'abbiamo creato negli ultimi quindici anni. L'Italia raccoglie e riutilizza nel PET circa 300.000 tonnellate sulle 400.000 immesse nel consumo. Se si porta via solo la frazione nobile, noi restiamo poi con il cerino in mano, con tutto quello che bisogna mandare a smaltimento. La nostra posizione, quindi, è abbastanza critica. Non so, onorevole, se ho risposto a tutte le sue domande.

  STEFANO VIGNAROLI. Sì, mancava solo la risposta sul vuoto a rendere.

  ANTONIO CIOTTI, presidente del consorzio COREPLA. Noi abbiamo visto l'esperienza tedesca del vuoto a rendere. Il vuoto a rendere è un sistema estremamente complicato. In Germania, solo il costo di implementazione ha superato i 2 miliardi. I beneficiati del vuoto a rendere sono generalmente i grandi centri commerciali perché Pag. 27 fanno il profitto sul vuoto che non viene reso. In un sistema complesso come quello italiano, dove la distribuzione è estremamente capillare e dove c'è ancora la piccola rivendita delle acque minerali nei vari paesini, organizzare un vuoto a rendere avrebbe un costo per la comunità estremamente elevato. Questa è la nostra posizione.

  MASSIMO PARAVIDINO, direttore generale del consorzio COREPLA. C'è una stima in Germania di 800 euro a tonnellata. Questi sono i numeri che giravano (non so se sono aggiornati). Poi abbiamo anche un altro problema. Molti dei prodotti del vuoto a rendere delle bottiglie di PET vengono portati in esportazione e lì troviamo nel far East perché, ovviamente, era più che conveniente – non so se lo sia ancora – esportare e non alimentare un mercato domestico. Noi abbiamo un mercato domestico del PET che, come si diceva, vale in termini di capacità 300.000 tonnellate: non riusciamo a saturare due terzi e c'è ancora la possibilità di un mercato domestico. Io preferirei, non perché voglia fare l'italiano, saturare il nostro mercato. Noi vendiamo questi prodotti alle aste – qualsiasi prodotto – esclusivamente sul mercato europeo. Ovviamente, non posso impedire a un austriaco di partecipare alle aste, sennò mi prenderei immediatamente una reprimenda, ma vendiamo esclusivamente i prodotti sul mercato europeo per cercare di favorire il riciclo. Su questa base, abbiamo costruito un mercato del riciclo in Italia. Vorrei anch'io costruire un mercato del riciclo sul resto, sull'altra parte, ma non è facile. Vorrei infine aggiungere solo una cosa. È stata fatta una domanda su un eventuale obiettivo. Noi abbiamo il 61 per cento di riciclo – questo è il numero magico che circola – e il 39 per cento di recupero da discarica. Il nostro più bell'impianto, quello di Sancinelli a Montello, che vi inviteremmo a visitare, fa – giusto per dare un'idea – il 75 per cento. Ci sono degli impianti che, purtroppo, fanno 50: lo so benissimo. A mio parere, questo è un obiettivo ragionevole, ma devo portare tutti gli impianti allo standard di Montello: signori, ha 27 detettori! Abbiamo, invece, parti di Italia che fanno ancora la selezione a mano, giusto per darvi un'idea. Direi, quindi, 75 per cento, ma è una mia idea, del tutto personale. Il cento per cento di riciclo, signori, è impossibile: non esiste.

  ALBERTO ZOLEZZI. Vorrei chiedere alcune cose. Innanzitutto, vi ringrazio per quello che ci avete già raccontato. Per quanto riguarda il contributo ambientale, è versato anche per le plastiche compostabili? Vorrei anche un commento sul contributo ambientale per i rifiuti speciali: trattate regolarmente rifiuti speciali? Ultimamente sta aumentando l'assimilazione, e quindi comunque si ritrovano tra gli urbani anche rifiuti speciali del vostro settore? Chiederei anche un commento sul giudizio sulla qualità del materiale raccolto. A vostro parere, c'è un minimo di conflitto di interesse tra chi deve valutare la qualità della plastica raccolta e voi stessi? All'interno di questi organi c'è qualche aderente al vostro consorzio o no? Chiederò poi alla collega, a cui credo abbiate fornito i dati economici sul recupero energetico. In sostanza, vedo che si va comunque in passivo. Vorrei, eventualmente, un chiarimento su questo. Le ha, poi, già chiesto il collega Vignaroli sul discorso del plasmix: come interpretate la possibile implementazione della ricerca su questo settore?

  ANTONIO CIOTTI, presidente del consorzio COREPLA. Rispondo velocemente. Sulle bioplastiche, pagano il CAC. La bioplastica è una plastica, come tutte le plastiche. Come effettuiamo poi la valutazione della qualità raccolta? Il comune, ovvero la società che ha la delega da parte del comune ad agire, conferisce i sacchi raccolti in centri di selezione nei quali abbiamo quattro società terze che effettuano delle verifiche, delle campionature sulla qualità del prodotto conferito. Tra l'altro, il lavoro che fanno le società è oneroso: spendiamo nelle verifiche sulla qualità quasi 10 milioni di euro all'anno. Sono società che lavorano su questi centri di selezione, vanno, verificano, registrano e confermano la qualità del prodotto.

  ALBERTO ZOLEZZI. È, quindi, una società terza?

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  ANTONIO CIOTTI, presidente del consorzio COREPLA. Sono cinque società terze, che cerchiamo di ruotare nel tempo e nella geografia, in modo che non si possano formare dei legami «chimici» – chiamiamoli così – nel territorio. Quanto alla termovalorizzazione, è la parte di prodotto che ha il passivo più elevato, ma tutti i prodotti sono in passivo. Nella slide che ho fatto vedere, sul deficit di catena si va dai prodotti che hanno un mercato consolidato – questo è il PET, che ha un ricavo di 247 euro a tonnellata di media – a un deficit di 263. Il recupero energetico ha il deficit più alto (479), per cui è anche nostro interesse cercare di far sì che sempre meno prodotti vadano al recupero energetico. È il motivo per cui investiamo in ricerca, che non deve far sì che si usi sempre più PET ma che da questo cosiddetto plasmix si possano estrarre prodotti che hanno un valore, o che possono trovare delle applicazioni.

  ALBERTO ZOLEZZI. Qual è la cifra pagata per l'incentivo del recupero energetico?

  MASSIMO PARAVIDINO, direttore generale del consorzio COREPLA. Paghiamo, mediamente, 104 euro per tonnellata, cifra in cui ci sono i costi di trasporto e quelli di preparazione. Non mandiamo, infatti, solo a termovalorizzazione, ma anche a carica per cementifici, quindi abbiamo trasporto, preparazione e – nel caso – gate fee diverse, in funzione se si conferisca tal quale o un rifiuto trattato. Comunque, il costo medio totale sul territorio nazionale è 104. È inutile che le dica che il sud mi costa 120 e il nord 90, giusto per sviluppare il concetto.

  ALBERTO ZOLEZZI. A voi il pagamento dell'incentivo non arriva, nel senso che arriva il passivo...

  MASSIMO PARAVIDINO, direttore generale del consorzio COREPLA. Sicuramente. Noi non percepiamo nessun contributo, anzi paghiamo. Il problema è che adesso siamo in grande concorrenza con l'urbano. Ci sono sempre meno termovalorizzatori, che come sapete sono autorizzati a carico termico: quello della plastica è 9.000, quello del rifiuto urbano 4.500. Siccome gli ingressi si pagano a tonnellata, ai termovalorizzatori conviene molto più portarsi l'urbano che non il nostro perché sono autorizzati a carico termico.

  ANTONIO CIOTTI, presidente del consorzio COREPLA. Visto che parliamo di questo punto, ho un'ultima slide che non avevo presentato. Non guardate i dati, ma solo gli ordini di grandezza. Un dato europeo del 2012 mostra, per ogni Paese, quanto va a riciclo, quanto a recupero energetico e quanto poco in discarica. L'Italia è la freccetta verde: nella parte grigia, come vedete, siamo in linea come riciclo con i grandi Paesi europei (Svizzera, Germania), che sono più o meno tutti a quel livello. La grande differenziazione è che mentre gli altri Paesi, Germania in testa, si ha un recupero energetico molto elevato, noi non ce l'abbiamo: questo è quello che fa la vera differenza. Come diceva il direttore, scendendo a sud, non c'è nessun impianto di recupero energetico, per cui siamo costretti a portare quello che raccogliamo al sud negli impianti del nord.

  ALBERTO ZOLEZZI. I 585 milioni che il GSE dice di dare per la termovalorizzazione dei rifiuti...

  PRESIDENTE. Non c'entrano niente! Sono i certificati verdi e gli ex CIP6, calcolati in maniera diversa. I certificati verdi vengono calcolati in base a un'ipotetica quantità di organico che c'è dentro il rifiuto urbano (quindi è parte organica, diciamo, perché rientrerebbero nel ciclo). La parte CIP6 è ormai in esaurimento; era quella che avevano dato all'inizio e che poi rimane valida per alcuni impianti strategici, come quello di Acerra, ma anche in quel caso sta finendo. Tutti i CIP6 stanno chiudendo. Vorrei chiedere una cosa: a vostro giudizio, a vostra conoscenza, quanto materiale plastico va ancora in discarica mediamente in Italia?

  ANTONIO CIOTTI, presidente del consorzio COREPLA. Le fornisco un paio di dati.

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  PRESIDENTE. Qui stiamo parlando della percentuale in discarica vostra, lo 0,8 per cento, ma in generale? Durante i nostri sopralluoghi abbiamo fatto diverse visite e abbiamo notato che il materiale plastico è di gran lunga preponderante all'interno delle discariche.

  MASSIMO PARAVIDINO, direttore generale del consorzio COREPLA. Si può leggere l'ultima colonna come i volumi che noi e il sistema delle municipalizzate intercettiamo sull'immesso al consumo. Come vede, la parte a sinistra è riciclo, l'altra è recupero energetico (parte nostra e parte dell'RSU, che chiaramente è stimato). Una società di Torino, infatti, effettua questi studi e stima quanta plastica sta nei termovalorizzatori. La somma di tutto fa l'84 per cento dell'immesso al consumo. Sicuramente, per logica, il 16 per cento va in discarica. Probabilmente, prima ne avrete forse parlato con CONAI, non riusciamo a vedere tutto l'immesso al consumo, ma CONAI ne avrà sicuramente parlato nella sua relazione, quindi i conti sono fatti. Questa è la stima migliore che riusciamo a fare: sicuramente, il 14 o 16 per cento va in discarica.

  PRESIDENTE. Noi ci occupiamo, fondamentalmente, di attività illecite e abbiamo visto che purtroppo alcune situazioni riguardano anche il mercato del riciclo. Gli illeciti ambientali o amministrativi nel campo dei rifiuti non vengono fatti solo nell'indifferenziato. Nella misura in cui ci sono soldi che circolano, ovviamente, l'interesse diventa anche quello del mercato del riciclo. Secondo la vostra esperienza, come giudicate questa situazione nel settore delle plastiche? Non vi sto chiedendo di chi si tratta, ma quale tipo di competizione extra legem vi portate dietro nella situazione odierna?

  ANTONIO CIOTTI, presidente del consorzio COREPLA. Direi che, tutto sommato, abbiamo un sistema abbastanza virtuoso per la peculiarità del punto in cui viene raccolto il CAC, fatto dal produttore di imballaggi, che a sua volta lo vende a un utilizzatore finale, il quale generalmente non si prende il rischio di mettere sul mercato un prodotto non assoggettato a CAC. Crediamo che il margine di elusione sia molto limitato: un 5-10 per cento al massimo. Queste sono le nostre stime, proprio perché quello di prelievo del CAC è il punto sensibile. Inoltre, è anche facile effettuare i controlli. Il numero di produttori di resina vergine è piuttosto limitato, per cui è facile vedere quanto prodotto arriva ed esce da un produttore di materia prima e dove va a finire. I sistemi di controllo sono abbastanza efficienti.

  ALBERTO ZOLEZZI. A vostro parere, a livello transfrontaliero, il passaggio – anche lecito – di rifiuti plastici e imballaggi verso l'estero sta aumentando? Avete contezza di una spinta alla richiesta di maggiori materie plastiche?

  PRESIDENTE. Mi ricollego alla domanda del collega. Nel corso dell'attività che stiamo svolgendo abbiamo visto, dalle verifiche fatte in diversi porti, che una bella fetta di traffici illegali è spesso associata a materiale plastico che dovrebbe andar via come materia prima e seconda, ma che in realtà si tratta di vero e proprio rifiuto. Riprendo a cascata la domanda dell'onorevole Zolezzi, non c'è dubbio che ci sia un traffico sicuramente «lecito», ma abbiamo visto che c'è anche un traffico fortemente illecito.

  MASSIMO PARAVIDINO, direttore generale del consorzio COREPLA. Noi vendiamo i prodotti sul territorio europeo a riciclatori che verifichiamo. Che cosa sono le verifiche? Se dichiarano 100 in ingresso e noi sappiamo che per trasformare il PET di riciclo ci vuole 0,7 kW per chilo, andiamo a controllare se le sue bollette elettriche sono coerenti. Per farla proprio semplice, questi sono i tipi di verifica che facciamo e poi certifichiamo. Noi non vendiamo al di fuori dell'Unione europea. Il discorso dogane e porti verso la Cina, giusto per essere chiari, non è una parte che ci riguarda. Ci sono state fatte delle segnalazioni dai porto di Livorno, di Genova: noi diamo il massimo Pag. 30 della nostra collaborazione per fare le verifiche sui certificati, per capire da dove provengono questi materiali, ma non vendiamo al di fuori dall'Unione europea. Laddove vendiamo plasmix al di fuori dell'Italia, ad esempio in Austria, esiste il cosiddetto Elenco Ambra, il che vuol dire che sono notificati. Peraltro, nei 104 euro di prima ci sono 10 euro di costo perché la notifica per andare all'estero costa 10 euro: un'assicurazione. Questi sono i meccanismi che mettiamo in atto.
  Il dubbio esiste sempre, ma questo è quello che cerchiamo di mettere in atto. Appena ci sono delle notizie e dei comportamenti strani, oppure vediamo prodotti strani sul mercato, offerte alle aste parallele, ovviamente lo segnaliamo e cerchiamo di fare le opportune verifiche.

  PRESIDENTE. Vi ringraziamo. Se avremo necessità, guardando ai documenti, di chiedervi qualche informazione suppletiva, vi scriveremo. Dobbiamo comunque organizzare una serie di visite relativamente al lavoro. Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizioni di rappresentanti del consorzio COMIECO.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti del consorzio COMIECO, che ringrazio della presenza. Sono presenti il dottor Pietro Attoma, presidente, accompagnato dal dottor Piero Capodieci, consigliere, e dal dottor Carlo Montalbetti, direttore generale. L'audizione odierna si inserisce nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul mercato del riciclo, con particolare riguardo all'attività dei consorzi che ne hanno la gestione.
  Ricordo che la Commissione si occupa di illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, ma anche dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti alle bonifiche e al ciclo della depurazione delle acque.
  Avverto i nostri ospiti che della presente audizione viene redatto un resoconto stenografico e che, facendone espressa e motivata richiesta, in particolare in presenza di fatti illeciti sui quali siano in corso indagini tuttora coperte da segreto, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta, invitando comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Il dottor Capodieci sa qual è l'iniziativa perché l'abbiamo audito, sempre nell'ambito di questa nostra ricerca, in quanto testimone della nascita dei consorzi. L'attività che stiamo svolgendo riguarda a 360 gradi il mercato del riciclo e la stiamo affrontando con un'ottica leggermente diversa da quella che osserviamo normalmente, come Commissione d'inchiesta, per cui ci occupiamo specificatamente di illeciti ambientali. Nelle audizioni che stiamo conducendo in questi giorni stiamo ascoltando i players principali del sistema per cercare di avere il giusto grado di conoscenza dell'attività che viene svolta, per comprendere quali sono le problematiche e quali gli eventuali problemi. Questa è la motivazione principale della vostra audizione.
  Dividete pure gli interventi come meglio credete. Do la parola direttamente all'ingegner Capodieci, che svolgerà una breve relazione. Ovviamente, poi seguirà qualche domanda.

  PIERO CAPODIECI, Consigliere del consorzio COMIECO. Grazie. Abbiamo una quindicina di slide – anzi, meno – che di fatto cercano di raccontare un po’ che cosa succede nel mercato di riferimento, che è quello dei maceri. Alcune considerazioni preliminari riguardano il modo in cui funziona il discorso dell'accordo quadro. Abbiamo anche indicato quali sarebbero i rischi di un accordo quadro mancante. Come sapete, la legge prevede la possibilità – ma non l'obbligo – di un accordo fra ANCI e CONAI. Finora si sono sempre fatti gli accordi quinquennali. Ogni tanto si sente parlare di lasciare un po’ la materia alla libera contrattazione, invece che a un accordo nazionale che fissa per tutto il Paese dei corrispettivi. Abbiamo messo in evidenza quali sarebbero i possibili vantaggi e svantaggi di una discussione puntuale. Pag. 31
  Ci sarebbero, ovviamente, maggiori costi di transazione. Sicuramente si concentrerebbero gli accordi sulle frazioni a maggior valore e non si farebbe una raccolta di tutti i rifiuti di imballaggio. Le aree deboli sarebbero penalizzate perché, anche in questo caso, ci si concentrerebbe sulle città che hanno una resa migliore, quindi si ridurrebbe la raccolta. Ci sarebbe, poi, una necessità di intervento di regolazione da parte dello Stato – che non è detto avverrebbe – e ci sarebbe il vantaggio per i consorzi di limitare il pagamento ai comuni al raggiungimento degli obiettivi di legge. Una volta realizzato il 60-61 per cento di riciclo, non si farebbero più altre trattative puntuali e si chiuderebbe lì la partita. Finora il sistema industriale è stato anche contento di andare oltre, per ragioni che vedremo anche meglio poi.
  Un'altra delle cose che si dicono su questo mercato è che il COMIECO ha una posizione di monopolio dominante. In merito ci sono alcune considerazioni. Noi abbiamo incominciato a introdurre la possibilità dei comuni di uscire dalle convenzioni con il COMIECO e di rivolgersi a soggetti privati già dal secondo accordo quinquennale. Il primo accordo era del 1998-2002; con il secondo accordo abbiamo introdotto questa possibilità. Non l'abbiamo introdotta nel primo perché non sapevamo neanche che esisteva il problema. Il primo accordo è stato fatto in una situazione in cui non si capiva bene che cosa sarebbe successo e quando ancora non si incassava una lira – c'era ancora la lira – di contributo. I contributi non erano ancora stati fissati ed era tutta una scommessa sul futuro. Il secondo accordo prevedeva già l'uscita dalle convenzioni.
  Con gli accordi successivi questa flessibilità è aumentata, ma è rimasta una rigidità di un anno: perché un anno? Un comune dichiara di uscire entro i tre mesi prima della scadenza e l'anno dopo esce. Non può rientrare l'anno dopo perché un anno è il minimo di programmazione dei flussi della cartiera, per cui se questa deve abbandonare una parte di un comune, si deve cercare un fornitore privato e non può trovarlo all'ultimo momento, pagando prezzi più elevati. Un minimo di programmazione di un anno è quella che abbiamo ritenuto al minimo per gestire l'attività di riciclo industriale. In più, c'è un fatto. Nel 1998 – non so quanti se lo ricordano – c'era una situazione come quella del 2008: la carta non la voleva nessuno. Arrivava dalla Germania con 10 lire attaccate al chilo, cioè veniva consegnata in modalità franco cartiera e, in più, venivano date alla cartiera 10 lire al chilo. Il problema, quindi, nel 1998, era che cosa fare della carta che raccoglievano i comuni. Noi ci siamo resi disponibili a ritirarla a una lira al chilo, anche se il valore era –10. Quando facemmo l'accordo, nel febbraio, abbiamo detto che non sapevamo quando l'avremmo pagata. Avremmo pagato dal 1° marzo, ma non sapevamo quando avremmo avuto i soldi. Da allora, però, è rimasto questo fatto: oggi i comuni prendono circa 13 euro al chilo perché c'è una parte che è stata legata alle quotazioni della Camera di commercio per la parte di frazioni merceologiche similari, ossia la carta grafica, sostanzialmente, quella che è nella raccolta congiunta.
  In merito abbiamo dei dati. Sempre sul discorso del monopolio, la realtà qual è oggi? Ci sono 6,348 milioni di tonnellate raccolte nel 2015. Di questi 6 milioni, ce ne sono 3,246, cioè il 51 per cento, che sono raccolti su superficie privata, mentre il 49 per cento viene raccolto sulla cosiddetta superficie pubblica, cioè dai comuni. Di questo 49 per cento, però, il 26 per cento è raccolto dai comuni fuori convenzione, che si sono rivolti ai privati – come si dice, al mercato – per avviare al riciclo la loro raccolta di imballaggi. Il COMIECO ha in gestione il 23 per cento, che è meno della metà della raccolta dei comuni e meno di un quarto di tutto il mercato della carta raccolta. Pertanto, faccio fatica a capire perché si riesce a parlare da tanti anni di monopolio, quando la realtà è fatta in questa maniera. Nel 2016 il preconsuntivo è quasi simile al 2015 ed è di 1,49 milioni di tonnellate.
  Si vede ancora meglio questa situazione nella slide, dove la parte in basso è il mercato sulle superfici private, la parte Pag. 32intermedia, verde, è la parte di raccolta pubblica fuori convenzione e la parte rosa è la parte in convenzione. Anche se non si leggono gli anni, vedete comunque che c'è una discesa forte della parte verde, che è quella privata; ciò è perché siamo nella fase 2008, 2009 e 2010, cioè quando c'è stata la crisi e non si sapeva come riciclare. Come vedete, il delta o l'ampiezza della parte superiore rosa aumenta in quel periodo, mentre quando invece il mercato va come vedete, aumenta il verde e diminuisce la parte rosa. Noi crediamo che questo sia un esempio di come debba essere la sussidiarietà. Tuttavia, facciamo fatica a capire le accuse per cui noi non siamo sussidiari e i privati si vedono togliere mercato.
  Aggiungo un'altra cosa. Anche la raccolta in convenzione viene avviata a impianti di selezione esterni al consorzio. Già COREPLA funziona in maniera un po’ diversa perché ha delle attività. Noi, come COMIECO, non abbiamo attività. Abbiamo scelto di fare tutto su quello che esiste sul mercato, anche se in alcune situazioni, per motivi di compressione dei costi effettivi e per cercare anche di calmierare situazioni di semi-monopolio di chi faceva la selezione, abbiamo pensato, in alcuni periodi, di fare direttamente delle piattaforme: in percentuale, è poca roba, ma almeno vale come esempio. Non è detto, poi, che ciò non si faccia un domani (dipende un po’ dalla struttura del mercato che si ha; a volte conviene fare in casa piuttosto che fuori). Finora, però, tutta la raccolta in convenzione viene avviata a impianti di selezione pubblica e privati, il che vuol dire che aumenta ancora l'attività del privato.
  A me piacerebbe, ogni tanto, avere dei dati su come si è sviluppato il fatturato dei recuperatori dal 1998 ad oggi. Non solo hanno aumentato, ma hanno raddoppiato le quantità di più del 70 per cento, da 3,7 milioni di tonnellate a 6,35 milioni di tonnellate. Sono quindi raddoppiate le quantità sulle quali loro fanno selezione e hanno aumentato la parte di mercato che gestiscono...

  STEFANO VIGNAROLI. Lei questi fatturati non li ha? Scusi se la interrompo.

  PIERO CAPODIECI, Consigliere del consorzio COMIECO. I fatturati globali no, non li ho. Parlo di fatturati globali perché c'è una parte di mercato diretto di accordi diretti con i privati. Le associazioni che li mettono assieme sono in via di formazione: ce n'erano due, poi una, ma non coprono neanche il 50 per cento delle attività. Ciò sarebbe utile nell'inchiesta per capire perché si lamentino tanto questi soggetti. In genere, infatti, si lamentano. Racconto un episodio di uno che a Lucca è arrivato con una Porsche convertibile. Quando me l'hanno presentato, Enzo Scalia gli ha detto: «Ti presento il Presidente del Comieco», all'epoca. Lui ha risposto: «Da quando c'è il COMIECO non facciamo affari. Non si può più lavorare». Io gli ho chiesto: «Te l'hanno prestata la macchina?» Era una Porsche nera convertibile nuova di fabbrica. Se uno si lamenta, io l'osservo: a me è rimasta qui! Lui è sceso lamentandosi: era una macchina da 130.000 euro!
  In questa slide vediamo le quotazioni del macero. Come vedete, quando il macero scende di quotazione – se scende di molto – aumenta l'attività di COMIECO e, ovviamente, escono i privati, mentre poi, mano a mano che il macero si mantiene sopra un determinato livello, si vede che l'attività del COMIECO si riduce. C'è un altro aspetto che riguarda un po’ tutti i consorzi nel lavorare attraverso il servizio universale, che abbiamo lasciato alla spiegazione di CONAI perché era un punto – credo – importante della loro presentazione. Questi si impegnano anche su aree che non sono redditizie. Devo dire che l'idea iniziale di fare dei consorzi senza scopo di lucro, con l'impossibilità di distribuire i dividendi, è stata un'idea lungimirante perché, a questo punto, non ci si preoccupa di andare in aree in cui non conviene. Vale più il discorso di offrire un'opportunità e di svolgere anche un ruolo di interesse nazionale.
  Nel sud la raccolta cresce e c'è ancora un potenziale importante. Se arrivassero al 50 per cento dovrebbero esserci più di 600.000 tonnellate possibili, che porterebbero altri vantaggi. COMIECO ha lanciato un Piano sud: nel triennio 2016, 2017 e Pag. 332018 abbiamo stimato di raccogliere 130.000 tonnellate in più, che si dovrebbero poi stabilizzare. Abbiamo messo a disposizione 15 milioni con due strumenti. Uno è un bando nazionale di attrezzature per comuni in ritardo (l'abbiamo fatto nazionale perché si parla del sud, ma ci sono aree del nord che hanno performance da sud, quindi usiamo il sud come discorso di riferimento). Nel sud, nello specifico, invece, abbiamo progetti speciali in alcune aree e città importanti. I dati del 2016 ci dicono che siamo cresciuti del 10 per cento: sono 50.000 le tonnellate recuperate, quindi le 130.000 potrebbero non essere un dato utopico, anzi, potrebbero essere un dato leggermente più scarso.
  Nella slide seguente abbiamo la situazione del recupero. Abbiamo l'immesso al consumo, che è la colonna più alta, ovviamente. Come vedete, l'immesso al consumo sta crescendo dal 2012; cresce un po’ come cresce l'economia, ma anche come crescono i mercati e come cresce la grande distribuzione, ossia, sostanzialmente, i mercati a più alto contenuto di imballaggio (chiamiamoli in questa maniera). Questa crescita ha portato il 2015 e sta portando il 2016 ai livelli del 2007, ossia ai livelli pre-crisi. Nel frattempo, però, il livello delle percentuali di riciclo e il livello di recupero sono arrivati, ormai, quasi all'80 per cento il primo e quasi al 90 per cento il secondo.
  L'immesso al consumo del 2016 – stimato – dovrebbe avere un aumento quasi del 2 per cento (un po’ più scarso del 2 per cento). Rispetto alla trattativa con l'ANCI, c'è una questione importante quando diciamo che non ci siamo fermati agli obblighi di legge anche per effetto della trattativa con l'ANCI stessa, proprio perché non decidiamo da soli. C'erano due maniere di fermarsi agli obblighi di legge: una maniera – chiamiamola così – hard, cioè quella di stabilire che avendo raccolto il 60 per cento dovevamo essere sussidiari al mercato e andare sul mercato; la seconda maniera, meno hard, era che se i comuni volevano, non trovando dove mettere la carta, ce l'avrebbero data ma noi non avremmo pagato oltre il 60 per cento. La scelta di continuare, secondo me, rappresenta un cambiamento di cultura dei soggetti industriali che sono nella gestione dei consorzi. Intendo dire che 15-20 anni fa non ci sarebbe stato un industriale a decidere di pagare di più di quello che obbligava la legge: sarebbe stato da matti.
  Oggi direi che non c'è nessuno che, nel momento in cui l'ANCI dice di continuare a pagare anche dopo – e noi diciamo di sì – critichi il nostro dire di sì. Questo cambiamento non è banale. A volte noi abbiamo delle posizioni che possono sembrare un po’ arretrate ma, come diceva Drucker, il leader è quello che ha i followers: se non ti segue nessuno, tu puoi andare dove vuoi e fare bella figura nel salotto; solo se hai followers sei un leader.
  Sulla qualità per il riciclo la situazione sta peggiorando. Il peggioramento sembra leggero, ma in realtà va dal 2 al 3, quindi il riciclo peggiora del 50 per cento, se la vediamo in questa maniera. Intanto vediamo che nel tempo le campagne sulla qualità e anche la struttura dell'accordo quadro, con le fasce qualità, hanno prodotto una riduzione delle impurità. Adesso c'è un aumento delle impurità. Ci sono due aspetti da considerare. Uno riguarda la riduzione della furbizia, nel senso che fino a poco tempo fa le analisi merceologiche sulla qualità venivano concordate anche come data. Allora qualcuno faceva arrivare il camion «più bello» e c'erano meno impurità. Oggi sono un po’ a sorpresa, ragion per cui c'è una qualità un poco peggiore, ma non tanta. Non ci sono, quindi, così tanti furbi come si può pensare. L'altro aspetto è che, aumentando al sud, aumentano le raccolte più giovani e la qualità migliora nel tempo. Non migliora inizialmente. È un dato un po’ fisiologico e un po’ dovuto ai campionamenti di tipo diverso. Le risorse ai comuni hanno continuato a crescere. Tenete presente che si riduce la quantità in convenzione: di fatto, nel 2015 sono quasi 100 milioni. Nonostante ci sia stato un –1 per cento di quantità gestite in convenzione, i corrispettivi sono aumentati del 4 per cento. Questo è avvenuto per effetto dell'accordo quadro, che prevede un aumento della percentuale di imballaggi, più altre cose. Alla fine, i soldi ai comuni, Pag. 34pochi o tanti che siano, sono aumentati. Credo che questa tabella rappresenti un dato interessante perché anche nell'ipotesi di statuto tipo dei consorzi si parla di contabilità separate, anche se in maniera un po’ approssimativa. Qui abbiamo calcolato, con cadenza più o meno quinquennale, il ricavo da CAC che ha avuto il consorzio, i costi di raccolta (che corrispondono ai corrispettivi dati ai comuni) e i costi di avvio al riciclo: in qualche caso si seleziona, in qualche caso o in altri casi vi è un contributo per le impurità che ci sono. Abbiamo insomma raccolto una serie di dati di questo genere. Come vedete, c'è un momento iniziale in cui si incassa più di quanto si spende, anche perché le raccolte erano ancora basse ma bisognava avere in cassa i soldi per poterle pagare successivamente. Poi, mano a mano, si avvicinano i valori; diventa più elevato quanto si eroga ai comuni e quanto si spende per avviare al riciclo, fino ad avere una somma totale, dalla nascita del consorzio a oggi, per cui sono stati ricavati 1,255 miliardi e sono stati erogati ai comuni 1,223 miliardi, con 108 milioni per avvio al riciclo; quindi, il saldo è –76 milioni rispetto al CAC incassato. Il resto dei soldi, ovviamente, è venuto dal fatto che abbiamo svolto delle aste, che riceviamo dei soldi dalle cartiere che hanno un obbligo di riciclo, per cui ricevono il 60 per cento in modo amministrato. Questi soldi, che in alcuni periodi sono stati anche soldi dati da noi per poter avviare il riciclo, oggi hanno pagato gli altri costi di sistema.
  Il fatto di essersi adeguati riducendo il contributo ambientale quando avevamo più soldi, dimostra che il sistema funziona. Le richieste che vengono dal Ministero ogni anno, laddove abbiamo degli avanzi di gestione, di diminuirli l'anno, secondo noi non è la situazione migliore perché le imprese per continuare a pagare e a non evadere, più stabilità hanno e meglio è. Se ogni anno dovessimo variare le cifre, le imprese aumenterebbero sicuramente la gestione e l'evasione. Pensiamo di convincere il Ministero, di fronte anche a questi dati, che siamo in grado di aggiustare questa situazione senza bisogno di termini perentori da terzi.
  Questa ulteriore slide serve semplicemente a far vedere come sul territorio nazionale gli altri attori che ci sono, oltre al consorzio, siano davvero tanti. Ci sono mercati che hanno livelli di competizione e di competitività elevati e ci sono aree che ne hanno di meno, ma sono tutti soggetti esterni al consorzio. Possono essere consorziati ma, da un punto di vista dell'attività che fanno, la questione per noi importante è la riduzione delle distanze di conferimento, posto che anche la raccolta e le selezioni hanno un impatto ambientale. È inutile raccogliere per poi peggiorare la situazione andando a portare i rifiuti a distanze enormi, anche se c'è una parte di esportazione che è diventata via via più importante. Questo è importante. Per me, poi, le due righe più sotto sono importanti. Nei primi anni 2000 è avvenuta un'inversione tra un Paese importatore netto di carta da macero e un Paese esportatore netto di carta da macero. Abbiamo incominciato a raccogliere più di quanto venisse utilizzato, ragion per cui, invece di importare rifiuti o materie prime seconde dagli altri Paesi, abbiamo incominciato a esportare. Ovviamente, si tratta di un export netto. Come diciamo sempre, alcune qualità non sono fungibili: continuiamo a importare delle qualità migliori ed esportiamo delle qualità peggiori. L’export netto – questa è la differenza che è veramente importante – ha avuto, come potete vedere nella slide, un attore fondamentale, che pesava per 81.000 tonnellate nel 2004 e pesa per 1,049 milioni di tonnellate nel 2015. Il resto è rimasto, più o meno, sulle stesse dimensioni (decina di tonnellate in più o in meno): mi riferisco alla Cina.
  Questo ci deve far riflettere su due aspetti. In primo luogo, la certezza che in Cina riciclino con i nostri standard ambientali non l'abbiamo per la totalità: l'abbiamo per una parte importante, ma non per la totalità. Quello che è avvenuto nei rapporti – chiamiamoli così – fra primo mondo e secondo mondo, ossia tra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo, è che fino agli anni 2000 le tecnologie obsolete dei Paesi sviluppati venivano trasferite nei Paesi in via di sviluppo e le tecnologie nuove rimanevano nei Paesi sviluppati. Dalla Pag. 35metà degli anni Novanta e dal 2000 in poi, questo non avviene più: le tecnologie migliori e più nuove vengono installate in Cina e in India e non c'è più questo gap. Dal punto di vista del riciclo è meglio perché le condizioni sono le stesse che avremmo noi dal punto di vista del commercio internazionale e dei posti di lavoro. La questione ha una rilevanza di cui non è il caso di parlare qui, ma è molto diversa rispetto al passato. Grazie.

  PRESIDENTE. La ringraziamo. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LAURA PUPPATO. Grazie, intanto, per la sua spiegazione. Lei era già stato qui, ragion per cui recupero anche dei dati che lei aveva già fornito. Volevo capire, rispetto al 2016, di cui non avevamo ancora i dati lo scorso anno, il gap che c'era stato. Lei aveva precisato, se non ricordo male, che la raccolta della carta al sud era di 30 chili circa ad abitante, mentre la Germania raccoglie 80 chili ad abitante e il nord – mi pare – 55 chili.

  PIERO CAPODIECI, Consigliere del consorzio COMIECO. Ne raccolgono 51 chili il nord e 62 il centro.

  LAURA PUPPATO. Come sta crescendo?

  PIERO CAPODIECI, Consigliere del consorzio COMIECO. Cresce: al sud la crescita della raccolta è del 10 per cento, quasi 50.000 tonnellate.

  LAURA PUPPATO. Quindi, siamo a 33-35 chili ad abitante: sta crescendo in fretta.

  PIERO CAPODIECI, Consigliere del consorzio COMIECO. Sì, sta crescendo in fretta.

  LAURA PUPPATO. Per quanto riguarda il discorso del riciclo, lei accennava al fatto che c'è un limite. Aveva fissato, se non ricordo male, in sette turni, in sette lavorazioni, il quantitativo per riuscire ad avere una fibra che regga, altrimenti dove la mandiamo? In termini percentuali, rispetto alla carta, la nuova carta è sufficiente a garantire un riciclo? Come funziona? Quanto riusciamo a garantire il riciclo effettivo della carta che riutilizziamo? Ci può essere un momento in cui questo non avvenga più? Avete fatto un ragionamento in termini percentuali?

  PIERO CAPODIECI, Consigliere del consorzio COMIECO. Intanto, ogni anno nella fabbricazione della carta viene inserita una percentuale del 35-38 per cento. Ho i dati di fibra vergine. Non abbiamo mai una situazione per cui la stessa carta che esce ritorna. La carta che ritorna è una carta che è un po’ migliore di quella che è entrata perché inserendo la fibra vergine, non si ha una situazione per cui il 100 per cento si ricicla, si fanno sette giri e poi non si trova più nulla. Inserendo fibra vergine, questo fatto torna, anche se è evidente che si perde una parte di fibra perché polverizzata, quindi c'è una perdita. Ci sono circa 280.000 tonnellate di scarti da riciclo, secondo i dati Assocarta: dove vanno queste 280.000 tonnellate? Oggi vanno in discarica e, in qualche caso, nel recupero di energia: i dati sono circa metà e metà. Noi stiamo lavorando, però, in particolare a un progetto con la società LUCENSE, che finanzieremo in parte e che in parte speriamo che lo finanzi anche il CONAI. Stiamo lavorando per realizzare un progetto di recupero degli scarti di pulper perché una parte degli scarti di pulper non riguarda solamente il problema della fibra, ma anche i sacchetti di plastica che uno butta dentro il contenitore in cui ha messo i giornali: è tutta la parte che non c'entra con la carta. Quando si producono 9 milioni di tonnellate di carta, che rimangano 300.000 tonnellate di scarto non è tantissimo ma, alla fine, se la si guarda da un punto di vista dimensionale, è tanta roba. Stiamo lavorando, quindi, per estrarre tutta questa plastica e i metalli da questo scarto, cioè per lasciare solamente la polvere e fare con una società, che è già nel gruppo e che sta lavorando su questa ricerca, dei pallet di plastica, estrarre i metalli e mandarli al riciclo (fil di ferro e cose di questo genere), per poi avere una parte che rimane Pag. 36 a termovalorizzazione. In questa maniera speriamo che si possa recuperare quasi l'80 per cento di questi scarti di pulper. Si tratta di un progetto che dovrebbe costare circa un milione di euro in due anni. Noi metteremo qualcosa, qualcosa lo metterà anche il CONAI e qualcosa lo metteranno le imprese. Non diamo tutto noi perché altrimenti non saremmo sicuri che il progetto sia buono. Se ci mettono un po’ di soldi anche gli altri, forse anche loro stanno più attenti. Questo è il lavoro che stiamo facendo.

  STEFANO VIGNAROLI. Volevo chiedere proprio di questo progetto della società LUCENSE. Se ho capito bene, non siete convinti della bontà di questo progetto?

  PIERO CAPODIECI, Consigliere del consorzio COMIECO. Noi paghiamo una parte dei costi: non paghiamo tutto non perché siamo tirchi o non ci piace la ricerca, ma perché se pagassimo tutto non saremmo sicuri della bontà del progetto. Finché c'è anche una parte di soldi che mettono le aziende, siamo sicuri che stiano più attente, senza che le controlliamo.

  STEFANO VIGNAROLI. Perfetto.

  PIERO CAPODIECI, Consigliere del consorzio COMIECO. Stiamo cercando di mettere in piedi progetti che non bisogna controllare.

  STEFANO VIGNAROLI. Io mi auguro che vada a buon fine.

  PIERO CAPODIECI, Consigliere del consorzio COMIECO. È molto interessante. Stanno lavorando veramente bene: è quasi sorprendente. Incrociando le dita, stanno lavorando veramente bene.

  STEFANO VIGNAROLI. Mi domandavo una cosa, visto che il problema è non solo la diffusione della raccolta differenziata per quanto riguarda il cartone, ma anche la qualità, che è un tema fondamentale, e che proprio la qualità di questo materiale poi influenza la quantità di scarto, ossia di questo pulper. Voi avete parlato di progetti nel sud: si stanno facendo dei progetti anche a Roma?
  A me risulta, parlando di Roma, che la qualità sia molto bassa. Mentre lo scarto medio dovrebbe essere del 2 o 3 per cento, siamo all'8 per cento e più di pulper, quindi, di scarto: state facendo degli accordi o si può risolvere questo problema in qualche maniera?

  PIERO CAPODIECI, Consigliere del consorzio COMIECO. Non ho portato dati su Roma, né di raccolta pro capite, né di altro perché non volevamo infilarci nella polemica di cronaca, cercando di fare un po’ di storia, invece che di cronaca. La situazione di Roma, non da adesso, è una situazione penosa: il livello di qualità della raccolta e di quantità della raccolta è penoso! In molti anni è stato peggio di Napoli, tanto perché lo sappiate. Uno pensa che Napoli sia il peggio. Basta girare un po’ per vedere la situazione: si può fare qualcosa? Io sono stupito del fatto che si pensi che non si possa fare qualcosa. I cassonetti sono pieni di scatoloni: c'è qualcuno che faccia non dico una multa ma un avviso bonario, invitando un'enoteca a non buttare uno scatolone di vino lì e a tenerlo, altrimenti la prossima volta arriva una multa? Gli scatoloni si sa a chi appartengono, in gran parte, perché sono di negozi: se sono scatoloni di camicie, non sarà responsabile la macelleria!
  Volendo, con il vigile di quartiere, senza fare le multe, si potrebbe andare ad avvisare, la prossima volta, di agire nella giusta maniera, altrimenti scatta la multa. Secondo me, si potrebbe fare molto e anche abbastanza rapidamente. L'idea per cui ci sono i romani, quindi non si possa fare per via della cultura, è fuorviante. L'avrò ripetuto cento volte: il problema della raccolta è un problema di comportamento e non di cultura. Per far cambiare comportamento al peggiore italiano non servono vent'anni di istruzione, serve un secondo e mezzo: gli fate attraversare la frontiera di Chiasso e si comporta come uno svizzero. Non è, quindi, un problema di cultura, altrimenti, se fosse un problema di cultura, costui si comporterebbe Pag. 37 come è abituato culturalmente. Invece, se si prende un napoletano e lo si manda in Svizzera, poiché è più sveglio degli altri, capisce subito come comportarsi.

  ALBERTO ZOLEZZI. Notavo questa crescita davvero importante delle esportazioni verso la Cina in particolare. Si dice che questo problema riguarda il mercato della carta. In realtà, il mercato della carta, da quello che ci viene mostrato a livello di imballaggi, risulta stabile. Volevo un commento sul mercato dell'imballaggio. Non riesco a capire questa stabilità, nonostante notizie di stampa di crisi e le chiusure importanti che ci sono state di alcune tipologie di prodotti cartari e non di altre. Questo, secondo me, si collega anche un po’ alla produzione dei rifiuti (può collegarsi anche in una maniera indiretta, ma patologica). Volevo poi chiedere anche un'altra cosa: come consorzio, trattate anche i rifiuti speciali o comunque avete avuto un aumento della quantità o un mantenimento grazie all'incremento dell'assimilazione dei rifiuti speciali urbani?

  PIERO CAPODIECI, Consigliere del consorzio COMIECO. Quanto alla stabilità, l'imballaggio in carta in particolare cresceva, più o meno, più di una volta e mezzo del PIL. Se guardate anche questo dato – anche se con questa scala si capisce poco – vedete che dal 1998 fino al 2007 c'è una linea di crescita che passa da 4 milioni di tonnellate verso i 5 milioni di tonnellate in circa dieci anni. Poi c'è una discesa drammatica per un'industria perché quando si perdono 10 punti di volumi – anzi, di fatturato di più – per l'industria, vi è una situazione molto grave. La linea va avanti e indietro: sale (il 2012 e il 2013 sono stati anni pesanti da questo punto di vista) e oggi è arrivata quasi al 2007. Qual è il problema della chiusura delle aziende? Intanto, stiamo arrivando solo nel 2015 ai livelli del 2007. In otto anni, ogni volta che c'è una riduzione dei volumi, la risposta dell'industria è di cercare di essere più competitivi: si abbassano i prezzi, per abbassare i prezzi si abbassano i costi, si fanno investimenti e poi il risultato è che si fa di più con meno. Così, servono meno fabbriche, servono meno persone, si fa di più con meno. Quanto agli effetti a livello di competitività, il nostro sistema degli imballaggi è estremamente competitivo da un punto di vista dell'occupazione (di dati ne avete più di quanti ne abbia io). Il fatto che ci sia la crisi delle imprese, con una situazione di stabilità che le imprese chiamano «stagnazione», non è strano. È normale perché la produttività continua ad aumentare, anzi, viene accelerata nei momenti di crisi perché non c'è grasso e allora si cerca di essere più produttivi, producendo di più con meno. La competizione aumenta e qualcuno chiude.

  ALBERTO ZOLEZZI. Secondo lei, questa vendita importante verso la Cina tra qualche anno non potrà determinare un calo della produzione nazionale, che poi verrà sostituita tutta, a meno che la Cina non faccia altro con la carta?

  PIERO CAPODIECI, Consigliere del consorzio COMIECO. La produzione nazionale ha due elementi di competitività rispetto a Germania, Francia e altri Paesi (in particolare, parliamo delle cartiere). La competitività sta in due cose che altri non dicono: una è il costo del lavoro, che è molto più basso; l'altra è l'accesso alla materia prima, che attraverso la raccolta in più che vi è stata, di fatto, ha un costo più basso di quello che avrebbe avuto e che aveva prima, quando non si raccoglieva tutta questa roba e si doveva importare. Ci sono, però, degli elementi di scarsa competitività, dovuti essenzialmente alla dimensione. La dimensione media di una cartiera italiana (che non so se adesso abbia superato le 80.000 tonnellate), per quante se ne chiudano, è un terzo della dimensione media di una cartiera tedesca. Poiché si tratta di impianti a ciclo continuo e sostanzialmente di grandi macchine, se si ha una cartiera grossa con macchine grosse, si ha una produttività molto più elevata. Non basta avere il costo del lavoro più basso, che incide per l'8-9 per cento su una cartiera. Le cartiere italiane, quindi, sono a rischio Pag. 38e lo sono perché deve esserci una ristrutturazione per dimensione. Questo riguarda tutta l'industria italiana. Esse sono a rischio perché non riescono a fare le cose che in altri Paesi si fanno. Penso a Pasquini, a Lucca, che sta cercando di fare un inceneritore, ovvero un termovalorizzatore per le sue cartiere accanto alla sua cartiera nella Lucchesia: sono ormai dieci anni. Non so se abbia rinunciato, ma non riesce a farlo! Se devi fare un impianto di cogenerazione, prima che te lo facciano fare ci vuole una vita in questo tipo di situazioni. Gli altri Paesi non hanno questi problemi.
  Che cosa si dovrebbe fare? Intanto si dovrebbe pensare che le cartiere hanno due cappelli: uno di soggetto industriale che produce un bene, l'altro di soggetto che ricicla. Si dovrebbero guardare questi due cappelli con due occhi diversi: da una parte, occorre un mercato che deve essere concorrenziale all'uscita delle cartiere e lo è, dall'altra parte occorre supportarle il più possibile nella parte di riciclatori.
  Quando mi sono occupato dell'Antitrust nel COMIECO, ho avuto a che fare con i sacerdoti della concorrenza. Mi fecero la domanda se, dando noi una parte amministrata alle cartiere, queste ci guadagnassero, pensando che io rispondessi di no. Invece, dissi che speravo proprio di sì, altrimenti perché avrebbero dovuto riciclare? Avrebbero dovuto riciclare per perderci?
  Uno, se guarda la questione così, si domanda che cosa abbiano nella testa: quelli non sono soggetti che devono fare beneficenza o che hanno una fondazione alle spalle per fare opere di bene! Ricicleranno finché ciò conviene loro e noi dobbiamo fare in modo che ciò convenga loro, altrimenti non sappiamo come fare.

  ALBERTO ZOLEZZI. Mi scusi, ma lei comunque ha un giudizio su questo? Oltretutto, c'è anche la parte che riguarda un po’ di più la nostra Commissione su un passaggio anche di materie improprie. Questo, però, è un altro discorso ancora.

  PIERO CAPODIECI, Consigliere del consorzio COMIECO. C'è un pericolo: il pericolo è che la Cina riesca a fare acquisti in controtendenza, o in tendenza con il mercato, di volumi importanti che cambiano il mercato. Se, a un dato punto, questi decidessero di aumentare le loro importazioni, il prezzo salirebbe alle stelle e questa sarebbe una situazione che, ovviamente, metterebbe in difficoltà le cartiere. Così anche avverrebbe nel momento in cui i cinesi decidessero di interrompere l'importazione, posto che noi ci troveremmo di colpo in una situazione di difficoltà.
  Le cartiere vorrebbero che si esportasse il meno possibile. Io sono abbastanza d'accordo sull'evitare che l'esportazione vada in situazioni dove non si ricicla nella stessa maniera e che l'esportazione sia – quella sì – sussidiaria ai bisogni interni, anche per l'impatto ambientale. Se lo si usa qui vicino, è un discorso; se lo si usa in Cina, sarà un altro discorso, ma l'ambiente non fa differenza negli spazi. Un atteggiamento di attenzione al chilometro zero, alla circolarità e ai territori, secondo me, è un atteggiamento che farebbe bene al sistema. Bisogna evitare, però, atteggiamenti ideologici del tipo bloccare le esportazioni e cose così perché poi, il giorno dopo, ci troviamo le imprese che ritengono inutile raccogliere e preferiscono far bruciare. È un tema serio, soprattutto per l'instabilità che può generare. In questa maniera la Cina ha in mano i prezzi del macero italiano. Questo è il vero pericolo.

  PRESIDENTE. In chiusura, di fatto, il bilancio – alla fine anche il vostro – sarebbe in perdita. Visto che dovete acquisire il pareggio di bilancio, alla fine, come acquisite tale pareggio?

  PIERO CAPODIECI, Consigliere del consorzio COMIECO. Noi abbiamo impostato il sistema del CAC. Questo è un sistema a costi crescenti e a incassi costanti, anche se non è che i volumi aumentino in maniera sostanziale. Abbiamo l'idea di avere un CAC più elevato, che ci permetta 3-4 anni di riserve, cioè di spendere meno di quanto incassiamo, con 3, 4 o 5 anni in cui spendere quello che abbiamo di riserva. Siamo arrivati a 160 milioni di riserve. Oggi ne Pag. 39abbiamo circa 80 (anche meno, adesso). È possibile che nel 2017 dovremo chiedere un aumento. Quando lo chiederemo, non faremo ciò per pareggiare il 2018, ma per accumulare soldi nel 2018, nel 2019 e via proseguendo. Anche in questo caso il Ministero ci chiede che le riserve siano basse, ma – lo ripeto – non ce le mangiamo le riserve. Le riserve servono per evitare discontinuità. Poi ci si stupisce che il sistema funzioni: il sistema funziona perché è attento a queste cose!

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, ringrazio i nostri ospiti e dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 19.20.

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